Le carte di credito

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Le carte di credito
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SOMMARIO
Le carte di credito
1. Disciplina. – 2. Carte “bilaterali” e carte “trilaterali”. – 3. L’utilizzo
delle carte di credito. – 4. La smart card.
1. Disciplina
Dalla carta bancomat e dal sistema POS si distingue la carta di
credito.
Se la prima svolge una mera funzione di trasmissione del denaro,
in quanto il regolamento è contestuale alla transazione, la carta di
credito dà diritto al suo titolare di ottenere beni o servizi dai fornitori convenzionati, attraverso la sottoscrizione di ordini di pagamento
predisposti dall’istituto, ovvero lo scontrino emesso da un’apposita
macchina validatrice in dotazione all’esercizio convenzionato. Il pagamento in denaro è dunque posticipato rispetto alla transazione.
Anche la carta di credito, come la carta di debito bancomat, consiste in una tessera di plastica riportante il nome del titolare, la sua
firma autografa, il numero di codice di identificazione e la data di
scadenza.
Le fonti normative sulla carta di credito sono nel nostro ordinamento assai scarse. Un accenno alle carte di pagamento si trova nella
legge 22 maggio 1999, n. 185, di attuazione della direttiva n. 97/7/CE
relativa alla protezione del consumatore in materia di contratti a di-
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stanza. Si stabilisce in tale legge che gli stati membri accertano che
esistano misure appropriate affinché il consumatore
Normativa
«possa chiedere l’annullamento di un pagamento in caso di utilizzazione fraudolenta della sua carta di pagamento nell’ambito di contratti a distanza cui si applica
la direttiva».
La direttiva si preoccupa dunque di disporre che, nel caso di uso
fraudolento della carta di credito, il consumatore possa annullare il
pagamento.
La normativa in questione prevede altresì che il consumatore possa effettuare il pagamento mediante carta di credito, ove ciò fosse
previsto fra le modalità di pagamento da comunicarsi al consumatore. Ulteriori accenni ai pagamenti effettuati con carta di credito sono
contenuti negli artt. 121-128 del Testo Unico Bancario, di cui al
D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385 e succ. mod.
Si stabilisce in particolare all’art. 121 che il credito al consumo è:
Normativa
«la concessione, nell’esercizio dell’attività commerciale o professionale, di credito
sotto forma di dilazione di pagamento, di finanziamento o di altra analoga facilitazione finanziaria a favore di una persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta».
In realtà il riferimento alle carte di credito è previsto solamente
all’art. 126, relativo all’apertura di credito non direttamente collegata
al loro impiego. A ben vedere, è rinvenibile il collegamento tra le
carte di credito e le disposizioni sul credito al consumo, ove si consideri la carta di credito un documento che legittima il suo possessore
ad acquistare a credito dagli esercenti convenzionati, beni o servizi,
per il pagamento dei quali è obbligato innanzitutto l’emittente della
carta medesima.
Il Testo Unico delle leggi in materia bancaria ha altresì stabilito
l’esercizio nei confronti del pubblico dell’attività di emissione e gestione di carte di credito riservandolo alle banche, agli intermediari
iscritti in apposito elenco tenuto dall’ufficio italiano cambi, che abbiano forma di società di capitali, oggetto sociale che consenta di
svolgere attività di emissione e gestione di carte di credito, capitale
sociale versato di almeno € 516.456,90 e il possesso da parte dei
partecipanti al capitale dei requisiti di onorabilità e da parte degli
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esponenti aziendali di professionalità e onorabilità.
Le carte di credito, oltre che dalle banche, possono essere emesse
anche da società specializzate o da catene di distribuzione commerciale (fidelity card). In quest’ultimo caso la carta di credito può essere
utilizzata per il pagamento di acquisti effettuati nei punti vendita della catena di appartenenza.
Come si configura esattamente la carta di credito?
È stata definita la terza generazione dei mezzi di pagamento, dopo la banconota e l’assegno bancario: in realtà non è un titolo di credito perché non possiede il requisito fondamentale della trasferibilità
del diritto, né è un documento di legittimazione, atteso che il fornitore ha l’obbligo contrattuale di effettuare controlli sull’identità del
portatore e sulla validità del contratto di emissione.
Da un punto di vista sostanziale, si tratta di uno strumento di pagamento, che dà luogo a un regolamento in denaro posticipato rispetto alla transazione, da un punto di vista giuridico si tratta di un
documento rappresentante un’operazione complessa scomponibile a
sua volta in una pluralità di rapporti, la cui funzione principale consiste nel procurare all’utilizzatore l’accesso a beni o servizi presso determinati esercizi convenzionati evitando il versamento immediato
del corrispettivo.
Le convenzioni regolatrici dei rapporti tra istituto emittente, titolare e fornitore stabiliscono l’impegno del titolare della carta, ossia
del cliente, di pagare all’istituto emittente il prezzo dei beni o servizi
ottenuti in un momento successivo a quello dell’acquisto, nonché
l’obbligo del fornitore di fornire i beni o servizi richiesti dal titolare
della carta e, ancora, l’obbligo dell’istituto emittente di pagare al fornitore il corrispettivo dei beni o servizi venduti al netto di una commissione di sconto.
2. Carte “bilaterali” e carte “trilaterali”
Occorre peraltro distinguere il caso in cui l’emittente è l’esercente, da quello in cui si tratta invece di un soggetto intermediario che
non è una banca.
Nel primo caso si parla di carte cosiddette bilaterali, nel secondo
di carte trilaterali, a seconda cioè se danno luogo ad un semplice rapporto diretto fra emittente e portatore (ed è il caso delle carte emesse
da imprese o gruppi per favorire la vendita dei loro prodotti), ovvero
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se sono emesse da un terzo soggetto con l’adesione di un certo numero di esercizi impegnati a vendere a credito ai portatori delle carte.
In sostanza, nelle carte trilaterali si è di fronte a due rapporti
contrattuali che le parti stipulano preventivamente: da un lato, la
convenzione di abbonamento o associazione tra l’emittente e il fornitore, dall’altro, il contratto di rilascio tra l’emittente e l’utilizzatore della carta. Infine, il contratto di scambio concluso tra il consumatore e l’esercente convenzionato viene a chiudere la trilateralità del rapporto.
In sostanza, in base al contratto di associazione, l’esercente è impegnato a vendere beni o servizi ad ogni titolare della carta, senza
pretendere il pagamento immediato del prezzo in contanti, previa
esibizione della carta e sottoscrizione di un documento.
L’emittente è obbligato così a pagare entro un determinato tempo
all’esercente gli importi delle note di spesa o degli ordinativi, trattenendo una determinata quota a proprio favore sull’importo fatturato. In base al contratto di rilascio stipulato tra cliente e titolare, il
primo, a fronte del corrispettivo di una commissione annua, rilascia
al secondo la carta di credito, tramite la quale è legittimato ad effettuare acquisti presso gli esercizi convenzionati senza pagamento del
prezzo. Il titolare si impegna così alle scadenze pattuite a corrispondere all’emittente il prezzo dei beni o servizi acquistati in un determinato periodo.
Va considerato che l’art. 125, 4° comma, del Testo Unico delle
leggi bancarie, concede la possibilità al consumatore di agire contro
il finanziatore, nei limiti del credito concesso, di fronte all’adempimento del fornitore di beni o servizi.
Tale diritto è subordinato al rispetto di due requisiti fondamentali, ossia l’aver inutilmente costituito in mora il fornitore di beni o servizi e l’esistenza di un accordo che attribuisce al finanziatore l’esclusiva per la concessione di credito ai clienti del fornitore.
Diversi sono stati i tentativi da parte della dottrina di ricostruire
secondo prospettive contrattuali diverse la struttura e la funzione
della carta di credito trilaterale. Il problema nasce dal fatto che il
contratto tra gli operatori economici affiliati al circuito delle carte e
gli emittenti delle stesse non è stato ancora normato dal legislatore
italiano e pertanto la regolamentazione del rapporto si basa sulle condizioni generali predisposte nell’ambito del sistema gestito dai singoli finanziatori.
Vi è chi ha individuato nella funzione tipica della carta di credito
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trilaterale una sostituzione nel pagamento, ovvero una modificazione
soggettiva del rapporto obbligatorio.
Tale prospettiva si incentra sulla spendita della carta di credito
dal punto di vista dell’esercente convenzionato, applicando in tal modo l’istituto della cessione di credito, ex art. 1260 c.c. I crediti del
fornitore verso il titolare della carta si trasferiscono dal fornitore (cedente) all’emittente (cessionario).
Il contratto tra fornitore ed emittente si qualifica pertanto come
vendita di crediti futuri, ossia dei crediti che nel periodo di validità
della convenzione si formano per effetto dei contratti di scambio
conclusi tra il titolare della carta ed il fornitore. Ciò accade se si utilizza la sostituzione nel pagamento nel lato attivo del rapporto obbligatorio.
Se invece la sostituzione si ha nel lato passivo del rapporto obbligatorio, l’orientamento prevalente identifica l’operazione nella delegazione di pagamento ex art. 1269 c.c., basata sull’ordine di pagamento impartito dal cliente all’emittente. Il rapporto di provvista è
così disciplinato dal contratto di rilascio (delegante-delegato), mentre quello di valuta dal contratto di scambio (delegante-delegatario) e
la convenzione di associazione regola il terzo rapporto (delegatodelegatario).
3. L’utilizzo delle carte di credito
La scelta della tesi della delegazione ovvero della cessione del
credito sembra rilevare ai fini della posizione giuridica del titolare
della carta negli effetti della sua sottrazione, o smarrimento, o comunque dell’utilizzo indebito della stessa. Sia gli assertori della tesi
della cessione sia quelli della tesi della delegazione sostengono, nell’utilizzo indebito della carta, una responsabilità dell’esercente in caso di accettazione della stessa con dolo o colpa grave. Si è in particolare ravvisato un obbligo dell’impresa convenzionata circa la verifica
di conformità tra la sottoscrizione della nota di spesa e lo specimen
apposto sulla carta, sostenendosi in caso di inadempimento una responsabilità dell’esercente sia contrattuale, sia extracontrattuale.
Nel caso invece non sia riscontrabile dolo o colpa grave dell’esercente, in chi sostiene la delegazione il rischio grava sul titolare della
carta, in chi sostiene invece la cessione il rischio grava sull’emittente.
Nell’ipotesi di smarrimento o furto della carta, il titolare deve
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darne immediata comunicazione all’emittente e presentare denuncia.
Sino a quando la segnalazione di smarrimento o di furto non viene a
conoscenza dell’emittente, restano a carico del titolare della carta le
conseguenze connesse con l’eventuale uso abusivo del documento.
Va peraltro considerato che la normativa sovranazionale ha recepito la raccomandazione della Commissione della Comunità Europea 17 novembre 1988, n. 590, secondo cui vi è limitazione di responsabilità, nel senso che il proprietario della carta è responsabile
sino al momento della notifica del danno subìto in conseguenza della
perdita del furto o della riproduzione della carta, nei limiti di una
somma pari a € 150 per ogni caso, a meno che abbia agito con negligenza o in modo fraudolento.
Circa la responsabilità dell’esercente convenzionato, è stato considerato il caso del superamento del limite di spesa sopra il quale occorre l’autorizzazione dell’emittente, superamento che si attua attraverso la sommatoria di varie operazioni singolarmente di importo inferiore a tale limite.
La giurisprudenza di merito ha peraltro stabilito che:
Giurisprudenza
«nel caso di smarrimento o sottrazione di carte di credito utilizzate illecitamente da
persone diverse dagli originari beneficiari, il mancato controllo, imputabile all’assenza di un minimo di diligenza, da parte del negoziante, della corrispondenza della firma dell’acquirente con carta di credito con quella apposta sullo stesso documento costituisce sia violazione degli obblighi contrattuali, assunti con la convenzione, sia violazione del principio del neminem laedere, che si considera esteso
anche ai rapporti di credito».
Trib. Milano 24 febbraio1994.
Sovente, dunque, gli artifici e gli illeciti sulle carte di credito sono
desumibili da alcuni elementi quali una molteplicità di acquisti, un
importo per ogni operazione al di sotto dei limiti al cui superamento
si deve chiedere l’autorizzazione, una concentrazione in un breve periodo di tempo delle operazioni. Tali elementi portano a considerare
le varie operazioni di acquisto come una unica, per cui l’unificazione
risulta effettuata allo scopo fraudolento che verrebbe perseguito con
le distinte operazioni collocate in un ristretto arco di tempo.
In tali casi la giurisprudenza ha individuato sia una responsabilità
contrattuale da parte dell’esercente, derivante da una negligenza per
non aver rilevato un evidente caso di frazionamento di infrazioni e
non aver quindi attivato le procedure di controllo, sia una responsa-
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bilità extracontrattuale, desumibile dallo stesso tipo di addebito che
la banca muove al negoziante.
Giurisprudenza
«Invero, il comportamento (già contrattualmente censurabile) del negoziante appare rilevante anche sotto il profilo della colpa per non aver rilevato l’inganno posto in
essere dai terzi, volto ad eludere l’obbligo dell’autorizzazione, circostanza che
l’insieme delle operazioni e la loro concentrazione nel tempo rendevano evidente.
Si tratterebbe in questo caso di una responsabilità aquiliana per lesione del credito, dal momento che il comportamento colposo del negoziante pregiudica il rapporto che intercorre tra la banca e l’effettivo titolare della carta, rendendo alla prima
impossibile la ripetizione delle somme del cliente, avendo quest’ultimo tempestivamente denunciato la sottrazione della carta a lui intestata».
Trib. Milano 9 novembre 1992.
Naturalmente vi è una precisa responsabilità del titolare della
carta per omessa custodia della stessa. Si è visto che in caso di perdita della carta vi è l’obbligo per l’utilizzatore di comunicare il furto o
lo smarrimento e tale obbligo si ritiene osservato solo in quanto l’utilizzatore eserciti una costante vigilanza sulla permanenza della carta
nella sua sfera di disponibilità.
Giurisprudenza
«La postulata configurazione di uno specifico obbligo di custodia della carta in capo al suo utilizzatore si prospetta, quindi, funzionale tanto al corretto esercizio dei
diritti di utilizzazione della stessa, quanto all’arresto di ogni suo illecito impiego,
dipendente dalla necessità della denuncia della perdita della sua disponibilità, che
per ovvie ragioni deve essere la più tempestiva possibile».
App. Milano 16 novembre 1993.
Proprio per tali ragioni l’obbligo di custodia della carta rappresenta uno dei doveri fondamentali nascenti dal contratto che ne regola la concessione.
In particolare, il titolare della carta non deve mai perderla di vista
soprattutto durante i pagamenti, deve accertarsi, prima della firma
della ricevuta d’acquisto, che l’importo indicato relativo all’acquisto
sia quello esatto, non deve gettare o lasciare incustodite le ricevute
d’acquisto su cui è stampato il numero della carta e la data di scadenza, deve controllare gli estratti conto e in caso di transazioni sospette comunicarlo all’emittente della carta, e controllare che l’estratto conto arrivi tutti i mesi perché potrebbe essere stato utilizzato illecitamente.
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Ancora il titolare non deve rivelare il PIN della carta a chicchessia
ed assicurarsi di non essere osservato mentre digita il codice segreto
presso un esercizio dove effettua gli acquisti.
Quanto all’utilizzo della carta di credito su internet, il titolare della carta dovrebbe utilizzarla solo su siti web sicuri, utilizzando i motori di ricerca in modo da trovare indicazioni sull’affidabilità di un
negozio on line attraverso commenti e messaggi di utenti che hanno
già acquistato in passato.
Occorre anche assicurarsi che sul sito web sia indicato un indirizzo ed un numero telefonico ove poter contattare il venditore e ancora occorre assicurarsi che all’atto dell’acquisto sia presente l’icona di
transazione sicura indicata sul browser con un piccolo lucchetto posto in basso a sinistra e che sulla barra dell’indirizzo compaia la dicitura https://, anziché http://.
Non appena il titolare della carta si accorge di essere stato vittima di una frode deve provvedere a bloccarla telefonando all’apposito numero telefonico delle carte bloccate, controllando poi l’estratto conto ed evidenziando le spese non autorizzate o non riconosciute. Occorre poi procedere immediatamente con denuncia alle forze dell’ordine nei confronti di ignoti, allegando copia dell’estratto conto con le voci non riconosciute, evidenziando di aver
sempre custodito la carta e il PIN presso di sé, dopo di che la copia
della denuncia e dell’estratto conto va indirizzata alla società emittente via fax o via posta raccomandata. Generalmente la società
emittente provvede nell’arco di qualche mese a rimborsare l’importo frodato.
Per quanto riguarda l’esercente, in caso di transazioni con carta
di credito, occorre ricordare che l’autorizzazione concessa dall’emittente non garantisce l’effettivo pagamento dell’importo oggetto di
transazione, ma unicamente che la carta è valida e non è stata denunciata, smarrita, o rubata ed inoltre che vi sono fondi sufficienti per
effettuare l’acquisto.
Esistono peraltro dispositivi di sicurezza in grado di aiutare
l’esercente ad identificare eventuali ordini fraudolenti. In particolare,
il codice CSC o CVV2 è un codice di sicurezza di 3 o 4 cifre presente
sul retro o sul fronte della carta di credito che dovrebbe garantirne la
genuinità. AVS (address verification system) è invece un dispositivo
di sicurezza in grado di controllare che l’indirizzo utilizzato dall’utente in fase di ordine coincida con quello effettivamente associato
alla carta di credito: questo sistema non è peraltro ancora in vigore
nel nostro Paese.
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Nel caso in cui l’esercente sospetti di una frode, deve accertarsi
che il numero telefonico di rete fissa che gli viene dato sia intestato
all’effettivo titolare della carta, così come indicato dall’ordine e, in
caso contrario, deve chiedere spiegazioni al cliente.
Ma come si arriva alla falsificazione della carta?
Una carta di credito falsificata o “clonata” può essere una carta
stampata e codificata senza il permesso dell’emittente, ovvero una
carta regolarmente emessa ma successivamente alterata. In caso di
falsificazione, viene per lo più utilizzata la tecnica cosiddetta dello
skinning, un procedimento nel quale i dati contenuti nella banda
magnetica di una carta di credito vera vengono copiati in una carta
fasulla, senza peraltro che il titolare ne sia a conoscenza.
Accade in particolare che il titolare della carta paga con il proprio
documento preso in esercizio commerciale, la carta viene passata nel
terminale POS e successivamente in un apparecchio detto skinner in
grado di catturare i dati presenti sulla banda magnetica. Lo skinner
riesce a memorizzare i dati di oltre 200 carte di credito: i dati così
acquisiti vengono copiati sulla banda della carta falsificata o sono rivenduti a chi si occupa della successiva codifica. La carta a questo
punto falsificata viene stampata in modo che i dati sulla banca magnetica coincidano con quelli sul fronte della carta di credito.
Occorre dunque chiedersi quali sono gli elementi della carta di
credito che concorrono a portare alla falsificazione. Innanzitutto, vi è
un sistema di numerazione delle carte, per il quale i numeri in rilievo
sul dorso della carta indicano il circuito di appartenenza (la prima
cifra) e successivamente hanno altre dodici o sedici cifre che indicano il numero identificativo della banca emittente della carta e poi altri numeri di identificazione. Sul retro della carta vi è una banda magnetica, simile al nastro di un’audiocassetta, composta da particelle
magnetiche di resina ove sono memorizzati i dati. Infine, a seconda
del circuito e della banca emittente, vi sono codici di sicurezza cosiddetti CVV (card verification value) o CVC (card verification code),
che costituiscono un’ulteriore misura di sicurezza nelle transazioni
on line effettuate con carte di credito e consentono all’istituto che
l’ha emessa di verificare l’identità del titolare, prevenendo così possibili frodi.
Quando si consegna la carta di credito ad un esercente perché sia
effettuata una transazione, questi, per verificare che la carta possa
pagare l’acquisto, deve chiedere l’autorizzazione alla banca emittente, che si ottiene tramite il terminale POS, ed in tal caso l’esercente,
dopo aver digitato l’importo della transazione, “striscia” la carta nel
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terminale: i dati presenti nella banda magnetica vengono trasmessi al
possessore della carta che, dopo pochi secondi, dà l’esito della transazione ed il terminale emette la ricevuta che dovrà essere firmata dal
titolare della carta.
Vi è anche un metodo manuale per ottenere tale autorizzazione,
che consiste nel passaggio della carta in una stampigliatrice ove viene
inserito un ordine di acquisto in triplice copia che sarà compilato
con i dati della transazione.
Infine, un’autorizzazione manuale è prevista attraverso internet
ed in tal caso il titolare della carta inserisce i suoi dati identificativi, il
numero della carta, la data di scadenza e il codice CVV nel modello
di acquisto: i dati vengono trasmessi all’ente gestore, che fornisce
l’esito della relativa transazione.
4. La smart card
Se la carta di credito è divenuta un mezzo di pagamento sempre
più frequente, vi è da tener conto che sono in grande aumento frodi
e falsificazioni. È evidente che la soluzione utilizzata per conservare i
dati all’interno di una carta di credito, ossia la banda magnetica, non
pare oggi adeguata all’avanzare del fenomeno dell’alterazione e delle
frodi. L’introduzione delle carte a microprocessore o smart card può
essere vista come un cambiamento radicale nel sistema dei pagamenti elettronici.
Che cos’è una smart card?
Si presenta come una normale carta di credito, con all’interno un
microchip che memorizza in maniera criptografata i dati dell’utente,
consentendo in tal modo un alto livello di sicurezza, in quanto il
microchip contiene una quantità di dati maggiore rispetto alla banda
magnetica e la carta non può essere clonata. Grazie dunque ad una
maggiore capacità di memoria ed al microprocessore interno, le smart
card vengono utilizzate per accedere a più servizi, dal momento che
sulla stessa carta possono essere memorizzati dati identificativi e vari
dati di accesso.
In Italia solo da pochi anni un gruppo di lavoro formato dall’ABI
e da taluni istituti bancari ha avviato il progetto microcircuito, che si
occupa appunto del trasferimento dalle carte tradizionali a banda
magnetica a quelle a microprocessore, con lo scopo di ridurre le frodi e le attività di falsificazione e di permettere la gestione di un nu-
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mero crescente di transazioni. È noto infatti che i sistemi di pagamento tradizionali che utilizzano carte a banda magnetica richiedono
un collegamento on line per ottenere l’autorizzazione della banca.
Tale procedimento implica peraltro un tempo ed un costo di collegamento piuttosto elevati.
Ora le carte di credito sono utilizzate in innumerevoli punti di
vendita in tutto il mondo e, a seconda delle differenze dei singoli circuiti, consentono di pagare, ottenere denaro contante presso sportelli di banca, o ATM (automated teller machine), ossia apparecchiature
predisposte dalle banche con le quali la clientela, tramite l’introduzione di una carta e l’identificazione del PIN, può effettuare diverse operazioni quali prelievo di contanti o versamento di assegni o
contanti. Esistono tuttavia differenze, dal momento che la spendibilità di una carta è determinata dal circuito cui è collegata; altre differenze hanno origine dal livello di carta di cui si è titolari: a parità di
emittente e di circuito, determinate carte, a fronte di un canone annuo maggiore, prevedono maggiori plafond di spesa o più servizi per
i titolari.
Di norma, se per le carte base la soglia standard è oggi di circa
€ 1.200-1.300, per le carte premium si va oltre anche € 10.000. Infine
va ricordato che le carte di credito hanno costi fissi collegati al loro
possesso ed utilizzo, comprendenti un canone annuo.
Sulle transazioni presso i POS non è applicata alcuna commissione, mentre le operazioni di anticipo di denaro contante sono gravate
di una commissione pari ad una percentuale dell’importo con minimi fissi stabiliti dall’emittente. Vi sono poi spese di invio dell’estratto
conto e per i servizi che il titolare richiede e che possono essere a pagamento.