L Emilia-Romagna nella strategia di Lisbona
Transcript
L Emilia-Romagna nella strategia di Lisbona
Materiali di discussione L Emilia-Romagna nella strategia di Lisbona Analisi e dati Giugno 2005 Ervet Emilia-Romagna Valorizzazione Economica del Territorio www.ervet.it L Emilia-Romagna nella strategia di Lisbona Analisi e dati Giugno 2005 Responsabile di progetto: Giuseppina Gualtieri, Roberto Righetti (Responsabile del progetto) Redazione del report: Andrea Margelli e Roberto Righetti (Parte prima), Andrea Margelli (Parte seconda), Elena Clò (supervisione per la verifica degli indicatori), Area ambiente per la rilevazione degli indicatori ambientali Il presente rapporto è stato realizzato nell ambito del Piano annuale delle attività 2004 previsto dalla Convenzione triennale tra la Regione Emilia-Romagna e l ERVET SpA. Indice Presentazione ...............................................................................................................7 PARTE PRIMA La strategia di Lisbona e l Emilia-Romagna ...............................11 1. La strategia di Lisbona .........................................................................................11 2. Il processo di revisione (aprile 2005) ..................................................................14 3. Le critiche a Lisbona ed i nodi aperti ..................................................................17 4. Perché Lisbona è importante (in particolare per l Emilia-Romagna)?.............20 5. I risultati e le aree di lavoro futuro.......................................................................24 I principali risultati ................................................................................................................ 24 Evoluzioni future .................................................................................................................. 37 PARTE SECONDA LA STRATEGIA DI LISBONA ED IL SISTEMA DEGLI INDICATORI................................................................................................39 6. La Strategia di Lisbona ed il processo di definizione del sistema degli indicatori .......................................................................................................39 Il sistema degli indicatori ...................................................................................................... 44 Criticità metodologiche nella rilevazione degli indicatori di Lisbona al contesto regionale .............................................................................................................................. 47 L Emilia Romagna nella strategia di Lisbona: un modello per la valutazione della competitività. ........................................................................................................................ 50 Riferimenti bibliografici ...........................................................................................141 Allegato Indicatori di Lisbona: Short list, long list ed indicatori rilevati per l EmiliaRomagna ..............................................................................143 5 Presentazione Il presente documento offre una prima serie di dati e riflessioni sul posizionamento della Regione Emilia-Romagna nello scenario socioeconomico europeo utilizzando il sistema di indicatori contenuti nella cosiddetta Strategia di Lisbona . Come apparirà ben chiaro, il lavoro svolto non ha semplicemente, né unicamente, l obiettivo di prendere a riferimento una serie di obiettivi condivisi a livello europeo, con i relativi indicatori utilizzati per il monitoraggio, al fine di calarli in una dimensione regionale. La tesi di fondo, invece, è che gli obiettivi di Lisbona rappresentano un riferimento concreto per le politiche regionali sia in termini diretti che indiretti e che sia sempre più necessario favorire processi di analisi e confronto internazionale sulle tematiche dello sviluppo e della coesione sociale. Da un lato, infatti, risulta evidente che la capacità del nostro sistema nazionale di centrare gli obiettivi fissati dipende anche (e sarebbe interessante valutare in quale grado) dagli sforzi compiuti a livello regionale e locale. Il rischio che si corre in questo caso, anche nelle stesse analisi e considerazioni effettuate dalla Commissione Europea relativamente al grado di raggiungimento degli obiettivi, è quello di trascurare i differenti livelli di governance territoriale, aspetto invece di notevole rilievo per una strategia che si fonda sull adesione volontaria e sull integrazione delle risorse. Dall altro, la Regione Emilia-Romagna ha mutuato questo tipo di impostazione adeguandola alle proprie esigenze e tenendo conto dei processi di concertazione locale nella predisposizione del proprio Patto per la qualità dello sviluppo, un documento siglato dall amministrazione regionale con le parti sociali che, in analogia con quanto realizzato a livello europeo, definisce, all insegna della comune finalità di fare della nostra regione una realtà all avanguardia1 in Europa, una serie di linee strategiche, obiettivi e indicatori da monitorare. 1 L ambizione è quella di fare della nostra regione una realtà all avanguardia nella realizzazione della cosiddetta Strategia di Lisbona, ovvero un sistema fortemente orientato alla qualità dello sviluppo economico e sociale e alla competitività. Patto per la qualità dello sviluppo siglato dalla Regione Emilia Romagna con le parti 7 Presentazione La Strategia di Lisbona assume un ruolo di riferimento fondamentale per la costruzione delle strategie regionali e per l analisi del sistema produttivo e sociale del territorio, innanzitutto perché rappresenta uno strumento di policy coerente con il percorso di sviluppo che la Regione Emilia Romagna ha concertato insieme con le parti sociali. Il documento è diviso in due parti. Nella prima vengono sintetizzati i tratti salienti della Strategia di Lisbona e del processo di revisione in corso, nonché i principali nodi critici ancora aperti nel dibattito che ha coinvolto sia il livello nazionale che la dimensione regionale. Sono riportate le conclusioni dell analisi degli indicatori contenuti nella seconda parte, nonché alcune considerazioni valutative che emergono dal confronto della regione con le altre realtà europee. Sempre in questa prima sezione vengono presentati i possibili sviluppi futuri che potranno seguire alla luce delle evoluzioni della strategia di Lisbona e degli obiettivi analitici in termini di policy. La seconda parte concentra l attenzione sulle modalità di costruzione degli indicatori, sulle scelte effettuate per rappresentare il livello locale e sull analisi dei singoli indicatori. In particolare, viene riportata un analisi delle criticità riscontrate nella rilevazione, evidenziando cautele e limiti relativi alla comparabilità tra il territorio regionale e il contesto europeo. L ultimo paragrafo della seconda parte contiene l analisi vera e propria del territorio dell Emilia-Romagna in rapporto con gli altri Stati europei. Questa analisi è stata effettuata cercando di seguire il più possibile l impostazione dei documenti periodici annuali realizzati dalla Commissione Europea e dal Consiglio Europeo2. E stato quindi adottato non solo il medesimo approccio metodologico, ma anche la medesima strumentazione concettuale contenuta nelle analisi dei documenti dell UE, in modo tale da rendere l interpretazione sociali. 2 Ogni anno, a gennaio, il Consiglio Europeo pubblica un report denominato Spring report che riporta le analisi relativamente agli indicatori di Lisbona nei paesi membri. Tale report viene preceduto di tre mesi da una comunicazione della Commissione Europea, il Rapporto di Sintesi, che anticipa le informazioni contenute nello Spring report e propone nuove elementi di analisi, policy o programmi specifici approvati dalla Commissione. 8 Presentazione dei dati il più possibile semplice e coerente e di accentuare gli aspetti valutativi. Il documento che segue costituisce la prima fase di un work in progress che accentuerà sempre più il confronto infraregionale (con le altre regioni italiane e con quelle europee). A tal fine, verranno ulteriormente perfezionati gli indicatori di carattere regionale e si intensificheranno tanto il benchmark con le altre realtà quanto l analisi delle ripercussioni e delle ricadute della Strategia di Lisbona sulle varie dinamiche di sviluppo. Quello che viene presentato nelle pagine seguenti è un materiale di discussione, come da spirito e principi metodologici della collana, aperto alle riflessioni e alle indicazioni di tutti coloro che avranno contributi da apportare. E che saranno i benvenuti. Bologna, giugno 2005 9 PARTE PRIMA Romagna La strategia di Lisbona e l Emilia- 1. La strategia di Lisbona A Lisbona, nel marzo del 2000, il Consiglio Europeo ha definito una nuova strategia d azione per far fronte ai paradigmi competitivi indotti dalla globalizzazione e dalla nuova economia della conoscenza. La cosiddetta strategia di Lisbona prevede che entro il 2010 l Unione Europea diventi l economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale . Ne consegue che Il rafforzamento della competitività, il cammino verso la piena occupazione e la promozione della coesione sociale, aggiungendo una cultura di dinamismo economico e di rinnovamento sociale alla stabilità economica 3 debbano divenire i punti di riferimento nuovi per l azione dell Unione e degli Stati Membri. Sulla base di queste premesse e partendo da una analisi della competitività del sistema europeo, il documento licenziato dal Consiglio europeo ha identificato linee di azione di carattere generale ed obiettivi specifici da perseguire per il decennio successivo. In termini generali, la strategia si propone di favorire il passaggio ad una economia competitiva, dinamica e basata sulla conoscenza, di modernizzare il modello sociale europeo investendo nelle persone e costruendo uno stato sociale attivo e di migliorare la governance degli interventi ponendo in atto le decisioni assunte con approcci più coerenti e sistematici. Per quanto riguarda il passaggio ad una società della conoscenza si tratta in particolare di: 3 Commissione delle comunità Europee, Consiglio Europeo di Lisbona un programma di rinnovamento economico e sociale per l Europa, Contributo della Commissione Europea al Consiglio straordinario di Lisbona, DOC/00/7 28-022000, Brussels. 11 PARTE PRIMA Favorire la diffusione della società dell informazione, incentivando l accesso di cittadini ed imprese alle infrastrutture telematiche ed il pieno sfruttamento del potenziale elettronico Europeo Definire uno spazio europeo della ricerca e dell innovazione, favorendo ad es. l aumento della spesa in ricerca e sviluppo e migliorando la diffusione delle eccellenze Creare un ambiente favorevole all avviamento e allo sviluppo di imprese innovative, specialmente di PMI Attuare riforme economiche per un mercato interno completo e pienamente operativo, accelerando la liberalizzazione di settori strategici, aggiornando le direttive sugli appalti pubblici, e realizzando azioni attive in questa direzione; Migliorare l efficienza e la trasparenza dei mercati finanziari Migliorare il coordinamento delle politiche macroeconomiche Con riferimento al modello sociale europeo, l obiettivo è quello di: Investire in un miglioramento dell istruzione e della formazione per vivere e lavorare nella società dei saperi Stimolare la crescita di posti di lavoro migliori grazie alle politiche attive del lavoro Modernizzare la protezione sociale Promuovere l inclusione sociale evitando il rischio che una società dinamica e basata sulla conoscenza aumenti il divario fra chi ha accesso alle nuove tecnologie e chi vi è escluso. Contestualmente alla definizione della strategia viene anche adottato un nuovo metodo di concertazione delle politiche che ha il duplice obiettivo di rendere il processo più efficiente e di aumentare la condivisione delle scelte tra i paesi europei. Questo metodo, che è stato definito coordinamento aperto , si pone come strumento per diffondere le buone prassi e conseguire una maggiore convergenza verso le finalità principali dell Unione Europea e si basa principalmente su tre aspetti: a) la definizione comune di una serie di obiettivi a cui tutti i paesi membri devono convergere (la strategia); b) l individuazione degli strumenti necessari per la misurazione dei risultati (statistiche, indicatori); 12 PARTE PRIMA c) la verifica dell effettivo perseguimento degli obiettivi tramite meccanismi di benchmarking e di pressione dei pari . La scelta di indicatori in grado di rappresentare lo stato di avanzamento della strategia e le modalità di misurazione degli stessi si configura quindi come nodo strategico della metodologia del coordinamento aperto. Per questo, durante i Consigli successivi, gli obiettivi della strategia di Lisbona sono stati declinati in una lista di indicatori che gli Stati membri e la Commissione si impegnano a monitorare e che per questo motivo devono risultare omogenei sotto il profilo metodologico e quindi in sé comparabili. La verifica dei risultati avviene attraverso modalità che prevedono il coinvolgimento di diversi soggetti: Il Consiglio Europeo si riunisce, per tale scopo, ogni primavera per discutere sulle questioni economiche e sociali connesse con la Strategia di Lisbona e sui risultati intermedi dell Unione Europea. Successivamente all analisi dei risultati e dei progressi compiuti dai paesi dell Unione Europea avvalendosi degli indicatori concordati, vengono individuate le decisioni e gli interventi necessari per consolidare ed estendere la strategia di Lisbona e vengono valutate ed approvate le eventuali modifiche da apportare alla lista degli indicatori. La Commissione Europea si occupa, per le attività di propria competenza, dell attuazione della strategia per quanto riguarda le iniziative programmatiche e legislative in tutti i settori connessi con gli obiettivi strategici di Lisbona e promuove l inserimento di nuovi indicatori che sono contenuti nella relazione di analisi sulla implementazione della strategia di Lisbona, documento che viene pubblicato generalmente alla fine di ogni anno. L Eurostat ha il compito di reperire i dati attraverso l utilizzo di altre fonti istituzionali ed il coordinamento delle attività di rilevazione statistica realizzata dagli uffici statistici degli Stati membri su tematiche specificatamente individuate dalla Commissione Europea. 13 PARTE PRIMA 2. Il processo di revisione (aprile 2005) Nel Marzo 2004 viene avviato il processo di revisione di medio termine della strategia di Lisbona con l obiettivo di portare al riesame della stessa nel Consiglio Europeo della Primavera del 2005. Il primo passo di questo complesso percorso è stato quello di assegnare un incarico, per fare il punto della situazione e avanzare proposte per eventuali cambiamenti, ad un cosiddetto Gruppo di alto livello presieduto dall ex Presidente del Consiglio Olandese Wim Kok. Il risultato di questo lavoro, che ripercorrendo la strategia originaria fornisce nuovi elementi di analisi e raccomandazioni, è stato presentato alla Commissione nel Novembre dello stesso anno. Il Rapporto del Gruppo di alto livello si caratterizza per una notevole accentuazione degli elementi di criticità (in merito in particolare agli obiettivi non raggiunti e a quelli che si ritiene non verranno centrati nei tempi previsti) al punto da sembrare, anche alla stampa meno favorevole al lavoro della Commissione, persino eccessivamente pessimistico (l Economist, tradizionalmente critico nei confronti di Bruxelles, parla addirittura di spot di auto-flagellazione). Evidenziando il rallentamento nel conseguimento degli obiettivi, il rapporto tende ad attribuire il risultato solo in parte al programma stesso mentre evidenzia la mancanza di volontà politica, soprattutto degli Stati membri, che ne avrebbe dovuto accompagnare la realizzazione ( un programma troppo denso, un coordinamento insufficiente e delle priorità incompatibili tra di esse spiegano in parte questo risultato deludente, ma l assenza di un azione politica risoluta ha avuto un impatto altrettanto determinante ). Le proposte di riforma sono quindi tese da un lato a focalizzare su alcuni aspetti ritenuti prioritari, dall altro a ridiscutere quello che viene ritenuto, a torto o a ragione come vedremo in seguito, uno dei principali responsabili della mancata riuscita della strategia, cioè il metodo di coordinamento aperto. Il 2 Febbraio 2005 la nuova Commissione Europea, presieduta dal portoghese Barroso ha proposto, sulla base dei risultati del Gruppo di alto livello, una riforma della strategia dell Unione Europea finalizzata a generare più crescita ed occupazione ( Lavorare insieme per la crescita e l occupazione: il rilancio 14 PARTE PRIMA della strategia di Lisbona Comunicazione al Consiglio Europeo di Primavera del presidente Barroso d intesa con il vicepresidente Verheugen). Le azioni che si propone di portare avanti la nuova Commissione Europea hanno la finalità di incrementare il PIL del 3 % entro il 2010 e di creare nello stesso periodo oltre 6 milioni di posti di lavoro. La Commissione Europea ribadisce che: nel complesso gli obiettivi di Lisbona erano corretti, ma l azione volta ad attuarli è stata carente 4. Viene confermato, come è stato chiarito nel documento di presentazione della nuova strategia, l obiettivo di conservare il modello di società europeo fondato sulla giustizia sociale che offra pari opportunità a tutti. Ma in concreto la sensazione è che venga posta una maggiore enfasi ad alcune priorità quali la crescita economica e la competitività del sistema europeo lasciando, al momento, in secondo piano gli aspetti legati alla coesione sociale ed all ambiente. In particolare, gli obiettivi che la Commissione Europea ha individuato come prioritari sono i seguenti5: 1) rendere l Europa più capace di attrarre investimenti e lavoro Completare il mercato interno nei settori che possono offrire guadagni reali in termini di crescita e occupazione e sono di rilevanza immediata per i consumatori (un accordo equilibrato su servizi, professioni regolamentate, energia, appalti pubblici e servizi finanziari, ecc). Garantire mercati aperti e competitivi all interno e all esterno dell Europa: riorientare gli aiuti di Stato verso settori con elevate potenzialità di crescita, creare un contesto economico favorevole alle PMI, garantire l accesso a mercati terzi, semplificare la normativa europea e nazionale. Migliorare la normativa europea e nazionale per ridurre gli oneri amministrativi. Ampliare e migliorare le infrastrutture europee. Proseguire gli sforzi sul fronte del brevetto comunitario e verso la definizione di una base imponibile consolidata per le società. 2) Porre la conoscenza e l innovazione al servizio della crescita 4 Press Releases, IP/05/130 del 02/02/2005, Commissione Europea. 5 Press Releases, IP/05/130 del 02/02/2005, Commissione Europea. 15 PARTE PRIMA Raggiungere l obiettivo del 3% del PIL per la spesa in R&S. Favorire l integrazione delle nuove tecnologie dell informazione e della comunicazione. Promuovere la costituzione di poli di innovazione che colleghino centri regionali, università e imprese. Promuovere le iniziative tecnologiche europee attraverso partenariati pubblico/privato. Promuovere le ecoinnovazioni energeticamente efficaci e a basso livello di emissioni. Contribuire alla creazione di una forte base industriale europea mobilitando forme di collaborazione fra pubblico e privato. Creare un Istituto europeo di tecnologia per attrarre i cervelli migliori, le idee e le imprese in Europa. 3) Creare nuovi e migliori posti di lavoro Attrarre un maggior numero di persone nel mercato del lavoro, in particolare con misure dirette a ridurre la disoccupazione giovanile (iniziativa europea a favore della gioventù), e modernizzare i sistemi di protezione sociale. Accrescere la capacità di adeguamento dei lavoratori e delle imprese e la flessibilità dei mercati del lavoro rimuovendo gli ostacoli alla mobilità dei lavoratori. Aumentare gli investimenti in capitale umano migliorando l istruzione e le qualifiche attraverso la riforma dei fondi strutturali e del Fondo di coesione dell UE. La nuova strategia della Commissione è stata presentata al Consiglio Europeo del 22-25 Marzo 2005. Allo stato attuale non sono disponibili maggiori elementi per valutare in che modo verrà riorientata operativamente la Strategia di Lisbona. E comunque probabile che verranno presi in esame gli obiettivi e gli indicatori per renderli coerenti con la riforma della strategia stessa, come del resto è già accaduto nel corso degli ultimi anni. Di particolare interesse sarà la valutazione sul destino degli indicatori di tipo ambientale e sulla coesione, che in prima battuta appaiono essere quelli maggiormente soggetti ad un ripensamento complessivo. Allo stesso tempo, sarà interessante valutare che tipo di proposte operative verranno avanzate per migliorare la governance della strategia e superare i limiti del coordinamento aperto. 16 PARTE PRIMA 3. Le critiche a Lisbona ed i nodi aperti Il monitoraggio effettuato nel corso degli anni sugli indicatori posti a riferimento per la valutazione del raggiungimento degli obiettivi di Lisbona ha dimostrato come, in diversi settori, i risultati auspicati per il 2010 siano per diversi paesi irraggiungibili e come i miglioramenti siano spesso avvenuti per alcuni ma non per tutti i settori politici prioritari fissati dalla Strategia. Oltre alle condizioni macroeconomiche generali (in particolare dal 2001) - che peraltro hanno inciso anche sui paesi concorrenti dell Europa che pure hanno avuto performances migliori delle nostre- diverse sono considerate le cause di questo fallimento: a) il principale responsabile viene rinvenuto nel metodo di coordinamento aperto che era stato posto alla base dell architettura di governance della Strategia. Come è noto, su diverse materie prese a riferimento la Commissione europea non ha competenze dirette e deve contare sul grado di coinvolgimento degli stati membri e sulla loro capacità di far convergere risorse ed energie sugli obiettivi prefissati. Recentemente A. Panebianco6 ha rilevato che finché rimarrà un problema di compatibilità fra gli impegni che i Governi assumono nell Unione e la democrazia, in particolare i modi di legittimazione delle élites politiche , che sono ancora prevalentemente a livello nazionale, le politiche nazionali seguiranno logiche ed obiettivi non sempre coincidenti con quelli a livello dell Unione Europea. Il mancato raggiungimento degli obiettivi di Lisbona viene spesso attribuito alla mancata convergenza di interessi ed al fatto che il perseguimento degli obiettivi comuni, fosse demandata al buon senso dei Governi dei paesi membri, senza prevedere forme di sanzione in caso di mancato impegno da parte degli stati membri b) la complessità del Programma è un secondo aspetto critico. Troppi obiettivi e troppi indicatori incentivano processi di deresponsabilizzazione soprattutto laddove vi siano situazioni in cui i segni positivi siano superiori a quelli negativi; al contrario, si ritiene ora necessario focalizzare le risorse su pochi e significativi obiettivi7; 6 A. Panebianco, Europa, il patto intelligente , in Corriere della Sera, Novembre 2004. 7 Il problema, tuttavia, è che la strategia di Lisbona è diventata troppo vasta 17 PARTE PRIMA c) la strategia non valorizza adeguatamente la capacità dei singoli stati di produrre cambiamenti, avendo adottato una prospettiva sostanzialmente statica e poco attenta alla comunicazione dei risultati; al contrario si ritiene opportuno suscitare il sostegno al cambiamento, rendendo gli aspetti principali della strategia un argomento di discussione nel dibattito politico dei singoli Stati Membri. La critica di origine comunitaria ai primi anni di attuazione della strategia tende ad amplificare gli aspetti di operatività a scapito di quelli di contenuto, riaffermando anzi la solidità delle argomentazioni addotte per selezionare gli obiettivi e gli indicatori8. In realtà, pur mantenendo il vincolo di una impostazione coerente alla nuova costituzione europea, diversi altri aspetti meriterebbero approfondimenti e riflessioni. I documenti di Lisbona non gettano alcuna luce sulla black box delle politiche, cioè su tutto ciò che deve essere fatto per ottenere il risultato sperato. In realtà, più che lo scarso entusiasmo degli stati membri sembra pesare l estrema varietà di comportamenti e di possibilità per quanto riguarda le politiche di intervento. A specifiche politiche e strumenti spesso non corrispondono gli stessi risultati in tutti i paesi europei. Condizioni di bilancio diverse, stabilità delle coalizioni, cicli politici ed elettorali sembrano inoltre influenzare maggiormente i comportamenti degli Stati membri rispetto all assunzione di responsabilità su obiettivi europei considerati non vincolanti. Il caso delle politiche del lavoro e di quelle dell innovazione, con approcci estremamente differenziati across europe sia per forme di intervento che per risorse investite, ben esemplificano le problematicità insite nel trascurare gli aspetti legati alle politiche. per poter essere vista come un insieme coerente. Lisbona riguarda tutto e niente contemporaneamente. Ciascuno è responsabile quindi nessuno lo è; .Un programma di riforme ambizioso deve avere una struttura chiara, che ne dimostri il suo carattere indispensabile ..Tutti devono sapere chi sono i responsabili (Rapporto Kok, pag. 18). 8 Oggi tutti riconoscono che l Europa è ben lontana dall aver realizzato le potenzialità di cambiamento offerte dalla strategia di Lisbona. Sebbene nessuno contesti tale diagnosi né i rimedi che si impongono, la realtà è che i risultati registrati fino a questo punto appaiono insufficienti (Comunicazione del Presidente Barroso, pg. 8) 18 PARTE PRIMA Non si può negare che la difficoltà di applicazione della strategia dipenda anche dal fatto che l obiettivo di fondo, cioè conciliare competitività e coesione, è complesso da raggiungere e rappresenta una sfida impegnativa per le economie europee. Si tratta, peraltro, di un obiettivo che pur essendo richiamato da tempo nei trattati, viene oggi posto solennemente in discussione tramite processi di legittimazione popolare (si pensi ad es. all art. 3 della Costituzione Europea, che rappresenta il riferimento fondamentale per le politiche in questo ambito). L incapacità di rappresentare compiutamente costi e benefici nell adozione di questo approccio riduce l impatto emotivo della strategia, a differenza di quanto è successo per gli altri due grandi balzi in avanti degli anni passati, la realizzazione del mercato unico e l adozione dell Euro. Un terzo livello di criticità è dato dal fatto che la strategia non ha finora, considerato in modo sufficiente le enormi difformità territoriali e le opportunità dello sviluppo locale; solamente ora in fase di revisione della stessa sono in corso valutazioni su questi aspetti e su come orientare le politiche territoriali dell Unione ed i Fondi strutturali al raggiungimento degli obiettivi di Lisbona. 19 PARTE PRIMA 4. Perché Lisbona è importante (in particolare per l Emilia-Romagna)? Il paradosso della discussione di Lisbona sta tutto nel passaggio dalla fase iniziale dell ottimismo, malgrado lo scenario critico, alla situazione attuale delle opportunità, malgrado un diffuso pessimismo. Sono passati 5 anni dal varo della strategia. La diffusa speranza associata alla diffusione delle nuove tecnologie dell informazione si è incrinata di fronte alle difficoltà ed alle speculazioni che hanno caratterizzato la crescita delle aziende dot. com. Le minacce esterne rappresentate da nuovi produttori globali come India e Cina e la difficoltà interna di fissare strategie condivise, come dimostra il difficile dibattito sulla riforma del patto di stabilità, sono una morsa da cui è difficile liberare energie ed iniziative. Lo stesso rilancio della strategia in corso in questi giorni non sembra avvenire in un contesto di grande entusiasmo. Malgrado ciò, l agenda di Lisbona è stata aggiornata e riproposta, anche se con forme e modalità differenziate e si procederà nella direzione individuata. In un contesto difficile, la riproposizione di questi obiettivi comuni non può che dipendere da valutazioni in merito ad elementi strategici per il futuro dell Unione: a) qualsiasi organismo ha la necessità di definire una propria visione strategica, una serie di obiettivi che divengono ordinatori dell azione concreta. Chiusa la fase dell Euro e in corso di definizione quella della nuova costituzione europea, si riaprono i fronti più complessi su cui si mantengono livelli di governo estremamente differenziati, come la politica estera, la difesa, la competitività, la liberalizzazione dei mercati. Temi così complessi richiedono necessariamente programmi quadro di riferimento; in caso contrario il rischio è quello non solo di un dispendio di energie, ma anche di forme di competizione interne fra Stati membri che non gioverebbero alla crescita e allo sviluppo dell Unione; b) il governo di competitività e coesione, che trovano il proprio fondamento istituzionale nella Costituzione Europea, rappresentano in realtà una sfida reale e comunicabile. Moltissimo deve essere fatto in questo senso e sicuramente una cornice di riferimento europeo potrebbe aiutare diversi stati ad affrontare coerentemente questi aspetti; c) l accentuarsi dei problemi di condivisione e coordinamento quando si passa dalle politiche di regolazione alle politiche attive sono il segnale che 20 PARTE PRIMA in questo momento il problema della governance è un punto nodale per la crescita europea. E sicuramente ingeneroso assegnare tutte le responsabilità della crisi dell agenda di Lisbona al metodo di coordinamento aperto; ma è altrettanto vero che il vincolo per le politiche rappresentato dalla organizzazione per competenze verticali (sussidiarietà), orizzontali e per materia (le politiche) rischia di impedire lo sviluppo compiuto di quel tipo di interventi in grado di rappresentare una svolta per il sistema economico europeo. d) Deve essere premiato lo sforzo di rappresentazione delle politiche secondo uno schema che premi il monitoraggio e la valutazione dei risultati. Una maggiore attenzione a questi aspetti in futuro (attraverso l imposizione ad es di vincoli finanziari collegati al raggiungimento degli obiettivi) non può che migliorare la costruzione di relazioni fra obiettivi, politiche ed impatti che sono di fondamentale importanza anche per comunicare i risultati raggiunti ai cittadini europei. e) Va ricordato che il mancato successo della strategia di Lisbona è anche da attribuire non tanto ad obiettivi sbagliati o non raggiungibili, ma al fatto che si è trattato di obiettivi senza strumenti per perseguirli, avendo al tempo demandato ai governi nazionali la scelta delle modalità di azione. Si tratta di una considerazione importante sia perché richiama il bisogno di una attenzione ad azioni comunitarie, sia perché solleva la necessità di spostare l attenzione agli indicatori come base di partenza per monitorare effetti di politiche mirate ad obiettivi di sviluppo definiti Ci si può chiedere se questa serie di riflessioni hanno importanza per l Emilia Romagna. Per diversi fattori, si ritiene che quanto detto finora sia cruciale anche a livello regionale. Si pone sicuramente un problema di opportunità future nelle relazioni con la Commissione europea. Se il processo di revisione della Strategia di Lisbona assumerà le caratteristiche prefigurate, è altamente probabile che i nuovi fondi strutturali e le nuove linee di lavoro comunitarie prenderanno quel tipo di approccio come riferimento principale. E quindi opportuno, per la Regione, coordinare le proprie linee di lavoro con le strategie europee e comunque disporre di un sistema strutturato di analisi e di proposte che consentano di intercettare al meglio le disponibilità finanziarie comunitarie. Una regione avanzata come l Emilia-Romagna può inoltre rappresentare un banco di prova significativo delle politiche europee più innovative, sia 21 PARTE PRIMA sviluppando progetti pilota su politiche specifiche, che favorendo la lettura in termini più analitici e concreti dei risultati ottenuti. Sarebbe peraltro riduttivo considerare solo gli aspetti di tipo strategico legati al lavoro della Commissione. Il valore reale di questo approccio va ben al di là di questo pur importante aspetto. La Regione Emilia-Romagna ha già di fatto predisposto e condiviso un proprio documento che ha diversi elementi di contatto con l agenda di Lisbona e che punta a definire una vision condivisa in materia di sviluppo regionale. La capacità del Patto per la qualità dello sviluppo di divenire nei fatti strumento degli sforzi regionali - ed in termini più complessivi di quelli degli attori coinvolti - dipenderà sicuramente dalla progressiva affermazione degli obiettivi comunitari nel dibattito locale. L aggancio ad una strategia generale, sia in termini positivi che per volontà di differenziazione qualora questa sviluppasse tematiche ritenute di scarso interesse, rappresenta una reale opportunità per un governo locale che ambisca a posizionare la propria realtà all interno del dibattito europeo. Non si tratta quindi semplicemente di valutare l andamento di alcuni indicatori, di registrare il grado di convergenza della regione ad un set di risultati attesi, come apparentemente si potrebbe pensare, quanto di favorire la progressiva condivisione e comunicazione di azioni sinergiche messe in campo da soggetti diversi. Insomma, malgrado i vincoli di bilancio e la finanza pubblica in difficoltà, alcune misure sono a portata delle comunità locali (e diverse cose si stanno già facendo in questo ambito), a maggior ragione se vi è una crescente presa d atto della situazione in cui ci si trova e delle scelte strategiche da effettuare. La sfida di conciliare sviluppo e coesione, che è propria di una realtà che è ed ambisce a continuare ad essere fra le più avanzate d Europa, ben si adatta alla dimensione regionale alla luce della riforma del titolo V della costituzione. 1. Alla prova dei fatti, le regioni e lo sviluppo locale rappresentano comunque uno degli elementi fondamentali del successo di ogni strategia di posizionamento competitivo in Europa. Non si tratta in questa sede di proporre alcune evidenze oramai condivise sul ruolo delle risorse locali nel determinare il grado di sviluppo di un paese o del peso che assumono i cluster nel determinare la performance economica di uno stato nazionale, quanto semmai di riaffermare come questi aspetti necessitano di un rafforzato sistema di governo locale; 22 PARTE PRIMA 2. Allo stesso tempo, è inutile negare che l obiettivo di una maggiore coesione sociale e di uno sviluppo sostenibile può essere perseguito solamente attivando energie diffuse sul territorio e dipenda in modo crescente da aspetti locali, venendo a volte a configurare differenziazioni persino fra territori molto vicini. Una serie di risultati che verranno proposti potranno suscitare interesse. Alcuni altri sorprenderanno. Altri richiedono sicuramente approfondimenti. Diversi altri risulteranno di senso comune. Per quanto possa apparire paradossale, l obiettivo del lavoro non è solamente questo. Quanto semmai quello di sottolineare l importanza di un approccio che chiama una realtà locale a prendere posizione rispetto ad un percorso chiamando la definizione di un proprio modello di sviluppo, di obiettivi condivisi e partecipati, di politiche innovative e di adeguate strumentazione di monitoraggio, controllo e valutazione. 23 PARTE PRIMA 5. I risultati e le aree di lavoro futuro I principali risultati9 A cinque anni dall avvio della Strategia di Lisbona, l Italia continua ad essere il fanalino di coda su diversi dei parametri utilizzati per monitorarne lo stato di avanzamento sia rispetto all Europa a 15 che a quella a 25. Il Centre for European Reform , un think tank inglese che segue l attuazione della strategia ed i cui report trovano larga eco sulla stampa europea10, ci pone all ultimo posto in Europa su 5 dei 14 indicatori utilizzati e nel complesso del giudizio. Italy is Eu s Lisbon villain , come titolano diverse agenzie di stampa. Naturalmente il giudizio negativo sull Italia (si tenga peraltro conto che particolarmente negative sono le valutazioni fatte sul grado di liberalizzazione del mercato e sul regulatory burden) non può essere ribaltato in modo automatico sulla regione Emilia-Romagna. I risultati delle analisi degli indicatori della Strategia di Lisbona hanno visto collocare l Emilia Romagna tra i paesi che hanno ottenuto i risultati più virtuosi sia nel raggiungimento degli obiettivi sia nel confronto con le altre realtà territoriali nazionali per quanto concerne gli elevati livelli di occupazione totale e femminile, l alto livello degli investimenti e dell apertura commerciale all estero, l elevato livello di PIL pro-capite, la bassa disoccupazione e la diffusione delle tecnologie ICT tra i cittadini e le imprese. Risultano alcune criticità, alcune delle quali essenziali per la competitività futura del sistema, che riguardano principalmente: i bassi livelli di spesa in R&S in particolare per quella realizzata dalle imprese, il basso numero dei laureati nelle materie scientifiche, l occupazione nei lavoratori anziani, tutti gli indicatori ambientali ad esclusione dell intensità energetica, bassi livelli di investimento nell ICT ed una bassa propensione alla formazione continua. Queste criticità sono in un qualche modo attribuibili al sistema paese, ma 9 I risultati qui analizzati si basano solamente sugli indicatori monitorati e non su tutta la lista di indicatori di Lisbona. Si vedo a tal proposito il paragrafo 2.2 Il sistema degli indicatori . 10 Si veda per una rassegna stampa di grande interesse il sito dell organizzazione, www.cer.org.uk 24 PARTE PRIMA comunque devono essere analizzate con cura anche a scala regionale per evidenziare ambiti di intervento e nuove linee di lavoro. L analisi di benchmarking ha reso infine evidente come la valutazione dei risultati raggiunti dalla regione deve necessariamente basarsi anche sull analisi relativa delle performance rispetto ad altri territori. Alle buone performance fatte registrare dall Emilia Romagna in diversi indicatori si affiancano dinamiche di crescita economica e competitiva di nuovi territori emergenti dell Unione Europea, sia dell est Europea sia dell UE a 15. Diventa quindi essenziale non dare per scontato i risultati raggiunti e mantenere alta l attenzione verso tutti gli aspetti che qualificano da un punto di vista sociale ed economico il benessere della collettività. Gli obiettivi quantitativi fissati da Lisbona e misurati da precisi indicatori già raggiunti dalla regione Emilia Romagna sono i seguenti (si veda tabella 1): Tasso di occupazione totale superiore all obiettivo intermedio del 2005 e prossimo a quello del 2010. Tasso di occupazione femminile superiore sia all obiettivo intermedio del 2005 sia a quello ultimo del 2010. Su diversi altri indicatori i risultati invece non sono stati raggiunti. In particolare: L Emilia Romagna presenta un rapporto tra gli investimenti in R&S ed il PIL pari al 1,28%, un livello molto basso considerato che la media UE 15 è pari al 2%. Risultano di bassa entità anche gli investimenti diretti esteri in entrata. L aspetto che maggiormente rende evidente il ritardo degli investimenti in R&S in Emilia Romagna è la percentuale di investimenti delle imprese industriali che è pari al 56%, un livello molto lontano dal 75% individuato come uno degli obiettivi di Lisbona. Un basso numero di occupati che effettuano formazione continua, pari al 6,37% della popolazione adulta in età 25-64 anni a cui si aggiunge un basso numero di laureati in lauree scientifiche e in tecnologie, pari al 5,95 (2001) su 1000 studenti universitari in età 20-29 anni. Un dato che è circa la metà della media Europea (UE 15). Gli indicatori ambientali presentano una elevata crescita delle emissioni di gas serra, una scarsa produzione di energia rinnovabile ed una struttura dei trasporti ancora incentrata sui trasporti su gomma. 25 PARTE PRIMA Tab. 1 - Gli obiettivi quantitativi di Lisbona Indicatore (vari anni) Tasso di occupazione (2003) Tasso di occupazione femminile (2003) Tasso occupazione lavoratori anziani (2003) Spese in R&S sul PIL Spese in R&S delle imprese sul totale Life long learning (2002) Emissioni di gas a effetto serra in % rispetto ai valori del 1990 Quota di energia rinnovabile Obiettivo della Strategia di Lisbona 2005 67% 2010 70% Indicatore Emilia Romagna Media UE 15 Media UE 25 68% 64,4% 63% 2005 2010 57% 60% 60,2% 56,1% 55,1% 2010 50% 31,6% 41,7% 40,2 2010 3% 1,28% 1,93% 2010 75% 56% 53,36% 2010 10% 6,37% 8,5% 8% +14,1% -3,7% ND 5% 13,7% ND -8% 22% L indicazione di obiettivi quantitativa è limitata a un sottogruppo di indicatori. Negli altri casi invece la metodologia di monitoraggio prevede l applicazione di un approccio di benchmarking costruita su un set di indicatori raggruppati in 6 aree: contesto generale, occupazione, innovazione e ricerca, riforme economiche, coesione sociale ed ambiente. Con riferimento al contesto generale, l Emilia Romagna presenta un quadro macroeconomico stabilmente e strutturalmente orientato verso elevati livelli di benessere coniugati con buoni risultati nel campo della coesione sociale. Il confronto fra il livello di ricchezza raggiunto in termini di PIL pro-capite dall Emilia Romagna, dall Italia, dall UE 15 e dagli USA con le dinamiche di crescita di medio periodo del PIL reale, dopo l effetto Euro (1999-2003), e con quelle di lungo periodo porta a questi risultati: L Emilia Romagna presenta nel medio periodo (1999-2003) una crescita del PIL reale (prezzi base 95) in linea con l UE 15 ma con un tasso 26 PARTE PRIMA superiore al dato Italiano. L UE 15 e l Emilia Romagna rimangono lontano da tassi di crescita degli Usa e quelli dei paesi emergenti.. Le analisi strutturali di lungo periodo (1990-2003) dei differenziali di crescita del PIL reale e di ricchezza raggiunta dall Emilia Romagna dimostrano come la nostra regione abbia ottenuto una crescita superiore alla media Europea ed al valore dell Italia. L Emilia Romagna dimostra da un punto di vista strutturale, una maggior variabilità della dinamica del PIL reale rispetto agli aggregati utilizzati dal confronto ma con una peculiarità positiva: l economia regionale tiene nei momenti di crisi e cresce molto più degli altri paesi negli anni di espansione raggiungendo in questi casi tassi vicini ai livelli degli USA . Il PIL pro-capite espresso in parità di potere d acquisto (che considera cioè i differenziali nel costo della vita tra i diversi territori ed offre una misura della capacità di reperire risorse per promuovere la coesione sociale e la sostenibilità della ricchezza) per la regione Emilia Romagna si colloca a livelli molto alti su valori nettamente superiori all Italia ed alla media UE 15 e prossimi a quelli degli USA, della Norvegia e del Lussemburgo. Il mantenimento di elevati livelli di ricchezza pro-capite, alla luce della scarsa crescita degli ultimi anni del PIL reale, sono il frutto anche di una modesta crescita dei tassi di inflazione (nel capoluogo della Regione si attesta al 2,2% anno 2002), che negli ultimi anni si è continuamente tenuta al di sotto dei valori fatti segnare in molti paesi europei, tra cui l Italia. Il livello assoluto dei prezzi relativi al consumo per le famiglie, indicatore di tipo più strutturale e frutto del trend di lungo periodo dell inflazione, evidenzia, inoltre come l Emilia Romagna sia attestata al di sotto della media UE 15 soprattutto rispetto a molti paesi europei che hanno livelli di ricchezza pro-capite superiori o simili a quelli della regione. L analisi di benchmarking fa però emergere come la nostra regione, pur avendo raggiunto elevati livelli di ricchezza effettiva , mostri evidenti segnali di rallentamento della propria crescita rispetto ai paesi che presentano lo stesso livello di PIL pro-capite. Se durante gli anni novanta l Emilia Romagna ha mantenuto un trend di crescita positivo grazie all export ed alla crescita della domanda interna, negli ultimi anni si registra una fase critica di rallentamento caratterizzata comunque da differenziali positivi rispetto alla dinamica nazionale. Gli elevati livelli di ricchezza raggiunti dalla regione potrebbero non essere più sufficienti a sostenere una crescita economica adeguata al ritmo degli altri paesi europei. 27 PARTE PRIMA Questo soprattutto se consideriamo il fatto che l Emilia Romagna ha perduto posizioni nella graduatoria della ricchezza delle regioni europee (Regioni NUTS 2 dell UE25) espressa in PIL in PPA (parità del potere d acquisto) per abitante: dalla 15° posizione del 1995 la nostra regione è scesa al 23° posto nel 200211. Tab. 2 - Graduatoria del PIL pro-capite in PPA nell UE 25 Regione NUTS 2 1 2 3 4 5 6 7 Inner London Bruxelles Hamburg Wien Luxemburg Ilede France Darmstadt 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 Prov. Di Bolzano Oberbayern Bremen Valle d Aosta Stockholm Lombardia North Eastern Emilia Romagna PIL pro-capite in PPA (1995) 42.089 37.067 30.657 28.090 27.222 27.114 25.243 Regione NUTS 2 1 2 3 4 5 6 7 24.626 24.623 23.940 23.913 23.347 23.308 22.937 22.508 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 18 19 20 21 22 23 Fonte: Eurostat 11 Dati Eurostat, archivio regio. 28 Inner London Bruxelles Luxemburg Hamburg Ilede France Wien Berkshire B. and O. Prov. Di Bolzano Stockholm Oberbayern Aland Utrecht Darmstadt Praha North Eastern Bremen Southern and Eastern Noord-Holland Lombardia Groningen Stuttgart Antwerpen Emilia Romagna PIL pro-capite in PPA (2002) 66.761 49.645 45.026 39.766 37.267 36.603 34.251 33.783 33.488 33.454 32.795 32.710 32.474 32.357 31.823 31.673 31.232 30.197 30028 30.028 29.032 28.876 28.870 PARTE PRIMA Il differenziale di crescita tra Unione Europea e gli USA, differenziale che possiamo estendere anche alla Regione Emilia Romagna, è stato ricondotto, dalla maggior parte degli analisti internazionali e dalla stessa Commissione Europea, alle differenti performance di produttività raggiunte ed al diverso grado di occupazione presente nei due sistemi. Abbiamo quindi analizzato questi due aspetti, utilizzando gli indicatori e gli obiettivi di Lisbona per verificare quale fattore incida maggiormente, in termini di benchmarking, rispetto alle altre realtà europee: occupazione oppure produttività. Valutando i tassi di occupazione (pop. 15-64) raggiunti nel 2003, l Emilia Romagna presenta un valore pari al 68% che risulta superiore alla media Europea (UE 25) e di circa 10 punti percentuali superiore alla media italiana superando l obiettivo fissato al 67% stabilito dalla strategia di Lisbona per il 2005 ed è a soli tre punti percentuali dal raggiungimento dell obiettivo del 70% per il 2010. Importante è stato il contributo della crescita dell occupazione femminile e degli alti livelli raggiunti di partecipazione delle donne al lavoro. L Emilia Romagna ha superato l obiettivo del tasso di occupazione femminile sia del 2005 (obiettivo al 57%) sia quello del 2010 (obiettivo ultimo al 60%). A questi ottimi risultati si contrappongono alcuni fattori di criticità. Ai bassi tassi di disoccupazione maschile e femminile, si affianca un basso livello del tasso di occupazione dei lavoratori in età 55-65 anni (maschili e femminili) 2003 pari al 31,6% (anno 2003) contro una media europea (UE 25) del 40% ed un obiettivo stabilito nella strategia di Lisbona per il 2010 pari al 50%. Alla crescita dell occupazione non ha, quindi contribuito in modo particolare (e questo dato è in linea con l andamento nazionale) la componente dei lavoratori anziani. Il fattore critico a livello di sistema da tenere maggiormente in considerazione è, però, connesso alla struttura demografica della popolazione. Ad elevati tassi di occupazione nelle fasce di età più giovani si contrappone un basso tasso di attività e di occupazione nelle fasce più anziane della popolazione. La maggioranza delle persone appartenenti a questa ultimo gruppo non rientra più tra le forze di lavoro rendendo più arduo l incremento complessivo del tasso di occupazione e quindi il raggiungimento degli obiettivi del 2010. 29 PARTE PRIMA Il secondo fattore individuato dalla Commissione Europea come determinante della crescita economica è la produttività, indicatore su cui l Emilia Romagna presenta valori superiori alla media Europea, ma decisamente inferiori rispetto alle regioni europee più ricche. In particolare, l elemento maggiormente preoccupante è la dinamica della produttività, che nel periodo 1999-2003 ha presentato una crescita di poco superiore allo zero (+0,5%). La produttività pur avendo, come si è detto, livelli assoluti al di sopra della media europea presenta un tasso di crescita quasi prossimo allo zero negli ultimi anni. L Emilia Romagna si colloca insieme ai paesi che registrano una bassa crescita nella produttività ed una forte crescita nell occupazione. La bassa dinamica della produttività potrebbe quindi essere determinata dalla tipologia degli investimenti e dalla scarsa innovazione a livello di sistema a confronto con i paesi europei più virtuosi. In questo modo potrebbe essere spiegato il motivo per cui la crescita economica sia stata accompagnata da una proporzionale crescita degli occupati che non ha permesso alla nostra regione di aumentare i livelli di produttività per occupato. Abbiamo, sempre utilizzando gli indicatori di Lisbona, analizzato le cause strutturali che possono determinare un basso livello di produttività e che la Commissione Europea individua nella scarsa diffusione delle tecnologie ICT e nell insufficienza dei livelli degli investimenti complessivi. Per quanto concerne il primo fattore l Emilia Romagna, presenta un elevata diffusione di internet tra le imprese, pari al 91,9% delle stesse, e tra le famiglie, pari al 48%, un livello molto al di sopra della media europea. Importanti sono anche i risultati relativi all offerta di banda larga e di altre tecnologie nelle imprese. Sono, però, relativamente agli altri paesi europei, molto bassi i livelli di spesa in tecnologie IT sul PIL, probabilmente perché, come ha dimostrato un indagine Regione-Ervet nel 2004, sia le imprese che i cittadini non fanno un uso intenso delle tecnologie e non ne sfruttano le potenzialità nel processo produttivo Infine per quanto concerne il valore degli investimenti complessivi abbiamo rilevato come l Emilia Romagna presenti un alto livello di investimenti, pari al 20% del PIL e stabilmente collocato in questa fascia, un dato ampiamente al di sopra della media europea (UE 15 ed UE 25). 30 PARTE PRIMA L analisi degli indicatori di Lisbona ci ha consentito di sottolineare l aspetto che sembra maggiormente critico per l Emilia Romagna dato non tanto dal livello degli investimenti quanto dalla tipologia degli stessi. Alla diffusione degli strumenti di base delle ICT non ne corrisponde un utilizzo evoluto nella produzione. L Emilia Romagna presenta un rapporto tra gli investimenti in R&S ed il PIL pari al 1,28%, un livello molto basso considerato che la media UE 15 è pari al 2%. L aspetto che maggiormente rende evidente il ritardo degli investimenti in R&S in Emilia Romagna è la percentuale di investimenti delle imprese industriali che è pari al 56%, un livello molto lontano dal 75% (livello che contraddistingue i grandi paesi industrializzati12) individuato come uno degli obiettivi di Lisbona. Il forte peso della ricerca pubblica è riconducibile alla presenza sul territorio regionale di Centri di ricerca Universitari e di istituti nazionali (ENEA, CNR..ecc..) di grande importanza Innovazione e conoscenza non sono semplicemente espressione degli investimenti in R&S ma sono, spesso, il frutto di aspetti sociali connessi con l educazione e la formazione delle risorse umane. Il numero di laureati in facoltà scientifiche e in tecnologie è un indicatore della disponibilità di un bacino di risorse umane formate in grado di supportare la ricerca e le imprese nella promozione delle innovazioni: L Emilia Romagna ha un basso numero di laureati in lauree scientifiche e in tecnologie, pari al 5,95 (2001) su 1000 studenti universitari in età 20-29 anni. Un dato che è circa la metà della media Europea (UE 15). Relativamente migliore è il dato relativo alla formazione continua, pari al 6,37% della popolazione adulta in età 25-64 anni. Un dato al di sotto della media Europea ma superiore a quello italiano. In Italia, infatti, l Emilia Romagna è la regione, insieme alla Lombardia, che ha la maggiore incidenza di spesa pubblica in istruzione per studente. L analisi degli indicatori connessi al tema dell innovazione ha evidenziato in definitiva alcune criticità della nostra regione rispetto agli altri paesi europei. 12 Sirilli, G. Ricerca e Sviluppo , Bologna, Il Mulino, 2005 31 PARTE PRIMA Ovviamente non è affatto dimostrato che i fenomeni analizzati dagli indicatori influenzino direttamente il grado di innovazione del sistema imprenditoriale e quindi la produttività complessiva. E comunque certo che, rispetto agli altri paesi europei, l analisi degli indicatori dimostra come alla minor crescita della ricchezza (sia totale che per abitante) ed alla stagnazione dei livelli di produttività, corrispondano livelli di investimenti in innovazione e di diffusione di forza lavoro altamente qualificata sotto la media europea. Gli elevati livelli di ricchezza raggiunta non possono quindi essere considerati un risultato acquisito ma devono essere sostenuti dalla competitività del sistema, dal suo grado di innovazione e da un adeguata suddivisione della ricchezza. L analisi degli indicatori di Lisbona relativi alla coesione sociale offre un quadro allo stato dei fatti rassicurante della situazione dell Emilia Romagna, almeno con riferimento alla situazione media europea. Il tasso della popolazione a rischio di povertà dopo i trasferimenti sociali in Emilia Romagna è pari al 5% della popolazione, livello molto basso rispetto alla media UE 15 che invece è pari al 15 %. Anche la disoccupazione di lunga durata, maschile e femminile, presenta tassi molto al di sotto della media UE 15 e dei paesi più ricchi dell Europa. Infine per quanto concerne il tema dell ambiente, gli indicatori monitorati presentano forti criticità per il territorio regionale soprattutto nel trasporto ancora incentrato nei mezzi su gomma e nella scarsa produzione di energia rinnovabile. Risulta invece positivo l indicatore relativo all intensità energetica. Di seguito è possibile individuare per ogni indicatore analizzato, il dato relativo all Emilia Romagna ed i paesi appartenenti all Unione Europea a 25 che presentano i dati migliori ( paesi leader ) per ogni indicatore e che sono rispettivamente ai primi tre posti in graduatoria. Nell ultima colonna è stata indicata la posizione dell Emilia Romagna rispetto alla media UE 25: Il dato dell Emilia Romagna è superiore del 10% della media UE 25. Il dato dell Emilia Romagna è inferiore del 10% della media UE 25. Il dato dell Emilia Romagna è nell intorno del 10% della media UE 25. 32 PARTE PRIMA Tab. 3 - La posizione dell Emilia Romagna per ogni indicatore di Lisbona. Emilia Romagna Paesi leader 2002 PIL pro capite in PPA espresso in indice su base UE 25=100 136,3 Lussemburgo, Emilia Romagna, Irlanda, 2003 Tassi di crescita reale del PIL a prezzi costanti 1995 (cambiamento percentuale rispetto all'anno precedente) 0,3% Lituania, Lettonia, Estonia 2003 Crescita dell'occupazione in % rispetto all'anno precedente. 1,5% Ungheria, Lituania, Slovacchia 2003 Crescita dell'occupazione femminile in % rispetto all'anno precedente 2,5% Spagna, Ungheria, Emilia Romagna 2003 Crescita dell'occupazione maschile in % rispetto all'anno precedente 0,8% Lituania, Slovacchia, Ungheria 119,3 Irlanda, Belgio, Francia 95,5 Lussemburgo, Belgio, Francia 2,20% riferito a Bologna Lituania, Repubblica Ceca, Polonia 68% Danimarca, Olanda, Svezia 60,20% Svezia, Danimarca, Olanda 76,20% Olanda, Danimarca, Cipro Anno 2002 2002 2003 2003 2003 2003 Indicatore Produttività del lavoro per occupato (PIL in SPA per persona occupato indice base dati UE 15=100). Produttività del lavoro per ora lavorata indice base UE15=100. Tasso di inflazione: cambiamento dell'indice armonizzato dei prezzi al consumo (tasso di inflazione del capoluogo regionale) Tasso di occupazione totale della popolazione in età 1564 in percentuale della popolazione di età 15-64 Tasso di occupazione femminile della popolazione in età 15-64 in percentuale della popolazione di età 1564 Tasso di occupazione maschile della popolazione in età 15-64 in percentuale della popolazione di età 15- 33 Emilia Romagna rispetto all UE 25 PARTE PRIMA Emilia Romagna Paesi leader 31,60% Svezia, Danimarca, Regno Unito 23,30% Svezia, Danimarca, Finlandia 40,40% Svezia, Cipro, Danimarca 2003 Tasso di disoccupazione (disoccupati in % della popolazione attiva) 3,10% Emilia Romagna, Lussemburgo, Olanda, 2003 Tasso di disoccupazione femminile (disoccupati in % della popolazione attiva) 4,50% Olanda, Irlanda, Regno Unito 2003 Tasso di disoccupazione maschile (disoccupati in % della popolazione attiva) 1,90% Emilia Romagna, Lussemburgo, Olanda 6,37% Regno Unito, Finlandia, Svezia 98,5 Belgio, Austria, Polonia 125,70 Lussemburgo, Italia, Danimarca 1,28% Finlandia, germani, Danimarca Anno Indicatore 64 2003 2003 2003 2002 2002 2002 2002 Tasso di occupazione lavoratori anziani (55-64) sul totale della popolazione in età 55-64. Tasso di occupazione femminile delle lavoratrici anziane (55-64) sul totale della popolazione femmminile in età 55-64. Tasso di occupazione maschile dei lavoratori anziani (55-64) sul totale della popolazione maschile in età 55-64. Life long learning popolazione in età 2564(persone che hanno partecipato a formazione nelle 4 settimane precedenti l'indagine/popolazione che ha partecipato a corsi di formazione) Incidenti seri sul lavoro (intesi come incidenti che causano un'assenza dal lavoro per più di 3 giorni) per 100,000 occupati Incidenti mortali sul lavoro per 100,000 occupati (1998=100). Spesa domestica (intra muros) in R&S come % del PIL 34 Emilia Romagna rispetto all UE 25 PARTE PRIMA Anno 2002 2002 2001 2003 2003 1999 Indicatore Emilia Romagna Paesi leader 49% Lussemburgo, Belgio, Irlanda 56% Finlandia, Germania, Slovenia 5,95% Irlanda, Francia, Regno Unito 48% Danimarca, Regno Unito, Germania 91,90% Finlandia, Danimarca, Svezia 176,67 Svezia, Finlandia, Germania Spesa domestica settore pubblico (intra muros) in R&S come % del PIL Spesa domestica settore privato (intra muros) in R&S come % del PIL Laureati in materie scientifiche e tecnologiche Percentuale di cittadini con accesso domestico ad internet (cittadini con più di 15 anni e che hanno il telefono) Percentuale di imprese con accesso ad internet (con più di 9 dipendenti). Confronto con la media UE 15. Numero di brevetti presentati all'UEB per milione di abitanti (confronto con la media UE 15) 2003 Spesa in IT in %del PIL (confronto con la media UE 15) 1,61% 2001 Tasso di rischio di povertà dopo i trasferimenti sociali 5% (anno 2002) 2002 2002 Tasso totale di disoccupazione di lunga durata: disoccupazione di lunga durata (12 mesi o più) come percentuale della totalità popolazione attiva. Tasso totale di disoccupazione femminile di lunga durata: disoccupazione di lunga durata (12 mesi o più) come percentuale della popolazione attiva femminile. Svezia, Regno Unito, Repubblica Ceca Emilia Romagna, Repubblica Ceca, Svezia 0,80% Olanda, Cipro Lussemburgo 1,20% Irlanda, regno Unito, Olanda 35 Emilia Romagna rispetto all UE 25 PARTE PRIMA Anno 2002 2001 2003 2002 2002 2002 Indicatore Tasso totale di disoccupazione maschile di lunga durata: disoccupazione di lunga durata (12 mesi o più) come percentuale della popolazione attiva maschile. Percentuale di energia prodotta con fonti rinnovabili sul totale del consumo di energia investimenti di business: Investimenti fissi lordi delle imprese private in % del PIL IDE in % del PIL Tasso di apertura dell'economia : import ed export dei prodotti (dalla bilancia dei pagamenti) in rapporto al PIL Livello dei prezzi relativi: confronto tra i prezzi per i consumi finali delle famiglie (incluse le imposte indirette) considerando base 100 la media UE 15. Emilia Romagna Paesi leader 0,50% Cipro, Lussemburgo, Olanda 5% Austria, Svezia, Lettonia 20% 0.83% Belgio, Slovacchia, Malta 97,3 Slovacchia, Lituania, Repubblica Ceca +14,1% Lettonia, Lituania, Estonia Danimarca, Austria, Germania Emissioni di gas a effetto serra in % rispetto ai valori del 1990 2001 Intensità energetica dell economia in kg equivalenti di petrolio/ 1000 del PIL 140,3 2000 Trasporto merci in volume in tonn.-km/ 1000 del PIL 241 2000 1998 Estonia, Slovacchia, Lettonia Lussemburgo, Irlanda, Slovacchia 46,2%% 2000 Trasporto merci per mezzo % di merci trasportate su gomma Trasporto passeggeri per mezzo - % di passeggeri trasportati con autovetture 81% 83% 36 Emilia Romagna rispetto all UE 25 Islanda, Norvegia, Grecia Lettonia, Estonia, Lituania Slovacchia, Ungheria, Portogallo N.D. PARTE PRIMA Anno 2002 2002 2002 Indicatore Emilia Romagna Rifiuti raccolti in kg abitante/anno Rifiuti smaltiti in discarica in kg abitante/anno Rifiuti inceneriti in kg abitante/anno Paesi leader Emilia Romagna rispetto all UE 25 644 ND 276 ND 126 ND 2003 Quota di energia rinnovabile 5% 2003 Aree protette per biodiversità - % del territorio 10,7% Islanda, Norvegia, Austria Evoluzioni future I risultati ottenuti confermano la realtà di una regione che si pone nelle posizioni di testa per quanto riguarda diversi indicatori, ma con segnali di rallentamento nella crescita ed ancora ambiti che presentano ritardi. Pur tuttavia, questi risultati devono essere considerati un riferimento che deve essere continuamente posto sotto osservazione. I principali modelli previsivi degli sviluppi dell economia regionale13 ipotizzano un peggioramento di diversi indicatori riferiti alla situazione occupazionale se non dovessero intervenire politiche specifiche in questo ambito. La valorizzazione di questo tipo di analisi, oltre al costante monitoraggio, nuovi sviluppi di ricerca ed approfondimenti con riferimento a: Copertura: si tratta di ampliare la gamma degli indicatori coperti a livello regionale. L assenza di adeguate informazioni su indicatori di tipo ambientale e sulla coesione rappresentano un grave limite non solo al confronto dei dati, ma anche, per le motivazioni più volte richiamate nei paragrafi precedenti, alla significatività del modello stesso. Integrazione: è opportuno procedere ad approfondimenti dei singoli fenomeni rappresentati dagli indicatori, utilizzando conoscenze e spunti di ricerca che già esistono a livello regionale. E il caso, ad esempio, delle 13 E. Clò, L economia regionale congiuntura e previsioni, Ervet 2005. 37 PARTE PRIMA statistiche sul lavoro, dei percorsi di carriera dei laureati in discipline scientifiche, degli investimenti diretti esteri, ecc. L ancoraggio ad un indicatore nazionale e confrontabile permette di migliorare la sistematizzazione di tutta la letteratura di ricerca originatasi da esigenze peculiari o settoriali. Valutazione: Occorre collegare questo tipo di analisi con lavori specifici di impatto delle politiche sugli indicatori target. Questo è, per Ervet, uno sviluppo di particolare rilievo anche come metodo di lavoro che punta a mettere in evidenza la necessità di collegare obiettivi a strumenti e di potersi dotare di strumenti adeguati di valutazione Regionalizzazione14: da ultimo, è di fondamentale importanza regionalizzare ancora di più l analisi. Gli indicatori di Lisbona sono stati costruiti e pensati per gli Stati membri. Le regioni si presentano come territori forse meno visibili a livello comunitario ma sicuramente interessanti per il ruolo che hanno sulle politiche territoriali. Per questo la comparazione dell Emilia Romagna con alcune regioni europee simili per struttura produttiva e caratteristiche sociali, potrebbe risultare metodologicamente interessante e potrebbe produrre interessanti spunti di riflessione sui differenti risultati raggiunti dalle politiche regionali. 14 La principale critica a questo tipo di esercizio è quella di confrontare livelli territoriali diversi, Stato e Regione. Si tratta di un rilievo apparentemente convincente, ma ad una seconda lettura pieno di implicazioni e spunti di riflessione. In primo luogo, la caratterizzazione territoriale rende il confronto fra Stati altrettanto critico: inutile dire che raffrontare Italia e Germania, ad es., significa raccontare la storia di due paesi in cui esistono polarizzazioni territoriali dello sviluppo notevoli che vengono di fatto diluite nei valori medi utilizzati dalle analisi. Il secondo argomento in favore di un confronto fra stati è quello secondo il quale gli strumenti di intervento in termini di policy a disposizione a quel livello sono simili. Si tratta di un argomento da tenere in considerazione ma di un arma in larga parte spuntata. La governance territoriale dello sviluppo è oramai molto articolata e i diversi livelli di analisi delle politiche in un approccio come quello di Lisbona vedono protagonisti così tanti attori (dalla commissione europea alle comunità locali in un continuum di responsabilità e competenze) da rendere il livello statale altrettanto discutibile che quello regionale e locale. 38 PARTE SECONDA LA STRATEGIA DI LISBONA ED IL SISTEMA DEGLI INDICATORI 6. La Strategia di Lisbona ed il processo di definizione del sistema degli indicatori Il sistema degli indicatori definito nell ambito della Strategia di Lisbona fa riferimento agli obiettivi ed ai grandi temi declinati sulla base delle priorità strategiche condivise dagli Stati Membri. E frutto di un processo di mediazione, discussione, proposte ed analisi che ha coinvolto non solo le singole istituzioni dell Unione Europea (Commissione Europea, Eurostat, Consiglio Europeo) ma anche i singoli Stati Membri attraverso i gruppi di discussione e di lavoro organizzati tra statistici e policy maker. E quindi interessante notare come tale sistema sia il frutto di un lungo percorso, in continuo divenire, di definizione della lista di dati da rilevare. L aggiornamento delle priorità e degli obiettivi comporta infatti necessariamente una modifica nella lista degli indicatori. L indicatore assume quindi un preciso significato connesso con la mediazione di differenti strategie di sviluppo portate avanti dai singoli paesi, differenti sistemi produttivi, differenti stadi di benessere, differenti sistemi di rilevazione statistica. Questo processo, coinvolgendo diversi attori istituzionali e gruppi di lavoro formati da statistici di ogni Stato Membro, individua un sistema di indicatori che oltre a rappresentare una base comune sulla quale si stanno uniformando tecniche di rilevazione dei dati e di analisi, rappresenta il riferimento oggettivo e completo per le analisi economiche da condursi all interno di questo sistema di valutazione. Di seguito viene presentata la ricostruzione cronologica del percorso istituzionale che ha portato alla definizione degli indicatori sulla base delle disposizioni e dei contenuti presenti nei principali Trattati e Consigli Europei. In questo modo si vuole rendere evidente la connessione del sistema degli indicatori con le policy, e gli obiettivi istituzionali che in qualche modo danno legittimità ai dati rilevati. Gli indicatori hanno quindi intrinseco un valore istituzionale, manifestazione non solo della misura di una politica o programma ma spesso anche misura della validità di un percorso istituzionale che ha intrapreso la Comunità Europea. 39 PARTE SECONDA Modifiche al Trattato sull Unione europea - Maastricht (1992) - Amsterdam (1997) Con le modifiche e le integrazioni introdotte nei Trattati europei, vengono introdotti principi e norme più avanzati di quelli presenti nelle Costituzioni nazionali. L art. 2 del Trattato di Amsterdam stabilisce infatti che la Comunità europea promuoverà uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche, una crescita sostenibile e non inflazionistica, un elevato grado di convergenza dei risultati economici, un elevato livello di protezione dell ambiente e il miglioramento di quest ultimo, un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione economica e sociale e la solidarietà tra gli Stati . L integrazione delle questioni ambientali nelle politiche comunitarie di settore trova invece la sua collocazione istituzionale nell art. 6 del Trattato, secondo il quale le esigenze connesse con la tutela dell'ambiente devono essere integrate nella definizione e nell'attuazione delle politiche e azioni comunitarie in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile." Consiglio Europeo di Lisbona (marzo 2000) Il Consiglio di Lisbona vara l obiettivo strategico per il prossimo decennio dell UE, ovvero diventare l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale . Consiglio Europeo di Goteborg (giugno 2001) A Goteborg viene compiuto uno dei passi più importante per il cammino europeo verso la sostenibilità: con l adozione della strategia europea per lo sviluppo sostenibile, presentata dalla Commissione in risposta all invito del Consiglio di Helsinki, l impegno politico varato dai capi di Stato e di governo a Lisbona per il rinnovamento economico e sociale si rafforza con l'integrazione di una terza dimensione, quella ambientale. L obiettivo prioritario della 40 PARTE SECONDA strategia adottata a Goteborg è quello di frenare le tendenze "insostenibili" in quattro settori prioritari: cambiamenti climatici, risorse naturali, trasporti, sanità pubblica. Consiglio Europeo di Laeken (dicembre 2001) Il Consiglio europeo di Laeken adotta i 7 indicatori chiave per lo sviluppo sostenibile connessi con l ambiente che integrano i 35 indicatori strutturali(1) già adottati per il monitoraggio del processo di Lisbona. Questo set di 42 indicatori verrà utilizzato per il riesame della strategia al Consiglio europeo di Barcellona. Consiglio Europeo di Barcellona (marzo 2002) Barcellona(marzo 2002) Il Consiglio europeo di primavera effettua il primo riesame della strategia europea di sviluppo sostenibile sulla base di una relazione di sintesi presentata dalla Commissione. Per valutare i progressi annuali nell attuazione della strategia la Commissione ha utilizzato il set di 42 indicatori strutturali adottato a Laeken (tab. 1). Consiglio Europeo di Bruxelles (marzo 2003) Al Consiglio europeo di Bruxelles è stato effettuato il secondo riesame della strategia europea di sviluppo sostenibile, prendendo in considerazione gli sviluppi interni ed esterni (specialmente il vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile) che si sono registrati dal 2001, quando la strategia dell'UE per lo sviluppo sostenibile è stata varata. In questa sede i capi di Stato e di governo hanno espresso soddisfazione per i progressi compiuti nell attuazione, riconoscendo al contempo la necessità, ai fini di uno sviluppo economico durevole, di rilanciare le potenzialità della strategia di sviluppo sostenibile per una sua maggiore integrazione nel processo di rinnovamento economico e sociale varato a Lisbona. Un ruolo importante, in questo percorso verso la sostenibilità, è stato riconosciuto alle tecnologie ambientali (in particolare nei settori chiave dell energia e dei trasporti), in quanto in grado di favorire 41 PARTE SECONDA crescita e occupazione dell ambiente. assicurando al contempo il miglioramento Consiglio Europeo Di Bruxelles 4/5 Novembre 2004-11-17 Il Consiglio Europeo di Bruxelles ha definito la necessità di revisionare la Strategia di Lisbona attraverso un riesame che si concluderà al Consiglio Europeo di primavera 2005. Tali proposte globali dovrebbero tenere presenti la relazione del Gruppo ad alto livello presieduto dal sig. Kok e le opinioni degli Stati membri. Esse terranno inoltre conto dell'imminente riesame della strategia per lo sviluppo sostenibile. Il Consiglio europeo ha invitato il Consiglio ad esaminare in tempo dette proposte e resta in attesa di ulteriori contributi concreti per attuare con successo la strategia di Lisbona in ogni sua dimensione. Rapporto di revisione intermedia del Gruppo di alto livello guidato da Wim Kok L analisi presentata dal Gruppo di alto livello incentra gli obiettivi strategici per il mantenimento del modello di sviluppo europeo, fondato sulla coesione sociale e la sostenibilità ambientale, sulla creazione di ricchezza attraverso la crescita economica del sistema, l occupazione e la produttività. Riconduce gli obiettivi strategici chiave alla competitività del sistema produttivo con i nuovi concorrenti mondiali, avanzando lo spettro di una potenziale crisi del sistema europeo per cause esterne ed interne: le cause esterne sono individuate nella crescita della concorrenza internazionale e nella perdita relativa di competitività rispetto ai partner storici (USA) e rispetto ai nuovi competitors (Cina ed India); quelle interne nel calo demografico e nell invecchiamento della popolazione. Il rapporto evidenzia in modo specifico alcuni obiettivi concreti tra i quali segnaliamo: l incremento dei ricercatori, anche di origine extra-europea; la crescita del numero dei brevetti; le riforme del mercato per garantire le stesse condizioni in ogni Stato Membro; aumentare l efficienza nell utilizzo delle risorse energetiche.. 42 PARTE SECONDA Comunicazione al Consiglio Europeo di Primavera 2005 da parte del Presidente della Commissione Europea Barroso Il nuovo Presidente della Commissione Europea ha reso pubblica il 2 Febbraio 2005 la nuova proposta della Strategia di Lisbona, Lavorare insieme per la crescita e l occupazione: il rilancio della Strategia di Lisbona , rilanciando la sfida per una maggiore crescita economica e dell occupazione con la finalità di supportare il modello sociale europeo attraverso lo sviluppo delle nuove tecnologie e del sistema della conoscenza. Da un punto di vista del metodo di coordinamento si è cercato di superare l inefficienza nell implementazione della Strategia di Lisbona attraverso la previsione di Piani nazionali che dovrebbero divenire il principale strumento per la presentazione di relazioni sulle misure in materia economica e di occupazione. In relazione all intervento di Kok, ed alle recenti dichiarazioni del nuovo Presidente della Commissione Barroso, la direzione che sembra più probabile per l implementazione della Strategia di Lisbona è quella di vincolarne la sua attuazione ad alcuni vantaggi in termini finanziari per il singolo stato membro. Si parla di vincolare il raggiungimento degli obiettivi della Strategia di Lisbona alla revisione del Patto di Stabilità, ma non sembra al momento un compresso raggiungibile. Di certo vi è che i limiti considerati più sopra che hanno compromesso, in parte, l implementazione della strategia di Lisbona, potrebbero essere in questi anni superati dando un maggior slancio, e quindi importanza, alla strategia stessa. Entro il prossimo Consiglio Europeo dovrebbero definirsi questi nodi non ancora sciolti. In conclusione il gruppo di indicatori considerati si configura come un sistema ampiamente discusso e condiviso da una moltitudine di paesi che hanno concordato obiettivi quantitativi comuni. Ciò che si viene a realizzare è quindi una lista di indicatori che riescono a dare una misura degli obiettivi definiti dalla strategia sintetizzando diversi punti di vista di analisi e di strategie di policy. La valenza istituzionali e scientifica di questi indicatori qualificano le analisi e gli sforzi di rilevazione effettuati in questo rapporto. 43 PARTE SECONDA Il sistema degli indicatori La Strategia di Lisbona prevede la rilevazione di un sistema di indicatori per ogni Stato Membro finalizzata alla misurazione dei progressi e del raggiungimento degli obiettivi quantificati nella Strategia stessa. Gli indicatori di Lisbona che sono attualmente rilevati dall Eurostat sono raggruppati in due liste differenti: short list e long list. La short list è la lista breve degli indicatori (solitamente costituita da circa 1415 indicatori) che sono particolarmente diretti nel loro significato specifico e molto esplicativi nella descrizione di fenomeni socio economici così da essere fruibili da parte di tutti i cittadini dell Unione Europea. Sono gli indicatori più noti che vengono utilizzati nella documentazione finalizzata alla divulgazione pubblica e per la stampa che rappresentano più direttamente un obiettivo specifico. Nell ultimo Consiglio Europeo tenutosi a Brussels nel marzo del 2004 è stata utilizzata la seguente short list di indicatori: Situazione economica generale 1. PIL pro capite (in PPA) e tasso di crescita reale del PIL 2. Produttività del lavoro (per lavoratore e per ora lavorata) I. Occupazione 3. Tasso di occupazione (totale e per sesso) 4. Tasso di occupazione dei lavoratori anziani (totale e per sesso) II. Innovazione e ricerca 5. Spese per la R&S 6. Livello totale di educazione superiore giovanile (20-24 anni). III. Riforme economiche 7. Livelli relativi e convergenza dei prezzi 8. Business investment IV. Coesione sociale 9. Tasso di povertà prima e dopo i trasferimenti sociali 10. Coesione regionale: dispersione del tasso di occupazione tra regioni 44 PARTE SECONDA 11. Disoccupazione di lunga durata Ambiente 12. Emissioni di gas ad effetto serra 13. Intensità energetica dell economia 14. Volume dei trasporti (tonnellate e passeggeri/km) in rapporto al PIL Gli indicatori strutturali long list rappresentano la lista completa (42 indicatori), che è stata modifica nel corso degli anni in sede di Consiglio Europeo anche su proposta della Commissione Europea, per misurare gli obiettivi definiti nella strategia di Lisbona ed effettuare le analisi per ogni singolo paese. Le pubblicazioni ufficiali della Commissione Europea e dei Consigli Europei relative allo stato di attuazione della strategia di Lisbona contengono analisi e studi che si basano su tutti i 42 indicatori (che salgono a 95 se consideriamo anche i microindicatori di genere ed i vari tassi di crescita degli indicatori), considerati nelle analisi del presente documento e sull analisi dinamica degli stessi evidenziandone le interrelazioni o la connessione. Nella pagina successiva è riportata la long list. Elenco finale (marzo 2004) dei 42 indicatori strutturali per la relazione di sintesi Situazione economica generale 1. PIL pro capite (in SPA) e tasso di crescita reale del PIL 2. Produttività del lavoro (per lavoratore e per ora lavorata) 3. Crescita occupazione (totale e per sesso) 4. Tasso d'inflazione 5. Crescita del costo unitario reale del lavoro 6. Saldo del bilancio pubblico 7. Debito pubblico I. Occupazione 1. Tasso di occupazione (totale e per sesso) 2. Tasso di occupazione dei lavoratori anziani (totale e per sesso) 3. Divario retributivo tra i sessi 4. Aliquota fiscale sui lavoratori a bassa retribuzione 45 PARTE SECONDA 5. Formazione permanente (partecipazione di adulti all'istruzione e alla formazione) 6. Infortuni sul lavoro (qualità del lavoro) 7. Tasso di disoccupazione (totale e per sesso) II. Innovazione e ricerca 1. Spese pubbliche per l'istruzione 2. Spese per la R&S 3. Livello dell accesso ad Internet 4. Dottorati in scienza e tecnologia 5. Brevetti 6. Capitale di rischio 7. Investimenti nelle TCI III. Riforme economiche 1. Livelli relativi e convergenza dei prezzi 2. Prezzi nelle industrie a rete 3. Struttura dei mercati nelle industrie a rete 4. Appalti pubblici 5. Aiuti di Stato e ad hoc 6. Capitali raccolti sui mercati azionari 7. Business investment IV. Coesione sociale 1. Distribuzione del reddito (quintile del reddito) 2. Tasso di povertà prima e dopo i trasferimenti sociali 3. Persistenza della povertà 4. Coesione regionale 5. Abbandono scolastico e non sostengono corsi d istruzione o di formazione 6. Disoccupazione di lunga durata 7. Persone appartenenti a nuclei familiari senza reddito da lavoro V. Ambiente 1. Emissioni di gas ad effetto serra 2. Intensità energetica dell economia 3. Volume dei trasporti (tonnellate e passeggeri/km) in rapporto al PIL 4. Ripartizione tra i modi di trasporto 46 PARTE SECONDA 5. Qualità dell aria urbana (esposizione della popolazione urbana 6. Rifiuti urbani raccolti, messi in discarica e inceneriti 7. Percentuale delle fonti energetiche rinnovabili nel consumo di energia elettrica Criticità metodologiche nella rilevazione degli indicatori di Lisbona al contesto regionale La rilevazione di questo sistema di indicatori per la regione Emilia Romagna ha comportato alcune difficoltà connesse a due aspetti principali: 1) Carenza di dati: indicatori non disponibili poiché non rilevati oppure rilevati con una metodologia completamente differente tali da rendere due indicatori non comparabili. 2) Scarsa significatività dei dati: indicatori non significativi al livello regionale poiché di riferimento esclusivamente nazionale. La prima tipologia di criticità riscontrata durante la fase di rilevazione dei dati fa riferimento al fatto che molti di questi non sono facilmente reperibili a livello regionale e quando presenti non sempre sono rilevati con la stessa metodologia. Ciò poteva comportare il rischio che la comparazione tra gli indicatori non fosse sempre precisa e che quindi si rischiava un confronto non metodologicamente corretto. Per ovviare a questo limite si è deciso di rendere trasparente le fonti degli indicatori e di non considerare quegli indicatori nettamente differenti da un punto di vista metodologico. Nel concreto la fase di valutazione metodologica è stata condotta grazie all Eurostat che rende disponibile nel proprio sito internet la metodologia (http://forum.europa.eu.int/irc/dsis/structind/info/data/index.htm) per la rilevazione degli indicatori in modo tale che sia il più possibile trasparente e fruibile agli utilizzatori dei dati. Sulla base del materiale disponibile è stato possibile verificare la comparabilità dei dati forniti da Eurostat con quelli rilevati per l Emilia Romagna. Si ricorda che la comparabilità e quindi la precisione metodologica è stata finalizzata non solo alla realizzazione di un corretto esercizio di benchmarking quanto invece a controllare che una diversa metodologia di raccolta del dato non producesse fenomeni di sovrastima o sottostima rispetto al fenomeno di indagine. Nel caso di indicatori non disponibili poiché non rilevati a livello regionale, si è cercato di considerare come indicatori proxy alcuni dati ricavabili da fonti 47 PARTE SECONDA ufficiali istituzionali come l ISTAT od altre fonti comunque attendibili, ed in alcuni casi si è ricostruito il dato stesso attraverso l elaborazione di alcune banche dati (ad esempio il numero degli infortuni sul lavoro) seguendo la metodologia dell Eurostat. Occorrerebbe però lavoro di ricerca più puntuale per reperire dati grezzi su cui effettuare opportune elaborazioni ed al limite condurre indagini campionarie ad hoc. Per ogni indicatore abbiamo riportato nell allegato 1, la disponibilità dello stesso (gli indicatori disponibili sono stati sottolineati quelli non disponibili sono in grossetto) e la differenza metodologica tra i dati rilevati per il livello regionale e quelli dell Eurostat (si veda la colonna note indicatori ). La seconda tipologia di criticità metodologica nell applicazione degli indicatori di Lisbona al contesto regionale fa riferimento al fatto che gli indicatori sono costruiti e pensati per il contesto territoriale nazionale e quindi alcuni di questi possono non aver un significato a livello regionale. Si pensi agli indicatori relativi al tema delle riforme economiche che misurano fenomeni connessi con la concorrenza e l integrazione dei mercati (specie in quelli controllati da monopoli pubblici) che spesso hanno un estensione minima multi regionale. Complessivamente, l analisi per l Emilia Romagna, contenuta nella seconda parte del lavoro, è stata svolta attraverso la rilevazione di 25 indicatori così suddivisi tra i differenti temi contenuti nella Strategia di Lisbona: Situazione economica generale 1. PIL pro capite (in PPA) e tasso di crescita reale del PIL 2. Produttività del lavoro (per lavoratore e per ora lavorata) 3. Tasso di occupazione (totale e per sesso) 4. Tasso d'inflazione I. Occupazione 1. Tasso di occupazione (totale e per sesso) 2. Tasso di occupazione dei lavoratori anziani (totale e per sesso) 3. Aliquota fiscale sui lavoratori a bassa retribuzione 4. Formazione permanente (partecipazione di adulti all'istruzione e alla formazione) 5. Infortuni sul lavoro (qualità del lavoro) 48 PARTE SECONDA 6. Tasso di disoccupazione (totale e per sesso) II. Innovazione e ricerca 1. Spese pubbliche per l'istruzione 2. Spese per la R&S 3. Livello dell accesso ad Internet 5. Brevetti 6. Investimenti nelle TCI III. Riforme economiche 1. Livelli relativi e convergenza dei prezzi 2. Business investment IV. Coesione sociale 1. Tasso di povertà dopo i trasferimenti sociali 2. Disoccupazione di lunga durata V. Ambiente 1. Quota di energia rinnovabile 2. Intensità energetica dell economia 3. Trasporti sul PIL per merci e passeggeri 4. Rifiuti urbani 5. Protezione delle risorse naturali A questi occorre aggiungere gli indicatori ricavati dalle variazioni percentuali degli indicatori su più anni portando, complessivamente, il numero delle variabili analizzate a 55 indicatori così suddivisi: 8 indicatori generali del contesto economico. 13 indicatori relativi all occupazione. 12 indicatori sull innovazione. 5 indicatori relativi alle riforme economiche. 7 indicatori relativi alla coesione sociale. 10 indicatori ambientale I temi che sono stati analizzati approfonditamente per l ampia disponibilità di indicatori rilevati per la regione sono il contesto economico, l occupazione, l innovazione e l ambiente. Rimangono quindi ancora da indagare con 49 PARTE SECONDA maggiore profondità le altre tematiche quali la coesione sociale e le riforme economiche. L Emilia Romagna nella strategia di Lisbona: un modello per la valutazione della competitività. In questo paragrafo analizzeremo gli indicatori di Lisbona per la regione Emilia Romagna attraverso un analisi che utilizza la tecnica del benchmarking, la comparazione dei medesimi indicatori tra differenti territori, al fine di effettuare le valutazioni sugli indicatori in relazione ai risultati raggiunti dagli altri paesi europei e dalla media dell UE a 15 e dell UE a 25. I dati raccolti per la regione Emilia Romagna fanno riferimento a differenti fonti (si veda l allegato per le specifiche) mentre i dati ed i grafici relativi ai paesi europei ed extra europei sono stati ricavati dal data base on line del sito dell Eurostat. Naturalmente questo tipo di analisi presenta dei limiti di significatività. Su almeno due di questo vale la pena soffermare l attenzione: 1) Il confronto riguarda un territorio regionale (NUTS 2 secondo la classificazione UE) e diversi e variegati territori nazionali (NUTS 1). L aspetto di criticità non riguarda tanto la dimensione (che non viene considerata problematica anche a livello europeo se si pensa che vengono poste sullo stesso piano realtà come quelle di Malta con i suoi 400.000 abitanti circa e colossi come la Gran Bretagna o la Germania) quanto la governance territoriale dello sviluppo. Forse un poco troppo frettolosamente si ritiene la dimensione statale come quella rilevante per le politiche di riferimento. In realtà, in presenza di forme organizzative delle pubbliche amministrazioni fra le più varie diventa abbastanza difficile identificare il livello più adatto per il confronto. E semmai probabile che per alcuni aspetti il livello più significativo sia l Unione Europea, per altri lo Stato, per altri ancora le comunità locali o la Regione. Per fare un esempio, la politica di attrazione degli investimenti diretti esteri dipende da un quadro generale sugli aiuti di stato di tipo europeo, da politiche condotte a livello nazionale di regolazione e di intervento diretto e spesso da azioni positive di comunità locali o agenzie costituite a questi fini. 50 PARTE SECONDA 2) Il benchmarking tra i territori per le analisi socio-economiche è una metodologia criticata e discussa anche per il limite intrinseco di non considerare i differenti modelli ed i differenti obiettivi strategici, definiti dalla cultura e dalla storia di ogni comunità del territorio. Si tratta di una obiezione fondata, ma che incide in misura limitata sull obiettivo primario di questo tipo di lavori, cioè quello di monitorare e descrivere delle differenze rispetto a variabili obiettivo. Questo tipo di analisi consentono di valutare ed analizzare i fenomeni oggetto di misurazione offrendo alle valutazioni di policy una misura degli obiettivi e dei risultati che si intendono perseguire, lasciando inalterato però il bisogno di spiegare cosa produca questi andamenti differenziati e che tipo di interventi realizzare per migliorare la situazione. Solo dal confronto con altre realtà territoriali possono emergere le criticità latenti, consentendo la definizione di nuovi obiettivi più ambiziosi secondo una visione di policy che potremo definire, prosaicamente, maggiormente umile . Come evidenziato nei paragrafi precedenti gli indicatori di Lisbona sono suddivisi in grandi temi che riguardano gli obiettivi principali delle politiche europee: situazione economica generale, occupazione, innovazione e ricerca, riforme economiche, coesione sociale, ambiente. Le analisi qui riportate sono strutturate in modo tale da mantenere questa suddivisione integrandole, al contempo, con una lettura integrata degli indicatori nel caso di fenomeni interconnessi. 51 PARTE SECONDA Il contesto economico Tab. 4 - Indicatori generali del contesto economico Ann o 2002 2003 2003 2003 2003 2002 2003 2002 Indicatore PIL pro capite in SPA espresso in indice su base UE 25=100 Tassi di crescita reale del PIL a prezzi costanti 1995 (cambiamento percentuale rispetto all'anno precedente) Crescita dell'occupazione in % rispetto all'anno precedente. Crescita dell'occupazione femminile in % rispetto all'anno precedente Crescita dell'occupazione maschile in % rispetto all'anno precedente Produttività del lavoro per occupato (PIL in SPA per persona occupato indice base dati UE 15=100). Tasso di inflazione: cambiamento dell'indice armonizzato dei prezzi al consumo (tasso di inflazione del capoluogo regionale) Produttività del lavoro per ora lavorata indice base UE15=100. Emilia Romagn a Italia Media UE 15 Obiettiv o Lisbona 136,3 109 100 109,4 0,3% 0,3% 0,9% 0,8% 1,5% 1,2% 0,2% 0,3% 2,5% 1,7% 0,7% 0,6% 0,8% 0,8% -0,2% -0,2% 119,3 113,6 100 107,9 2,20% riferito a Bologna 2,8% 1,9% 2% 95,5 90,5 ND 100 Il primo gruppo di indicatori fa riferimento al tema degli indicatori generali del contesto economico . Si tratta di indicatori di contesto che mirano ad offrire 52 PARTE SECONDA una misurazione quantitativa della condizione e dell evoluzione del quadro macroeconomico dei diversi paesi. Il PIL pro-capite espresso in PPA (parità di potere d acquisto), che considera cioè i differenziali nel costo della vita tra i diversi territori, è un indicatore che rileva, oltre alla ricchezza disponibile per abitante, anche la capacità di reperire risorse per promuovere la coesione sociale e la sostenibilità della ricchezza per il futuro. L Emilia Romagna si attesta nel 2002 ad un livello di PIL pro-capite espresso in PPA molto alto, pari a 136,3 posto a base 100 la media UE 25, mentre l Italia si attesta a 109, un valore inferiore alla media UE 15. In generale la regione si colloca ai primi posti superata solamente dagli USA, Norvegia ed infine Lussemburgo. In valore assoluto il PIL pro-capite in PPA in Emilia Romagna è pari a circa 28.900 , il 10% circa al di sotto del corrispondente livello raggiunto dagli USA pari a 32.200 , ma sensibilmente superiore alla media italiana (23.100 ) e quella UE 15 (23.200 ). A questo ottimo risultato si contrappone la scarsa crescita del PIL in termini reali fatta registrare nel 2003 dall Emilia Romagna, pari allo 0,3%, percentuale di poco inferiore al dato europeo (UE 25) pari al 0,9%. Questi valori sono però ben al di sotto dei livelli fatti registrare da altri paesi che hanno elevati livelli di ricchezza del PIL pro-capite in PPA quali USA, Irlanda, Regno Unito, Lussemburgo e Svezia. Queste considerazioni di carattere più congiunturale rendono maggiormente necessarie le analisi di medio e lungo periodo che evidenziano gli aspetti strutturali delle dinamiche produttive. E con questa chiave di lettura che sono stati analizzati gli indicatori sopra monitorati. 53 PARTE SECONDA 54 PARTE SECONDA 55 PARTE SECONDA Al fine di valutare meglio la dinamica reale dell Emilia Romagna in termini di crescita economica e ricchezza raggiunta, si è considerato l indicatore relativo alla crescita economica proposto da Lisbona in un ottica di medio periodo e, precisamente, effettuando un analisi del trend 1995-2003 rispetto ai paesi che presentano elevati livelli di ricchezza e/o tassi di crescita reale elevati. Si è ritenuto quindi, di analizzare la dinamica del tasso di crescita del PIL reale proprio per isolare la componente della produzione dal livello dei prezzi. Nel periodo preso in esame (1995-2003) il PIL a prezzi base 95 è cresciuto complessivamente in Emilia Romagna del 19,4% circa, un valore superiore al 15,8% registrato dall Italia ma inferiore alla crescita complessiva dell UE 15 che è stata del 21%. Dal grafico sotto riportato emerge però un forte distacco dalla crescita degli altri paesi. Graf. 1 - Tassi di crescita del PIL reale 1995-2003 104% 100% 1995-2003 1999-2003 80% 60% 40% 20% 0% 16% Italia 19% 19% 21% UE 25 Emilia Romagna UE 15 28% 28% UK Svezia Fonte: Elaborazioni Ervet su dati Eurostat. 56 33% 34% USA Spagna Irlanda PARTE SECONDA Nel periodo 1995-2003 la Spagna ha fatto registrare una crescita del 34% , la Svezia ed il Regno Unito del 28%. Differenziali di crescita che sono rimasti immutati se vengono presi in considerazione gli anni più recenti (1999-2003). L analisi dei tassi annuali di crescita evidenzia come l Emilia Romagna ha conseguito un tasso di crescita del PIL reale nel medio periodo (1995-2003) che mostra un andamento mediamente superiore a quello italiano, con alcuni periodi (1995; 1999-2000) di sensibile crescita superiore anche al dato Europeo, presentando, però, una netta convergenza con il livello italiano negli ultimi 3 anni. Nei periodi di minor crescita (1996-1999; 2001-2003) l Emilia Romagna presenta un andamento del PIL reale in linea con quello italiano al di sotto della media Europea a 15; nei periodi di sviluppo dell economia, invece, l Emilia Romagna ha una forte crescita relativa. L Emilia Romagna presenta, quindi, una crescita reale del PIL molto più variabile di quella della media italiana ma è una variabilità sempre positiva, che non produce mai balzi verso fasi recessive e che anzi, dimostra di reggere alle fluttuazioni congiunturali sfavorevoli. Graf. 2 - Dinamica della crescita economica 1995-2003. Tassi di crescita del PIL reale ( 95) in . 5% 4% 3% 2% 1% 0% 1995 1996 Emilia Romagna 1997 1998 1999 Italia USA Fonte: Eurostat, ISTAT 57 2000 2001 UE 25 2002 2003 UE 15 PARTE SECONDA Dai grafici sopra riportati si può notare come gli USA siano il paese con il più alto valore del PIL pro-capite espresso in PPA e contemporaneamente presenta un elevata crescita nel periodo 1995-2003 del PIL a prezzi base 95; l Italia al contrario si presenta come il paese nella peggiore condizione in quanto presenta il tasso di crescita reale complessivo più basso in corrispondenza di bassi livelli di PIL pro-capite in PPA. L Emilia Romagna, invece, si presenta con un elevato livello di PIL pro-capite in PPA ed una crescita che nel periodo 1999-2002 si attesta sui livelli delle medie europee. Il dato di medio periodo per la regione presenta quindi aspetti positivi considerando l elevato livello di ricchezza pro-capite raggiunta e la maggiore crescita del PIL rispetto all Italia, ma anche aspetti negativi poiché il livello di PIL pro-capite è supportato da un tasso di crescita reale che ne fa presagire uno sviluppo in linea con la media UE ma non tale da garantire un ulteriore balzo in avanti nei livelli di ricchezza relativa. Il tasso d inflazione (riferito però al solo capoluogo della regione), presenta un andamento discendente negli ultimi anni, attestandosi a livelli in linea con il corrispondente dato italiano. A questa dinamica positiva, si affianca un basso livello di prezzi per i consumi finali delle famiglie, valore che è più basso rispetto a tutti i paesi con alti livelli di reddito pro capite raggiunti. L Emilia Romagna presenta, infatti, un livello dei prezzi pari a 97,3 posto uguale a 100 la media UE 25. La valutazione più interessante a nostro parere, è che ai bassi livelli dei prezzi per i consumi finali delle famiglie, corrisponde un elevato livello di ricchezza e che le corrispondenti dinamiche siano tendenzialmente coerenti: ad una ridotta crescita del PIL si accompagna una corrispondente riduzione dell inflazione. In conclusione gli elevati livelli di ricchezza raggiunti ed il livello attuale dei prezzi possono essere sostenibili da una crescita che sia coerente con quella degli altri grandi competitors internazionali e con quella dell Unione Europea. L andamento degli ultimi due anni, contraddistinto da un significativo rallentamento della crescita, deve per ciò essere valutato attentamente per verificare se è connesso a dinamiche congiunturali o se rappresenta, invece, un segnale di un inversione di tendenza di tipo più strutturale. 58 PARTE SECONDA 59 PARTE SECONDA 60 PARTE SECONDA La valutazione del quadro macroeconomico dell Emilia Romagna sulla base di questi indicatori ha evidenziato come nel lungo periodo, pur essendo presenti differenze importanti all interno dei diversi paesi, vi siano tendenze generali fortemente condizionate dall appartenenza o meno a sistemi economici specifici. La valutazione della dinamica del PIL reale nel lungo periodo dell Emilia Romagna deve essere valutata anche sulla base delle performance dell Italia e confronto con altri sistemi. Ciò consente di cogliere gli andamenti strutturali e le reazioni ai cicli economici anche di tipo internazionale. Abbiamo per ciò esteso l analisi al periodo 1990-2003 ponendo a confronto l Unione Europea a 15, l Italia e gli USA. Il periodo 1990-2003 si presenta molto interessante poiché in esso incidono importanti cambiamenti strutturali: la crisi a cavallo degli anni 80 e 90, la fluttuazione dei cambi (svalutazione della Lira e crisi finanziarie internazionali), l avvento dell Euro e la costruzione di un area a totale libero scambio sempre più grande (UE 15 successivamente UE 25), l aumento del deficit commerciale USA e tanti altri cambiamenti che stanno incidendo sullo scenario geo-economico mondiale (Cina, India e Brasile ad esempio). In tale periodo l aspetto più rilevante è la strutturale differenza tra la dinamica che contraddistingue l Unione Europea (UE 15) e gli USA. Graf. 3 - Dinamica di lungo periodo della crescita economica 1990-2003 Total GDP, in millions of 1999 US$ (converted at Geary Khamis PPPs) 5,0% 4,0% 3,0% 2,0% 1,0% 0,0% -1,0% 90 91 92 93 94 95 96 -2,0% USA UE 15 Italia 61 97 98 99 00 01 02 03 PARTE SECONDA I differenziali di crescita tra i due sistemi economici sono evidenti. Dall anno 2000 la crescita dell Unione Europea è rimasta deludente per il terzo anno consecutivo; nel 2003 si è, infatti, registrato un tasso di crescita annuale inferiore al punto percentuale (0,8%), in linea con l anno precedente, mentre una leggera ripresa è in atto nel 2004 a tassi significativamente inferiore agli USA. In generale si può notare dal grafico sopra illustrato come la crescita dell Unione Europea è sempre stata dal 1990 inferiore rispetto a quella degli USA, eccettuato nei momenti di crisi negli anni 1991 e 2001. In generale l Unione Europea presenta una minor variabilità nell andamento dei tassi di crescita, mentre è evidente come l andamento dell economia USA sia caratterizzato da una crescita complessiva più sostenuta rispetto al dato dell Unione Europea. La differenza dei tassi di crescita dell Economia USA con quella dell Unione Europea si attesta nel periodo 1990-2003 all 1%, un dato che non sembra consistente ma se si tiene conto del medio-lungo periodo di questo trend (13 anni), del peso economico degli USA (l economia USA è superiore dell 8% in termini di valore rispetto all UE 15) e degli scenari futuri che confermano questi andamenti, appare evidente come l Unione Europea (UE 15) stia rincorrendo la crescita degli USA da quasi 15 anni. L Italia segue l andamento dell Unione Europea accentuando le fasi di rallentamento specie negli ultimi anni e risulta maggiormente evidente il distacco con la dinamica della crescita rispetto agli USA. Questo differenziale di crescita tra Unione Europea ed USA, differenziale che possiamo estendere anche alla regione Emilia Romagna, è stato ricondotto, dalla maggior parte degli analisti internazionali e dalla stessa Commissione Europea, alle differenti performance di produttività raggiunte ed al diverso livello di occupazione presente nei sistemi. L occupazione Una forte partecipazione al mercato del lavoro (in particolare di donne ed anziani) e contestualmente un tasso di disoccupazione di modesta entità sono i principali obiettivi che si è data l Unione Europea nel corso di questi anni e nell agenda di Lisbona, Elevati tassi di occupazione sono il riflesso di una economia sana e sono presupposto per la realizzazione di una maggior 62 PARTE SECONDA coesione sociale negli stati dell Unione al fine di rendere il sistema di welfare sostenibile e creare nuovi lavori connessi con l economia della conoscenza. L analisi degli indicatori di Lisbona ha evidenziato che l Emilia Romagna ha presentato un elevato tasso di crescita degli occupati che nel 2003 si è attestato a +1,5%, un valore che si colloca tra i più alti in Europa e al di sopra della media Italiana. In particolare il tasso di crescita dell occupazione femminile ha registrato, sempre nel corso del 2003, un aumento del 2,5%, valore al terzo posto rispetto alla crescita dei 25 paesi che compongono l Unione Europea mentre l Italia si colloca al nono posto con una differenza di poco meno di un punto percentuale. Il tasso di crescita dell occupazione maschile risulta, invece, più modesto (+0.8%) anche se è allineato con il dato italiano ma sempre molto al di sopra della media europea che ha registrato invece una flessione. Questi dati riferiti al solo 2003 confermano un trend di crescita dell occupazione che, in base ai dati ISTAT15, continua ininterrottamente dal 1995. Nel periodo 1995-2002, infatti, si è avuta una crescita degli occupati complessivamente pari all 8,2% il che si traduce in 138.800 posti di lavoro disponibili in più nel 2002 rispetto al 1995. Di seguito sono riportati i grafici relativi agli indicatori esaminati. 15 ISTAT, Serie storica conti regionali 63 PARTE SECONDA 64 PARTE SECONDA 65 PARTE SECONDA 66 PARTE SECONDA Il secondo fattore della crescita delle economie, oltre all occupazione, è stato individuato dalla Commissione Europea nella crescita della produttività. L Emilia Romagna presenta una produttività per persona occupata che si colloca sopra la media europea ma ad un livello molto più basso rispetto alle più ricche regioni europee. Con 63.472 di prodotto interno lordo (PPA) per occupato nel 2002 il livello di produttività in Emilia Romagna è risultato particolarmente alto se confrontato con il corrispondente dato dell UE 25 che risulta pari a circa 53.000 e con quello dell Italia pari a poco oltre i 60.000 . Molte regioni europee, tuttavia, presentano livelli di produttività maggiori tanto che l Emilia Romagna si colloca oltre il trentesimo posto nella graduatoria delle regioni europee. La comparazione con i differenti paesi fa emergere, tuttavia, l Emilia Romagna ai primi posti per produttività con un numero indice pari a 119,3 posto uguale a 100 quello dell UE 25. Questo si può spiegare dal fatto che la produttività si presenta in modo molto difforme tra le regioni dei differenti paesi (la Germania sconta, ad esempio, i bassissimi livelli raggiunti dalle regioni orientali). L Emilia Romagna nel 1995 presentava un livello di produttività che espressa in numero indice (UE 25=100) era pari al 130,6 contro il 124,1 dell Italia ed il 110,1 dell UE a 15. Graf. 4 - Produttività, espressa in numero indice UE 25=100 140,0 1995 1997 1999 2002 120,0 100,0 80,0 60,0 40,0 20,0 Emilia Romagna Italia UE 25 Fonte: Eurostat 67 UE 15 PARTE SECONDA Nel 2002 il livello della produttività in Emilia Romagna è stato pari a 119,3, contro il 113,6 dell Italia ed il 109 dell UE 15. In particolare, l elemento che preoccupa maggiormente è la dinamica della produttività, come è visibile dal grafico sopra riportato, specie se posta a confronto con quella degli altri paesi europei. Anche in questo caso abbiamo approfondito la produttività calcolata in termini reali (PIL a prezzi base 95), per escludere dalle analisi l effetto del differenziale nel livello dei prezzi con i paesi europei. L Emilia Romagna presenta una produttività per occupato che risulta pari a 49.515 nel 2003, contro i 48.422 del 1995, registrando una crescita pari al 2,3% nel periodo 1995-2003. L Italia presenta, invece, una produttività pari a 47.098 nel 2003 contro i 46.074 del 1995, registrando una crescita pari al 2,2% nel periodo 19952003. Graf. 5 - Dinamica della produttività espressa in termini di PIL reale. Produttività in migliaia di (prezzi base 95) 52,0 50,0 48,0 46,0 44,0 42,0 40,0 38,0 1993 1994 1995 1996 1997 1998 Emilia Romagna 1999 2000 2001 2002 Italia Fonte: Elaborazioni Ervet su dati ISTAT 68 2003 PARTE SECONDA Più confortante è il confronto tra la dinamica della produttività nel periodo 1999-2003 dell Emilia Romagna con quella dell Italia. In tale periodo l Emilia Romagna registra una crescita della produttività complessiva a prezzi base 95 pari allo 0,6% mentre il dato italiano fa registrare un -1%. Sia nel caso dell Italia che in quello dell Emilia Romagna ha inciso una forte crescita dell occupazione nel quinquennio 1999-2003 che, in valori assoluti, è stata pari al 6,6% per l Emilia Romagna ed al 6,1% per l Italia. Un dato che ha avuto come conseguenza una crescita del tasso di occupazione annuale del 0,8% circa per l Italia, con l Emilia Romagna a livelli di poco inferiori. Dal grafico sotto illustrato e tratto dai documenti della Commissione Europea (Comunicazione al Consiglio Europeo, Novembre 2004), possiamo notare come l Italia e l Emilia Romagna, siano contraddistinte da bassi livelli di crescita della produttività ma anche da contestuali elevati livelli di crescita dell occupazione. L Emilia Romagna si trova in una posizione migliore dell Italia in quanto con una crescita della produttività maggiore si collocherebbe agli stessi livelli della Francia (si veda il grafico sotto esposto). L analisi della produttività per il numero di occupati non riesce infatti, a dare una rappresentazione realistica dell efficienza del sistema, mentre la produttività oraria rappresenta una misurazione più precisa del fenomeno. Graf. 6 - Correlazione tra crescita del tasso di occupazione e crescita della produttività 69 PARTE SECONDA L Emilia Romagna nel 2002 presenta bassi livelli, pari a 95,5 l UE 15 pari a 100, contro un valore dell Italia pari a 90,5. L analisi di benchmarking consente di cogliere un aspetto critico nello studio della produttività aggregata del lavoro: pur avendo un elevato livello di produttività per occupato, l Emilia Romagna presenta una bassa produttività oraria. Questo significa che a parità di produzione gli elevati tassi di occupazione raggiunti in regione potrebbero essere interpretati come una minor efficienza relativa del sistema rispetto ad altre aree con produttività oraria maggiore ma con minore occupazione. Si consideri un dato fondamentale. Tra il 1991 ed il 2001 i settori che hanno maggiormente contribuito alla crescita dell occupazione in Emilia Romagna sono stati le costruzioni ed i servizi sociali, tutti settori a bassa produttività. Le criticità che hanno influito nella scarsa dinamica della produttività, soprattutto nei confronti di paesi più virtuosi, potrebbero essere quindi ricondotte non alla scarsa efficienza del sistema, bensì al peso che alcuni settori tradizionali o con una produttività medio bassa hanno nell economia della regione. 70 PARTE SECONDA 71 PARTE SECONDA 72 PARTE SECONDA 73 PARTE SECONDA Occupazione Il secondo gruppo di indicatori fa riferimento al tema dell occupazione, considerata una delle finalità principali della strategia. Tab. 5 - Gli indicatori del tema occupazione Emilia Anno Indicatore Italia Romagna Tasso di occupazione totale della popolazione in 2003 età 15-64 in 68% 56,1% percentuale della popolazione di età 15-64 Tasso di occupazione femminile della popolazione in età 2003 60,20% 42,7% 15-64 in percentuale della popolazione di età 15-64 Tasso di occupazione maschile della popolazione in età 2003 76,20% 72,2% 15-64 in percentuale della popolazione di età 15-64 Tasso di occupazione lavoratori anziani 2003 31,60% 30,3% (55-64) sul totale della popolazione in età 55-64. Tasso di occupazione femminile delle lavoratrici anziane 2003 23,30% 18,5% (55-64) sul totale della popolazione femmminile in età 55-64. Tasso di 2003 occupazione 40,40% 42,8% maschile dei 74 Media UE 25 Media Ue 15 Obiettivo Lisbona 63% 64,4% 2005 67% 2010 70% 55,1% 55,1% 56,1% 70,9% 69,6% 40,2% 41,7% 50,3% 32,1% 30,7% 51,6% 20010 50% PARTE SECONDA Anno 2003 2003 2003 2002 2002 2002 Indicatore lavoratori anziani (55-64) sul totale della popolazione maschile in età 5564. Tasso di disoccupazione (disoccupati in % della popolazione attiva) Tasso di disoccupazione femminile (disoccupati in % della popolazione attiva) Tasso di disoccupazione maschile (disoccupati in % della popolazione attiva) Life long learning popolazione in età 25-64(persone che hanno partecipato a formazione nelle 4 settimane precedenti l'indagine/popolazio ne che ha partecipato a corsi di formazione) Incidenti seri sul lavoro (intesi come incidenti che causano un'assenza dal lavoro per più di 3 giorni) per 100,000 occupati Incidenti mortali sul lavoro per 100,000 occupati (1998=100). Emilia Romagna Italia Media UE 25 Media Ue 15 3,10% 8,4% 9,1% 7,9% 4,50% 11,3 10% 9,3% 1,90% 6,4% 8,3% 7,1 6,37% 4,6% 9,4% 8,5% 98,5 83 88 86 125,70 42 77 75 75 Obiettivo Lisbona 2010 10% PARTE SECONDA Per quanto riguarda i tassi di occupazione (popolazione 15-64) nel 2003 l Emilia Romagna presenta un valore pari al 68% che risulta superiore alla media Europea (UE 25) e di circa 10 punti percentuali superiori alla media italiana. L Emilia Romagna ha inoltre superato l obiettivo del tasso di occupazione stabilito dalla strategia di Lisbona al 67% per il 2005 ed è a soli tre punti percentuali dal raggiungimento dell obiettivo del 70% per il 2010. Questi ottimi risultati ottenuti dalla regione Emilia Romagna sono stati possibili soprattutto grazie alla crescita dell occupazione femminile negli ultimi anni ed in generale agli alti livelli strutturali raggiunti dal tasso di partecipazione delle donne al lavoro. Questi dati dimostrano come, agli alti livelli di PIL pro capite raggiunti dalla regione, si associno alti livelli di occupazione. L elevata occupazione è connessa anche alla notevole partecipazione della componente femminile al lavoro, all afflusso di immigrati da altre regioni del paese e dall estero, dalla riduzione del tasso di disoccupazione della popolazione maschile di giovane età. In Emilia Romagna il tasso di occupazione femminile è risultato pari al 60.2% nel 2003, un livello tra i più alti in Europa mentre l Italia si trova nelle posizioni di coda. Il tasso di occupazione maschile raggiunge il 76,2%, dato che pone anche in questo caso la regione tra i primi posti. L Emilia Romagna ha superato l obiettivo di Lisbona del tasso di occupazione femminile sia del 2005, definito al 57%, sia quello del 2010, pari al 60%. 76 PARTE SECONDA Tasso di crescita occupazione femminile 1999- 2003 Graf. 7 - Correlazione tra crescita dell occupazione femminile e quella complessiva 12 % ES 11 % IR L 10 % 9% 8% 7% I ta l i a Emilia 6% 5% GR FR 4% 3% U .K . 2% U E 25 NL BE AT 1% PT 0% DE -1 % 0 % 1 % 2 % 3 % 4 % 5 % 6 % 7 % 8 % 9 % 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 % % % % % % % % % % % % % T a sso d i c re sc ita o cc u p a z i o n e to ta le 1 99 9 -2 0 0 3 Fonte: Eurostat ed elaborazioni Ervet su dati ISTAT La crescita dell occupazione in Europa negli ultimi anni è infatti, strettamente connessa con la crescita dell occupazione femminile. Dal grafico sopra riportato si evince proprio come vi sia, eccettuato per il caso dell Irlanda, una correlazione positiva tra i due fenomeni. La Commissione Europea ha sottolineato come la crescita occupazionale sia fortemente correlata alla diffusione di forme di flessibilità nel lavoro. Effettivamente, per la componente femminile, la diffusione del part-time e di altre forme contrattuali flessibili possono aver contribuito negli ultimi anni ad aumentare i tassi di occupazione, ma sicuramente hanno giocato un ruolo fondamentale anche fattori di natura sociale quale un buon livello di servizi di Welfare e l emancipazione culturale. In Emilia Romagna la partecipazione delle donne al mondo del lavoro è un fenomeno molto rilevante ed oramai sedimentato che, pur avendo raggiunto già elevati livelli rispetto ad altre realtà europee, presenta un tasso di crescita nel periodo 1999-2003 ancora molto elevato. 77 PARTE SECONDA Nel grafico successivo, è infatti interessante notare la correlazione tra livelli di occupazione femminile raggiunta nel 2003 e la dinamica nel periodo 19992003. E in atto, infatti, una forte crescita occupazionale proprio nei paesi dove vi è una bassa percentuale di partecipazione femminile al lavoro e ciò sta portando ad una certa convergenza nei tassi di occupazione femminile dei diversi paesi membri. Graf. 8 - Correlazione tra il tasso e la crescita dell occupazione femminile crescita occupazione 1999-2003 25% 20% ES Obiettivo Lisbona 2010 60% 15% IT 10% GR 5% IRL FR UE 25 BE DE Emilia Romagna NL AT PT U.K. 0% DK -5% 30 40 50 60 70 Tasso occupazione femm. 2003 Fonte: Elaborazione proprie su dati Eurostat, ISTAT. 78 80 PARTE SECONDA 79 PARTE SECONDA 80 PARTE SECONDA 81 PARTE SECONDA Alla crescita dell occupazione non ha, però contribuito in modo particolare la componente dei lavoratori anziani oltre i 55 anni che, invece, presenta livelli particolarmente bassi di partecipazione al lavoro, in linea con il dato nazionale. Come abbiamo indicato nel primo capitolo, l Unione Europea promuove l invecchiamento attivo della manodopera sia come elemento necessario alla coesione sociale sia per rendere maggiormente sostenibile il sistema di welfare state. Nei prossimi anni, infatti, l indice di dipendenza degli anziani raddoppierà in Europa, ponendo nuovi problemi in termini di sicurezza sociale ed allo stesso tempo togliendo risorse economiche e culturali al sistema stesso. Il tasso di occupazione dei lavoratori in età 55-65 anni è stato nel 2003 pari al 31,6% contro una media europea (UE 25) del 40% ed un obiettivo stabilito nella strategia di Lisbona per il 2010 pari al 50%. Questa importante differenza ed anomalia rispetto alla media europea colpisce equamente la componente femminile così come quella maschile. Anzi, particolarmente significativo è il ritardo nel dato maschile regionale rispetto alla media europea: con il 40,4% del tasso di occupazione raggiunge un livello di 5 punti percentuali al di sotto del valore italiano e tra gli ultimi posti rispetto ai paesi europei. Considerato che i corrispondenti dati sulla disoccupazione di persone in età 55-65 anni, non registrano un livello di persone anziane in cerca di occupazione particolarmente elevato, possiamo concludere che il basso livello di occupazione corrisponde ad una scarsa presenza di forza lavoro e quindi ad una elevata propensione all abbandono del lavoro per pensionamenti. Probabilmente la struttura demografica particolarmente concentrata in una fascia di età che negli ultimi anni ha maturato il diritto alla pensione, unito ad un alto livello di benessere ed un efficiente sistema di welfare che consente un ampia politica di assistenza specie per i fruitori di pensioni, hanno contribuito ad incentivare l abbandono prematuro (rispetto agli altri paesi europei) di molti lavoratori. La prospettiva di un aumento del tasso di occupazione dei prossimi anni dovrà essere supportato, ovviamente, anche alla situazione occupazionale delle persone che nei prossimi anni entreranno a far parte della fascia di età 55-65. Considerato che a livello nazionale la riforma delle pensioni attuata non ha comportato mutamenti radicali, l Emilia Romagna non raggiungerà gli obiettivi 82 PARTE SECONDA di Lisbona relativamente a questa fascia di età a meno che la dinamica demografica non subisca importanti mutamenti. Questa considerazione è particolarmente importante poiché, come evidenzieremo di seguito, un eventuale ulteriore incremento dell occupazione non potrà, quasi sicuramente, essere supportato dalle persone nella fascia di età 55-64 anni e quindi si dovranno trovare in altre fasce della popolazione i bacini occupazionali necessari per la crescita. Ciò al fine di sostenere il livello di benessere raggiunto ed in generale il sistema di welfare che proprio l incremento delle persone anziane renderà sempre più necessario. In termini di analisi diventa, quindi, essenziale conoscere le dinamiche demografiche e quelle migratorie per cui si sollecita in tale senso una linea d indagine ad hoc. I recenti studi della Commissione Europea hanno, infatti, cominciato ad analizzare gli scenari degli andamenti demografici e le correlazioni con le dinamiche occupazionali e di sostenibilità del sistema di welfare. 83 PARTE SECONDA 84 PARTE SECONDA 85 PARTE SECONDA 86 PARTE SECONDA L Emilia Romagna presenta una disoccupazione molto bassa, di tipo frizionale, che si colloca ampiamente al di sotto della media europea sia nella sua componente maschile sia in quella femminile. L aspetto da tenere maggiormente in considerazione è, invece, la scarsa disponibilità di manodopera. Avendo livelli di occupazione molto alti, l Emilia Romagna presenta, infatti, poche potenzialità in termini di bacini occupazionali potenziali. Abbiamo, infatti, precedentemente visto come vi siano elevati livelli occupazionali tra le componenti maschili e femminili nella società regionale, come siano bassi i livelli di partecipazione al lavoro delle componenti più anziane (55-64 anni) e come sia bassa la disoccupazione. Sarà, quindi, molto difficile per il territorio regionale aumentare il livello di occupazione facendo riferimento a forze endogene della società. E questo aspetto diventa particolarmente cruciale nel lungo periodo quando la struttura demografica della popolazione, che presenta un alto numero di persone anziane ed un basso numero di giovani, farà ridurre ulteriormente le forze lavoro in regione. Può quindi essere particolarmente interessante analizzare le correlazioni tra forze lavoro e dinamica demografica. Alla struttura demografica dovrebbe quindi essere affiancata anche un analisi dei flussi migratori, essenziali per verificare la capacità del sistema di attirare risorse endogene e sostenere il proprio sviluppo. 87 PARTE SECONDA 88 PARTE SECONDA 89 PARTE SECONDA 90 PARTE SECONDA Il sistema degli indicatori proposto dalla strategia di Lisbona affianca agli indicatori di performance, che potremmo definire classici quali i tassi di occupazione e quelli di disoccupazione, anche alcuni indicatori sulla tassazione delle retribuzioni a basso reddito, sulla formazione degli occupati e sul numero degli incidenti sul lavoro; indicatori che misurano quindi aspetti sulla qualità dell occupazione. I dati dimostrano come l Emilia Romagna e l Italia presentano elevati oneri sociali sul costo del lavoro. Ad una elevata incidenza della tassazione sociale non sono correlati elevati livelli complessivi delle retribuzioni. Il dato va però letto in un ottica nazionale. Gli oneri sociali sono definiti dalla legislazione nazionale e differiscono in alcune regioni in virtù di deleghe speciali. La formazione continua dei lavoratori è un altro aspetto considerato da Lisbona che qualifica l occupazione. In Emilia Romagna il 6,37% degli occupati ha svolto attività di formazione, un dato più basso della media europea (UE 25) pari a 9,4%, ma più alto del corrispondente valore italiano pari a 4,6%. La formazione continua offre naturalmente una misura dell intensità dell aggiornamento professionale, ma può anche essere intesa come una proxy della qualità del lavoro in regione, se assumiamo come diverse analisi portano a ritenere, che l intensità dell investimento formativo sia superiore per i profili professionali ritenuti strategici per l impresa. La qualità dell occupazione e dello sviluppo si basa anche sulla creazione di posti di lavoro sicuri ed il rispetto della sicurezza. L indicatore proposto dalla strategia di Lisbona misura la dinamica degli incidenti sul lavoro e non il livello degli stessi poiché l obiettivo fondamentale delle politiche europee è quello di ridurre gli incidenti invertendo il trend di crescita degli stessi. I dati degli indicatori seguenti dimostrano come, sotto questo aspetto, l Emilia Romagna debba ancora fare molto rispetto ad uno sviluppo dell occupazione che sia socialmente accettabile. I dati dimostrano, infatti, come la dinamica degli incidenti nel periodo considerato sia caratterizzata da una forte crescita. Gli incidenti su lavoro16 si attestano ad un livello superiore alla media Europea, e ad quella di molti paesi con una struttura produttiva prettamente industriale, specie negli incidenti mortali. Ad incidere sul dato, però, contribuiscono due 16 I dati sono stati ottenuti utilizzando la banca dati dell INAIL disponibile on line al sito www.inail.it 91 PARTE SECONDA fattori importanti: il peso del settore delle costruzioni che in Emilia Romagna assume una certa rilevanza in termini di occupati e che è soggetto ad un alto numero d incidenti di particolare gravità; l alta propensione a denunciare gli incidenti e quindi all emersione del fenomeno, aspetto non scontato in tutti i paesi europei (Italia inclusa). 92 PARTE SECONDA 93 PARTE SECONDA 94 PARTE SECONDA 95 PARTE SECONDA Innovazione e ricerca Tab. 6 - Indicatori relativi al tema dell innovazione Anno 2002 2002 2002 2003 2003 1999 2003 Indicatore Spesa domestica (intra muros) in R&S come % del PIL Spesa domestica settore pubblico (intra muros) in R&S come % del PIL Spesa domestica settore privato (intra muros) in R&S come % del PIL Percentuale di cittadini con accesso domestico ad internet (cittadini con più di 15 anni e che hanno il telefono) Percentuale di imprese con accesso ad internet (con più di 9 dipendenti). Confronto con la media UE 15. Numero di brevetti presentati all'UEB per milione di abitanti (confronto con la media UE 15) Spesa in IT in %del PIL (confronto con la media UE 15) Emilia Romagna Italia Media UE 25 Media Ue 15 Obiettivo Lisbona 1,28% 1,16% 2% 1,95% 2010 3% 44% 50% N.D. N.D. 56% 50% N.D. N.D 48% 32% 43% 42% (anno 2004) 91,90% 82%% 84% N.D. 176,67 68,06 140,95 118,33 1,61% 1,8% 3% 2,9% La Commissione Europea ha identificato fra i fattori che determinano una bassa produttività complessiva in Europa: lo scarso contributo delle tecnologie 96 PARTE SECONDA dell informazione e della comunicazione(ICT) e l insufficiente livello degli investimenti fissi lordi da parte delle imprese. Per quanto concerne il primo punto, l Emilia Romagna presenta un elevata diffusione di internet (di un PC collegato alla rete) tra le imprese, pari al 91,9% delle stesse, un livello molto al di sopra della media europea, mentre, per quanto concerne la diffusione di internet tra i cittadini si segnala che il 48% delle famiglie è connesso ad internet; dato al di sopra della media europea. Una ricerca specificamente realizzata sulla diffusione della società dell informazione in Emilia Romagna17 ha però rilevato che ad un alta diffusione delle connessioni ad internet non ne corrisponde un utilizzo altrettanto maturo . Le potenzialità dello strumento non sono, effettivamente,sfruttate, né dalle famiglie né dalle imprese. Ciò è confermato dal fatto che le spese in Information Tecnology rispetto al PIL (si veda grafico qui sotto), sono ancora a livelli molto bassi rispetto agli altri paesi europei. Internet e le tecnologie dell informazione non sono state quindi, pienamente sfruttate dal sistema produttivo della regione. Questo potrebbe in parte spiegare i non elevati livelli di produttività raggiunti dal territorio regionale. 17 Emilia Romagna digitale, La società dell informazione in Emilia Romagna, Bologna 2004. 97 PARTE SECONDA 98 PARTE SECONDA 99 PARTE SECONDA 100 PARTE SECONDA Il secondo punto su cui insiste la Commissione Europea per identificare i fattori che influenzano negativamente la produttività in Europa, è il livello degli investimenti delle imprese. L Emilia Romagna presenta un alto livello di investimenti che ha raggiunto nel 2003 il 20% del PIL, un dato ampiamente al di sopra della media europea che però richiederebbe ulteriore approfondimenti se letto contestualmente alla modesta performance su indicatori collegati come quelli sulla R&S e sulla spesa in IT. Uno degli obiettivi prioritari nella strategia di Lisbona è quello di raggiungere il 3% nel rapporto degli investimenti in R&S sul PIL. Tale obiettivo è connesso alla necessità di basare il proprio modello competitivo sull economia della conoscenza e sull innovazione. Investimenti in R&S che devono essere adeguatamente sfruttati dalle imprese e che non devono, quindi, rimanere all interno dei contesti accademici. Tra gli obiettivi di Lisbona relativamente alla ricerca vi è anche quello di incrementare la quota di investimenti in R&S in rapporto al PIL soprattutto nelle imprese alle quali è stata fissata la quota obiettivo del 75% degli investimenti in R&S. L Emilia Romagna presenta un rapporto tra gli investimenti in R&S ed il PIL pari al 1,28%, un livello molto basso considerato che la media UE 15 è pari al 2%. L aspetto che maggiormente rende evidente il ritardo degli investimenti in R&S in Emilia Romagna è la percentuale di investimenti realizzati dalle imprese industriali che è pari al 56%, un livello molto lontano dal 75% individuato come uno degli obiettivi di Lisbona ma tra i più elevati rispetto ai paesi per i quali sono disponibili i dati al 2002. Il peso degli addetti impiegati nella R&S del settore privato rappresentano, inoltre, solamente poco oltre il 50% del totale degli addetti in R&S in Emilia Romagna. Il forte peso della ricerca pubblica è dovuto ad una importante presenza sul territorio regionale di centri di ricerca (universitari e non), da un elevato numero di ricercatori ed in generale da un certo fermento accademico nella ricerca. La sfida dei prossimi anni dovrà essere incentrata nel cercare di trasferire la conoscenza generata dal sistema accademico al sistema delle imprese. 101 PARTE SECONDA L importanza del sistema accademico della ricerca ha facilitato in questi ultimi anni un intensa attività di brevettazione soprattutto da parte delle Università presenti in Regione (ricordiamo che quella di Bologna è la prima università in Italia per numero di brevetti registrati) che ha permesso di raggiungere elevati livelli di brevetti rispetti agli standard europei. 102 PARTE SECONDA 103 PARTE SECONDA 104 PARTE SECONDA 105 PARTE SECONDA 106 PARTE SECONDA 107 PARTE SECONDA Diversi sono gli indicatori presenti nella strategia di Lisbona che fanno riferimento al tema dell innovazione. Innovazione e conoscenza non sono semplicemente espressione degli investimenti in R&S ma sono spesso, il frutto di aspetti sociali connessi con l educazione e la formazione delle persone. Il numero di laureati in facoltà scientifiche e in tecnologie sono un indicatore della disponibilità di adeguate risorse umane per supportare la ricerca e le imprese nella promozione dell innovazione. L Emilia Romagna ha un basso numero di laureati in lauree scientifiche e in tecnologie, pari al 5,95 (2001) su 1000 studenti universitari in età 20-29 anni. Un dato che è circa la metà della media Europea (UE 15). Relativamente migliore è il dato relativo alla formazione continua, pari al 6,37% della popolazione adulta in età 25-64 anni. Un dato al di sotto della media Europea ma superiore a quello italiano. In Italia, inoltre, l Emilia Romagna è la regione, insieme alla Lombardia, che ha la maggiore incidenza di spesa pubblica in istruzione per studente. 108 PARTE SECONDA 109 PARTE SECONDA 110 PARTE SECONDA 111 PARTE SECONDA Riforme economiche Tab. 7- Indicatori relativi al tema delle riforme economiche Anno 2003 2002 2002 Indicatore investimenti di business: Investimenti fissi lordi delle imprese private in % del PIL Tasso di apertura dell'economia : import ed export dei prodotti (dalla bilancia dei pagamenti) in rapporto al PIL Livello dei prezzi relativi: confronto tra i prezzi per i consumi finali delle famiglie (incluse le imposte indirette) considerando base 100 la media UE 15. Emilia Romagna Italia Media UE 25 Media Ue 15 20% 16,6% 16,7% 16,8% 46,2%% 41% 97,3 97,9 103,8 100 Obiettivo Lisbona Gli indicatori relativi alle riforme economiche fanno riferimento soprattutto alla integrazione dei mercati europei ed alla liberalizzazione dei settori chiave. Alcuni di questi indicatori hanno un significato al momento se riferiti al contesto nazionale (ad esempio il differenziale nel costo delle telefonate), per cui quelli qui considerati sono solamente i tre sopra riportati. Le riforme economiche finalizzate alla promozione della concorrenza e dell integrazione economica tra i paesi membri è un altro fondamentale obiettivo della strategia di Lisbona. Da un punto di vista di analisi competitiva la capacità di un territorio di integrarsi con le altre realtà internazionali ne esprime la capacità di attrarre altre imprese e quindi investimenti e la capacità di competere con i propri prodotti in altri sistemi territoriali. 112 PARTE SECONDA L Emilia Romagna ha un elevata propensione all export e nel 2003 presenta un tasso di apertura del proprio interscambio commerciale per oltre il 46,2% del proprio PIL (calcolato però a valori correnti); un dato molto al di sopra degli altri paesi dell Europa occidentale quali la Danimarca e la Germania che hanno valori pari a circa il 30% e la Francia che si attesta ad oltre il 20%. L integrazione dell Emilia Romagna nel sistema economico Europeo è evidente anche dal fatto che oltre la metà delle esportazioni (53%) è indirizzato a mercati di sbocco europei (UE15). La posizione raggiunta dall Emilia Romagna è il frutto di una crescita costante delle proprie esportazioni di beni con un positivo trend di lungo periodo. Nel periodo 1997-2002 l Emilia Romagna ha avuto un incremento del 30% dell export e del 44% dell import in valori correnti. In particolare l interscambio con i paesi europei è cresciuto soprattutto nell Est e centro dell Europa con un incremento nell export del 70% e dell import del 100%. L integrazione con i paesi dell est Europa, molti dei quali sono entrati nell Unione Europea, è considerato dalla Commissione Europea come un fattore strategico di crescita che l Emilia Romagna sta appunto dimostrando di saper sfruttare. Pur presentando un elevato tasso di integrazione commerciale con l Unione Europea ed in generale un alto grado di apertura della propria economia, gli investimenti diretti esteri in entrata ed in uscita sono ancora molto modesti. Gli IDE rappresentano, infatti, circa l 1% del PIL, un valore basso ma sostanzialmente in linea con la media nazionale pari all 1,3%. L Emilia Romagna presenta quindi un basso grado di integrazione produttiva, con una prevalenza degli investimenti esteri in uscita rispetto a quelli in entrata. Investimenti in uscita che, tra l altro, non si sono focalizzati in processi di delocalizzazione ma sono connessi a strategie di penetrazione nei mercati esteri ed alla costruzioni di reti produttive internazionali. Per quanto riguarda il basso livello degli investimenti in entrata possono aver inciso tre aspetti principali:una sottostima dei dati disponibili (i dati qui utilizzati sono di fonte UIC) che non colgono nel monitoraggio il fenomeno nella sua interezza e che avvantaggiano invece le aree dove vi si collocano le sedi finanziarie delle imprese (Milano); la presenza di una struttura produttiva (diffusione di PMI, presenza di gruppi di impresa, capitalismo familiare) meno propensa all attivazione di processi di fusione ed acquisizione con imprese estere; la scarsa presenza sul territorio di iniziative di private equity che non hanno stimolato la diffusione di investimenti greenfield. 113 PARTE SECONDA 114 PARTE SECONDA 115 PARTE SECONDA Coesione sociale Tab. 8 - Indicatori relativi al tema della coesione sociale Anno 2001 2002 2002 2002 Indicatore Tasso di rischio di povertà dopo i trasferimenti sociali Tasso totale di disoccupazione di lunga durata: disoccupazione di lunga durata (12 mesi o più) come percentuale della totalità popolazione attiva. Tasso totale di disoccupazione femminile di lunga durata: disoccupazione di lunga durata (12 mesi o più) come percentuale della popolazione attiva femminile. Tasso totale di disoccupazione maschile di lunga durata: disoccupazione di lunga durata (12 mesi o più) come percentuale della popolazione attiva maschile. Emilia Romagna Italia Media UE 25 Media Ue 15 5% (anno 2002) 19% 16% 15% 0,80% 5,3% 3,1% 3,9% 1,20% 7,2% 3,6% 4,5% 0,50% 4,1% 2,7% 3,4% Obiettivo Lisbona Gli indicatori di coesione sociale proposti da Lisbona e rilevati per la regione Emilia Romagna confermano gli alti livelli di benessere raggiunti nella regione e l alta diffusione della ricchezza tra gli abitanti. Ciò è evidente nel basso tasso di popolazione a rischio di povertà dopo i trasferimenti sociali che in Emilia Romagna è pari al 5% della popolazione, livello molto basso rispetto alla media europea. 116 PARTE SECONDA Anche la disoccupazione di lunga durata presenta tassi maschili e femminili molto bassi, in linea con quanto scritto più sopra relativamente alle caratteristiche dell occupazione. Nell ambito della convenzione triennale ERVET-Regione Emilia-Romagna è in corso di realizzazione un progetto con l obiettivo di analizzare indicatori di welfare che porteranno maggiori informazioni su questo tema. 117 PARTE SECONDA 118 PARTE SECONDA 119 PARTE SECONDA 120 PARTE SECONDA 121 PARTE SECONDA Ambiente Tab. 9- Indicatori relativi al tema dell ambiente Anno 2000 2001 2000 2000 1998 2002 2002 2002 2003 2003 Indicatore Emissioni di gas a effetto serra in % rispetto ai valori del 1990 Intensità energetica dell economia in kg equivalenti di petrolio/ 1000 del PIL Trasporto merci in volume in tonn.km/ 1000 del PIL Trasporto merci per mezzo - % di merci trasportate su gomma Trasporto passeggeri per mezzo - % di passeggeri trasportati con autovetture Rifiuti raccolti in kg abitante/anno Rifiuti smaltiti in discarica in kg abitante/anno Rifiuti inceneriti in kg abitante/anno Quota di energia rinnovabile Aree protette per biodiversità - % del territorio Emilia Romagna Italia Media UE 25 Media Ue 15 Obiettivo Lisbona +14,1% +7,1% N.D. -3,7% UE -8% Italia 6,5% 160,7 183,96 212,91 194,41 241 225 N.D. 221 81% 89% 74,5% 77,6% 83% 83,4% N.D. 84,5% 644 519,66 519 559 276 47 91 106 126 47 91 106 5% 12,8% 12,8% 13,7% 10,7% 14,7% N.D. 12,5% VEAP 300 UE 22% Italia 25% * Il dato dell Emilia-Romagna è stato calcolato con la formula proposta dall EUROSTAT, ovvero Consumi lordi di energia/PIL a prezzi costanti 1995, dove per consumi lordi di energia si intendono: - consumi di carbone fossile, lignite, coke da cokeria, prodotti da carbone non energetici e i gas derivati - consumi di prodotti petroliferi olio combustibile, gasolio, benzine, carboturbo, petrolio da riscaldamento, gpl, gas residui da raffineria. - consumi di combustibili gassosi gas naturale e gas d officina - consumi di energia da fonti rinnovabili biomasse, carbone da legna, eolico, solare, fotovoltaico, RSU, idroelettrico, geotermico - consumi di energia elettrica 122 PARTE SECONDA Il primo indicatore analizzato mette in evidenza il trend delle emissioni di gas ad effetto serra, ovvero: Biossido di carbonio (CO2); Protossido di azoto (N2O); Metano (CH4); Idroclorofluorocarburi (HFCs); Perfluorocarburi (PFCs); Esafluoruro di zolfo (SF6). Le emissioni di questi 6 inquinanti vengono misurate in tonnellate equivalenti di CO2. L indicatore invece viene calcolato come variazione percentuale tra i dati registrati ogni anno rispetto all anno base (1990) e successivamente confrontato con l obiettivo stabilito dal Protocollo di Kyoto. In particolare, l Italia dovrà ridurre del 6,5% le proprie emissioni mentre l intera Unione Europea ha come obiettivo l 8%. I target di riduzione (2008-2010) stabiliti dal Protocollo di Kyoto per i Paesi industrializzati sono stati recepiti dall Unione Europea tramite la Decisione 2002/358/EC. Per agevolare il monitoraggio delle emissioni negli Stati membri, è stata varata una Decisione (280/2004/EC) che istituisce un sistema di inventario comunitario delle emissioni di gas a effetto serra. E importante sottolineare che attualmente non sono disponibili dati precisi, ma unicamente delle stime, sulle emissioni totali dei gas serra, dal momento che in alcuni settori, come il civile, i trasporti, l agricoltura, ecc., non vengono effettuati rilevamenti, come accade invece nel settore industriale. In futuro saranno disponibili i dati delle aziende che rientrano nelle categorie comprese nella Direttiva CE 2003/87 (emissions trading) recepita recentemente dall Italia. Dall analisi dei dati emerge che l Italia tra il 1990 ed il 2000, anziché ridurre, ha aumentato le proprie emissioni di gas serra del 7,1% allontanandosi ulteriormente dall obiettivo del 2008-2010 (-6,5%). La Regione EmiliaRomagna ha registrato invece un aumento superiore al 14%, inferiore solo ai risultati ottenuti da alcuni Paesi come la Spagna, l Irlanda, il Portogallo o la Grecia. 123 124 -80 -60 -40 -20 0 20 40 60 Emilia-Romagna +14,1% UE (15 Paesi) Belgio Repubblica Ceca Danimarca Germania Estonia Grecia Spagna Francia Irlanda Emissioni di Gas Serra (variazione % rispetto al 1990) Italia Cipro Lettonia Lituania Lussemburgo Ungheria Malta Olanda Austria Polonia Portogallo Slovenia Slovacchia Finlandia Svezia Regno Unito Bulgaria Croazia Romania Islanda Norvegia Stati Uniti Giappone Obiettivo 2000 PARTE SECONDA PARTE SECONDA L intensità energetica misura il rapporto tra il consumo lordo di energia e il PIL nell arco temporale di un anno. Fornisce quindi delle indicazioni sui consumi energetici in un economia e sull efficienza energetica. I consumi lordi di energia sono costituiti dall utilizzo di carbone, elettricità, metano, gas naturale ed energia prodotta da fonti rinnovabili e vengono misurati in Kg equivalenti di petrolio ogni 1.000 di PIL. Dall analisi dei dati si evince che nel 2001 l intensità energetica della Regione Emilia-Romagna è inferiore a quasi tutti i paesi analizzati ad eccezione della Danimarca e del Giappone. Questo dimostra che i settori economici dell Emilia-Romagna hanno raggiunto un importante livello di efficienza energetica, producendo di più e consumando meno energia. E importante far notare che la maggior parte dei nuovi Stati membri della Unione Europea hanno un intensità energetica molto alta, denotando così una scarsa efficienza energetica dei propri settori economici. 125 PARTE SECONDA 126 PARTE SECONDA Il fenomeno relativo al volume ed alle tipologie di trasporto sono analizzati considerando diversi indicatori. L indicatore relativo ai trasporti misura il volume di merci trasportate in un territorio rispetto al PIL generato dall economia. Vengono considerate le merci trasportate su gomma, su rotaia e su acque interne. L unità di misura dell indicatore è: tonnellate-km/PIL L EUROSTAT propone inoltre di misurare in valore percentuale la differenza esistente tra i dati registrati nel 1995 e quelli successivi. Nel caso dell EmiliaRomagna non è stato possibile effettuare una misurazione di questo tipo poiché non erano reperibili i dati relativi al 1995, si è così proceduto unicamente ad effettuare l analisi del tonn-km/ 1000 del PIL a prezzi costanti 95 per l anno 2000. E importante far notare che nel calcolo dei volumi delle merci trasportate su strada non è possibile quantificare i numero di veicoli in transito nelle aree di studio, ma unicamente quelli che partono o arrivano da quelle destinazioni. Dal confronto con altri paesi Europei, l Emilia-Romagna si colloca tra quelli con i valori più alti come il Lussemburgo, l Olanda e la Spagna. 127 128 0 50 100 150 200 250 300 350 400 450 500 Lussemburgo Olanda Spagna Finlandia Trasporto merci in volume in tonn-km/ 1.000 del PIL (1995) Svezia Regno Unito Italia Austria UE (15 Paesi) Portogallo Germania Emilia-Romagna 241 Francia Belgio Danimarca Irlanda Grecia Norvegia Islanda 2000 PARTE SECONDA PARTE SECONDA L indicatore relativo al trasporto merci per mezzo utilizzato fornisce indicazioni sulla distribuzione delle merci movimentate per tipologia di mezzo di trasporto. In particolare viene misurata la percentuale di merci trasportate su gomma in un determinato periodo. Dall analisi dei dati si evince che nel 2000 in Emilia-Romagna l 81% delle merci sono state movimentate su gomma a discapito del trasporto su rotaia, sistema meno inquinante e con maggiore capacità di movimentazione. Il dato regionale è comunque inferiore a quello nazionale (89%) ma è superiore al dato medio europeo e a quello di alcuni paesi come la Francia, la Germania, l Austria o la Svezia che utilizzano in modo consistente il treno per il trasporto delle merci. E importante far notare che negli Stati Uniti solo il 32,7% delle merci vengono trasportate su gomma, dove il treno è il sistema di trasporto più adeguato per coprire le lunghi percorsi durante la loro movimentazione. L indicatore relativo al trasporto persone per mezzo fornisce indicazione sulla distribuzione degli spostamenti effettuati dalle persone per tipologia di mezzo di trasporto. In particolare viene misurata la percentuale degli spostamenti effettuati con veicoli privati in un determinato periodo. Dall ultima analisi effettuata in Regione Emilia-Romagna (elaborazione PRIT 1998) emerge che l 83% degli spostamenti di persone è stato effettuato con veicoli privati a discapito del treno e il trasporto pubblico come autobus e pullman, mezzi, tra l altro più eco-compatibili. Il dato è in linea con quello italiano (83,3%) e di poco inferiore alla media Europea (EU15). Un dato interessante è quello del Giappone, dove circa il 40% delle persone usano un sistema di trasporto diverso dall auto. Negli Stati Uniti invece, quasi il 96% delle popolazione usa le autovetture come principale sistema di trasporto. 129 130 0 20 40 60 80 100 120 Cipro Malta Islanda Grecia Irlanda Turchia Giappone Spagna Portogallo Danimarca Regno Unito Italia Lussemburgo Trasporto merci su gomma (%) Norvegia UE (15 Paesi) Belgio Francia Finlandia UE (25 Paesi) Ungheria Emilia-Romagna 81% Repubblica Ceca Germania Slovenia Austria Svezia Olanda Polonia Slovacchia Bulgaria Lituania Romania Stati Uniti Estonia Lettonia 2000 PARTE SECONDA 131 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 Stati Uniti Islanda Regno Unito Norvegia Francia Olanda Germania Spostamenti persone su autoveicoli privati (%) UE (15 Paesi) Svezia Italia Belgio Finlandia Portogallo Lussemburgo Spagna Irlanda Danimarca Emilia-Romagna 83% Repubblica Ceca Austria Grecia Slovenia Polonia Ungheria Slovacchia Giappone 1998 PARTE SECONDA PARTE SECONDA L indicatore relativo ai rifiuti urbani si divide a sua volta in tre sottoindicatori: a) Rifiuti urbani raccolti b) Rifiuti urbani smaltiti in discarica c) Rifiuti urbani inceneriti I tre sottoindicatori vengono misurati in kg di rifiuti pro capite/anno. E importante sottolineare che la Commissione Europea sta cercando di incentivare tra gli Stati membri la riduzione nella produzione di rifiuti urbani avendo stabilito un obiettivo nel 5° Programma Europeo di Azione Ambientale, pari a 300 kg pro capite/anno. Oltre a ciò, la UE incoraggia la termovalorizzazione dei rifiuti a discapito dello smaltimento tradizionale in discarica dati gli enormi vantaggi che genera quali: la riduzione di spazi delle aree di trattamento, la prevenzione di malattie e dell inquinamento del terreno, lo sfruttamento energetico degli scarti, ecc. Dall analisi dei dati emerge che nel 2002 nella Regione Emilia-Romagna venivano prodotti 644 kg di rifiuti urbani pro capite, valore superiore alla media italiana (520 kg) e alla media europea (EU15 559 kg). E importante far notare che, a livello europeo, la produzione di rifiuti urbani pro capite è al di sotto del valore obiettivo (300 kg) in soli tre paesi, ovvero Lituania, repubblica Ceca e Polonia. Se si guarda invece il dato relativo ai rifiuti pro capite inceneriti o smaltiti in discarica, l Emilia-Romagna si colloca, in entrambi i casi, tra i valori più alti registrati a livello europeo. Ma questo confronto non può considerarsi significativo dato che alcuni dati forniti dagli Stati membri sono stime che dovrebbero essere verificate. 132 133 750 700 650 600 550 500 450 400 350 300 250 200 150 100 50 0 Islanda Cipro Norvegia Danimarca Olanda Austria Emilia-Romagna 644 kg Produzione Rifiuti Urbani - Kg pro capite/anno UE (15 Paesi) Malta Italia UE (25 Paesi) Bulgaria Turchia Estonia Ungheria Slovenia Finlandia Grecia Belgio Romania Obiettivo UE Lettonia Lituania Repubblica Ceca Polonia 2002 PARTE SECONDA 134 0 50 100 150 200 250 300 350 400 Danimarca Lussemburgo Olanda Svezia Francia Belgio Rifiuti smaltiti in discarica - Kg pro capite/anno Germania Norvegia UE (15 Paesi) UE (25 Paesi) Portogallo Emilia-Romagna 276 kg Austria Italia Regno Unito Repubblica Ceca Finlandia Spagna Islanda Slovacchia Ungheria Lettonia Polonia 2002 PARTE SECONDA 135 0 50 100 150 200 250 300 350 400 Danimarca Lussemburgo Olanda Svezia Francia Belgio Germania Rifiuti inceneriti - Kg pro capite/anno Norvegia UE (15 Paesi) UE (25 Paesi) Portogallo Austria Italia Regno Unito Emilia-Romagna 126 kg Repubblica Ceca Finlandia Spagna Islanda Slovacchia Ungheria Lettonia Slovenia Polonia 2002 PARTE SECONDA PARTE SECONDA La quota di produzione di energia rinnovabile è considerata come il rapporto tra l energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili e il consumo lordo di energia elettrica in un anno, ovvero la percentuale di energia rinnovabile sul totale dei consumi. Come fonti rinnovabili l EUROSTAT intende: il solare, l eolico, il geotermico, l idroelettrico, le biomasse, il biogas, le maree, l incenerimento, ecc. Nella Direttiva 2001/77/CE sulla promozione dell energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili nei mercati interni, sono stati stabiliti degli obiettivi da raggiungere entro il 2010 da parte degli Stati membri. L Italia si è impegnata ad attingere da fonti rinnovabili il 25% dei propri consumi, mentre l intera Unione Europea vorrebbe arrivare al 22%. Nel 2003 in Emilia-Romagna il 5% dell energia elettrica consumata proveniva da fonti rinnovabili, mentre in Italia la percentuale era del 12,8%, ancora molto lontano dall obiettivo. 136 137 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 Islanda Norvegia Austria Svezia Portogallo Lettonia Turchia Romania Danimarca Slovenia Spagna Finlandia UE (15 Paesi) Quota da energia rinnovabile (%) Francia UE (25 Paesi) Italia Slovacchia Grecia Bulgaria Germania Olanda Irlanda Regno Unito Lituania Repubblica Ceca Emilia-Romagna 5% Lussemburgo Belgio Polonia Ungheria Estonia Cipro Malta Obiettivo 2010 2003 PARTE SECONDA PARTE SECONDA L indicatore relativo alle aree protette per biodiversità misura la percentuale dell intero territorio protetta in base alle Direttive Europee 92/43/EEC (Habitat) e 79/409/EEC (Uccelli). Con le direttive habitat e uccelli sono state identificate e mappate tutte le aree di interesse comunitario per la flora e la fauna. Le aree sono state suddivise in Siti di Interesse Comunitario - SIC (Habitat) e Zone di Protezione Speciale ZPS (Uccelli). Nella Regione Emilia-Romagna il 10,7% del territorio rientra nelle aree SIC o ZPS, mentre in Italia la percentuale sale al 14,7%. Il valore registrato in Regione è superiore a quelli di Belgio, Olanda, Danimarca, Germania e Regno Unito; Paesi nei quali l antropizzazione del territorio è molto elevata. 138 139 0 5 10 15 20 25 Spagna Portogallo Grecia Lussemburgo Italia Aree protette per biodiversità (%) Svezia Finlandia UE (15 Paesi) Irlanda Austria Emilia-Romagna 10,7% Belgio Olanda Danimarca Germania Regno Unito 2003 PARTE SECONDA PARTE SECONDA In conclusione l analisi degli indicatori ambientali mette in luce una serie di criticità del territorio regionale che rendono necessario un approfondimento specifico del tema, soprattutto alla luce di quanto emergerà nei prossimi Consigli Europei che dovranno aggiornare la strategia di sviluppo sostenibile adottata dall Unione Europea. In particolare pur registrando un basso valore nell intensità energetica, dimostrando un elevato livello di ricchezza prodotta con un relativamente basso livello di consumo di energia, l Emilia Romagna presenta differenti segnali negativi nei diversi fenomeni misurati dagli indicatori. Innanzitutto nel sistema dei trasporti l elevato livello di trasporti merci in partenza ed in arrivo per 1000 di PIL prodotto evidenzia come la produzione di ricchezza in regione dipenda in modo eccessivo, rispetto agli altri paesi europei ma anche rispetto alla media italiana, dalla movimentazione di merci fisiche più che dalle componenti immateriali dell economia. La vocazione industriale della regione rende infatti il trasporto delle merci ed il sistema della logistica per beni materiali uno dei fattori fondamentali per il proprio sviluppo ma anche uno dei fattori di criticità per la sostenibilità ambientale. A maggior ragione se consideriamo il fatto che la regione, come il resto dell Italia, dipende essenzialmente dal trasporto su gomma. Infine l elevata crescita del livello di emissioni di gas ad effetto serra in Emilia Romagna, sensibilmente maggiore anche rispetto alla media nazionale, si unisce alla scarsa quota di produzione di energia rinnovabile molto lontana dagli obiettivi prefissati nella strategia di Lisbona e tra i peggiori risultati dei paesi europei. Probabilmente su questi aspetti incidono differenti fattori che dipendono dalle caratteristiche del territorio e da scelte, effettuate negli anni passati dal livello nazionale, di localizzazione degli impianti di produzione di energia che hanno penalizzato la regione. Risulta comunque evidente come sia lontano il raggiungimento dell obiettivo considerato fondamentale per l attuazione della strategia dello sviluppo sostenibile: la dissociazione tra crescita economica ed utilizzo dell energia non rinnovabile. 140 Riferimenti bibliografici Commissione delle comunità Europee, La strategia di Lisbona*produrre il cambiamento, Comunicazione della Commissione al Consiglio europeo di primavera di Barcellona, COM (2002)14 definitivo del 15/01/2002. Commissione delle comunità Europee, Realizzare il potenziale dell Unione Europea: consolidamento ed estensione della strategia di Lisbona, Comunicazione della Commissione al Consiglio europeo di primavera di Stoccolma, COM (2001)79 definitivo del 07/02/2001. Commissione delle comunità Europee, Consiglio Europeo di Lisbona un programma di rinnovamento economico e sociale per l Europa, Contributo della Commissione Europea al Consiglio straordinario di Lisbona, DOC/00/7 28/02/2000, Brussels. Commission of the European Communities, Structural indicators, Communication from the Commission, COM (2003)585 final, Brussels 08/10/2003. Consiglio dell Unione Europea, Conclusioni del Consiglio in merito ai livelli di riferimento del rendimento medio europeo nel settore dell istruzione e della formazione (parametri di riferimento), Bruselles, OR:EN 8981/03 EDUC 83 del 07/05/2003. Eurostat, Structural Indicators, short methodological overview, 14/07/2003, Brussels. Commissione delle comunità Europee, La scelta della crescita: conoscenza, innovazione e posti di lavoro in una società coesiva, Relazione al Consiglio Europeo di primavera del 21 marzo 2003 sulla strategia di Lisbona di rinnovamento economico, sociale ed ambientale. Eurostat, Update of the Statistical Annex (annex 1) to the 2004 Report from the Commission to the Spring European Council, Structural Indicators, Brussels. Unioncamere, Rapporto sull economia regionale nel 2003 e previsioni per il 2004, www.rer.cacom.it 2003. www.istat.it, Banche dati disponibili nel sito, vari anni disponibili. 141 Banca d Italia, Note sull andamento dell economia dell Emilia Romagna nel 2003, Bologna 2004. Emilia Romagna digitale, La società dell informazione in Emilia Romagna, Bologna 2004. A. Panebianco, Europa, il patto intelligente , in Corriere della Sera, Novembre 2004. E. Clò, L economia regionale congiuntura e previsioni, Ervet 2005 Press Releases, IP/05/130 del 02/02/2005, Commissione Europea. www.wto.org http://europa.eu.int/growthandjobs/index.htm sito ufficiale della Strategia di Lisbona. Petrella, Luigi dimenticare Lisbona , www.lavoce.info Sirilli, Giorgio Ricerca e Sviluppo , Bologna, Il Mulino 2005 142 Allegato Indicatori di Lisbona: Short list, long list ed indicatori rilevati per l EmiliaRomagna Indicatori Long List (Ultimo Consiglio Europeo di primavera marzo 2004) PIL pro capite (in SPA) e tasso di crescita reale del PIL Produttività del lavoro (per lavoratore e per ora lavorata) Indicatori Short List (Ultimo Consiglio Europeo di primavera marzo 2004) * * Crescita del tasso di occupazione (totale e per sesso) Tasso d'inflazione Crescita del costo unitario reale del lavoro Saldo del bilancio pubblico Debito pubblico Tasso di occupazione 15-64 totale e per sesso. Tasso di occupazione dei lavoratori anziani (totale e per sesso) SI SI SI SI * * Divario retributivo tra i sessi Aliquota fiscale sui lavoratori a bassa retribuzione Formazione permanente (partecipazione di adulti all'istruzione e alla formazione) SI SI SI SI Infortuni sul lavoro (qualità del lavoro) Tasso di disoccupazione (totale e per sesso) Spese pubbliche per l'istruzione Spese per la R&S SI SI SI SI * Livello dell'accesso ad Internet Disponibilità del dato per l'Emilia Romagna Dottorati in scienza e tecnologia Brevetti Capitale di rischio Investimenti nelle TCI SI SI SI * Livelli relativi e convergenza dei prezzi Prezzi nelle industrie a rete 143 SI Indicatori Long List (Ultimo Consiglio Europeo di primavera marzo 2004) Indicatori Short List (Ultimo Consiglio Europeo di primavera marzo 2004) Disponibilità del dato per l'Emilia Romagna Struttura dei mercati nelle industrie a rete Appalti pubblici Aiuti di Stato e ad hoc * * Capitali raccolti sui mercati azionari Business investment SI Distribuzione del reddito (quintile del reddito) Tasso di povertà prima e dopo i trasferimenti sociali * SI Persistenza della povertà * Coesione regionale Abbandono scolastico e non sostengono corsi d'istruzione o di formazione Disoccupazione di lunga durata * SI * * * SI Persone appartenenti a nuclei familiari senza reddito da lavoro Emissioni di gas ad effetto serra Intensità energetica dell'economia Volume dei trasporti (tonnellate e passeggeri/km) in rapporto al PIL SI SI Ripartizione tra i modi di trasporto SI Qualità dell'aria urbana (esposizione della popolazione urbana Rifiuti urbani raccolti, messi in discarica e inceneriti Percentuale delle fonti energetiche rinnovabili nel consumo di energia elettrica SI 144 SI ERVET SPA Via G.B. Morgagni, 6 - 40122 Bologna Tel +39 051 6450411 - Fax +39 051 6450310 E-mail [email protected] - www.ervet.it Consiglio di amministrazione: Presidente: Daniele Alni Sergio Iovino Massimo Bagni Guglielmo Cacchioli Lorenzo Carapellese Massimo D'Angelillo Umberto Giacomelli Direttore generale: Giuseppina Gualtieri Attività: ERVET Emilia-Romagna Valorizzazione economica territorio SpA è la Società a prevalente partecipazione della Regione Emilia-Romagna che, a seguito della legge di riordino L.R. n. 5/2003, opera come Agenzia di sviluppo territoriale con l obiettivo di promuovere un economia sostenibile, coerentemente con la programmazione e pianificazione dell ente regionale e del sistema delle istituzioni locali. ERVET, in coerenza con gli obiettivi istituzionali di valorizzazione economica del territorio, fornisce i propri servizi alla Regione Emilia-Romagna tramite apposita convenzione, e ad altri soggetti pubblici o privati attraverso specifici progetti. ERVET si pone, da un lato, come centro di competenza e di supporto tecnico alle politiche locali e, dall altro, quale soggetto impegnato nella governance di progetti complessi e attivatore di reti nazionali e internazionali. La nuova mission e le aree di intervento vertono su quattro ambiti strategici fondamentali: - Supporto tecnico-operativo nella definizione, gestione, monitoraggio e valutazione delle politiche pubbliche - Realizzazione di interventi tecnici mirati nell ambito di specifiche policy di sviluppo territoriale - Attivazione e sviluppo di partenariati e reti relazionali a livello locale, nazionale e internazionale, con particolare attenzione ai temi della partnership pubblico-privata - Realizzazione di studi di fattibilità, analisi socio-economiche e operative in ambito locale e settoriale con finalità di policy advice