L Emilia-Romagna nella strategia di Lisbona

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L Emilia-Romagna nella strategia di Lisbona
Materiali di
discussione
L Emilia-Romagna nella
strategia di Lisbona
Analisi e dati
Giugno 2005
Ervet Emilia-Romagna Valorizzazione Economica del Territorio www.ervet.it
L Emilia-Romagna nella
strategia di Lisbona
Analisi e dati
Giugno 2005
Responsabile di progetto:
Giuseppina Gualtieri, Roberto Righetti (Responsabile del progetto)
Redazione del report:
Andrea Margelli e Roberto Righetti (Parte prima), Andrea Margelli (Parte
seconda), Elena Clò (supervisione per la verifica degli indicatori), Area
ambiente per la rilevazione degli indicatori ambientali
Il presente rapporto è stato realizzato nell ambito del Piano annuale delle attività 2004 previsto dalla
Convenzione triennale tra la Regione Emilia-Romagna e l ERVET SpA.
Indice
Presentazione ...............................................................................................................7
PARTE PRIMA La strategia di Lisbona e l Emilia-Romagna ...............................11
1. La strategia di Lisbona .........................................................................................11
2. Il processo di revisione (aprile 2005) ..................................................................14
3. Le critiche a Lisbona ed i nodi aperti ..................................................................17
4. Perché Lisbona è importante (in particolare per l Emilia-Romagna)?.............20
5. I risultati e le aree di lavoro futuro.......................................................................24
I principali risultati ................................................................................................................ 24
Evoluzioni future .................................................................................................................. 37
PARTE SECONDA
LA STRATEGIA DI LISBONA ED IL SISTEMA
DEGLI INDICATORI................................................................................................39
6. La Strategia di Lisbona ed il processo di definizione del sistema
degli indicatori .......................................................................................................39
Il sistema degli indicatori ...................................................................................................... 44
Criticità metodologiche nella rilevazione degli indicatori di Lisbona al contesto
regionale .............................................................................................................................. 47
L Emilia Romagna nella strategia di Lisbona: un modello per la valutazione della
competitività. ........................................................................................................................ 50
Riferimenti bibliografici ...........................................................................................141
Allegato
Indicatori di Lisbona: Short list, long list ed indicatori
rilevati per l EmiliaRomagna ..............................................................................143
5
Presentazione
Il presente documento offre una prima serie di dati e riflessioni sul
posizionamento della Regione Emilia-Romagna nello scenario socioeconomico europeo utilizzando il sistema di indicatori contenuti nella
cosiddetta Strategia di Lisbona .
Come apparirà ben chiaro, il lavoro svolto non ha semplicemente, né
unicamente, l obiettivo di prendere a riferimento una serie di obiettivi condivisi
a livello europeo, con i relativi indicatori utilizzati per il monitoraggio, al fine di
calarli in una dimensione regionale.
La tesi di fondo, invece, è che gli obiettivi di Lisbona rappresentano un
riferimento concreto per le politiche regionali sia in termini diretti che indiretti e
che sia sempre più necessario favorire processi di analisi e confronto
internazionale sulle tematiche dello sviluppo e della coesione sociale.
Da un lato, infatti, risulta evidente che la capacità del nostro sistema nazionale
di centrare gli obiettivi fissati dipende anche (e sarebbe interessante valutare
in quale grado) dagli sforzi compiuti a livello regionale e locale. Il rischio che si
corre in questo caso, anche nelle stesse analisi e considerazioni effettuate
dalla Commissione Europea relativamente al grado di raggiungimento degli
obiettivi, è quello di trascurare i differenti livelli di governance territoriale,
aspetto invece di notevole rilievo per una strategia che si fonda sull adesione
volontaria e sull integrazione delle risorse.
Dall altro, la Regione Emilia-Romagna ha mutuato questo tipo di impostazione
adeguandola alle proprie esigenze e tenendo conto dei processi di
concertazione locale nella predisposizione del proprio Patto per la qualità
dello sviluppo, un documento siglato dall amministrazione regionale con le
parti sociali che, in analogia con quanto realizzato a livello europeo, definisce,
all insegna della comune finalità di fare della nostra regione una realtà
all avanguardia1 in Europa, una serie di linee strategiche, obiettivi e indicatori
da monitorare.
1
L ambizione è quella di fare della nostra regione una realtà all avanguardia nella
realizzazione della cosiddetta Strategia di Lisbona, ovvero un sistema fortemente
orientato alla qualità dello sviluppo economico e sociale e alla competitività. Patto
per la qualità dello sviluppo siglato dalla Regione Emilia Romagna con le parti
7
Presentazione
La Strategia di Lisbona assume un ruolo di riferimento fondamentale per la
costruzione delle strategie regionali e per l analisi del sistema produttivo e
sociale del territorio, innanzitutto perché rappresenta uno strumento di policy
coerente con il percorso di sviluppo che la Regione Emilia Romagna ha
concertato insieme con le parti sociali.
Il documento è diviso in due parti.
Nella prima vengono sintetizzati i tratti salienti della Strategia di Lisbona e del
processo di revisione in corso, nonché i principali nodi critici ancora aperti nel
dibattito che ha coinvolto sia il livello nazionale che la dimensione regionale.
Sono riportate le conclusioni dell analisi degli indicatori contenuti nella
seconda parte, nonché alcune considerazioni valutative che emergono dal
confronto della regione con le altre realtà europee. Sempre in questa prima
sezione vengono presentati i possibili sviluppi futuri che potranno seguire alla
luce delle evoluzioni della strategia di Lisbona e degli obiettivi analitici in
termini di policy.
La seconda parte concentra l attenzione sulle modalità di costruzione degli
indicatori, sulle scelte effettuate per rappresentare il livello locale e sull analisi
dei singoli indicatori. In particolare, viene riportata un analisi delle criticità
riscontrate nella rilevazione, evidenziando cautele e limiti relativi alla
comparabilità tra il territorio regionale e il contesto europeo.
L ultimo paragrafo della seconda parte contiene l analisi vera e propria del
territorio dell Emilia-Romagna in rapporto con gli altri Stati europei. Questa
analisi è stata effettuata cercando di seguire il più possibile l impostazione dei
documenti periodici annuali realizzati dalla Commissione Europea e dal
Consiglio Europeo2. E stato quindi adottato non solo il medesimo approccio
metodologico, ma anche la medesima strumentazione concettuale contenuta
nelle analisi dei documenti dell UE, in modo tale da rendere l interpretazione
sociali.
2
Ogni anno, a gennaio, il Consiglio Europeo pubblica un report denominato
Spring report che riporta le analisi relativamente agli indicatori di Lisbona
nei paesi membri. Tale report viene preceduto di tre mesi da una
comunicazione della Commissione Europea, il Rapporto di Sintesi, che
anticipa le informazioni contenute nello Spring report e propone nuove
elementi di analisi, policy o programmi specifici approvati dalla
Commissione.
8
Presentazione
dei dati il più possibile semplice e coerente e di accentuare gli aspetti
valutativi.
Il documento che segue costituisce la prima fase di un work in progress che
accentuerà sempre più il confronto infraregionale (con le altre regioni italiane e
con quelle europee). A tal fine, verranno ulteriormente perfezionati gli
indicatori di carattere regionale e si intensificheranno tanto il benchmark con le
altre realtà quanto l analisi delle ripercussioni e delle ricadute della Strategia di
Lisbona sulle varie dinamiche di sviluppo.
Quello che viene presentato nelle pagine seguenti è un materiale di
discussione, come da spirito e principi metodologici della collana, aperto alle
riflessioni e alle indicazioni di tutti coloro che avranno contributi da apportare.
E che saranno i benvenuti.
Bologna, giugno 2005
9
PARTE PRIMA
Romagna
La strategia di Lisbona e l Emilia-
1. La strategia di Lisbona
A Lisbona, nel marzo del 2000, il Consiglio Europeo ha definito una nuova
strategia d azione per far fronte ai paradigmi competitivi indotti dalla
globalizzazione e dalla nuova economia della conoscenza. La cosiddetta
strategia di Lisbona prevede che entro il 2010 l Unione Europea diventi
l economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in
grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori
posti di lavoro e una maggiore coesione sociale . Ne consegue che Il
rafforzamento della competitività, il cammino verso la piena occupazione e la
promozione della coesione sociale, aggiungendo una cultura di dinamismo
economico e di rinnovamento sociale alla stabilità economica 3 debbano
divenire i punti di riferimento nuovi per l azione dell Unione e degli Stati
Membri.
Sulla base di queste premesse e partendo da una analisi della competitività
del sistema europeo, il documento licenziato dal Consiglio europeo ha
identificato linee di azione di carattere generale ed obiettivi specifici da
perseguire per il decennio successivo.
In termini generali, la strategia si propone di favorire il passaggio ad una
economia competitiva, dinamica e basata sulla conoscenza, di modernizzare il
modello sociale europeo investendo nelle persone e costruendo uno stato
sociale attivo e di migliorare la governance degli interventi ponendo in atto le
decisioni assunte con approcci più coerenti e sistematici.
Per quanto riguarda il passaggio ad una società della conoscenza si tratta in
particolare di:
3
Commissione delle comunità Europee, Consiglio Europeo di Lisbona un
programma di rinnovamento economico e sociale per l Europa, Contributo della
Commissione Europea al Consiglio straordinario di Lisbona, DOC/00/7 28-022000, Brussels.
11
PARTE PRIMA
Favorire la diffusione della società dell informazione, incentivando l accesso
di cittadini ed imprese alle infrastrutture telematiche ed il pieno sfruttamento
del potenziale elettronico Europeo
Definire uno spazio europeo della ricerca e dell innovazione, favorendo ad
es. l aumento della spesa in ricerca e sviluppo e migliorando la diffusione
delle eccellenze
Creare un ambiente favorevole all avviamento e allo sviluppo di imprese
innovative, specialmente di PMI
Attuare riforme economiche per un mercato interno completo e pienamente
operativo, accelerando la liberalizzazione di settori strategici, aggiornando
le direttive sugli appalti pubblici, e realizzando azioni attive in questa
direzione;
Migliorare l efficienza e la trasparenza dei mercati finanziari
Migliorare il coordinamento delle politiche macroeconomiche
Con riferimento al modello sociale europeo, l obiettivo è quello di:
Investire in un miglioramento dell istruzione e della formazione per vivere e
lavorare nella società dei saperi
Stimolare la crescita di posti di lavoro migliori grazie alle politiche attive del
lavoro
Modernizzare la protezione sociale
Promuovere l inclusione sociale evitando il rischio che una società
dinamica e basata sulla conoscenza aumenti il divario fra chi ha accesso
alle nuove tecnologie e chi vi è escluso.
Contestualmente alla definizione della strategia viene anche adottato un
nuovo metodo di concertazione delle politiche che ha il duplice obiettivo di
rendere il processo più efficiente e di aumentare la condivisione delle scelte
tra i paesi europei.
Questo metodo, che è stato definito coordinamento aperto , si pone come
strumento per diffondere le buone prassi e conseguire una maggiore
convergenza verso le finalità principali dell Unione Europea e si basa
principalmente su tre aspetti:
a) la definizione comune di una serie di obiettivi a cui tutti i paesi membri
devono convergere (la strategia);
b) l individuazione degli strumenti necessari per la misurazione dei risultati
(statistiche, indicatori);
12
PARTE PRIMA
c) la verifica dell effettivo perseguimento degli obiettivi tramite meccanismi di
benchmarking e di pressione dei pari .
La scelta di indicatori in grado di rappresentare lo stato di avanzamento della
strategia e le modalità di misurazione degli stessi si configura quindi come
nodo strategico della metodologia del coordinamento aperto. Per questo,
durante i Consigli successivi, gli obiettivi della strategia di Lisbona sono stati
declinati in una lista di indicatori che gli Stati membri e la Commissione si
impegnano a monitorare e che per questo motivo devono risultare omogenei
sotto il profilo metodologico e quindi in sé comparabili.
La verifica dei risultati avviene attraverso modalità che prevedono il
coinvolgimento di diversi soggetti:
Il Consiglio Europeo si riunisce, per tale scopo, ogni primavera per
discutere sulle questioni economiche e sociali connesse con la Strategia di
Lisbona e sui risultati intermedi dell Unione Europea. Successivamente
all analisi dei risultati e dei progressi compiuti dai paesi dell Unione
Europea avvalendosi degli indicatori concordati, vengono individuate le
decisioni e gli interventi necessari per consolidare ed estendere la strategia
di Lisbona e vengono valutate ed approvate le eventuali modifiche da
apportare alla lista degli indicatori.
La Commissione Europea si occupa, per le attività di propria competenza,
dell attuazione della strategia per quanto riguarda le iniziative
programmatiche e legislative in tutti i settori connessi con gli obiettivi
strategici di Lisbona e promuove l inserimento di nuovi indicatori che sono
contenuti nella relazione di analisi sulla implementazione della strategia di
Lisbona, documento che viene pubblicato generalmente alla fine di ogni
anno.
L Eurostat ha il compito di reperire i dati attraverso l utilizzo di altre fonti
istituzionali ed il coordinamento delle attività di rilevazione statistica
realizzata dagli uffici statistici degli Stati membri su tematiche
specificatamente individuate dalla Commissione Europea.
13
PARTE PRIMA
2. Il processo di revisione (aprile 2005)
Nel Marzo 2004 viene avviato il processo di revisione di medio termine della
strategia di Lisbona con l obiettivo di portare al riesame della stessa nel
Consiglio Europeo della Primavera del 2005. Il primo passo di questo
complesso percorso è stato quello di assegnare un incarico, per fare il punto
della situazione e avanzare proposte per eventuali cambiamenti, ad un
cosiddetto Gruppo di alto livello presieduto dall ex Presidente del Consiglio
Olandese Wim Kok.
Il risultato di questo lavoro, che ripercorrendo la strategia originaria fornisce
nuovi elementi di analisi e raccomandazioni, è stato presentato alla
Commissione nel Novembre dello stesso anno.
Il Rapporto del Gruppo di alto livello si caratterizza per una notevole
accentuazione degli elementi di criticità (in merito in particolare agli obiettivi
non raggiunti e a quelli che si ritiene non verranno centrati nei tempi previsti)
al punto da sembrare, anche alla stampa meno favorevole al lavoro della
Commissione,
persino
eccessivamente
pessimistico
(l Economist,
tradizionalmente critico nei confronti di Bruxelles, parla addirittura di spot di
auto-flagellazione). Evidenziando il rallentamento nel conseguimento degli
obiettivi, il rapporto tende ad attribuire il risultato solo in parte al programma
stesso mentre evidenzia la mancanza di volontà politica, soprattutto degli Stati
membri, che ne avrebbe dovuto accompagnare la realizzazione ( un
programma troppo denso, un coordinamento insufficiente e delle priorità
incompatibili tra di esse spiegano in parte questo risultato deludente, ma
l assenza di un azione politica risoluta ha avuto un impatto altrettanto
determinante ).
Le proposte di riforma sono quindi tese da un lato a focalizzare su alcuni
aspetti ritenuti prioritari, dall altro a ridiscutere quello che viene ritenuto, a torto
o a ragione come vedremo in seguito, uno dei principali responsabili della
mancata riuscita della strategia, cioè il metodo di coordinamento aperto.
Il 2 Febbraio 2005 la nuova Commissione Europea, presieduta dal portoghese
Barroso ha proposto, sulla base dei risultati del Gruppo di alto livello, una
riforma della strategia dell Unione Europea finalizzata a generare più crescita
ed occupazione ( Lavorare insieme per la crescita e l occupazione: il rilancio
14
PARTE PRIMA
della strategia di Lisbona Comunicazione al Consiglio Europeo di Primavera
del presidente Barroso d intesa con il vicepresidente Verheugen).
Le azioni che si propone di portare avanti la nuova Commissione Europea
hanno la finalità di incrementare il PIL del 3 % entro il 2010 e di creare nello
stesso periodo oltre 6 milioni di posti di lavoro.
La Commissione Europea ribadisce che: nel complesso gli obiettivi di Lisbona
erano corretti, ma l azione volta ad attuarli è stata carente 4.
Viene confermato, come è stato chiarito nel documento di presentazione della
nuova strategia, l obiettivo di conservare il modello di società europeo fondato
sulla giustizia sociale che offra pari opportunità a tutti.
Ma in concreto la sensazione è che venga posta una maggiore enfasi ad
alcune priorità quali la crescita economica e la competitività del sistema
europeo lasciando, al momento, in secondo piano gli aspetti legati alla
coesione sociale ed all ambiente.
In particolare, gli obiettivi che la Commissione Europea ha individuato come
prioritari sono i seguenti5:
1) rendere l Europa più capace di attrarre investimenti e lavoro
Completare il mercato interno nei settori che possono offrire guadagni reali
in termini di crescita e occupazione e sono di rilevanza immediata per i
consumatori (un accordo equilibrato su servizi, professioni regolamentate,
energia, appalti pubblici e servizi finanziari, ecc).
Garantire mercati aperti e competitivi all interno e all esterno dell Europa:
riorientare gli aiuti di Stato verso settori con elevate potenzialità di crescita,
creare un contesto economico favorevole alle PMI, garantire l accesso a
mercati terzi, semplificare la normativa europea e nazionale.
Migliorare la normativa europea e nazionale per ridurre gli oneri
amministrativi.
Ampliare e migliorare le infrastrutture europee.
Proseguire gli sforzi sul fronte del brevetto comunitario e verso la
definizione di una base imponibile consolidata per le società.
2) Porre la conoscenza e l innovazione al servizio della crescita
4
Press Releases, IP/05/130 del 02/02/2005, Commissione Europea.
5
Press Releases, IP/05/130 del 02/02/2005, Commissione Europea.
15
PARTE PRIMA
Raggiungere l obiettivo del 3% del PIL per la spesa in R&S.
Favorire l integrazione delle nuove tecnologie dell informazione e della
comunicazione.
Promuovere la costituzione di poli di innovazione che colleghino centri
regionali, università e imprese.
Promuovere le iniziative tecnologiche europee attraverso partenariati
pubblico/privato.
Promuovere le ecoinnovazioni energeticamente efficaci e a basso livello di
emissioni.
Contribuire alla creazione di una forte base industriale europea mobilitando
forme di collaborazione fra pubblico e privato.
Creare un Istituto europeo di tecnologia per attrarre i cervelli migliori, le
idee e le imprese in Europa.
3) Creare nuovi e migliori posti di lavoro
Attrarre un maggior numero di persone nel mercato del lavoro, in
particolare con misure dirette a ridurre la disoccupazione giovanile
(iniziativa europea a favore della gioventù), e modernizzare i sistemi di
protezione sociale.
Accrescere la capacità di adeguamento dei lavoratori e delle imprese e la
flessibilità dei mercati del lavoro rimuovendo gli ostacoli alla mobilità dei
lavoratori.
Aumentare gli investimenti in capitale umano migliorando l istruzione e le
qualifiche attraverso la riforma dei fondi strutturali e del Fondo di coesione
dell UE.
La nuova strategia della Commissione è stata presentata al Consiglio Europeo
del 22-25 Marzo 2005. Allo stato attuale non sono disponibili maggiori
elementi per valutare in che modo verrà riorientata operativamente la
Strategia di Lisbona. E comunque probabile che verranno presi in esame gli
obiettivi e gli indicatori per renderli coerenti con la riforma della strategia
stessa, come del resto è già accaduto nel corso degli ultimi anni. Di particolare
interesse sarà la valutazione sul destino degli indicatori di tipo ambientale e
sulla coesione, che in prima battuta appaiono essere quelli maggiormente
soggetti ad un ripensamento complessivo. Allo stesso tempo, sarà
interessante valutare che tipo di proposte operative verranno avanzate per
migliorare la governance della strategia e superare i limiti del coordinamento
aperto.
16
PARTE PRIMA
3. Le critiche a Lisbona ed i nodi aperti
Il monitoraggio effettuato nel corso degli anni sugli indicatori posti a riferimento
per la valutazione del raggiungimento degli obiettivi di Lisbona ha dimostrato
come, in diversi settori, i risultati auspicati per il 2010 siano per diversi paesi
irraggiungibili e come i miglioramenti siano spesso avvenuti per alcuni ma non
per tutti i settori politici prioritari fissati dalla Strategia.
Oltre alle condizioni macroeconomiche generali (in particolare dal 2001) - che
peraltro hanno inciso anche sui paesi concorrenti dell Europa che pure hanno
avuto performances migliori delle nostre- diverse sono considerate le cause di
questo fallimento:
a) il principale responsabile viene rinvenuto nel metodo di coordinamento
aperto che era stato posto alla base dell architettura di governance della
Strategia. Come è noto, su diverse materie prese a riferimento la
Commissione europea non ha competenze dirette e deve contare sul
grado di coinvolgimento degli stati membri e sulla loro capacità di far
convergere risorse ed energie sugli obiettivi prefissati. Recentemente A.
Panebianco6 ha rilevato che finché rimarrà un problema di compatibilità
fra gli impegni che i Governi assumono nell Unione e la democrazia, in
particolare i modi di legittimazione delle élites politiche , che sono ancora
prevalentemente a livello nazionale, le politiche nazionali seguiranno
logiche ed obiettivi non sempre coincidenti con quelli a livello dell Unione
Europea. Il mancato raggiungimento degli obiettivi di Lisbona viene
spesso attribuito alla mancata convergenza di interessi ed al fatto che il
perseguimento degli obiettivi comuni, fosse demandata al buon senso
dei Governi dei paesi membri, senza prevedere forme di sanzione in caso
di mancato impegno da parte degli stati membri
b) la complessità del Programma è un secondo aspetto critico. Troppi
obiettivi e troppi indicatori incentivano processi di deresponsabilizzazione
soprattutto laddove vi siano situazioni in cui i segni positivi siano superiori
a quelli negativi; al contrario, si ritiene ora necessario focalizzare le risorse
su pochi e significativi obiettivi7;
6
A. Panebianco, Europa, il patto intelligente , in Corriere della Sera,
Novembre 2004.
7
Il problema, tuttavia, è che la strategia di Lisbona è diventata troppo vasta
17
PARTE PRIMA
c) la strategia non valorizza adeguatamente la capacità dei singoli stati di
produrre cambiamenti, avendo adottato una prospettiva sostanzialmente
statica e poco attenta alla comunicazione dei risultati; al contrario si ritiene
opportuno suscitare il sostegno al cambiamento, rendendo gli aspetti
principali della strategia un argomento di discussione nel dibattito politico
dei singoli Stati Membri.
La critica di origine comunitaria ai primi anni di attuazione della strategia tende
ad amplificare gli aspetti di operatività a scapito di quelli di contenuto,
riaffermando anzi la solidità delle argomentazioni addotte per selezionare gli
obiettivi e gli indicatori8. In realtà, pur mantenendo il vincolo di una
impostazione coerente alla nuova costituzione europea, diversi altri aspetti
meriterebbero approfondimenti e riflessioni.
I documenti di Lisbona non gettano alcuna luce sulla black box
delle
politiche, cioè su tutto ciò che deve essere fatto per ottenere il risultato
sperato. In realtà, più che lo scarso entusiasmo degli stati membri sembra
pesare l estrema varietà di comportamenti e di possibilità per quanto riguarda
le politiche di intervento. A specifiche politiche e strumenti spesso non
corrispondono gli stessi risultati in tutti i paesi europei. Condizioni di bilancio
diverse, stabilità delle coalizioni, cicli politici ed elettorali sembrano inoltre
influenzare maggiormente i comportamenti degli Stati membri rispetto
all assunzione di responsabilità su obiettivi europei considerati non vincolanti.
Il caso delle politiche del lavoro e di quelle dell innovazione, con approcci
estremamente differenziati across europe sia per forme di intervento che per
risorse investite, ben esemplificano le problematicità insite nel trascurare gli
aspetti legati alle politiche.
per poter essere vista come un insieme coerente. Lisbona riguarda tutto e
niente contemporaneamente. Ciascuno è responsabile quindi nessuno lo è;
.Un programma di riforme ambizioso deve avere una struttura chiara, che
ne dimostri il suo carattere indispensabile ..Tutti devono sapere chi sono i
responsabili (Rapporto Kok, pag. 18).
8
Oggi tutti riconoscono che l Europa è ben lontana dall aver realizzato le
potenzialità di cambiamento offerte dalla strategia di Lisbona. Sebbene
nessuno contesti tale diagnosi né i rimedi che si impongono, la realtà è che
i risultati registrati fino a questo punto appaiono insufficienti
(Comunicazione del Presidente Barroso, pg. 8)
18
PARTE PRIMA
Non si può negare che la difficoltà di applicazione della strategia dipenda
anche dal fatto che l obiettivo di fondo, cioè conciliare competitività e
coesione, è complesso da raggiungere e rappresenta una sfida impegnativa
per le economie europee. Si tratta, peraltro, di un obiettivo che pur essendo
richiamato da tempo nei trattati, viene oggi posto solennemente in discussione
tramite processi di legittimazione popolare (si pensi ad es. all art. 3 della
Costituzione Europea, che rappresenta il riferimento fondamentale per le
politiche in questo ambito). L incapacità di rappresentare compiutamente costi
e benefici nell adozione di questo approccio riduce l impatto emotivo della
strategia, a differenza di quanto è successo per gli altri due grandi balzi in
avanti degli anni passati, la realizzazione del mercato unico e l adozione
dell Euro.
Un terzo livello di criticità è dato dal fatto che la strategia non ha finora,
considerato in modo sufficiente le enormi difformità territoriali e le opportunità
dello sviluppo locale; solamente ora in fase di revisione della stessa sono in
corso valutazioni su questi aspetti e su come orientare le politiche territoriali
dell Unione ed i Fondi strutturali al raggiungimento degli obiettivi di Lisbona.
19
PARTE PRIMA
4. Perché Lisbona è importante (in particolare per
l Emilia-Romagna)?
Il paradosso della discussione di Lisbona sta tutto nel passaggio dalla fase
iniziale dell ottimismo, malgrado lo scenario critico, alla situazione attuale delle
opportunità, malgrado un diffuso pessimismo. Sono passati 5 anni dal varo
della strategia. La diffusa speranza associata alla diffusione delle nuove
tecnologie dell informazione si è incrinata di fronte alle difficoltà ed alle
speculazioni che hanno caratterizzato la crescita delle aziende dot. com. Le
minacce esterne rappresentate da nuovi produttori globali come India e Cina e
la difficoltà interna di fissare strategie condivise, come dimostra il difficile
dibattito sulla riforma del patto di stabilità, sono una morsa da cui è difficile
liberare energie ed iniziative. Lo stesso rilancio della strategia in corso in
questi giorni non sembra avvenire in un contesto di grande entusiasmo.
Malgrado ciò, l agenda di Lisbona è stata aggiornata e riproposta, anche se
con forme e modalità differenziate e si procederà nella direzione individuata.
In un contesto difficile, la riproposizione di questi obiettivi comuni non può che
dipendere da valutazioni in merito ad elementi strategici per il futuro
dell Unione:
a) qualsiasi organismo ha la necessità di definire una propria visione
strategica, una serie di obiettivi che divengono ordinatori dell azione
concreta. Chiusa la fase dell Euro e in corso di definizione quella della
nuova costituzione europea, si riaprono i fronti più complessi su cui si
mantengono livelli di governo estremamente differenziati, come la politica
estera, la difesa, la competitività, la liberalizzazione dei mercati. Temi così
complessi richiedono necessariamente programmi quadro di riferimento;
in caso contrario il rischio è quello non solo di un dispendio di energie, ma
anche di forme di competizione interne fra Stati membri che non
gioverebbero alla crescita e allo sviluppo dell Unione;
b) il governo di competitività e coesione, che trovano il proprio fondamento
istituzionale nella Costituzione Europea, rappresentano in realtà una sfida
reale e comunicabile. Moltissimo deve essere fatto in questo senso e
sicuramente una cornice di riferimento europeo potrebbe aiutare diversi
stati ad affrontare coerentemente questi aspetti;
c) l accentuarsi dei problemi di condivisione e coordinamento quando si
passa dalle politiche di regolazione alle politiche attive sono il segnale che
20
PARTE PRIMA
in questo momento il problema della governance è un punto nodale per la
crescita europea. E sicuramente ingeneroso assegnare tutte le
responsabilità della crisi dell agenda di Lisbona al metodo di
coordinamento aperto; ma è altrettanto vero che il vincolo per le politiche
rappresentato
dalla
organizzazione
per
competenze
verticali
(sussidiarietà), orizzontali e per materia (le politiche) rischia di impedire lo
sviluppo compiuto di quel tipo di interventi in grado di rappresentare una
svolta per il sistema economico europeo.
d) Deve essere premiato lo sforzo di rappresentazione delle politiche
secondo uno schema che premi il monitoraggio e la valutazione dei
risultati. Una maggiore attenzione a questi aspetti in futuro (attraverso
l imposizione ad es di vincoli finanziari collegati al raggiungimento degli
obiettivi) non può che migliorare la costruzione di relazioni fra obiettivi,
politiche ed impatti che sono di fondamentale importanza anche per
comunicare i risultati raggiunti ai cittadini europei.
e) Va ricordato che il mancato successo della strategia di Lisbona è anche
da attribuire non tanto ad obiettivi sbagliati o non raggiungibili, ma al fatto
che si è trattato di obiettivi senza strumenti per perseguirli, avendo al
tempo demandato ai governi nazionali la scelta delle modalità di azione.
Si tratta di una considerazione importante sia perché richiama il bisogno di
una attenzione ad azioni comunitarie, sia perché solleva la necessità di
spostare l attenzione agli indicatori come base di partenza per monitorare
effetti di politiche mirate ad obiettivi di sviluppo definiti
Ci si può chiedere se questa serie di riflessioni hanno importanza per l Emilia
Romagna. Per diversi fattori, si ritiene che quanto detto finora sia cruciale
anche a livello regionale.
Si pone sicuramente un problema di opportunità future nelle relazioni con la
Commissione europea. Se il processo di revisione della Strategia di Lisbona
assumerà le caratteristiche prefigurate, è altamente probabile che i nuovi fondi
strutturali e le nuove linee di lavoro comunitarie prenderanno quel tipo di
approccio come riferimento principale. E quindi opportuno, per la Regione,
coordinare le proprie linee di lavoro con le strategie europee e comunque
disporre di un sistema strutturato di analisi e di proposte che consentano di
intercettare al meglio le disponibilità finanziarie comunitarie.
Una regione avanzata come l Emilia-Romagna può inoltre rappresentare un
banco di prova significativo delle politiche europee più innovative, sia
21
PARTE PRIMA
sviluppando progetti pilota su politiche specifiche, che favorendo la lettura in
termini più analitici e concreti dei risultati ottenuti.
Sarebbe peraltro riduttivo considerare solo gli aspetti di tipo strategico legati al
lavoro della Commissione. Il valore reale di questo approccio va ben al di là di
questo pur importante aspetto.
La Regione Emilia-Romagna ha già di fatto predisposto e condiviso un proprio
documento che ha diversi elementi di contatto con l agenda di Lisbona e che
punta a definire una vision condivisa in materia di sviluppo regionale.
La capacità del Patto per la qualità dello sviluppo di divenire nei fatti strumento
degli sforzi regionali - ed in termini più complessivi di quelli degli attori coinvolti
- dipenderà sicuramente dalla progressiva affermazione degli obiettivi
comunitari nel dibattito locale. L aggancio ad una strategia generale, sia in
termini positivi che per volontà di differenziazione qualora questa sviluppasse
tematiche ritenute di scarso interesse, rappresenta una reale opportunità per
un governo locale che ambisca a posizionare la propria realtà all interno del
dibattito europeo. Non si tratta quindi semplicemente di valutare l andamento
di alcuni indicatori, di registrare il grado di convergenza della regione ad un
set di risultati attesi, come apparentemente si potrebbe pensare, quanto di
favorire la progressiva condivisione e comunicazione di azioni sinergiche
messe in campo da soggetti diversi. Insomma, malgrado i vincoli di bilancio e
la finanza pubblica in difficoltà, alcune misure sono a portata delle comunità
locali (e diverse cose si stanno già facendo in questo ambito), a maggior
ragione se vi è una crescente presa d atto della situazione in cui ci si trova e
delle scelte strategiche da effettuare.
La sfida di conciliare sviluppo e coesione, che è propria di una realtà che è ed
ambisce a continuare ad essere fra le più avanzate d Europa, ben si adatta
alla dimensione regionale alla luce della riforma del titolo V della costituzione.
1. Alla prova dei fatti, le regioni e lo sviluppo locale
rappresentano comunque uno degli elementi fondamentali del
successo di ogni strategia di posizionamento competitivo in
Europa. Non si tratta in questa sede di proporre alcune
evidenze oramai condivise sul ruolo delle risorse locali nel
determinare il grado di sviluppo di un paese o del peso che
assumono i cluster nel determinare la performance economica
di uno stato nazionale, quanto semmai di riaffermare come
questi aspetti necessitano di un rafforzato sistema di governo
locale;
22
PARTE PRIMA
2. Allo stesso tempo, è inutile negare che l obiettivo di una
maggiore coesione sociale e di uno sviluppo sostenibile può
essere perseguito solamente attivando energie diffuse sul
territorio e dipenda in modo crescente da aspetti locali,
venendo a volte a configurare differenziazioni persino fra
territori molto vicini.
Una serie di risultati che verranno proposti potranno suscitare interesse.
Alcuni altri sorprenderanno. Altri richiedono sicuramente approfondimenti.
Diversi altri risulteranno di senso comune. Per quanto possa apparire
paradossale, l obiettivo del lavoro non è solamente questo. Quanto semmai
quello di sottolineare l importanza di un approccio che chiama una realtà
locale a prendere posizione rispetto ad un percorso chiamando la definizione
di un proprio modello di sviluppo, di obiettivi condivisi e partecipati, di politiche
innovative e di adeguate strumentazione di monitoraggio, controllo e
valutazione.
23
PARTE PRIMA
5. I risultati e le aree di lavoro futuro
I principali risultati9
A cinque anni dall avvio della Strategia di Lisbona, l Italia continua ad essere il
fanalino di coda su diversi dei parametri utilizzati per monitorarne lo stato di
avanzamento sia rispetto all Europa a 15 che a quella a 25. Il Centre for
European Reform , un think tank inglese che segue l attuazione della strategia
ed i cui report trovano larga eco sulla stampa europea10, ci pone all ultimo
posto in Europa su 5 dei 14 indicatori utilizzati e nel complesso del giudizio.
Italy is Eu s Lisbon villain , come titolano diverse agenzie di stampa.
Naturalmente il giudizio negativo sull Italia (si tenga peraltro conto che
particolarmente negative sono le valutazioni fatte sul grado di liberalizzazione
del mercato e sul regulatory burden) non può essere ribaltato in modo
automatico sulla regione Emilia-Romagna.
I risultati delle analisi degli indicatori della Strategia di Lisbona hanno visto
collocare l Emilia Romagna tra i paesi che hanno ottenuto i risultati più virtuosi
sia nel raggiungimento degli obiettivi sia nel confronto con le altre realtà
territoriali nazionali per quanto concerne gli elevati livelli di occupazione totale
e femminile, l alto livello degli investimenti e dell apertura commerciale
all estero, l elevato livello di PIL pro-capite, la bassa disoccupazione e la
diffusione delle tecnologie ICT tra i cittadini e le imprese.
Risultano alcune criticità, alcune delle quali essenziali per la competitività
futura del sistema, che riguardano principalmente: i bassi livelli di spesa in
R&S in particolare per quella realizzata dalle imprese, il basso numero dei
laureati nelle materie scientifiche, l occupazione nei lavoratori anziani, tutti gli
indicatori ambientali ad esclusione dell intensità energetica, bassi livelli di
investimento nell ICT ed una bassa propensione alla formazione continua.
Queste criticità sono in un qualche modo attribuibili al sistema paese, ma
9
I risultati qui analizzati si basano solamente sugli indicatori monitorati e non
su tutta la lista di indicatori di Lisbona. Si vedo a tal proposito il paragrafo
2.2 Il sistema degli indicatori .
10
Si veda per una rassegna stampa di grande interesse il sito
dell organizzazione, www.cer.org.uk
24
PARTE PRIMA
comunque devono essere analizzate con cura anche a scala regionale per
evidenziare ambiti di intervento e nuove linee di lavoro.
L analisi di benchmarking ha reso infine evidente come la valutazione dei
risultati raggiunti dalla regione deve necessariamente basarsi anche
sull analisi relativa delle performance rispetto ad altri territori. Alle buone
performance fatte registrare dall Emilia Romagna in diversi indicatori si
affiancano dinamiche di crescita economica e competitiva di nuovi territori
emergenti dell Unione Europea, sia dell est Europea sia dell UE a 15. Diventa
quindi essenziale non dare per scontato i risultati raggiunti e mantenere alta
l attenzione verso tutti gli aspetti che qualificano da un punto di vista sociale
ed economico il benessere della collettività.
Gli obiettivi quantitativi fissati da Lisbona e misurati da precisi indicatori già
raggiunti dalla regione Emilia Romagna sono i seguenti (si veda tabella 1):
Tasso di occupazione totale superiore all obiettivo intermedio del 2005 e
prossimo a quello del 2010.
Tasso di occupazione femminile superiore sia all obiettivo intermedio del
2005 sia a quello ultimo del 2010.
Su diversi altri indicatori i risultati invece non sono stati raggiunti. In
particolare:
L Emilia Romagna presenta un rapporto tra gli investimenti in R&S ed il PIL
pari al 1,28%, un livello molto basso considerato che la media UE 15 è pari
al 2%.
Risultano di bassa entità anche gli investimenti diretti esteri in entrata.
L aspetto che maggiormente rende evidente il ritardo degli investimenti in
R&S in Emilia Romagna è la percentuale di investimenti delle imprese
industriali che è pari al 56%, un livello molto lontano dal 75% individuato
come uno degli obiettivi di Lisbona.
Un basso numero di occupati che effettuano formazione continua, pari al
6,37% della popolazione adulta in età 25-64 anni a cui si aggiunge un
basso numero di laureati in lauree scientifiche e in tecnologie, pari al 5,95
(2001) su 1000 studenti universitari in età 20-29 anni. Un dato che è circa
la metà della media Europea (UE 15).
Gli indicatori ambientali presentano una elevata crescita delle emissioni di
gas serra, una scarsa produzione di energia rinnovabile ed una struttura
dei trasporti ancora incentrata sui trasporti su gomma.
25
PARTE PRIMA
Tab. 1 - Gli obiettivi quantitativi di Lisbona
Indicatore
(vari anni)
Tasso
di
occupazione
(2003)
Tasso
di
occupazione
femminile (2003)
Tasso
occupazione
lavoratori anziani
(2003)
Spese in R&S sul
PIL
Spese in R&S
delle imprese sul
totale
Life long learning
(2002)
Emissioni di gas
a effetto serra in
% rispetto ai
valori del 1990
Quota di energia
rinnovabile
Obiettivo della
Strategia di
Lisbona
2005
67%
2010
70%
Indicatore
Emilia Romagna
Media
UE 15
Media
UE 25
68%
64,4%
63%
2005
2010
57%
60%
60,2%
56,1%
55,1%
2010
50%
31,6%
41,7%
40,2
2010
3%
1,28%
1,93%
2010
75%
56%
53,36%
2010
10%
6,37%
8,5%
8%
+14,1%
-3,7%
ND
5%
13,7%
ND
-8%
22%
L indicazione di obiettivi quantitativa è limitata a un sottogruppo di indicatori.
Negli altri casi invece la metodologia di monitoraggio prevede l applicazione di
un approccio di benchmarking costruita su un set di indicatori raggruppati in 6
aree: contesto generale, occupazione, innovazione e ricerca, riforme
economiche, coesione sociale ed ambiente.
Con riferimento al contesto generale, l Emilia Romagna presenta un quadro
macroeconomico stabilmente e strutturalmente orientato verso elevati livelli di
benessere coniugati con buoni risultati nel campo della coesione sociale.
Il confronto fra il livello di ricchezza raggiunto in termini di PIL pro-capite
dall Emilia Romagna, dall Italia, dall UE 15 e dagli USA con le dinamiche di
crescita di medio periodo del PIL reale, dopo l effetto Euro (1999-2003), e con
quelle di lungo periodo porta a questi risultati:
L Emilia Romagna presenta nel medio periodo (1999-2003) una crescita
del PIL reale (prezzi base 95) in linea con l UE 15 ma con un tasso
26
PARTE PRIMA
superiore al dato Italiano. L UE 15 e l Emilia Romagna rimangono lontano
da tassi di crescita degli Usa e quelli dei paesi emergenti..
Le analisi strutturali di lungo periodo (1990-2003) dei differenziali di crescita
del PIL reale e di ricchezza raggiunta dall Emilia Romagna dimostrano
come la nostra regione abbia ottenuto una crescita superiore alla media
Europea ed al valore dell Italia. L Emilia Romagna dimostra da un punto di
vista strutturale, una maggior variabilità della dinamica del PIL reale
rispetto agli aggregati utilizzati dal confronto ma con una peculiarità
positiva: l economia regionale tiene nei momenti di crisi e cresce molto più
degli altri paesi negli anni di espansione raggiungendo in questi casi tassi
vicini ai livelli degli USA .
Il PIL pro-capite espresso in parità di potere d acquisto (che considera cioè
i differenziali nel costo della vita tra i diversi territori ed offre una misura
della capacità di reperire risorse per promuovere la coesione sociale e la
sostenibilità della ricchezza) per la regione Emilia Romagna si colloca a
livelli molto alti su valori nettamente superiori all Italia ed alla media UE 15
e prossimi a quelli degli USA, della Norvegia e del Lussemburgo.
Il mantenimento di elevati livelli di ricchezza pro-capite, alla luce della
scarsa crescita degli ultimi anni del PIL reale, sono il frutto anche di una
modesta crescita dei tassi di inflazione (nel capoluogo della Regione si
attesta al 2,2% anno 2002), che negli ultimi anni si è continuamente tenuta
al di sotto dei valori fatti segnare in molti paesi europei, tra cui l Italia. Il
livello assoluto dei prezzi relativi al consumo per le famiglie, indicatore di
tipo più strutturale e frutto del trend di lungo periodo dell inflazione,
evidenzia, inoltre come l Emilia Romagna sia attestata al di sotto della
media UE 15 soprattutto rispetto a molti paesi europei che hanno livelli di
ricchezza pro-capite superiori o simili a quelli della regione.
L analisi di benchmarking fa però emergere come la nostra regione, pur
avendo raggiunto elevati livelli di ricchezza effettiva , mostri evidenti segnali
di rallentamento della propria crescita rispetto ai paesi che presentano lo
stesso livello di PIL pro-capite.
Se durante gli anni novanta l Emilia Romagna ha mantenuto un trend di
crescita positivo grazie all export ed alla crescita della domanda interna, negli
ultimi anni si registra una fase critica di rallentamento caratterizzata comunque
da differenziali positivi rispetto alla dinamica nazionale. Gli elevati livelli di
ricchezza raggiunti dalla regione potrebbero non essere più sufficienti a
sostenere una crescita economica adeguata al ritmo degli altri paesi europei.
27
PARTE PRIMA
Questo soprattutto se consideriamo il fatto che l Emilia Romagna ha perduto
posizioni nella graduatoria della ricchezza delle regioni europee (Regioni
NUTS 2 dell UE25) espressa in PIL in PPA (parità del potere d acquisto) per
abitante: dalla 15° posizione del 1995 la nostra regione è scesa al 23° posto
nel 200211.
Tab. 2 - Graduatoria del PIL pro-capite in PPA nell UE 25
Regione NUTS 2
1
2
3
4
5
6
7
Inner London
Bruxelles
Hamburg
Wien
Luxemburg
Ilede France
Darmstadt
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
Prov. Di Bolzano
Oberbayern
Bremen
Valle d Aosta
Stockholm
Lombardia
North Eastern
Emilia Romagna
PIL
pro-capite
in PPA
(1995)
42.089
37.067
30.657
28.090
27.222
27.114
25.243
Regione NUTS 2
1
2
3
4
5
6
7
24.626
24.623
23.940
23.913
23.347
23.308
22.937
22.508
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
18
19
20
21
22
23
Fonte: Eurostat
11
Dati Eurostat, archivio regio.
28
Inner London
Bruxelles
Luxemburg
Hamburg
Ilede France
Wien
Berkshire B. and
O.
Prov. Di Bolzano
Stockholm
Oberbayern
Aland
Utrecht
Darmstadt
Praha
North Eastern
Bremen
Southern and
Eastern
Noord-Holland
Lombardia
Groningen
Stuttgart
Antwerpen
Emilia Romagna
PIL
pro-capite
in PPA
(2002)
66.761
49.645
45.026
39.766
37.267
36.603
34.251
33.783
33.488
33.454
32.795
32.710
32.474
32.357
31.823
31.673
31.232
30.197
30028
30.028
29.032
28.876
28.870
PARTE PRIMA
Il differenziale di crescita tra Unione Europea e gli USA, differenziale che
possiamo estendere anche alla Regione Emilia Romagna, è stato ricondotto,
dalla maggior parte degli analisti internazionali e dalla stessa Commissione
Europea, alle differenti performance di produttività raggiunte ed al diverso
grado di occupazione presente nei due sistemi.
Abbiamo quindi analizzato questi due aspetti, utilizzando gli indicatori e gli
obiettivi di Lisbona per verificare quale fattore incida maggiormente, in termini
di benchmarking, rispetto alle altre realtà europee: occupazione oppure
produttività.
Valutando i tassi di occupazione (pop. 15-64) raggiunti nel 2003, l Emilia
Romagna presenta un valore pari al 68% che risulta superiore alla media
Europea (UE 25) e di circa 10 punti percentuali superiore alla media
italiana superando l obiettivo fissato al 67% stabilito dalla strategia di
Lisbona per il 2005 ed è a soli tre punti percentuali dal raggiungimento
dell obiettivo del 70% per il 2010.
Importante è stato il contributo della crescita dell occupazione femminile e
degli alti livelli raggiunti di partecipazione delle donne al lavoro. L Emilia
Romagna ha superato l obiettivo del tasso di occupazione femminile sia del
2005 (obiettivo al 57%) sia quello del 2010 (obiettivo ultimo al 60%).
A questi ottimi risultati si contrappongono alcuni fattori di criticità. Ai bassi tassi
di disoccupazione maschile e femminile, si affianca un basso livello del tasso
di occupazione dei lavoratori in età 55-65 anni (maschili e femminili) 2003 pari
al 31,6% (anno 2003) contro una media europea (UE 25) del 40% ed un
obiettivo stabilito nella strategia di Lisbona per il 2010 pari al 50%. Alla
crescita dell occupazione non ha, quindi contribuito in modo particolare (e
questo dato è in linea con l andamento nazionale) la componente dei
lavoratori anziani.
Il fattore critico a livello di sistema da tenere maggiormente in considerazione
è, però, connesso alla struttura demografica della popolazione. Ad elevati
tassi di occupazione nelle fasce di età più giovani si contrappone un basso
tasso di attività e di occupazione nelle fasce più anziane della popolazione. La
maggioranza delle persone appartenenti a questa ultimo gruppo non rientra
più tra le forze di lavoro rendendo più arduo l incremento complessivo del
tasso di occupazione e quindi il raggiungimento degli obiettivi del 2010.
29
PARTE PRIMA
Il secondo fattore individuato dalla Commissione Europea come determinante
della crescita economica è la produttività, indicatore su cui l Emilia Romagna
presenta valori superiori alla media Europea, ma decisamente inferiori
rispetto alle regioni europee più ricche.
In particolare, l elemento maggiormente preoccupante è la dinamica della
produttività, che nel periodo 1999-2003 ha presentato una crescita di poco
superiore allo zero (+0,5%).
La produttività pur avendo, come si è detto, livelli assoluti al di sopra della
media europea presenta un tasso di crescita quasi prossimo allo zero negli
ultimi anni. L Emilia Romagna si colloca insieme ai paesi che registrano una
bassa crescita nella produttività ed una forte crescita nell occupazione.
La bassa dinamica della produttività potrebbe quindi essere determinata dalla
tipologia degli investimenti e dalla scarsa innovazione a livello di sistema a
confronto con i paesi europei più virtuosi. In questo modo potrebbe essere
spiegato il motivo per cui la crescita economica sia stata accompagnata da
una proporzionale crescita degli occupati che non ha permesso alla nostra
regione di aumentare i livelli di produttività per occupato.
Abbiamo, sempre utilizzando gli indicatori di Lisbona, analizzato le cause
strutturali che possono determinare un basso livello di produttività e che la
Commissione Europea individua nella scarsa diffusione delle tecnologie ICT e
nell insufficienza dei livelli degli investimenti complessivi.
Per quanto concerne il primo fattore l Emilia Romagna, presenta un elevata
diffusione di internet tra le imprese, pari al 91,9% delle stesse, e tra le
famiglie, pari al 48%, un livello molto al di sopra della media europea.
Importanti sono anche i risultati relativi all offerta di banda larga e di altre
tecnologie nelle imprese. Sono, però, relativamente agli altri paesi europei,
molto bassi i livelli di spesa in tecnologie IT sul PIL, probabilmente perché,
come ha dimostrato un indagine Regione-Ervet nel 2004, sia le imprese che i
cittadini non fanno un uso intenso delle tecnologie e non ne sfruttano le
potenzialità nel processo produttivo
Infine per quanto concerne il valore degli investimenti complessivi abbiamo
rilevato come l Emilia Romagna presenti un alto livello di investimenti, pari al
20% del PIL e stabilmente collocato in questa fascia, un dato ampiamente al
di sopra della media europea (UE 15 ed UE 25).
30
PARTE PRIMA
L analisi degli indicatori di Lisbona ci ha consentito di sottolineare l aspetto che
sembra maggiormente critico per l Emilia Romagna dato non tanto dal livello
degli investimenti quanto dalla tipologia degli stessi.
Alla diffusione degli strumenti di base delle ICT non ne corrisponde un
utilizzo evoluto nella produzione.
L Emilia Romagna presenta un rapporto tra gli investimenti in R&S ed il PIL
pari al 1,28%, un livello molto basso considerato che la media UE 15 è pari
al 2%.
L aspetto che maggiormente rende evidente il ritardo degli investimenti in
R&S in Emilia Romagna è la percentuale di investimenti delle imprese
industriali che è pari al 56%, un livello molto lontano dal 75% (livello che
contraddistingue i grandi paesi industrializzati12) individuato come uno degli
obiettivi di Lisbona.
Il forte peso della ricerca pubblica è riconducibile alla presenza sul territorio
regionale di Centri di ricerca Universitari e di istituti nazionali (ENEA,
CNR..ecc..) di grande importanza
Innovazione e conoscenza non sono semplicemente espressione degli
investimenti in R&S ma sono, spesso, il frutto di aspetti sociali connessi con
l educazione e la formazione delle risorse umane.
Il numero di laureati in facoltà scientifiche e in tecnologie è un indicatore della
disponibilità di un bacino di risorse umane formate in grado di supportare la
ricerca e le imprese nella promozione delle innovazioni:
L Emilia Romagna ha un basso numero di laureati in lauree scientifiche e in
tecnologie, pari al 5,95 (2001) su 1000 studenti universitari in età 20-29
anni. Un dato che è circa la metà della media Europea (UE 15).
Relativamente migliore è il dato relativo alla formazione continua, pari al
6,37% della popolazione adulta in età 25-64 anni. Un dato al di sotto della
media Europea ma superiore a quello italiano. In Italia, infatti, l Emilia
Romagna è la regione, insieme alla Lombardia, che ha la maggiore
incidenza di spesa pubblica in istruzione per studente.
L analisi degli indicatori connessi al tema dell innovazione ha evidenziato in
definitiva alcune criticità della nostra regione rispetto agli altri paesi europei.
12
Sirilli, G. Ricerca e Sviluppo , Bologna, Il Mulino, 2005
31
PARTE PRIMA
Ovviamente non è affatto dimostrato che i fenomeni analizzati dagli indicatori
influenzino direttamente il grado di innovazione del sistema imprenditoriale e
quindi la produttività complessiva.
E comunque certo che, rispetto agli altri paesi europei, l analisi degli indicatori
dimostra come alla minor crescita della ricchezza (sia totale che per abitante)
ed alla stagnazione dei livelli di produttività, corrispondano livelli di
investimenti in innovazione e di diffusione di forza lavoro altamente qualificata
sotto la media europea.
Gli elevati livelli di ricchezza raggiunta non possono quindi essere considerati
un risultato acquisito ma devono essere sostenuti dalla competitività del
sistema, dal suo grado di innovazione e da un adeguata suddivisione della
ricchezza.
L analisi degli indicatori di Lisbona relativi alla coesione sociale offre un
quadro allo stato dei fatti rassicurante della situazione dell Emilia Romagna,
almeno con riferimento alla situazione media europea. Il tasso della
popolazione a rischio di povertà dopo i trasferimenti sociali in Emilia Romagna
è pari al 5% della popolazione, livello molto basso rispetto alla media UE 15
che invece è pari al 15 %. Anche la disoccupazione di lunga durata, maschile
e femminile, presenta tassi molto al di sotto della media UE 15 e dei paesi più
ricchi dell Europa.
Infine per quanto concerne il tema dell ambiente, gli indicatori monitorati
presentano forti criticità per il territorio regionale soprattutto nel trasporto
ancora incentrato nei mezzi su gomma e nella scarsa produzione di energia
rinnovabile. Risulta invece positivo l indicatore relativo all intensità energetica.
Di seguito è possibile individuare per ogni indicatore analizzato, il dato relativo
all Emilia Romagna ed i paesi appartenenti all Unione Europea a 25 che
presentano i dati migliori ( paesi leader ) per ogni indicatore e che sono
rispettivamente ai primi tre posti in graduatoria. Nell ultima colonna è stata
indicata la posizione dell Emilia Romagna rispetto alla media UE 25:
Il dato dell Emilia Romagna è superiore del 10% della media UE 25.
Il dato dell Emilia Romagna è inferiore del 10% della media UE 25.
Il dato dell Emilia Romagna è nell intorno del 10% della media UE 25.
32
PARTE PRIMA
Tab. 3 - La posizione dell Emilia Romagna per ogni indicatore di Lisbona.
Emilia
Romagna
Paesi leader
2002
PIL pro capite in PPA
espresso in indice su base
UE 25=100
136,3
Lussemburgo,
Emilia
Romagna,
Irlanda,
2003
Tassi di crescita reale del
PIL a prezzi costanti 1995
(cambiamento percentuale
rispetto all'anno precedente)
0,3%
Lituania,
Lettonia,
Estonia
2003
Crescita dell'occupazione in
% rispetto all'anno
precedente.
1,5%
Ungheria,
Lituania,
Slovacchia
2003
Crescita dell'occupazione
femminile in % rispetto
all'anno precedente
2,5%
Spagna,
Ungheria,
Emilia
Romagna
2003
Crescita dell'occupazione
maschile in % rispetto
all'anno precedente
0,8%
Lituania,
Slovacchia,
Ungheria
119,3
Irlanda, Belgio,
Francia
95,5
Lussemburgo,
Belgio, Francia
2,20%
riferito a
Bologna
Lituania,
Repubblica
Ceca, Polonia
68%
Danimarca,
Olanda, Svezia
60,20%
Svezia,
Danimarca,
Olanda
76,20%
Olanda,
Danimarca,
Cipro
Anno
2002
2002
2003
2003
2003
2003
Indicatore
Produttività del lavoro per
occupato (PIL in SPA per
persona occupato indice
base dati UE 15=100).
Produttività del lavoro per
ora lavorata indice base
UE15=100.
Tasso di inflazione:
cambiamento dell'indice
armonizzato dei prezzi al
consumo (tasso di inflazione
del capoluogo regionale)
Tasso di occupazione totale
della popolazione in età 1564 in percentuale della
popolazione di età 15-64
Tasso di occupazione
femminile della popolazione
in età 15-64 in percentuale
della popolazione di età 1564
Tasso di occupazione
maschile della popolazione
in età 15-64 in percentuale
della popolazione di età 15-
33
Emilia
Romagna
rispetto
all UE 25
PARTE PRIMA
Emilia
Romagna
Paesi leader
31,60%
Svezia,
Danimarca,
Regno Unito
23,30%
Svezia,
Danimarca,
Finlandia
40,40%
Svezia, Cipro,
Danimarca
2003
Tasso di disoccupazione
(disoccupati in % della
popolazione attiva)
3,10%
Emilia
Romagna,
Lussemburgo,
Olanda,
2003
Tasso di disoccupazione
femminile (disoccupati in %
della popolazione attiva)
4,50%
Olanda, Irlanda,
Regno Unito
2003
Tasso di disoccupazione
maschile (disoccupati in %
della popolazione attiva)
1,90%
Emilia
Romagna,
Lussemburgo,
Olanda
6,37%
Regno Unito,
Finlandia,
Svezia
98,5
Belgio, Austria,
Polonia
125,70
Lussemburgo,
Italia,
Danimarca
1,28%
Finlandia,
germani,
Danimarca
Anno
Indicatore
64
2003
2003
2003
2002
2002
2002
2002
Tasso di occupazione
lavoratori anziani (55-64) sul
totale della popolazione in
età 55-64.
Tasso di occupazione
femminile delle lavoratrici
anziane (55-64) sul totale
della popolazione
femmminile in età 55-64.
Tasso di occupazione
maschile dei lavoratori
anziani (55-64) sul totale
della popolazione maschile
in età 55-64.
Life long learning
popolazione in età 2564(persone che hanno
partecipato a formazione
nelle 4 settimane precedenti
l'indagine/popolazione che
ha partecipato a corsi di
formazione)
Incidenti seri sul lavoro
(intesi come incidenti che
causano un'assenza dal
lavoro per più di 3 giorni) per
100,000 occupati
Incidenti mortali sul lavoro
per 100,000 occupati
(1998=100).
Spesa domestica (intra
muros) in R&S come % del
PIL
34
Emilia
Romagna
rispetto
all UE 25
PARTE PRIMA
Anno
2002
2002
2001
2003
2003
1999
Indicatore
Emilia
Romagna
Paesi leader
49%
Lussemburgo,
Belgio, Irlanda
56%
Finlandia,
Germania,
Slovenia
5,95%
Irlanda, Francia,
Regno Unito
48%
Danimarca,
Regno Unito,
Germania
91,90%
Finlandia,
Danimarca,
Svezia
176,67
Svezia,
Finlandia,
Germania
Spesa domestica settore
pubblico (intra muros) in
R&S come % del PIL
Spesa domestica settore
privato (intra muros) in R&S
come % del PIL
Laureati in materie
scientifiche e tecnologiche
Percentuale di cittadini con
accesso domestico ad
internet (cittadini con più di
15 anni e che hanno il
telefono)
Percentuale di imprese con
accesso ad internet (con più
di 9 dipendenti). Confronto
con la media UE 15.
Numero di brevetti presentati
all'UEB per milione di
abitanti (confronto con la
media UE 15)
2003
Spesa in IT in %del PIL
(confronto con la media UE
15)
1,61%
2001
Tasso di rischio di povertà
dopo i trasferimenti sociali
5% (anno
2002)
2002
2002
Tasso totale di
disoccupazione di lunga
durata: disoccupazione di
lunga durata (12 mesi o più)
come percentuale della
totalità popolazione attiva.
Tasso totale di
disoccupazione femminile di
lunga durata:
disoccupazione di lunga
durata (12 mesi o più) come
percentuale della
popolazione attiva
femminile.
Svezia, Regno
Unito,
Repubblica
Ceca
Emilia
Romagna,
Repubblica
Ceca, Svezia
0,80%
Olanda, Cipro
Lussemburgo
1,20%
Irlanda, regno
Unito, Olanda
35
Emilia
Romagna
rispetto
all UE 25
PARTE PRIMA
Anno
2002
2001
2003
2002
2002
2002
Indicatore
Tasso totale di
disoccupazione maschile di
lunga durata:
disoccupazione di lunga
durata (12 mesi o più) come
percentuale della
popolazione attiva maschile.
Percentuale di energia
prodotta con fonti rinnovabili
sul totale del consumo di
energia
investimenti di business:
Investimenti fissi lordi delle
imprese private in % del PIL
IDE in % del PIL
Tasso di apertura
dell'economia : import ed
export dei prodotti (dalla
bilancia dei pagamenti) in
rapporto al PIL
Livello dei prezzi relativi:
confronto tra i prezzi per i
consumi finali delle famiglie
(incluse le imposte indirette)
considerando base 100 la
media UE 15.
Emilia
Romagna
Paesi leader
0,50%
Cipro,
Lussemburgo,
Olanda
5%
Austria, Svezia,
Lettonia
20%
0.83%
Belgio,
Slovacchia,
Malta
97,3
Slovacchia,
Lituania,
Repubblica
Ceca
+14,1%
Lettonia,
Lituania,
Estonia
Danimarca,
Austria,
Germania
Emissioni di gas a effetto
serra in % rispetto ai valori
del 1990
2001
Intensità energetica
dell economia in kg
equivalenti di petrolio/ 1000
del PIL
140,3
2000
Trasporto merci in volume in
tonn.-km/ 1000 del PIL
241
2000
1998
Estonia,
Slovacchia,
Lettonia
Lussemburgo,
Irlanda,
Slovacchia
46,2%%
2000
Trasporto merci per mezzo % di merci trasportate su
gomma
Trasporto passeggeri per
mezzo - % di passeggeri
trasportati con autovetture
81%
83%
36
Emilia
Romagna
rispetto
all UE 25
Islanda,
Norvegia,
Grecia
Lettonia,
Estonia,
Lituania
Slovacchia,
Ungheria,
Portogallo
N.D.
PARTE PRIMA
Anno
2002
2002
2002
Indicatore
Emilia
Romagna
Rifiuti raccolti in kg
abitante/anno
Rifiuti smaltiti in discarica in
kg abitante/anno
Rifiuti inceneriti in kg
abitante/anno
Paesi leader
Emilia
Romagna
rispetto
all UE 25
644
ND
276
ND
126
ND
2003
Quota di energia rinnovabile
5%
2003
Aree protette per biodiversità
- % del territorio
10,7%
Islanda,
Norvegia,
Austria
Evoluzioni future
I risultati ottenuti confermano la realtà di una regione che si pone nelle
posizioni di testa per quanto riguarda diversi indicatori, ma con segnali di
rallentamento nella crescita ed ancora ambiti che presentano ritardi.
Pur tuttavia, questi risultati devono essere considerati un riferimento che deve
essere continuamente posto sotto osservazione. I principali modelli previsivi
degli sviluppi dell economia regionale13 ipotizzano un peggioramento di diversi
indicatori riferiti alla situazione occupazionale se non dovessero intervenire
politiche specifiche in questo ambito.
La valorizzazione di questo tipo di analisi, oltre al costante monitoraggio, nuovi
sviluppi di ricerca ed approfondimenti con riferimento a:
Copertura: si tratta di ampliare la gamma degli indicatori coperti a livello
regionale. L assenza di adeguate informazioni su indicatori di tipo
ambientale e sulla coesione rappresentano un grave limite non solo al
confronto dei dati, ma anche, per le motivazioni più volte richiamate nei
paragrafi precedenti, alla significatività del modello stesso.
Integrazione: è opportuno procedere ad approfondimenti dei singoli
fenomeni rappresentati dagli indicatori, utilizzando conoscenze e spunti di
ricerca che già esistono a livello regionale. E il caso, ad esempio, delle
13
E. Clò, L economia regionale congiuntura e previsioni, Ervet 2005.
37
PARTE PRIMA
statistiche sul lavoro, dei percorsi di carriera dei laureati in discipline
scientifiche, degli investimenti diretti esteri, ecc. L ancoraggio ad un
indicatore nazionale e confrontabile permette di migliorare la
sistematizzazione di tutta la letteratura di ricerca originatasi da esigenze
peculiari o settoriali.
Valutazione: Occorre collegare questo tipo di analisi con lavori specifici di
impatto delle politiche sugli indicatori target. Questo è, per Ervet, uno
sviluppo di particolare rilievo anche come metodo di lavoro che punta a
mettere in evidenza la necessità di collegare obiettivi a strumenti e di
potersi dotare di strumenti adeguati di valutazione
Regionalizzazione14: da ultimo, è di fondamentale importanza
regionalizzare ancora di più l analisi. Gli indicatori di Lisbona sono stati
costruiti e pensati per gli Stati membri. Le regioni si presentano come
territori forse meno visibili a livello comunitario ma sicuramente
interessanti per il ruolo che hanno sulle politiche territoriali. Per questo la
comparazione dell Emilia Romagna con alcune regioni europee simili per
struttura produttiva e caratteristiche sociali, potrebbe risultare
metodologicamente interessante e potrebbe produrre interessanti spunti di
riflessione sui differenti risultati raggiunti dalle politiche regionali.
14
La principale critica a questo tipo di esercizio è quella di confrontare livelli
territoriali diversi, Stato e Regione. Si tratta di un rilievo apparentemente
convincente, ma ad una seconda lettura pieno di implicazioni e spunti di
riflessione. In primo luogo, la caratterizzazione territoriale rende il confronto fra
Stati altrettanto critico: inutile dire che raffrontare Italia e Germania, ad es.,
significa raccontare la storia di due paesi in cui esistono polarizzazioni territoriali
dello sviluppo notevoli che vengono di fatto diluite nei valori medi utilizzati dalle
analisi. Il secondo argomento in favore di un confronto fra stati è quello secondo il
quale gli strumenti di intervento in termini di policy a disposizione a quel livello
sono simili. Si tratta di un argomento da tenere in considerazione ma di un arma in
larga parte spuntata. La governance territoriale dello sviluppo è oramai molto
articolata e i diversi livelli di analisi delle politiche in un approccio come quello di
Lisbona vedono protagonisti così tanti attori (dalla commissione europea alle
comunità locali in un continuum di responsabilità e competenze) da rendere il
livello statale altrettanto discutibile che quello regionale e locale.
38
PARTE SECONDA LA STRATEGIA DI LISBONA ED IL
SISTEMA DEGLI INDICATORI
6. La Strategia di Lisbona ed il processo di definizione
del sistema degli indicatori
Il sistema degli indicatori definito nell ambito della Strategia di Lisbona fa
riferimento agli obiettivi ed ai grandi temi declinati sulla base delle priorità
strategiche condivise dagli Stati Membri. E frutto di un processo di
mediazione, discussione, proposte ed analisi che ha coinvolto non solo le
singole istituzioni dell Unione Europea (Commissione Europea, Eurostat,
Consiglio Europeo) ma anche i singoli Stati Membri attraverso i gruppi di
discussione e di lavoro organizzati tra statistici e policy maker.
E quindi interessante notare come tale sistema sia il frutto di un lungo
percorso, in continuo divenire, di definizione della lista di dati da rilevare.
L aggiornamento delle priorità e degli obiettivi comporta infatti
necessariamente una modifica nella lista degli indicatori.
L indicatore assume quindi un preciso significato connesso con la mediazione
di differenti strategie di sviluppo portate avanti dai singoli paesi, differenti
sistemi produttivi, differenti stadi di benessere, differenti sistemi di rilevazione
statistica.
Questo processo, coinvolgendo diversi attori istituzionali e gruppi di lavoro
formati da statistici di ogni Stato Membro, individua un sistema di indicatori
che oltre a rappresentare una base comune sulla quale si stanno uniformando
tecniche di rilevazione dei dati e di analisi, rappresenta il riferimento oggettivo
e completo per le analisi economiche da condursi all interno di questo sistema
di valutazione.
Di seguito viene presentata la ricostruzione cronologica del percorso
istituzionale che ha portato alla definizione degli indicatori sulla base delle
disposizioni e dei contenuti presenti nei principali Trattati e Consigli Europei.
In questo modo si vuole rendere evidente la connessione del sistema degli
indicatori con le policy, e gli obiettivi istituzionali che in qualche modo danno
legittimità ai dati rilevati. Gli indicatori hanno quindi intrinseco un valore
istituzionale, manifestazione non solo della misura di una politica o
programma ma spesso anche misura della validità di un percorso istituzionale
che ha intrapreso la Comunità Europea.
39
PARTE SECONDA
Modifiche al Trattato sull Unione europea
- Maastricht (1992)
- Amsterdam (1997)
Con le modifiche e le integrazioni introdotte nei Trattati europei, vengono
introdotti principi e norme più avanzati di quelli presenti nelle Costituzioni
nazionali. L art. 2 del Trattato di Amsterdam stabilisce infatti che la Comunità
europea promuoverà uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle
attività economiche, una crescita sostenibile e non inflazionistica, un elevato
grado di convergenza dei risultati economici, un elevato livello di protezione
dell ambiente e il miglioramento di quest ultimo, un elevato livello di
occupazione e di protezione sociale, il miglioramento del tenore e della qualità
della vita, la coesione economica e sociale e la solidarietà tra gli Stati .
L integrazione delle questioni ambientali nelle politiche comunitarie di settore
trova invece la sua collocazione istituzionale nell art. 6 del Trattato, secondo il
quale le esigenze connesse con la tutela dell'ambiente devono essere
integrate nella definizione e nell'attuazione delle politiche e azioni comunitarie
in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile."
Consiglio Europeo di Lisbona (marzo 2000)
Il Consiglio di Lisbona vara l obiettivo strategico per il prossimo decennio
dell UE, ovvero diventare l'economia basata sulla conoscenza più competitiva
e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica
sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione
sociale .
Consiglio Europeo di Goteborg (giugno 2001)
A Goteborg viene compiuto uno dei passi più importante per il cammino
europeo verso la sostenibilità: con l adozione della strategia europea per lo
sviluppo sostenibile, presentata dalla Commissione in risposta all invito del
Consiglio di Helsinki, l impegno politico varato dai capi di Stato e di governo a
Lisbona per il rinnovamento economico e sociale si rafforza con l'integrazione
di una terza dimensione, quella ambientale. L obiettivo prioritario della
40
PARTE SECONDA
strategia adottata a Goteborg è quello di frenare le tendenze "insostenibili" in
quattro settori prioritari: cambiamenti climatici, risorse naturali, trasporti, sanità
pubblica.
Consiglio Europeo di Laeken (dicembre 2001)
Il Consiglio europeo di Laeken adotta i 7 indicatori chiave per lo sviluppo
sostenibile connessi con l ambiente che integrano i 35 indicatori strutturali(1)
già adottati per il monitoraggio del processo di Lisbona. Questo set di 42
indicatori verrà utilizzato per il riesame della strategia al Consiglio europeo di
Barcellona.
Consiglio Europeo di Barcellona (marzo 2002)
Barcellona(marzo 2002) Il Consiglio europeo di primavera effettua il primo
riesame della strategia europea di sviluppo sostenibile sulla base di una
relazione di sintesi presentata dalla Commissione. Per valutare i progressi
annuali nell attuazione della strategia la Commissione ha utilizzato il set di 42
indicatori strutturali adottato a Laeken (tab. 1).
Consiglio Europeo di Bruxelles (marzo 2003)
Al Consiglio europeo di Bruxelles è stato effettuato il secondo riesame della
strategia europea di sviluppo sostenibile, prendendo in considerazione gli
sviluppi interni ed esterni (specialmente il vertice mondiale sullo sviluppo
sostenibile) che si sono registrati dal 2001, quando la strategia dell'UE per lo
sviluppo sostenibile è stata varata. In questa sede i capi di Stato e di governo
hanno espresso soddisfazione per i progressi compiuti nell attuazione,
riconoscendo al contempo la necessità, ai fini di uno sviluppo economico
durevole, di rilanciare le potenzialità della strategia di sviluppo sostenibile per
una sua maggiore integrazione nel processo di rinnovamento economico e
sociale varato a Lisbona. Un ruolo importante, in questo percorso verso la
sostenibilità, è stato riconosciuto alle tecnologie ambientali (in particolare nei
settori chiave dell energia e dei trasporti), in quanto in grado di favorire
41
PARTE SECONDA
crescita e occupazione
dell ambiente.
assicurando
al
contempo
il
miglioramento
Consiglio Europeo Di Bruxelles 4/5 Novembre 2004-11-17
Il Consiglio Europeo di Bruxelles ha definito la necessità di revisionare la
Strategia di Lisbona attraverso un riesame che si concluderà al Consiglio
Europeo di primavera 2005.
Tali proposte globali dovrebbero tenere presenti la relazione del Gruppo ad
alto livello presieduto dal sig. Kok e le opinioni degli Stati membri. Esse
terranno inoltre conto dell'imminente riesame della strategia per lo sviluppo
sostenibile. Il Consiglio europeo ha invitato il Consiglio ad esaminare in tempo
dette proposte e resta in attesa di ulteriori contributi concreti per attuare con
successo la strategia di Lisbona in ogni sua dimensione.
Rapporto di revisione intermedia del Gruppo di alto livello guidato da Wim Kok
L analisi presentata dal Gruppo di alto livello incentra gli obiettivi strategici per
il mantenimento del modello di sviluppo europeo, fondato sulla coesione
sociale e la sostenibilità ambientale, sulla creazione di ricchezza attraverso la
crescita economica del sistema, l occupazione e la produttività. Riconduce gli
obiettivi strategici chiave alla competitività del sistema produttivo con i nuovi
concorrenti mondiali, avanzando lo spettro di una potenziale crisi del sistema
europeo per cause esterne ed interne: le cause esterne sono individuate nella
crescita della concorrenza internazionale e nella perdita relativa di
competitività rispetto ai partner storici (USA) e rispetto ai nuovi competitors
(Cina ed India); quelle interne nel calo demografico e nell invecchiamento
della popolazione.
Il rapporto evidenzia in modo specifico alcuni obiettivi concreti tra i quali
segnaliamo: l incremento dei ricercatori, anche di origine extra-europea; la
crescita del numero dei brevetti; le riforme del mercato per garantire le stesse
condizioni in ogni Stato Membro; aumentare l efficienza nell utilizzo delle
risorse energetiche..
42
PARTE SECONDA
Comunicazione al Consiglio Europeo di Primavera 2005 da parte del
Presidente della Commissione Europea Barroso
Il nuovo Presidente della Commissione Europea ha reso pubblica il 2 Febbraio
2005 la nuova proposta della Strategia di Lisbona, Lavorare insieme per la
crescita e l occupazione: il rilancio della Strategia di Lisbona , rilanciando la
sfida per una maggiore crescita economica e dell occupazione con la finalità di
supportare il modello sociale europeo attraverso lo sviluppo delle nuove
tecnologie e del sistema della conoscenza.
Da un punto di vista del metodo di coordinamento si è cercato di superare
l inefficienza nell implementazione della Strategia di Lisbona attraverso la
previsione di Piani nazionali che dovrebbero divenire il principale strumento
per la presentazione di relazioni sulle misure in materia economica e di
occupazione.
In relazione all intervento di Kok, ed alle recenti dichiarazioni del nuovo
Presidente della Commissione Barroso, la direzione che sembra più probabile
per l implementazione della Strategia di Lisbona è quella di vincolarne la sua
attuazione ad alcuni vantaggi in termini finanziari per il singolo stato membro.
Si parla di vincolare il raggiungimento degli obiettivi della Strategia di Lisbona
alla revisione del Patto di Stabilità, ma non sembra al momento un compresso
raggiungibile. Di certo vi è che i limiti considerati più sopra che hanno
compromesso, in parte, l implementazione della strategia di Lisbona,
potrebbero essere in questi anni superati dando un maggior slancio, e quindi
importanza, alla strategia stessa. Entro il prossimo Consiglio Europeo
dovrebbero definirsi questi nodi non ancora sciolti.
In conclusione il gruppo di indicatori considerati si configura come un sistema
ampiamente discusso e condiviso da una moltitudine di paesi che hanno
concordato obiettivi quantitativi comuni. Ciò che si viene a realizzare è quindi
una lista di indicatori che riescono a dare una misura degli obiettivi definiti
dalla strategia sintetizzando diversi punti di vista di analisi e di strategie di
policy. La valenza istituzionali e scientifica di questi indicatori qualificano le
analisi e gli sforzi di rilevazione effettuati in questo rapporto.
43
PARTE SECONDA
Il sistema degli indicatori
La Strategia di Lisbona prevede la rilevazione di un sistema di indicatori per
ogni Stato Membro finalizzata alla misurazione dei progressi e del
raggiungimento degli obiettivi quantificati nella Strategia stessa. Gli indicatori
di Lisbona che sono attualmente rilevati dall Eurostat sono raggruppati in due
liste differenti: short list e long list.
La short list è la lista breve degli indicatori (solitamente costituita da circa 1415 indicatori) che sono particolarmente diretti nel loro significato specifico e
molto esplicativi nella descrizione di fenomeni socio economici così da essere
fruibili da parte di tutti i cittadini dell Unione Europea. Sono gli indicatori più
noti che vengono utilizzati nella documentazione finalizzata alla divulgazione
pubblica e per la stampa che rappresentano più direttamente un obiettivo
specifico.
Nell ultimo Consiglio Europeo tenutosi a Brussels nel marzo del 2004 è stata
utilizzata la seguente short list di indicatori:
Situazione economica generale
1. PIL pro capite (in PPA) e tasso di crescita reale del PIL
2. Produttività del lavoro (per lavoratore e per ora lavorata)
I. Occupazione
3. Tasso di occupazione (totale e per sesso)
4. Tasso di occupazione dei lavoratori anziani (totale e per sesso)
II. Innovazione e ricerca
5. Spese per la R&S
6. Livello totale di educazione superiore giovanile (20-24 anni).
III. Riforme economiche
7. Livelli relativi e convergenza dei prezzi
8. Business investment
IV. Coesione sociale
9. Tasso di povertà prima e dopo i trasferimenti sociali
10. Coesione regionale: dispersione del tasso di occupazione tra regioni
44
PARTE SECONDA
11. Disoccupazione di lunga durata
Ambiente
12. Emissioni di gas ad effetto serra
13. Intensità energetica dell economia
14. Volume dei trasporti (tonnellate e passeggeri/km) in rapporto al PIL
Gli indicatori strutturali long list rappresentano la lista completa (42 indicatori),
che è stata modifica nel corso degli anni in sede di Consiglio Europeo anche
su proposta della Commissione Europea, per misurare gli obiettivi definiti nella
strategia di Lisbona ed effettuare le analisi per ogni singolo paese.
Le pubblicazioni ufficiali della Commissione Europea e dei Consigli Europei
relative allo stato di attuazione della strategia di Lisbona contengono analisi e
studi che si basano su tutti i 42 indicatori (che salgono a 95 se consideriamo
anche i microindicatori di genere ed i vari tassi di crescita degli indicatori),
considerati nelle analisi del presente documento e sull analisi dinamica degli
stessi evidenziandone le interrelazioni o la connessione.
Nella pagina successiva è riportata la long list.
Elenco finale (marzo 2004) dei 42 indicatori
strutturali per la relazione di sintesi
Situazione economica generale
1. PIL pro capite (in SPA) e tasso di crescita reale del PIL
2. Produttività del lavoro (per lavoratore e per ora lavorata)
3. Crescita occupazione (totale e per sesso)
4. Tasso d'inflazione
5. Crescita del costo unitario reale del lavoro
6. Saldo del bilancio pubblico
7. Debito pubblico
I. Occupazione
1. Tasso di occupazione (totale e per sesso)
2. Tasso di occupazione dei lavoratori anziani (totale e per sesso)
3. Divario retributivo tra i sessi
4. Aliquota fiscale sui lavoratori a bassa retribuzione
45
PARTE SECONDA
5. Formazione permanente (partecipazione di adulti all'istruzione e alla
formazione)
6. Infortuni sul lavoro (qualità del lavoro)
7. Tasso di disoccupazione (totale e per sesso)
II. Innovazione e ricerca
1. Spese pubbliche per l'istruzione
2. Spese per la R&S
3. Livello dell accesso ad Internet
4. Dottorati in scienza e tecnologia
5. Brevetti
6. Capitale di rischio
7. Investimenti nelle TCI
III. Riforme economiche
1. Livelli relativi e convergenza dei prezzi
2. Prezzi nelle industrie a rete
3. Struttura dei mercati nelle industrie a rete
4. Appalti pubblici
5. Aiuti di Stato e ad hoc
6. Capitali raccolti sui mercati azionari
7. Business investment
IV. Coesione sociale
1. Distribuzione del reddito (quintile del reddito)
2. Tasso di povertà prima e dopo i trasferimenti sociali
3. Persistenza della povertà
4. Coesione regionale
5. Abbandono scolastico e non sostengono corsi d istruzione o di formazione
6. Disoccupazione di lunga durata
7. Persone appartenenti a nuclei familiari senza reddito da lavoro
V. Ambiente
1. Emissioni di gas ad effetto serra
2. Intensità energetica dell economia
3. Volume dei trasporti (tonnellate e passeggeri/km) in rapporto al PIL
4. Ripartizione tra i modi di trasporto
46
PARTE SECONDA
5. Qualità dell aria urbana (esposizione della popolazione urbana
6. Rifiuti urbani raccolti, messi in discarica e inceneriti
7. Percentuale delle fonti energetiche rinnovabili nel consumo di energia
elettrica
Criticità metodologiche nella rilevazione degli indicatori di Lisbona al
contesto regionale
La rilevazione di questo sistema di indicatori per la regione Emilia Romagna
ha comportato alcune difficoltà connesse a due aspetti principali:
1) Carenza di dati: indicatori non disponibili poiché non rilevati oppure rilevati
con una metodologia completamente differente tali da rendere due
indicatori non comparabili.
2) Scarsa significatività dei dati: indicatori non significativi al livello regionale
poiché di riferimento esclusivamente nazionale.
La prima tipologia di criticità riscontrata durante la fase di rilevazione dei dati
fa riferimento al fatto che molti di questi non sono facilmente reperibili a livello
regionale e quando presenti non sempre sono rilevati con la stessa
metodologia. Ciò poteva comportare il rischio che la comparazione tra gli
indicatori non fosse sempre precisa e che quindi si rischiava un confronto non
metodologicamente corretto. Per ovviare a questo limite si è deciso di rendere
trasparente le fonti degli indicatori e di non considerare quegli indicatori
nettamente differenti da un punto di vista metodologico.
Nel concreto la fase di valutazione metodologica è stata condotta grazie
all Eurostat che rende disponibile nel proprio sito internet la metodologia
(http://forum.europa.eu.int/irc/dsis/structind/info/data/index.htm)
per
la
rilevazione degli indicatori in modo tale che sia il più possibile trasparente e
fruibile agli utilizzatori dei dati. Sulla base del materiale disponibile è stato
possibile verificare la comparabilità dei dati forniti da Eurostat con quelli
rilevati per l Emilia Romagna. Si ricorda che la comparabilità e quindi la
precisione metodologica è stata finalizzata non solo alla realizzazione di un
corretto esercizio di benchmarking quanto invece a controllare che una
diversa metodologia di raccolta del dato non producesse fenomeni di
sovrastima o sottostima rispetto al fenomeno di indagine.
Nel caso di indicatori non disponibili poiché non rilevati a livello regionale, si è
cercato di considerare come indicatori proxy alcuni dati ricavabili da fonti
47
PARTE SECONDA
ufficiali istituzionali come l ISTAT od altre fonti comunque attendibili, ed in
alcuni casi si è ricostruito il dato stesso attraverso l elaborazione di alcune
banche dati (ad esempio il numero degli infortuni sul lavoro) seguendo la
metodologia dell Eurostat. Occorrerebbe però lavoro di ricerca più puntuale
per reperire dati grezzi su cui effettuare opportune elaborazioni ed al limite
condurre indagini campionarie ad hoc.
Per ogni indicatore abbiamo riportato nell allegato 1, la disponibilità dello
stesso (gli indicatori disponibili sono stati sottolineati quelli non disponibili sono
in grossetto) e la differenza metodologica tra i dati rilevati per il livello
regionale e quelli dell Eurostat (si veda la colonna note indicatori ).
La seconda tipologia di criticità metodologica nell applicazione degli indicatori
di Lisbona al contesto regionale fa riferimento al fatto che gli indicatori sono
costruiti e pensati per il contesto territoriale nazionale e quindi alcuni di
questi possono non aver un significato a livello regionale. Si pensi agli
indicatori relativi al tema delle riforme economiche che misurano fenomeni
connessi con la concorrenza e l integrazione dei mercati (specie in quelli
controllati da monopoli pubblici) che spesso hanno un estensione minima
multi regionale.
Complessivamente, l analisi per l Emilia Romagna, contenuta nella seconda
parte del lavoro, è stata svolta attraverso la rilevazione di 25 indicatori così
suddivisi tra i differenti temi contenuti nella Strategia di Lisbona:
Situazione economica generale
1. PIL pro capite (in PPA) e tasso di crescita reale del PIL
2. Produttività del lavoro (per lavoratore e per ora lavorata)
3. Tasso di occupazione (totale e per sesso)
4. Tasso d'inflazione
I. Occupazione
1. Tasso di occupazione (totale e per sesso)
2. Tasso di occupazione dei lavoratori anziani (totale e per sesso)
3. Aliquota fiscale sui lavoratori a bassa retribuzione
4. Formazione permanente (partecipazione di adulti all'istruzione e alla
formazione)
5. Infortuni sul lavoro (qualità del lavoro)
48
PARTE SECONDA
6. Tasso di disoccupazione (totale e per sesso)
II. Innovazione e ricerca
1. Spese pubbliche per l'istruzione
2. Spese per la R&S
3. Livello dell accesso ad Internet
5. Brevetti
6. Investimenti nelle TCI
III. Riforme economiche
1. Livelli relativi e convergenza dei prezzi
2. Business investment
IV. Coesione sociale
1. Tasso di povertà dopo i trasferimenti sociali
2. Disoccupazione di lunga durata
V. Ambiente
1. Quota di energia rinnovabile
2. Intensità energetica dell economia
3. Trasporti sul PIL per merci e passeggeri
4. Rifiuti urbani
5. Protezione delle risorse naturali
A questi occorre aggiungere gli indicatori ricavati dalle variazioni percentuali
degli indicatori su più anni portando, complessivamente, il numero delle
variabili analizzate a 55 indicatori così suddivisi:
8 indicatori generali del contesto economico.
13 indicatori relativi all occupazione.
12 indicatori sull innovazione.
5 indicatori relativi alle riforme economiche.
7 indicatori relativi alla coesione sociale.
10 indicatori ambientale
I temi che sono stati analizzati approfonditamente per l ampia disponibilità di
indicatori rilevati per la regione sono il contesto economico, l occupazione,
l innovazione e l ambiente. Rimangono quindi ancora da indagare con
49
PARTE SECONDA
maggiore profondità le altre tematiche quali la coesione sociale e le riforme
economiche.
L Emilia Romagna nella strategia di Lisbona: un modello per la
valutazione della competitività.
In questo paragrafo analizzeremo gli indicatori di Lisbona per la regione Emilia
Romagna attraverso un analisi che utilizza la tecnica del benchmarking, la
comparazione dei medesimi indicatori tra differenti territori, al fine di effettuare
le valutazioni sugli indicatori in relazione ai risultati raggiunti dagli altri paesi
europei e dalla media dell UE a 15 e dell UE a 25.
I dati raccolti per la regione Emilia Romagna fanno riferimento a differenti fonti
(si veda l allegato per le specifiche) mentre i dati ed i grafici relativi ai paesi
europei ed extra europei sono stati ricavati dal data base on line del sito
dell Eurostat.
Naturalmente questo tipo di analisi presenta dei limiti di significatività. Su
almeno due di questo vale la pena soffermare l attenzione:
1) Il confronto riguarda un territorio regionale (NUTS 2 secondo la
classificazione UE) e diversi e variegati territori nazionali (NUTS 1).
L aspetto di criticità non riguarda tanto la dimensione (che non viene
considerata problematica anche a livello europeo se si pensa che vengono
poste sullo stesso piano realtà come quelle di Malta con i suoi 400.000
abitanti circa e colossi come la Gran Bretagna o la Germania) quanto la
governance territoriale dello sviluppo. Forse un poco troppo
frettolosamente si ritiene la dimensione statale come quella rilevante per le
politiche di riferimento. In realtà, in presenza di forme organizzative delle
pubbliche amministrazioni fra le più varie diventa abbastanza difficile
identificare il livello più adatto per il confronto. E semmai probabile che per
alcuni aspetti il livello più significativo sia l Unione Europea, per altri lo
Stato, per altri ancora le comunità locali o la Regione. Per fare un esempio,
la politica di attrazione degli investimenti diretti esteri dipende da un quadro
generale sugli aiuti di stato di tipo europeo, da politiche condotte a livello
nazionale di regolazione e di intervento diretto e spesso da azioni positive
di comunità locali o agenzie costituite a questi fini.
50
PARTE SECONDA
2) Il benchmarking tra i territori per le analisi socio-economiche è una
metodologia criticata e discussa anche per il limite intrinseco di non
considerare i differenti modelli ed i differenti obiettivi strategici, definiti dalla
cultura e dalla storia di ogni comunità del territorio. Si tratta di una
obiezione fondata, ma che incide in misura limitata sull obiettivo primario di
questo tipo di lavori, cioè quello di monitorare e descrivere delle differenze
rispetto a variabili obiettivo. Questo tipo di analisi consentono di valutare ed
analizzare i fenomeni oggetto di misurazione offrendo alle valutazioni di
policy una misura degli obiettivi e dei risultati che si intendono perseguire,
lasciando inalterato però il bisogno di spiegare cosa produca questi
andamenti differenziati e che tipo di interventi realizzare per migliorare la
situazione. Solo dal confronto con altre realtà territoriali possono emergere
le criticità latenti, consentendo la definizione di nuovi obiettivi più ambiziosi
secondo una visione di policy che potremo definire, prosaicamente,
maggiormente umile .
Come evidenziato nei paragrafi precedenti gli indicatori di Lisbona sono
suddivisi in grandi temi che riguardano gli obiettivi principali delle politiche
europee: situazione economica generale, occupazione, innovazione e ricerca,
riforme economiche, coesione sociale, ambiente. Le analisi qui riportate sono
strutturate in modo tale da mantenere questa suddivisione integrandole, al
contempo, con una lettura integrata degli indicatori nel caso di fenomeni
interconnessi.
51
PARTE SECONDA
Il contesto economico
Tab. 4 - Indicatori generali del contesto economico
Ann
o
2002
2003
2003
2003
2003
2002
2003
2002
Indicatore
PIL pro capite in SPA
espresso in indice su
base UE 25=100
Tassi di crescita reale
del PIL a prezzi costanti
1995 (cambiamento
percentuale rispetto
all'anno precedente)
Crescita
dell'occupazione in %
rispetto all'anno
precedente.
Crescita
dell'occupazione
femminile in % rispetto
all'anno precedente
Crescita
dell'occupazione
maschile in % rispetto
all'anno precedente
Produttività del lavoro
per occupato (PIL in
SPA per persona
occupato indice base
dati UE 15=100).
Tasso di inflazione:
cambiamento dell'indice
armonizzato dei prezzi
al consumo (tasso di
inflazione del capoluogo
regionale)
Produttività del lavoro
per ora lavorata indice
base UE15=100.
Emilia
Romagn
a
Italia
Media
UE 15
Obiettiv
o
Lisbona
136,3
109
100
109,4
0,3%
0,3%
0,9%
0,8%
1,5%
1,2%
0,2%
0,3%
2,5%
1,7%
0,7%
0,6%
0,8%
0,8%
-0,2%
-0,2%
119,3
113,6
100
107,9
2,20%
riferito a
Bologna
2,8%
1,9%
2%
95,5
90,5
ND
100
Il primo gruppo di indicatori fa riferimento al tema degli indicatori generali del
contesto economico . Si tratta di indicatori di contesto che mirano ad offrire
52
PARTE SECONDA
una misurazione quantitativa della condizione e dell evoluzione del quadro
macroeconomico dei diversi paesi.
Il PIL pro-capite espresso in PPA (parità di potere d acquisto), che considera
cioè i differenziali nel costo della vita tra i diversi territori, è un indicatore che
rileva, oltre alla ricchezza disponibile per abitante, anche la capacità di
reperire risorse per promuovere la coesione sociale e la sostenibilità della
ricchezza per il futuro.
L Emilia Romagna si attesta nel 2002 ad un livello di PIL pro-capite espresso
in PPA molto alto, pari a 136,3 posto a base 100 la media UE 25, mentre
l Italia si attesta a 109, un valore inferiore alla media UE 15. In generale la
regione si colloca ai primi posti superata solamente dagli USA, Norvegia ed
infine Lussemburgo. In valore assoluto il PIL pro-capite in PPA in Emilia
Romagna è pari a circa 28.900 , il 10% circa al di sotto del corrispondente
livello raggiunto dagli USA pari a 32.200 , ma sensibilmente superiore alla
media italiana (23.100 ) e quella UE 15 (23.200 ).
A questo ottimo risultato si contrappone la scarsa crescita del PIL in termini
reali fatta registrare nel 2003 dall Emilia Romagna, pari allo 0,3%, percentuale
di poco inferiore al dato europeo (UE 25) pari al 0,9%. Questi valori sono però
ben al di sotto dei livelli fatti registrare da altri paesi che hanno elevati livelli di
ricchezza del PIL pro-capite in PPA quali USA, Irlanda, Regno Unito,
Lussemburgo e Svezia.
Queste considerazioni di carattere più congiunturale rendono maggiormente
necessarie le analisi di medio e lungo periodo che evidenziano gli aspetti
strutturali delle dinamiche produttive. E con questa chiave di lettura che sono
stati analizzati gli indicatori sopra monitorati.
53
PARTE SECONDA
54
PARTE SECONDA
55
PARTE SECONDA
Al fine di valutare meglio la dinamica reale dell Emilia Romagna in termini di
crescita economica e ricchezza raggiunta, si è considerato l indicatore relativo
alla crescita economica proposto da Lisbona in un ottica di medio periodo e,
precisamente, effettuando un analisi del trend 1995-2003 rispetto ai paesi che
presentano elevati livelli di ricchezza e/o tassi di crescita reale elevati.
Si è ritenuto quindi, di analizzare la dinamica del tasso di crescita del PIL reale
proprio per isolare la componente della produzione dal livello dei prezzi.
Nel periodo preso in esame (1995-2003) il PIL a prezzi base 95 è cresciuto
complessivamente in Emilia Romagna del 19,4% circa, un valore superiore al
15,8% registrato dall Italia ma inferiore alla crescita complessiva dell UE 15
che è stata del 21%.
Dal grafico sotto riportato emerge però un forte distacco dalla crescita degli
altri paesi.
Graf. 1 - Tassi di crescita del PIL reale 1995-2003
104%
100%
1995-2003
1999-2003
80%
60%
40%
20%
0%
16%
Italia
19%
19%
21%
UE 25
Emilia
Romagna
UE 15
28%
28%
UK
Svezia
Fonte: Elaborazioni Ervet su dati Eurostat.
56
33%
34%
USA
Spagna
Irlanda
PARTE SECONDA
Nel periodo 1995-2003 la Spagna ha fatto registrare una crescita del 34% , la
Svezia ed il Regno Unito del 28%. Differenziali di crescita che sono rimasti
immutati se vengono presi in considerazione gli anni più recenti (1999-2003).
L analisi dei tassi annuali di crescita evidenzia come l Emilia Romagna ha
conseguito un tasso di crescita del PIL reale nel medio periodo (1995-2003)
che mostra un andamento mediamente superiore a quello italiano, con alcuni
periodi (1995; 1999-2000) di sensibile crescita superiore anche al dato
Europeo, presentando, però, una netta convergenza con il livello italiano negli
ultimi 3 anni. Nei periodi di minor crescita (1996-1999; 2001-2003) l Emilia
Romagna presenta un andamento del PIL reale in linea con quello italiano al
di sotto della media Europea a 15; nei periodi di sviluppo dell economia,
invece, l Emilia Romagna ha una forte crescita relativa. L Emilia Romagna
presenta, quindi, una crescita reale del PIL molto più variabile di quella della
media italiana ma è una variabilità sempre positiva, che non produce mai balzi
verso fasi recessive e che anzi, dimostra di reggere alle fluttuazioni
congiunturali sfavorevoli.
Graf. 2 - Dinamica della crescita economica 1995-2003. Tassi di crescita del PIL
reale ( 95) in .
5%
4%
3%
2%
1%
0%
1995
1996
Emilia Romagna
1997
1998
1999
Italia
USA
Fonte: Eurostat, ISTAT
57
2000
2001
UE 25
2002
2003
UE 15
PARTE SECONDA
Dai grafici sopra riportati si può notare come gli USA siano il paese con il più
alto valore del PIL pro-capite espresso in PPA e contemporaneamente
presenta un elevata crescita nel periodo 1995-2003 del PIL a prezzi base 95;
l Italia al contrario si presenta come il paese nella peggiore condizione in
quanto presenta il tasso di crescita reale complessivo più basso in
corrispondenza di bassi livelli di PIL pro-capite in PPA.
L Emilia Romagna, invece, si presenta con un elevato livello di PIL pro-capite
in PPA ed una crescita che nel periodo 1999-2002 si attesta sui livelli delle
medie europee. Il dato di medio periodo per la regione presenta quindi aspetti
positivi considerando l elevato livello di ricchezza pro-capite raggiunta e la
maggiore crescita del PIL rispetto all Italia, ma anche aspetti negativi poiché il
livello di PIL pro-capite è supportato da un tasso di crescita reale che ne fa
presagire uno sviluppo in linea con la media UE ma non tale da garantire un
ulteriore balzo in avanti nei livelli di ricchezza relativa.
Il tasso d inflazione (riferito però al solo capoluogo della regione), presenta un
andamento discendente negli ultimi anni, attestandosi a livelli in linea con il
corrispondente dato italiano. A questa dinamica positiva, si affianca un basso
livello di prezzi per i consumi finali delle famiglie, valore che è più basso
rispetto a tutti i paesi con alti livelli di reddito pro capite raggiunti. L Emilia
Romagna presenta, infatti, un livello dei prezzi pari a 97,3 posto uguale a 100
la media UE 25.
La valutazione più interessante a nostro parere, è che ai bassi livelli dei prezzi
per i consumi finali delle famiglie, corrisponde un elevato livello di ricchezza e
che le corrispondenti dinamiche siano tendenzialmente coerenti: ad una
ridotta crescita del PIL si accompagna una corrispondente riduzione
dell inflazione.
In conclusione gli elevati livelli di ricchezza raggiunti ed il livello attuale dei
prezzi possono essere sostenibili da una crescita che sia coerente con quella
degli altri grandi competitors internazionali e con quella dell Unione Europea.
L andamento degli ultimi due anni, contraddistinto da un significativo
rallentamento della crescita, deve per ciò essere valutato attentamente per
verificare se è connesso a dinamiche congiunturali o se rappresenta, invece,
un segnale di un inversione di tendenza di tipo più strutturale.
58
PARTE SECONDA
59
PARTE SECONDA
60
PARTE SECONDA
La valutazione del quadro macroeconomico dell Emilia Romagna sulla base di
questi indicatori ha evidenziato come nel lungo periodo, pur essendo presenti
differenze importanti all interno dei diversi paesi, vi siano tendenze generali
fortemente condizionate dall appartenenza o meno a sistemi economici
specifici.
La valutazione della dinamica del PIL reale nel lungo periodo dell Emilia
Romagna deve essere valutata anche sulla base delle performance dell Italia
e confronto con altri sistemi. Ciò consente di cogliere gli andamenti strutturali
e le reazioni ai cicli economici anche di tipo internazionale. Abbiamo per ciò
esteso l analisi al periodo 1990-2003 ponendo a confronto l Unione Europea a
15, l Italia e gli USA.
Il periodo 1990-2003 si presenta molto interessante poiché in esso incidono
importanti cambiamenti strutturali: la crisi a cavallo degli anni 80 e 90, la
fluttuazione dei cambi (svalutazione della Lira e crisi finanziarie internazionali),
l avvento dell Euro e la costruzione di un area a totale libero scambio sempre
più grande (UE 15 successivamente UE 25), l aumento del deficit
commerciale USA e tanti altri cambiamenti che stanno incidendo sullo
scenario geo-economico mondiale (Cina, India e Brasile ad esempio).
In tale periodo l aspetto più rilevante è la strutturale differenza tra la dinamica
che contraddistingue l Unione Europea (UE 15) e gli USA.
Graf. 3 - Dinamica di lungo periodo della crescita economica 1990-2003
Total GDP, in millions of 1999 US$ (converted at Geary Khamis PPPs)
5,0%
4,0%
3,0%
2,0%
1,0%
0,0%
-1,0%
90
91
92
93
94
95
96
-2,0%
USA
UE 15
Italia
61
97
98
99
00
01
02
03
PARTE SECONDA
I differenziali di crescita tra i due sistemi economici sono evidenti. Dall anno
2000 la crescita dell Unione Europea è rimasta deludente per il terzo anno
consecutivo; nel 2003 si è, infatti, registrato un tasso di crescita annuale
inferiore al punto percentuale (0,8%), in linea con l anno precedente, mentre
una leggera ripresa è in atto nel 2004 a tassi significativamente inferiore agli
USA.
In generale si può notare dal grafico sopra illustrato come la crescita
dell Unione Europea è sempre stata dal 1990 inferiore rispetto a quella degli
USA, eccettuato nei momenti di crisi negli anni 1991 e 2001. In generale
l Unione Europea presenta una minor variabilità nell andamento dei tassi di
crescita, mentre è evidente come l andamento dell economia USA sia
caratterizzato da una crescita complessiva più sostenuta rispetto al dato
dell Unione Europea. La differenza dei tassi di crescita dell Economia USA
con quella dell Unione Europea si attesta nel periodo 1990-2003 all 1%, un
dato che non sembra consistente ma se si tiene conto del medio-lungo
periodo di questo trend (13 anni), del peso economico degli USA (l economia
USA è superiore dell 8% in termini di valore rispetto all UE 15) e degli scenari
futuri che confermano questi andamenti, appare evidente come l Unione
Europea (UE 15) stia rincorrendo la crescita degli USA da quasi 15 anni.
L Italia segue l andamento dell Unione Europea accentuando le fasi di
rallentamento specie negli ultimi anni e risulta maggiormente evidente il
distacco con la dinamica della crescita rispetto agli USA.
Questo differenziale di crescita tra Unione Europea ed USA, differenziale che
possiamo estendere anche alla regione Emilia Romagna, è stato ricondotto,
dalla maggior parte degli analisti internazionali e dalla stessa Commissione
Europea, alle differenti performance di produttività raggiunte ed al diverso
livello di occupazione presente nei sistemi.
L occupazione
Una forte partecipazione al mercato del lavoro (in particolare di donne ed
anziani) e contestualmente un tasso di disoccupazione di modesta entità sono
i principali obiettivi che si è data l Unione Europea nel corso di questi anni e
nell agenda di Lisbona, Elevati tassi di occupazione sono il riflesso di una
economia sana e sono presupposto per la realizzazione di una maggior
62
PARTE SECONDA
coesione sociale negli stati dell Unione al fine di rendere il sistema di welfare
sostenibile e creare nuovi lavori connessi con l economia della conoscenza.
L analisi degli indicatori di Lisbona ha evidenziato che l Emilia Romagna ha
presentato un elevato tasso di crescita degli occupati che nel 2003 si è
attestato a +1,5%, un valore che si colloca tra i più alti in Europa e al di sopra
della media Italiana.
In particolare il tasso di crescita dell occupazione femminile ha registrato,
sempre nel corso del 2003, un aumento del 2,5%, valore al terzo posto
rispetto alla crescita dei 25 paesi che compongono l Unione Europea mentre
l Italia si colloca al nono posto con una differenza di poco meno di un punto
percentuale.
Il tasso di crescita dell occupazione maschile risulta, invece, più modesto
(+0.8%) anche se è allineato con il dato italiano ma sempre molto al di sopra
della media europea che ha registrato invece una flessione.
Questi dati riferiti al solo 2003 confermano un trend di crescita
dell occupazione che, in base ai dati ISTAT15, continua ininterrottamente dal
1995. Nel periodo 1995-2002, infatti, si è avuta una crescita degli occupati
complessivamente pari all 8,2% il che si traduce in 138.800 posti di lavoro
disponibili in più nel 2002 rispetto al 1995.
Di seguito sono riportati i grafici relativi agli indicatori esaminati.
15
ISTAT, Serie storica conti regionali
63
PARTE SECONDA
64
PARTE SECONDA
65
PARTE SECONDA
66
PARTE SECONDA
Il secondo fattore della crescita delle economie, oltre all occupazione, è stato
individuato dalla Commissione Europea nella crescita della produttività.
L Emilia Romagna presenta una produttività per persona occupata che si
colloca sopra la media europea ma ad un livello molto più basso rispetto alle
più ricche regioni europee.
Con 63.472 di prodotto interno lordo (PPA) per occupato nel 2002 il livello di
produttività in Emilia Romagna è risultato particolarmente alto se confrontato
con il corrispondente dato dell UE 25 che risulta pari a circa 53.000 e con
quello dell Italia pari a poco oltre i 60.000 . Molte regioni europee, tuttavia,
presentano livelli di produttività maggiori tanto che l Emilia Romagna si colloca
oltre il trentesimo posto nella graduatoria delle regioni europee. La
comparazione con i differenti paesi fa emergere, tuttavia, l Emilia Romagna ai
primi posti per produttività con un numero indice pari a 119,3 posto uguale a
100 quello dell UE 25. Questo si può spiegare dal fatto che la produttività si
presenta in modo molto difforme tra le regioni dei differenti paesi (la Germania
sconta, ad esempio, i bassissimi livelli raggiunti dalle regioni orientali).
L Emilia Romagna nel 1995 presentava un livello di produttività che espressa
in numero indice (UE 25=100) era pari al 130,6 contro il 124,1 dell Italia ed il
110,1 dell UE a 15.
Graf. 4 - Produttività, espressa in numero indice UE 25=100
140,0
1995
1997
1999
2002
120,0
100,0
80,0
60,0
40,0
20,0
Emilia Romagna
Italia
UE 25
Fonte: Eurostat
67
UE 15
PARTE SECONDA
Nel 2002 il livello della produttività in Emilia Romagna è stato pari a 119,3,
contro il 113,6 dell Italia ed il 109 dell UE 15.
In particolare, l elemento che preoccupa maggiormente è la dinamica della
produttività, come è visibile dal grafico sopra riportato, specie se posta a
confronto con quella degli altri paesi europei.
Anche in questo caso abbiamo approfondito la produttività calcolata in termini
reali (PIL a prezzi base 95), per escludere dalle analisi l effetto del
differenziale nel livello dei prezzi con i paesi europei.
L Emilia Romagna presenta una produttività per occupato che risulta pari a
49.515 nel 2003, contro i 48.422 del 1995, registrando una crescita pari al
2,3% nel periodo 1995-2003.
L Italia presenta, invece, una produttività pari a 47.098 nel 2003 contro i
46.074 del 1995, registrando una crescita pari al 2,2% nel periodo 19952003.
Graf. 5 - Dinamica della produttività espressa in termini di PIL reale. Produttività
in migliaia di (prezzi base 95)
52,0
50,0
48,0
46,0
44,0
42,0
40,0
38,0
1993
1994
1995
1996
1997
1998
Emilia Romagna
1999
2000
2001
2002
Italia
Fonte: Elaborazioni Ervet su dati ISTAT
68
2003
PARTE SECONDA
Più confortante è il confronto tra la dinamica della produttività nel periodo
1999-2003 dell Emilia Romagna con quella dell Italia. In tale periodo l Emilia
Romagna registra una crescita della produttività complessiva a prezzi base
95 pari allo 0,6% mentre il dato italiano fa registrare un -1%. Sia nel caso
dell Italia che in quello dell Emilia Romagna ha inciso una forte crescita
dell occupazione nel quinquennio 1999-2003 che, in valori assoluti, è stata
pari al 6,6% per l Emilia Romagna ed al 6,1% per l Italia. Un dato che ha avuto
come conseguenza una crescita del tasso di occupazione annuale del 0,8%
circa per l Italia, con l Emilia Romagna a livelli di poco inferiori.
Dal grafico sotto illustrato e tratto dai documenti della Commissione Europea
(Comunicazione al Consiglio Europeo, Novembre 2004), possiamo notare
come l Italia e l Emilia Romagna, siano contraddistinte da bassi livelli di
crescita della produttività ma anche da contestuali elevati livelli di crescita
dell occupazione. L Emilia Romagna si trova in una posizione migliore
dell Italia in quanto con una crescita della produttività maggiore si
collocherebbe agli stessi livelli della Francia (si veda il grafico sotto esposto).
L analisi della produttività per il numero di occupati non riesce infatti, a dare
una rappresentazione realistica dell efficienza del sistema, mentre la
produttività oraria rappresenta una misurazione più precisa del fenomeno.
Graf. 6 - Correlazione tra crescita del tasso di occupazione e crescita della
produttività
69
PARTE SECONDA
L Emilia Romagna nel 2002 presenta bassi livelli, pari a 95,5 l UE 15 pari a
100, contro un valore dell Italia pari a 90,5.
L analisi di benchmarking consente di cogliere un aspetto critico nello studio
della produttività aggregata del lavoro: pur avendo un elevato livello di
produttività per occupato, l Emilia Romagna presenta una bassa produttività
oraria.
Questo significa che a parità di produzione gli elevati tassi di occupazione
raggiunti in regione potrebbero essere interpretati come una minor efficienza
relativa del sistema rispetto ad altre aree con produttività oraria maggiore ma
con minore occupazione.
Si consideri un dato fondamentale. Tra il 1991 ed il 2001 i settori che hanno
maggiormente contribuito alla crescita dell occupazione in Emilia Romagna
sono stati le costruzioni ed i servizi sociali, tutti settori a bassa produttività. Le
criticità che hanno influito nella scarsa dinamica della produttività, soprattutto
nei confronti di paesi più virtuosi, potrebbero essere quindi ricondotte non alla
scarsa efficienza del sistema, bensì al peso che alcuni settori tradizionali o
con una produttività medio bassa hanno nell economia della regione.
70
PARTE SECONDA
71
PARTE SECONDA
72
PARTE SECONDA
73
PARTE SECONDA
Occupazione
Il secondo gruppo di indicatori fa riferimento al tema dell occupazione,
considerata una delle finalità principali della strategia.
Tab. 5 - Gli indicatori del tema occupazione
Emilia
Anno
Indicatore
Italia
Romagna
Tasso di
occupazione totale
della popolazione in
2003 età 15-64 in
68%
56,1%
percentuale della
popolazione di età
15-64
Tasso di
occupazione
femminile della
popolazione in età
2003
60,20%
42,7%
15-64 in
percentuale della
popolazione di età
15-64
Tasso di
occupazione
maschile della
popolazione in età
2003
76,20%
72,2%
15-64 in
percentuale della
popolazione di età
15-64
Tasso di
occupazione
lavoratori anziani
2003
31,60%
30,3%
(55-64) sul totale
della popolazione in
età 55-64.
Tasso di
occupazione
femminile delle
lavoratrici anziane
2003
23,30%
18,5%
(55-64) sul totale
della popolazione
femmminile in età
55-64.
Tasso di
2003 occupazione
40,40%
42,8%
maschile dei
74
Media
UE 25
Media
Ue 15
Obiettivo
Lisbona
63%
64,4%
2005
67%
2010
70%
55,1%
55,1%
56,1%
70,9%
69,6%
40,2%
41,7%
50,3%
32,1%
30,7%
51,6%
20010
50%
PARTE SECONDA
Anno
2003
2003
2003
2002
2002
2002
Indicatore
lavoratori anziani
(55-64) sul totale
della popolazione
maschile in età 5564.
Tasso di
disoccupazione
(disoccupati in %
della popolazione
attiva)
Tasso di
disoccupazione
femminile
(disoccupati in %
della popolazione
attiva)
Tasso di
disoccupazione
maschile
(disoccupati in %
della popolazione
attiva)
Life long learning
popolazione in età
25-64(persone che
hanno partecipato a
formazione nelle 4
settimane
precedenti
l'indagine/popolazio
ne che ha
partecipato a corsi
di formazione)
Incidenti seri sul
lavoro (intesi come
incidenti che
causano
un'assenza dal
lavoro per più di 3
giorni) per 100,000
occupati
Incidenti mortali sul
lavoro per 100,000
occupati
(1998=100).
Emilia
Romagna
Italia
Media
UE 25
Media
Ue 15
3,10%
8,4%
9,1%
7,9%
4,50%
11,3
10%
9,3%
1,90%
6,4%
8,3%
7,1
6,37%
4,6%
9,4%
8,5%
98,5
83
88
86
125,70
42
77
75
75
Obiettivo
Lisbona
2010
10%
PARTE SECONDA
Per quanto riguarda i tassi di occupazione (popolazione 15-64) nel 2003
l Emilia Romagna presenta un valore pari al 68% che risulta superiore alla
media Europea (UE 25) e di circa 10 punti percentuali superiori alla media
italiana.
L Emilia Romagna ha inoltre superato l obiettivo del tasso di occupazione
stabilito dalla strategia di Lisbona al 67% per il 2005 ed è a soli tre punti
percentuali dal raggiungimento dell obiettivo del 70% per il 2010.
Questi ottimi risultati ottenuti dalla regione Emilia Romagna sono stati possibili
soprattutto grazie alla crescita dell occupazione femminile negli ultimi anni ed
in generale agli alti livelli strutturali raggiunti dal tasso di partecipazione delle
donne al lavoro.
Questi dati dimostrano come, agli alti livelli di PIL pro capite raggiunti dalla
regione, si associno alti livelli di occupazione. L elevata occupazione è
connessa anche alla notevole partecipazione della componente femminile al
lavoro, all afflusso di immigrati da altre regioni del paese e dall estero, dalla
riduzione del tasso di disoccupazione della popolazione maschile di giovane
età.
In Emilia Romagna il tasso di occupazione femminile è risultato pari al 60.2%
nel 2003, un livello tra i più alti in Europa mentre l Italia si trova nelle posizioni
di coda. Il tasso di occupazione maschile raggiunge il 76,2%, dato che pone
anche in questo caso la regione tra i primi posti.
L Emilia Romagna ha superato l obiettivo di Lisbona del tasso di occupazione
femminile sia del 2005, definito al 57%, sia quello del 2010, pari al 60%.
76
PARTE SECONDA
Tasso di crescita occupazione femminile 1999- 2003
Graf. 7 - Correlazione tra crescita dell occupazione femminile e quella complessiva
12 %
ES
11 %
IR L
10 %
9%
8%
7%
I ta l i a
Emilia
6%
5%
GR
FR
4%
3%
U .K .
2%
U E 25
NL
BE
AT
1%
PT
0%
DE
-1 %
0
%
1
%
2
%
3
%
4
%
5
%
6
%
7
%
8
%
9
%
10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22
% % % % % % % % % % % % %
T a sso d i c re sc ita o cc u p a z i o n e to ta le 1 99 9 -2 0 0 3
Fonte: Eurostat ed elaborazioni Ervet su dati ISTAT
La crescita dell occupazione in Europa negli ultimi anni è infatti, strettamente
connessa con la crescita dell occupazione femminile. Dal grafico sopra
riportato si evince proprio come vi sia, eccettuato per il caso dell Irlanda, una
correlazione positiva tra i due fenomeni.
La Commissione Europea ha sottolineato come la crescita occupazionale sia
fortemente correlata alla diffusione di forme di flessibilità nel lavoro.
Effettivamente, per la componente femminile, la diffusione del part-time e di
altre forme contrattuali flessibili possono aver contribuito negli ultimi anni ad
aumentare i tassi di occupazione, ma sicuramente hanno giocato un ruolo
fondamentale anche fattori di natura sociale quale un buon livello di servizi di
Welfare e l emancipazione culturale.
In Emilia Romagna la partecipazione delle donne al mondo del lavoro è un
fenomeno molto rilevante ed oramai sedimentato che, pur avendo raggiunto
già elevati livelli rispetto ad altre realtà europee, presenta un tasso di crescita
nel periodo 1999-2003 ancora molto elevato.
77
PARTE SECONDA
Nel grafico successivo, è infatti interessante notare la correlazione tra livelli di
occupazione femminile raggiunta nel 2003 e la dinamica nel periodo 19992003. E in atto, infatti, una forte crescita occupazionale proprio nei paesi dove
vi è una bassa percentuale di partecipazione femminile al lavoro e ciò sta
portando ad una certa convergenza nei tassi di occupazione femminile dei
diversi paesi membri.
Graf. 8 - Correlazione tra il tasso e la crescita dell occupazione femminile
crescita occupazione 1999-2003
25%
20%
ES
Obiettivo Lisbona
2010 60%
15%
IT
10%
GR
5%
IRL
FR
UE 25
BE
DE
Emilia Romagna
NL
AT
PT
U.K.
0%
DK
-5%
30
40
50
60
70
Tasso occupazione femm. 2003
Fonte: Elaborazione proprie su dati Eurostat, ISTAT.
78
80
PARTE SECONDA
79
PARTE SECONDA
80
PARTE SECONDA
81
PARTE SECONDA
Alla crescita dell occupazione non ha, però contribuito in modo particolare la
componente dei lavoratori anziani oltre i 55 anni che, invece, presenta livelli
particolarmente bassi di partecipazione al lavoro, in linea con il dato
nazionale.
Come abbiamo indicato nel primo capitolo, l Unione Europea promuove
l invecchiamento attivo della manodopera sia come elemento necessario alla
coesione sociale sia per rendere maggiormente sostenibile il sistema di
welfare state. Nei prossimi anni, infatti, l indice di dipendenza degli anziani
raddoppierà in Europa, ponendo nuovi problemi in termini di sicurezza sociale
ed allo stesso tempo togliendo risorse economiche e culturali al sistema
stesso.
Il tasso di occupazione dei lavoratori in età 55-65 anni è stato nel 2003 pari al
31,6% contro una media europea (UE 25) del 40% ed un obiettivo stabilito
nella strategia di Lisbona per il 2010 pari al 50%.
Questa importante differenza ed anomalia rispetto alla media europea
colpisce equamente la componente femminile così come quella maschile.
Anzi, particolarmente significativo è il ritardo nel dato maschile regionale
rispetto alla media europea: con il 40,4% del tasso di occupazione raggiunge
un livello di 5 punti percentuali al di sotto del valore italiano e tra gli ultimi posti
rispetto ai paesi europei.
Considerato che i corrispondenti dati sulla disoccupazione di persone in età
55-65 anni, non registrano un livello di persone anziane in cerca di
occupazione particolarmente elevato, possiamo concludere che il basso livello
di occupazione corrisponde ad una scarsa presenza di forza lavoro e quindi
ad una elevata propensione all abbandono del lavoro per pensionamenti.
Probabilmente la struttura demografica particolarmente concentrata in una
fascia di età che negli ultimi anni ha maturato il diritto alla pensione, unito ad
un alto livello di benessere ed un efficiente sistema di welfare che consente
un ampia politica di assistenza specie per i fruitori di pensioni, hanno
contribuito ad incentivare l abbandono prematuro (rispetto agli altri paesi
europei) di molti lavoratori.
La prospettiva di un aumento del tasso di occupazione dei prossimi anni dovrà
essere supportato, ovviamente, anche alla situazione occupazionale delle
persone che nei prossimi anni entreranno a far parte della fascia di età 55-65.
Considerato che a livello nazionale la riforma delle pensioni attuata non ha
comportato mutamenti radicali, l Emilia Romagna non raggiungerà gli obiettivi
82
PARTE SECONDA
di Lisbona relativamente a questa fascia di età a meno che la dinamica
demografica non subisca importanti mutamenti.
Questa considerazione è particolarmente importante poiché, come
evidenzieremo di seguito, un eventuale ulteriore incremento dell occupazione
non potrà, quasi sicuramente, essere supportato dalle persone nella fascia di
età 55-64 anni e quindi si dovranno trovare in altre fasce della popolazione i
bacini occupazionali necessari per la crescita. Ciò al fine di sostenere il livello
di benessere raggiunto ed in generale il sistema di welfare che proprio
l incremento delle persone anziane renderà sempre più necessario.
In termini di analisi diventa, quindi, essenziale conoscere le dinamiche
demografiche e quelle migratorie per cui si sollecita in tale senso una linea
d indagine ad hoc. I recenti studi della Commissione Europea hanno, infatti,
cominciato ad analizzare gli scenari degli andamenti demografici e le
correlazioni con le dinamiche occupazionali e di sostenibilità del sistema di
welfare.
83
PARTE SECONDA
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PARTE SECONDA
85
PARTE SECONDA
86
PARTE SECONDA
L Emilia Romagna presenta una disoccupazione molto bassa, di tipo
frizionale, che si colloca ampiamente al di sotto della media europea sia nella
sua componente maschile sia in quella femminile.
L aspetto da tenere maggiormente in considerazione è, invece, la scarsa
disponibilità di manodopera.
Avendo livelli di occupazione molto alti, l Emilia Romagna presenta, infatti,
poche potenzialità in termini di bacini occupazionali potenziali.
Abbiamo, infatti, precedentemente visto come vi siano elevati livelli
occupazionali tra le componenti maschili e femminili nella società regionale,
come siano bassi i livelli di partecipazione al lavoro delle componenti più
anziane (55-64 anni) e come sia bassa la disoccupazione.
Sarà, quindi, molto difficile per il territorio regionale aumentare il livello di
occupazione facendo riferimento a forze endogene della società. E questo
aspetto diventa particolarmente cruciale nel lungo periodo quando la struttura
demografica della popolazione, che presenta un alto numero di persone
anziane ed un basso numero di giovani, farà ridurre ulteriormente le forze
lavoro in regione.
Può quindi essere particolarmente interessante analizzare le correlazioni tra
forze lavoro e dinamica demografica.
Alla struttura demografica dovrebbe quindi essere affiancata anche un analisi
dei flussi migratori, essenziali per verificare la capacità del sistema di attirare
risorse endogene e sostenere il proprio sviluppo.
87
PARTE SECONDA
88
PARTE SECONDA
89
PARTE SECONDA
90
PARTE SECONDA
Il sistema degli indicatori proposto dalla strategia di Lisbona affianca agli
indicatori di performance, che potremmo definire classici quali i tassi di
occupazione e quelli di disoccupazione, anche alcuni indicatori sulla
tassazione delle retribuzioni a basso reddito, sulla formazione degli occupati e
sul numero degli incidenti sul lavoro; indicatori che misurano quindi aspetti
sulla qualità dell occupazione.
I dati dimostrano come l Emilia Romagna e l Italia presentano elevati oneri
sociali sul costo del lavoro. Ad una elevata incidenza della tassazione sociale
non sono correlati elevati livelli complessivi delle retribuzioni. Il dato va però
letto in un ottica nazionale. Gli oneri sociali sono definiti dalla legislazione
nazionale e differiscono in alcune regioni in virtù di deleghe speciali.
La formazione continua dei lavoratori è un altro aspetto considerato da
Lisbona che qualifica l occupazione. In Emilia Romagna il 6,37% degli
occupati ha svolto attività di formazione, un dato più basso della media
europea (UE 25) pari a 9,4%, ma più alto del corrispondente valore italiano
pari a 4,6%. La formazione continua offre naturalmente una misura
dell intensità dell aggiornamento professionale, ma può anche essere intesa
come una proxy della qualità del lavoro in regione, se assumiamo come
diverse analisi portano a ritenere, che l intensità dell investimento formativo sia
superiore per i profili professionali ritenuti strategici per l impresa.
La qualità dell occupazione e dello sviluppo si basa anche sulla creazione di
posti di lavoro sicuri ed il rispetto della sicurezza.
L indicatore proposto dalla strategia di Lisbona misura la dinamica degli
incidenti sul lavoro e non il livello degli stessi poiché l obiettivo fondamentale
delle politiche europee è quello di ridurre gli incidenti invertendo il trend di
crescita degli stessi.
I dati degli indicatori seguenti dimostrano come, sotto questo aspetto, l Emilia
Romagna debba ancora fare molto rispetto ad uno sviluppo dell occupazione
che sia socialmente accettabile. I dati dimostrano, infatti, come la dinamica
degli incidenti nel periodo considerato sia caratterizzata da una forte crescita.
Gli incidenti su lavoro16 si attestano ad un livello superiore alla media Europea,
e ad quella di molti paesi con una struttura produttiva prettamente industriale,
specie negli incidenti mortali. Ad incidere sul dato, però, contribuiscono due
16
I dati sono stati ottenuti utilizzando la banca dati dell INAIL disponibile on
line al sito www.inail.it
91
PARTE SECONDA
fattori importanti: il peso del settore delle costruzioni che in Emilia Romagna
assume una certa rilevanza in termini di occupati e che è soggetto ad un alto
numero d incidenti di particolare gravità; l alta propensione a denunciare gli
incidenti e quindi all emersione del fenomeno, aspetto non scontato in tutti i
paesi europei (Italia inclusa).
92
PARTE SECONDA
93
PARTE SECONDA
94
PARTE SECONDA
95
PARTE SECONDA
Innovazione e ricerca
Tab. 6 - Indicatori relativi al tema dell innovazione
Anno
2002
2002
2002
2003
2003
1999
2003
Indicatore
Spesa domestica
(intra muros) in
R&S come % del
PIL
Spesa domestica
settore pubblico
(intra muros) in
R&S come % del
PIL
Spesa domestica
settore privato
(intra muros) in
R&S come % del
PIL
Percentuale di
cittadini con
accesso domestico
ad internet
(cittadini con più di
15 anni e che
hanno il telefono)
Percentuale di
imprese con
accesso ad
internet (con più di
9 dipendenti).
Confronto con la
media UE 15.
Numero di brevetti
presentati all'UEB
per milione di
abitanti (confronto
con la media UE
15)
Spesa in IT in
%del PIL
(confronto con la
media UE 15)
Emilia
Romagna
Italia
Media
UE 25
Media
Ue 15
Obiettivo
Lisbona
1,28%
1,16%
2%
1,95%
2010 3%
44%
50%
N.D.
N.D.
56%
50%
N.D.
N.D
48%
32%
43%
42%
(anno
2004)
91,90%
82%%
84%
N.D.
176,67
68,06
140,95
118,33
1,61%
1,8%
3%
2,9%
La Commissione Europea ha identificato fra i fattori che determinano una
bassa produttività complessiva in Europa: lo scarso contributo delle tecnologie
96
PARTE SECONDA
dell informazione e della comunicazione(ICT) e l insufficiente livello degli
investimenti fissi lordi da parte delle imprese.
Per quanto concerne il primo punto, l Emilia Romagna presenta un elevata
diffusione di internet (di un PC collegato alla rete) tra le imprese, pari al 91,9%
delle stesse, un livello molto al di sopra della media europea, mentre, per
quanto concerne la diffusione di internet tra i cittadini si segnala che il 48%
delle famiglie è connesso ad internet; dato al di sopra della media europea.
Una ricerca specificamente realizzata sulla diffusione della società
dell informazione in Emilia Romagna17 ha però rilevato che ad un alta
diffusione delle connessioni ad internet non ne corrisponde un utilizzo
altrettanto
maturo . Le potenzialità dello strumento non sono,
effettivamente,sfruttate, né dalle famiglie né dalle imprese.
Ciò è confermato dal fatto che le spese in Information Tecnology rispetto al
PIL (si veda grafico qui sotto), sono ancora a livelli molto bassi rispetto agli
altri paesi europei.
Internet e le tecnologie dell informazione non sono state quindi, pienamente
sfruttate dal sistema produttivo della regione.
Questo potrebbe in parte spiegare i non elevati livelli di produttività raggiunti
dal territorio regionale.
17
Emilia Romagna digitale, La società dell informazione in Emilia Romagna, Bologna
2004.
97
PARTE SECONDA
98
PARTE SECONDA
99
PARTE SECONDA
100
PARTE SECONDA
Il secondo punto su cui insiste la Commissione Europea per identificare i
fattori che influenzano negativamente la produttività in Europa, è il livello degli
investimenti delle imprese.
L Emilia Romagna presenta un alto livello di investimenti che ha raggiunto nel
2003 il 20% del PIL, un dato ampiamente al di sopra della media europea che
però richiederebbe ulteriore approfondimenti se letto contestualmente alla
modesta performance su indicatori collegati come quelli sulla R&S e sulla
spesa in IT.
Uno degli obiettivi prioritari nella strategia di Lisbona è quello di raggiungere il
3% nel rapporto degli investimenti in R&S sul PIL. Tale obiettivo è connesso
alla necessità di basare il proprio modello competitivo sull economia della
conoscenza e sull innovazione.
Investimenti in R&S che devono essere adeguatamente sfruttati dalle imprese
e che non devono, quindi, rimanere all interno dei contesti accademici.
Tra gli obiettivi di Lisbona relativamente alla ricerca vi è anche quello di
incrementare la quota di investimenti in R&S in rapporto al PIL soprattutto
nelle imprese alle quali è stata fissata la quota obiettivo del 75% degli
investimenti in R&S.
L Emilia Romagna presenta un rapporto tra gli investimenti in R&S ed il PIL
pari al 1,28%, un livello molto basso considerato che la media UE 15 è pari al
2%.
L aspetto che maggiormente rende evidente il ritardo degli investimenti in R&S
in Emilia Romagna è la percentuale di investimenti realizzati dalle imprese
industriali che è pari al 56%, un livello molto lontano dal 75% individuato come
uno degli obiettivi di Lisbona ma tra i più elevati rispetto ai paesi per i quali
sono disponibili i dati al 2002.
Il peso degli addetti impiegati nella R&S del settore privato rappresentano,
inoltre, solamente poco oltre il 50% del totale degli addetti in R&S in Emilia
Romagna.
Il forte peso della ricerca pubblica è dovuto ad una importante presenza sul
territorio regionale di centri di ricerca (universitari e non), da un elevato
numero di ricercatori ed in generale da un certo fermento accademico nella
ricerca. La sfida dei prossimi anni dovrà essere incentrata nel cercare di
trasferire la conoscenza generata dal sistema accademico al sistema delle
imprese.
101
PARTE SECONDA
L importanza del sistema accademico della ricerca ha facilitato in questi ultimi
anni un intensa attività di brevettazione soprattutto da parte delle Università
presenti in Regione (ricordiamo che quella di Bologna è la prima università in
Italia per numero di brevetti registrati) che ha permesso di raggiungere elevati
livelli di brevetti rispetti agli standard europei.
102
PARTE SECONDA
103
PARTE SECONDA
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PARTE SECONDA
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PARTE SECONDA
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PARTE SECONDA
107
PARTE SECONDA
Diversi sono gli indicatori presenti nella strategia di Lisbona che fanno
riferimento al tema dell innovazione.
Innovazione e conoscenza non sono semplicemente espressione degli
investimenti in R&S ma sono spesso, il frutto di aspetti sociali connessi con
l educazione e la formazione delle persone.
Il numero di laureati in facoltà scientifiche e in tecnologie sono un indicatore
della disponibilità di adeguate risorse umane per supportare la ricerca e le
imprese nella promozione dell innovazione.
L Emilia Romagna ha un basso numero di laureati in lauree scientifiche e in
tecnologie, pari al 5,95 (2001) su 1000 studenti universitari in età 20-29 anni.
Un dato che è circa la metà della media Europea (UE 15).
Relativamente migliore è il dato relativo alla formazione continua, pari al
6,37% della popolazione adulta in età 25-64 anni. Un dato al di sotto della
media Europea ma superiore a quello italiano.
In Italia, inoltre, l Emilia Romagna è la regione, insieme alla Lombardia, che ha
la maggiore incidenza di spesa pubblica in istruzione per studente.
108
PARTE SECONDA
109
PARTE SECONDA
110
PARTE SECONDA
111
PARTE SECONDA
Riforme economiche
Tab. 7- Indicatori relativi al tema delle riforme economiche
Anno
2003
2002
2002
Indicatore
investimenti di
business:
Investimenti fissi
lordi delle imprese
private in % del
PIL
Tasso di apertura
dell'economia :
import ed export
dei prodotti (dalla
bilancia dei
pagamenti) in
rapporto al PIL
Livello dei prezzi
relativi: confronto
tra i prezzi per i
consumi finali delle
famiglie (incluse le
imposte indirette)
considerando base
100 la media UE
15.
Emilia
Romagna
Italia
Media
UE 25
Media
Ue 15
20%
16,6%
16,7%
16,8%
46,2%%
41%
97,3
97,9
103,8
100
Obiettivo
Lisbona
Gli indicatori relativi alle riforme economiche fanno riferimento soprattutto alla
integrazione dei mercati europei ed alla liberalizzazione dei settori chiave.
Alcuni di questi indicatori hanno un significato al momento se riferiti al
contesto nazionale (ad esempio il differenziale nel costo delle telefonate), per
cui quelli qui considerati sono solamente i tre sopra riportati.
Le riforme economiche finalizzate alla promozione della concorrenza e
dell integrazione economica tra i paesi membri è un altro fondamentale
obiettivo della strategia di Lisbona.
Da un punto di vista di analisi competitiva la capacità di un territorio di
integrarsi con le altre realtà internazionali ne esprime la capacità di attrarre
altre imprese e quindi investimenti e la capacità di competere con i propri
prodotti in altri sistemi territoriali.
112
PARTE SECONDA
L Emilia Romagna ha un elevata propensione all export e nel 2003 presenta
un tasso di apertura del proprio interscambio commerciale per oltre il 46,2%
del proprio PIL (calcolato però a valori correnti); un dato molto al di sopra degli
altri paesi dell Europa occidentale quali la Danimarca e la Germania che
hanno valori pari a circa il 30% e la Francia che si attesta ad oltre il 20%.
L integrazione dell Emilia Romagna nel sistema economico Europeo è
evidente anche dal fatto che oltre la metà delle esportazioni (53%) è
indirizzato a mercati di sbocco europei (UE15).
La posizione raggiunta dall Emilia Romagna è il frutto di una crescita costante
delle proprie esportazioni di beni con un positivo trend di lungo periodo.
Nel periodo 1997-2002 l Emilia Romagna ha avuto un incremento del 30%
dell export e del 44% dell import in valori correnti. In particolare l interscambio
con i paesi europei è cresciuto soprattutto nell Est e centro dell Europa con un
incremento nell export del 70% e dell import del 100%. L integrazione con i
paesi dell est Europa, molti dei quali sono entrati nell Unione Europea, è
considerato dalla Commissione Europea come un fattore strategico di crescita
che l Emilia Romagna sta appunto dimostrando di saper sfruttare.
Pur presentando un elevato tasso di integrazione commerciale con l Unione
Europea ed in generale un alto grado di apertura della propria economia, gli
investimenti diretti esteri in entrata ed in uscita sono ancora molto modesti.
Gli IDE rappresentano, infatti, circa l 1% del PIL, un valore basso ma
sostanzialmente in linea con la media nazionale pari all 1,3%.
L Emilia Romagna presenta quindi un basso grado di integrazione produttiva,
con una prevalenza degli investimenti esteri in uscita rispetto a quelli in
entrata. Investimenti in uscita che, tra l altro, non si sono focalizzati in processi
di delocalizzazione ma sono connessi a strategie di penetrazione nei mercati
esteri ed alla costruzioni di reti produttive internazionali. Per quanto riguarda il
basso livello degli investimenti in entrata possono aver inciso tre aspetti
principali:una sottostima dei dati disponibili (i dati qui utilizzati sono di fonte
UIC) che non colgono nel monitoraggio il fenomeno nella sua interezza e che
avvantaggiano invece le aree dove vi si collocano le sedi finanziarie delle
imprese (Milano); la presenza di una struttura produttiva (diffusione di PMI,
presenza di gruppi di impresa, capitalismo familiare) meno propensa
all attivazione di processi di fusione ed acquisizione con imprese estere; la
scarsa presenza sul territorio di iniziative di private equity che non hanno
stimolato la diffusione di investimenti greenfield.
113
PARTE SECONDA
114
PARTE SECONDA
115
PARTE SECONDA
Coesione sociale
Tab. 8 - Indicatori relativi al tema della coesione sociale
Anno
2001
2002
2002
2002
Indicatore
Tasso di rischio di
povertà dopo i
trasferimenti sociali
Tasso totale di
disoccupazione di
lunga durata:
disoccupazione di
lunga durata (12
mesi o più) come
percentuale della
totalità
popolazione attiva.
Tasso totale di
disoccupazione
femminile di lunga
durata:
disoccupazione di
lunga durata (12
mesi o più) come
percentuale della
popolazione attiva
femminile.
Tasso totale di
disoccupazione
maschile di lunga
durata:
disoccupazione di
lunga durata (12
mesi o più) come
percentuale della
popolazione attiva
maschile.
Emilia
Romagna
Italia
Media
UE 25
Media
Ue 15
5% (anno
2002)
19%
16%
15%
0,80%
5,3%
3,1%
3,9%
1,20%
7,2%
3,6%
4,5%
0,50%
4,1%
2,7%
3,4%
Obiettivo
Lisbona
Gli indicatori di coesione sociale proposti da Lisbona e rilevati per la regione
Emilia Romagna confermano gli alti livelli di benessere raggiunti nella regione
e l alta diffusione della ricchezza tra gli abitanti.
Ciò è evidente nel basso tasso di popolazione a rischio di povertà dopo i
trasferimenti sociali che in Emilia Romagna è pari al 5% della popolazione,
livello molto basso rispetto alla media europea.
116
PARTE SECONDA
Anche la disoccupazione di lunga durata presenta tassi maschili e femminili
molto bassi, in linea con quanto scritto più sopra relativamente alle
caratteristiche dell occupazione.
Nell ambito della convenzione triennale ERVET-Regione Emilia-Romagna è in
corso di realizzazione un progetto con l obiettivo di analizzare indicatori di
welfare che porteranno maggiori informazioni su questo tema.
117
PARTE SECONDA
118
PARTE SECONDA
119
PARTE SECONDA
120
PARTE SECONDA
121
PARTE SECONDA
Ambiente
Tab. 9- Indicatori relativi al tema dell ambiente
Anno
2000
2001
2000
2000
1998
2002
2002
2002
2003
2003
Indicatore
Emissioni di gas a
effetto serra in %
rispetto ai valori del
1990
Intensità energetica
dell economia in kg
equivalenti di
petrolio/ 1000 del
PIL
Trasporto merci in
volume in tonn.km/ 1000 del PIL
Trasporto merci per
mezzo - % di merci
trasportate su
gomma
Trasporto passeggeri
per mezzo - % di
passeggeri
trasportati con
autovetture
Rifiuti raccolti in kg
abitante/anno
Rifiuti smaltiti in
discarica in kg
abitante/anno
Rifiuti inceneriti in kg
abitante/anno
Quota di energia
rinnovabile
Aree protette per
biodiversità - % del
territorio
Emilia
Romagna
Italia
Media
UE 25
Media
Ue 15
Obiettivo
Lisbona
+14,1%
+7,1%
N.D.
-3,7%
UE -8%
Italia 6,5%
160,7
183,96
212,91
194,41
241
225
N.D.
221
81%
89%
74,5%
77,6%
83%
83,4%
N.D.
84,5%
644
519,66
519
559
276
47
91
106
126
47
91
106
5%
12,8%
12,8%
13,7%
10,7%
14,7%
N.D.
12,5%
VEAP 300
UE 22%
Italia 25%
* Il dato dell Emilia-Romagna è stato calcolato con la formula proposta
dall EUROSTAT, ovvero Consumi lordi di energia/PIL a prezzi costanti 1995, dove per
consumi lordi di energia si intendono:
- consumi di carbone fossile, lignite, coke da cokeria, prodotti da carbone non
energetici e i gas derivati
- consumi di prodotti petroliferi
olio combustibile, gasolio, benzine, carboturbo,
petrolio da riscaldamento, gpl, gas residui da raffineria.
- consumi di combustibili gassosi gas naturale e gas d officina
- consumi di energia da fonti rinnovabili biomasse, carbone da legna, eolico, solare,
fotovoltaico, RSU, idroelettrico, geotermico
- consumi di energia elettrica
122
PARTE SECONDA
Il primo indicatore analizzato mette in evidenza il trend delle emissioni di gas
ad effetto serra, ovvero:
Biossido di carbonio (CO2);
Protossido di azoto (N2O);
Metano (CH4);
Idroclorofluorocarburi (HFCs);
Perfluorocarburi (PFCs);
Esafluoruro di zolfo (SF6).
Le emissioni di questi 6 inquinanti vengono misurate in tonnellate equivalenti
di CO2.
L indicatore invece viene calcolato come variazione percentuale tra i dati
registrati ogni anno rispetto all anno base (1990) e successivamente
confrontato con l obiettivo stabilito dal Protocollo di Kyoto. In particolare, l Italia
dovrà ridurre del 6,5% le proprie emissioni mentre l intera Unione Europea ha
come obiettivo l 8%.
I target di riduzione (2008-2010) stabiliti dal Protocollo di Kyoto per i Paesi
industrializzati sono stati recepiti dall Unione Europea tramite la Decisione
2002/358/EC.
Per agevolare il monitoraggio delle emissioni negli Stati membri, è stata varata
una Decisione (280/2004/EC) che istituisce un sistema di inventario
comunitario delle emissioni di gas a effetto serra.
E importante sottolineare che attualmente non sono disponibili dati precisi,
ma unicamente delle stime, sulle emissioni totali dei gas serra, dal momento
che in alcuni settori, come il civile, i trasporti, l agricoltura, ecc., non vengono
effettuati rilevamenti, come accade invece nel settore industriale. In futuro
saranno disponibili i dati delle aziende che rientrano nelle categorie comprese
nella Direttiva CE 2003/87 (emissions trading) recepita recentemente
dall Italia.
Dall analisi dei dati emerge che l Italia tra il 1990 ed il 2000, anziché ridurre,
ha aumentato le proprie emissioni di gas serra del 7,1% allontanandosi
ulteriormente dall obiettivo del 2008-2010 (-6,5%). La Regione EmiliaRomagna ha registrato invece un aumento superiore al 14%, inferiore solo ai
risultati ottenuti da alcuni Paesi come la Spagna, l Irlanda, il Portogallo o la
Grecia.
123
124
-80
-60
-40
-20
0
20
40
60
Emilia-Romagna +14,1%
UE (15 Paesi)
Belgio
Repubblica Ceca
Danimarca
Germania
Estonia
Grecia
Spagna
Francia
Irlanda
Emissioni di Gas Serra (variazione % rispetto al 1990)
Italia
Cipro
Lettonia
Lituania
Lussemburgo
Ungheria
Malta
Olanda
Austria
Polonia
Portogallo
Slovenia
Slovacchia
Finlandia
Svezia
Regno Unito
Bulgaria
Croazia
Romania
Islanda
Norvegia
Stati Uniti
Giappone
Obiettivo
2000
PARTE SECONDA
PARTE SECONDA
L intensità energetica misura il rapporto tra il consumo lordo di energia e il PIL
nell arco temporale di un anno. Fornisce quindi delle indicazioni sui consumi
energetici in un economia e sull efficienza energetica.
I consumi lordi di energia sono costituiti dall utilizzo di carbone, elettricità,
metano, gas naturale ed energia prodotta da fonti rinnovabili e vengono
misurati in Kg equivalenti di petrolio ogni 1.000 di PIL.
Dall analisi dei dati si evince che nel 2001 l intensità energetica della Regione
Emilia-Romagna è inferiore a quasi tutti i paesi analizzati ad eccezione della
Danimarca e del Giappone. Questo dimostra che i settori economici
dell Emilia-Romagna hanno raggiunto un importante livello di efficienza
energetica, producendo di più e consumando meno energia.
E importante far notare che la maggior parte dei nuovi Stati membri della
Unione Europea hanno un intensità energetica molto alta, denotando così una
scarsa efficienza energetica dei propri settori economici.
125
PARTE SECONDA
126
PARTE SECONDA
Il fenomeno relativo al volume ed alle tipologie di trasporto sono analizzati
considerando diversi indicatori.
L indicatore relativo ai trasporti misura il volume di merci trasportate in un
territorio rispetto al PIL generato dall economia.
Vengono considerate le merci trasportate su gomma, su rotaia e su acque
interne.
L unità di misura dell indicatore è: tonnellate-km/PIL
L EUROSTAT propone inoltre di misurare in valore percentuale la differenza
esistente tra i dati registrati nel 1995 e quelli successivi. Nel caso dell EmiliaRomagna non è stato possibile effettuare una misurazione di questo tipo
poiché non erano reperibili i dati relativi al 1995, si è così proceduto
unicamente ad effettuare l analisi del tonn-km/ 1000 del PIL a prezzi costanti
95 per l anno 2000.
E importante far notare che nel calcolo dei volumi delle merci trasportate su
strada non è possibile quantificare i numero di veicoli in transito nelle aree di
studio, ma unicamente quelli che partono o arrivano da quelle destinazioni.
Dal confronto con altri paesi Europei, l Emilia-Romagna si colloca tra quelli
con i valori più alti come il Lussemburgo, l Olanda e la Spagna.
127
128
0
50
100
150
200
250
300
350
400
450
500
Lussemburgo
Olanda
Spagna
Finlandia
Trasporto merci in volume in tonn-km/ 1.000 del PIL (1995)
Svezia
Regno Unito
Italia
Austria
UE (15 Paesi)
Portogallo
Germania
Emilia-Romagna 241
Francia
Belgio
Danimarca
Irlanda
Grecia
Norvegia
Islanda
2000
PARTE SECONDA
PARTE SECONDA
L indicatore relativo al trasporto merci per mezzo utilizzato fornisce indicazioni
sulla distribuzione delle merci movimentate per tipologia di mezzo di trasporto.
In particolare viene misurata la percentuale di merci trasportate su gomma in
un determinato periodo.
Dall analisi dei dati si evince che nel 2000 in Emilia-Romagna l 81% delle
merci sono state movimentate su gomma a discapito del trasporto su rotaia,
sistema meno inquinante e con maggiore capacità di movimentazione.
Il dato regionale è comunque inferiore a quello nazionale (89%) ma è
superiore al dato medio europeo e a quello di alcuni paesi come la Francia, la
Germania, l Austria o la Svezia che utilizzano in modo consistente il treno per
il trasporto delle merci.
E importante far notare che negli Stati Uniti solo il 32,7% delle merci vengono
trasportate su gomma, dove il treno è il sistema di trasporto più adeguato per
coprire le lunghi percorsi durante la loro movimentazione.
L indicatore relativo al trasporto persone per mezzo fornisce indicazione sulla
distribuzione degli spostamenti effettuati dalle persone per tipologia di mezzo
di trasporto. In particolare viene misurata la percentuale degli spostamenti
effettuati con veicoli privati in un determinato periodo.
Dall ultima analisi effettuata in Regione Emilia-Romagna (elaborazione PRIT
1998) emerge che l 83% degli spostamenti di persone è stato effettuato con
veicoli privati a discapito del treno e il trasporto pubblico come autobus e
pullman, mezzi, tra l altro più eco-compatibili.
Il dato è in linea con quello italiano (83,3%) e di poco inferiore alla media
Europea (EU15).
Un dato interessante è quello del Giappone, dove circa il 40% delle persone
usano un sistema di trasporto diverso dall auto.
Negli Stati Uniti invece, quasi il 96% delle popolazione usa le autovetture
come principale sistema di trasporto.
129
130
0
20
40
60
80
100
120
Cipro
Malta
Islanda
Grecia
Irlanda
Turchia
Giappone
Spagna
Portogallo
Danimarca
Regno Unito
Italia
Lussemburgo
Trasporto merci su gomma (%)
Norvegia
UE (15 Paesi)
Belgio
Francia
Finlandia
UE (25 Paesi)
Ungheria
Emilia-Romagna 81%
Repubblica Ceca
Germania
Slovenia
Austria
Svezia
Olanda
Polonia
Slovacchia
Bulgaria
Lituania
Romania
Stati Uniti
Estonia
Lettonia
2000
PARTE SECONDA
131
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
Stati Uniti
Islanda
Regno Unito
Norvegia
Francia
Olanda
Germania
Spostamenti persone su autoveicoli privati (%)
UE (15 Paesi)
Svezia
Italia
Belgio
Finlandia
Portogallo
Lussemburgo
Spagna
Irlanda
Danimarca
Emilia-Romagna 83%
Repubblica Ceca
Austria
Grecia
Slovenia
Polonia
Ungheria
Slovacchia
Giappone
1998
PARTE SECONDA
PARTE SECONDA
L indicatore relativo ai rifiuti urbani si divide a sua volta in tre sottoindicatori:
a) Rifiuti urbani raccolti
b) Rifiuti urbani smaltiti in discarica
c) Rifiuti urbani inceneriti
I tre sottoindicatori vengono misurati in kg di rifiuti pro capite/anno.
E importante sottolineare che la Commissione Europea sta cercando di
incentivare tra gli Stati membri la riduzione nella produzione di rifiuti urbani
avendo stabilito un obiettivo nel 5° Programma Europeo di Azione Ambientale,
pari a 300 kg pro capite/anno. Oltre a ciò, la UE incoraggia la
termovalorizzazione dei rifiuti a discapito dello smaltimento tradizionale in
discarica dati gli enormi vantaggi che genera quali: la riduzione di spazi delle
aree di trattamento, la prevenzione di malattie e dell inquinamento del terreno,
lo sfruttamento energetico degli scarti, ecc.
Dall analisi dei dati emerge che nel 2002 nella Regione Emilia-Romagna
venivano prodotti 644 kg di rifiuti urbani pro capite, valore superiore alla media
italiana (520 kg) e alla media europea (EU15
559 kg). E importante far
notare che, a livello europeo, la produzione di rifiuti urbani pro capite è al di
sotto del valore obiettivo (300 kg) in soli tre paesi, ovvero Lituania, repubblica
Ceca e Polonia.
Se si guarda invece il dato relativo ai rifiuti pro capite inceneriti o smaltiti in
discarica, l Emilia-Romagna si colloca, in entrambi i casi, tra i valori più alti
registrati a livello europeo. Ma questo confronto non può considerarsi
significativo dato che alcuni dati forniti dagli Stati membri sono stime che
dovrebbero essere verificate.
132
133
750
700
650
600
550
500
450
400
350
300
250
200
150
100
50
0
Islanda
Cipro
Norvegia
Danimarca
Olanda
Austria
Emilia-Romagna 644 kg
Produzione Rifiuti Urbani - Kg pro capite/anno
UE (15 Paesi)
Malta
Italia
UE (25 Paesi)
Bulgaria
Turchia
Estonia
Ungheria
Slovenia
Finlandia
Grecia
Belgio
Romania
Obiettivo UE
Lettonia
Lituania
Repubblica Ceca
Polonia
2002
PARTE SECONDA
134
0
50
100
150
200
250
300
350
400
Danimarca
Lussemburgo
Olanda
Svezia
Francia
Belgio
Rifiuti smaltiti in discarica - Kg pro capite/anno
Germania
Norvegia
UE (15 Paesi)
UE (25 Paesi)
Portogallo
Emilia-Romagna 276 kg
Austria
Italia
Regno Unito
Repubblica Ceca
Finlandia
Spagna
Islanda
Slovacchia
Ungheria
Lettonia
Polonia
2002
PARTE SECONDA
135
0
50
100
150
200
250
300
350
400
Danimarca
Lussemburgo
Olanda
Svezia
Francia
Belgio
Germania
Rifiuti inceneriti - Kg pro capite/anno
Norvegia
UE (15 Paesi)
UE (25 Paesi)
Portogallo
Austria
Italia
Regno Unito
Emilia-Romagna 126 kg
Repubblica Ceca
Finlandia
Spagna
Islanda
Slovacchia
Ungheria
Lettonia
Slovenia
Polonia
2002
PARTE SECONDA
PARTE SECONDA
La quota di produzione di energia rinnovabile è considerata come il rapporto
tra l energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili e il consumo lordo di energia
elettrica in un anno, ovvero la percentuale di energia rinnovabile sul totale dei
consumi.
Come fonti rinnovabili l EUROSTAT intende: il solare, l eolico, il geotermico,
l idroelettrico, le biomasse, il biogas, le maree, l incenerimento, ecc.
Nella Direttiva 2001/77/CE sulla promozione dell energia elettrica da fonti
energetiche rinnovabili nei mercati interni, sono stati stabiliti degli obiettivi da
raggiungere entro il 2010 da parte degli Stati membri. L Italia si è impegnata
ad attingere da fonti rinnovabili il 25% dei propri consumi, mentre l intera
Unione Europea vorrebbe arrivare al 22%.
Nel 2003 in Emilia-Romagna il 5% dell energia elettrica consumata proveniva
da fonti rinnovabili, mentre in Italia la percentuale era del 12,8%, ancora molto
lontano dall obiettivo.
136
137
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
Islanda
Norvegia
Austria
Svezia
Portogallo
Lettonia
Turchia
Romania
Danimarca
Slovenia
Spagna
Finlandia
UE (15 Paesi)
Quota da energia rinnovabile (%)
Francia
UE (25 Paesi)
Italia
Slovacchia
Grecia
Bulgaria
Germania
Olanda
Irlanda
Regno Unito
Lituania
Repubblica Ceca
Emilia-Romagna 5%
Lussemburgo
Belgio
Polonia
Ungheria
Estonia
Cipro
Malta
Obiettivo 2010
2003
PARTE SECONDA
PARTE SECONDA
L indicatore relativo alle aree protette per biodiversità misura la percentuale
dell intero territorio protetta in base alle Direttive Europee 92/43/EEC (Habitat)
e 79/409/EEC (Uccelli).
Con le direttive habitat e uccelli sono state identificate e mappate tutte le aree
di interesse comunitario per la flora e la fauna. Le aree sono state suddivise in
Siti di Interesse Comunitario - SIC (Habitat) e Zone di Protezione Speciale ZPS (Uccelli).
Nella Regione Emilia-Romagna il 10,7% del territorio rientra nelle aree SIC o
ZPS, mentre in Italia la percentuale sale al 14,7%. Il valore registrato in
Regione è superiore a quelli di Belgio, Olanda, Danimarca, Germania e Regno
Unito; Paesi nei quali l antropizzazione del territorio è molto elevata.
138
139
0
5
10
15
20
25
Spagna
Portogallo
Grecia
Lussemburgo
Italia
Aree protette per biodiversità (%)
Svezia
Finlandia
UE (15 Paesi)
Irlanda
Austria
Emilia-Romagna 10,7%
Belgio
Olanda
Danimarca
Germania
Regno Unito
2003
PARTE SECONDA
PARTE SECONDA
In conclusione l analisi degli indicatori ambientali mette in luce una serie di
criticità del territorio regionale che rendono necessario un approfondimento
specifico del tema, soprattutto alla luce di quanto emergerà nei prossimi
Consigli Europei che dovranno aggiornare la strategia di sviluppo sostenibile
adottata dall Unione Europea.
In particolare pur registrando un basso valore nell intensità energetica,
dimostrando un elevato livello di ricchezza prodotta con un relativamente
basso livello di consumo di energia, l Emilia Romagna presenta differenti
segnali negativi nei diversi fenomeni misurati dagli indicatori.
Innanzitutto nel sistema dei trasporti l elevato livello di trasporti merci in
partenza ed in arrivo per 1000 di PIL prodotto evidenzia come la produzione
di ricchezza in regione dipenda in modo eccessivo, rispetto agli altri paesi
europei ma anche rispetto alla media italiana, dalla movimentazione di merci
fisiche più che dalle componenti immateriali dell economia. La vocazione
industriale della regione rende infatti il trasporto delle merci ed il sistema della
logistica per beni materiali uno dei fattori fondamentali per il proprio sviluppo
ma anche uno dei fattori di criticità per la sostenibilità ambientale. A maggior
ragione se consideriamo il fatto che la regione, come il resto dell Italia,
dipende essenzialmente dal trasporto su gomma.
Infine l elevata crescita del livello di emissioni di gas ad effetto serra in Emilia
Romagna, sensibilmente maggiore anche rispetto alla media nazionale, si
unisce alla scarsa quota di produzione di energia rinnovabile molto lontana
dagli obiettivi prefissati nella strategia di Lisbona e tra i peggiori risultati dei
paesi europei. Probabilmente su questi aspetti incidono differenti fattori che
dipendono dalle caratteristiche del territorio e da scelte, effettuate negli anni
passati dal livello nazionale, di localizzazione degli impianti di produzione di
energia che hanno penalizzato la regione. Risulta comunque evidente come
sia lontano il raggiungimento dell obiettivo considerato fondamentale per
l attuazione della strategia dello sviluppo sostenibile: la dissociazione tra
crescita economica ed utilizzo dell energia non rinnovabile.
140
Riferimenti bibliografici
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primavera di Barcellona, COM (2002)14 definitivo del 15/01/2002.
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Stoccolma, COM (2001)79 definitivo del 07/02/2001.
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141
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www.wto.org
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Lisbona.
Petrella, Luigi dimenticare Lisbona , www.lavoce.info
Sirilli, Giorgio Ricerca e Sviluppo , Bologna, Il Mulino 2005
142
Allegato Indicatori di Lisbona: Short list, long list ed
indicatori rilevati per l EmiliaRomagna
Indicatori Long List (Ultimo Consiglio
Europeo di primavera marzo 2004)
PIL pro capite (in SPA) e tasso di crescita
reale del PIL
Produttività del lavoro (per lavoratore e per
ora lavorata)
Indicatori Short List
(Ultimo Consiglio
Europeo di
primavera marzo
2004)
*
*
Crescita del tasso di occupazione (totale e
per sesso)
Tasso d'inflazione
Crescita del costo unitario reale del lavoro
Saldo del bilancio pubblico
Debito pubblico
Tasso di occupazione 15-64 totale e per
sesso.
Tasso di occupazione dei lavoratori anziani
(totale e per sesso)
SI
SI
SI
SI
*
*
Divario retributivo tra i sessi
Aliquota fiscale sui lavoratori a bassa
retribuzione
Formazione permanente (partecipazione di
adulti all'istruzione e alla formazione)
SI
SI
SI
SI
Infortuni sul lavoro (qualità del lavoro)
Tasso di disoccupazione (totale e per sesso)
Spese pubbliche per l'istruzione
Spese per la R&S
SI
SI
SI
SI
*
Livello dell'accesso ad Internet
Disponibilità
del dato per
l'Emilia
Romagna
Dottorati in scienza e tecnologia
Brevetti
Capitale di rischio
Investimenti nelle TCI
SI
SI
SI
*
Livelli relativi e convergenza dei prezzi
Prezzi nelle industrie a rete
143
SI
Indicatori Long List (Ultimo Consiglio
Europeo di primavera marzo 2004)
Indicatori Short List
(Ultimo Consiglio
Europeo di
primavera marzo
2004)
Disponibilità
del dato per
l'Emilia
Romagna
Struttura dei mercati nelle industrie a rete
Appalti pubblici
Aiuti di Stato e ad hoc
*
*
Capitali raccolti sui mercati azionari
Business investment
SI
Distribuzione del reddito (quintile del reddito)
Tasso di povertà prima e dopo i trasferimenti
sociali
*
SI
Persistenza della povertà
*
Coesione regionale
Abbandono scolastico e non sostengono
corsi d'istruzione o di formazione
Disoccupazione di lunga durata
*
SI
*
*
*
SI
Persone appartenenti a nuclei familiari
senza reddito da lavoro
Emissioni di gas ad effetto serra
Intensità energetica dell'economia
Volume dei trasporti (tonnellate e
passeggeri/km) in rapporto al PIL
SI
SI
Ripartizione tra i modi di trasporto
SI
Qualità dell'aria urbana (esposizione della
popolazione urbana
Rifiuti urbani raccolti, messi in discarica e
inceneriti
Percentuale delle fonti energetiche
rinnovabili nel consumo di energia elettrica
SI
144
SI
ERVET SPA
Via G.B. Morgagni, 6 - 40122 Bologna
Tel +39 051 6450411 - Fax +39 051 6450310
E-mail [email protected] - www.ervet.it
Consiglio di amministrazione:
Presidente:
Daniele Alni
Sergio Iovino
Massimo Bagni
Guglielmo Cacchioli
Lorenzo Carapellese
Massimo D'Angelillo
Umberto Giacomelli
Direttore generale:
Giuseppina Gualtieri
Attività:
ERVET Emilia-Romagna Valorizzazione economica territorio SpA è la Società a
prevalente partecipazione della Regione Emilia-Romagna che, a seguito della legge di
riordino L.R. n. 5/2003, opera come Agenzia di sviluppo territoriale con l obiettivo di
promuovere un economia sostenibile, coerentemente con la programmazione e
pianificazione dell ente regionale e del sistema delle istituzioni locali.
ERVET, in coerenza con gli obiettivi istituzionali di valorizzazione economica del
territorio, fornisce i propri servizi alla Regione Emilia-Romagna tramite apposita
convenzione, e ad altri soggetti pubblici o privati attraverso specifici progetti.
ERVET si pone, da un lato, come centro di competenza e di supporto tecnico alle
politiche locali e, dall altro, quale soggetto impegnato nella governance di progetti
complessi e attivatore di reti nazionali e internazionali.
La nuova mission e le aree di intervento vertono su quattro ambiti strategici
fondamentali:
- Supporto tecnico-operativo nella definizione, gestione, monitoraggio e valutazione
delle politiche pubbliche
- Realizzazione di interventi tecnici mirati nell ambito di specifiche policy di sviluppo
territoriale
- Attivazione e sviluppo di partenariati e reti relazionali a livello locale, nazionale e
internazionale, con particolare attenzione ai temi della partnership pubblico-privata
- Realizzazione di studi di fattibilità, analisi socio-economiche e operative in ambito
locale e settoriale con finalità di policy advice