Relazione - Dipartimenti

Transcript

Relazione - Dipartimenti
Lingua e diritto:
la redazione degli atti processuali civili
Centro Congressi dell’Università Cattolica del S.Cuore
Piacenza 26 ottobre 2013
Il linguaggio dell’avvocato civilista
David Cerri
Scuola Superiore dell’Avvocatura
Un uomo può cominciare a bere perché si sente un fallito e
così fallire sempre di più per il fatto che beve. È più o
meno quello che sta accadendo alla lingua inglese. Essa
diventa brutta e imprecisa perché i nostri pensieri sono
stupidi, ma la trascuratezza della nostra lingua ci rende più
facile avere pensieri stupidi.
George Orwell – La politica e la lingua inglese (1946)
Pur cambiando lingua ed epoca, l’epigrafe conserva ancor oggi la sua validità.
Pensare bene e parlare/scrivere bene sono momenti così strettamente collegati che
per entrare nell’argomento che qui ci interessa devo dare per scontata nel lettore la
consapevolezza dell’importanza del ragionamento giuridico, ed - in particolare per i
giuristi pratici - quella dell’argomentazione.
Bryan A. Garner, giurista statunitense tra i più noti – soprattutto per il suo lavoro sul
linguaggio del diritto – scrive nel suo testo forse più diffuso 1 che suo scopo sarebbe
1
B.A.GARNER, Legal Writing in Plain English. A Text with Exercises, The University of Chicago Press,
2001;
consulta
per
un
abstract
l’indirizzo
:
http://www.press.uchicago.edu/presssite/metadata.epl?mode=synopsis&bookkey=37423.
Tengo
a
sottolineare che tutte le traduzioni dei testi in lingua straniera sono di chi scrive.
insegnare a “pensare nel modo giusto – un’abilità inseparabile dallo scrivere nel modo
giusto”.
2
Dato tale presupposto, per scrivere del linguaggio del processo è necessaria dapprima
una delimitazione del campo dell’indagine, quindi una ricognizione dello situazione
attuale, l’individuazione di obiettivi desiderabili (ove – e lo si può anticipare – tale
ricognizione non dia esiti soddisfacenti), così da poter offrire, infine, qualche
suggerimento per raggiungerli.
Tutto ciò, vista la sede e le capacità di chi scrive, in modo sommario e conciso (ed
anche questo è di per sé un primo”segnale”…).
La prima ”confinazione” va fatta rispetto al genere di “processo” di cui si parla: non
posso parlare che del processo civile, e dal punto di vista dell’avvocato.
Ed il pensiero va allora subito al lavoro dei colleghi penalisti (trascuro forzatamente, e
senza cattive intenzioni, gli amministrativisti…), e si può immediatamente fare
un’osservazione: il linguaggio del civilista è prevalentemente scritto. Non che al
penalista manchino le occasioni di metter mano alla penna, ma indubbiamente
tradizione da un lato e strumenti normativi dall’altro hanno fatto sì che per il civilista
l’oralità sia ristretta a mere oasi processuali (tra poco su quest’ulteriore
delimitazione), laddove si fa cenno a momenti quale la “discussione” e lo svolgimento
delle prove. Non credo si possa dubitare - senza neppure bisogno di scomodare l’actio
di ciceroniana memoria - che gesto e presenza scenica non abbiano per il civilista la
stessa importanza che hanno per il penalista, che soprattutto nel dibattimento (si
pensi al controesame) deve poter padroneggiare diverse tecniche, e presentare anche
un diverso atteggiamento mentale che è solo pallidamente riflesso, per esempio, nelle
possibilità di intervento che si hanno durante l’escussione di un teste o l’esame di un
interrogato nel processo civile.
Ha scritto una psicologa come Anne Cutler che “il ritmo serve solo alla lingua
parlata” 2: chioserei aggiungendo semplicemente che è comunque ben altra cosa “dare
il ritmo” ad un testo scritto.
Ho già accennato al processo civile: un ulteriore restringimento della visuale va quindi
condotto agli atti di parte nel procedimento civile ordinario (italiano), ribadendo che si
escludono di proposito riferimenti al parere, all’opinione pro veritate, ed ovviamente
alla sentenza (anche se alcuni cenni possono esser fatti, e se comunque potrebbe
essere lecito, da quest’ultimo punto di vista, un esame delle tecniche di redazione dei
lodi arbitrali), che richiedono (anche) altri strumenti; così come al comportamento
dell’avvocato in mediazione, le cui recenti discussioni hanno aperto nuovi orizzonti
(con significativo rilievo – qui sì – dell’oralità).
Sulla ricostruzione dello status quo, confesso che dovrei sorvolare a tutela dell’onore
della nostra categoria (non che analoghe osservazioni non si possano e debbano fare
2
A.CUTLER, The perception of rhythm in spoken and written language, in J. MEHLER e S. FRANCK (a
cura di), Cognition on Cognition, Cambridge, MA: MIT Press, 1995, ripresa da Roberto Casati e Achille C.
Varzi in Il Sole 24 Ore del 18 novembre 2012.
anche ai giudici, ma mal comune non è mezzo gaudio), ma così facendo non potrei
proseguire; ed allora è sufficiente richiamare quanto è ben noto per essere stato
richiamato all’attenzione di tutti noi da linguiste come Bice Mortara Garavelli 3: negli
atti degli avvocati civilisti abbondano quelli che sono efficacemente stati definiti “fossili
lessicali” e stereotipi sintattici; latinetti; ripetizioni e ridondanze; periodi e frasi lunghi;
mancanza di un chiaro ordine argomentativo (e non voglio pur sconfinare nella
prospettiva dei contenuti); punteggiatura approssimativa; insufficiente od errato uso
delle risorse grafiche ed oggi degli strumenti informatici, e chi più ne ha più ne metta.
E non si dica neppure che è un problema solo italiano, che anzi sembra connaturato al
nostro mestiere 4.
Se questa è la descrizione, essa indica già in negativo quali debbano essere gli
obiettivi.
Si farebbe – e si fa correttamente –presto a dire: chiarezza e concisione. Lo sappiamo
dai tempi dei greci e dei romani, noi occidentali, e se fossimo orientali lo sapremmo da
ancor prima.
Ed è utile, per quel che ci interessa, richiamare l’attenzione sulla funzione
performativa delle parole: gli avvocati (e i magistrati) se ne intendono, anche se
magari non lo sanno… cos’ altro è, solo per un esempio, scrivere un ricorso e chiedere
l’accoglimento di una domanda (e, correlativamente, emettere una sentenza) se non
la modalità di una funzione nella quale quelle parole usate prefigurano un fare, legato
all'esecuzione di atti ? Da sempre i giuristi pratici “fanno cose con le parole” 5.
Alla tradizione oggi, però, si aggiungono richiami forse non disinteressati, ma
sicuramente validi, quali quelli che ci giungono da diversi legislatori e da varie corti.
Così, per esempio, la Corte di Giustizia delle Comunità Europee suggerisce
esplicitamente agli avvocati alcuni precetti, quali quelli di completezza, concisione,
chiarezza e precisione giacchè “Una semplice lettura deve consentire alla Corte di
cogliere i punti essenziali di fatto e di diritto” 6, fino a prescrivere la lunghezza
massima e la struttura dei ricorsi 7.
3
B.MORTARA GARAVELLI, Le parole e la giustizia, Torino, Einaudi, 2001, spec. 153 ss.
4
Si legga ad es. J.B.WHITE, il padre del movimento di Diritto e letteratura, in Justice in Tension: An
Expression of Law and the LegalMind, in NoFo 9 (2010), quando scrive che avvocati e giudici talvolta
“parlano nei modi ormai morti che ci sono familiari, pieni di clichés e di formule vuote”.
5
J.L.AUSTIN, Come fare cose con le parole, Milano,Marietti, 1987.
6
Dalla Guida per gli avvocati, § 15, http://curia.europa.eu/jcms/upload/docs/application/pdf/200809/txt9_2008-09-6_09-12-10_327.pdf.
7
Istruzioni
pratiche
alle
parti
per
il
Tribunale,
http://curia.europa.eu/jcms/upload/docs/application/pdf/200907/it_instructions_pratiques_aux_parties.pdf. In termini analoghi le istruzioni per il Tribunale della
Funzione pubblica.
3
In Italia, il Codice del processo amministrativo prevede espressamente all’art.3 il
“Dovere di motivazione e sinteticità degli atti”: c.2. Il giudice e le parti redigono gli
atti in maniera chiara e sintetica. 8
4
Mi sembra significativo ricordare un recente (settembre 2011) precedente
statunitense, Stanard v. Nygren (Corte di appello del Settimo Circuito U.S.A.) che ha
ritenuto violata la norma posta dalla Rule 8, a), 2 delle Federal Rules of Civil
Procedure (secondo la quale il ricorso deve contenere “a short and plain statement of
the claim showing that the pleader is entitled to relief.”, mentre altre Rules
prescrivono la struttura degli atti, come la 10) per la lack of puntuaction dell’avvocato
che aveva redatto un atto nel quale almeno 23 frasi contenevano 100 o più parole,
incluse frasi di 385, 345, 291 ma senza includere quelle divise in più sottosezioni 9; il
riferimento a culture giuridiche diverse dalla nostra, oltre ad essere ormai inevitabile,
ci costringe a trovare convergenze.
Da noi, la Corte di Cassazione ha più volte ed in materie disparate cercato di
riassumere gli snodi essenziali, mostrando – su un piano argomentativo, certamente,
e non di mero linguaggio – di tenere in conto linearità e chiarezza di pensiero: anche
questo un segnale, quindi, nella medesima direzione (è il caso delle c.d. sentenzedecalogo; e non va trascurato il ripetuto richiamo del Primo Presidente a criteri di
concisione e di chiarezza – così nella Relazione all’apertura dell’anno giudiziario 2012,
e già prima, dopo le riforme del 2009, nel provvedimento sulla motivazione
semplificata di sentenze e di ordinanze decisorie civili del 2011).
Tuttavia questi richiami non bastano.
A quale scopo, infatti, chiarezza e concisione ?
Per agevolare il lavoro di chi giudica ? certamente, ma non può esser questo l’unico
valore che ispira la riflessione.
Per semplificare, standardizzare ? insomma, per deflazionare il carico della giustizia
civile, il cui stato è troppo noto e grave per doverlo illustrare anche in questa sede ?
indubbiamente anche questo può essere un risultato utile, ma cominciare dalla fine e
invertire i termini dei problemi (vizio nel quale il nostro legislatore incorre
abitualmente, vedasi l’esperienza della mediazione obbligatoria, strumento tanto utile
quanto mal interpretato nell’attuazione italiana) è sicuramente sbagliato.
Ci si deve chiedere il perché, alla fine, sia meglio per tutti – avvocati, magistrati,
cittadini – scrivere bene.
8
Nel processo civile italiano, per ora, la concisione è un’istruzione riservata ai giudici…cfr. gli artt.132 e
118 disp.att., 281 sexies c.p.c.
9
Stanard v. Nygren, 09-1487, 2011 WL 4346715 (7th Cir. Sept. 19, 2011) cit. da S.KING, Legal Writing
Across the Curriculum: An Addition to Langdell’s Method, (Jan.10, 2012), in SSRN
http://ssrn.com/abstract=2020528, e reperibile su FindLaw.
A ben vedere, lo scopo principale è quello della comprensibilità, che si atteggia a sua
volta duplicemente come strumento di persuasione (e quindi di efficienza), e come
strumento di trasparenza (e quindi – lasciatemi usare il termine – di democrazia).
Tony Judt, il grande intellettuale scomparso nel 2010, nel suo omaggio alle “parole”,
contenuto in breve saggio redatto quando una malattia neurologica già gli impediva
l’espressione verbale di un pensiero ancora lucidissimo, scriveva di “quanto la
comunicazione fosse vitale alla collettività: non solo gli strumenti grazie ai quali
viviamo insieme, ma parte di ciò che vivere insieme significa” 10.
Chiarito l’obiettivo principale, è proprio il caso di dire con un linguista come De
Saussure che tout se tien.
A cominciare da un evidente riflesso deontologico: il linguaggio “giusto” (nel caso del
civilista il ben parlare – di fatto poco - e il ben scrivere – tanto) è un dovere preciso,
anche se forse è prematuro sognare che nel nuovo codice deontologico forense, che
dovrà essere redatto dopo la riforma professionale, vi sia riservata un’apposita
previsione (ma non si può dire che già oggi si possa leggere in filigrana quantomeno
negli art.12 e 13, su dovere di competenza e di aggiornamento ?).
I suggerimenti, infine.
L’elogio della brevità è comune già nella grande letteratura: da Orazio, a Shakespeare
(brevity is the soul of wit, dice Polonio), a Cervantes, a Baltasar Graciàn. Ed anche
qui, lo si dica incidentalmente, si comprende l’importanza di una salda cultura
generale per i giuristi.
Ho ricordato all’inizio l’opera di Garner, ed è ancora lui che intervistando uno ad uno
tra il 2006 e il 2007 i giudici della Corte Suprema statunitense riceve dalla loro viva
voce un’indicazione unanime che tutte le altre riassume, e che ormai conosciamo
anche troppo bene: ed è sempre la solita, essere chiari e concisi. Dice il Chief Justice
Roberts: “Non mi è ancora successo di terminare di leggere un atto e dire ‘ Avrei
voluto fosse più lungo’…. Non c’è un giudice che non direbbe la stessa cosa. Quasi
tutti gli atti che ho letto avrebbero potuto essere più brevi”. E Anthonin Scalia
risponde alla domanda su quale sia il principale difetto degli atti redatti dagli avvocati:
“la prolissità” 11.
Il primo consiglio è allora di metodo: attingere per una volta non alla nostra tradizione
– che pure è univoca sul punto (dalla brevitas di Cicerone a quella di Cesare, dagli
ammonimenti secenteschi del Cardinal De Luca sullo stile laconico 12 a quelli
settecenteschi di Giuseppe Aurelio Di Gennaro 13) – ma agli spunti di una cultura
10
T.JUDT,
Words,
sul
blog
della
The
New
http://www.nybooks.com/blogs/nyrblog/2010/jun/17/words/.
11
York
Review
of
Books,
Scribes L. Leg.Writing , n.13 (2010), 35 e 53.
12
G.D.DE LUCA, Lo stile legale, Bologna, Il Mulino, 2010 (dal Libro XV del Theatrum veritatis et
iustitiae del 1673).
13
G.A. DI GENNARO, Delle viziose maniere del difender le cause nel foro, Napoli, Mosca, 1744.
5
giuridica sia pure diversa, ma oggi (oltre che di fatto prevalente) suggestiva per il suo
carattere inconfondibilmente pragmatico, e mi riferisco non tanto genericamente a
quella anglosassone, ma specificamente a quella statunitense vissuta nelle Law
Schools.
6
Nel merito, e di conseguenza, dall’opera già citata di Garner possiamo riprendere in
questa sede solo alcuni dei 50 principi là riassunti in forma aforistica, e da tener
presenti secondo l’Autore al momento di creare documenti legali 14.
Ricordo che essi sono dettati non solo per gli avvocati civilisti, ma a questi si prestano
in modo particolare in quel senso dell’efficienza e della comprensibilità come sopra
delineato.
Eccone allora solo alcuni dei più significativi, in una sorta di piccolo “breviario” che
vorrei pensare dedicato soprattutto ai giovani colleghi:
§1
ABBIATE QUALCOSA DA DIRE – E PENSATECI BENE.
Lo stesso Garner in altra opera 15 sintetizza
ulteriormente questa indicazione in quattro semplici
parole (efficienza della lingua inglese…): “Make every
word tell”.
§2
PER LA MASSIMA EFFICIENZA, PIANIFICATE I VOSTRI PROGETTI
DI SCRITTURA. PROVATE UNA SCHEMATIZZAZIONE NON-LINEARE
§3
ORDINATE I VOSTRI MATERIALI IN UNA SEQUENZA LOGICA.
USATE UNA CRONOLOGIA QUANDO ESPONETE I FATTI. TENETE
INSIEME I MATERIALI COLLEGATI.
§4
DIVIDETE I DOCUMENTI IN SEZIONI, E DIVIDETE LE SEZIONI IN
PARAGRAFI
PIÙ
BREVI
QUANDO
NECESSARIO.
USATE
INTESTAZIONI INFORMATIVE PER SEZIONI E SOTTOSEZIONI.
§5
FATE A MENO DELLE PAROLE INUTILI.
ancora Garner 16 mette in guardia dall’uso di tutte quelle
espressioni che altro non equivalgono che allo
“schiarirsi la voce” (throat-clearing): per esempio “Non
dovrebbe essere dimenticato che…”, “mi sia consentito
di osservare che…”, “e’ importante richiamare alla
mente le seguenti considerazioni”…”
14
e soprattutto fornisce una serie di esercizi, in tre livelli, per sperimentarne la comprensione.
15
B.A.GARNER, The elements of legal style, Oxford University Press, 2002, 53.
16
B.A.GARNER, The elements cit., ibidem.
§6
MANTENETE LA LUNGHEZZA MEDIA DELLE FRASI A VENTI PAROLE.
…magari in lingua italiana sarà consentita qualche
parola in più. Come esercizio si può prendere una
motivazione od un atto giudiziario che contenga periodi
lunghi, e dividerlo - mantenendo il senso - in due/tre
parti.
§ 12
IMPARATE A DETESTARE I “GERGHI” CHE SIANO SEMPLIFICABILI.
Ciò che non vale, naturalmente, quando l’uso di termini
di linguaggi di settore sia indispensabile per la esatta
comprensione: “semplice” non vuol dire “semplicistico”.
Ma altrettanto da evitare sono i latinetti, e le
espressioni che – tanto belle quando sono state usate o
lette la prima volta – sono poi diventate dei clichès.
§ 16
EVITATE LE DOPPIE E TRIPLE RIPETIZIONI.
Per esempio, si provi a modificare il periodo che segue
eliminando le ridondanze ma senza cambiarne il
significato: Voglia il Tribunale, respinta ogni contraria
richiesta, difesa, domanda, eccezione e pretesa…
§ 22
USATE LA TECNICA DEL “DEEP ISSUE” PER SPIFFERARE TUTTO
NELLA PRIMA PAGINA.
L’espressione - intraducibile alla lettera - altro non sta a
significare che il rapido e tempestivo inquadramento
dell’oggetto dello scritto; leggiamo i consigli dati altrove
17
dallo stesso Garner su come dev’esser redatto:
-
deve consistere di frasi separate
non deve contenere più di 75 parole
deve avere abbastanza dettagli da rendere il
senso della vicenda
deve terminare con un punto interrogativo
deve apparire all’inizio dello scritto, non dopo
l’esposizione dei fatti
deve essere abbastanza semplice, così che anche
un estraneo, e possibilmente un non-giurista,
possa leggerlo e comprenderlo.
§ 23
RIASSUMETE. NON ESAGERATE CON TROPPI PARTICOLARI.
§ 24
INTRODUCETE OGNI PARAGRAFO CON UNA FRASE CHE NE INDICHI
17
B.A.GARNER, The Deep Issue: A New Approach to Framing Legal Questions, in Scribes L. Leg.Writing
(1994-1995) , 1.
7
L’OGGETTO
§ 26
VARIATE LA LUNGHEZZA DEI VOSTRI PARAGRAFI, MA IN LINEA
GENERALE MANTENETELI BREVI.
Si è sempre notato che il metodo “ipotattico” (costruire
i periodi con catene di subordinate, anziché con
successione di frasi – paratassi) è tipico dello stile
forense. L’eccesso nel ricorso a tale metodo si paga con
la perdita di attenzione/comprensione da parte del
lettore, costretto a tornare sempre indietro.
8
§ 28
RIORDINATE IL TESTO SPOSTANDO LE CITAZIONI IN NOTE A PIÈ
DI PAGINA.
§ 31
SCRIVETE PER UN LETTORE COMUNE, NON PER UN “MITICO”
GIUDICE CHE UN GIORNO POTREBBE ESAMINARE IL DOCUMENTO.
Si può prendere un qualsiasi atto e provare a
riscriverlo – per cominciare per la segretaria di
studio…
§ 43
SOTTOLINEATE I PUNTI IMPORTANTI CON RICHIAMI GRAFICI
COME PUNTI-ELENCO.
§ 45
PER UN DOCUMENTO LUNGO, PREPARATE UN INDICE DEI
CONTENUTI.
§ 47
REVISIONATE IL TESTO SISTEMATICAMENTE.
e infine
§ 50
RICORDATE CHE LA BUONA SCRITTURA RENDE FACILE IL LAVORO
DEL LETTORE; QUELLA CATTIVA LO RENDE DIFFICILE.
Giusto per “speziare” un poco il nostro discorso, si può aggiungere qualche consiglio
relativo all’esposizione, invitando ad un po’ di coraggio ed offrendo esempi 18:
-
18
le regole si possono contravvenire se il risultato retorico/persuasivo è
soddisfacente: così, non c’è da temere ad iniziare una frase con “e” o con “ma”
l’inizio e la fine di una frase sono quelli che rimangono impressi nel lettore;
così, se possibile, la parola-chiave ha il suo posto alla fine
Già, perché “Gli atti legali sono per forza di cose pieni di concetti astratti che sono difficili a spiegare.
Niente meglio di un esempio chiarisce il loro significato”: A.SCALIA-B.A.GARNER, Making your case.The
Art of Persuading Judges, St.Paul, Thomson/West, 2008, 111.
-
un uso (moderato: art.89 c.p.c. …) dell’ironia ed in generale dell’humour è non
solo lecito ma efficace.
Un esempio (da una ipotetica comparsa conclusionale del paziente danneggiato in
un giudizio di responsabilità sanitaria) che include tutte e tre punti i profili or ora
riportati (sottolineati i passi in cui sono applicati):
• “…Accertata la responsabilità del chirurgo per l’inosservanza delle
linee guida in materia, resta da valutare quella degli altri componenti
dell’equipe. E in particolare quella dell’aiuto chirurgo, che avrebbe
potuto e dovuto intervenire accorgendosi della deviazione dalle
ordinarie regole conosciute per quel tipo di
intervento. E’ la
stanchezza che gli è stata forse fatale, come ammesso nell’
interrogatorio formale, dovuta alla “tarda ora alla quale era rientrato
a casa la sera prima, dopo aver festeggiato il compleanno in un locale
da ballo”… al comparente, purtroppo, una analoga occasione di svago
non si presenterà più, viste le attuali condizioni” …
Naturalmente quanto precede non diminuisce in alcun modo l’importanza di
padroneggiare, su un piano più ampio, l’uso della lingua; di saper “parlar figurato” 19 o
se del caso “biforcuto” 20: ma richiama l’esigenza di distillare in un testo chiaro e
comprensibile argomenti che devono essere di per sé validi. Se mi fosse consentito il
paragone, anche se potrebbe apparire singolare, la poesia di Giorgio Caproni è un
modello irraggiungibile: talvolta rime
AA BB, parole semplici, ma frutto di un
estenuante lavoro dagli sconvolgenti esiti espressivi 21.
Al medesimo scopo il miglior consiglio che si può dare è probabilmente quello di
leggere, e di leggere grande letteratura: come è stato scritto a proposito di grandi
giuristi statunitensi dell’inizio dell’800 (come John Marshall, Chief Justice dal 1801 al
1835, e Joseph Story, altro giudice della Corte Suprema: per chi ricorda il film di
Spielberg, fu il relatore della decisione che restituì la libertà agli africani della nave
Amistad) che avevano svolto anche funzioni politiche, la letteratura era parte
integrante della formazione, perché forniva “ un mezzo di interazione personale e di
impegno con la vita e le emozioni degli altri membri della repubblica”. Ed ancor prima
nientemeno che per Thomas Jefferson la lettura di opere di finzione costituiva “un
corso di istruzione morale individuale sull'appartenenza a una repubblica” 22: egli
19
Per un unico riferimento B.MORTARA GARAVELLI, Il parlar figurato. Manualetto di figure retoriche, Bari,
Laterza, 2010.
20
A.CATTANI, Come dirlo ? Parole giuste, parole belle, Casoria, Loffredo Editore, 2008.
21
Per esempio si leggano i Versi livornesi, in memoria della madre (G.CAPRONI, Tutte le poesie, Milano, Garzanti,
1983, 201 ss.)
22
Le citazioni sono da A. LACROIX, The Lawyer's Library in the Early American Republic, in
M.NUSSBAUM.A.LACROIX (a cura di), Subversion and Sympathy: Gender, Law, and the British Novel in the
Eighteenth and Nineteenth Centuries, Oxford University Press, 2013; Univ. of Chicago, Public Law Working
Paper No. 408. SSRN: http://ssrn.com/abstract=2177007.
9
10
stesso scriveva al futuro cognato – che gli aveva chiesto una lista di libri che
costituisse la base della sua biblioteca – che “ogni emozione di questo genere è un
esercizio delle nostre virtuose disposizioni, e le disposizioni della mente, come
membra del corpo, acquistano forza dall’esercizio. Ma l'esercizio produce
consuetudine, e nel caso di cui parliamo, essendo esercitati dei sentimenti morali, si
produce l'abitudine a pensare ed agire virtuosamente” 23.
Per concludere, e per ribadire come chiarezza e concisione siano requisiti e nel
contempo garanzie di un uso democratico (spero che l’aggettivo non irriti i puristi,
giuristi o politologi che siano) del diritto, torniamo in Italia, con un piccolo salto
indietro nel tempo, ad un modello che non ha perso di attualità e di fascino.
Le regole dello scrivere – alla fine, per tutti, non solo per i civilisti - sono allora quelle
della Scuola di Barbiana di Don Milani:
“A Barbiana avevo imparato che le regole dello scrivere sono: Aver qualcosa di
importante da dire e che sia utile a tutti o a molti. Sapere a chi si scrive. Raccogliere
tutto quello che serve. Trovare una logica su cui ordinarlo. Eliminare ogni parola che
non serve. Eliminare ogni parola che non usiamo parlando. Non porsi limiti di tempo.”
24
.
Se i montanari del Mugello e il curatore del Black’s Law Dictionary, e presidente di
LawProse, sono arrivati alle stesse conclusioni, qualcosa vorrà pur dire.
23
24
La lettera e la lista si leggono a http://avalon.law.yale.edu/18th_century/let4.asp.
Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 1967, p.20.