Algeria - Cooperazioneonlus.org

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Coordinamento editoriale
Alessandro Vaccari
Esperienze
internazionali
Supervisione
Anna Clementino e Carla Graziano
Algeria*
testo di
Giorgio Gigliotti
«
Spinn - Servizi per l’impiego network nazionale - è il progetto
che Italia Lavoro realizza, nell'ambito del PON 2000 - 2006,
per conto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
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Indice
Prefazione
di Lea Battistoni
Carta d’identità dell’Algeria
pag.
7
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Capitolo I
Profilo storico, politico e sociale
1. Dai Cartaginesi all’occupazione francese
2. L’Algeria nel XX secolo
3. La guerra d’indipendenza
4. L’Ageria libera. Ben Bella
5. Boumedienne, la via al socialismo
6. Benjeidid. Protesta sociale e apertura dei mercati
7. Golpe militare e terrorismo islamico. A un passo dall’abisso
8. Situazione attuale. L’era Bouteflika
Capitolo II
Istituzioni ed economia
1. Organi istituzionali
2. Quadro macroeconomico
3. Bilancia commerciale. Import-export
4. Settori produttivi
4.1 Dati del FMI e dell’OCSE
4.2 Industria e agricoltura
4.3 Altri settori
Capitolo III
Mercato del lavoro
I° edizione settembre 2005
1. Occupazione e disoccupazione
1.1 Andamento demografico
1.2 Popolazione attiva e disoccupazione
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2. Politiche per il lavoro e lotta alla disoccupazione
3. Il sistema educativo
3.1 Cenni storici
3.2 La scuola del 2000
Capitolo IV
Relazioni internazionali
1. Organismi internazionali
2. Relazioni con l’Italia. Import-export
3. Flussi migratori
3.1 Dalle origini ad oggi
3.2 Le leggi sull’immigrazione dall’86 ad oggi
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“La laicità e la modernità possono
diventare a loro volta, se, assolutizzate,
dei valori ideologici astratti, riproducendo
come in uno specchio un controsenso uguale
e opposto al fanatismo religioso”.
Appendice
115
Bibliografia e pagine web consultate
116
Rouadjia ( Grandeur et décadence)
Prefazione
L'allargamento dell'Unione europea - processo che continua
con gli ingressi oramai prossimi di Romania e Bulgaria - e le opportunità
offerte dalla vicinanza delle economie emergenti del bacino del Mediterraneo e dei Balcani, impongono all'Italia di prepararsi ad affrontare in
maniera efficace la mobilità transnazionale dei lavoratori e la delocalizzazione delle imprese. Si fa sempre più pressante la necessità che il nostro
sistema produttivo e il mercato del lavoro si dotino degli strumenti per
affrontare in maniera costruttiva le sfide poste dalla globalizzazione.
In un contesto dove, tra gli obiettivi più importanti, abbiamo il
calo della disoccupazione e la capacità di assicurare occasioni lavorative
al maggior numero di persone, il nostro Paese deve quindi continuare
lungo il cammino intrapreso dell'abbandono dei sostegni al reddito - tipico strumento di politica passiva - per incentivare invece l'ingresso nel
mercato del lavoro. Un cammino diretto sempre più verso le politiche
per l'occupabilità, che stimoli gli investimenti in capitale umano e innovazione, puntando sugli strumenti di supporto all'orientamento e alla
formazione, e sul sostegno alla ricerca per aumentare la qualità dei processi, dei prodotti e dei lavori.
L'Italia condivide questa sfida sia con i suoi partner europei
sia con il resto del mondo. Ma per posizione geografica e storia, il nostro Paese è al centro di un più vasto processo di integrazione tra i
popoli, che investe sia il Vecchio Continente sia i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo.
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In quest'ottica diventa fondamentale la conoscenza delle dimensioni economiche e sociali non solo dei Paesi dell'Unione europea e di quelli che
sono prossimi all'ingresso, ma anche della situazione dei Paesi che si
trovano nel bacino del mediterraneo e nell'area dei Balcani. Conoscenza
sempre più importante - sia per il Governo centrale e per il Ministero del
Lavoro e delle Politiche Sociali, che per i diversi attori del territorio quali
Regioni e Province - per avvicinare e far dialogare i Servizi per l'impiego
pubblici e privati, i sistemi di inserimento lavorativo e i servizi alla persona e alle imprese, facilitando così la mobilità dei lavoratori nell'Unione
o all'interno di altre economie europee o extra europee.
È proprio guardando a questi obiettivi che la collana Esperienze Internazionali di SPINN - Servizi per l'Impiego Network
Nazionale - sviluppa la propria missione e si rafforza, affermandosi
come strumento indispensabile per conoscere sistemi sociali e realtà
economiche e politiche diverse, con particolare riguardo alla politiche
per l'occupazione.
ficazione delle relazioni commerciali tra le tre nazioni del Maghreb e i
Paesi dell'Europa centrale ed orientale (PECO) e i quattro membri dell'AELE, Svizzera, Norvegia, Liechtenstein e Islanda.
Con questa prospettiva ci apprestiamo ad illustrare la storia, le vicende
politiche e la situazione economica dei tre Paesi maghrebini, così vicini
e poco conosciuti, dal fascino orientale ma con radici ed origini comuni.
Un particolare ringraziamento va all'ICE - Istituto per il Commercio Estero - il cui prezioso materiale ci è stato molto utile
soprattutto nella parte concernente le relazioni internazionali e l'interscambio commerciale dell'Italia con i Paesi presi in esame.
Lea Battistoni
Dopo i dieci nuovi Stati che hanno aderito all'Ue il primo
maggio del 2004, vengono affrontati i Paesi prossimi all'ingresso, alcuni Paesi dell'area balcanica e tre Paesi dell'Africa del Nord: Marocco,
Tunisia ed Algeria.
I tre Paesi del Maghreb hanno intrapreso da un decennio, con
tempi e modi differenti, un processo irreversibile, la riconversione della
propria economia. Come suggerito dalla Banca Mondiale e dal Fondo
Monetario, Algeria, Marocco e Tunisia hanno avviato l'atteso processo di
privatizzazione del mercato, riformulato il sistema degli interscambi
commerciali con l'Europa, con la speranza che il programma di aggiustamento strutturale sia seguito da un'effettiva democratizzazione delle
istituzioni.
I nuovi trattati firmati con la Ue che prevedono, tra l'altro, lo
smantellamento progressivo delle quote e dei dazi doganali per molti
prodotti agricoli e industriali, aprono nuove prospettive alle imprese e
alle aziende italiane ed europee. Hassan II, primo firmatario, ha dato
inizio a un progetto più ambizioso, l'idea di aprire un'area di libero
scambio euro-mediterranea. In questa direzione va anche letta l'intensi-
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Carta d’identità dell’Algeria
FIN
S
EST
LV
DK
IRL
LT
GB
NL
D
PL
B
SLO
Moneta
Dinaro algerino
RO
HR
SCG
I
E
Capitale
Algeri
SK
H
A
F
P
Forma di governo
Repubblica democratica popolare
CZ
L
BG
Stemma
AL
Lingua
Arabo (ufficiale), tamazight,
francese.
GR
M
TN
MA
Bandiera
DZ
Superficie
2.381.741 Kmq
ALGERI
ORANO
•
• •
••
ANNABA
COSTANTINA
SETIF
Popolazione
32.080.000 abitanti
(dicembre 2003).
Composizione etnica
Arabi e berberi arabizzati 82%,
berberi mauri 17%, europei 1%.
Religione
Musulmani 99,9%, cattolici 0,1%
Membro di
ONU, Lega Araba, OCI, OPEC,
OUA e UMA.
Città principali
Annaba (517.000 ab.),
Costantina (750.000 ab.),
Orano (1.310.000 ab.),
Setif (1.335.000 ab.).
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1. Profilo storico, politico e sociale
1. Dai Cartaginesi all'occupazione francese
In un paese suddiviso in realtà tribali, passato dai Cartaginesi
ai Romani, dai Vandali ai Bizantini, un comune sentimento di appartenenza nazionale e una forte identità religiosa e culturale ha iniziato a
prender forma tra il VII e l'XI secolo d.C. con l'arabizzazione e quindi
l'islamizzazione della regione maghrebina.
Diventata provincia dell'Impero Ottomano intorno al XVI secolo, godendo comunque di larga autonomia, assimilò la struttura e l'organizzazione statuale della tradizione bizantina senza però sviluppare un profondo
senso dello Stato, cosa che accadde solo nel XIX secolo, quando ebbe
inizio la colonizzazione da parte della Francia: l'unificazione del territorio algerino e i catastrofici programmi di assimilazione culturale propugnato dal governo di Parigi riuscirono col tempo a catalizzare intorno a
un movimento nazionale gli abitanti di un vasto territorio diventato
all'improvviso l'Algérie française.
Quando nel 1830 la Francia di Carlo X in poco più di venti
giorni sbaragliò le difese dell'incapace Dey – che, dismesse dal 1711 le
vesti di governatore di provincia e, divenuto pascià della regione, era
ormai legato al potere turco da un solo atto formale – i francesi compresero di aver sottomesso soltanto in apparenza una parte dell’Algeria,
un Paese disgregato in una miriade di piccoli poteri locali, spesso monadi feudali. Da allora, quindi, la Francia iniziò ad amministrare
direttamente la zona costiera controllando il resto del Paese come un
protettorato mediante capi musulmani.
Due anni dopo la presa della città di Algeri, nel 1832, il
sultano Abdel Kader realizzò quello che nessun altro uomo era riuscito a fare in Algeria: unificare sotto il proprio comando l'intera parte occidentale del Paese,
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l'oranese, il governatorato di Algeri e Costantina, spingendosi verso il Sud sahariano. La resistenza dell'Islam
riuscì laddove aveva fallito l'aristocrazia feudale nel periodo turco-ottomano.
Per la prima volta la religione musulmana stringeva intorno a
sé un mondo fino ad allora disgregato, molteplici etnie in un abbozzo
di nazione. Proprio per questo oggi storici e studiosi del Maghreb considerano Abdel Kader padre fondatore della nazione algerina anche se nel
1847 dovette capitolare, nonostante avesse obbligato i francesi al trattato di Tafna e al riconoscimento del nuovo sultanato.
Nel 1845 l'Algeria era stata divisa in tre Province (Algeri, Orano
e Costantina). In quello stesso periodo ebbe inizio il vero processo di occupazione coloniale. Nel Paese sbarcarono dalla Francia oltre 20.000
emigranti e si diede l'avvio al primo grande esproprio delle terre (con
due ordinanze, del '44 e del '46, con cui fu ratificato il passaggio ai beni
demaniali di tutte le terre incolte e di quelle di cui gli autoctoni non potevano produrre documenti di proprietà anteriori alla conquista francese).
Nel 1848, quando la resa di Abdel Kader fu definitiva, l'Algeria diventò
ufficialmente territorio della Francia e venne suddivisa in 3 dipartimenti
con a capo un prefetto. I coloni di ciascun compartimento eleggevano dei
rappresentanti che venivano inviati all'assemblea nazionale.
Negli anni successivi si ebbe un ulteriore processo di assimilazione. Nel '52 furono abolite le rappresentanze algerine delle tre
Province e nel '58 venne istituito il Ministero dell'Algeria e delle colonie. Nel frattempo continuava la campagna di espansione della Francia,
che in solo qualche anno riuscì ad occupare parte del Sud dell'Algeria e
delle oasi del Sahara, terminando l'avanzata nel 1857 con l'annessione
dell'Aurès.
In madrepatria intanto si alternavano al potere uomini che
condizionavano la vita della giovane colonia. Nel 1860 Napoleone III
abolì il Ministero dell'Algeria e ripristinò la carica di governatore generale. I cosiddetti “uffici arabi” (bureaux arabes) tenevano i contatti con gli
sceicchi dei villaggi e le Province amministrate mentre la gerarchia militare riprendeva il sopravvento sugli organi civili.
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Nel 1863 Napoleone III continuò a trasferire i poteri alle
colonie promuovendo nuovi investimenti, dando vita a
banche, aziende, favorendo l'iniziativa dei privati. Il distacco tra colonia e madrepatria fu sempre più evidente.
“Più capitali meno coloni” reclamava a corte il re.
Ma i grandi investimenti portavano ricchezza, occasioni da
sfruttare e quindi uomini al suo seguito. Gli emigranti dalla Francia arrivarono numerosi: investitori, tecnici, braccianti, tanto che nel 1871 il
numero di coloni presenti in Algeria era di 130.000.
I pied noir (piedi neri), come vennero ribattezzati i francesi d'Algeria,
sempre più arroganti divennero i veri padroni del Paese. Cresceva la ricchezza ed aumentava il loro privilegio. Il potere bianco in Algeria era
così forte e radicato che nemmeno Parigi osava contrastarlo. La lobby
dei coloni riuscì di fatto a riottenere la propria rappresentanza in parlamento.
La conquista definitiva del Paese avvenne nel 1871 con l'annessione – dopo 23 anni di conflitti – della Cabila, regione berbera che
si estende intorno a Tizi-Ouzou. La rivolta in Cabila sostenuta dalle masse contadine rimaste senza terra a causa degli espropri a favore dei
coloni fu il preludio alla guerra di liberazione nazionale che avrebbe
portato all'indipendenza del Paese.
Tra il 1870 e il 1871, conclusa l'esperienza della Comune,
migliaia di francesi andarono ad ingrossare le fila di immigrati reclamando nuove terre. L'annessione della Cabila fu l'occasione ideale per
procedere a nuovi espropri. Venne quindi promulgato un decreto con il
quale si confiscarono 450.000 ettari di terra.
Nell'81, caduta già da un pezzo la nuova monarchia, con il primo governo civile presieduto da Grévy, si procedette a un nuovo
accentramento dei poteri e il peso di tutta l'amministrazione coloniale
ricadde sui rispettivi dicasteri.
Alla fine del secolo il potere fu di nuovo decentrato a favore dei coloni
che chiedevano da tempo maggiore autonomia. Si formarono così le
prime delegazioni finanziarie con potere consultivo in materia tributaria.
Nel 1900 la madrepatria accordava all'Algeria lo stato di autonomia giu-
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ridica e morale, separando il suo bilancio da quello di Parigi e le delegazioni finanziarie si trasformano in assemblee deliberanti.
2. L'Algeria nel XX secolo
All'inizio del XX secolo si era chiuso il ciclo aperto con l'arrivo
dei coloni in Algeria. I bianchi possedevano 2,7 milioni di ettari di terra
e detenevano il 65% della produzione agricola.
In questo processo di francesizzazione del territorio, d'imposizione del
proprio modello culturale, della propria concezione dottrinale attraverso
il potere economico, politico e militare, il mondo contadino riuscì a mantenere alta la propria dignità, preservando cultura e tradizioni, la propria
identità, diventando poi la culla in cui si sarebbe sviluppato il movimento d'indipendenza nazionale.
L'Algeria era quasi interamente assoggettata e per la
prima volta unita, non solo all'interno dei suoi confini
naturali ma in un comune sentimento nazionale volto
contro l'oppressione coloniale e imperialista.
La Francia aveva sufficientemente dimostrato il fine e gli obiettivi che si era prefissata con la propria dominazione: distruggere
l'economia autoctona della regione, umiliare e asservire la popolazione
araba, annichilire la tradizione culturale, sradicare l'identità religiosa del
Paese attraverso riforme autoritarie e ambigue concessioni.
A tale scopo la Francia optò per una doppia strategia: da una
parte arginare l'influenza del movimento islamico (il vero collante nazionale) con misure energiche quali gli espropri delle terre e dei beni
immobili delle confraternite musulmane, costringere al ripudio dello statuto coranico (misura diventata necessaria per iniziare il processo di
naturalizzazione ed ottenere la cittadinanza), controllare le manifestazioni religiose e dall'altra minare la struttura familiare tribale dei villaggi
con gli espropri delle terre.
Il popolo algerino si trovò quindi a doversi misurare con la politica coloniale della Francia e con lo strapotere sempre più arrogante dei pied noir.
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Era già iniziato il Novecento quando in Algeria cominciò a delinearsi in modo sempre più evidente un movimento nazionale formato
da molteplici fazioni, alcune laiche, altre religiose, altre riformiste, altre
rivoluzionarie, che sarebbero confluite dopo qualche decennio in quel
coacervo di forze che avrebbero ottenuto l'indipendenza.
I Giovani Algerini, più che rivendicare l'autonomia e l'indipendenza dalla
Francia, cresciuti e plasmati alla luce dei modelli occidentali, lottarono
per riformare l'amministrazione coloniale, per far valere i propri diritti al
fine di gestire il potere nell'ambito della struttura dello Stato. I Giovani
Algerini facevano parte di quella borghesia cresciuta all'ombra del potere coloniale, intellettuali, professionisti o studenti, lontani dai bisogni
delle masse rurali o del proletariato urbano. Francofoni, maturati nella
cité, molto più vicini all'idealismo della rivoluzione del 1789 che all'arretratezza culturale del gruppo di notabili religiosi, espressione, a loro
avviso, di valori oscurantisti.
Così, nel primo congresso organizzato ad Algeri nel 1927 dalla
Federazione degli Eletti, furono rivendicati i diritti politici e sociali del
popolo algerino ma all'interno del potere coloniale. Nonostante l'elitarismo e la laicità filoccidentale che caratterizzava i primi movimenti di
protesta, cominciava a maturare la consapevolezza della propria identità
grazie all'influenza che il movimento islamico iniziava a esercitare all'interno delle stesse associazioni, esasperate da una società coloniale
refrattaria ad ogni cambiamento.
Nel '31 nacque l'associazione degli Ulema Riformisti.
Gli Ulema, il cui obiettivo era salvare la fede islamica dalle impurità delle credenze popolari e dalle infiltrazioni superstiziose delle masse
contadine, diedero origine a una forma associativa, il primo embrione di
militanza islamica, su cui si sarebbe fondato il concetto di Stato musulmano. Ribadendo i propri principi religiosi, attraverso l'insegnamento
del corano e della lingua araba, cercarono di recuperare la tradizione e
l'identità della nazione, fino ad enunciare “l'Algeria è la mia patria,
l'arabo la mia lingua, l'Islam la mia fede”.
Questo movimento si contrappose a quello dei Giovani Algerini e alla
Federazione degli Eletti, essendo più a contatto con gli strati emarginati
delle masse popolari, critico e sferzante rispetto a quell'élite che in pratica tradiva gli ideali nazionali. Per gli Ulema Riformisti l'indipendenza del
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Paese si doveva conseguire attraverso una presa di coscienza progressiva, un'evoluzione culturale lenta e graduale. Rappresentanti massimi dei
cosiddetti salafiti furono Ben Badis e Bendjeloul.
terra, il proletariato delle città e le élite più politicizzate. Si diede così
inizio a quella che, a poco più di un decennio di distanza, sarebbe diventata la guerra d'indipendenza d'Algeria.
Nel 1926 a Parigi, tra gli immigrati algerini, nacque l'Etoile
Nord Africane (ENA). All'inizio il partito vicino al PCF lottava per affermare i diritti dei lavoratori arabi e si limitava a far valere le proprie
rivendicazioni sindacali. Nel 1927, con l'elezione di Messali Hadj alla
presidenza del partito, la lotta iniziò a radicalizzarsi. Messali reclamava
apertamente l'indipendenza del Paese. Con il congresso del 1933 fu stabilita una vera e propria piattaforma che rivendicava la creazione di un
parlamento nazionale, la parità di diritti tra i coloni e gli algerini, il ritiro
dell'armée, la nazionalizzazione delle imprese, l'adozione della lingua
araba e la confisca di tutti i latifondi.
Verso la fine della seconda guerra mondiale crebbe l'illusione
che il Paese maghrebino potesse ottenere la propria indipendenza. I
moti insurrezionali contro il nazismo e le nuove ideologie liberali contribuirono ad aumentare quelle attese. La pubblicazione della Carta
Atlantica, che proclamava il diritto di tutti i popoli di scegliere la forma
di governo con cui autogestirsi, diede un nuovo impulso al movimento
nazionale.
Intanto in Algeria, nel 1936, dopo l’arresto subito da Messali,
venne organizzato il primo congresso musulmano a cui prese parte tutto
il mondo riformista del Paese, tranne l'ENA. Attraverso la cosiddetta
Carta delle Rivendicazioni, messa a punto dai leader dei movimenti laici
e islamici, si richiedeva l'approvazione di riforme sostanziali, come la
concessione del diritto di cittadinanza agli algerini musulmani senza dover abiurare il proprio statuto personale islamico, l'unificazione tra
l'Algeria e la Francia, l'elettorato unico e la rappresentanza dei musulmani in parlamento.
Se l'opzione del riformismo sembrava dovesse prevalere sul
radicalismo di Messali, grazie alla vittoria in Francia della gauche e a un
disegno di legge progressista presentato in parlamento dall'ex governatore liberal Maurice Violette, quando questa timida apertura politica fu
affossata in parlamento dalla lobby dei coloni che minacciarono il ricorso
alla violenza per difendere i propri privilegi, le cose iniziarono a cambiare.
Nel '37 l'ENA fu sciolta e Messali, imprigionato per la seconda volta,
fondò il PPA, il Partito del Popolo Algerino, nel quale iniziarono a confluire tutte quelle forze che avevano come obiettivo l'indipendenza del
paese maghrebino.
La strategia del PPA si fece sempre più mirata, tesa a coinvolgere tutte le masse di diseredati del Paese, i contadini affamati e senza
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Nel '43 venne pubblicato da un'élite di intellettuali, con
a capo Ferhat Abbas, il Manifesto del popolo algerino, in
cui venivano reclamati la libertà per le comunità colonizzate, il riconoscimento della lingua araba, l'attuazione
della riforma agraria, la libertà di stampa e di religione,
l'istruzione scolastica per tutti, il diritto per il popolo algerino di essere rappresentato dalle istituzioni.
Lo stesso Abbas fondò l'UPA, l'Unione Popolare Algerina, ereditando in parte le esperienze ideologiche degli Ulema ma con una
visione più laica della società.
Il gabinetto presieduto dal generale De Gaulle non prestò la dovuta
attenzione alla proposta politica dei filomoderati, contrapponendole il
contenuto della vecchia legge Violette, riveduta e in parte migliorata.
I fondatori del Manifesto passarono all'azione creando un partito, Amici del Manifesto e della Libertà (AMI). I tempi del confronto
pacifico stavano finendo. Iniziarono le prime manifestazioni di piazza in
concomitanza con i festeggiamenti della vittoria sul nazismo. Nelle strade si inneggiava alla libertà e alla democrazia. La protesta diventò in
breve tempo scontro, tanto che nella zona di Costantina si registrarono
più di 100 morti tra dimostranti e polizia.
Parigi rispose con una violenza inusitata, sciogliendo i partiti politici,
bombardando villaggi, condannando a morte i prigionieri politici senza
processo. I morti, secondo fonti rivoluzionarie, furono più di 40.000.
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Nel 1944, allentata la morsa della repressione, nello stesso periodo delle elezioni dell'Assemblea Costituente, nacquero due nuove
formazioni, il partito moderato, Unione Democratica del Manifesto Algerino (UDMA), per mano di Abbas – il cui obiettivo era quello di creare
uno Stato d'Algeria associato alla Repubblica francese – e il più oltranzista, Movimento per il Trionfo delle Libertà (MTLD), fondato da Messali,
erede della vecchia ideologia rivoluzionaria del PPA.
Nel 1947, con l'approvazione dello Statuto Organico, caddero per sempre
le ultime illusioni riformiste. Lo Statuto, una legge relativamente progressista che ampliava il diritto al voto del popolo algerino concedendo
dignità giuridica indipendente alla colonia, fu completamente disatteso
nel 1948 durante le elezioni per l'assemblea legislativa, portando ad
affossare la linea riformista e promuovendo in via definitiva l'insurrezione armata.
3. La guerra d'indipendenza
Iniziò così la più cruenta e sanguinosa guerra di liberazione
della seconda metà del Novecento, che sconvolse l'opinione pubblica
europea e che ancora oggi, a più di cinquant'anni di distanza, pesa sui
rapporti tra la Francia e l'Algeria.
Dal MTLD nacque l'Organizzazione Speciale, l'OS, un
vero e proprio braccio armato militante che dal 1949
iniziò ad organizzare i primi attentati per autofinanziarsi.
La reazione dei francesi fu dura e risoluta, venne smantellata l'organizzazione e furono arrestati tutti i fondatori.
Intanto nell'MTLD si produsse una profonda spaccatura, tra
l'ala centrista di Lahouel e quella messanista, vicina alle idee più oltranziste di Messani: da una parte i quadri illuminati, dall'altra la militanza
della base. Nel '54, dopo tre congressi infervorati, la rottura fu definitiva e Messani venne estromesso dal partito. Il conflitto appena
terminato convinse i fondatori dell'OS a formare il Comitato Rivoluzionario di Unità ed Azione, il CRUA, per salvare l'MTLD e dare un seguito alla
sua azione politica e militare. Con il CRUA iniziava ufficialmente la lotta
per l'indipendenza del Paese.
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L'organizzazione faceva capo a leader storici alcuni dei quali si muovevano ad Algeri (Ben M'Hidi, Ben Boulaid, Boudiaf, Bitat e Belkacem Krim)
e altri in Egitto (Ben Bella, il futuro primo presidente dell'Algeria libera,
Ait Ahmed e Khider). L'insurrezione iniziò il primo novembre del '54, con
attentati ed attacchi terroristici ad uffici pubblici, a caserme e ad agglomerati industriali nelle sei wilaya (dipartimenti) in cui era Stato suddiviso
il territorio.
Venne costituito il Fronte di Liberazione Nazionale (FLN),
il partito politico espressione del movimento rivoluzionario, una sintesi tra la formazione islamica ulemistica,
elementi radicali di estrazione laico socialista, e l'élite
dei Giovani Algerini. L'Armata di Liberazione Nazionale
(ALN), divenne il suo braccio armato.
Lo stesso giorno in cui furono compiuti i primi attacchi nel
Paese fu pubblicato un manifesto con il programma politico della coalizione rivoluzionaria: riforma economica, sovranità popolare e
riaffermazione delle origini arabo islamiche della nazione. Il rispetto per
tutti i principi democratici enunciati e la conquista della libertà dovevano accomunare i vari movimenti politici algerini facendo confluire i
numerosi schieramenti nella lotta armata contro gli oppressori per raggiungere un unico obiettivo: l'indipendenza del Paese.
Il territorio fu diviso dunque in sei zone chiamate wilaya: Algeri, la Cabilia, l'Aures, Costantina, Orano e i territori del Sahara. Dopo i
primi mesi di battaglia cominciavano ad emergere nuovi nomi, tra cui
Boussouf e Boumedienne.
La rivolta iniziò tra i monti dell'Aures per estendersi in tutta la Cabilia, a
Costantina, ad Orano e dal '57 in buona parte del Sud dell'Algeria.
La guerra mostrava la sua faccia più cruenta. Ogni giorno si contavano
decine di vittime civili. Il Movimento di Liberazione Nazionale decise di
adottare la strategia della guerriglia, per frazionare l'enorme e potente
apparato militare della Francia. L'armée invece rispose con tecniche antisommossa già adottate in Indocina.
Quando nel 1959 i leader dell'FLN andarono a stanziarsi nei
quartieri cittadini, subirono sconfitte disastrose. L'efferatezza e le prati-
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che di tortura adottate dall'armée durante la battaglia della casbah nella città di Algeri contribuirono alla vittoria della campagna militare ma
sollevarono anche sgomento e ripugnanza nella stessa opinione pubblica francese, offrendo all'FLN una possibilità inaspettata. La condanna
senza appello dei metodi violenti adottati dalla polizia segreta di Parigi
trasformò la disfatta rovinosa in una preziosa vittoria mediatica e d'immagine, suggellata dalle grandi manifestazioni popolari organizzate in
Europa e nel Maghreb.
Intanto, sul fronte francese, l'Eliseo cercò di correre ai ripari rispolverando la vecchia politica dell'integrazione da avviare attraverso
l'approvazione di riforme sostanziali. Ma la sinistra al governo aggiunse
ai ritardi storici accumulati dalla destra altri ritardi. Nello stesso anno fu
approvata la legge sull'emergenza che dava poteri speciali all'amministrazione coloniale per contrastare l'insurrezione popolare.
Sulla questione algerina a Parigi cadde più di un esecutivo finché nel '58, con la fine della Quarta Repubblica, venne riesumata la figura di De Gaulle. Tutti i
tentativi promossi dal governo in madrepatria dovevano
scontrarsi con la ferrea intransigenza dei coloni che si
opponevano fermamente ad ogni concessione, entrando
talvolta in forte contrasto con la stessa madrepatria fino ad organizzare veri e propri gruppi paramilitari.
sparì dal panorama sovversivo incalzato dal braccio militare dell'FLN, fino all'eccidio di alcuni militanti organizzato a Melouza nel 1957.
I movimenti e le associazioni operanti nel Paese (dall'UDMA agli Eletti, dal
PCA a Ferhat Abbas, dagli Ulema ai Giovani Algerini) confluirono quindi in
un unico partito: un variegato universo politico e sociale che si sarebbe
scontrato qualche anno dopo l'indipendenza per la conquista del potere.
Nel primo congresso dell'FLN, quello della Soummam, che si
tenne nel '56 in Cabila, fu delineato a grandi linee un progetto politico
globale, eleggendo il primo governo provvisorio del Paese. Si formò così il primo esecutivo, il Comitato di Coordinamento e di Esecuzione
(CCE), con a capo Abane Ramdane, composto inoltre da Ben M'Hidi e
da Belkacem Krim, un parlamento, il Consiglio Nazionale della Rivoluzione Algerina (CNRA) formato da trentaquattro militanti.
La fazione civile ebbe il sopravvento su quella militare e l'organizzazione
interna su quella degli esterni, i leader che dall'Europa e dal Maghreb aiutavano con armi e sovvenzioni il Movimento d'indipendenza nazionale.
Intanto, proprio i quattro esterni più importanti, Ben Bella, Ait Ahmed,
Khider e Boudiaf, furono arrestati. Il volo che li portava da Rabat a Tunisi
venne intercettato e dirottato dai francesi.
Ormai l'FLN sentiva il bisogno di darsi una struttura organica e
politica allo scopo di far crescere il movimento d'indipendenza nazionale coinvolgendo tutti gli strati sociali del Paese. Se la base del
movimento era costituita in prevalenza da una massa rurale contadina, i
quadri dirigenti, al contrario, si erano formati negli ambienti cittadini.
E se nella prima parte del conflitto l'organizzazione politica coincise con
quella militare, tanto che gli stessi leader della lotta si spostavano alternandosi da una wilaya all'altra, in un secondo tempo le due fazioni si
osteggiarono arrivando ad organizzare complotti fratricidi.
Il secondo Consiglio Nazionale si tenne a Il Cairo nel '57, in
quanto, dopo il disastroso epilogo della battaglia della casbah, i membri
del CCE furono costretti ad espatriare in Marocco e in Tunisia. Furono aumentati i componenti del parlamento e del Consiglio Nazionale (CNRA)
per rendere più rappresentative le variegate anime dell'FLN. Parallelamente cresceva il peso del potere militare e del gruppo degli esterni.
Prima dell'ultimo congresso del CCE e dell'approvazione definitiva del
Governo Provvisorio della Rivoluzione Algerina, il GPRA, Abane Ramdane, capo storico dell'insurrezione armata e presidente del CCE, venne
assassinato. La faida ormai creatasi all'interno del partito (Belkacem
Krim contro Boussouf ), in combutta con l'apparato militare di cui Ramdane aveva sempre cercato di ridurre l'influenza, aveva prodotto
l'aberrante fratricidio.
Il merito dell'FLN fu quello di mantenere unito il fronte di
eversione e di diventare l'unica realtà rappresentativa dell'intero movimento, a parte l’MNA di Messali che, dopo un periodo di breve attività,
Nel '58 si formò quindi il governo provvisorio (GPRA), di cui
fecero parte tutti i componenti del Comitato di coordinamento (CCE) e
alla cui presidenza sedette il ritrovato Ferhat Abbas, sostenuto dallo
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stesso Belkacem Krim. La terza (Tripoli '59), la quarta nonché ultima
sessione (Tripoli '61) del Consiglio Nazionale (CNRA) sancì la creazione
dello Stato Maggiore dell'esercito accrescendo il potere militare all'interno del congresso. Tale evoluzione, e il contemporaneo stallo dell'azione
politica, fu causata in parte dalla scomparsa di Ramdane e in parte dall'esilio della leadership rivoluzionaria che aveva lasciato l'iniziativa in
mano ai capi militari delle wilaya. Intanto iniziava a prender forma il
profilo del futuro governo nazionale. La matrice socialista, la separazione dei poteri, le radici islamiche furono i postulati su cui si sarebbe poi
fondato il nuovo esecutivo.
L'Algeria indipendente ha ereditato tutte le contraddizioni che hanno segnato la storia del Movimento di Liberazione Nazionale, dall'antagonismo ideologico alle rivalse
etniche, antinomie come vedremo non ancora risolte ai
nostri giorni.
Si è già detto del ruolo giocato dai coloni sullo scacchiere della guerra, del Comitato di Salute Pubblica, un'associazione sempre in
bilico tra legalità e illegalità, e della ricomparsa sulla scena francese di
De Gaulle, invocato dai pied noir di Algeria come l'unica persona in grado di tutelarne gli interessi.
re più flessibile o a dividere in qualche modo il Fronte
di Liberazione Nazionale. Così, suo malgrado, si convinse a trattare con i leader del partito.
Nel '59, nonostante le posizioni fossero distanti (per esempio
De Gaulle proponeva una zona franca in cui tutti i francesi potessero vivere in comune, la cui area comprendeva le zone del Sahara, ricche di
metalli e idrocarburi), il generale pronunciò uno storico discorso con cui
cominciava ad essere accettata l'idea di autodeterminazione del popolo
algerino.
Il primo incontro ufficiale del 1960 fallì lo stesso giorno di
apertura. A questo seguirono tre meeting decisivi. I primi due a maggio
e a luglio del 1961 ad Evian e a Lugrin, incontri benedetti dal risultato
di un referendum popolare indetto nel gennaio dello stesso anno in
Francia, in cui il sì per l'autodeterminazione del popolo algerino vinse
largamente. Il terzo e definitivo meeting si tenne sempre ad Evian, il 18
marzo del 1962. Per il governo provvisorio fu presieduto Ben Khedda,
eletto presidente al posto di Farhat Abbas. Il giorno dopo venne proclamata la fine della guerra.
4. L'Algeria libera. Ben Bella
Se De Gaulle nel '58 raccolse quell'appello, infiammando con
la sua prima visita ad Algeri la comunità francese, preso atto dell'ineluttabilità degli eventi, diventò parte di quell'establishment tanto
contestato. D'altronde il realismo politico così caro al generale gli fece
comprendere ben presto che sarebbe stato meglio difendere gli interessi
nazionali piuttosto che salvare a tutti i costi i possedimenti coloniali.
Così, dopo aver cercato a più riprese un compromesso, col tempo negoziò la resa.
Nello stesso anno potenziò l'azione militare e lanciò un piano di sviluppo per la regione di Costantina, che prevedeva, nell'arco di un quinquennio, la creazione di quasi mezzo milione di posti di lavoro e la realizzazione del primo vero agglomerato industriale del Paese.
I due anni antecedenti la firma del trattato furono segnati da
feroci scontri tra le parti e dalla reazione dei coloni che tentarono di organizzare due insurrezioni armate. La prima, quella “delle barricate” nel
gennaio del '60 e la seconda (fondato il movimento paramilitare OAS)
ad aprile del '61, con la complicità di alti ufficiali dell'esercito. Entrambe
le insurrezioni furono stroncate con violenza da De Gaulle.
Ma l'azione dei coloni fu così determinata che costrinse il nuovo governo d'Algeria a firmare un accordo con l'OAS che continuava a insanguinare le città lungo la costa. Nel giugno del 1962 l'OAS depose le armi
accettando di fatto l'indipendenza del Paese e ottenendo in cambio l'amnistia per tutti i suoi affiliati.
Ma l'Algeria ormai aveva alzato la sua posta, né De
Gaulle riuscì a trovare al di fuori dell'FLN un interlocuto-
Intanto, l'accordo con la Francia, presentato al CNRA durante il
congresso di Tripoli, venne approvato a maggioranza, nonostante le nu-
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merose defezioni, quelle di Boussouf e Boumedienne in primo piano e
qualche sì pronunciato a denti stretti (quello di Ben Bella dalle prigioni
francesi). Nelle linee generali il contenuto dell'accordo era il seguente:
piena sovranità dell'Algeria e piena integrità politica e territoriale. In
cambio la Francia poteva mantenere per tre anni un contingente di
80.000 uomini, per quindici anni conservare le basi navali di Mers el Kebir e per cinque anni proseguire le sperimentazioni nucleari in alcune
zone del Sahara continuando a gestire gli impianti di gas e di petrolio
per altri sei.
Per alcuni dirigenti questa intesa soggiaceva a una nuova forma coloniale messa in atto dal governo di Parigi. De Gaulle, come si era prefissato,
era riuscito a preservare gli interessi nazionali della Francia.
Gli accordi prevedevano tra l'altro una breve transizione affidata a un
esecutivo provvisorio formato per un terzo da esponenti del GPRA, per
un terzo da musulmani non iscritti all'FLN e per un terzo da francesi. Ma
il vero potere in Algeria era nelle mani dell'FLN, soprattutto dopo la partenza repentina di gran parte dei coloni.
Nell'ultima sessione del governo provvisorio si scontrarono
due gruppi: il primo – referente di Ben Bella ritornato dalla Francia – del
potente Boumedienne, capo dello Stato Maggiore, e di Farhat Abbas;
l'altro era costituito dalla fazione legata al presidente del GPRA Ben
Khedda, a Boussouf e a Ben Tobbal appoggiati tra l'altro dalle wilaya
del Paese.
Per sbloccare l'impasse venutasi a creare, si decise di formare un organismo all'interno del governo che sostituisse l'esecutivo provvisorio: fu
così istituito l'Ufficio Politico. A guidarlo fu chiamato Ben Bella e ne fecero parte Khider e Bitat, ma a scombinare nuovamente gli equilibri ci pensarono i seguaci di Ben Khedda, che fondarono il Comitato di
Coordinamento per la Difesa della Rivoluzione, con sede a Tizi-Ouzou,
appoggiato tra gli altri da Boudiaf e Belkacem Krim.
Mentre i tafferugli e i nuovi scontri iniziavano a sfociare in
una guerra fratricida, Ben Bella e Boumedienne, l'uno acclamato dalla
popolazione della capitale stanca di guerre e di violenze e l'altro entrato nella città con le proprie divisioni, chiusero definitivamente la
questione.
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Il 20 settembre fu eletta l'assemblea nazionale e l'FLN,
l'unico partito del Paese, ottenne il 95% delle preferenze. Abbas divenne presidente e Ben Bella capo del governo. Si sciolse l'esecutivo provvisorio che aveva orami
esaurito la sua funzione.
Ora che il primo governo della Repubblica algerina si era insediato e la nazione aspettava le riforme strutturali “l'unità ideologica, politica e
organizzativa delle forze rivoluzionarie” auspicata nel congresso di Tripoli
non dava adito a speranze. Nessun riferimento a uno Stato democratico e
garantista, al pluralismo delle istituzioni. Inoltre, la fazione che aveva preso il sopravvento alla fine della guerra di liberazione nazionale, legata al
potere militare fedele a Boumedienne, di cui Ben Bella aveva deciso di diventare l'uomo forte, poteva garantire un'evoluzione liberale.
Se la vittoria contro il colonialismo della Francia era stata possibile grazie all'unità del popolo algerino, la politica economica del
nuovo esecutivo doveva soddisfare i bisogni delle masse popolari, in
primo luogo quelle contadine, approvando quindi una riforma agraria
che desse speranza ai tanti fellahin rimasti senza terra e provvedendo
ad espropriare i latifondi (organizzando le fattorie di stato e cooperativizzando le campagne). Altre questioni fondamentali da affrontare:
sviluppo della politica industriale, nazionalizzazione delle risorse
minerarie e di quelle petrolifere, statalizzazione dei trasporti, delle
banche, soluzione del problema degli alloggi, della condizione femminile e alfabetizzazione dell'intera società. Non per ultimo il ritorno alle
proprie radici culturali islamiche. Il nuovo esecutivo era chiamato ad affrontare tutti questi problemi, ma per sua natura la spinta ideologica
unicista portava a negarli, disconoscendo la coesistenza tra differenti
ideologie, eludendo le rivendicazioni dei berberi cabili o le questioni
d'integrità della nazione (per esempio la disputa dei confini con la
Tunisia di Bourguiba e con il Marocco di Hassan II).
Nel '63 Ben Bella venne eletto presidente della Repubblica e
fu approvata la prima Costituzione del Paese.
Ben Bella fu titolare di due governi nazionali, il primo dal settembre del
1962 al settembre del 1963 e il secondo fino alla sua destituzione, avvenuta il 19 giugno del 1965.
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In un’Algeria in preda all'entusiasmo per la conseguita indipendenza,
l'idillio tra il potere e le masse popolari proseguì per qualche anno,
nonostante fosse già evidente il piglio autoritario di Ben Bella appena
edulcorato da un'abile eloquenza populista.
Il primo atto dovuto fu quello di approvare una riforma agraria
equa ed imparziale. In Algeria quello della terra era un concetto idealizzato prima ancora di essere oggetto di contesa. Tutto nasceva e
passava dalla terra. Dalle origini tribali e familiari dei villaggi, agli espropri coloniali, alla lotta d'indipendenza alimentata dalle masse contadine.
L'azione di Ben Bella inizialmente venne agevolata dall'esodo massiccio
dei coloni che si lasciarono alle spalle grandi appezzamenti produttivi.
Cominciava il processo di autogestione delle terre coltivate, forse l'esperimento più interessante dell'era benbellista.
I coloni lasciarono il Paese tra la fine dell'estate e l'inizio dell'autunno del 1962. Per quell'anno si sarebbero persi i raccolti se i
contadini non avessero iniziato ad arare e a seminare le terre abbandonate. La popolazione rurale si organizzò spontaneamente per far fruttare
i grandi appezzamenti.
Iniziò quindi la cosiddetta operazione dell'aratura. Con un decreto
datato 22 ottobre il governo requisì le terre e le aziende dei coloni
coordinando ed affidando la gestione ai contadini. Nella primavera del
'63 tutta la materia venne regolata da una legge. Le cooperative di produzione gestivano le aziende collettive dello Stato. L'assemblea generale dei lavoratori eleggeva il proprio Consiglio che a sua volta nominava il Comitato di gestione. Accanto al presidente del Comitato, il
governo insediava un direttore che aveva il compito di gestire i fondi
stanziati dallo Stato.
L'esperienza funzionò discretamente ma la questione
agraria non fu mai affrontata in via definitiva in quanto Ben Bella, nonostante i suoi proclami socialisti, non
toccò mai il latifondo dei nativi. Così una parte dei
terreni fu organizzata in moderne strutture produttive,
l'altra, invece, rimase accentrata in mano ai notabili
algerini e almeno un milione di disoccupati rimase
senza terra.
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Né tantomeno il governo fu capace di realizzare una seria riforma dell'industria. L'esperienza dell'autogestione fu applicata in forma
ridotta alle aziende del Paese. I grandi agglomerati dell'industria rimasero in gestione alle holding economiche francesi, come prevedeva
l'accordo di Evian. Ebbe inizio una timida nazionalizzazione delle risorse
minerarie e petrolifere, troppo poco per ricomporre il complesso quadro
economico algerino.
La nazionalizzazione delle banche e del commercio, ancora in mano ai
capitali occidentali ritenuti una minaccia per lo Stato socialista, rimase
sulla carta.
La nuova Costituzione, approvata nel 1963, fu redatta dall'FLN
sempre più “partito-Stato”, che di fatto si sostituì all'Assemblea Costituente. Il presidente della Repubblica era designato dal partito e
sottoposto (unico candidato) al voto dell'organo preposto; l'Islam diventava religione di Stato e lo statuto coranico, che al tempo del
colonialismo doveva essere abiurato, era ora il presupposto necessario
per avere riconosciuta la nazionalità algerina ed accedere alle cariche
ufficiali.
All'interno dell'esecutivo e del partito Ben Bella iniziò l'epurazione contro chi si opponeva al suo programma politico e sociale. Tra gli espulsi:
Ferhat Abbas (vessillo della coalizione borghese), Khider e Boudiaf (che
aveva fondato in gran segreto il Partito della Rivoluzione Socialista) ed
Ait Ahmed, che nella sua roccaforte cabila aveva creato in clandestinità
il Fronte delle Forze Socialiste (FFS). L'FLN, sciogliendo o inglobando tutti
i movimenti che avevano contribuito alla nascita della lotta di liberazione nazionale, era diventato l'unico partito riconosciuto dallo Stato.
Nell'aprile del 1964 si aprì il Congresso del Partito. Durante il
corso dei lavori fu redatto un documento, la Carta di Algeri, che doveva
contenere il programma del partito (quindi l'azione del governo) e il suo
statuto.
La Carta di Algeri fece abiura del congresso della Soummam che era
stato realizzato nonostante l'assenza degli “esterni” e dell'accordo di
Evian che aveva imposto al popolo algerino un trattato di pace non conforme agli obiettivi della rivoluzione. Tale conclusione, oltre a ripagare
l'ego di Ben Bella che era uno degli assenti della Soummam e ne aveva
contestato la sua validità, e di Boumedienne, che fu un acceso opposi-
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tore degli accordi di Evian, screditò l'operato del GPRA formato allora
dagli oppositori del regime. Ma, dietro l'apparente coesione della linea
“Ben Bella - Boumedienne”, tra le due fazioni del partito (l'anima civile
e quella militare) covava una profonda ostilità.
Se da una parte il congresso esaltò la funzione del partito,
dall'altra confermò la forza dell'ANP e dello Stato Maggiore dell'esercito
che gli era stato posto accanto nella gestione del potere. Il programma
economico e sociale stabilito dalla Carta coincideva con quella via al socialismo populista proposta da Ben Bella.
Nell'ultimo periodo, quello precedente alla sua destituzione,
Ben Bella per affrancarsi dall'influenza sempre più pressante delle forze
militari (il vero asse portante del potere in Algeria), iniziò a riallacciare i
rapporti con tutti i leader storici del Movimento di Liberazione Nazionale
che aveva epurato in precedenza dal governo e dal partito. Tutti, tranne
Boudiaf, risposero all'appello. Ma proprio qualche giorno prima della
Conferenza afro-asiatica organizzata ad Algeri, il colonnello Boumedienne
pose fine all'era benbellista con un colpo di stato.
5. Boumedienne, la via al socialismo
Il 19 giugno del 1965 Ben Bella, raggiunto nella sua abitazione, fu arrestato dal colonnello Zbiri e dopo qualche ora, annunciato il
passaggio dei poteri (Boumedienne non chiamò mai colpo di stato la
deposizione di Ben Bella ma rimozione personale), fu costituito il Consiglio della Rivoluzione e sciolto il parlamento.
Il nuovo padrone del Paese si affannò a tranquillizzare
l'Algeria e l'opinione pubblica mondiale. In un comunicato emanato lo stesso giorno del golpe militare, Boumedienne rassicurava la nazione, spiegando che la
deposizione di Ben Bella era diventato un atto dovuto,
in quanto con il suo personalismo esasperato aveva di
fatto allontanato il Paese dalla realizzazione degli obiettivi della rivoluzione.
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Pur confermando una continuità con l'operato del suo predecessore, sottolineò la necessità di un nuovo aggiustamento strutturale. Il socialismo
egalitario della prima fase di governo si era trasformato in un socialismo
produttivo. Lo Stato, in questo processo, assumeva un ruolo dominante
e la gestione collegiale acquistava una funzione basilare nel processo di
risanamento nazionale.
Di fatto il potere passava in mano alle forze militari che occupavano tutti i posti chiave nel Consiglio della Rivoluzione, il CDR. Al suo
interno si era formato un equilibrio transitorio tra le cinque fazioni che
componevano l'establishment dell'esercito, con una preponderanza del
gruppo che era stato il vero fautore del golpe militare, l'esercito delle
frontiere, ovvero lo Stato Maggiore di cui Boumedienne era stato il fondatore. Tra gli uomini forti del regime bisogna ricordare Bouteflika, uno
degli ufficiali dell'FLN, divenuto poi civile, che nel '99 divenne il quinto
presidente della Repubblica algerina.
La classe politica che aveva conquistato l'indipendenza del
Paese era già da tempo scomparsa dalla scena, tranne Bitat che nel
nuovo esecutivo ebbe una carica più formale che effettiva. Gli islamici,
entrati nel governo provvisorio dal portone principale, presiedettero due
ministeri divenuti poi determinanti per il diffondersi del movimento religioso quelli della Cultura e Informazione e della Pubblica Istruzione.
La politica del governo, enunciata ufficialmente due anni prima della
morte del colonnello Boumedienne nella Carta nazionale promulgata nel
1976 – il primo vero atto di democrazia del regime militare – fu di sostanziale riavvicinamento con il mondo musulmano. La stessa scelta socialista
sembrava essere dialettica più che in contraddizione con i fondamenti
della cultura islamica. Oltre a richiamare l'origine e l'unità dell'Algeria nei
precetti dell'Islam e a definire il suo ruolo portante nel futuro del Maghreb,
la Carta affermava: “il popolo algerino crede in un Islam che è giustizia,
eguaglianza, eliminazione dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo”.
Boumedienne si aspettava che la cultura musulmana riuscisse a saldare
i valori tradizionali con la modernità che il governo propugnava a livello
di organizzazione economica dello Stato.
L'arabizzazione nelle scuole e nell'amministrazione pubblica voluta e realizzata in fretta e furia, divenne un si-
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mulacro, il legame indissolubile tra nazione e religione.
Ma a distanza di vent'anni Boumedienne ottenne un solo risultato, conferire al movimento islamico il suggello
che ne avrebbe fatto la sola opposizione consacrata dell'Algeria.
Tra gli articoli approvati ne vogliamo ricordare tre: il partito ha il compito di rappresentare le forze sociali all'interno delle istituzioni; il Capo
dello Stato assume in sé le più le alte cariche istituzionali, dirige il governo, il partito ed è a capo delle forze armate; l'Assemblea ha funzione
decisionale, di controllo e orientamento.
L'integralismo e l'estremismo religioso avrebbero raccolto tutti
i movimenti di dissenso confluendo in protesta sociale durante gli anni
Ottanta e in insurrezione armata nel decennio successivo. Le stesse
condizioni che avrebbero portato alla rivolta della minoranza berbera in
Cabilia minando l'unità e le fondamenta dello Stato.
Per Boumedienne si sarebbe dovuto superare quello stadio
di mera dipendenza dalle potenze occidentali, gestendo in modo autonomo le ricchezze nazionali. La riforma economica dello Stato,
improntata sullo sviluppo intensivo dell'industria e sulla nazionalizzazione delle imprese, s'indirizzò verso forme di audace autocentrismo.
Tre piani di sviluppo caratterizzarono l'era Boumedienne: quello triennale ('67 - '69) e quello quadriennale ('70 - '73), contrassegnati dalla
pianificazione dell'economia in senso socialista, dalla nazionalizzazione delle imprese, dalla creazione dei grandi poli industriali e dalla
riforma agraria, e il terzo ('74 - '77) di riforma strutturale, mirata al
mondo del lavoro e a una più equa spartizione delle ricchezze sull'intero territorio.
La Carta nazionale, fonte dell'ideologia della nazione e ispirazione delle leggi dello Stato è la sintesi di tutto l'operato pregresso del
governo e ne riassume i caratteri essenziali dalla nascita alla morte. Dai
rapporti con l'Islam, alla concezione dello Stato socialista o meglio di
un socialismo statalista, dalla politica di sviluppo economico di cui si
parlerà più avanti, alle relazioni internazionali.
L'Algeria nell'era Boumedienne divenne uno tra gli Stati
guida dei Paesi non Allineati, risoluta nel difendere gli
interessi dei Paesi in Via di Sviluppo e in lotta per una
sostanziale revisione dei rapporti Nord-Sud. Il colonnello
Boumedienne era convinto che l'effettiva indipendenza
dei paesi asiatici e africani dalla condizione di neocolonialismo e dal capitalismo occidentale si poteva realizzare attraverso lo sfruttamento delle risorse naturali.
Con Marocco e Tunisia, con i quali proseguiva il contenzioso sui confini
nazionali, Boumedienne ottenne due soluzioni conclusive. I due stati
confinanti riconoscevano i diritti reclamati dal Paese in cambio di un
maggiore sviluppo degli scambi commerciali. Riferimento principale della
politica internazionale dell'Algeria fu il mondo musulmano. Sostenendo
le opzioni panarabe del Maghreb partecipò in modo attivo ai lavori della
Lega Araba.
Nel 1976 fu emendata la Costituzione, che riconobbe nella via
del socialismo l'opzione dell'era Boumedienne.
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Nella prima fase riformista venne privilegiato lo sviluppo dell'industria pesante ad alta tecnologia, la cui espansione avrebbe dovuto
trainare gli altri settori dell'economia, dall'industria media e dei consumi
al comparto agroalimentare.
Furono creati i grandi colossi dell'industria, distribuiti sulla costa. Si iniziarono a nazionalizzare le compagnie straniere, quelle francesi e quelle
americane che operavano nel settore del gas e del petrolio, le miniere di
ferro, la rete di distribuzione, le banche, le assicurazioni e il commercio
estero. Lo Stato oramai controllava pienamente l'economia della nazione,
dirigeva gli investimenti pianificando le risorse.
Ma i grandi agglomerati industriali ad alta tecnologia
assorbivano un'enorme quantità di capitali, provocando
un indebitamento crescente del Paese e aumentando
paradossalmente la dipendenza e il legame con le ricche potenze occidentali. Inoltre, assorbendo una modesta quantità di forza lavoro, non avevano risolto il
problema dell'occupazione.
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L'insieme di risorse impiegate per realizzare il programma
Grandi Imprese privò il settore dell'agricoltura e delle infrastrutture di
nuovi investimenti creando maggiore disoccupazione nelle campagne e
favorendo un'urbanizzazione incontrollata.
La riforma agraria venne infine realizzata nel 1971. La Carta della
Rivoluzione agraria si proponeva di limitare la grande proprietà privata
distribuendo la terra ai contadini ma soprattutto di modernizzare la produzione organizzandola in forme collettive.
Il capitale predisposto però, insufficiente a svecchiare la produzione del
Paese e ad aumentare lo scarso rendimento e il grave ritardo strutturale, portò a un sostanziale fallimento.
L'Algeria rinunciava di fatto a realizzare una politica improntata sull'autosufficienza alimentare, ricorrendo all'importazione del
settore, considerata a breve termine la scelta meno onerosa, contribuendo a scompensare ulteriormente la bilancia commerciale e a
deprimere la produzione interna.
Proprio alla scadenza del terzo piano di sviluppo economico realizzato
dal governo, il 27 dicembre del 1978 moriva Boumedienne, stroncato da
una rara malattia del sangue. Salì al potere il colonnello Chadli
Bendjedid.
6. Benjeidid. Protesta sociale e apertura dei mercati
Dopo il parziale fallimento dell'esperienza socialista dell'era
Boumedienne, con Bendjedid si inaugurò il nuovo ciclo di liberalizzazione e di apertura dei mercati; per certi versi un processo tanto audace e
repentino che travolse il colonnello ed il regime stesso.
Lo smantellamento dell'industria pesante che nel decennio precedente
aveva trainato l'intera economia, nonostante tutte le carenze ed i difetti
palesati, la dissoluzione delle società statali, la privatizzazione delle
terre, l'apertura ai grandi capitali esteri e la conseguente riconversione
del processo di nazionalizzazione, stravolse totalmente il senso e la funzione dello Stato che aveva oramai perduto il suo ruolo di garante. La
distribuzione del profitto, la tutela delle classi meno abbienti, (l'istruzione, il welfare e la sanità gratuita), il controllo inflazionistico, la calmierizzazione dei prezzi dei beni di consumo, insomma, perduto il controllo
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sull'economia della nazione, lo Stato si era denudato davanti agli occhi
dell'intera società.
Se Boumedienne all'egalitarismo socialista aveva preferito il realismo produttivo, con Bendjedid dal realismo
produttivo si arrivò al crollo del sistema.
Il potere del regime, incentrato sul partito unico e sulla compressione dei valori di libertà e diversità in nome dell'unità socialista
dello Stato, degli ideali sacri della rivoluzione, finì per cedere e la liberalizzazione dell'economia accelerò le rivendicazioni politiche, sociali e
liberali con la deflagrazione di tutte le contraddizioni che covavano nella società algerina. E il movimento islamico avrebbe raccolto i frutti di
quella disgregazione preannunciata.
Già nel 1980, con il congresso straordinario del partito ma soprattutto
con la revisione della Carta nazionale del 1986 e con l'emendamento alla
Costituzione del 1989, l'Algeria cambiava definitivamente il corso della
sua storia.
Proprio nell'80, con il Congresso straordinario del partito in cui Bendjedid veniva eletto capo dello Stato, Ministro della Difesa e Segretario dell'FLN, si avviarono le
prime riforme strutturali. Fu approvato il piano quinquennale per la ripresa e lo sviluppo, iniziava la liberalizzazione del settore dell'industria, i grandi poli
venivano suddivisi in tante società allo scopo di incrementare la produttività e aumentare gli utili sociali.
I 66 grandi agglomerati furono scomposti in 474 imprese,
che continuarono a rimanere di proprietà nazionale: il primo atto di
un processo di privatizzazione che si concluse nell'88, anno in cui la
residua presenza dello Stato si sarebbe dissolta definitivamente. Nello stesso tempo gli investimenti destinati al sistema dell'industria
furono ridotti e a subire il maggiore contraccolpo fu l'industria pesante a cui si addossò tutta la responsabilità dei fallimenti dell'era
Boumedienne, con il risultato di mettere in ginocchio quel settore nazionale che era stato, nel bene e nel male, l'asse portante dello
sviluppo degli anni precedenti.
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Se negli anni Settanta il tenore di vita degli operai era in parte
migliorato, negli anni Ottanta la tendenza iniziò ad invertirsi. La struttura sanitaria nazionale cominciava a vacillare, anche il peso del sistema
formativo diventava troppo oneroso per le casse dello Stato.
La congiuntura internazionale non aiutava la ripresa, con il prezzo del
petrolio che scendeva da 40 a 15 dollari al barile. Tra il 1985 e il 1986
la crescita del Pil cadde dal 5 all'1%; il debito estero alla fine degli anni
Ottanta aveva raggiunto 25 miliardi di dollari. Una crescita demografica
smodata pesava sui conti dello Stato e l'opposizione del sempre più
influente potere religioso lasciava irrisolta la questione.
Benjedid con la riforma agraria ripetè gli stessi errori comp i u t i i n p re c e d e n z a , q u a n d o ve n n e s m a n t e l l a t o i l s i s t e m a
dell'industria nazionale. La Conferenza per lo sviluppo del 1984 diede il via alla reintroduzione dei capitali occidentali, privilegiando il
rapporto con gli Stati Uniti, e una legge varata nel 1987 decretò la
restituzione delle terre requisite nel '72 (riorganizzate comunque sotto forma collettiva con appezzamenti di 80 ettari ad unità). L'effetto
immediato di una riforma che non aveva affatto inciso sul disastrato
panorama del settore fu l'indiscriminato aumento dei prezzi di frutta,
ortaggi e cereali (alcuni prodotti aumentarono del 50% in poco più
di un anno), uno dei fattori che scatenò le manifestazioni di piazza
del 1988.
La spregiudicata politica economica del governo mise in crisi
le stesse istituzioni. Il regime fu incapace di traghettare la nazione verso
un'economia di libero mercato e di gestire quel processo di democratizzazione che cresceva in parallelo nell'intera società.
Dal 1980 il malcontento iniziò a scuotere il Paese. La
protesta iniziò a diffondersi in Cabilia (“la primavera
berbera”). I movimenti progressisti, rivendicando il riconoscimento della propria identità (lingua, cultura e tradizioni), chiedevano l'avvio delle riforme democratiche.
La repressione fu brutale.
Seguirono gli scontri dell'82 tra modernisti e islamici, nell'85
la protesta della casbah contro il degrado civile e strutturale in cui ver-
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sava lo storico quartiere, a seguire il movimento studentesco di Costantina e quello di Setif. La disoccupazione diffusa, l'aumento dei prezzi, la
crescita dell'inflazione, la corruzione dell'apparato amministrativo aumentavano il malcontento, spingendo la popolazione, quella bisognosa
dei quartieri popolari e delle periferie cittadine, tra le braccia del movimento islamico. Nell'88 la protesta si diffuse in tutta l'Algeria,
soprattutto nelle grandi città del settentrione. Le manifestazioni nate
spontaneamente nelle piazze si trasformarono ben presto in rivolta popolare. I disordini durarono tre giorni e fu decretato lo stato
d'emergenza. I morti furono almeno un migliaio in tutta la nazione.
Il movimento islamico, diventato ormai l'antagonista del governo, cavalcava la protesta, raccogliendo il malcontento popolare da una parte e
divenendo dall'altra il referente del regime.
Nel 1989 Bendjedid, rieletto presidente nell’88, sperando di
mantenere intatto il proprio potere personale, rifondato l'FLN qualche
mese prima, approvate le riforme nazionali e la nuova Costituzione del
Paese, si spinse ad indire libere elezioni.
La Costituzione, sottoposta a referendum popolare il 23 febbraio del
1989, modificava le figure già esistenti, introducendo nuovi soggetti politici e giuridici.
Il primo articolo enunciava: “l'Algeria è una Repubblica democratica e
popolare”. Il mandato presidenziale veniva limitato a 5 anni e il presidente in carica conservava i suoi ampi poteri fungendo da garante delle
istituzioni dello Stato. Veniva istituita la carica di Primo Ministro e ridimensionato il potere delle forze militari. L'esercito venne relegato a
difendere i confini nazionali.
Qualche mese dopo fu approvata la legge sul multipartitismo.
Nacquero così i primi partiti indipendenti della storia del Paese. Le
prime formazioni legalizzate dal regime furono i progressisti del Rassemblamento per la Cultura e la Democrazia (RCD) di Said Saad – un
partito laico che aveva preso posizioni nette e dure contro il movimento integralista – il Fronte delle Forze Socialiste di Ait Ahmed, il
Partito d'Avanguardia Socialista (PAGS), gli ex comunisti, il Movimento
per la Democrazia in Algeria (MDA) del rimpatriato Ben Bella e il mondo delle associazioni che si è impegnato strenuamente negli anni bui
del terrorismo.
. 37
Seguì il FIS, il Fronte di Salvezza Islamico, sotto l'egida del moderato
Abassi Madani e del facinoroso Ali Belhadj, effetto e causa del precipitare degli eventi nel corso del decennio successivo.
La vittoria del FIS alle elezioni amministrative del giugno del '90, in cui
ottenne più del 50% dei voti, riportò nel Paese intero un periodo di tensione e smarrimento in vista delle elezioni politiche dell'anno successivo.
La vittoria del FIS era stata preparata dal corso della storia,
sin da quando lo Stato indipendente aveva lasciato nelle mani degli
Ulema e della propaganda religiosa la cultura ufficiale, l'istruzione e
l'educazione nelle scuole. Un potere ottuso e autoritario aveva impedito la crescita di una società civile, dei movimenti democratici e
liberali, delle associazioni culturali indipendenti, facendo sì che intorno al movimento islamico si raccogliesse l'opposizione del Paese, dai
ceti medi impoveriti da una crisi galoppante, all'impiegato pubblico
che non riusciva ad arrivare a fine mese, a tutti i lavoratori dipendenti
a cui l'inflazione aveva eroso il potere d'acquisto dei salari, ai disoccupati, quelli vecchi ridotti ormai in miseria e i nuovi colpiti dalla
politica di privatizzazione dello Stato che non offriva protezione e garanzie sociali.
E tutto intorno i contadini delusi da una riforma agraria che toglieva
ciò che era rimasto, senza offrire speranze e sicurezze, infrastrutture
fatiscenti, servizi pubblici (sanitari e scolastici) sempre meno garantiti
e inefficienti, prezzi in crescita costante. E il movimento islamico pronto a incanalare il malcontento, con la sua rete capillare sempre più efficiente e estesa, all'interno della struttura pubblica e privata, nelle
moschee, nelle scuole e nelle università, nelle fabbriche, nei quartieri
degradati, con le sue opere caritative di supporto e la sua propaganda
populista.
La Guerra del Golfo fra il '90 e il '91 fece uscire allo scoperto
il Movimento islamico algerino che fino all'invasione irachena del Kuwait, al pari del governo, si era esposto in modo ambiguo, chiedendo
ufficialmente il ritiro dell'Iraq per non urtare la suscettibilità dell'Arabia
dispensatrice di denaro e sovvenzioni.
Ma l'entrata in guerra della coalizione occidentale e il rancore antiamericano crescente delle masse del Maghreb, costrinse il FIS ad attestarsi
sulle posizioni di iraniani ed afgani.
. 38
7. Golpe militare e terrorismo islamico.
A un passo dall'abisso
La data per le elezioni legislative, tra mille incertezze e titubanze, fu fissata per il mese di giugno del 1991. La società civile si
stava organizzando quando poco più di un mese prima iniziarono a diffondersi i primi moti popolari che portarono al rinvio delle elezioni.
L'approvazione della legge che cambiava le norme elettorali in corso
penalizzando le roccaforti del movimento islamico, le città e il Nord
dell'Algeria, favorendo il Sud e le campagne in cui l'FNL era più forte,
scatenò la protesta nel Paese.
La città di Algeri fu mobilitata e venne indetto uno sciopero a tempo illimitato. Il FIS, per fermare la protesta che aveva paralizzato la nazione,
chiedeva nuove garanzie elettorali e le elezioni del capo dello Stato.
Il governo presieduto dal riformatore Hamrouche tentò inutilmente di
mediare. La polizia sgombrò le piazze con la forza ed Hamrouche fu
obbligato a rassegnare le proprie dimissioni. Il 5 giugno venne proclamato lo stato d'emergenza e Ghozali, nominato Primo Ministro, costituì un
governo tecnico indipendente.
Mentre il nuovo Primo Ministro iniziava a negoziare con la leadership del FIS, un'ondata di forte repressione si scatenò all'interno del
Paese contro il movimento islamico senza fare distinzione tra oltranzisti
e moderati. Nel deserto del Sahara si innalzarono strutture carcerarie in
cui furono rinchiusi migliaia di attivisti e militanti in condizioni disumane e gli stessi Belhadj e Madani vennero arrestati.
Le elezioni si tennero il 26 dicembre del 1991 e vi parteciparono tutti i partiti dell'arco costituzionale, compreso il FIS, nonostante la maggior parte dei suoi leader
fosse stata imprigionata. Il risultato fu eclatante. Il partito islamico andò ben oltre le più rosee previsioni: al secondo turno elettorale ottenne due terzi dei seggi in
parlamento. Numeri sufficienti per poter modificare la
Costituzione del Paese.
Grazie ad una macchinosa legge elettorale, il FFS di Ait Ahmed
superò l'FNL che si attestò come terza forza dell'Assemblea legislativa.
. 39
L'esito del voto traumatizzò il Paese intero e la comunità internazionale.
Una parte delle forze politiche e dell'opinione pubblica algerina chiedeva di fermare l'avanzata del movimento islamico annullando il secondo
turno della mandata elettorale, un vero colpo di stato appoggiato dai
movimenti progressisti, dal PAGS e dal RCD e osteggiato dal FFS. Da
una parte c’era chi sosteneva che fosse sacrosanto usare la forza e la
violenza per difendere le istituzioni democratiche, dall'altra chi pensava
di preservarle entro i limiti stabiliti dalla legge.
L'11 gennaio del 1992 Chadlj Bendjedid fu costretto ad annunciare le proprie dimissioni e il secondo turno delle legislative fu
annullato. Sospese tutte le garanzie democratiche, sciolto il parlamento,
il potere passò in mano all'Alto Consiglio per la Sicurezza. Il colpo di
stato fu portato a compimento.
Per dare una parvenza di legalità al golpe militare, venne nominato l'Alto
Comitato dello Stato a cui fu affidata l'incombenza di traghettare il Paese
verso la normalizzazione. L'HCE era composto da 5 uomini che avrebbero dovuto rappresentare le varie componenti della società civile. Alla presidenza dell'HCE fu nominato Mohammed Boudiaf, ritornato dall'esilio.
Le scelte che portarono all'investitura di Mohammed Boudiaf alla presidenza dell'Alto Comitato erano evidenti. Simbolo e bandiera dell'indipendenza del Paese, fondatore dell'FNL, legittimava in qualche modo agli
occhi della gente un governo che era stato partorito nell'illegalità.
Ma ben presto il vecchio Boudiaf, fin troppo indipendente e riluttante ad accettare la volontà dei militari, venne assassinato,
ufficialmente da una sua guardia del corpo, e sostituito con Al Kafi. Oramai il Comitato era diventato un burattino in mano ai militari,
abbandonato e contestato dai partiti e dallo stesso FLN.
Nello sconforto generale l'Algeria cadde in una spirale
di violenza senza fine. Da una parte la violenza del regime militare, la connivenza più volte denunciata con i
movimenti integralisti (era fin troppo comodo fomentare
la guerriglia per giustificare il dispotismo del regime) e
dall'altra il furore esacerbato e brutale del terrorismo
islamico: villaggi interi rasi al suolo, abitanti trucidati e
sgozzati, donne incinta sventrate, bambini fatti a pezzi.
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In questa situazione donne, uomini e ragazzi hanno eroicamente resistito preservando quei valori democratici che col tempo,
lentamente, sono tornati a rinascere nell'intera società.
Il 4 marzo 1992, il FIS fu dichiarato fuori legge e furono sciolte le wilaya
che amministravano dall'anno precedente. Costretto all'illegalità, il
Fronte di Salvezza Islamica concluse un ciclo che in parte aveva già iniziato, organizzandosi in clandestinità, partecipando alla guerriglia con il
suo braccio armato, l'AIS.
Ma il FIS non dimenticò mai di avere un forte consenso popolare e lasciò
aperta la porta ad eventuali mediazioni sperando di poter recuperare la
sua collocazione nella società civile. Con quest'ottica politica moderò la
collusione con la lotta clandestina. Mentre più di un gruppo armato che
faceva capo alla sigla dei GIA, condusse una guerra di terrore senza limiti e confini, macchiandosi di delitti atroci e disumani.
Intanto, tra le forze militari, si contendevano il potere due fazioni: le colombe, rappresentate dal generale Nezzar, considerato un
moderato riformista, nonostante avesse preso parte attiva al golpe del
1992 e il generale Lamari, che divenne il discusso comandante delle forze speciali dell'antiterrorismo.
L'ala di Nezzar riuscì ad avere il sopravvento e Zeroual, il futuro presidente della Repubblica algerina, venne nominato Ministro della Difesa. Nel '94,
in piena guerra civile, venne sciolto l'Alto Comitato di Stato e formato un
governo provvisorio della durata di tre anni con a capo lo stesso Zeroual.
Il nuovo presidente continuò a perseguire la politica ambigua del regime
passato. In quegli anni tormentati più di un dubbio venne sollevato sulla
reale volontà da parte delle forze militari di voler trovare un accordo con
il movimento integralista.
Intanto Zeroual, come segno di buona volontà, indiceva le prime elezioni libere dal giorno del golpe militare, nonostante l'opposizione
di quasi tutti i partiti del Paese che reputavano affrettata una tornata
elettorale (la nazione versava in uno stato disastroso, centinaia di morti
a settimana tra assalti nei villaggi e attentati nei quartieri cittadini).
Zeroual vinse le elezioni con il 65% delle preferenze, sconfiggendo il suo
avversario più diretto, il leader islamico di HAMAS, Nahnah.
Se è vero che i risultati delle elezioni furono contestati da tutti i partecipanti al voto e dagli osservatori internazionali, è altrettanto vero che in
. 41
un clima di intimidazione generale la maggior parte del popolo algerino
si iscrisse alle liste elettorali, mostrando il grande desiderio di ritornare
alla normalità.
L'anno successivo i cittadini furono richiamati alle urne per approvare la
nuova Costituzione. Anche in questo caso il risultato (che diede l'85%
dei consensi ad un testo molto restrittivo) lasciò parecchi dubbi.
Intanto l'FNL si era reintegrato nei ranghi del potere. Alle elezioni legislative del '97 (indette per ricostituire il
nuovo parlamento), il partito fondato da Zeroual, l'RND,
conquistò il 33% delle preferenze, seguito dal Movimento della Società per la Pace, l'ex HAMAS, dall'FNL, dall'Ennahda e dai due partiti berberi, l'FFS e l'RCD.
Proseguendo il corso di una faticosa “normalizzazione”
Zeroual liberò Abassi Madani, leader storico del FIS,
sperando di ottenere, con un gesto di clemenza, la fine
della lotta armata.
Nonostante gli anni bui del terrorismo, il continuo declino dell'economia della nazione e il completo isolamento dalla comunità
internazionale, il regime di Zeroual riuscì a mantenere sotto controllo il
deficit del debito pubblico e a preservare le attività di estrazione del
gas e del petrolio. Durante il suo mandato venne approvata la legge
che fece diventare l'arabo la lingua ufficiale del Paese, rilanciando la
questione etnico-culturale, come quella dei berberi cabili. Nel '98 Zeroual
annunciò le nuove elezioni presidenziali che si svolsero nel febbraio del
1999. Iniziava l'era Bouteflika.
. 42
8. Situazione attuale. L'era Bouteflika
Le elezioni del 1999, vinte da Abdelaziz Bouteflika, ex Ministro
degli Esteri dell'era Boumedienne, sono state tra le più controverse dell'Algeria indipendente.
Il generale Liamine Zeroual, in contrapposizione con il generale
Mohammed Lamari, capo dello Stato Maggiore dell'esercito e del generale Tewfik Mediane, capo della Sicurezza Militare (che sopravvissero a
quattro presidenti), è stato costretto a sorpresa a indire lo scrutinio, piegandosi al volere del gotha militare.
Bouteflika, candidato prescelto dall'esercito, vinse le elezioni, dimostrando ancora una volta come dietro la facciata formale del potere, abbia tramato il comando dell'armée.
Ottenuta la presidenza, Aziz Bouteflika ha dovuto dimostrare
all'opinione pubblica algerina la propria indipendenza dal potere militare (situazione compromessa tra l'altro dalle dimissioni polemiche dei sei
candidati alla presidenza, che hanno così trasformato elezioni pluralistiche in un mero plebiscito) affrontando i punti più dolenti dall'inizio del
mandato: il ruolo dell'esercito all'interno delle istituzioni del Paese,
l'autonomia della giustizia, l'allontanamento della sicurezza militare dalle istituzioni politiche e mediatiche e soprattutto quell'affair che tanto
tormentava la società civile, la questione integralista.
Appena diventato presidente, Bouteflika ha iniziato a lavorare
in quella direzione, come promesso in campagna elettorale, cercando
un accordo con il movimento integralista. Nell'estate del '99 ha graziato migliaia di attivisti islamici, colpevoli di crimini minori ed oppositori
politici del precedente regime militare, indicendo un referendum popolare con cui si promuoveva l'amnistia o la riduzione delle pene per gli
affiliati ai movimenti integralisti che avessero abiurato la lotta clandestina. È iniziato così il periodo denominato della Concorde Civile.
Un progetto tanto impegnativo esigeva l'appoggio popolare e l'Algeria,
stanca di subire la violenza ed il terrore, si è affidata al nuovo presidente. Così, in un forte clima di tensione, 14 milioni di algerini si sono
recati alle urne, l'85% dell'intero corpo elettorale, e il 98% ha appoggiato con coraggio la proposta. Per Bouteflika è stato un successo inaspettato.
. 43
La Concorde Civile, per molti algerini una legge ingiusta
moralmente ma al tempo stessa necessaria, è stata legittimata. L'Algeria ha voltato pagina. Bouteflika ha ottenuto la resa dell'AIS (il braccio armato del FIS),
riuscendo in parte ad isolare gli irriducibili del GIA, il
Gruppo Armato Islamico. Il movimento integralista, col
tempo, ha perso quel consenso popolare che si era assicurato nel passato, mantenendo comunque ancora alto
il profilo di guerriglia.
Il reinserimento degli islamici moderati nel tessuto politico e
sociale del Paese e l'abbandono di ogni velleitario sentimento di vendetta è stata l'arma vincente del nuovo presidente.
Bouteflika, atteso al varco delle riforme economiche e sociali, si è dovuto destreggiare da bravo equilibrista tra il potere militare, il movimento
islamico moderato, le fasce riformiste, i poveri e gli oppressi, le minoranze etniche, una società civile che chiedeva di essere ascoltata.
Intanto, il problema dei cabili stava deflagrando. L'affare berbero, da sempre spina nel fianco dei regimi militari alternatisi al potere
negli ultimi vent'anni, alle soglie del 2000 è esploso.
Il 21 maggio del 2001, almeno cinquecentomila berberi (un milione
secondo gli organizzatori) hanno sfilato per le vie di Tizi-Ouzou. Si è trattato della più grande manifestazione registrata nel Paese negli ultimi
dieci anni. Alla marcia hanno partecipato giovani e studenti (che hanno
dato vita alla protesta popolare dopo l'uccisione di un giovane cabilo,
avvenuta in circostanze poco chiare nella caserma di Béni Douala). Ad
essi si sono uniti donne e contadini, tutti al grido di “gendarmi assassini via dalla regione” e “abbasso la repressione, libertà d'espressione e
riconoscimento della lingua berbera”. La marcia nera di Tizi-Ouzou è
stata organizzata dal coordinamento dei comitati di villaggio riunitisi
qualche giorno prima a Illoula Oumalou per elaborare la propria piattaforma, rivendicando in primo luogo giustizia e libertà.
Una manifestazione del coordinamento degli studenti si era
svolta qualche giorno prima, mentre in coincidenza della marcia la Cabilia era paralizzata da uno sciopero generale. I promotori della protesta
hanno deciso di escludere i partiti dai cortei (anche quelli berberi) rifiu-
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tando ogni forma di assoggettamento politico, definendosi “un movimento di liberi cittadini democratici e pacifici”. Dopo i primi giorni di
disordini in cui la repressione poliziesca è stata brutale, 42 morti secondo i dati ufficiali, oltre 80 secondo fonti alternative e circa seicento
feriti, l'organizzazione è stata condotta dai comitati di villaggio formati
da lavoratori, insegnanti, studenti, militanti delle ONG, sindacalisti. L'iniziativa del coordinamento ha ottenuto l'adesione di molte
organizzazioni della società civile. Per la prima volta nella storia del
Paese un movimento laico e progressista è sceso nelle piazze rivendicando riforme politiche, economiche e sociali.
Abdelaziz Bouteflika ha nominato una commissione d'inchiesta indipendente per indagare sulla brutale repressione: una goccia d'acqua in un
mare di tensione.
Il nuovo esecutivo ha ereditato una situazione economica in
netta involuzione. Dieci anni di guerra civile e d'isolamento hanno prostrato le finanze del Paese. Il reddito medio pro capite è scivolato dai
2880 dollari del 1986 ai 1650 del 2001, perdendo più di 40 punti in 15
anni. Lo stesso Istituto Nazionale di Statistica sosteneva che il reddito
di un terzo della popolazione non superava allora i 6000 dinari, all'incirca 100 dollari. In questo quadro desolante, l'aumento progressivo delle
spese dello Stato, attestatesi nel periodo 1993-2000 al 7% dell'intera
produzione nazionale, raggiungendo i 269,8 miliardi di dinari, ha prodotto pochi benefici, accrescendo il debito statale.
La tensione sociale è salita alle stelle e il movimento di contestazione
partito dalla Cabilia si è esteso a macchia d'olio in tutta l'Algeria.
Il problema degli alloggi, uno dei cavalli di battaglia della propaganda populista islamica degli anni '90 è rimasto irrisolto.
Nonostante l'aumento costante dell'edilizia popolare, il governo non è
riuscito a colmare il fabbisogno nazionale (160.000 unità residenziali all'anno) né a restaurare le vecchie e numerose abitazioni fatiscenti.
Davanti alle banche per lo sviluppo locale si sono formate lunghe code
di persone che sono andate a impegnare i propri beni per comprarsi da
mangiare o per pagare le bollette. Il Paese intanto si è avvicinato alle
prime elezioni legislative dell'era Bouteflika fissate per il giugno del
2002, un'importante scadenza elettorale che avrebbe dovuto rilanciare o
affossare la politica ed il prestigio dell'anziano presidente.
. 45
Le piazze, non solo quelle berbere, si sono riempite ogni giorno di dimostranti che hanno rivendicato un alloggio ed un lavoro,
protestando contro la chiusura improvvisa dell'erogazione dell'energia
elettrica e dell'acqua, l'abbandono dei servizi sanitari, la repressione e
l'ingiustizia. La disoccupazione, a seconda delle zone del Paese, ha
oscillato tra il 30 e il 70% della popolazione giovanile attiva.
Il 2001 avrebbe dovuto essere l'anno del rilancio finanziario ma così non
è stato. Le privatizzazioni promesse, la riorganizzazione fiscale e del settore economico, l'abbassamento delle tariffe doganali e l'accelerazione
dei negoziati in vista di un accordo con la Ue e con l'Organizzazione
Mondiale per il Commercio non sono state realizzate. Le imprese hanno
lasciato le wilaya più insicure, prostrando l'economia delle regioni più
dimesse. A tutto questo si è aggiunto il peggioramento dell'intero sistema politico e sociale a causa dei blocchi delle attività, degli attentati,
delle imboscate e delle bombe, perché l'affair integralismo è stato tutt'altro che risolto.
La GIA, ancora sul piede di guerra, ha iniziato a suo modo la
campagna elettorale con un messaggio ben preciso: “proseguirà il terrore”. Dall'inizio dell'anno si sono contate più di 200 vittime, tra cui 12
bambini massacrati a Ain Defla, 12 guardie comunali uccise a Skikda e
due bus fermati a mitragliate.
Inoltre è scoppiato il caso dei pentiti. Più di 100 sono stati arrestati nuovamente per crimini comuni e 9 hanno ripreso la clandestinità. In molte
moschee si è continuato a indottrinare, aprendo la strada a militanza e
sovversione. Due partiti islamici minori presenti alle elezioni, il MRN e il
MSP, hanno deciso di aprire le loro liste elettorali ai dissociati, sollevando
le proteste della società civile e dell'Organizzazione delle famiglie vittime
del terrorismo, che hanno organizzato i sit-in di protesta davanti alla sede
dell'APN per rivendicare il riconoscimento del loro stato di diritto. I
patriots, gli uomini dei villaggi più isolati assaliti nottetempo, hanno chiesto le armi allo Stato per potersi difendere dagli assalti integralisti.
Il 16 maggio del 2001 sono stati approvati in parlamento nuovi emendamenti al codice penale, ripristinando il
reato di diffamazione per i giornalisti con pene che hanno previsto pesanti sanzioni finanziarie e diversi anni di
prigione.
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La corporazione algerina della stampa, denunciando le nuove
misure restrittive come un attentato alla libertà d'informazione, ha formato “il comitato della crisi” (in Algeria esistono almeno una sessantina
di giornali arabi e francofoni, di cui almeno un terzo indipendenti) attraverso il quale sono passati gli appelli contro la nuova normativa di
migliaia di algerini, di partiti, di associazioni progressiste e di organizzazioni civili.
Su tutti i maggiori quotidiani sono apparsi titoli ed articoli ancora più
pungenti contro la politica attuata dal governo e molte città sono state
teatro di importanti manifestazioni popolari.
A quasi tre anni dall'inizio dell'era Bouteflika si è andati
dunque alle elezioni nazionali in un contesto controverso, con il movimento dei cabili che ha lanciato un appello al boicottaggio e ha
indetto una giornata di protesta.
Come previsto, lo scrutinio è stato un vero e proprio fallimento, disertato dal 53,8% dell'intero corpo elettorale; solo in Cabila l'affluenza
ai seggi si è attestata al 2% e nonostante la presenza di 23 partiti e
123 liste indipendenti, molte formazioni storiche quali l'RCD e l'FFS si
sono ritirate.
L'FLN è diventato il primo partito conquistando 199 seggi su
389, scavalcando così l'RND, forza maggioritaria nelle consultazioni del
1997, che ha perso 108 dei suoi 156 seggi precedenti. Tra i partiti islamici l'Ennahda ha conquistato un solo seggio, l'MSP ha dimezzato la
sua forza parlamentare, 38 seggi complessivi, mentre l'El Islah appena
nata ne ha conquistati ben 43. Un dato confortante è stato l'aumento
della presenza femminile in parlamento, in sostanza raddoppiata, da 13
a 25 deputate.
L'alleanza di governo (FLN, RND con l'introduzione di alcuni
ministri tecnici) è stata nuovamente confermata, con Ali Benflis Primo
Ministro. Il discusso Yazid Zerhouni ha mantenuto il posto al Ministero
degli Interni nonostante avesse gestito in maniera disastrosa i moti cabili. Khalida Messaoudi, eroina della resistenza femminista che durante
gli anni '90 ha vissuto in condizione di semiclandestinità, condannata a
morte e ferita dal movimento islamico, è diventata Ministro della Comunicazione e portavoce del governo.
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Naturalmente il voto è stato aspramente contestato, ma convalidato anche in Cabilia, rappresentata in parlamento da alcuni deputati
passati allo scrutinio con appena l'1% delle preferenze elettorali.
Il mese seguente alle elezioni sono riprese le proteste polari e gli attentati integralisti che hanno provocato 120 vittime in appena 30 giorni.
Bouteflika ha potuto iniziare ad approvare le riforme economiche e sociali avendo conseguito una schiacciante maggioranza in parlamento.
L'8 aprile del 2004 sono state indette le elezioni per il nuovo
presidente. A sfidare Bouteflika, Ali Benfis, ex Primo Ministro, esautorato
l'anno precedente e candidato prescelto dell'FNL. Durante la campagna
elettorale le forze militari si sono mantenute neutrali, consapevoli del
fatto che nessuno tra i due competitori avrebbe ostacolato la loro interferenza negli affari dello Stato.
Bouteflika, denunciato dalla stessa opposizione, approfittando del ruolo
che aveva ricoperto, ha cercato di controllare le emittenti nazionali, utilizzando i fondi del Tesoro per la propria campagna elettorale. Il presidente ha promosso un'azione giudiziaria contro l'FNL bloccando l'attività e il capitale a sua disposizione.
Il popolo algerino ha chiesto in primo luogo sicurezza, continuità e
moderazione, temendo che una politica avventata (Ali Benfis incarnava
la figura d'alternanza) potesse far piombare nuovamente il Paese in una
guerra sanguinosa o portarlo verso una deriva autoritaria.
Nonostante un'economia disastrata (la disoccupazione quell'anno ha sfiorato il 25%), Bouteflika ha cominciato a realizzare la prima
bozza di riforme. Traendo beneficio dall'innalzamento dei prezzi del petrolio, di cui l'Algeria è uno dei maggiori esportatori, ha investito i
proventi ricavati per migliorare le infrastrutture del Paese e per sovvenzionare i progetti in campo agricolo dando impulso allo sviluppo delle
aziende (abbattendo il limite massimo di proprietà fissato per ogni contadino a 5 ettari di terra). Ha promosso l'iniziativa privata nel Paese, la
liberalizzazione dei mercati (creando tra l'altro una commissione di controllo), cominciando a smantellare quello che restava della struttura
socialista ereditata dalla giunta militare precedente.
Se il terrorismo non è stato debellato, si è certamente indebolito e la
gente ha iniziato a vivere in maniera più sicura.
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Bouteflika, in campagna elettorale, ha promesso di accelerare
il processo di privatizzazione; di attuare le riforme per accedere tra l'altro ai fondi della Banca Mondiale; di siglare un nuovo patto sociale con
i sindacati; di liberalizzare il mercato degli idrocarburi dando spazio ai
capitali occidentali; di riformare il sistema bancario del Paese, dopo il
crack finanziario della Khalifa e dei suoi partner; di riavviare un processo di riconciliazione nazionale attraverso un'amnistia generale e di
risolvere il problema dei disparus – i migliaia di simpatizzanti islamici
spariti durante il periodo del regime militare, un caso tornato alla ribalta dopo il ritrovamento di una dozzina di fosse comuni; l'istituzione di
una Commissione presieduta da Farouk Ksentini.
Per quanto riguarda la Cabilia, si è impegnato a stimolare nuovi investimenti riconoscendo la lingua e smobilitando la gendarmeria dalla regione. Infine, ha accelerato l'approvazione del nuovo Codice di famiglia che
attendeva da vent'anni una riforma sostanziale.
Le elezioni dell'8 aprile del 2004 hanno premiato ampliamente
Bouteflika che è stato riconfermato presidente con l'84% dei suffragi.
Sono seguite le dimissioni pilotate del generale Lamari, Capo delle Forze
Armate e dei Servizi di Sicurezza da più di dieci anni, considerato da
molti osservatori l'anima nera del regime militare.
La riforma del Codice di famiglia in vigore dal 1984, che sanciva le norme più retrive tra i Paesi maghrebini, è stata approvata in
parlamento il 14 marzo del 2005. La bozza di modifica proposta dal
nuovo Primo Ministro Ahmed Ouyahia è stata più volte corretta e ritirata
a causa della dura opposizione attuata dagli esponenti più conservatori
dei partiti religiosi.
Il testo approvato in Assemblea reintroduce la figura del tutore, ovvero
un maschio di famiglia che deve dare l'assenso al matrimonio. La sola
novità è che la donna potrà sceglierlo tra i componenti del suo nucleo
familiare. La poligamia non è stata soppressa totalmente, in quanto l'uomo può sposare un'altra donna con il consenso delle mogli precedenti e
con l'avvallo dell'organo preposto. Malgrado l'uomo mantenga la tutela
giuridica sui figli anche nei casi in cui vengano affidati alle donne, è
obbligato in caso di divorzio ad assicurare alloggio ed alimenti.
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2. Istituzioni ed economia
1. Organi istituzionali
L'Algeria, come recita il primo articolo della Costituzione, è
una Repubblica democratica popolare, unica e indivisibile. La prima
Costituzione del Paese è stata promulgata nel 1963 da Ben Bella e successivamente riscritta e emendata tramite referendum popolare per tre
volte: nel 1976 con Boumedienne, nel 1989 con Benjedid e nel 1996 durante il golpe militare (presidente della Repubblica il generale Zeroual).
Inoltre ha subito due revisioni, nel 1988 e nel 2002. La Costituzione stabilisce limiti e poteri delle più alte cariche e degli organi dello Stato,
regolando le relazioni e la vita istituzionale, politica e amministrativa
della comunità.
Gli articoli 2 e 3 sanciscono che l'Islam è la religione di Stato
e l'arabo è la lingua nazionale (l'articolo 3 bis, approvato con la nuova
revisione, fa del tamazight, l'idioma parlato dai berberi cabili, la seconda lingua nazionale).
Il popolo è la fonte di tutti i poteri (art. 6) e sceglie liberamente i propri
rappresentanti (art. 7). È garantita l'uguaglianza davanti alla legge senza
alcuna distinzione di razza, sesso, nascita e opinione (art. 29) assicurando libertà di espressione, aggregazione e associazione (art. 41), il diritto
di creare partiti politici (art. 43) ed unioni sindacali (art. 56).
Da un punto di vista amministrativo suddivide la collettività territoriale
dello Stato in wilaya e comuni (art. 15).
La Costituzione sancisce inoltre che il presidente della Repubblica è il
capo dello Stato e incarna l'unità della nazione, è garante della
Costituzione e rappresenta il governo nazionale nel Paese e all'estero
(art. 70), è eletto a suffragio universale diretto e segreto (art. 71), esercita la magistratura nei limiti fissati dalla stessa Costituzione (art. 72).
È capo supremo delle Forze Armate, responsabile della difesa nazionale,
presiede il Consiglio dei Ministri, nomina e licenzia il capo del governo,
. 51
firma i decreti, dispone del diritto di grazia. Ha il potere di indire referendum su tutte le questioni d'importanza nazionale, conclude e ratifica
i trattati internazionali (art. 77). Nomina il presidente del Consiglio, il
segretario generale del governo, il governatore della Banca d'Algeria, i
magistrati, i responsabili degli organi di sicurezza, governatori e ambasciatori (art. 78). La durata del mandato è di 5 anni (art.74).
Il 23 febbraio del 1989 è stato istituito, con l'articolo 153, il
Consiglio Costituzionale incaricato di vigilare sulla Costituzione nazionale, composto da nove membri: tre designati dalla presidenza della
Repubblica, due eletti dall'Assemblea Popolare Nazionale, due dal Consiglio della Nazione, uno dalla Corte Suprema e uno dal Consiglio di
Stato. Il presidente è designato per un unico mandato di sei anni, mentre i membri del Consiglio egualmente eletti per sei anni, sono per metà
rinnovabili ogni tre. Inoltre il Consiglio Costituzionale ha funzione di
controllo sulle operazioni referendarie, sulle elezioni legislative e presidenziali ed è incaricato di annunciare ufficialmente i risultati delle
operazioni di scrutinio.
Il parlamento algerino è composto da due camere, l'Assemblea Popolare Nazionale (APN) e il Consiglio della Nazione.
La prima elezione legislativa in Algeria ebbe luogo il 20 settembre del
1962, poco dopo la dichiarazione d'indipendenza. L'Assemblea fu eletta
per un anno allo scopo di promulgare la prima Costituzione nella quale
fu sancito il principio monocamerale parlamentare. Il mandato
dell'Assemblea Popolare fu prolungato di un ulteriore anno.
Il 3 ottobre del '63, l'accentramento dei poteri nelle mani del presidente della Repubblica ebbe l'effetto di congelare l'attività parlamentare. Dal
'65 al '76 venne istituito il Consiglio della Rivoluzione che diventò il
depositario dell'autorità sovrana.
Il 22 novembre del '76 con la nuova Costituzione venne istituita una
camera unica denominata Assemblea Popolare Nazionale, incaricata di
esercitare il potere legislativo, eletta il 25 febbraio del '77 per un mandato di 5 anni e regolarmente rinnovata nell'82 e nell'87.
Nel 1989 le dimissioni del presidente della Repubblica hanno creato un
vuoto giuridico istituzionale. Il parlamento è stato sciolto e, con il colpo
di stato militare rimpiazzato da strutture transitorie (l'Alto Comitato dello
Stato, il Consiglio Consultativo Nazionale e il Consiglio Nazionale di
. 52
Transizione), fino alla revisione costituzionale del '96, che ha modificato
il panorama istituzionale algerino instaurando un regime parlamentare
bicamerale composto dall'Assemblea Popolare Nazionale (formata da
389 membri) e un Consiglio della Nazione di 144 membri (il primo parlamento pluralista della storia del Paese), eletti il 5 giugno del '97 e rinnovati cinque anni dopo.
Il Consiglio della Nazione è quindi la seconda camera del parlamento
algerino. I due terzi dei 144 membri che lo compongono sono eletti a suffragio universale indiretto dalle assemblee locali (l'Assemblea Popolare
Comunale e delle wilaya). I rimanenti 48 sono designati dal presidente
della Repubblica. La durata del mandato è di sei anni, tuttavia metà degli
eletti sono rinnovabili ogni tre.
Il Consiglio della Nazione esercita, insieme all'Assemblea Popolare
Nazionale, il potere legislativo, approvando le leggi con una maggioranza dei tre quarti dei suoi membri. Essa può ratificare solamente i testi
già adottai dall'APN, per i quali non dispone del potere di emendamento. In caso di dissidio tra le camere, una commissione paritaria istituita
ad hoc è incaricata di proporre un nuovo testo corretto e riveduto che è
sottoposto all'approvazione di CN e APN senza la possibilità di essere
emendato un'altra volta.
La squadra di governo, nata dopo le elezioni presidenziali
dell'8 aprile 2004, è rimasta pressoché invariata. Capo del governo rimane Ahmed Ouyahia, Ministro degli Interni Yazid Zerhouni, fedelissimo
di Bouteflika e riconfermato ad ogni scadenza elettorale nonostante
l'opposizione dei movimenti cabili e di parte dell'opinione pubblica algerina. Ministro dello Stato, ovvero il rappresentante personale del
presidente della Repubblica, è Abedlaziz Belkhadem; nuovo Ministro degli Esteri Mohammed Bedjaoui, Ministro della Giustizia Tayeb Belaiz,
Ministro delle Finanze Mourad Medelci, Ministro del Commercio El Hachemi Djaaboub, Ministro per l'Agricoltura Said Barkat, Ministro per
l'Industria Mahmoud Khoudri. Questi tra i più importanti dei 43 dicasteri
che compongono il governo del Paese.
. 53
2. Quadro macroeconomico
Il quadro macroeconomico algerino si presenta sostanzialmente positivo uscendo rafforzato dall'avvenuta rielezione del presidente
Bouteflika e dal clima di stabilità politica che né è conseguito. La diminuzione degli attentati terroristici e delle tensioni sociali hanno favorito
l'espansione del sistema economico algerino, in vista del nuovo piano
nazionale di sviluppo e di rilancio commerciale. Il PIL cresce a ritmo sostenuto, essendosi attestato al 5,5% nel 2004, sebbene abbia registrato
una flessione dello 0,6% rispetto all'anno precedente.
CONDIZIONE MACROECONOMICA DELL'ALGERIA
VALORI IN MLN DI DOLLARI
PIL VALORE
PIL ( VAR .
%)
CONSUMI PRIVATI
(%
CONSUMI PUBBLICI
DEL
(%
PIL)
DEL
PIL)
2001
2002
2003
2004
53.150
55.329
59.146
62.400
2,10
4,10
6,90
5,5
43,6
44,3
14,7
15,3
31.713
INVESTIMENTI FISSI LORDI
15.134
17.511
EXPORT
19.132
18.825
24.612
26,62
28,85
9.940
12.009
13.534
18.190
8,32
34,40
9.476
7.398
11.078
13.523
6.368
3.925
8.384
9.600
-0,30
1,10
0,40
4,2
1,45
2,6
3,6
8
5,21
10,13
11,93
(%)
L'export si è sensibilmente rafforzato, aumentando il proprio
fatturato del 50% rispetto al 2001. Anche l'import in proporzione, nel giro di tre anni, si è più che raddoppiato.
Grazie alla performance degli idrocarburi, il saldo della bilancia commerciale è in forte attivo e ha raggiunto un fatturato di 13.523 milioni di dollari.
Il tasso d'inflazione in crescita, 3,6% nel 2004, aumentato di un punto
in percentuale rispetto all'anno precedente a causa del crollo della produzione agro alimentare, è comunque sotto controllo.
Il debito estero algerino si è consistentemente ridotto: 22,10 miliardi di
dollari nel 2004 (il 28,80% del PIL nazionale) contro i 25,27 miliardi del
2000 (il 46,40% del prodotto interno lordo). Nessun rating è stato attribuito all'Algeria né da Standard and Poor's, né da Moody's.
IMPORT
(%)
SALDO BILANCIA COMMERCIALE
SALDO BILANCIA DEI PAGAMENTI
PRODUZIONE INDUSTRIALE ( VAR .
TASSO D'INFLAZIONE ( VAR. %)
SALDO TRANSAZIONI CORRENTI
A fronte di un dato macroeconomico finanziario confortante, la
situazione socioeconomica stenta a decollare. La produzione agricola e
. 54
($
SALDO TRANSAZIONI CORRENTI/
DEBITO ESTERO TOTALE
DEBITO ESTERO TOTALE /
($
*FONTE:
MLD)*
PIL (%)*
MLD )*
PIL (%)
RISERVE VALUTARIE LORDE
Il Fondo Monetario Internazionale, scaduto l'ultimo accordo finanziario nel 1998 non ha ancora rinnovato alcuna intesa, nonostante
abbia espresso valutazioni positive sui risultati fin qui ottenuti dal Paese (dovuti in prevalenza alla vendita dei prodotti petroliferi).
L’FMI ha, invece, ammonito l'Algeria, chiedendole di rafforzare i risultati
finora conseguiti, aprendo una nuova fase di privatizzazione e di liberalizzazione dei mercati, diversificando le esportazioni, dando impulso
all'industria e all'agricoltura e riducendo la disoccupazione.
La forza trainante del settore degli idrocarburi è in ulteriore ascesa. È in
previsione la costruzione del nuovo gasdotto di In Salah che dovrebbe
aumentare la produzione di gas del 15%.
%)
($
MLD )*
14,56
9,32
14,80
18,30
22,58
22,80
22,79
22,10
41,11
40,78
34,40
28,80
77,21
78,68
77,39
72,11
ECONOMIST INTELLIGENCE UNIT.
FONTE : MINISTERO DELLE FINANZE ALGERINE .
industriale è in netto calo e il tasso di disoccupazione si attesta su livelli molto alti: nel 2003, il 29% dei giovani al di sotto dei 30 anni e il
75% di chi era alla ricerca di una prima attività (in calo per il 2004 il
tasso generale, che si è fermato al 17,7%).
Il processo di privatizzazione e di liberalizzazione dei mercati tanto atteso è stato per lungo tempo congelato. Il disappunto delle forze sindacali e dell'insieme del mondo del lavoro, le pressioni esercitate da alcune
lobby finanziarie e la preoccupazione manifestata da un settore consistente della coalizione di governo hanno impedito che si attuasse la
riforma. Quali conseguenze avrebbe potuto provocare in un mercato in
. 55
cui non è stato ancora predisposto alcun ammortizzatore sociale e in cui
mancano delle regole precise?
Non esiste, infatti, un sistema normativo organico e moderno che disciplini chiaramente il mondo del lavoro e
dell'economia.
Dal 2004 il governo ha iniziato tuttavia a dare impulso alla
privatizzazione del settore nazionale ad eccezione della compagnia ferroviaria e di quella degli idrocarburi, anche se un progetto per
denazionalizzare il gioiello più importante, la Sonatrach, è al vaglio del
nuovo esecutivo.
Fino ad oggi soltanto due grandi società sono state privatizzate, il complesso siderurgico di El Hadjar che ha coinvolto l'indiana ISPAT, segnando un interessante esperimento di cooperazione Sud-Sud e l'azienda
nazionale di detergenti, l'ENAD.
La Banca Mondiale ha in corso 11 progetti per un valore complessivo di
714 milioni di dollari.
Nonostante dall'ottobre del 2002 la SACE abbia migliorato
nettamente la classifica algerina nell'ambito delle condizioni di assicurabilità, promuovendo la nazione maghrebina nella quarta categoria di
rischio (in attesa del nuovo verdetto fissato per ottobre del 2005 nella
sessione OCSE), l'Algeria è considerata un Paese incerto ed insicuro per
molti investitori occidentali. Escluso il settore degli idrocarburi, quello
minerario, delle infrastrutture e ultimamente della telefonia, gli investimenti esteri diretti sono stati limitati, penalizzando lo sviluppo
dell'agricoltura e dell'industria.
I motivi sono tanti, in primo luogo il sistema pubblico bancario.
La struttura pubblica bancaria copre il 90% dell'insieme del complesso
creditizio. La stretta relazione che intercorre tra le banche dello Stato e le
grandi imprese pubbliche rende del tutto privo di controllo il sistema d'investimento e di risparmio. I finanziamenti pubblici erogati a quelle
imprese in sofferenza che il governo ha realizzato attraverso le banche
dello Stato (coprendo nell'ultimo decennio il 4% del PIL nazionale) non
hanno fatto altro che emarginarle dal mercato finanziario. Il governo è dovuto più volte intervenire per congelare i debiti contratti dalle grandi
. 56
imprese pubbliche. La situazione è peggiorata dopo l'approvazione di una
norma che ha costretto il settore pubblico a transitare attraverso le banche dello Stato.
Inoltre i crack finanziari che hanno coinvolto due grandi istituti privati, la
Khalifa e la Banca Commerciale ed Industriale, hanno convinto il governo a varare una legge che obblighi la Banca Centrale d'Algeria a presentare mensilmente un rendiconto del suo operato, in mancanza di un
piano di ristrutturazione generale.
Nel crack della Khalifa, ad esempio, sono state interessate alcune imprese occidentali (tra cui qualche azienda italiana), che hanno
visto congelati i propri crediti (nonostante il governo algerino abbia assicurato che non si tratta d'insolvenza ma di un ritardo del pagamento
reclamato). Con alcuni paesi creditori si è attivata una nuova forma di
rimborso, la conversione del debito in progetti di investimento o come
accaduto per l'Italia (84 milioni di euro), in cooperazione allo sviluppo.
Il Fondo Monetario ha chiesto all'Algeria di procedere
alla privatizzazione degli istituti di credito per rientrare
nella logica degli investimenti internazionali.
La mancanza di regole precise ha portato in questi anni all'insolvenza di crediti da parte di imprese ed aziende algerine verso
fornitori esteri. Inoltre, la forte burocratizzazione dei servizi e la carenza
delle infrastrutture tengono lontani gli investitori stranieri dal Paese.
Questo clima ha contribuito a scoraggiare gli investimenti diretti in Algeria che hanno registrato nel 2002, secondo l'UNCTAD,
l’entità di 1.056 milioni di dollari, (131 milioni in meno rispetto all'anno
precedente) e collocati per gran parte nel settore degli idrocarburi.
Gli Stati Uniti sono i primi investitori nel Paese con 907 milioni di dollari impegnati tra il 1998 e il 2001, seguiti dall'Egitto (363 milioni, grazie
all'azienda di telefonia mobile Orascom, la seconda del Paese), dalla
Francia (334 mln), dalla Spagna (221 mln) e dall'Italia (148 mln). Di contro,
assolutamente marginali, gli IDE dell'Algeria che sono scesi addirittura
dai 47 milioni di dollari del '99 ai 9 milioni del 2001.
. 57
3. Bilancia commerciale. Import-export
La bilancia commerciale del Paese è in forte attivo grazie all'esportazione degli idrocarburi che ha segnato nel 2004 il 97,5%
dell'intero fatturato del settore, aumentato dello 0,2% rispetto all'anno
precedente.
Una bilancia commerciale ricca, il cui saldo ha registrato 13.500 milioni
di dollari nel 2004 contro gli 11.000 milioni del 2003, ma legata a doppio filo al fluttuare dei prezzi del petrolio.
Nonostante il governo abbia cercato di variare il comparto
esportazione, il sistema agricolo e industriale del Paese ha risposto in
modo insufficiente a causa dei problemi esposti nei paragrafi precedenti.
Il settore del privato non è ancora abbastanza sviluppato per dare avvio
ad una crescita distinta. Il totale delle esportazioni è comunque passato
dai 24.612 milioni di dollari del 2003 ai 31.713 milioni del 2004 con un
aumento pari al 29%.
ESPORTAZIONI SUDDIVISE PER COMPARTI DI PRODUZIONE
ESPORTAZIONI (MLN) $
ANNO 2003
ANNO 2004
VARIAZIONE
VALORE
(%)
VALORE
(%)
(%)
IDROCARBURI
23.939
97,27
30.925
97,52
29,18
SEMILAVORATI
509
2,07
552
1,74
8,45
MATERIE PRIME
50
0,20
102
0,32
104
PRODOTTI ALIMENTARI
48
0,20
65
0,20
35,42
INDUSTRIALI
30
0,12
52
0,16
73,33
BENI DI CONSUMO NON ALIMENTARI
35
0,14
16
0,05
-54,29
1
0
1
0
0
24.612
100
31.713
100
28,85
BENI STRUMENTALI
BENI STRUMENTALI AGRICOLI
TOTALE
no segnato un'ottima performance raddoppiando il rendimento sul mercato, dai prodotti alimentari (i datteri tra le voci più importanti), dai
beni strumentali agricoli e da quelli non alimentari. Tutti i vari settori
congiunti, come si può facilmente calcolare, coprono appena il 2,48%
dell'intero arco di esportazioni.
Per quanto riguarda le importazioni, l'Algeria ha segnato un incremento generale del 34,47%, passando dai 13.534 milioni di dollari
del 2003 ai 18.199 del 2004.
La voce che ha pesato maggiormente sulla bilancia commerciale è stata
quella relativa ai beni strumentali agricoli e industriali, 7.020 milioni di
dollari, con un incremento di quasi 42 punti rispetto all'anno precedente.
Al secondo posto i semilavorati, le materie prime e i prodotti energetici,
con 4.602 milioni di dollari spesi dal Paese, il 25,28% del totale delle
importazioni, stabili rispetto all'anno precedente. A seguire i prodotti alimentari, 3.604 milioni di dollari, 926 in più rispetto al 2003 e in quarta
posizione i prodotti non alimentari, 2.675 milioni di dollari con un incremento rilevante rispetto all'anno precedente, quasi il 31%.
L'importazione di prodotti semilavorati ed industriali e di prodotti alimentari evidenziano la crisi persistente del settore agricolo e industriale.
Nel 2004 si è registrato il boom degli interscambi commerciali.
I rapporti con la UE sono indubbiamente migliorati, confermando il primo posto tra le relazioni economiche per aree geografiche.
Le importazioni algerine dall'Unione sono aumentate rispetto al 2003 del
21,31%, passando da 7.954 mln di dollari a 10.109, anche se è stata registrata una lieve flessione sul totale delle importazioni, 55,4% nel 2004
contro il 58,77% del 2003.
Stessa flessione si è registrata nel volume delle esportazioni verso la Ue,
58,92% nel 2003 contro il 57,80% del 2004 ma non nei fatturati che
hanno segnato rispettivamente 14.503 e 18.058 mln di dollari, con un
incremento del 20,85%. L'interscambio totale è aumentato del 21,02%,
quasi 6.000 mln di dollari in più rispetto all'anno precedente.
FONTE : MINISTERO DELLE FINANZE .
La voce più importante del reparto esportazione, dopo gli
idrocarburi, è quella relativa ai semilavorati, seguita dalle materie prime
(fosfato, zinco, concime minerario o chimico azotato e piombo) che han-
. 58
L'import dai Paesi OCSE ha segnato un incremento globale nei
volumi degli scambi segnando nel 2004 il 17,8% sul totale delle importazioni e fatturando 3.110 mln di dollari contro il 16,56% del 2003 e
2.242 mln complessivi.
. 59
Anche l'export è in notevole crescita, 10.058 mln nel 2004 contro i 7.361
mln del 2003 con un incremento del 24,13%.
L'interscambio totale ha registrato + 25,78% fatturando 3.395 milioni di
dollari in più.
Con i Paesi europei non appartenenti all'Unione l'interscambio
commerciale si è quasi raddoppiato (+42,47%) passando dai 978 mln di
dollari del 2003 ai 1.770 del 2004.
Ottime performance hanno segnato i traffici con le altre aree geografiche
del mondo come l'Africa (+23,54%), i Paesi arabi (+23,50), l'Asia (+23,96)
e l'America del Sud (+29,94).
Il petrolio e la guerra contro il terrorismo sono alla base della nuova relazione di amicizia. Il presidente Bush ha mantenuto forti legami con le
multinazionali del petrolio, facendo incrociare i propri interessi personali (provenienze familiari) con quelli nazionali.
L'Andarko, con sede a Houston, presente in Algeria da molti anni, ha scoperto nel 1991 dodici riserve, per un totale di 2,8 miliardi di barili. La produzione è cominciata nel 1998.
La Francia mantiene forti legami commerciali con lo Stato maghrebino, confermandosi il primo Paese fornitore. A debita distanza
l'Italia e la Germania, seguiti dagli Stati Uniti, in forte crescita negli ultimi tre anni e dalla Cina popolare.
PRINCIPALI CLIENTI DELL'ALGERIA - ESPORTAZIONI 2004 (VAL.%)
PRINCIPALI FORNITORI DELL'ALGERIA - IMPORTAZIONI COMPLESSIVE 2004 (VAL.%)
PAESI CLIENTI
($ MLN)
ANNO 2004
II SEMESTRE
ANNO 2004
I SEMESTRE
TOTALE
ANNO 2004
UNITI
5.027
2.315
7.342
STATI
TOTALE (%)
ANNO 2004
PAESI FORNITORI
($ MLN)
ANNO 2004
II SEMESTRE
ANNO 2004
I SEMESTRE
TOTALE
ANNO 2004
2.201
2.015
4.126
FRANCIA
% SUL TOTALE ANNUO
33,6
% SUL TOTALE ANNUO
ITALIA
2.463
2.833
5.296
1.997
1.618
3.615
% SUL TOTALE ANNUO
FRANCIA
16,7
% SUL TOTALE ANNUO
1.962
1.607
3.569
1.522
8,53
1.260
1.101
2.361
649
607
1.256
% SUL TOTALE ANNUO
6,90
11,25
STATI
BASSI
615
% SUL TOTALE ANNUO
11,4
% SUL TOTALE ANNUO
PAESI
22,67
907
ITALIA
GERMANIA
SPAGNA
UNITI
667
472
1.139
% SUL TOTALE ANNUO
% SUL TOTALE ANNUO
6,15
7,44
FONTE : MINISTERO DELLE FINANZE .
CINA
475
438
913
% SUL TOTALE ANNUO
Nella seconda metà del 2004, nella classifica dei Paesi clienti, gli Stati
Uniti hanno sorpassato l'Italia fino a raddoppiarne la percentuale delle
esportazioni in pochi mesi.
In effetti le relazioni tra i Algeria e Stati Uniti sono nettamente migliorate dopo anni di freddezza segnati da qualche timida sortita nell'era
Zeroual. Bouteflika ha incontrato Bush già tre volte nell'arco del suo
mandato elettorale.
. 60
TOTALE (%)
ANNO 2004
SPAGNA
% SUL TOTALE ANNUO
5,02
517
366
4,85
4,85
FONTE : MINISTERO DELLE FINANZE .
. 61
4. Settori produttivi
4.1 Dati del FMI e dell'OCSE
Secondo il Fondo Monetario l’economia nei Paesi maghrebini è
in fase di ripresa, anche se la crescita, relativa all'anno in corso, registrerà una rilevante riduzione attestandosi al 4,2%, 7 decimali in meno
rispetto al 4,9% conseguito nel 2004 (prevista una risalita al 4,7% per il
2006).
Per quanto riguarda l'Algeria, il Fondo ribadisce la sua vecchia posizione. Il ritardo registrato dalla riforma del settore finanziario, dalla revisione del sistema bancario (la privatizzazione degli istituti di credito) dalla
liberalizzazione dei mercati, peserà sul consolidamento della crescita
economica e sulla lotta alla disoccupazione.
La bilancia dei conti correnti per l'anno in corso, si attesterà intorno al
15,4% del PIL, contro il 13,3% registrato l'anno precedente. Nella sua
analisi, il FMI sottolinea che il governo, a partire dalla legge finanziaria
del 2005, ha iniziato il processo di consolidamento del bilancio (prescindendo dall'instabilità delle entrate petrolifere, data la volatilità dei prezzi degli idrocarburi sul mercato).
In relazione alla cifre diffuse dal Fondo Monetario sulle prospettive economiche e finanziarie per il prossimo futuro, il rapporto
stabilisce che il PIL per l'anno in corso raggiungerà 93,5 miliardi di dollari, toccando i 107,6 miliardi nel 2009.
Il debito estero, si attesterà intorno a 18,8 miliardi di dollari nel 2005, il
20,1% del PIL per arrivare a 9,8 miliardi nel 2009, il 9,1% del prodotto
interno lordo.
La bilancia commerciale nel 2005 registrerà un attivo di 20,83 miliardi di
dollari che, nell'arco dei prossimi quattro anni, scenderà a 12,36 miliardi.
Anche per l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo
Economico (l'OCSE), la capacità di crescita del sistema economico algerino e l'incremento del livello medio di vita della sua popolazione sono
legati all'attuazione del programma di riforme. Lo Stato dovrà inoltre
provvedere al riequilibrio dei settori pubblico e privato, a migliorare la
flessibilità e la competitività del sistema produttivo.
. 62
I piani di sviluppo approvati dal governo nel 2001, dal
PSRE al PNDA (il piano di sviluppo agricolo), secondo il
rapporto OCSE, hanno contribuito in maniera sostanziale
alla crescita economica del Paese.
Il settore delle costruzioni e dei lavori pubblici (BTP) e dei servizi nel 2003 ha prodotto il 6,9% del prodotto interno lordo contribuendo
in modo rilevante allo sviluppo dell'intera economia. Questa performance
ha permesso al PIL nazionale, escludendo gli idrocarburi, di crescere del
6,1% nel 2003 (sebbene abbia poi segnato un calo dello 0,7% nel 2004).
Il settore agroalimentare, la principale locomotiva della crescita economica in quest'ultimo decennio (nonostante il calo registrato nei primi anni
del 2000), ha realizzato nel 2004 un progresso del 2,2%. Una situazione
transitoria per l'OCSE, che ha previsto per l'anno in corso un incremento
del 4,1%. Per quanto concerne la crescita economica globale, le previsioni per il prossimo biennio sono al ribasso (4,5% circa).
Il settore dell'industria registra un notevole incremento,
l'8,8%, ma il rapporto OCSE osserva che questo progresso è segnato
dal solo comparto degli idrocarburi, in quanto gli altri rami dell'industria, soprattutto quella manifatturiera, sono in netta recessione, avendo
segnato un ribasso del 50% negli ultimi 15 anni, sottolineando così la
disindustrializzazione in atto nel Paese malgrado gli sforzi finanziari sostenuti dal governo.
La creazione del Fondo per il Controllo delle Entrate (FRR), è stata una
delle misure adottate dal governo nel 2002 per gestire il bilancio dello
Stato, prevenire eccessive fluttuazioni derivanti dalla volatilità del prezzo del petrolio, ridisporre il regime fiscale al fine di alleggerire le spese
dello Stato e orientarle verso l'educazione e la sanità.
L'OCSE prevede che le entrate per il 2005 e il 2006 si attestino
rispettivamente al 38,5% e al 36,7% del PIL, mentre le uscite, intorno al
30% del prodotto interno lordo, contro il 21% registrato nel 2004 e il
22,6% nel 2003. L'inflazione è previsto si attesti nel 2005 sopra il 3,6%
contro il 4% dell'anno precedente.
L'OCSE sottolinea, infine, che l'economia algerina dipende ancora troppo dal settore degli idrocarburi, dal suo livello di crescita e di rendimento sul mercato internazionale.
. 63
Malgrado le riforme attuate e quelle in via di realizzazione, la mancanza
di investimenti diretti pesa sul settore finanziario. Uno studio sulla situazione euromediterranea effettuato dall'Agenzia di Promozione degli
Investimenti (ANIMA), conferma che in Algeria nel 2004 sono stati realizzati soltanto il 13% dei progetti d'investimento a contenuto tecnologico
che la Ue ha destinato ai Paesi del Sud del Mediterraneo. La nazione
maghrebina ha ospitato solo 18 progetti su un totale di 137.
4.2 Industria e agricoltura
Si è già accennato in precedenza quanto il settore agroalimentare dell'industria sia considerato la locomotiva del sistema economico
algerino, escludendo ovviamente il comparto petrolifero.
Con un valore aggiunto superiore agli 8 miliardi di dollari registrato nel
2003 (le cifre relative al 2004 non sono ancora disponibili se non per il
settore pubblico, la parte meno dinamica ed attiva del comparto),
l'agroalimentare contribuisce con il 38,5% del valore aggiunto all'economia della regione.
Il settore produce 4 milioni di posti di lavoro, impiegando il 23% della
popolazione occupata, senza contare il dinamismo del reparto informale
e dell'impiego stagionale.
L'industria agroalimentare, nonostante abbia conosciuto in
questi ultimi anni una crescita alternata, ha comunque segnato un forte
aumento della sua capacità di produzione nei più importanti segmenti
del mercato e la creazione di 900 imprese nel 2003. I dati sugli investimenti nel settore hanno rilevato che tra il 1993 e il 2003 l'Agenzia
Nazionale di Sviluppo per gli investimenti e le banche nazionali hanno
trattato all'incirca 7.000 dossier.
Il settore fino al 1990 era gestito dallo Stato, fino a ché la denazionalizzazione delle imprese ha fatto del privato la forza dominante dell'industria agroalimentare del paese che oggi conta 7.000 imprese, di cui il
95% a conduzione familiare. Alcune sono diventate grandi aziende, in
grado di competere sul mercato internazionale.
Riportiamo la storia ed il percorso effettuato dalla Cevital, emblema del successo della riconversione da pubblico a privato.
. 64
La Cevital è nata nel 1997, per soddisfare i bisogni interni del mercato
producendo zucchero raffinato e olio di oliva (il Paese negli anni precedenti ne aveva importato una grande quantità).
Quest'attività si è immediatamente dimostrata redditizia in quanto i diritti di dogana e i costi di trasporto hanno dato alla Cevital un vantaggio
decisivo sui prodotti importati dall'Europa. L'impresa ha reinvestito gli
utili acquisiti in una raffineria di zucchero e in una fabbrica di olio capaci di produrre rispettivamente 600.000 e 570.000 tonnellate all'anno.
Inoltre ha realizzato una fabbrica di margarina vegetale da 180.000 tonnellate. L'azienda intanto ha iniziato ad esportare l'eccedente.
La produzione della Cevital ha permesso all'Algeria di diminuire considerevolmente le sue importazioni di zucchero, olio e margarina, rinforzando la bilancia commerciale del Paese.
Con un giro di affari di 520 milioni di dollari nel 2004 e un profitto di
190 milioni, la Cevital ha versato l'anno scorso nelle casse dell'erario 100
milioni di dollari, contribuendo in modo consistente all'aumento delle
entrante tributarie, spendendone un milione ogni mese in compensi salariali nella provincia di Bejaia, una wilaya cabila povera e agitata da proteste politiche e sociali. Inoltre l'impresa ha fatto crescere il traffico nel
porto del Paese, generando indirettamente nuova occupazione.
Con il suo moderno management e i suoi sistemi produttivi (fissato il
rapporto tra cifra di affari e massa salariale al 3%), la performance della
Cevital ha provato che l'industria del Paese può competere con quella
occidentale.
Il gruppo ha in previsione l'estensione del suo complesso produttivo realizzando una fabbrica per la triturazione dei semi oleaginosi per una
capacità di 2,5 milioni di tonnellate all'anno da destinare all'esportazione ed un ulteriore stabilimento per la produzione di tourteaux per il
bestiame, con l'obiettivo di esportare il 50% dell'intera produzione.
La Cevital si prepara ad aumentare la capacità di lavorazione
dello zucchero naturale diventando una tra le imprese più grandi del
settore. E inoltre, utilizzando parte delle entrate derivanti dalla vendita
di tourteaux, intende reinvestire in bestiame e in accessori per la produzione del latte, incrementando la produzione del Paese che passerebbe
dai 2 miliardi di litri attuali ai 3 miliardi, coprendo la domanda oggi in
eccedenza. L'Algeria ha importato nel 2004 circa 600 milioni di dollari
di latte e di prodotti derivati.
. 65
Realizzati i suoi progetti, la Cevital arriverà a coprire il 75% dell'entrata
valutaria del Paese (derivante dalle esportazioni nazionali, al di fuori
degli idrocarburi). L'anno scorso, l'incasso si è attestato intorno a 800
milioni di dollari. Compariamo questa cifra col totale realizzato dall'importazione alimentare, che nel 2004 ha raggiunto la somma eccezionale
di 3,6 miliardi di dollari, un aumento del 34,5% rispetto all'anno precedente. I prodotti alimentari rappresentano infatti il 20% delle importazioni totali del Paese.
Il gruppo cabilo progetta inoltre di lanciare una fabbrica di
succhi di frutta utilizzando le arance e i pompelmi prodotti nei propri
appezzamenti, 10.000 ettari di terra situati nel Sud dell'Algeria. L'industria nazionale si accontenta di trasformare i prodotti di base importati
dal mercato, un aspetto che rivela la principale debolezza del settore
agroalimentare. La maggior parte dei produttori nazionali hanno concentrato i loro sforzi nella trasformazione dei prodotti di base importati,
quali lo zucchero rosso, l'olio grezzo o i concentrati di frutta e pomodoro, invece di aiutare la produzione agricola algerina. In effetti il Paese
maghrebino ha un potenziale non indifferente (frutta - soprattutto agrumi - olive, carciofi, patate e pomodori).
Questa debolezza può condizionare a medio termine la competitività dell'intera economia, dopo l'apertura delle zone di libero
scambio e l'abbattimento dei dazi doganali che ridurrà il vantaggio dell'industria nazionale e l'impatto col settore informale pronto a inondare
il mercato di prodotti importati illegalmente e commercializzati a prezzi
di vile concorrenza.
L'arretratezza del settore agricolo è la causa della tradizionale debolezza dell'industria di trasformazione dei prodotti nazionali, un comparto
abbandonato nei piani di sviluppo promossi dallo Stato (mentre le terre
più feconde sono state oggetto di speculazioni di mercato). Di conseguenza, nonostante il basso costo del lavoro, le colture industriali sono poco
sviluppate e le industrie agroalimentari costrette a ricorrere all'importazione delle merci. Di seguito sono riportate quattro tabelle che illustrano i
risultati conseguiti in campo agricolo e industriale dal 2000 al 2002.
VARIAZIONE DEGLI INDICI DELLA PRODUZIONE INDUSTRIALE PER SETTORE DI ATTIVITÀ
(BASE 100 - 1989)
INDICE GENERALE
INDICE GENERALE
1T** 03/
1T 02
3T 03/
3T 02
2003
2002
1T 04/
1T 03
3T 04/
37 03
2004
2003
1,5
-3
1,1
3,9
1,1
0,9
INDICE ESCLUSI GLI IDROCARBURI
0,5
-6,4
-1,5
2,5
2
0,8
INDICE INDUSTRIE MANIFATTURIERE
-1,3
-10,5
-3,5
1,6
-0,7
-1,3
ENERGIE
5,7
7,7
6,6
3,1
6,8
5,8
4
5,2
7,4
7,2
-0,8
1,1
PRODUZIONE DI IDROCARBURI E RISORSE MINERARIE (UNITÀ 10 AL CUBO TEP)
PRODOTTI
IDROCARBURI LIQUIDI
2000
2001
2002
64.444
62.862
67.691
IDROCARBURI
GAS NATURALE SECCO
93.686
95.783
95.057
GAS NATURALE LIQUIDO
26.477
25.250
26.331
GAS DI PETROLIO LIQUEFATTO
10.697
11.347
11.739
1.645
1.291
1.202
CONCENTRATO DI PIOMBO *
0,8
0,9
1,1
CONCENTRATO DI ZINCO *
10,5
10,7
8,6
1,2
4,1
0,6
2,8
-6
1
ISMME *
19,2
-1,8
8,9
8,7
3,1
2
MATERIALE COSTRUZIONE ,
CERAMICA E VETRO
-11,1
-14,9
-7,6
11,5
10,2
10,3
CHIMICA , CAUCCIÙ E PLASTICA
-7,8
-22,6
-10,6
-5
9,5
-2,2
AGROALIMENTARE E TABACCO
-18,6
-21,4
-20,6
-19
-19,5
-15,7
TESSILE , CAPPELLI E CONFEZIONI
-6,6
3,7
-2,4
-1,7
-7,3
-14,4
CUOIO E CALZATURE
-8,5
-5,9
-7,7
20,2
25,3
15,4
LEGNO , CARTA E SUGHERO
-4,4
-11,2
-6,1
27,8
-12,8
-0,5
INDUSTRIE DIVERSE
-8,6
-9,6
-11,9
-13,8
-6,3
5,2
MINIERE E CAVE
MINERALI DI FERRO *
FOSFATI *
*MIGLIAIA DI
877
939
741
TONNELLATE
FONTE : MINISTERO DELLE ENERGIE E DELLE MINIERE .
**PRIMO
TRIMESTRE
*INDUSTRIE
SIDERURGICHE, METALLURGICHE , MECCANICHE , ELETTRICHE ED ELETTRONICHE
FONTE : UFFICIO NAZIONALE DI STATISTICA .
. 66
. 67
PRODUZIONE AGRICOLA ALGERINA SUDDIVISA PER SETTORI (MIGLIAIA DI QUINTALI)
PRINCIPALI PRODUZIONI
1999/2000
2000/2001
2001/2002
CEREALI INVERNALI
9.318
26.576
19.514
GRANO
DURO
4.863
12.389
9.510
GRANO
TENERO
2.740
8.003
5.508
ORZO
1.633
5.747
4.161
AVENA
82
437
335
CEREALI ESTIVI
24
16
15
TOTALE CEREALI
9.342
26.592
19.529
LEGUMI SECCHI
219
384
435
ORTICOLTURA
33.082
33.622
38.374
PATATE
12 077
9.672
13.335
3.414
3.735
4.014
3.157
4.285
4.479
3.987
4.639
4.581
POMODORI
CIPOLLE
MELONI
E COCOMERI
COLTURE INDUSTRIALI
4.910
4.749
4.291
POMODORI
4.754
4.570
4.136
72
78
59
ARBORICOLTURA
10.350
11.061
11.742
DATTERI
3.656
4.373
4.184
543
409
607
2.171
2.003
1.919
265
252
323
TABACCO
FICHI
FRESCHI
OLIVE
MANDORLE (FRESCHE
ALTRI
E SECCHE )
FRUTTI ( NOCCIOLE E SEMI )
AGRUMI
ARANCE
CLEMENTINE
E MANDARINI
VITICOLTURA
UVA
SECCA
UVA
DA TAVOLA
UVA
DA FERMENTAZIONE
VINI (1000
HL )
Da registrare una ripresa nel 2004 dell'indice della produzione
industriale, escluso gli idrocarburi, che rispetto al 2003 è cresciuto dello
0,8% (nel 2003 era in calo dell'1,5% rispetto al 2002) e dell'indice
generale che cresce di uno 0,9% rispetto al 2003 (incremento minore
di quello fatto registrare tra il 2003 e il 2002, un +1,1%).
L'industria del tessile e delle confezioni ha segnato nel 2004 un vero
e proprio crollo, -14,4% insieme a quella agroalimentare -15,7% (già
nel 2003 avevano rispettivamente conseguito un calo del 2,4 e del
20,6% rispetto al 2002). Buona la ripresa del materiale da costruzione, ceramica e vetro +10,3% e lieve incremento dell'ISMME +2%.
L'industria del cuoio e delle calzature ha segnato una sostanziale
inversione di tendenza, +15,4% nel 2004 dopo aver perduto nel 2003
ben il 7,7%.
La mancanza di un impianto strutturale più evoluto e di
un'economia agricola industrializzata è la causa di uno scompenso così
forte fatto registrare dalla raccolta di cereali nel giro di tre anni. L'esito
di un'annata di raccolti è legato in modo sostanziale ad episodi atmosferici, quali pioggia, siccità o calamità naturali. In questo caso aumenti
o cali produttivi non costituiscono materia di particolare riflessione.
3.715
4.024
4.709
4.326
4.700
5.195
2.996
3.271
3.625
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1.024
1.101
1.165
INDICE GENERALE
240,2
316,3
406,2
488,8
518,4
550,7
2.039
1.962
2.344
VARIAZIONE
21,6
31,7
28,4
20,3
6,1
6,2
2
1
4
1.622
1.613
1.881
1999
2000
2001
2002
2003
2004
415
348
459
INDICE GENERALE
562,2
558,7
578,2
591,29
611,8
639,8
243
179
246
VARIAZIONE
2,1
-0,6
3,5
2,2
3,5
4,6
FONTE : MINISTERO DELL ' AGRICOLTURA E DELLO SVILUPPO RURALE .
. 68
Da rilevare nel 2002 un consistente aumento della produzione di idrocarburi liquidi e un lieve calo del gas naturale secco
compensato tuttavia dall'aumento di gas naturale liquido, una diminuzione dell'estrazione di minerali di ferro, soprattutto di concentrato di
zinco e di fosfati.
EVOLUZIONE GLOBALE DELL'INDICE DEI PREZZI AL CONSUMO A LIVELLO NAZIONALE
DAL 1993 AL 2004
FONTE : UFFICIO NAZIONALE DI STATISTICA .
. 69
Possiamo solo registrare i principali prodotti coltivati in Algeria: cereali,
grano e soprattutto, avena, patate, pomodori cipolle e meloni, arance,
datteri, olive e uva da tavola.
Su base annua (da marzo 2004 a marzo 2003), il livello medio
dei prezzi dei beni alimentari è aumentato del 2,1%, i prodotti agricoli
del 3,7% e i prodotti alimentari industriali dello 0,4%.
Il prezzo degli articoli manifatturieri e dei servizi ha registrato una stagnazione tra marzo del 2004 e marzo del 2003.
4.3 Altri settori
La produzione forestale è in forte calo. Il legname per lavorazione è sceso dai 136.359 metri cubi del 2000 agli 89.990 del 2002.
Anche il legno per carbone e il sughero hanno subito un brusco ridimensionamento, passando rispettivamente dagli 8.189 e 123.893
quintali del 2000 ai 51.000 e agli 80.533 del 2002.
L'industria del pescato ha segnato invece un lieve aumento
della propria produzione, in attesa di una riforma globale del settore
che introduca un sistema più moderno ed efficace per lo sfruttamento
delle risorse marine. La produzione alieutica ha registrato 134.320 tonnellate di pescato nel 2002 contro i 133.623 dell'anno precedente,
mentre la produzione acquicola è passata dalle 4540 tonnellate del
2001 alle 4756 del 2002.
L'Algeria non ha mai pienamente sviluppato una vera industria
del turismo, nonostante possa vantare migliaia di chilometri di costa,
splendida e inviolata e il deserto del Sahara, uno spettacolo grandioso
che si estende per tutto il meridione.
La politica socialista di Ben Bella e Boumedienne ha sempre scoraggiato l'avvio di una seria riforma del settore, disincentivata dalle restrizioni
politiche attuate e dal sistema di visti e di permessi per entrare nel
Paese.
Il terrorismo, lungo tutto il corso degli anni '90, ha definitivamente stroncato ogni iniziativa del settore, timidamente avanzata durante l'era
Bendjedid.
. 70
Nell'anno 2002 sono state registrate 988.060 presenze, di cui in gran
parte lavoratori del settore idrocarburi e partner commerciali (291.930
numero di notti registrate dai non residenti negli hotel da uno a cinque
stelle, tra cui: 145.510 provenienti dalla Ue, 17.867 dal continente americano, 36.063 dall'Asia e 22.982 dall'Africa).
La rete autostradale rimane al momento poco sviluppata, qualche centinaia di chilometri nel Nord del Paese. La rete stradale
(nazionali e provinciali) invece è molto estesa e con i suoi 100.000 km
registra la più alta densità del continente.
Con una produzione di più di 7.000 megawatt, la copertura
elettrica aerea raggiunge il 95% del territorio, un tasso comparabile a
buona parte dei paesi OCSE.
Cinque milioni di nuclei familiari, la quasi totalità, sono abbonati alla rete
elettrica distribuita dalla Sonelgaz.
Più di un milione di famiglie beneficiano della fornitura diretta di gas
naturale. Il programma di sviluppo del settore mira a connettere entro la
fine dell'anno il 70% delle abitazioni e la loro totalità entro il 2015.
La rete ferroviaria è il vero tallone d'Achille, con appena 4.000
km di percorrenza, di cui una piccola parte elettrificata.
Gli aeroporti distribuiti in oltre 2 milioni di km quadrati di territorio sono
35, di cui 13 internazionali.
I principali porti marittimi sono Algeri, Orano, Annaba e Djendjen. Le
quattro strutture totalizzano il 75% del traffico nazionale.
I terminali per l'esportazione di idrocarburi al momento sono situati nella
capitale, ad Orano, Annaba, Arzew, Skikda e Bejaia.
Il parco automobilistico registra 3 milioni di vetture, di cui il 40% sono
utilitarie. Alla fine del 2002, i veicoli importati sono stati 120.000.
Con un parco telefonico fisso di 2,2 milioni di linee (il 30% di
abbonamenti sono riservati alla pubblica amministrazione e al settore
commerciale), il tasso di connessione familiare rimane molto basso, meno del 30% del totale.
La telefonia mobile si è sviluppata rapidamente con due operatori e
1.447.310 connessioni registrate a dicembre del 2003 (ultimamente è
entrata in funzione una terza compagnia).
. 71
La digitalizzazione totale della telefonia, realizzata nel 2001 e il cablaggio con fibre ottiche già a buon punto, permetterà all'Algeria di dotarsi
di una rete di telecomunicazioni moderna ed efficiente a partire dal 2006.
La rete telefonica fissa copre la totalità del territorio ma, a causa di un
numero insufficiente di stazioni di commutazione e di linee disponibili,
soffre spesso di sovraccarichi e di improvvise interruzioni. Con la liberalizzazione progressiva del mercato, si prevede nei prossimi anni un forte
sviluppo del settore.
Con una quarantina di quotidiani e più di 150 pubblicazioni
settimanali e mensili, il paesaggio mediatico algerino è estremamente
diversificato. Il settore privato predomina ampiamente. La tiratura complessiva quotidiana della stampa è di 1,2 milioni di esemplari.
Per quanti sforzi abbia fatto il governo negli ultimi sei anni, da
quando Bouteflika è diventato presidente, il rilancio economico del Paese è ancora tutto da giocare.
Nel mese di maggio del 2004 il presidente della Repubblica ha reso noti
i risultati fin qui ottenuti dal suo piano di sostegno all'economia avviato nel 1999.
La creazione di 810.000 alloggi, il 13,9% del totale realizzato dal 1962 ad
oggi (una cifra che include tutti i tipi di abitazioni: popolari, partecipativi, rurali, promozionali) è un risultato eccezionale. Ma il problema è tutt'altro che risolto (50.000 appartamenti popolari terminati non hanno
ancora trovato gli acquirenti a causa dell'iter burocratico che rallenta la
distribuzione). L'interesse per il settore è confermato dal programma
complementare di sostegno alla crescita che prevede la realizzazione di
un milione di case da qui al 2009.
le. Ma il record è detenuto dalle infrastrutture costruite per l'insegnamento superiore, oltre 322.000 aule, il 50% del totale realizzato dal
1962 ad oggi.
Il settore idraulico è al primo posto in rapporto ai progetti reaL'interesse
del governo è spiegato dalla lancinante crisi idrica
lizzati.
che dal 2000 ha investito le strutture del Paese. Nel giro di sei anni sono state edificate 18 dighe, 66 vasche di ritenzione ed operate 5.000
perforazioni.
Un capitolo a parte è dedicato dal rapporto presidenziale allo stato di
apertura dei cantieri per la realizzazione di 3.000 strade nazionali.
Negli ultimi 4 anni, il PSRE ha investito 7 miliardi di dollari tra nuove
infrastrutture e l'ammodernamento dei settori più importanti per lo sviluppo economico del Paese. Intanto è già partito il nuovo programma di
riforme che coprirà il prossimo quinquennio.
Il settore della sanità ha beneficiato di 13 nuovi ospedali regionali, tamponando provvisoriamente la carenza endemica delle
strutture sanitarie algerine.
L'educazione nazionale e l'insegnamento superiore sono stati i
due settori su cui si è concentrato maggiormente lo sforzo del PSRE
(Piano a Sostegno del Rilancio Economico).
974 edifici e 22.000 classi sono stati edificati tra il 1999 e il 2004, il
17% delle infrastrutture realizzate dall'anno dell'indipendenza naziona-
. 72
. 73
3. Mercato del lavoro
1. Occupazione e disoccupazione
1.1 Andamento demografico
Il tasso di natalità in Algeria, nonostante si mantenga ancora
alto, negli ultimi 15 anni si è progressivamente ridotto, passando dal
3,94% del 1990 al 2,36% del 2003.
Nel 2003 le nascite hanno segnato un aumento di 32.000 unità rispetto
all’anno precedente. Il loro numero passa da 649.000 a 617.000, senza
aver inciso particolarmente sul tasso di natalità che cresce dello 0,68%.
INDICATORI DEMOGRAFICI DAL 1990 AL 2004 (PER 1.000 ABITANTI)
ANNO
TASSO
DI NATALITÀ
TASSO DI
MORTALITÀ
TASSO DI
CRESCITA
1990
30,94
6,03
2,494
1991
30,14
6,04
2,410
1992
30,41
6,09
2,432
1993
28,22
6,25
2,257
1994
28,24
6,56
2,168
1995
25,33
6,43
1,890
1996
22,91
6,03
1,688
1997
22,51
6,12
1,639
1998
20,58
4,87
1,57
1999
19,82
4,72
1,51
2000
19,36
4,59
1,48
2001
20,03
4,56
1,55
2002
19,68
4,41
1,53
2003
20,36
4,55
1,58
2004
20,67
4,36
1,63
FONTE : UFFICIO NAZIONALE DI STATISTICA .
. 75
Il numero di matrimoni è aumentato, passando dai 219.000 del 2002 ai
240.000 del 2003.
Per quanto concerne la mortalità si è osservata una crescita dei decessi
e una leggera diminuzione del tasso di mortalità infantile. L’aspettativa
di vita si attesta per le donne a 75,8 anni e per gli uomini a 73,9.
È confortante constatare come tra il ’98 e il ’99 con il progressivo ritorno alla normalità, dopo anni di intensa guerra civile, sia
diminuito il tasso di natalità, ma soprattutto quello di mortalità, crollando dal 6,12% del ’97 al 4,87% del ’98.
POPOLAZIONE RESIDENTE PER SESSO E FASCE DI ETÀ – 2003 (UNITÀ: MIGLIAIA)
GRUPPO DI ETÀ
MASCHI
FEMMINE
TOTALE
0-4
ANNI
1.518
1.455
2.973
5-9
ANNI
1.674
1.603
3.277
10-14
ANNI
1.894
1.819
3.713
15-19
ANNI
1.932
1.859
3.791
20-24
ANNI
1.731
1.678
3.409
25-29
ANNI
1.442
1.415
2.857
30-34
ANNI
1.223
1.210
2.433
35-39
ANNI
1.013
997
2.010
40-44
ANNI
809
803
1.612
45-49
ANNI
674
658
1.332
50-54
ANNI
508
495
1.003
55-59
ANNI
366
405
771
60-64
ANNI
317
354
671
65-69
ANNI
279
295
574
70-74
ANNI
207
216
423
75-79
ANNI
129
135
264
ANNI E OLTRE
129
125
244
15.835
15.522
31.357
80
TOTALE
FONTE : UFFICIO NAZIONALE DI STATISTICA.
. 76
I ragazzi al di sotto dei 30 anni sono 19 milioni e 600 mila, all’incirca il 65% della popolazione totale. Un dato impressionante che fa
dell’Algeria una delle nazioni più giovani dell’area mediterranea.
Al ’98 si ferma un’indagine sul tasso di analfabetismo nel Paese, che registra un livello molto alto: il 31,66% della popolazione al di
sopra dei 10 anni, vale a dire oltre 7 milioni di persone. Nelle wilaya di
Djelfa oltre la metà della popolazione al di sopra dei 10 anni è analfabeta, il 54,04%, 296.736 abitanti su 549.152; nel Tissemsilt il 45,11%,
88.672 abitanti su 196.572 e nel Tamanrasset il 43,72%, 41.295 abitanti
su 94.464.
Le wilaya in cui il tasso di analfabetismo è minore sono Orano, che si
attesta in prima posizione con una percentuale pari al 20,24% (196.651
abitanti su 971.626), Bechar, con un tasso del 20,96% (36.043 abitanti
su 171.980) e Costantina, 21,45%, (136.722 abitanti su 637.506).
Da notare come le tre regioni con più alto tasso di analfabetismo sono
situate nel Sud sahariano, mentre quelle in cui è più alto il tasso di scolarizzazione sono dislocate nel Nord del Paese.
1.2 Popolazione attiva e disoccupazione
Nel terzo trimestre del 2004 la popolazione attiva del Paese
ha raggiunto una cifra ragguardevole, 9 milioni e mezzo di persone, con
un tasso di attività stimato del 42,1% (la popolazione attiva è composta
da tutti gli individui occupati o in cerca di lavoro che costituiscono manodopera disponibile per la produzione di beni o di servizi); la
popolazione occupata si è attestata intorno a 7,8 milioni di unità, con
un tasso di occupazione del 24,4%. Nello stesso periodo dell’anno precedente la popolazione attiva si aggirava intorno a 8,700 milioni di
persone, all’incirca 700 mila unità in meno rispetto al 2004, 6,7 milioni
di individui occupati, ovvero 1,1 milioni in meno rispetto al totale dell’anno successivo.
È cresciuta anche l’occupazione femminile, che è passata dalle 993.000
unità lavorative registrate nel 2003, ad 1 milione e 400 mila nel 2004.
Nella seguente tabella sinottica abbiamo suddiviso per aree di
residenza, la popolazione attiva, la popolazione occupata, la tipologia di
. 77
lavoro, la popolazione disoccupata e il tasso di disoccupazione registrati
nel terzo trimestre del 2004. I dati sono raffrontati con lo stesso periodo
del 2003 riportati nella tabella successiva.
TERZO TRIMESTRE 2004
PARAMETRI
URBANA
RURALE
TOTALE
POPOLAZIONE ATTIVA
5.542.416
3.250.367
9.469.946
POPOLAZIONE OCCUPATA
4.548.045
3.250.367
7.798.412
• IMPIEGATI E AUTONOMI
1.428.099
1.043.706
2.471.805
• SALARIATI A TEMPO
INDETERMINATO
1.975.505
926.860
2.902.365
• SALARIATI A TEMPO
DETERMINATO , APPRENDISTI
E ALTRI
918.474
866.167
1.784.641
• AIUTI FAMILIARI
225.967
413.634
639.602
POPOLAZIONE DISOCCUPATA
994.371
677.163
1.671.534
TASSO DI DISOCCUPAZIONE
17,9%
17,2%
17,7%
PARAMETRI
URBANA
RURALE
TOTALE
POPOLAZIONE ATTIVA
5.109.407
3.652.918
8.762.326
POPOLAZIONE OCCUPATA
FONTE : UFFICIO NAZIONALE DI STATISTICA .
TERZO TRIMESTRE 2003
Il tasso di disoccupazione si è ridotto di 6 punti in un anno,
passando dal 23,7% del 2003 al 17,7% del 2004 (proseguendo nel suo
trend discendente registrato nell’ultimo periodo), mantenendosi comunque a livelli preoccupanti.
La maggiore crescita occupazionale si è prodotta nella fascia “impiegatiautonomi e salariati a tempo determinato, apprendisti e altri”, lasciando
intendere che l’aumento della domanda di lavoro è di tipo precario o
provvisorio. Infatti i salariati a tempo indeterminato crescono di appena
73.168 unità, mostrando una scarsa reattività. In questo senso sarà interessante andare a scoprire quali sono state le politiche per il lavoro
adottate dal Paese.
Anche la suddivisione delle fasce “popolazione occupata e disoccupata”
tra aree di residenza è sicuramente viziata da un conteggio che per sua
natura non può essere preciso.
Nelle aree rurali per esempio, il tasso di disoccupazione appare più ridotto, ma la flessione del tasso registrato può dipendere dallo spostamento delle masse contadine alla ricerca di lavoro verso le aree
cittadine, dall’incremento dell’impiego informale o conseguito nel circuito
familiare.
Vi sono infatti realtà molto diffuse in Algeria come quelle del lavoro stagionale ed informale che sfuggono a tutte le ricerche di mercato.
Anche un aumento elevato della popolazione attiva, che è passata da
8.762.326 unità registrate nel 2003 a 9.469.946 del 2004, può essere il
frutto del ritorno sul mercato del lavoro dei giovani che hanno abbandonato i propri studi, di chi ha concluso un lavoro precario o stagionale ed
è alla ricerca di nuova occupazione.
3.886.288
2.797.768
6.684.056
• IMPIEGATI E AUTONOMI
1.021.955
833.406
1.855.361
• SALARIATI A TEMPO
INDETERMINATO
1.932.588
896.609
2.829.197
• SALARIATI A TEMPO
DETERMINATO , APPRENDISTI
E ALTRI
RURALE
TOTALE
%
743.375
1.515.442
SETTORE
DI ATTIVITÀ
URBANA
772.067
• AIUTI FAMILIARI
159.678
324.378
484.057
AGRICOLTURA
364.466
1.252.659
1.617.125
20,74
POPOLAZIONE DISOCCUPATA
1.223.119
855.151
2.078.270
INDUSTRIA
769.106
291.679
1.060.785
13,60
TASSO DI DISOCCUPAZIONE
23,9
23,4
23,7
EDILIZIA
517.702
449.866
967.568
12,41
COMMERCIO , SERVIZI ,
AMMINISTRAZIONE
2.896.770
1.256.164
4.152.934
53,25
TOTALE
4.548.045
3.250.367
7.798.412
100
FONTE : UFFICIO NAZIONALE DI STATISTICA.
POPOLAZIONE OCCUPATA SUDDIVISA PER SETTORI DI ATTIVITÀ ED AREE DI RESIDENZA
FONTE : UFFICIO NAZIONALE DI STATISTICA .
. 78
. 79
Il settore agricolo è quello che ha occupato più forza lavoro in
assoluto (se scomponiamo il settore servizi, commercio e amministrazione), un quadro consueto per tutti i Paesi in via di sviluppo, soprattutto
se accostato a un altro dato, lo squilibrio ricorrente tra l’occupazione generata dal comparto e un PIL prodotto molto basso.
L’industria è in penultima posizione ma è oramai quasi raggiunta dal
settore delle costruzioni che avanza rapidamente, spinto soprattutto dall’edilizia (120.000 alloggi popolari all’anno) e dai lavori pubblici. Si stanno aprendo molti cantieri per gli ammodernamenti di porti e di aeroporti
e per la creazione di nuove infrastrutture.
Il settore del commercio è in forte espansione, seguito da servizi e amministrazione. La presenza dello Stato è ancora rilevante sul mercato del
lavoro, nonostante la Banca Mondiale e il Fondo Monetario abbiano più
volte ammonito l’Algeria, sollecitando il governo a rivedere i propri conti
pubblici e ad avviare il corso delle privatizzazioni per non appesantire ulteriormente un debito estero ancora troppo alto.
POPOLAZIONE ATTIVA E OCCUPATA PER GRUPPO DI ETÀ – TERZO TRIMESTRE 2004
FASCIA DI ETÀ
A fronte dei dati elaborati dall’Ufficio Nazionale di Statistica
l’occupazione maschile è molto più diffusa di quella femminile. Gli uomini occupati sono 6.439.158, 3.606.996 nelle aree urbane, mentre
2.832.162 in quelle rurali. Le donne sono 1.359.254, 941.048 occupate
nel contesto cittadino e 418.206 nelle campagne.
Ma anche in questo caso le cifre sono in parte inattendibili in quanto il
lavoro in campo agricolo, soprattutto quello femminile, si concentra nei
circuiti informali o familiari, sfuggendo ai criteri adottati dalla statistica
nazionale. Il dato, rientrando in un trend generale positivo, ha registrato
un notevole incremento rispetto al 2003, anno in cui gli uomini occupati
sono stati 5.751.032, 688.126 in meno rispetto al 2004 e le donne
933.024, 426.230 in meno rispetto alla cifra dell’anno successivo.
Da notare in proporzione quanto sia cresciuta l’occupazione femminile,
quasi del 50% in poco più di un anno. Il ruolo crescente della donna sta
già condizionando la vita economica e sociale del Paese, producendo un
forte impatto sul mercato del lavoro.
. 80
TOTALE
337.909
388.536
726.445
ANNI
872.309
756.863
1.629.172
25 – 29
ANNI
991.304
747.004
1.738.308
30 – 34
ANNI
827.688
536.391
1.364.079
35 – 39
ANNI
766.609
392.671
1.159.279
40 – 44
ANNI
617.042
321.870
938.912
45 – 49
ANNI
488.651
257.773
746.424
50 – 54
ANNI
349.800
237.073
586.873
55 – 59
ANNI
1772.112
149.475
326.587
113.992
139.874
253.866
5.542.416
3.927.531
9.469.946
PIÙ DI
60
ANNI
ANNI
TOTALE
Rispetto al 2003, comunque si è registrato un sostanziale incremento della nuova occupazione. Il settore agricolo ha prodotto
204.785 posti di lavoro, l’industria 256.633, l’edilizia 167.654, i servizi,
la pubblica amministrazione ed il commercio insieme ben 485.284, per
un totale di 1.114.356 posti di lavoro.
RURALE
20 – 24
MENO DI
20
POPOLAZIONE ATTIVA
URBANA
POPOLAZIONE OCCUPATA
210.388
259.150
469.538
20 – 24
ANNI
571.864
551.930
1.123.794
25 – 29
ANNI
710.656
565.020
1.275.676
30 – 34
ANNI
695.686
461.946
1.157.632
35 – 39
ANNI
701.609
353.373
1.054.982
40 – 44
ANNI
578.242
302.380
880.621
45 – 49
ANNI
460.313
244.528
704.841
50 – 54
ANNI
334.176
228.121
562.296
55 – 59
ANNI
171.120
144.046
315.166
113.992
139.874
253.866
4.548.045
3.250.368
7.798.413
MENO DI
PIÙ DI
20
60
ANNI
ANNI
TOTALE
FONTE : UFFICIO NAZIONALE DI STATISTICA .
Nel mondo del lavoro la fascia più penalizzata è proprio quella
giovanile (è sufficiente calcolare la differenza tra popolazione attiva e popolazione occupata). Il maggior picco di disoccupazione si raggiunge infatti intorno ai 24 anni. Il totale dei disoccupati sotto i 20 anni è di
. 81
256.907 unità, più della metà di tutti gli occupati del settore, mentre nel
gruppo compreso tra i 20 e i 24, i giovani in cerca di lavoro sono
505.378, il 48,7% del totale, poco meno di quelli che hanno già intrapreso una propria attività (51,3%). Più cresce il limite di età e più aumenta
il divario tra i due stati. Tra i 25 e i 29 anni la disoccupazione si riduce,
sono 462.633 i giovani in cerca di lavoro, 206.447 tra i 30 e i 34 anni e
progressivamente il loro numero e la loro percentuale si va ad assottigliare fino ad arrivare agli 11.422 registrati dalla categoria che va dai 55
ai 59 anni.
TASSO DI DISOCCUPAZIONE PER FASCE DI ETÀ – 2004
FASCIA DI ETÀ
MENO DI
20
ANNI
URBANA
RURALE
TOTALE
37,74
33,30
35,36
20 – 24
ANNI
34,44
27,08
31,02
25 – 29
ANNI
28,31
24,36
26,61
30 – 34
ANNI
15,95
13,88
15,13
35 – 39
ANNI
8,48
10,01
9
40 – 44
ANNI
6,29
6,06
6,21
45 – 49
ANNI
5,8
5,14
5,57
50 – 54
ANNI
4,47
3,78
4,19
55 – 59
ANNI
3,38
3,63
3,50
17,94
17,24
17,65
TOTALE
FONTE : UFFICIO NAZIONALE DI STATISTICA .
Suddividendo la disoccupazione per sessi, notiamo una forte
sproporzione tra la percentuale maschile e quella femminile, quest’ultima
comunque in progressivo aumento rispetto all’anno precedente.
Gli uomini in cerca di lavoro sono 1.370.415 e coprono l’82% del totale
(1.759.933 e l’84,68% nel 2003), le donne 301.119, il 18% dell’insieme
dei due sessi (318.337 e il 15,32% nel 2003).
Non leggiamo in modo errato questi dati, pensando che sia più alto il
numero di donne occupate in un contesto impiegatizio, ma una stragrande maggioranza di queste, per motivi di ordine sociale e culturale, è tenuta fuori dal mondo del lavoro.
. 82
2. Politiche per il lavoro e lotta alla disoccupazione
La lotta alla disoccupazione è una delle grandi priorità dell’Algeria. Durante i primi cinque anni di presidenza Bouteflika, il tasso di disoccupazione si è ridotto di oltre 10 punti, passando dal 29 al 18%.
Il governo, per il prossimo quinquennio, intende mantenere questo
trend, rinforzando ulteriormente la tendenza.
Il nuovo esecutivo è obbligato a realizzare un serio programma per il rilancio del lavoro che porti a una sensibile riduzione del tasso di disoccupazione allo scopo di
ridurre le tensioni politiche e sociali in agguato sulla
scena nazionale.
Nel programma governativo dei prossimi cinque anni (20052009) è prevista la creazione di due milioni di posti di lavoro, di cui un
milione attraverso le agenzie economiche e il pubblico impiego e il rimanente attraverso i programmi ad alta densità di manodopera in parte
già avviati.
Secondo l’azione del governo, la nuova occupazione sarà prodotta inoltre dai massicci investimenti pubblici e privati previsti o già in
agenda, dalla realizzazione delle grandi opere in programma, dal rilancio
del settore della formazione professionale e dalle nuove misure finanziarie con cui consolidare la crescita economica algerina.
Tra i vari punti del programma troviamo:
1) Il rilancio degli investimenti e lo sviluppo dell’attività economica.
Il tasso di crescita per il prossimo quinquennio si dovrebbe attestare
intorno al 5%, una proiezione prudente secondo le stime del governo,
tenendo conto dei rischi aleatori quali condizioni climatiche e prezzi
petroliferi e considerando che la media, nei cinque anni precedenti, si è
attestata a poco meno del 4%.
In parallelo, il governo, attraverso i ricorsi ai crediti e all’offerta nazionale destinata alle attività produttive, cercherà di rinforzare tutti i meccanismi oggi disponibili per la creazione di nuova occupazione.
Il nuovo programma, rivolto a chi è in cerca di un impiego, mira infatti a
creare e intensificare l’attività lavorativa attraverso il miglioramento di
. 83
tutte le misure, vecchie e nuove, che sono servite a ridurre il peso della
disoccupazione, tra cui il dispositivo dell’ANSEJ (messo a punto al fine
di amplificare il suo impatto sui giovani candidati, rimuovendo tutti i
blocchi che in parte hanno frenato la sua azione) che ha registrato un
buon risultato e che sarà sostenuto nuovamente dall’azione del governo,
i nuovi programmi attivati per i disoccupati con più di 35 anni e il dispositivo rinnovato del microcredito per i giovani imprenditori.
2) Il sostegno alla formazione e alla riconversione professionale, che
dovrà seguire due nuove direttrici:
• rivolgere lo sguardo al primo impiego e al settore giovanile, migliorando la preparazione professionale per entrare con più facilità nel
mercato del lavoro;
• indirizzarsi alle persone che hanno perduto il loro impiego, attraverso programmi specializzati in vista di un nuovo inserimento nell’area produttiva.
La formazione professionale è un ponte che collega l’insieme del sistema formativo con il mondo del lavoro e in quanto tale dovrà trovare una
sua nuova ubicazione, riacquistando la sua funzione prioritaria. Essa
dovrà riadattare la propria attività iscrivendosi al servizio e ai bisogni
dell’economia della nazione.
La riforma perseguirà tre obiettivi principali:
a) Il rafforzamento dei mezzi e delle capacità a sua disposizione attraverso:
• la formazione degli insegnanti, il loro perfezionamento a livello tecnologico, tecnico e pedagogico;
• la diversificazione dei modi e dei corsi di insegnamento;
• l’adattamento dei contenuti dei programmi e della formazione all’evoluzione dei mestieri, della tecnologia e dell’economia.
b) La riabilitazione dei mestieri manuali.
Considerando il rilevante deficit di manodopera qualificata, un vero e proprio handicap per lo sviluppo del Paese, la formazione professionale dovrà
colmare la lacuna, reimpostare il proprio programma e indirizzarlo verso la
formazione di mestieri manuali rispondendo alla domanda del mercato.
Il governo controllerà la razionalizzazione dei mezzi che saranno messi a
disposizione del settore, promuovendo quei comparti dell’economia che
necessitano di maggiore manodopera qualificata.
c) La sua integrazione e il suo adattamento alle esigenze del mondo economico e sociale.
. 84
Il nuovo impianto didattico-strutturale dovrà integrarsi con i bisogni dell’economia e con il sistema dell’insegnamento superiore in un quadro di
complementarietà. Sarà così pienamente sollecitata al fine di raggiungere tre obiettivi:
• sostenere, su una base contrattuale, i programmi delle imprese in
materia di riqualificazione del proprio personale;
• appoggiare, in ambito formativo, i programmi nazionali di sviluppo
delle microimprese;
• partecipare alla formazione accompagnando le operazioni di riconversione della manodopera.
Il governo avrà il compito di controllare e rafforzare le capacità e i
mezzi a disposizione della struttura incoraggiando lo sviluppo del settore privato.
3) Il programma di rilancio occupazionale sarà sostenuto dal potenziamento finanziario della CNAC e dal rinnovato sistema della formazione professionale con i suoi differenti livelli di qualifica e di specializzazione.
Un utilizzo più efficace della CNAC, allo scopo di poter garantire e di creare nuova occupazione, sarà reso possibile grazie al sostegno finanziario
concesso dallo Stato alle piccole e medie imprese in difficoltà, sovvenzioni che andranno a ricoprire le spese salariali a beneficio del reinserimento di chi è disoccupato, un aiuto economico ai candidati in cerca di
lavoro per la creazione di nuove attività al fine di rendere solvibili ed
eleggibili i crediti ottenuti.
Un vero e proprio programma di sostegno alle PMI è stato già adottato
e perseguito con le seguenti priorità:
• lo sviluppo dei vivai aziendali e delle agenzie in grado di facilitare
gli investimenti per la creazione delle imprese giovanili;
• la realizzazione degli studi necessari allo scopo di impiantare nuove aziende;
• l’offerta di giovani competenti tramite i contratti di preimpiego.
Parallelamente, la nuova Cassa di garanzia per il credito alla piccola e
media impresa e i Fondi per il capitale a rischio aiuteranno a migliorare
quella parte del settore già esistente e al contempo a favorire la nascita
di nuove PMI, oltre 100.000 secondo i programmi del nuovo esecutivo.
Il Governo proseguirà inoltre a incoraggiare l’investimento privato realizzando la stesura di una carta di insediamento delle PMI e del settore dell’artigianato dando la possibilità di effettuare studi di settore a livello
. 85
locale per proporre investimenti più mirati agli investitori nazionali e
internazionali. Promuovere il subappalto, la riabilitazione e la salvaguardia del patrimonio artigianale attraverso azioni di formazione e misure di
sostegno di ordine fiscale e doganale, insieme a nuovi strumenti finanziari più adatti alla specificità delle PMI e dell’artigianato.
È stato già avviato il programma per la creazione di 150.000 locali per la
realizzazione di attività per i disoccupati (100 per ogni comune).
4) Il sostegno ai progetti di contratto di preimpiego.
È già partito il programma per la preparazione e l’inserimento dei giovani diplomati nel mondo del lavoro, grazie a un progetto che prevede l’utilizzo del contratti di preimpiego.
5) Una gestione più dinamica e razionale del mercato del lavoro attraverso l’ammodernamento degli strumenti di osservazione, di regolazione e
d’intervento dello Stato nella lotta contro la disoccupazione e per la promozione dell’impiego, migliorando la regolamentazione stessa del mercato del lavoro e promuovendo funzioni di analisi, informazione e controllo.
Reinserire il mercato del lavoro in un contesto economico e sociale più
reale e più vicino alle esigenze nazionali, proteggendo i diritti dei lavoratori stabiliti dalle norme in vigore.
Il problema della disoccupazione coinvolge l’intera massa attiva del
Paese a tutti i livelli formativi, compresa l’istruzione superiore. La questione deve essere inquadrata in modo razionale, analizzata in tutti i suoi
risvolti a iniziare dalla sfera inerente al lavoro informale.
Lo sviluppo degli investimenti finanziari e commerciali esige il rispetto
delle regole di trasparenza e di legalità, delle norme e delle leggi che
regolano il mondo del lavoro, da parte di tutti gli attori presenti sul
mercato. L’emergenza recente registrata in campo finanziario ha dato
nuovo impulso alla crescita dell’economia informale, una sorgente di
rendite illegali e un freno allo sviluppo degli investimenti produttivi, in
quanto penalizza le imprese pubbliche e private che esercitano nel
rispetto della legge.
Una priorità del governo è quella di contrastare l’economia informale,
una lotta che si avvale del concorso delle associazioni, degli operatori e
delle società operanti sul mercato.
. 86
La lotta alla disoccupazione e la riforma delle politiche del lavoro passano attraverso il programma di rilancio economico nazionale.
Il nuovo programma quinquennale, come abbiamo già accennato, è stato
realizzato allo scopo di ridurre i ritardi socio economici accumulati lungo
l’ultimo decennio, alleggerire i costi sociali delle riforme contribuendo
alla crescita economica.
Con un budget di più di 500 miliardi di dinari, il programma di rilancio
economico, è affiancato da altre misure di risanamento nazionale come
i programmi per il Fondo di Sviluppo delle Regioni del Sud e per il Fondo
Nazionale di Compensazione e di Sviluppo dell’Agricoltura.
Nel quadro di sostegno al rilancio dell’economia della nazione, il governo continua a perseguire le seguenti direttive:
• il recupero dalle condizioni di precarietà, di povertà, di emarginazione e di esclusione di un intero lembo della società algerina;
• la creazione di nuovi posti di lavoro ribadita dagli sforzi attuati in
campo BTPH;
• rafforzare lo sviluppo nazionale attraverso l’attuazione delle grandi
opere idrauliche e la mobilitazione di ingenti risorse economiche per
l’esecuzione dei grandi progetti e per la realizzazione delle infrastrutture, determinante per il recupero di intere regioni, nel quadro delle
politica di risistemazione del territorio del programma Haute Plateaux;
• l’avvio della realizzazione del Cyber park di Sidi Abellah, il primo
passo verso una nuova strategia di ricerca e di sviluppo rivolta alle
nuove tecnologie, alla comunicazione e all’informazione;
• la prosecuzione degli sforzi intrapresi in materia di riabilitazione e
di ammodernamento delle zone industriali;
• la ripresa del programma per l’ambiente e per la viabilità della nuova città di Boughezoul al fine di assicurare le condizioni di sviluppo
permanente, agganciandosi all’opzione Haute Plateaux;
• il consolidamento dei programmi destinati al ritorno della popolazione nelle aree rurali e delle attività produttive del settore agricolo;
• la prosecuzione del programma di riqualificazione del tessuto urbano e del miglioramento della distribuzione dell’energia elettrica e
del gas nelle residenze rurali e cittadine;
• la costituzione di risorse destinate alla solidarietà civile, dirette alla popolazione più emarginata e il potenziamento dell’azione di lotta contro
la povertà, determinante per la restaurazione della coesione sociale.
. 87
La realizzazione del programma non può prescindere da un
processo diverso della struttura di investimento, che implica nuove modalità di arbitraggio e un più ampio coinvolgimento a livello locale.
3. Il sistema educativo
La riforma del settore agricolo è di conseguenza tra le priorità
del governo, un’importante riserva per la crescita dell’impiego che ha
già conosciuto un discreto incremento negli ultimi anni grazie al Piano
Nazionale di Sviluppo Agricolo e alle rilevanti risorse finanziarie impiegate nel settore. Il governo intende dotare l’intero comparto di una
legislazione più omogenea che sostenga crescita e sviluppo, mantenendo il suo appoggio finanziario e promuovendo la mobilitazione dei
crediti bancari. Uno degli impegni, inoltre, è quello di continuare la lotta
contro la desertificazione, incoraggiando meccanizzazione e tecnologia
attraverso la promozione dei leasing. La crescita occupazionale del settore sarà legata alla capacità d’inserimento dei giovani diplomati e
all’integrazione effettiva del lavoro agricolo nelle misure previste dalla
protezione sociale.
Sin dalla fine dell’Ottocento il potere coloniale francese impose in Algeria un modello culturale importato dall’Europa, ricalcando la
struttura del sistema educativo esistente in madrepatria. Le scuole della
giovane colonia erano state realizzate per soddisfare i bisogni della popolazione francese residente.
Nel 1949, gli ultimi anni di impero coloniale, la scuola segregazionista
francese fu abolita e il Piano di Costantina, approvato nel 1954 allo
scopo di migliorare la condizione di vita dei musulmani di Algeria, incrementò la scolarizzazione indigena del Paese.
Tuttavia, alla vigilia dell’indipendenza, l’impostazione scolastica rimaneva prevalentemente segnata dal modello europeo e il francese rimaneva
la sola lingua utilizzata per l’insegnamento.
Nei settori della pesca e della produzione forestale il governo
intende proseguire la sua politica di sostegno alla mobilitazione dei crediti per la creazione di nuova attività rivolta agli operatori economici e
al settore giovanile.
Il progetto della riforma della giustizia, già avviato con il Programma di Urgenza a partire dall’ottobre del 2000, è in dirittura di
arrivo e sarà presentato in breve tempo in parlamento per essere approvato.
La revisione del sistema giudiziario è alla base di tutte le riforme avviate dal governo, essenziale per un’equa soluzione dei vecchi e nuovi contenziosi e dei conflitti pubblici e privati.
Le norme che ordinano il diritto civile, penale e commerciale saranno riviste e migliorate al fine di rafforzare le riforme dello Stato e offrire sufficienti garanzie per definire le transazioni di mercato e le relazioni economiche e sociali. In fase di realizzazione è la revisione del codice del commercio, per di rilanciare lo sviluppo dell’intera economia rassicurando gli
investitori stranieri che operano nel mondo del lavoro.
. 88
3.1 Cenni storici
I bambini musulmani iscritti alla scuola primaria erano meno
di un terzo del totale degli alunni, alle scuole secondarie c’era solo il
30% e all’università appena il 10%.
All’inizio del 1963 il sistema educativo, al pari delle strutture istituzionali dello Stato, era in completo disarmo e le iscrizioni scolastiche raggiungevano a fatica le 850.000 unità.
Negli anni seguenti anche gli insegnanti vennero preparati o reclutati
all’estero. Le classi erano improvvisate nelle case lasciate vuote dai residenti francesi.
Ma lentamente la frequenza scolastica iniziò a risalire: 1,5 milioni di studenti nel 1967, 3 milioni nel ’75, 6 milioni e mezzo nel ’92, fino ad arrivare a 7 milioni e 900 mila iscrizioni nel 2003.
Nel 1962, dunque, conquistata l’indipendenza, l’Algeria
ereditava un sistema educativo sorto da un modello
straniero, gestito da insegnanti stranieri in una lingua
straniera, quanto mai lontano dalla cultura e dalle nuove esigenze del Paese.
Le autorità algerine decisero quindi di ridisegnare l’intera struttura scolastica per renderla più vicina ai bisogni
e allo sviluppo della nazione.
. 89
I tre obiettivi principali che caratterizzarono il nuovo modello formativo furono l’indigenizzazione della scuola,
l’arabizzazione e l’incremento dei corsi di studio scientifici e tecnici.
Al tempo stesso, il nuovo governo cercò di combattere l’analfabetismo dilagante, rendendo gratuita la scuola a tutti i livelli di
istruzione e obbligatorio il ciclo primario, sostituendo gli insegnanti
stranieri e rimpiazzando la lingua francese con l’arabo. Inoltre, come già
accennato, la carenza di figure professionali nei settori della pubblica
amministrazione e soprattutto dell’industria spinse il governo a incrementare la programmazione scolastica in campo scientifico e tecnico.
La priorità assegnata alla riforma del sistema educativo portò
ad investire ingenti capitali in questo settore. Tra il ’67 e il ’79 furono
spesi 171 bilioni di dinari. Nel 1985 circa il 16,5% del budget della nazione fu utilizzato per lo sviluppo del settore, fino a impiegare nel 1990 il
30% del bilancio dello Stato.
L’Algeria ricevette un sostanziale aiuto dalla Banca Mondiale.
Tra il 1973 e il 1980, ha contratto cinque crediti per un totale di 276 milioni di dollari. La Banca Mondiale ha continuato a sostenere gli sforzi del
governo aiutando l’Algeria ad attuare la riforma dell’intero sistema educativo. La struttura originaria delle scuole primarie e secondarie è stata corretta ed è stato dato maggior impulso alle scuole tecniche e professionali.
A metà degli anni ’70 il ciclo primario è stato riorganizzato e
suddiviso in un sistema obbligatorio di nove anni. Il livello successivo,
quello della scuola secondaria, è stato suddiviso in tre indirizzi principali, un corso generale, uno tecnico e uno professionale, al termine dei
quali attraverso un esame, il baccalaureat si può accedere all’università,
agli istituti tecnici statali o ai centri di preparazione professionale. Il
processo della riorganizzazione è stato completato nel 1989, benché in
pratica il sistema scolastico del ciclo obbligatorio sia rimasto suddiviso
in due livelli, il primo ciclo di sei classi e il secondo di tre.
Se è vero che il supporto dato dal governo ai programmi tecnici e professionali ha portato alla produzione di una buona classe di professionisti di livello medio-alto, l’industria ha risentito della mancanza di operai
tecnici di livello inferiore.
. 90
Con la riforma degli anni ’70 sono state abolite le scuole
private, settore in cui operavano prevalentemente gli istituti stranieri, quelli gestiti soprattutto dalle missioni cattoliche. Nello stesso periodo la scuola è diventata
obbligatoria dai nove ai quindici anni e gratuita a tutti i
livelli di istruzione. La responsabilità del settore educativo è stata assegnata ai Ministeri dell’Educazione Nazionale e dell’Educazione Superiore.
Nel 1982 si sono iscritti alla scuola obbligatoria circa 4 milioni
di ragazzi. L’81% di tutti i bambini che avevano compiuto sei anni frequentava la prima classe del ciclo fondamentale, una percentuale
variabile che raggiungeva il 90% nei centri urbani, per ridiscendere nelle
aree rurali al 67%. Gli insegnanti erano, oramai per la maggior parte, algerini e l’istruzione impartita in lingua araba. Il francese era introdotto
soltanto al terzo anno. Nel 1992, hanno frequentato le scuole primarie
5,8 milioni di bambini raggiungendo durante il primo ciclo il 93% e nel
secondo il 75% del totale dei censiti (nel 2003 si è raggiunto il numero
di 6 milioni e 800 mila iscritti).
Nel 1982, 280.000 studenti hanno frequentato la scuola secondaria contro i 51.000 del 1963. Il numero delle scuole secondarie è cresciuto da
39 a 319 in soli venti anni, mentre la percentuale di insegnanti algerini
è passata dal 41% del 1975 al 71% del 1982.
Il francese ha continuato ad essere preferito alla lingua araba soprattutto per lo studio delle materie scientifiche.
Nel 1982 il numero di ragazze che frequentava la scuola secondaria o gli istituti professionali è salito al 38,8% con una differenza
sostanziale tra il Nord e il Sud dell’Algeria. Nella capitale la quantità
delle donne era pressoché uguale a quella degli uomini, mentre a Tamanrasset la percentuale precipitava al 7%.
Nel 1984 la somma totale degli alunni iscritti alla scuola fondamentale e
a quella secondaria ha raggiunto i 5 milioni.
Nel 1990, 743.000 studenti, il 44% dei ragazzi tra i 16 e i 19 anni, si è
iscritto alle scuole secondarie (il 22% di questi ha frequentato le scuole
tecniche). Il 44% del totale era di sesso femminile. Gli insegnanti algerini costituivano oramai il 90% dell’intero corpo dei docenti. L’obiettivo
dell’arabizzazione è stato in pratica raggiunto.
. 91
Il programma dei corsi professionali è stato ridisegnato e messo in relazione alla domanda di lavoro e all’evoluzione del sistema
agricolo e industriale del Paese. Gli studenti hanno seguito dei veri e
propri stage di apprendistato. Nel 1990 esistevano all’incirca 325 scuole
di formazione professionale e 200.000 stagisti. L’insegnamento professionale è diventato parte integrante del programma di servizio
nazionale, delegato a sostenere e a promuovere le esperienze di lavoro
dei giovani algerini.
Ministero dell’Energia e delle Industrie Petrolchimiche, il Ministero dell’Agricoltura e della Pesca gestivano per esempio un numero consistente
di istituti.
In Algeria agli inizi degli anni ’90 c’erano più di trenta scuole di insegnamento superiore, istituti tecnici, college per la preparazione all’insegnamento e scuole islamiche. Molti giovani algerini hanno iniziato i loro
studi universitari all’estero, la maggior parte in Francia, o nei paesi occidentali, ma anche negli Stati Uniti e in Europa orientale.
Nel 1993, l’Università statale di Orano, l’Università della Scienza e della Tecnologia di Orano, le Università di Algeri, di Tlemcen, di
Sidi-Bel-Abbes, di Costantina, di Annaba e l’Università della Scienza e
della Tecnologia Houari Boumedienne erano gli istituti di educazione superiore più importanti del Paese. Solo l’Università di Algeri esisteva
prima dell’indipendenza, essendo stata fondata nel 1909.
Le iscrizioni universitarie nell’anno accademico ’89-’90 sono state
177.560 contro le 103.000 registrate nell’83-’84 e le 8.000 del ’66-’67.
Nel 2002-2003 hanno superato la soglia dei 600.000.
Nel 1962 sono iniziati i corsi di alfabetizzazione per adulti. Un
programma estremamente ambizioso considerando che il 90% della popolazione era analfabeta. Insegnanti volontari hanno formato le loro
classi sui posti di lavoro, nelle case e negli edifici abbandonati insegnando a leggere e a scrivere in arabo e in francese. I testi utilizzati
erano vecchie grammatiche, copie del Corano e trattati politici.
Nel secondo piano quadriennale di sviluppo (1974-1977), sono aumentati i corsi per corrispondenza e sono stati utilizzati televisioni e media con
appositi programmi. La responsabilità per l’educazione extra scolastica è
stata assegnata a due agenzie governative specializzate che hanno beneficiato dei fondi di assistenza erogati dalla Banca Mondiale per i progetti educativi. I risultati dei corsi di alfabetizzazione sono stati discreti. Il
42% circa della popolazione nel 1977 sapeva leggere e scrivere.
Il primo sistema didattico adottato dall’Università di Algeri ha
riprodotto lo stesso impianto del complesso formativo utilizzato dalla
Francia.
Il sistema risultava però molto lento e quanto mai lontano dai bisogni
espressi dal mercato del lavoro algerino.
Una parte del corso di riforme adottate per modernizzarne la struttura è
stato introdotto nel 1971, concludendo il proprio ciclo nel 1988. Sebbene
l’Università restasse ancora in parte legata al modello proposto
dall’Europa e il francese rimanesse la lingua adottata per molti corsi e
per molte facoltà, il numero degli insegnanti stranieri ha iniziato a diminuire. Nel 1982 il 64,6% del corpo docente (per tutti i livelli di istruzione) era algerino, percentuale salita al 93,4% nel 1991. L’arabo ha iniziato ad essere adottato per i corsi di studio all’università e l’imazighen, la
lingua berbera, è stata utilizzata nell’ateneo cabilo di Tizi-Ouzou.
In quegli stessi anni si sono formati vari istituti tecnici con indirizzo professionale, agrario ed industriale. I corsi duravano da 1 a 5
anni e includevano esperienze di lavoro e stage di formazione all’insegnamento, sotto la diretta giurisdizione dei ministeri competenti. Il
. 92
3.2 La scuola del 2000
Nell’era Bouteflika il governo ha assegnato al sistema educativo il compito di favorire lo sviluppo della cultura e dei valori nazionali
ma soprattutto la funzione di preparare ed inserire i giovani nel mercato
del lavoro, sostenendo lo sviluppo dell’occupazione nel Paese.
I quattro obiettivi perseguiti dal programma di riforma scolastica di quest’ultimo quinquennio sono stati:
• la riorganizzazione del sistema educativo;
• la riforma dell’approccio pedagogico;
• il miglioramento della classe insegnante;
• la revisione dell’insegnamento universitario e della ricerca scientifica.
Obiettivi in parte realizzati e in parte da attuare nei prossimi cinque anni
di governo Bouteflika.
. 93
Per quanto riguarda il sistema universitario, il governo è intenzionato a
riformare l’intero processo di insegnamento adattandolo ai bisogni e alle
necessità crescenti del sistema economico e sociale, ammodernando l’organizzazione dell’amministrazione universitaria, allo scopo di ospitare e
di formare entro il 2008 più di un milione di studenti.
Negli schemi successivi riportiamo alcuni dati statistici forniti
dal Ministero dell’Educazione Nazionale, dal Ministero dell’Educazione
Superiore e della Ricerca Scientifica e dal Ministero della Formazione e
dell’Insegnamento professionale.
STUDENTI ISCRITTI E LAUREATI ALL’UNIVERITÀ O AI CORSI PARAUNIVERSITARI
MESRS (MINISTERO DELL’INSEGNAMENTO SUPERIORE E DELLA RICERCA SCIENTIFICA)
2000/2001
2001/2002
2002/2003
ISCRITTI AI CORSI
466.084
543.869
589.993
ISCRITTI AI POST CORSI
22.533
26.060
26.279
LAUREATI AI CORSI MESRS
65.192
72.737
UNIVERSITÀ DELLA FORMAZIONE CONTINUATA – UFC
2000/2001
2001/2002
2002/2003
ISCRITTI AI PRE CORSI
33.043
23.271
28.168
ISCRITTI AI CORSI
19.783
24.760
30.243
STUDENTI ISCRITTI ALLA SCUOLA PRIMARIA E ALLA SCUOLA SECONDARIA
2000/2001
1°
E
2°
CICLO FONDAMENTALE
2001/2002
2002/2003
4.720.950
4.691.870
4.612.574
46,82
46,98
46,96
3.533*
LAUREATI AI CORSI UFC
DI CUI RAGAZZE
3°
(%)
CICLO FONDAMENTALE
DI CUI RAGAZZE
(%)
TOTALE SCUOLA FONDAMENTALE
DI CUI RAGAZZE
(%)
SCUOLA SECONDARIA
DI CUI RAGAZZE
(%)
2.015.370
2.116.087
2.186.338
48,6
48,04
48,39
6.736.320
6.807.957
6.798.912
47,19
47,31
47,42
957.862
1.041.047
1.095.730
56,15
56,24
56,73
TOTALE INSEGNANTI SCUOLA PRIMARIA E SCUOLA SECONDARIA
2000/2001
1°
ACCADEMICO
2000/2001
E
2001/2002
UNIVERSITÀ ESTERNE AL MESRS
2000/2001
2001/2002
2002/2003
ISCRITTI AI CORSI
7.566
6.828
7.792
LAUREATI AI CORSI ESTERNI AL MESRS
2.622
2.290
INSEGNANTI UNIVERSITARI
2002/2003
2000/2001
2001/2002
2002/2003
169.599
170.039
167.529
TOTALE INSEGNANTI
19.052
20.282
21.681
DI CUI DONNE
79.093
81.388
81.463
NEGLI ISTITUTI UNIVERSITARI
17.780
19.275
20.769
DI CUI STRANIERI
56
46
40
DI CUI STRANIERI
76
67
64
3°
102.137
104.289
104.329
NEGLI ISTITUTI DELL’ UFC
2.004
1.552
E
2°
2001/2002
*S’INTENDE L’ANNO
CICLO FONDAMENTALE
CICLO FONDAMENTALE
DI CUI DONNE
51.150
52.949
53.462
PERMANENTI
28
61
DI CUI STRANIERI
98
81
76
ASSOCIATI
1.976
1.491
SCUOLA SECONDARIA
55.588
57.274
57.747
NEGLI ISTITUTI ESTERNI AL MESRS
1.244
946
868
DI CUI DONNE
24.264
25.753
26.598
DI CUI STRANIERI
4
5
3
DI CUI STRANIERI
118
111
90
. 94
44
. 95
4. Relazioni internazionali
INFRASTRUTTURE DEL MESRS
2000/2001
2001/2002
2002/2003
UNIVERSITÀ *
17
25
25
CENTRI UNIVERSITARI
13
14
14
INES ( ISTITUTO NAZIONALE DI
INSEGNAMENTO SUPERIORE )
6
2
2
ENS ( SCUOLA NORMALE SUPERIORE )
3
3
3
ENSET ( SCUOLA NORMALE SUPERIORE DI
INSEGNAMENTO TECNICO )
1
1
1
SCUOLE E ISTITUTI
12
10
10
*NON
COMPRESE LE UNIVERSITÀ DELLA FORMAZIONE CONTINUATA ( UFC )
Per quanto riguarda la formazione professionale ricordiamo
che in Algeria esistono tre istituti statali: il Centro di Formazione Professionale e di Apprendistato (CFPA), l’Istituto Nazionale Specializzato per
la Formazione Professionale (INFSP) e l’Istituto di Formazione Professionale (IFP).
Nell’anno 2002 gli allievi dei corsi sono cresciuti in tutti e tre gli istituti.
Nell’ambito della formazione scolastica di residenza sono state registrate 185.980 frequenze, nella formazione per l’apprendistato 120.165, nella
formazione tramite i corsi serali 17.714 e infine nella formazione a distanza 14.938 iscritti.
. 96
1. Organismi internazionali
Lasciatasi alle spalle un periodo contrassegnato da un totale
isolamento, l’Algeria nell’ultimo quinquennio è tornata a riallacciare i
rapporti con l’Europa e con le istituzioni più importanti dell’economia e
della finanza. Le prospettive di adesione all’Organizzazione Mondiale
per il Commercio sono sempre più concrete.
Lo sviluppo delle relazioni con gli USA è l’ennesimo segnale di apertura
verso l’occidente. Abdelaziz Bouteflika si è incontrato già tre volte con il
presidente americano, a luglio e a novembre del 2001 e a giugno del
2004, durante il summit del G8 organizzato a Sea Island (sono stati stipulati accordi nel campo del petrolio e della lotta al terrorismo).
Il trattato firmato con la Ue il 22 aprile del 2002 a Valencia,
prevede la graduale rimozione dei dazi doganali sui prodotti dell’industria in entrata e in uscita dall’Europa da attuarsi entro i prossimi 12 anni (l’Algeria già dispone di una quota di accesso nel mercato dell’Unione
per una parte di prodotti esportati dall’industria nazionale).
Le riduzioni dei dazi doganali sono state stabilite sia per i prodotti agricoli (per una parte è stato già fissato l’abbattimento totale delle quote)
che per l’industria del pescato.
Tale accordo inoltre, aiuterà il Paese maghrebino a riformare il mercato
del lavoro, introducendo una legislazione più moderna, estendendo la
sua azione all’impianto commerciale e al sistema di controllo e sicurezza (lotta al crimine e al terrorismo, riciclaggio di denaro), imprimendo
una forte accelerazione alla democratizzazione e al dialogo politico e
sociale tra le parti.
Il programma prevede inoltre, da un punto di vista commerciale, massicci aiuti finanziari per rinnovare le strutture del Paese ed affrontare le sfide di un mercato sempre più competitivo e, da un punto di vista fiscale
e valutario, la riforma dell’amministrazione tributaria e monetaria.
. 97
Tale accordo sarà sicuramente un incentivo per le imprese straniere che
vorranno attuare investimenti diretti nel Paese. Per i prodotti industriali
è confermato il trattato in vigore dal 1976. L’istituzione di una zona di
libero scambio è da attuarsi entro 12 anni a partire dalla firma del trattato (24% all’entrata in vigore, il 40% dopo sette anni e l’ulteriore scatto allo scadere dell’accordo).
Per la produzione agricola non è prevista la liberalizzazione totale del
mercato ma alcune concessioni destinate a singoli prodotti.
Per i prodotti agricoli trasformati la Ue procederà all’abbattimento dei
dazi doganali sul 95% delle importazioni dall’Algeria e l’Algeria offrirà
parziali concessioni sull’85% dei prodotti importati dall’Europa.
Per l’industria del pescato rimarrà in vigore il trattato firmato nel 1976.
Inoltre nel campo del commercio e dei servizi, entreranno in vigore le
norme previste dall’accordo generale AGCS e GATS.
Ulteriore rafforzamento è previsto per la cooperazione
sociale e culturale, l’istruzione, la struttura dei trasporti,
le telecomunicazioni e le tecnologie d’informazione, il
turismo, i sistemi di statistica nazionale, l’immigrazione,
la condizione della donna, il welfare, le politiche giovanili e un confronto generale sulle leggi e sulle norme
dello Stato.
L’Algeria, membro dell’ONU, ha sviluppato per il periodo 20022006 un programma di cooperazione nell’ambito dei progetti sostenuti
dal Consiglio di Amministrazione del Programma delle Nazioni Unite e
del Fondo per la Popolazione, che ha avuto per oggetto:
• la riduzione del tasso di povertà e lo sviluppo di un reddito stabile e
sufficiente per le persone diseredate;
• la salvaguardia dell’ambiente e il miglioramento della qualità di vita
delle popolazioni;
• l’avanzamento delle riforme economiche e lo sviluppo delle risorse
umane.
L’Algeria ricopre un ruolo rilevante all’interno delle istituzioni
del Continente africano. A capo della OAU nel 1999, ha giocato un ruolo
chiave nella risoluzione del conflitto tra Etiopia ed Eritrea, concluso con
l’accordo di pace siglato ad Algeri nel dicembre del 2000. L’Algeria è,
. 98
con la Nigeria e il Sudafrica, uno dei paesi fondatori del NEPAD (Nuovo
Partenariato per lo Sviluppo dell’Africa) di cui un summit si è tenuto
proprio ad Algeri il 23 novembre del 2004.
Inoltre è membro della Lega Araba, dell’Unione del Maghreb Arabo, dell’OPEC e dell’Organizzazione della Conferenza Islamica.
L’OAU, l’Organizzazione per l’Unità Africana, è stata fondata nel
1963 allo scopo di rafforzare l’unità e la cooperazione tra i Paesi membri, promuovere l’autogoverno degli stati, il rispetto per i confini nazionali, incoraggiando il progresso della società civile del Continente
africano.
Il Marocco è uscito dalla OAU e lo Zaire ha sospeso a tempo indeterminato la propria attività da quando nel 1984 una rappresentanza del Sahara occidentale si è seduta al tavolo dei soci durante la ventesima
assemblea dei capi di Stato e dei governi.
Il supporto ai movimenti nazionalisti neri nel Sud del Continente è affidato a una commissione di sei stati di frontiera, Angola, Botswana, Mozambico, Tanzania, Zambia e Zimbawe. Nove membri dell’OAU fanno
parte della Lega Araba.
La Lega Araba, fondata a Il Cairo nel 1945, è un associazione
volontaria di stati indipendenti il cui idioma principale nazionale è l’arabo. Il suo fine è quello di rafforzare i legami tra i propri componenti, coordinare la loro politica estera e promuovere gli interessi collettivi,
mediare e redimere le controversie nate tra gli stati membri, rafforzare
le proprie posizioni coordinando le voci di ogni singolo associato e intervenire nei conflitti regionali (come avvenuto nel 1958, durante la
guerra civile libanese).
La Lega, inoltre, è attiva in campo sociale e culturale, propone programmi educativi di scienza e economia, promuovendo corsi di formazione
scolastica e preservando rari manoscritti appartenenti alle differenti culture nazionali.
Tra i risultati più importanti conseguiti in ambito economico, la creazione della Carta per l’azione economica comune araba che ha stabilito i limiti entro cui pianificare le proprie attività.
La Lega ha promosso campagne per l’alfabetizzazione nei Paesi più retrivi, riprodotto lavori letterari, incoraggiato misure contro il crimine comune e l’uso della droga, promuovendo scambi culturali e programmi
. 99
sportivi per giovani e ragazze, ed ha sostenuto il ruolo delle donne nella comunità islamica.
L’Unione del Maghreb Arabo (UMA) è stata creata il 17 febbraio
del 1989 a Marrakech dai leader di Algeria, Libia, Mauritania, Marocco e
Tunisia.
Modellata sulla struttura dell’Ue, è stata concepita allo scopo di unificare le politiche economiche e finanziarie del Maghreb, incrementare la
cooperazione e gli scambi commerciali tra gli stati membri, liberalizzando il mercato e abbattendo le barriere doganali, il primo passo per
giungere all’unità politica tra tutti gli stati arabi africani. A questo scopo
il colonnello Gheddafi aveva proposto di estendere il trattato al Ciad, al
Mali, al Niger e al Sudan.
Il trattato prevede una riunione semestrale tra i capi di Stato che compongono l’Unione. La presidenza è assegnata ogni anno a rotazione. All’interno dell’UMA è stato creato un consiglio di amministrazione
formato da 10 membri, due per ogni Stato, allo scopo di redimere le dispute in atto tra i Paesi del Maghreb.
Nel giugno dell’89 i 5 stati membri hanno firmato una clausola con cui
viene proibita l’aggressione tra i componenti dell’Unione.
L’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (OPEC) è formata da 11 Paesi produttori ed esportatori dell’Africa (Algeria, Libia e Nigeria), dell’Asia (Indonesia), del Medio Oriente (Iran, Iraq, Kuwait, Qatar,
Arabia Saudita, Emirati Arabi) e dell’America Latina (Venezuela). Ecuador
e Gabon sono usciti dall’organizzazione rispettivamente nel ’62 e nel ’65.
L’OPEC è un’organizzazione permanente intergovernativa, creata durante
la conferenza di Baghdad il 14 ottobre del 1960. Nel 1965 ha trasferito i
suoi quartieri generali da Ginevra a Vienna. Il suo scopo è quello di promuovere la cooperazione economica tra gli stati membri legata all’attività dell’industria del petrolio. Tre sono i punti chiave dell’intesa:
• salvaguardare i propri interessi economici, individuali e collettivi;
• assicurare e controllare il flusso del petrolio sul mercato;
• incentivare gli investimenti nel settore petrolifero.
L’Organizzazione della Conferenza Islamica (OCI) è stata creata
il 25 settembre del ’69 in occasione della prima conferenza mondiale
musulmana di Rabat. I 55 membri dell’organizzazione rappresentano 1,2
. 100
bilioni di musulmani sparsi per il mondo. L’OCI, realizzata dopo lo scoppio dell’incendio che devastò la moschea di Al Aqsa a Gerusalemme, ha
lo scopo di promuovere la cooperazione e l’assistenza reciproca in campo economico, scientifico, spirituale e culturale, ispirandosi agli insegnamenti islamici. I ministri degli esteri dei 55 stati membri si
riuniscono ogni anno. Il congresso generale, durante il quale si radunano i 110 capi di Stato e di governo si svolge ogni 3 anni. Durante il
summit, i leader del mondo islamico si confrontano su questioni di natura politica economica, sociale e culturale.
Nel 1994 nel convegno tenuto a Casablanca, re Hassan ha invitato i musulmani al dialogo, al progresso e all’apertura con il mondo occidentale,
allo scopo di ridare nuova forza alla nazione islamica.
Il problema del Sahrawi Polisario o ex Sahara spagnolo, è una
spina nel fianco per tutti gli organismi arabi e africani che accolgono tra
i soci militanti il Marocco e l’Algeria: ossia per l’Organizzazione dell’Unione Africana, da cui Rabat è uscita nel 1984, per la Lega Araba, per
l’Unione del Maghreb Arabo, i cui lavori sono pressoché bloccati dalla
contesa tra i due stati nordafricani.
L’Algeria appoggia ufficialmente la posizione degli indipendentisti sahrawiani, osteggiando l’annessione dell’ex colonia della Spagna da parte
del Marocco. I confini tra Marocco ed Algeria sono oramai dagli anni ’70
teatro di controversie che hanno rischiato a più riprese di scivolare in
un vero e proprio conflitto regionale. I due vicini si accusano a vicenda
di organizzare aggressioni militari e contrabbando di armi e munizioni.
Alcuni paesi del Sud dell’Algeria sono vittime di operazioni paramilitari
di bande armate che destabilizzano l’intera regione del Sahara sud occidentale.
Agli inizi degli anni ’90, il Marocco ha imposto il visto obbligatorio, misura ricambiata dal regime militare del generale Zeroual. Nel 2004, Rabat ha poi annullato la misura restrittiva, sull’altro fronte ancora in
corso col governo Ouyahia.
Oltre 165.000 rifugiati del Sahrawi vivono nei campi profughi allestiti nel
Sud dell’Algeria nella città di Tindouf.
La Libia ha provveduto a complicare la questione rivendicando l’annessione di 32.000 km quadrati di deserto algerino che secondo il governo
di Tripoli rientrano nei propri confini nazionali.
. 101
2. Relazioni con l’Italia. Import-export
Le relazioni con l’Italia possono essere inquadrate nell’ambito
dell’accordo firmato nell’aprile del 2002 con la Ue in cui si è stabilito
l’abbattimento delle barriere tariffarie e dei dazi doganali sulle merci in
entrata e in uscita dall’Algeria, da attuarsi in 12 anni.
L’adesione all’Organizzazione Mondiale per il Commercio aiuterà ad accelerare il processo di apertura dei mercati, favorendo gli interscambi
commerciali, riducendo ulteriormente i dazi e riordinando il sistema tariffario basato su una scala ambigua ed arbitraria (risolto a volte con accordi bilaterali tra i Paesi).
Da gennaio 2006 sarà abrogato il diritto addizionale provvisorio sui beni di consumo di lusso che, nonostante abbia segnato una costante riduzione nell’ultimo quinquennio, oggi segna il 24%.
Dal 20 agosto del 2001, il nuovo regime di dazi doganali prevede tre
aliquote applicabili: la più alta del 30% sui prodotti già finiti, e a scendere del 10% su quelli semilavorati e del 5% sulle materie prime. Una
misura resa necessaria per proteggere l’industria del Paese. L’importazione di prodotti semilavorati o di materie prime può stimolare la produzione nazionale sostenuta magari dai capitali esteri.
La tassa di valore aggiunto, la TVA, ha un’aliquota media del 17%, mentre la TIC, la tassa interna sul consumo, grava su una categoria di prodotti considerati di lusso o superflui con varie aliquote, dal 10% al
100%. Quella massima ad esempio è applicata sugli alcolici.
L’Italia è tra i principali partner economici dell’Algeria, il secondo tra i Paesi clienti e fornitori.
La bilancia commerciale pesa decisamente a favore della nazione maghrebina, tra i nostri più importanti fornitori di idrocarburi, il 50% dell’intera provvigione nazionale di metano e al nono posto per lo smercio
di petrolio (2 milioni di tonnellate all’anno). Inoltre è in previsione l’ampliamento del gasdotto Transmed che collega l’Algeria alla Sicilia attraversando la costiera tunisina e un nuovo impianto che dovrebbe unire
le sponde del Paese maghrebino alla Sardegna (oltre alla progettazione
di un elettrodotto che collegherà l’Italia all’Algeria per trasportare energia elettrica).
Gli scambi commerciali nel 2004 hanno raggiunto 5.296 milioni di dollari, crescendo di 600 milioni rispetto all’anno precedente, un incremento
. 102
che pesa in prevalenza sulle spalle dell’Italia, il cui saldo negativo per
l’anno 2004 si è attestato intorno a 3.700 milioni di dollari, a causa della crescita della quantità di idrocarburi importati e all’aumento dei prezzi registrato.
Le esportazioni algerine nel 2004 hanno segnato un +12,77%
dovuto esclusivamente alla performance del gas e del petrolio, il 98,7%
dell’esportazione totale verso l’Italia. Il fatturato ha evidenziato un notevole incremento, raggiungendo i 5.220 milioni di dollari nel 2004 rispetto ai 4.634 dell’anno precedente.
Il restante 1,3% dell’esportazione riguarda il settore dei semilavorati, poco più di 65 milioni di dollari nel 2004 con un incremento
del 17,61% rispetto al 2003 e un fatturato di 7 milioni di dollari relativo
alle materie prime che comunque si è più che raddoppiato rispetto all’anno precedente.
IMPORTAZIONI ALGERINE DALL’ITALIA
2003
IMPORTAZIONI
2004
VALORE
(MLN $)
(%)
BENI STRUMENTALI
INDUSTRIALI
733,660
56,66
SEMILAVORATI
261,289
BENI DI CONSUMO
142,268
AGRICOLI
EVOLUZIONE
(%)
(%)
779,225
50,20
6,21
20,18
304,529
19,62
16,55
10,99
197,480
12,72
38,81
57,537
4,44
42,696
2,75
-25,79
PRODOTTI ALIMENTARI
51,362
3,97
199,925
12,88
289,25
IDROCARBURI
31,828
2,46
9,846
0,61
-70,20
MATERIE PRIME
16,896
1,30
18,758
1,21
11,02
TOTALE
1.294,840
100
1.552,099
100
19,87
VALORE
(MLN $)
BENI STRUMENTALI
FONTE : MINISTERO DELLE FINANZE .
. 103
Anche il valore delle importazioni algerine dall’Italia nell’anno
2004 è cresciuto del 19,87%, raggiungendo 1.552 milioni di dollari.
In primo piano i beni strumentali industriali, il primo prodotto esportato
del made in Italy che ha registrato un incremento del 6,21%, il fatturato
più elevato tra tutti quei prodotti venduti dal nostro paese all’Algeria,
779,225 milioni di dollari incassati, ben il 50,20% dell’intero comparto
delle importazioni. Per beni strumentali si intendono attrezzature e macchinari, apparecchiature ad alta tecnologia destinati alle produzioni industriali. A seguire i semilavorati che hanno fatturato 304,529 mln di
dollari, il 16,55% in più rispetto all’anno precedente e che coprono il
19,62% dell’export italiano.
Interessante la performance dei prodotti alimentari che hanno
quasi triplicato il modesto giro di affari registrato nel 2003, 51,362 mln
di dollari, portandosi a 199,925 milioni, con un incremento del 289,25%
e attestandosi se pur di poco al terzo posto, dopo avere spodestato
l’importazione di altri beni di consumo che con un +12,72% e 197,480
mln di dollari incassati scendono in quarta posizione.
Ad incrementare il boom delle esportazioni dei beni di consumo alimentari ha contribuito la linea di credito di 27 milioni di euro aperta dal governo italiano per le piccole e medie imprese del paese maghrebino che
hanno usufruito di tecnologia, di supporto e formazione made in Italy
(credito tra l’altro esaurito ma già rinnovato per un importo di 30 milioni di euro). Infatti ben 34 progetti dei 57 abilitati fanno parte del settore agroalimentare.
La cooperazione o gli investimenti diretti italiani in Algeria, fino a poco tempo fa si sono limitati al settore degli idrocarburi e delle
costruzioni, infrastrutture e opere pubbliche. Vogliamo ricordare, l’Eni,
l’Enel, l’Ansaldo energia, l’ABB Solution, Saipem e Snam, oltre all’accordo stipulato con la Sonatrach, la società pubblica che gestisce il mercato degli idrocarburi con Enel, Edison e Mogest.
Sul versante delle grandi costruzioni operano sul mercato l’Astaldi, la
Bentini, la Condotte d’acqua SpA, la Todini e la Garbali Conicos, oltre alla Safet in campo siderurgico.
Nel 2005 si sono aperti due nuovi cantieri, rafforzando i rapporti di partenariato tra l’Italia e l’Algeria. Il primo riguarda le costruzio-
. 104
ni antisismiche. Il progetto di realizzazione di un’unità di produzione di
materiale destinato alle costruzioni antisismiche è difatti entrato nella
fase attiva a Sédrata, nella wilaya di Souk Ahras.
Il secondo, la realizzazione del tunnel di Ziama Mansouriah affidato al
gruppo italoalgerino Jijel.
L’apertura della sede Alitalia che ha potenziato i voli da Roma e da Milano per Algeri e la Grimaldi che gestisce i servizi marittimi tra l’Italia e
l’Algeria hanno agevolato gli interscambi commerciali.
Sono almeno tre i settori pronti a recepire gli IDE provenienti
dall’Italia e dall’Europa. Quello della pesca, poco sfruttato dalla vetusta flotta mercantile, sprovvista in buona parte di mezzi tecnici adatti
allo sfruttamento della costa (l’Algeria, secondo un’indagine promossa
da una società statistica europea mantiene inalterato l’80% della fauna
rivierasca) e quelli dei materiali edili e dei prodotti farmaceutici.
Come già detto in precedenza, la SACE ha migliorato la posizione del Paese maghrebino tra gli stati a rischio d’insolvenza. L’Algeria
ha sempre rispettato le scadenze dei debiti contratti, grazie all’attivo
della sua bilancia commerciale e alla crescita delle riserve valutarie nazionali, rimpinguate dai profitti della vendita degli idrocarburi. Ne è conseguita una correzione delle condizioni assicurative per le imprese
straniere ed italiane che operano sul mercato, agevolando gli investimenti e il lavoro delle aziende.
La debolezza strutturale del sistema bancario pubblico e privato ha frenato in modo rilevante l’ulteriore incremento degli scambi commerciali e soprattutto degli investimenti diretti del nostro Paese in Algeria.
La garanzia assicurativa della SACE contribuirebbe allo sviluppo dei progetti delle imprese italiane nei settori strategici dell’economia dell’Algeria
(come avvenuto per il consorzio Astaldi-Federici-Todini per la costruzione
della diga Kramis a Mostaganem o per la società Trevi che ha fornito la
strumentazione per le perforazioni petrolifere a Sud di Ourgla).
Primo fra tutti il grande cantiere per la costruzione dell’autostrada che
dovrà congiungere l’Est all’Ovest dell’Algeria e che si aprirà tra breve.
La SIMEST sta operando in Algeria nel settore degli investimenti diretti con la costituzione di due società italo-algerine, una in
campo edile e l’altra del legname, impiegando un capitale totale di
. 105
961.000 euro. Dall’inizio dello scorso anno la SIMEST ha attivato in Africa un fondo di venture capital di cui finora l’Algeria ha beneficiato con
un solo progetto nel settore del legname.
Questa è comunque la strada da seguire per aiutare le PMI italiane che
vogliono impiantare attività nei Paesi in via di sviluppo e in particolare
in quelli maghrebini.
Nei primi cinque anni di presidenza Bouteflika la SIMEST ha finanziato
51 progetti per 261 milioni di euro.
Anche l’ICE, l’Istituto italiano per il Commercio Estero, si sta
attivando in Algeria con la creazione di workshop, seminari, e di spazi
espositivi nelle fiere principali del Paese tra cui la fiera internazionale di
Algeri e il salone Djazagro.
3. Flussi migratori
3.1 Dalle origini ad oggi
La migrazione algerina e in generale quella maghrebina in Europa occidentale ha avuto origine durante la colonizzazione francese del
Nord Africa.
La relazione speciale che si è andata a stabilire tra la potenza coloniale
e l’Algeria sin dall’occupazione del Paese iniziata nel 1830, è diventata
parte integrante della storia del movimento migratorio nel Mediterraneo.
Già a partire dalla fine dell’Ottocento, i primi ambulanti di origine algerina si erano stanziati tra Parigi e il Sud della nazione. Nel 1912 si potevano contare 5.000 emigrati maghrebini, impiegati nelle industrie
algerine.
Con la prima guerra mondiale iniziava ufficialmente la storia dell’immigrazione dal Maghreb. Un numero cospicuo di algerini venne reclutato
dall’armée ed impiegato sul fronte occidentale o in gran parte fu obbligato a lavorare nelle industrie algerine al posto dei francesi che erano
partiti per la guerra. Mezzo milione di algerini, marocchini e tunisini furono utilizzati dalla Francia per far andare avanti la propria economia o
per esigenze legate alla difesa militare.
Alla fine della grande guerra la maggior parte venne rimpatriata, ma per
poco tempo. La ricostruzione programmata delle infrastrutture necessi-
. 106
tava di nuova manodopera straniera, così tra il 1919 e il 1924 quasi
100.000 algerini furono di nuovo reimpiantati nelle industrie o nei cantieri sparsi in tutta la nazione. Questo nuovo e massiccio afflusso, provocò la reazione dei coloni che si vedevano sottratto impiego a basso
costo per le loro imprese e per le loro aziende agricole, tanto che la
lobby dei pied noir impose in madrepatria a partire dal 1924 un nuovo
ordinamento allo scopo di poter regolare il flusso migratorio.
La successiva crisi economica costrinse il governo di Parigi a reintrodurre nuove misure restrittive. Alla vigilia della seconda guerra mondiale si
registrò un calo drastico del numero di algerini (complessivamente
25.000 uomini).
Il nuovo conflitto riaprì il reclutamento di giovani dal Paese maghrebino
impiegati nelle campagne militari, nei poderi e nelle industrie. Molti soldati alla fine della guerra rimasero di istanza nell’esercito mentre gli
operai furono nuovamente rimpatriati.
Ma questo logorante gioco di apertura e di chiusura non era ancora terminato. Il governo di Parigi per rilanciare la propria economia fu costretto ad “importare” nuova immigrazione per industrie, aziende agricole e
miniere. Venne quindi richiamata la manodopera algerina. Questa volta
il flusso migratorio cambiò radicalmente. Gli uomini che arrivarono in
Europa portarono con sé i propri familiari, producendo per la prima volta immigrazione permanente. A metà degli anni ’50, quando nel Paese
maghrebino era già iniziata la guerra di liberazione nazionale, gli algerini residenti in Francia erano circa 230.000.
Intanto nel ’62 era finita la guerra di liberazione e l’Algeria aveva ottenuto la propria indipendenza. Nel 1964 il numero stimato di algerini residenti nell’ex potenza coloniale si aggirava intorno a 500.000 di cui
350.000 lavoratori maschi e il resto donne e bambini venuti al loro seguito. A questo numero bisogna aggiungere i 400.000 harkis, ovvero gli
algerini che durante la guerra d’indipendenza avevano militato nell’esercito francese.
Era anche cominciato il brusco e veloce ritorno di tutti i pied noir dall’Algeria, tanto che a un anno di distanza il numero dei residenti complessivi era crollato, passando da 1 milione a 120.000. Il ritorno in
madrepatria dei coloni portò a un nuovo afflusso di manodopera algerina che veniva richiamata in madrepatria dai vecchi datori di lavoro.
A soli sei anni di distanza, l’accordo bilaterale tra Francia ed Algeria por-
. 107
tò a stabilire delle quote di accesso nel Paese. 35.000 fu il numero concordato di emigranti che poteva annualmente passare la frontiera (numero ridotto nel 1971 a 25.000.)
Nel 1973, l’era Boumedienne, la politica adottata dal governo fece sì che l’Algeria sospendesse i flussi migratori, sebbene sia stimato che almeno 7.000 clandestini
riuscissero ad emigrare ogni anno.
A metà degli anni ’70, in piena crisi energetica, la Francia e l’Algeria offrirono incentivi agli emigranti per rientrare nel Paese maghrebino,
tra cui un alloggio garantito. Ma furono pochi a ritornare in madrepatria: i
disoccupati di lunga durata, gli anziani che volevano trascorrere gli ultimi
anni della loro vita a casa con i propri familiari e chi aveva racimolato un
po’ di soldi per aprire una propria attività.
Negli anni ’70, l’emigrazione algerina era diretta quasi totalmente in Francia, il flusso in altri luoghi era quasi inesistente.
Intanto, la crisi energetica registrata in tutta Europa portò a un’ulteriore restrizione del flusso migratorio, la situazione interna in Francia si andava ad
aggravare, con il movimento sindacale che scendeva in piazza contestando
le scelte del governo e la disoccupazione si estendeva a macchia di olio.
La nuova politica adottata all’Eliseo per limitare l’immigrazione
regolare cambiò definitivamente il corso della storia. Gli emigrati, temendo che un loro spostamento avrebbe potuto precludere il rientro in
Algeria, approfittarono della legge sul ricongiungimento familiare trasferirono i propri cari nei luoghi di lavoro.
Intanto la situazione si faceva sempre più pesante. Nel 1980 i lavoratori
algerini avevano perduto i loro diritti sindacali e i benefici acquisiti negli anni precedenti. Anche le unioni sindacali, da una parte si battevano
per la riacquisizione dei diritti fondamentali del lavoro, dall’altra chiedevano il blocco del flusso migratorio.
La maggior parte degli immigrati maghrebini non aveva peso nel sistema politico francese, non rappresentava nessuna forza economica o sociale rilevante, né era sostenuta da una lobby che potesse far pressione
per difenderne i diritti civili e sindacali. La loro posizione li fece diventare il facile obiettivo di tutti quei gruppi razzisti e reazionari che si agitavano sulla scena nazionale.
. 108
Negli anni ’80, l’emigrazione dall’Algeria e dal Maghreb, adattandosi alle nuove politiche promosse dalla Francia e dall’Europa si muoveva su
tre vettori differenti: il ricongiungimento familiare, il lavoro stagionale e
l’emigrazione clandestina.
La norma del ricongiungimento familiare, utilizzata già 20 anni prima, permise l’arrivo di donne e di bambini, richiamati da tutti gli immigrati che avevano acquisito la naturalizzazione o la cittadinanza
già da lungo tempo.
Quella del ricongiungimento familiare rimase l’unica strada percorribile
per ottenere un permesso di soggiorno regolare. Ma la legge non raggiunse i risultati per cui era stata concepita, in quanto una parte di immigrati residenti non aveva i requisiti necessari per poter richiamare i
propri familiari (un’abitazione idonea o un lavoro regolare) e una parte
di immigrati irregolari la usò come espediente per varcare la frontiera.
Malgrado ciò, ebbe un impatto rilevante sull’occupazione del Paese,
avendo fatto confluire una nuova ondata di giovani immigrati, pronta ad
accettare un lavoro precario o mal retribuito, sconvolgendo gli equilibri
del mercato. L’emigrazione stagionale si era invece sviluppata nel decennio precedente quando, chiuse le porte del Paese all’emigrazione residente, il settore agricolo ed edile non era stato in grado di trovare
lavoro a tempo limitato.
L’immigrazione clandestina ha avuto il suo sviluppo a metà
del Novecento, quando l’industria transalpina bisognosa di impiego a
basso costo attingeva al mercato redditizio dell’immigrazione irregolare
con il diretto benestare dello Stato.
Nei decenni successivi ha avuto un notevole incremento a causa delle
restrizioni delle norme immigratorie approvate in occidente. La politica
di forte repressione non è servita a ridimensionare il fenomeno in questione che è stato alimentato dalla crescita costante dell’economia sommersa di alcuni stati dell’Unione e dalle condizioni di instabilità
economica dei Paesi di partenza.
In Algeria la crescita demografica registrata negli ultimi decenni, aveva riversato sul mercato del lavoro una massa consistente di uomini e di donne alla ricerca di una prima occupazione che, a causa del
fallimento delle riforme agrarie e della crescente disoccupazione nelle
aree rurali, della scarsa accelerazione impressa al processo di industria-
. 109
lizzazione, dell’insufficiente ricezione del settore del turismo e dei tagli
effettuati alle spese sociali, si trovò sin dagli anni ’70 a dover rincorrere
il lavoro, magari per migliaia di chilometri, oltre il Mediterraneo.
Per i giovani in possesso di un titolo di studio, figli della scolarizzazione
massiccia degli anni ’60 che si trovarono un diploma tra le mani e un
futuro da inventare, per gli analfabeti residenti in campagna ed in città,
l’emigrazione clandestina rappresentò una convincente soluzione del
problema. L’ingresso delle donne nel mercato del lavoro produsse inoltre un sensibile aumento della popolazione attiva alla ricerca di una
nuova occupazione.
La ricerca di un lavoro è stata la ragione che ha spinto i giovani algerini
ad affrontare viaggi disastrosi, a subire anni di fatiche e umiliazioni per
raggiungere, forse un giorno, il tanto agognato permesso di soggiorno.
È impossibile stimare con assoluta precisione l’entità del fenomeno in
questione data l’incongruenza tra le cifre offerte dai Paesi di origine e di
arrivo dell’emigrazione clandestina.
Agli inizi degli anni Novanta, un’indagine condotta sull’immigrazione irregolare affermava che il numero degli immigrati maghrebini
presenti in Europa occidentale si attestava intorno ai 2 milioni e mezzo
di persone, di cui i due terzi residenti in Francia, il 14% nei Paesi Bassi,
altrettanto nei Paesi del Mediterraneo e il resto sparso nell’Europa centrale, soprattutto tra Germania e Gran Bretagna. In Italia la comunità algerina è pressoché inesistente.
Ma già a dieci anni di distanza la situazione è cambiata in maniera sostanziale. In Italia la percentuale d’immigrati algerini è molto bassa.
IMMIGRATI MAGHREBINI PRESENTI NEI PRINCIPALI PAESI DELL’EUROPA NEL 2000 (IN MIGLIAIA)
NAZIONALITÀ
FRANCIA
GERMANIA
BELGIO
MAROCCHINA
584,7
69,6
141,7
156,9
28,2
78
TUNISINA
207,5
26,1
6,4
2,6
0,4
41,2
ALGERINA
619,9
7,4
10,7
0,6
1,1
4
FONTE : CESTIM .
. 110
PAESI BASSI
SPAGNA
ITALIA
3.2 Le leggi sull’immigrazione dall’86 ad oggi
Negli anni Ottanta un esodo di massa di proporzioni straordinarie investì il nostro Paese che fu costretto a confrontarsi con un fenomeno ancora poco conosciuto. Nel 1981, per la prima volta nella storia
della Repubblica italiana, il saldo migratorio diventava positivo. Da Paese di emigranti ci eravamo trasformati in Paese d’immigranti.
Nel 1986, l’approvazione della Legge 943, la prima legge sull’immigrazione, fu accompagnata da un acceso dibattito aperto nel Paese e in
parlamento.
La nuova legge indicava in linea di principio due direttive da seguire.
Da una parte definiva il trattamento e il collocamento degli immigrati regolari, garantendone i diritti, dall’altra stabiliva nuove norme per frenare
il flusso clandestino.
Demandava agli enti locali e alle regioni il compito di collocare gli immigrati in base all’esigenza delle imprese e del mercato del lavoro, dando
il via alla prima sanatoria della storia.
A causa dell’esiguo numero di imprese che legalizzò la mano d’opera
straniera e dell’esclusione del vasto mondo del precariato che esisteva
in Italia, ben due terzi dei 150.000 immigrati vennero sanati con la formula introdotta “alla ricerca di lavoro”.
Tre anni dopo, la Legge Martelli provò a colmare le lacune prodotte dalla L.943, affidando agli enti locali più poteri operativi.
Ma l’applicazione della legge si rivelò più ostica di quanto si potesse
immaginare, la maggior parte delle regioni non riuscì a legiferare e le
questure si fecero trovare impreparate.
Nel ’98 fu promulgato un nuovo testo che prevedeva la stesura di un
documento di programmazione triennale, che doveva analizzare le indicazioni fornite dal Ministero del Lavoro in relazione al numero di stranieri iscritti alle liste di collocamento. Inoltre venne approvata la
pubblicazione di un decreto annuale con cui veniva definita la quota
massima di stranieri ammessi nel mercato del lavoro e nuove norme
inerenti al lavoro stagionale.
Fu introdotta la formula del respingimento con accompagnamento alla
frontiera per i clandestini fermati sul territorio dello Stato.
Nacquero così i discussi centri di permanenza nazionale allo scopo di
accogliere gli extracomunitari irregolari che dovevano stazionare nel
paese prima di venire allontanati.
. 111
Nel 2002 è stato presentato alle Camere l’ultimo testo legislativo in materia d’immigrazione, la legge Bossi-Fini.
La legge “Bossi Fini”, approvata il 4 giugno del 2002, ha modificato alcuni punti della normativa precedente, introducendo sostanziali novità.
Nell’ambito dei programmi di aiuto e di cooperazione, viene sollecitato
l’impegno dei Paesi terzi per prevenire e reprimere i flussi migratori clandestini. Sono state inasprite le norme che regolano il rilascio dei visti
d’ingresso. Il visto non viene concesso a chiunque abbia subito una condanna penale, non distinguendo né numero né gravità dei reati commessi.
La programmazione dei flussi d’ingresso che dovrà essere stabilita entro
il 30 novembre dell’anno in corso, prevede un coinvolgimento attivo
delle regioni.
L’immigrato che richiede un permesso di soggiorno deve essere sottoposto a rilievi fotodattiloscopici. Una misura che ha sollevato molte perplessità e che è stata sottoposta a verifica costituzionale.
Il rigore espresso in materia di sistemazione alloggiativa, rende più
complicato accedere a un contratto di soggiorno.
È stata inasprita la sanzione penale per chi impiega manodopera straniera irregolare. In caso di rimpatrio l’immigrato conserva i diritti previdenziali ma non potrà più reclamare la liquidazione immediata dei
contributi versati a suo favore.
Sono state approvate nuove restrizioni nell’ambito del diritto alla ricongiunzione familiare (è previsto il ricongiungimento dei figli maggiorenni
solo se a carico e totalmente invalidi e dei genitori solo se gli immigrati, nel Paese di origine, non hanno altri fratelli).
Per quanto riguarda i figli minori si prevede il rilascio del permesso di
soggiorno per motivi di studio, accesso al lavoro o per esigenze sanitarie, fino al compimento della maggiore età. Anche questa norma è stata
censurata dalla prima giurisdizione amministrativa, che ha sottolineato
forme di illegittimità costituzionale.
La regolarizzazione dello statuto d’immigrato è estesa solo ai rapporti
di lavoro domestico e di assistenza familiare, escludendo gli altri rapporti di lavoro subordinato.
La normativa che regola l’istituto di asilo politico, prevede la costituzione di apposite strutture, denominate Centro di Identificazione che dovranno ospitare coloro che richiedono lo status di rifugiato. La
. 112
procedura semplificata, accelera i tempi di iter dell’esame, dell’appello e
del ricorso in terza istanza al Tribunale in Composizione Monocratica (il
quale non sospende nel frattempo il provvedimento di allontanamento
dal territorio nazionale). Nonostante l’obbligo per la commissione territoriale di valutare le conseguenze di un rimpatrio, sono stati fatti molti
ricorsi appellandosi all’articolo 3 della Costituzione Europea che regola
la salvaguardia dei diritti dell’uomo.
Infine è stata istituita la Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere che ha il compito di coordinare le attività di contrasto al flusso clandestino avendo inoltre giurisdizione in materia
d’ingresso e di soggiorno per gli stranieri.
Ricordiamo infine, che da gennaio 2006, chi sarà regolarizzato
da una sanatoria in un qualsiasi paese della Ue, dovrà aspettare cinque
anni prima di potersi spostare da uno Stato membro all’altro.
Le competenze in materia di immigrazione illegale sono ad appannaggio
dei governi nazionali, e l’introduzione della nuova Costituzione Europea
lascerà immutate le regole a riguardo.
. 113
Appendice
INDIRIZZI UTILI IN ITALIA
AMBASCIATA DI ALGERIA
Via Barnaba Oriani 26 – 0097 Roma
Tel. 06/8084141
Fax. 06/8083436
INDIRIZZI UTILI IN ALGERIA
CONSIGLIO DEI MINISTRI
http:http://membres.lycos.fr/lexalgeria/annuaire.htm (si raggiunge da www.caimed.org)
Sito particolarmente utile in quanto contiene i links di tutti i siti ufficiali del Paese, dalle istituzioni (presidenza, parlamento, corte suprema, consiglio istituzionale, consiglio islamico ecc.)
agli organismi nazionali, agenzie, uffici, istituti (agenzia per il lavoro giovanile, agenzia per
l’energia elettrica, istituto della proprietà intellettuale ecc.), ministeri, ambasciate algerine
all’estero, amministrazioni di wilaya e comunali, università e scuole.
. 115
Bibliografia e pagine web consultate
http://fac-centrale.univ-alger.dz
Università d'Algeri
STORIA DELL’ALGERIA INDIPENDENTE DALLA GUERRA DI LIBERAZIONE
AL FONDAMENTALISMO ISLAMICO, di Giampaolo Calchi Novati, Ed. Bompiani, 1998.
ALGERIA, di Paolo Santacroce, Clup Guide, 1994.
L’ALGERIE EN QUELQUES CHIFFRES, Ufficio Nazionale di Statistica di Algeria, 2004.
ALGERIA, ICE.
CONSEIL D’AMINISTRATION DU PROGRAMME DES NATIONS UNIES POUR
LE DEVELOPPEMENT ET DU FONDS DES NATIONS UNIES POUR LA POPOLATION, Sessione anno 2002.
www.mediatico.com/it/newspapers/africa/algeria/ (si raggiunge da
www.mediatico.com)
Si possono trovare gran parte dei siti dei quotidiani algerini, da El Watan, La Liberté, L’Expression, Le Matin ecc.
http://it.wikipedia.org/wiki/Algeria
Raccolta di informazioni utili e articoli pubblicati dagli utenti dell'enciclopedia libera.
www.arab.net/algeria/
Sito generalista
www.ice.gov.it/estero2/algeri/
Sito dell’ufficio ICE in Algeria con informazioni davvero utili sulla situazione economica del Paese, disciplina degli investimenti, opportunità di
affari, presenza italiana in Algeria, fiere e manifestazioni, statistiche.
CFO - Studi Economici e Relazioni Internazionali - MM, 2004.
www.cameraitaloaraba.org
Offre assistenza operativa.
www.elmouradia.dz
Sito ufficiale del governo algerino. Utile per informazioni sulle istituzioni, sulla politica presidenziale e in sintesi, storia, geografia, economia e
attualità.
www.cg.gov.dz/gouvernement.htm
Offre interamente on line il programma del governo (dalle riforme politiche a quelle economiche e culturali).
www.ambitalgeri.org
Sito dell’ambasciata italiana in Algeria. Si può trovare un po’ di tutto,
dai dati sul Paese, agli orari degli uffici, alle informazioni consolari e
commerciali, collegamenti aerei e poi links sull’istituto di cultura, ufficio
ICE ed altro.
www.ons.dz
Sito ufficiale dell’Ufficio Nazionale di Statistica algerino.
www.apn-dz.org
Sito ufficiale del parlamento
www.elmouradia.dz
Sito ufficiale del governo algerino.
www.entv.dz
Televisione di Stato, con informazioni di attualità, politica, meteo e tv
on line.
www.caimed.org
Manutenzione e riforme amministrative nei paesi dell’area mediterranea.
. 116
www.ambitalgeri.org
Sito ufficiale dell’Ambasciata italiana in Algeria.
. 117
www.lexpressiondz.com
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