1 - liceo Paleocapa
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1 - liceo Paleocapa
Si vuole dimostrare che l’Autore latino ha per primo gettato le basi di un metodo scientifico basato sull’osservazione del fenomeno naturale e astronomico, sulla dimostrazione e sulla sperimentazione; nel corso dei secoli tale metodo si è evoluto, ma fondamentali sono rimasti: il principio di un ‘sapere’ aperto e inesauribile e l’atteggiamento di “meraviglia” dello scienziato. LUCREZIO GALILEO De Rerum Natura Elogio a Epicuro Fulmine, fasi lunari ed eclissi Moto delle stelle, equinozi e solstizi Lampo, pioggia e moto del sole e della luna Saggiatore, Apologo di Galileo Galilei Sidereus Nuncius, Luna(1) Sidereus Nuncius, Satelliti di Giove Contro L’ipse dixit LUCREZIO: ELOGIO A EPICURO D.r.n. 1, 62-65 Humana ante oculus foede cum vita iaceret in terris oppressa gravi sub religione quae caput a caeli regionibus ostendebat 1. Humana vita: iperbato, mette in risalto il soggetto della narrativa; 2. quae… ostendebat, horribili aspectu: personificazione, la superstizione è paragonata ad un mostro che incombe dall’alto. 3. Super + instans = stare sopra horribili super aspectu mortalibus instans, cum, ante oculos, humana vita in terris foede iaceret, oppressa gravi sub religione quae caput ostendebat a caeli regionibus, super instans (cum) horribili aspectu mortalibus TRADUZIONE ITALIANA: Dal momento in cui, davanti agli occhi (di tutti), la vita umana vergognosamente giaceva sulla terra, schiacciata sotto il grave peso della superstizione che dalle regioni del cielo mostrava il suo capo incombendo dall’alto sugli uomini con il suo terribile aspetto LUCREZIO: ELOGIO A EPICURO D.r.n 1, 66-71 primum Graius homo mortalis tollere contra est oculos ausus primusque obsistere contra, primum Graius homo (Epicuro) tollere mortalis oculus et obsistere contra (religionem) quem neque fama deum nec fulmina nec minitanti murmure compressit caelum, sed eo magis acrem irritat animi virtutem effringere ut arta naturae primus portarum claustra cupiret. quem nec compressit : fama deum; fulmina; minitanti murmure TRADUZIONE ITALIANA: per la prima volta un uomo greco osò sollevarle contro gli occhi mortali, e per primo opporsi ad essa; e non lo intimorirono né le dicerie degli dei, né i fulmini, né il cielo con il suo mormorio minaccioso, anzi (tutto ciò) eccitò ancor di più l’ardente virtù del suo animo, da desiderare di spezzare per primo gli stretti serrami delle porte della natura. Sed eo irritat animi virtutem effringere Ut portarum cupiret LUCREZIO: ELOGIO A EPICURO D.r.n 1, 72-79 Ergo vivida vis animi pervicit et extra processit longe flammantia moenia mundi atque omne immensum peragravit mente animoque, unde refert nobis victor quid possit oriri, 1. pervicit, victor…: lessico militare, Epicuro ha combattuto ed è vincitore, la religio schiacciata dai nostri piedi (pedibus subiecta) ci eguaglia al cielo. 2. refert: paradigma rĕfĕro, rĕfĕrs, retuli, relatum, rĕfĕrre sign. Specifico lessico militare: “ riportare le spoglie dei nemici vinti da parte dei vincitori”... quid nequeat, finita potestas denique cuique quanam sit ratione atque alte terminus haerens. Quare religio pedibus subiecta vicissim opteritur, nos exaequat victoria caelo. E così stravinse la vivida forza del suo ingegno E si spinse lontano, oltre le fiammeggianti mura del mondo, Ed esplorò nella sua immensità l’universo con la forza del suo ingegno, Da dove riporta a noi vincitore che cosa possa nascere e cosa non possa e infine per quale legge ogni cosa abbia un potere definito e un limite saldamente fissato. Perciò la superstizione, schiacciata sotto I piedi, è calpestata e la vittoria ci innalza fino al cielo. ALLA RICERCA DEL METODO: L’IMPORTANZA DELL’OSSERVAZIONE Lucrezio attraverso il suo elogio a Epicuro celebra l’intelligenza umana impegnata in una continua lotta contro la superstizione e quindi le credenze, i pregiudizi … I passi in cui meglio risaltano i mezzi con il quale Il greco è riuscito in questa impresa sono: “primum Graius homo mortalis tollere contra est oculos ausus primusque obsistere contra” (D.r.n. 1,66-67) “omne immensum peragravit mente animoque” (D.r.n. 1, 74) Gli oculos sono quindi il tramite per la quale annullare ed ergersi oltre le credenze, inoltre, attraverso la forza dell’ingegno dell’uomo (mente animoque, endiadi rafforzativa) si ha l’abilità di comprendere la natura con le sue leggi immutabili ed universali, dominando così la religio. Moto delle stelle D.r.n. 5, 509-525 « Motibus astrorum nunc quae sit causa canamus. Principio magnus caeli si vertitur orbis, ex utraque polum parti premere aëra nobis dicendum est extraque tenere et claudere utrimque; inde alium supra fluere atque intendere eodem quo volvenda micant aeterni sidera mundi; aut alium subter, contra qui subvehat orbem, ut fluvios versare rotas atque haustra videmus. » « Ora cantiamo quale sia la causa dei movimenti degli astri. Anzitutto, se la grande sfera del cielo gira intorno, dobbiamo dire che l'aria preme sui poli alle due estremità dell'asse e la tiene a posto dall'esterno e la chiude da ambo i lati; altra aria, poi, fluisce al di sopra e tende alla stessa meta verso cui girano brillando gli astri dell'eterno mondo; altra aria fluisce di sotto e trascina la sfera in senso opposto, come vediamo i fiumi far girare ruote e secchie. » Principio magnus caeli si vertitur orbis Dicendum est Perifrastica passiva Significato del costrutto: Necessità, doverosità, obbligo Utilizzo nel testo: ut fluvios versare rotas atque haustra videmus se la grande sfera del cielo gira intorno Dobbiamo dire Lucrezio sottolinea l’importanza di giustificare l’affermazione precedente «la grande sfera del cielo gira intorno», ovvero la sua prima ipotesi sul moto delle stelle. come vediamo i fiumi far girare ruote e secchie. Lucrezio paragona l’azione dell’aria a quella della corrente nei fiumi • Utilizzo dei sensi (videmus) • Richiamo a una situazione pratica Rivalutazione delle esperienza sensibili « Est etiam quoque uti possit caelum omne manere in statione, tamen cum lucida signa ferantur; sive quod inclusi rapidi sunt aetheris aestus quaerentesque viam circum versantur et ignes passim per caeli volvunt summania templa; sive aliunde fluens alicunde extrinsecus aër versat agens ignis; sive ipsi serpere possunt quo cuiusque cibus vocat atque invitat euntis, flammea per caelum pascentis corpora passim. » « Può anche darsi che tutto il cielo resti immoto, mentre frattanto i lucidi astri sono in movimento, o perché vi sono rinchiuse le rapide correnti dell'etere e, cercando una via, s'aggirano tutt'intorno e così volgono i fuochi qua e là per le notturne volte del cielo; o un'aria, che fluisce da un altro luogo qualsiasi al di fuori, trascina e fa girare i fuochi; o possono essi stessi scivolare dove il cibo d'ognuno li chiama e invita mentre procedono, pascendo qua e là per il cielo i loro corpi di fuoco. » «Est etiam quoque uti possit caelum omne manere in statione, tamen cum lucida signa ferantur;» «Può anche darsi che tutto il cielo resti immoto, mentre frattanto i lucidi astri sono in movimento,» Lucrezio fornisce un’altra ipotesi per spiegare il moto delle stelle, Fondata su tre possibili argomentazioni diverse introdotte dalle congiunzioni sive… sive… sive… . Dimostrando quindi di NON avere una mentalità chiusa, anzi di possedere una mente aperta alle nuove possibilità Possit è un congiuntivo quindi indica Possibilità non certezza. • o perché vi sono rinchiuse le rapide correnti dell'etere • o un'aria, che fluisce da un altro luogo qualsiasi al di fuori, trascina e fa girare i fuochi • o possono essi stessi scivolare dove il cibo d'ognuno li chiama e invita mentre procedono Solstizi ed equinozi « Crescere itemque dies licet et tabescere noctes, et minui luces, cum sumant augmina noctes, aut quia sol idem sub terras atque superne imparibus currens anfractibus aetheris oras partit et in partis non aequas dividit orbem, et quod ab alterutra detraxit parte, reponit eius in adversa tanto plus parte relatus, donec ad id signum caeli pervenit, ubi anni nodus nocturnas exaequat lucibus umbras. Nam medio cursu flatus aquilonis et austri distinet aequato caelum discrimine metas propter signiferi posituram totius orbis, annua sol in quo concludit tempora serpens, obliquo terras et caelum lumine lustrans, ut ratio declarat eorum qui loca caeli omnia dispositis signis ornata notarunt». D.r.n. 680-704 E del pari può darsi che s'allunghino i giorni e scemino le notti, e poi s'accorcino i giorni e nel contempo crescano le notti, perché lo stesso sole, sotto la terra e al disopra descrivendo curve di lunghezza differente, spartisce le plaghe dell'etere e divide la sua orbita in parti ineguali, e ciò che da una parte ha tolto, lo aggiunge nell'opposta parte dell'orbita, facendovi una corsa tanto più lunga, finché non arriva a quel segno celeste, dove il nodo dell'anno uguaglia ai giorni le ombre della notte. Difatti a mezzo cammino fra i soffi dell'aquilone e dell'austro, il cielo tiene separate ad uguale distanza le due mete per la positura di tutto il cerchio delle costellazioni in cui il sole scivolando conchiude il periodo di un anno, illuminando di obliqua luce la terra e il cielo, come spiega la dottrina di coloro che disegnarono tutte le regioni del cielo, ornate delle costellazioni poste nell'ordine loro. « Aut quia crassior est certis in partibus aër, sub terris ideo tremulum iubar haesitat ignis nec penetrare potest facile atque emergere ad ortus. Propterea noctes hiberno tempore longae cessant, dum veniat radiatum insigne diei. Aut etiam, quia sic alternis partibus anni tardius et citius consuerunt confluere ignes qui faciunt solem certa de surgere parte, propterea fit uti videantur dicere verum» «Può anche darsi che in certe parti l'aria sia più densa, e perciò sotto la terra esiti il tremulo splendore del fuoco e non possa penetrarla facilmente ed emergere a oriente; perciò le notti nel tempo invernale lunghe indugiano, finché non giunga il radioso ornamento del giorno. Può ancora darsi che allo stesso modo in alterne stagioni dell'anno siano soliti confluire, ora più lentamente, ora più rapidamente, i fuochi che fanno sorgere il sole da una parte determinata. Per questo avviene che sembrino dire il vero.» Licet.. Aut… aut… aut… Lucrezio presenta molte possibili ipotesi per spiegare i solstizi e gli equinozi: 1. lo stesso sole, sotto la terra e al disopra descrivendo curve di lunghezza differente, spartisce le plaghe dell'etere e divide la sua orbita in parti ineguali 2. Può anche darsi che in certe parti l'aria sia più densa 3. siano soliti confluire, ora più lentamente, ora più rapidamente, i fuochi che fanno sorgere il sole da una parte determinata. «Nam medio cursu flatus aquilonis et austri distinet aequato caelum discrimine metas» «Propterea noctes hiberno tempore longae cessant, dum veniat radiatum insigne diei.» «Difatti a mezzo cammino fra i soffi dell'aquilone e dell'austro, il cielo tiene separate ad uguale distanza le due mete» «perciò le notti nel tempo invernale lunghe indugiano, finché non giunga il radioso ornamento del giorno.» Nam propterea… Lucrezio qui introduce eventi reali che vanno a confermare la sua ipotesi • Esperienza sensibile «ut ratio declarat eorum qui loca caeli omnia dispositis signis ornata notarunt» Lucrezio nomina la dottrina di coloro che disegnano tutte le regioni del cielo, perifrasando l’astronomia • Importanza della collaborazione tra le varie discipline scientifiche e non, per integrare e ampliare le conoscenze. Caratteristiche dello scienziato osservate in Lucrezio • Mente aperta alle nuove possibilità • Esperienza sensibili • argomenti su cui basare l’ipotesi • Collaborazione tra le varie discipline Confronto con Galileo (1564- 1642) per vedere come le cose sono cambiate nel corso dei secoli LAMPO Fulgit item, nubes ignis cum semina multa excussere suo concursu, ceu lapidem si percutiat lapis aut ferrum; nam tum quoque lumen exilit et claras scintillas dissipat ignis. Esempio Ceu lapidem percutiat lapis aut ferrum. Similmente lampeggia quando le nuvole, scontrandosi fra loro, hanno scosso via da sé molti semi di fuoco; come se pietra o ferro percuota una pietra; difatti anche allora una luce guizza, e il fuoco sparge qua e là risplendenti scintille. Come se pietra o ferro percuota una pietra. • Excussere suo concursu = infinitiva, scontrandosi fra loro; Lucrezio richiama la teoria del clinamen, grazie al quale si ha la formazione della materia. • Ignis = fuoco; Lucrezio spiega di cosa, secondo le sue ipotesi, è composto il lampo. «Si percutiat lapis» «Se pietra percuota» Confronta le esperienze. Sed tonitrum fit uti post auribus accipiamus, fulgere quam cernant oculi, quia semper ad auris tardius adveniunt quam visum quae moveant res. • Accipiamus = accipio accipes accepi acceptum accipere, percepire. Lucrezio vuole sottolineare il modo in cui ha svolto la sua indagine, utilizzando il confronto tra lampo (fulgorem) e tuono (tronitum) e, quindi, soffermandosi sui sensi in uso in quei momenti: vista (oculi et visum) e udito (aures). Ma il tuono, avviene che lo percepiamo con gli orecchi dopo che gli occhi vedono lampeggiare, perché sempre agli orecchi i suoni arrivano più lenti che alla vista ciò da cui è stimolata. Id licet hinc etiam cognoscere: caedere si quem ancipiti videas ferro procul arboris auctum, ante fit ut cernas ictum quam plaga per auris det sonitum; sic fulgorem quoque cernimus ante quam tonitrum accipimus, pariter qui mittitur igni e simili causa, concursu natus eodem. «Si videas» Questo tu puoi conoscerlo anche di qui: se scorgi qualcuno lontano con una scure a due tagli tagliare un alto albero, avviene che tu veda il colpo prima che il suono dell'urto pervenga agli orecchi; così anche vediamo il lampo prima di udire il tuono, che prorompe con la fiamma, al tempo stesso, per simile causa, nato dallo stesso scontro. «Se scorgi» «id licet hinc etiam cognoscere» videas auris Ipotesi sul fenomeno Compie le sue ipotesi utilizzando i sensi e confrontando la sua esperienza col fenomeno. • Concursu natus eodem = nato dallo stesso scontro; si ha nuovamente un richiamo alla teoria del clinamen, grazie al quale Lucrezio dà una spiegazione «scientifica» sulla formazione del lampo. Hoc etiam pacto volucri loca lumine tingunt nubes et tremulo tempestas impete fulgit. ventus ubi invasit nubem et versatus ibidem fecit ut ante cavam docui spissescere nubem, mobilitate sua fervescit; ut omnia motu percalefacta vides ardescere, plumbea vero glans etiam longo cursu volvenda liquescit. ergo fervidus hic nubem cum perscidit atram, dissipat ardoris quasi per vim expressa repente semina, quae faciunt nictantia fulgura flammae; inde sonus sequitur, qui tardius adlicit auris quam quae perveniunt oculorum ad lumina nostra. Hoc etiam Anche in questo modo Apertura mentale Anche in questo modo le nuvole cospargono i luoghi di luce che vola, e la tempesta lampeggia di tremuli guizzi: quando il vento è piombato in una nuvola e, roteando lì dentro, ha fatto che la nuvola incavata, come prima ho insegnato, s'ispessisse, esso si riscalda per il proprio rapido moto: così vedi ogni cosa per il moto scaldarsi molto e ardere; e una palla di piombo turbinando in lunga corsa persino si fonde. Così il vento infocato, quando ha squarciato la nuvola nera, d'un tratto scaccia, per così dire, a forza e sparge qua e là quei semi di fuoco che fanno i guizzanti lampi di fiamma; viene poi il suono, che colpisce gli orecchi più lento delle immagini che alla vista dei nostri occhi. PIOGGE Primum iam semina aquai multa simul vincam consurgere nubibus ipsis omnibus ex rebus pariterque ita crescere utrumque et nubis et aquam, quae cumque in nubibus extat, ut pariter nobis corpus cum sanguine crescit, sudor item atque umor qui cumque est denique membris. Primum = per prima cosa Dà un ordine agli argomenti. «vincam» = proverò Vuole dimostrare la sua ipotesi (metodo scientifico) Similitudine: nuvole – corpo umano Ripetizione di nubes e aquam Prima di tutto proverò che molti semi d'acqua sorgono insieme con le nuvole stesse da tutte le cose e che così crescono di pari passo entrambe, e le nuvole e l'acqua, quanta ce n'è nelle nuvole, come di pari passo col sangue cresce il nostro corpo, e anche il sudore e infine ogni altro liquido ch'è nelle membra. Vuole ricordare di cosa si sta parlando Concipiunt etiam multum quoque saepe marinum umorem, vel uti pendentia vellera lanae, cum supera magnum mare venti nubila portant. Inoltre spesso le nuvole s'imbevono anche di molta umidità marina, come velli di lana sospesi, quando i venti le trasportano sul vasto mare. «etiam» = inoltre Secondo argomento che prende in considerazione. Similitudine: nuvole - velli di lana Consimili ratione ex omnibus amnibus umor tollitur in nubis. Quo cum bene semina aquarum multa modis multis convenere undique adaucta, confertae nubes umorem mittere certant dupliciter; nam vis venti contrudit et ipsa copia nimborum turba maiore coacta urget et e supero premit ac facit effluere imbris. In simile maniera da tutti i corsi d'acqua l'umidità si solleva alle nuvole. E, quando molto numerosi semi d'acqua in molti modi si sono là raccolti, accresciuti da ogni dove, le nuvole rigonfie gareggiano a rovesciare ‹la pioggia› per due cause: difatti la forza del vento le spinge, e per altro la massa stessa dei nembi, addensata in folla più numerosa, urge e preme dall'alto e fa scorrere fuori gli acquazzoni. Consimili ratione = in simile maniera; Terzo argomento che viene esposto. Espone gli argomenti seguendo un ordine preciso Dupliciter = per due cause Ammette più di una soluzione Praeterea cum rarescunt quoque nubila ventis aut dissolvuntur solis super icta calore, mittunt umorem pluvium stillantque, quasi igni cera super calido tabescens multa liquescat. «Praeterea» = inoltre Ultimo argomento riguardante le piogge. Similitudine Pioggia - cera Inoltre, anche quando sono diradate dai venti o si sciolgono al calore del sole che le colpisce dall'alto, le nuvole emettono l'acqua della pioggia, e stillano, come se cera, struggendosi su ardente fuoco, goccioli in abbondanza. MOTO DEL SOLE E DELLA LUNA Nec ratio solis simplex «et» recta patescit, quo pacto aestivis e partibus aegocerotis brumalis adeat flexus atque inde revertens canceris ut vertat metas ad solstitialis, lunaque mensibus id spatium videatur obire, annua sol in quo consumit tempora cursu. Non, inquam, simplex his rebus reddita causast. Né si dà un'unica e immediata possibilità di spiegare in che modo il sole s'avvicini dalle regioni estive al tropico invernale del Capricorno, e come, ritornando di là, si volga alla meta solstiziale del Cancro, e come si veda la luna percorrere tutti i mesi lo spazio in cui il sole correndo consuma il tempo di un anno. Non c'è, dico, un'unica causa assegnata a queste cose. Nec ratio solis simplex «et» recta patescit Né si dà un'unica e immediata possibilità di spiegare Non, inquam, simplex his rebus reddita causast. Non c'è, dico, un'unica causa assegnata a queste cose. Lucrezio permette la possibilità che ci sia più di una causa che fa avvenire il fenomeno Nam fieri vel cum primis id posse videtur, Democriti quod sancta viri sententia ponit, quanto quaeque magis sint terram sidera propter, tanto posse minus cum caeli turbine ferri; evanescere enim rapidas illius et acris imminui supter viris, ideoque relinqui paulatim solem cum posterioribus signis, inferior multo quod sit quam fervida signa. Prima di tutto, infatti, sembra che possa avvenire ciò che afferma l'opinione di Democrito, uomo venerabile: quanto più i vari astri sono vicini alla terra, tanto meno essi possono esser tratti col turbine del cielo; giacché la sua rapida e veemente forza diminuisce e si perde in basso; e il sole è a poco a poco lasciato indietro con le costellazioni posteriori per questo: perché è molto meno alto delle costellazioni ardenti. Et magis hoc lunam: quanto demissior eius cursus abest procul a caelo terrisque propinquat, tanto posse minus cum signis tendere cursum. Flaccidiore etiam quanto iam turbine fertur inferior quam sol, tanto magis omnia signa hanc adipiscuntur circum praeterque feruntur. E ancor più di questo la luna: quanto più basso è il suo corso, quanto più s'allontana dal cielo e s'appressa alla terra, tanto meno essa può dirigere il corso gareggiando con gli astri. Anzi, quanto più lento è il turbine da cui essa è tratta trovandosi al disotto del sole, tanto più tutti gli astri la raggiungono girandole intorno e la sorpassano. «Democriti viri» = democrito uomo venerabile; iperbato che mette in luce il riferimento culturale. Lucrezio si collega a Democrito, primo filosofo atomista greco, attraverso cui espone la sua tesi riguardo agli astri e alla luna. Propterea fit ut haec ad signum quodque reverti mobilius videatur, ad hanc quia signa revisunt. Fit quoque ut e mundi transversis partibus aër alternis certo fluere alter tempore possit, qui queat aestivis solem detrudere signis brumalis usque ad flexus gelidumque rigorem, et qui reiciat gelidis a frigoris umbris aestiferas usque in partis et fervida signa. Propterea fit ut haec Fit quoque ut Ammette la possibilità di più soluzoni. E perciò avviene ch'essa sembri tornare a ogni astro più celermente: perché sono gli astri che di nuovo la raggiungono. Può anche avvenire che da regioni del mondo che attraversano il corso del sole fluiscano a turno due correnti d'aria, ciascuna in una stagione determinata: una che possa cacciare il sole dalle costellazioni estive al tropico invernale e al rigido gelo; l'altra che dalle gelide ombre del freddo lo ricacci fino alle regioni cariche di calore e alle costellazioni ardenti. E perciò avviene che Può anche avvenire che Mentalità aperta Et ratione pari lunam stellasque putandumst, quae volvunt magnos in magnis orbibus annos, aëribus posse alternis e partibus ire. Nonne vides etiam diversis nubila ventis diversas ire in partis inferna supernis? Qui minus illa queant per magnos aetheris orbis aestibus inter se diversis sidera ferri? E similmente si deve credere che la luna e le stelle, che volgono in grandi orbite i grandi anni, possano muoversi per correnti d'aria da opposte regioni alternamente. Non vedi anche le nuvole più basse andare, per forza di venti opposti, in direzione opposta a quella delle più alte? Perché non potrebbero quegli astri, per le grandi orbite dell'etere, volgersi per forza di correnti opposte fra loro? E similmente si deve credere che la luna e le stelle… Et ratione pari lunam stellasque putandumst… Certezza dell’idea di cui sta parlando Nonne vides etiam diversis nubila ventis diversas ire in partis inferna supernis? Qui minus illa queant per magnos aetheris orbis aestibus inter se diversis sidera ferri? Fa delle domande al lettore per mettere curiosità sull’argomento di cui parlerà successivamente Non vedi anche le nuvole più basse andare, per forza di venti opposti, in direzione opposta a quella delle più alte? Perché non potrebbero quegli astri, per le grandi orbite dell'etere, volgersi per forza di correnti opposte fra loro? VEDERE, PERCEPIRE… VIDEOR ACCIPIO «Si veda» «Sembra» «Percepire» Campi semantici: • visum = vista • oculi = occhi Lucrezio osserva, ma non può dare notizie certe in quanto non possiede gli strumenti adeguati. Pertanto osserva e prova a dare una spiegazione razionale a quello che vede. Campo semantico: • auris = orecchie Usato per fare un confronto tra lampo e tuono, per far capire le caratteristiche del lampo. CARATTERISTICHE SCIENTIFICHE DI LUCREZIO • Mente aperta; • Importanza dei sensi, in particolare la relazione tra l’uno e l’altro; • Riprende e rivede teorie scientifiche scoperte nel passato (Democrito). LUCREZIO: FULMINI D.r.n. 6, 310-319 Fit quoque ut ipsius plagae vis excitet ignem, frigida cum venti pepulit vis missa sine igni, nimirum quia, cum vementi perculit ictu, confluere ex ipso possunt elementa vaporis et simul ex illa quae tum res excipit ictum; ut, lapidem ferro cum caedimus, evolat ignis, nec, quod frigida vis ferrist, hoc setius illi semina concurrunt calidi fulgoris ad ictum. TRADUZIONE Avviene anche che la forza stessa dell'urto susciti il fuoco, quando fredda s'abbatte la forza del vento lanciata senza fuoco, certo perché, quando ha percosso con colpo veemente, dallo stesso vento possono confluire elementi di calore, e insieme da quella cosa che allora riceve il colpo; come, quando battiamo una pietra col ferro, sprizza il fuoco, né, perché la forza del ferro è fredda, per questo meno accorrono sotto il suo colpo semi di caldo fulgore. Questo testo, come moltri altri dell’autore, è diviso in due parti. Parte 1: La regola Parte2: Esempi , dati in questo caso con una similitudine. ECLISSI D.r.n. 5, 748-770 Quo minus est mirum si certo tempore luna gignitur et certo deletur tempore rursus, cum fieri possint tam certo tempore multa. × Perciò non c'è da meravigliarsi se a tempo fisso la luna nasce e di nuovo a tempo fisso si dissolve, quando tante cose possono a tempo fisso avvenire. Solis item quoque defectus lunaeque latebras pluribus e causis fieri tibi posse putandumst. × Parimenti devi credere che anche le eclissi del sole e il celarsi della luna possano avvenire per diverse cause. APERTURA MENTALE 1 Nam cur luna queat terram secludere solis lumine et a terris altum caput obstruere ei, obiciens caecum radiis ardentibus orbem; tempore eodem aliud facere id non posse putetur corpus quod cassum labatur lumine semper? Infatti, perché la luna potrebbe escludere la terra dalla luce del sole e a questo opporre il proprio capo alto dalla terra, ponendo l'opaco disco davanti ai raggi ardenti, e nello stesso tempo si dovrebbe credere che non possa far ciò un altro corpo che scivoli sempre privo di luce? 2 Solque suos etiam dimittere languidus ignis tempore cur certo nequeat recreareque lumen, cum loca praeteriit flammis infesta per auras, quae faciunt ignis interstingui atque perire? E il sole stesso perché non potrebbe illanguidito perdere i suoi fuochi a tempo fisso e poi rinnovare la luce, quando, traversando l'aria, è passato per luoghi ostili alle fiamme, i quali producono l'estinguersi e il perire dei fuochi? 3 Et cur terra queat lunam spoliare vicissim lumine et oppressum solem super ipsa tenere, menstrua dum rigidas coni perlabitur umbras; tempore eodem aliud nequeat succurrere lunae corpus vel supra solis perlabier orbem, quod radios interrumpat lumenque profusum? E perché la terra potrebbe a sua volta spogliar di luce la luna e tener nascosto il sole standogli sopra essa stessa, mentre la luna nel suo mensile viaggio scivola per le rigide ombre del cono, e nello stesso tempo non potrebbe un altro corpo passar sotto la luna o scivolare sopra il disco del sole, così da interromperne i raggi e la luce che esso spande? 4 Et tamen ipsa suo si fulget luna nitore, cur nequeat certa mundi languescere parte, dum loca luminibus propriis inimica per exit? E d'altronde, se la stessa luna rifulge di proprio splendore, perché non potrebbe illanguidirsi in una determinata parte del mondo, mentre attraversa luoghi nemici alla sua luce? FASI LUNARI D.r.n. 5, 705-724 Luna potest solis radiis percussa nitere inque dies magis ‹id› lumen convertere nobisad speciem, quantum solis secedit ab orbi, donec eum contra pleno bene lumine fulsitatque oriens obitus eius super edita vidit; inde minutatim retro quasi condere lumen debet item, quanto propius iam solis ad ignem labitur ex alia signorum parte per orbem; ut faciunt, lunam qui fingunt esse pilai consimilem cursusque viam sub sole tenere. Est etiam quare proprio cum lumine possit volvier et varias splendoris reddere formas. Corpus enim licet esse aliud quod fertur et una labitur omnimodis occursans officiensque nec potis est cerni, quia cassum lumine fertur. Versarique potest, globus ut, si forte, pilai dimidia ex parti candenti lumine tinctus, versandoque globum variantis edere formas, donec eam partem, quaecumque est ignibus aucta, ad speciem vertit nobis oculosque patentis. Può darsi che la luna splenda perché percossa dai raggi del sole, e che di giorno in giorno maggiormente volga ‹quella› luce verso il nostro sguardo, quanto più s'allontana dal disco del sole, finché di contro ad esso rifulge di pienissima luce e sorgendo, alta sopra l'orizzonte, ne vede il tramonto; poi, a poco a poco, essa deve parimenti ritrarsi e nascondere, per così dire, la luce, quanto più vicino al fuoco del sole ormai scivola dall'altra parte per il cerchio delle costellazioni; tale è la teoria di coloro i quali immaginano che la luna sia simile a una sfera e percorra la sua orbita al disotto del sole. È dato anche supporre ch'essa possa ruotare con propria luce e pur presentare differenti aspetti del suo splendore. Può esserci infatti un altro corpo, che si muove e scivola insieme con essa, in tutti i modi opponendosi ed eclissandola, senza che sia possibile discernerlo, perché privo di luce si muove. Ed essa può girare su sé stessa, come farebbe la sfera d'una palla cosparsa per metà di candida luce e, facendo girare la sua sfera, produrre varie fasi,finché volge al nostro sguardo e agli occhi aperti quella parte, qualunque sia, che è cinta di fuoco. Similitudine Apertura mentale Denique cur nequeat semper nova luna creari ordine formarum certo certisque figuris inque dies privos aborisci quaeque creata atque alia illius reparari in parte locoque, difficilest ratione docere et vincere verbis, ordine cum ‹possint› tam certo multa creari. Infine, perché non possa ogni giorno una nuova luna crearsi con ordine fisso di fasi e con forme fisse, e ciascun giorno sparire quella che si era creata e un'altra sostituirsi ad essa nella sua regione e posizione, è difficile mostrare col ragionamento e provare con le parole, quando ‹vedi› che tante cose si creano con ordine fisso. GALILEO: LA FAVOLA DEI SUONI Dal Saggiatore Campi semantici: 1. “atteggiamento scientifico” 2. “osservazione dei fenomeni” 3. “ipotesi/ sperimentazione” “… un uomo dotato da natura d’uno ingegno perspicacissimo e d’una curiosità straordinaria; e per suo trastullo allevandosi diversi uccelli, gustava molto del lor canto, e con grandissima meraviglia andava osservando con che bell’artificio…” “… si mise a guardar dietro alla porta per veder chi aveva sonato, e s’accorse che il suono era uscito dagli arpioni e dalle bandelle nell’aprir la porta? Un’altra volta, spinto dalla curiosità, entrò in un’osteria, e credendo d’aver a veder uno che coll’archetto toccasse leggiermente le corde d’un violino, vide uno che fregando il polpastrello d’un dito sopra l’orlo d’un bicchiero, ne cavava soavissimo suono.” Il carattere dell’uomo di scienza è aperto, curioso, meravigliato e dinamico affinché attraverso l’osservazione dei fenomeni comprenda la loro diversa natura, le leggi che li dominano, i meccanismi che muovono l’universo … ma l’uomo galileiano va oltre aggiungendo all’occhio la mano e quindi la: SPERIMENTAZIONE GALILEO: FAVOLA DEI SUONI DAL SAGGIATORE “… nell’ignoranza e nello stupore nel capitargli in mano una cicala, e che né per serrarle la bocca né per fermarle l’ali poteva né pur diminuire il suo altissimo stridore, né le vedeva muovere squamme né altra parte, e che finalmente, alzandole il casso del petto e vedendovi sotto alcune cartilagini dure ma sottili, e credendo che lo strepito derivasse dallo scuoter di quelle, si ridusse a romperle per farla chetare, e che tutto fu in vano, sin che, spingendo l’ago più a dentro, non le tolse, trafiggendola, colla voce la vita, sì che né anco poté accertarsi se il canto derivava da quelle...” ALLA RICERCA DEL METODO: IL METODO SCIENTIFICO Tra “sensate esperienze” e “certe dimostrazioni” “Pare che quello degli effetti naturali che o la sensata esperienza ci pone dinanzi agli occhi o le necessarie dimostrazioni ci concludono, non debba in conto alcuno esser revocato in dubbio” (Galileo: Lettere copernicane, lett. a Madama Cristina di Lorena) Con l’espressione “sensate esperienze” (esperienze dei sensi) Galileo, come Lucrezio, vuole dare grande importanza all’atto di osservazione dei fenomeni, che induce gli uomini a formulare leggi generali per descrivere i meccanismi della natura; ma Galileo fa un passo in più decisivo:dalle ipotesi, generate dall’osservazione e dai ragionamenti logici , si passa alla dimostrazione sperimentale ovvero le ”necessarie dimostrazioni” che verificano o meno per via empirica le teorie formulate. Sulla base di ciò si può affermare come il metodo galileiano sia un’evoluzione di quello Lucreziano ma costante rimane l’atteggiamento che l’uomo scientifico deve avere nei confronti della natura: sfida, curiosità, meraviglia, stupore, apertura … Satelliti di Giove Sidereus Nuncius «Il giorno sette gennaio, dunque, dell'anno milleseicentodieci, a un'ora di notte, mentre col cannocchiale osservavo gli astri mi si presentò Giove; poiché mi ero preparato uno strumento eccellente, vidi (e ciò prima non mi era accaduto per la debolezza dell'altro strumento) che intorno gli stavano tre stelle piccole ma luminosissime; […] Fra loro e rispetto a Giove erano in questo ordine Rapporto tra discipline scientifiche e non Galileo unisce scienza e tecnica utilizzando il cannochiale per compiere le sue osservazioni. Dimostrando come il progresso tecnologico e quello scientifico possano aiutarsi a vicenda. » Osservazio9ni di Galileo compiute nel ventottesimo giorno «Abbiamo dunque un valido ed eccellente argomento per togliere ogni dubbio a coloro che, accettando tranquillamente nel sistema di Copernico la rivoluzione dei pianeti intorno al Sole, sono tanto turbati dal moto della sola Luna intorno alla Terra, mentre entrambi compiono ogni anno la loro rivoluzione attorno al Sole, da ritenere si debba rigettare come impossibile questa struttura dell'universo. Ora, infatti, non abbiamo un solo pianeta che gira intorno a un altro, mentre entrambi percorrono la grande orbita intorno al Sole, ma la sensata esperienza ci mostra quattro stelle erranti attorno a Giove, così come la Luna attorno alla Terra, mentre tutte insieme con Giove, con periodo di dodici anni si volgono in ampia orbita attorno al Sole. » mente aperta alle nuove possibilità Galileo dimostra di essere molto aperto a nuove possibilità nominando il sistema Copernicano, dimostra inoltre di essere indipendente dalla società; infatti il sistema accettato all’epoca era quello geocentrico e negarlo portava a un conflitto con la Chiesa. argomenti su cui basare l’ipotesi Importanza di avere argomenti a conferma delle ipotesi Esperienza sensibile Galileo conferma l’importanza dell’esperienza sensibile; inoltre ne amplia il significato: Da semplice osservazione passiva della realtà si passa a una ricerca attiva, puntando il cannocchiale verso il cielo e osservando i fenomeni secondo condizioni da lui determinate. LA SUPERFICIE DELLA LUNA GALILEO GALILEI, SIDEREUS NUNCIUS Vuole creare stupore e meraviglia Importanza dell’esperienza Grandi cose per verità in questo breve trattato propongo all'osservazione e alla contemplazione di quanti studiano la natura. Grandi, dico, e per l'eccellenza della materia stessa, e per la novità non mai udita nei secoli, e infine per lo strumento mediante il quale queste cose stesse si sono palesate al nostro senso. Perspecillum: per ( meglio, perfettivo) + spicio (vedere) Campo semantico della vista L’unica certezza della scienza corrisponde alla sensata esperienza con cui viene verificata un’ipotesi. Bellissima cosa e mirabilmente piacevole, vedere il corpo della Luna, lontano da noi quasi sessanta raggi terrestri, così da vicino come distasse solo due di queste dimensioni; così che si mostrano il diametro stesso della Luna quasi trenta volte, la sua superficie quasi novecento, il volume quasi ventisettemila volte maggiori che quando si guardano a occhio nudo: e quindi con la certezza della sensata esperienza chiunque può comprendere che la Luna non è ricoperta da una superficie liscia e levigata, ma scabra e ineguale, e, proprio come la faccia della Terra, piena di grandi sporgenze, profonde cavità e anfratti. Confronto tra Luna e Terra: secondo gli scienziati la Luna aveva una superficie liscia, grazie alla sensata esperienza, Galileo smentisce questa teoria. IL CANNOCCHIALE….. Intento di meravigliare ancora una volta. Ma quel che di gran lunga supera ogni meraviglia, e principalmente ci spinse a renderne avvertiti tutti gli astronomi e filosofi, è l'aver scoperto quattro astri erranti, da nessuno, prima di noi, conosciuti né osservati, che, a somiglianza di Venere e Mercurio intorno al Sole, hanno le loro rivoluzioni attorno a un certo astro cospicuo tra i conosciuti, ed ora lo precedono ora lo seguono, non mai allontanandosene oltre determinati limiti. E tutte queste cose furono scoperte e osservate pochi giorni or sono con l'aiuto d'un occhiale che io inventai dopo aver ricevuto l'illuminazione della grazia divina. Scoperta cannocchiale come «illuminazione della grazia divina» Scoperte avvenute grazie al cannocchiale. La storia del cannocchiale….. Circa dieci mesi fa ci giunse notizia che era stato costruito da un certo Fiammingo un occhiale, per mezzo del quale gli oggetti visibili, pur distanti assai dall'occhio di chi guarda, si vedevan distintamente come fossero vicini; e correvan voci su alcune esperienze di questo mirabile effetto, alle quali chi prestava fede, chi no. () = esperimento Campo semantico della vista …. Come costruirlo! Scopo: avere uno strumento funzionale per le sue ricerche. (1) Preparai dapprima un tubo di piombo alle cui estremità applicai due lenti, entrambe piane da una parte, e dall'altra una convessa e una concava; posto l'occhio alla parte concava vidi gli oggetti abbastanza grandi e vicini, tre volte più vicini e nove volte più grandi di quanto non si vedano a occhio nudo. (2) In seguito preparai uno strumento più esatto, che mostrava gli oggetti più di sessanta volte maggiori. (3) E finalmente, non risparmiando fatiche e spese, venni a tanto da costruirmi uno strumento così eccellente, che gli oggetti visti per il suo mezzo appaiono ingranditi quasi mille volte e trenta volte più vicini che visti a occhio nudo. Ha ricercato la perfezione LA LUNA () = esperimento Per maggior chiarezza (1) divido l'emisfero in due parti, più chiara l'una, più scura l'altra: la più chiara sembra circondare e riempire tutto l'emisfero, la più scura invece offusca come nube la faccia stessa e la fa apparire cosparsa di macchie. Similitudine per chiarire il concetto Sottolinea la ripetizione dell’esperimento, dà valore al senso della vista. Conclusione dell’osservazione Si riferisce agli aristotelici (2) Da osservazioni più volte ripetute di tali macchie fummo tratti alla convinzione che la superficie della Luna non è levigata, uniforme ed esattamente sferica, come gran numero di filosofi credette di essa e degli altri corpi celesti, ma ineguale, scabra e con molte cavità e sporgenze, non diversamente dalla faccia della Terra, variata da catene di monti e profonde valli. La superficie della Luna è molto simile a quella della Terra. Notammo pure che le suddette piccole macchie concordano, tutte e sempre, in questo: nell'avere la parte nerastra volta al luogo del Sole; nella parte opposta al Sole invece sono coronate da contorni lucentissimi, quasi montagne accese. Uno spettacolo simile abbiamo sulla Terra verso il sorgere del Sole quando vediamo le valli non ancora illuminate e splendenti i monti che le circondano dalla parte opposta al Sole: e come le ombre delle cavità terrestri di mano in mano che il Sole si innalza si fanno più piccole, così anche queste macchie lunari, al crescere della parte luminosa, perdono le tenebre. Lotta di Galileo contro gli aristotelici: Galileo vuole far conoscere le proprie scoperte. Confronto Terra-Luna per notare somiglianze e differenze, utilizzando anche il moto del Sole attorno alla Terra. Frattanto non passerò sotto silenzio un fatto degno di attenzione che osservai mentre la Luna si avviava al primo quarto Campo semantico della vista Questa superficie lunare, là dove è variata da macchie, come occhi cerulei d'una coda di pavone, appare simile a quei vasetti di vetro che, posti ancora incandescenti in acqua fredda, acquistan superficie screpolata e ineguale, onde son detti dal volgo bicchieri di ghiaccio. Invero le grandi macchie della Luna non si vedono così rotte e ricche di avvallamenti e sporgenze, ma più uguali e uniformi; infatti spuntano solo qua e là piccole zone più luminose, cosicché se qualcuno volesse riesumare l'antica opinione dei pitagorici, cioè che la Luna sia quasi una seconda Terra, la parte di essa più luminosa rappresenterebbe meglio la superficie solida, la più scura quella acquea Similitudine: vuole chiarire il concetto. Richiamo alla filosofia pitagorica che affermava che la Luna fosse come una seconda Terra. Campo semantico della vista Similitudini ed esempi Anche Galileo si serve di similitudini ed esempi per chiarire maggiormente le sue ipotesi e i suoi ragionamenti. «Questa superfice lunare là dove è variata da macchie, come occhi cerulei d’una coda di pavone…» «… appare simile a quei vasetti di vetro che, posti ancora incandescenti in acqua fredda, acquistan superficie screpolata e ineguale, onde son detti dal volgo bicchieri di ghiaccio.» «Grande come un grande promontorio» «Uno spettacolo simile abbiamo sulla Terra verso il sorgere del Sole.» Crea esempi usando la figura della Terra per rendere più chiaro il ragionamento e l’immagine della Luna che lui ha davanti. Fa un esempio e lo confuta per chiarire meglio il concetto, ossia che la superficie della luna non è montuosa, ma più liscia. Ciò richiama l’antica opinione dei pitagorici, ossia «che la Luna sia quasi una seconda Terra». «Invero le grandi macchie della luna non si vedono così rotte e ricche di avallamenti e sporgenze, ma più uguali e uniformi.» CARATTERISTICHE SCIENTIFICHE DI GALILEO Galileo è il primo studioso che applica la tecnica alla scienza (perspecillum) ed il primo a scrivere dati certi sulla base delle sue scoperte. Attraverso i suoi testi si possono notare i punti principali del suo ragionamento: • Osservazione (con o senza il cannocchiale); • Ragionamento per «punti»: 1. Ipotesi; 2. Osservazione; 3. Conferma dell’ipotesi. • Mentalità aperta • Indipendenza dalle teorie fino ad ora prese come vere ( superamento «ipse dixit»). CONTRO L’IPSE DIXIT GALILEO GALILEI, DIALOGO SOPRA I DUE MASSIMI SISTEMI DEL MONDO SAGR. Son contento. Mi trovai un giorno in casa un medico molto stimato in Venezia, dove alcuni per loro studio, ed altri per curiosità, convenivano tal volta a veder qualche taglio di notomia per mano di uno veramente non men dotto che diligente e pratico notomista. Ed accadde quel giorno, che si andava ricercando l'origine e nascimento de i nervi, sopra di che è famosa controversia tra i medici galenisti ed i peripatetici; e mostrando il notomista come, partendosi dal cervello e passando per la nuca, il grandissimo ceppo de i nervi si andava poi distendendo per la spinale e diramandosi per tutto il corpo, e che solo un filo sottilissimo come il refe arrivava al cuore, voltosi ad un gentil uomo ch'egli conosceva per filosofo peripatetico, e per la presenza del quale egli aveva con estraordinaria diligenza scoperto e mostrato il tutto, gli domandò s'ei restava ben pago e sicuro, l'origine de i nervi venir dal cervello e non dal cuore, al quale il filosofo, doppo essere stato alquanto sopra di sé, rispose: "Voi mi avete fatto veder questa cosa talmente aperta e sensata, che quando il testo d'Aristotile non fusse in contrario, che apertamente dice, i nervi nascer dal cuore, bisognerebbe per forza confessarla per vera". SALV. Il fatto non cammina cosí, signor Simplicio: sono alcuni suoi seguaci troppo pusillanimi, che danno occasione, o, per dir meglio, che darebbero occasione, di stimarlo meno, quando noi volessimo applaudere alle loro leggereze. E voi, ditemi in grazia, sete cosí semplice che non intendiate che quando Aristotile fusse stato presente a sentir il dottor che lo voleva far autor del telescopio, si sarebbe molto piú alterato contro di lui che contro quelli che del dottore e delle sue interpretazioni si ridevano? Avete voi forse dubbio che quando Aristotile vedesse le novità scoperte in cielo, e' non fusse per mutar opinione e per emendar i suoi libri e per accostarsi alle piú sensate dottrine, discacciando da sé quei cosí poveretti di cervello che troppo pusillanimamente s'inducono a voler sostenere ogni suo detto, senza intendere che quando Aristotile fusse tale quale essi se lo figurano, sarebbe un cervello indocile, una mente ostinata, un animo pieno di barbarie, un voler tirannico, che, reputando tutti gli altri come pecore stolide, volesse che i suoi decreti fussero anteposti a i sensi, alle esperienze, alla natura istessa? Sono i suoi seguaci che hanno data l'autorità ad Aristotile, e non esso che se la sia usurpata o presa; e perché è piú facile il coprirsi sotto lo scudo d'un altro che 'l comparire a faccia aperta, temono né si ardiscono d'allontanarsi un sol passo, e piú tosto che mettere qualche alterazione nel cielo di Aristotile, vogliono impertinentemente negar quelle che veggono nel cielo della natura. METODO Galileo divide il metodo in due momenti … Con questa espressione Galileo indica i ragionamenti logici, formulati su base matematica, che costituiscono il momento ipotetico - deduttivo della scienza. Attraverso tali ragionamenti lo scienziato, partendo da un’intuizione di fondo e facendo riferimento anche solo a pochi dati empirici, formula in teoria le sue ipotesi, riservandosi di verificarle nella pratica. Con questa espressione Galilei indica il momento osservativo induttivo della scienza, consistente nell’indurre una legge generale attraverso l’osservazione e la ricognizione dei fatti e dei casi particolari. Questo momento del metodo scientifico è detto “sperimentale”. Anche Lucrezio fa ricorso ai sensi: lo si può notare dai verbi utilizzati come VIDEOR o ACCIPIO. CURIOSITÀ “… un uomo dotato da natura d’uno ingegno perspicacissimo e d’una curiosità straordinaria; e per suo trastullo allevandosi diversi uccelli, gustava molto del lor canto, e con grandissima meraviglia andava osservando con che bell’artificio…” (Galileo Galilei, Il Saggiatore) Lo “SCIENZIATO IDEALE” deve avere curiosità altrimenti non sarebbe in grado di fare nuove scoperte e di CONOSCERE. “La cosa importante è non smettere mai di domandare. La curiosità ha il suo motivo di esistere. Non si può fare altro che restare stupiti quando si contemplano i misteri dell’eternità, della vita, della struttura meravigliosa della realtà. È sufficiente se si cerca di comprendere soltanto un poco di questo mistero tutti i giorni. Non perdere mai una sacra curiosità.” (Albert Einstein) APERTURA Lo SCIENZIATO IDEALE deve avere una mente aperta alle nuove possibilità che gli consenta di evolversi continuamente e di ammettere di aver sbagliato, quando necessario. Questa qualità la si può trovare sia In Lucrezio, che non si ferma a fare una sola ipotesi ma ne fa molteplici, sia in Galileo che va contro tutti i pensieri della sua epoca. INDIPENDENZA ED ETICA Uno scienziato deve essere indipendente poiché se influenzato dai potenti o da altre circostanze potrebbe non essere interessato in ciò che fa o, peggio ancora, compiere azioni terribili(per esempio la bomba atomica). Uno scienziato infatti ha grandi responsabilità e solamente a lui spetta decidere quali siano le scelte migliori e a contribuire al benessere dell’umanità.