mettimi come sigillo sul tuo cuore
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mettimi come sigillo sul tuo cuore
"METTIMI COME SIGILLO SUL TUO CUORE" LA SESSUALITÀ, CAMMINO SPIRITUALE. Relazione tenuta alla Giornata di Spiritualità del 18 Marzo 2007 dalla Prof. Rosanna Virgili docente di Sacra Scrittura, Studio Teologico Marchigiano L'incontro amoroso: un viaggio attraverso il Cantico dei Cantici Sono molto felice di essere qui e ringrazio chi mi ha invitata a passare questa giornata per confrontarsi su un tema così bello ed importante. Il tema che mettiamo a soggetto è la sessualità: guardiamo tuttavia alla sessualità sotto una particolare prospettiva: ovvero come questo aspetto fondamentale della vita umana viene presentato nella Bibbia. Io sono una biblista e quindi ho, per così dire, una deformazione professionale... ma vedrete anche voi che la Bibbia, a differenza di quanto una lettura superficiale e disattenta potrebbe suggerire, non nega affatto la bellezza della sessualità e della corporeità, dell'incanto amoroso, dell'eros. A ben vedere è vero proprio il contrario: la Bibbia dedica una grande attenzione alle dimensioni della corporeità ed anche della sessualità. Vedrete che la sessualità nella Bibbia, specialmente nel libro del "Cantico dei cantici", è una carezza, è il linguaggio della vita, è il modo con cui ci si pone in relazione, è il linguaggio stesso della parola di Dio. Potremmo dire che in qualche modo il Cantico è il luogo in cui il linguaggio biblico, che è linguaggio della relazione amorosa fra Dio e il suo popolo, viene fondato: il Cantico è scritto da e parla di qualcuno che si pone in relazione e la sessualità è proprio il luogo dove si mette a fuoco la relazione amorosa, dove la relazione si gioca e si vive. Come diceva un mio maestro, la Bibbia è in gran parte poesia e quindi si commenta con la poesia. Vorrei dunque iniziare citando i versi della poetessa romana contemporanea Gabriella Gianfelici. Questi ci possono aiutare ad intonare la nostra rilettura del Cantico: Di te, di te ho bisogno, per lunghe estati, di te mio amore e tremo a dirlo e non ammetto soste e mi sporgo sempre a chiederti le dita e poi si canta e si coprono la luna e i capelli. Come scorre questa notte non è possibile dormire si può vegliare sulla vita che adesso appare e le teniamo il passo finalmente... Erotismo e passione nella Bibbia La Bibbia presenta molti casi di passione amorosa, ma solo pochi possono essere considerati espressione dell'eros o dell'amore biblico. Storie come quella di Davide e Betzabea o come quella di Amnon e sua sorella Tamar portano un messaggio che mostra in negativo quale sia il senso dell'erotismo nella Bibbia. Per chi non conoscesse queste storie vogliamo ricordarne sinteticamente la trama. La prima quella di Davide (2 Sam 11, 1-15): è una vicenda capitata al grande re di Israele, il quale pur potendo disporre di quante mogli e concubine desiderasse, come era solitamente per il re nel mondo antico (ma anche nel mondo moderno: non sembra che le cose siano molto cambiate per i potenti), si innamorò perdutamente di una donna sposata ad un altro. Non indugiò ad ordinare di mandarla apprendere e a possederla. La casa della donna era adiacente a quella del re: così Davide poteva spiarla dalla sua terrazza mentre faceva il bagno ed accendersi di desiderio per lei. Complice fu l'ora dei primo pomeriggio in cui, dicevano i monaci del deserto, si scatena il demone della tentazione. La seconda storia che nella Bibbia ha come soggetto l'erotismo, è quella di un figlio di Davide (diremo come i Latini talis pater, talis filius) di nome Amnon che si invaghì ciecamente di una sua sorellastra, cioè della figlia di un'altra moglie di suo padre di nome Tamar, e pur di averla si mise a letto e si finse ammalato (2 Sam 13). 1 Siccome rifiutava di mangiare, suo padre lo pregava di prendere il cibo e allora Amnon disse a suo padre Davide: "Dì a mia sorella Tamar che mi prepari delle frittelle con le sue mani: solo allora io mangerò." Tamar prese della farina stemperata, preparò delle frittelle e le portò a suo fratello Amnon. Ma ecco che egli volle rimanere solo con lei e la violentò. Il giorno dopo però Amnon non volle più sapere di Tamar così come Davide non avrebbe voluto saperne più niente di Betzabea: la sua passione era bruciata in un'ora soltanto. Ci sono delle passioni che non resistono alla luce dell'alba. In ambedue queste storie non c'è alcun sapore di quella autentica esperienza della sessualità biblica, di quell'amore che diremo con i lirici greci "scioglie le membra", che conduce l'amante verso un terreno ignoto: quello dell'amato. Dalla solitudine alla parola Attirato dal timbro irresistibile della sua voce ("Una voce, il mio diletto ", Ct. 2,8)) e dai suoi profumi inebrianti, che lo fa uscire da sé e lo spinge ad inoltrarsi su un sentiero da cui non potrà mai più tornare indietro: "Forte come la morte è l'amore " (Ct. 8,6) cioè irreversibile, definitivo è l'amore, più tenace degli inferi è la passione. Quell’essere catturati in un torpore sublime, in un'estasi più che celeste, come quella che fa dire ad un altro poeta contemporaneo: C'è una dolcezza giù nella vita che non cambierei con niente di ciò che appartiene al Cielo: è quando chissà da che, perché, cominciamo tra due bocche, estranee fino ad allora, i miracoli tiepidi dell'amore dei baci (Giuseppe Conte) Le parole ed i battiti dell'amore biblico risuonano specialmente nel Cantico che comincia appunto così: "Mi baci con i baci della tua bocca: si, le tue tenerezze sono più dolci del vino " e risuonano infuocati i versi di Catullo verso la sua Lesbia: "dammi mille baci, e ancora cento, e altri mille altri e cento ancora finché non li confondiamo e non riusciamo più a contarli". Il Cantico è innanzitutto un linguaggio, come dicevo prima: è il linguaggio dei baci, è il linguaggio del corpo. Ma la sua semantica trova sapori in un altro linguaggio, sempre tipico del cantico: quello del cuore. Di più: del profondo dell'anima e dello spirito. Certamente la donna viene introdotta nella Bibbia come una compagna, come una consolazione all'interno di un rapporto di relazione. In Genesi 2 vediamo che Adamo era solo e triste. Allora il Signore impastando la creta di lui, aprendo la parte sotto al cuore di lui, fece uscire la donna perché in essa trovasse eco la sua stessa carne, il suo stesso corpo: lei era già subito carne di corrispondenza. Con lei nasceva - "in principio" , all'inizio - per l'uomo l'uso ortodosso della parola, cioè il senso ultimo della parola, del parlarsi, del comunicare, che non è quello di imporre dei nomi, bensì quello di celebrare la gioia di un legame: il rapporto tra un uomo e una donna dice la verità della lingua, delle parole, del parlarsi, perché parlarsi serve, nella Bibbia, a celebrare la gioia di una relazione: "Questa volta essa è carne della mia carne e ossa delle mie ossa" (Gen. 2, 22). Il primo canto della Bibbia nasce da questi due corpi sessuati in relazione, per cui il corpo non è distinto dalla parola, non è distinto dallo Spirito: la Parola è il primo Essere Spirituale di tutta la Bibbia perché non si tocca. D'ora in poi l'uomo non sarà più "single" perché avrà con chi parlare e solo così egli diverrà la perfetta immagine di un Dio che è innanzitutto Parola: il linguaggio forma pertanto l'antropologia biblica, cioè la concezione dell'uomo, ed il cantico è il trattato di tutto ciò, perché nel cantico troviamo la meraviglia della comunicazione tra due persone. E' il più grande miracolo: poter comunicare, potersi parlare, poter formare un tutt'uno mentre si esce da sé, dall'individuo. L'essere umano secondo la Bibbia non è l'individuo, l'essere umano è la coppia sessuata che si pone di fronte a Dio. L'essere umano, potremmo dire, sono tre persone: è una trinità. L'amore è sempre trinitario. La lingua perciò è, prima di tutto, espressione del corpo dei due. Non ci vorrebbero le parole se non ci fosse una differenza tra maschio e femmina: non ci sarebbe bisogno di creare quel canale di comunicazione. 2 Il corpo come comunicazione La coppia ha un luogo ed un mezzo privilegiato per parlarsi, per raggiungere l'intimità, per farsi visibilità dell'amore: il corpo. Il cantico è il vocabolario del corpo. E nello stesso tempo è il vocabolario della storia della salvezza: se andaste a fare una ricerca testuale, potreste ritrovare nel cantico tutte le parole dell'amore di Dio per il suo popolo. La metafora più usata dai profeti per parlare della relazione di Dio con l'umanità, della alleanza fra Dio e il suo popolo, è la relazione fra uomo e donna, fra sposo e sposa. "Chi è costei che sorge come l'Aurora, bella come la luna che, fulgida come il sole?" (Ct. 6.10) "Come sei bella amica mia, come se bella. Gli occhi tuoi sono colombe, le tue chiome come un gregge di capre, come un nastro di porpora le tue labbra: la tua bocca è soffusa di grazia. Come sei bella amica mia, come se bella. " (Ct. 4,1-3) Seduzione e bellezza Innanzitutto il corpo è seduzione poiché è bellezza. Rimane irresistibile il fascino degli occhi, dei capelli, delle labbra, del collo, dei seni, del ventre: tanto sublime che rapisce il cuore, lo prende, lo cattura, lo fa inoltrare oltre la porta, nella stanza ambita e temuta, nel giardino chiuso dove fioriscono i melograni, ed inebriano gli aromi del nardo, della mirra e dell'aloe. Quella bellezza è un pozzo da cui risalgono sorsi di acque rigeneranti: è il corpo bagnato di umori fecondi, terra a cui si tende e si ritorna per impastarsi nell'estasi. Il cantico si attarda su ogni dettaglio del corpo dell'amata: "come sono belli i tuoi piedi nei sandali, figlia di principe "(Ct. 7,2), ma lei non era una figlia di principe: era scura, cioè era una contadina. Le principesse infatti una volta, non si facevano le lampade ma si mantenevano la loro pelle bianca, era un segno di nobiltà: chi aveva la pelle più chiara erano coloro che non lavoravano, chi aveva la pelle brunita erano le donne esposte al sole. Lei è bruna ma bella, dice il cantico, ma lui la definisce 'figlia di principe ": è il suo sguardo che vede la bellezza: la bellezza non è una cosa oggettiva. "Come sono belli i tuoi piedi " lo sguardo parte dall'ultima cosa. "Come sei bella, quanto sei graziosa" (Ct. 7,7). Gli fanno eco le parole di lei: "Come un melo tra gli alberi del bosco, il mio diletto. "(Ct. 2, 3) "I suoi riccioli grappoli di palma, neri come il corvo, le sue guance come aiuole di balsamo, le sue mani sono anelli d'oro, le sue gambe colonne di alabastro ". (Ct. 5, 11-15) Quante metafore per descrivere la bellezza! Sono le parole dell'eros e dell'estasi, dove i sogni si fondono e si confondono con le carezze, dove le parole sono note di armonia nel concerto della voce, nella luce degli occhi, nel gioco delle mani, del ventre, dei piedi. Le parole danno voce a quanto vibra nell'anima dell'amante e che attraversa il suo corpo in una convulsione di contemplazione. La bellezza attira sia l'uomo sia la donna, finché ambedue non si perdono in quello che Shakespeare definiva "morire, dormire, forse sognare..." (Amieto, III, I). Il linguaggio della bellezza trasforma e trasfigura i corpi e le parole: essa è una sorta di canto, di comunione, una voce di libertà, è una parola ineffabile, è il silenzio pregnante di nuove aurore. I luoghi dell'incontro L'incontro poi ha un luogo: un giardino. Ogni rigo del cantico descrive un tempo ed è uno spazio, un elemento, un gesto, un modo di preparazione all'incontro. La sessualità non si può vivere sulla strada: ha bisogno di un luogo, di un'attesa, di una preparazione: è una vera ascesi. "Perché l'inverno è passato, è cessata la pioggia, è andata via: i fiori spuntano sulla terra il tempo del cantare è vicino. La voce della tortora vaga tra le campagne, distilla dolcezza il fico nei suoi frutti. " (Ct. 2, 11-13) E' un tempo di vento il tempo dell'incontro: "levati aquilone e tu - austro vieni" (Ct. 4,16) sono venti di primavera e quindi il luogo dove ci si incontra è un' area di campagna dove risuona la voce della tortora, un luogo dove sia possibile l'intimità, la confidenza o un pascolo dove l'amato mena il suo gregge di pecore e di 3 capre: "Se non sai dove io sia, o tra le donne la più bella, segui il passo delle capre, pascola le tue caprette tra le capanne dei pastori”. (Ct. 1-8) Il luogo dell'incontro è un'area solitaria, remota, "scandalosa", difficile da raggiungere, come i dirupi delle rocce, perché lì l'amata si deve poter nascondere fino a diventare inaccessibile. Perché l'amore ha bisogno del gioco della rincorsa, della ricerca. Questa dimensione della ricerca, del nascondimento, oggi sembra un po' persa. Ecco perché oggi molte persone vivono la fisicità ma manca un'esperienza di sessualità vissuta come incontro. Manca la ricerca dell'altro. "O mia Colomba, dei nidi rocciosi, nascosta nei muraglioni, la tua faccia fammi vedere" ci deve essere l'invocazione "La tua voce fammi sentire. La tua voce soave, la tua faccia preziosa ". (Ct. 2,14) Il desiderio si deve nutrire di tempo e di luogo. "La tua faccia attraverso il velo" (Ct. 6, 7): non si scopre tutta: vi è un gioco di veli che, un nascondimento che è un invito alla scoperta dell'altro, all'intimità con il volto dell'altro. Anche il deserto è un'altro luogo per l'incontro: è nel deserto che le fanciulle escono incontro alla lettiga di re Salomone. Ma il luogo esterno è la realtà di cornice, è un simbolo che il cantico ci propone per ciò che è davvero il luogo dell'incontro: "il mio giardino, il mio letto, la stanza della mia genitrice " (Ct. 3,4). "II vero giardino tu sei sorella mia sposa: giardino chiuso, fontana sigillata" (Ct. 4,12). Il luogo dell'incontro è un amore che si fa esclusivo per l'altro, che crea uno spazio protetto dove l'intimità può essere vissuta con libertà. In questi spazi liberi per le schermaglie amorose è fortissimo, intenso, imprescindibile il richiamo dei profumi e degli olii: il nardo, il cinnamono, l'aloe, la mirra. S0-no tantissime le essenze citate nel libro dei cantico che attirano sia lei sia lui. Ma l'odore di tante piante aromatiche, non è altro che la metafora dell'essenza senza pari del profumo di lei e di lui. "Di ardo e zafferano, canna aromatica e cannella, di tutti gli alberi di incenso, tu sei, la quintessenza di ogni profumo " (Ct. 4,14). "Nel mio giardino entrai sorella mia e sposa e la mirra ed ogni essenza ne rapivo. " "Alzati tramontana, vieni vento del sud" dice lei a lui. "Soffia nel mio giardino, esalino i suoi aromi" (Ct. 5, 1). Un altro elemento indispensabile per l'incontro sono i gioielli: si parla anche di gioielli nei cantico. Anche essi sono solo metafora per dire che l'unico gioiello è il sorriso con la sua forza di attrazione. Dice lo sposo: "Tu mi hai rapito il cuore con un solo tuo sguardo, con una perla sola della tua collana" (Ct. 4,9). Lo sguardo come perla. Oltre le abitudini: attesa e preparazione dell'incontro Il Cantico dà un grande spazio alla preparazione dell'incontro: il Cantico stesso è un percorso di preparazione all'incontro. Dare tutto questo spazio dato alla preparazione ci dice quale sia messaggio che il Cantico vuole dare, che è il valore dell'incontro stesso. Non si può cogliere il valore di un gesto se non lo si prepara, se non lo si attende, se non lo si colloca nel tempo giusto e nello spazio giusto. Oggi abbiamo poco rispetto per il nostro corpo, per i suoi desideri, per i suoi bisogni, per la sua bellezza: non c'è più posto, non c'è più tempo. Così come non c'è più tempo per Dio, così come non c'è più tempo per la nostra anima, per parlare con noi stessi. La sessualità è un modo di vivere che ci pone in relazione: con noi stessi, con Dio, con l'altro, con il mondo. Dobbiamo rivendicare a noi stessi questo diritto di essere esseri umani e non più macchine. Dunque, perché è così importante prepararsi? Lo sapeva bene il Piccolo Príncìpe. La volpe è la maestra delle Piccolo Principe con i capelli del colore delle messi. E diceva: "Se tu mi dici quando arrivi, io mi posso preparare: un'ora prima comincio a stare già tutta in subbuglio". Ci si deve preparare, non solo per accogliere l'altro nel miglior modo possibile ma anche per curare il meglio di sé: prepararsi verso l'incontro con l'altro vuol dire essere ostetrici ed ostetriche di sé stessi, del proprio tesoro, della propria bellezza, di quanto di più prezioso ci sia dentro di noi: che è il nostro essere per l'altro. L'amante, inteso come colui che ama, facendosi bello per l'amato, si prepara ad essere specchio della sua bellezza: l'incontro infatti è un evento e da esso si esce cambiati, si esce trasformati, si esce nuovi, si deve uscire "altri", trasformati dalla potenza di un evento di comunione. Come facciamo altrimenti a diventare una cosa sola? 4 Ci dicono: "da oggi voi sarete una cosa sola" attraverso l'incontro. Ma se non ci lavoriamo dentro, se non sappiamo neanche di che cosa si tratta, allora il nostro rapporto diventa semplicemente un'abitudine dello stare insieme ma non di formare una creatura unica, un luogo di amore. La vera bellezza nasce dall’incontro La bellezza degli amanti nel Cantico è perciò una creatura che nasce dal loro incontro: la creatura è la bellezza e la bellezza è la conquista dell'amore; la bellezza non è il requisito individuale che garantisce di essere amati, di essere scelti. Nel Cantico, lei non era bella all'inizio, è bella dopo: quindi è inutile rivolgersi alle chirurgie estetiche per piacere, per farsi piacere. La bellezza è il frutto dell'essere amati e soprattutto dell'amarsi: è il primo figlio. L'attesa operosa e attiva è perciò una sorta di igiene materiale, fisica e spirituale: una disciplina del corpo e del cuore in cui la persona esprime il convergere dell'anima in una visione di bellezza. Non possiamo vivere senza la bellezza della comunione: esiste un'unica bellezza che non è quella che si guarda in TV. La bellezza della comunione non la possiamo confondere con quella delle veline; quella bellezza è vuota e malata. Di questa bellezza malata oggi siamo tutti vittime: una bellezza fredda che ci fa morire perché è bidimensionale, è piatta, non c'è niente dentro. La vera bellezza si può spogliare: ha un corpo perché è una comunione, è il fiore della comunione nel corpo, è il segno dell'altro nel tuo corpo, nella ricerca di un incontro. La sessualità è cercare la pienezza di me nell'altro e dell'altro in me. E' l'io" che si fa noi attraverso l'incontro profondo, concreto con un "tu". II coraggio dell'abbandono fiducioso all'altro E' nel letto del nostro incontro il luogo dell' "io" che si fa "noi" per sempre. L'io del corpo non è "single", non basta a sé stesso, ma è il sogno, è rincorsa di un altro, è sussurrare "aprimi", è togliersi la veste, lavarsi i piedi con i riccioli bagnati di gocce di rugiada, è fame e sazietà, è digiuno e cibo insieme: sempre. L'incontro non sarà mai solo sazietà: sarà anche e sempre digiuno. E' esporsi, è rischio, inermità: il rapporto sessuale è il momento più inerme che noi viviamo. Allorquando il corpo, il tuo corpo, il nostro corpo rivela il suo bisogno profondo e tenero di amore, mostra "l'infanzia" di se stesso come il corpo del neonato e del morente. Così è il corpo dell'amante. Esso si lascia andare tra le braccia di un altro: si fida, si affida. Attirato dal miele, dal vino, dal latte, dalle dolcezze, dalle carezze il corpo si lascia nella malattia dell'amore che è forte come la morte: l'atto sessuale, se è fatto con piena conoscenza, è un atto di coraggio. L'altro potrebbe farci morire o potrebbe farci vivere. Ci troviamo nella condizione di chiedere il sostegno dell'altro, di avere bisogno dell'altro: "mi ha introdotto nella cella del vino e il suo vessillo su di me è amore. Sostenetemi" - dice lei -"con focacce di uva passa - ha bisogno di essere sostenuta -"Rinfrancatemi con pomi perché io sono malata d'amore" (Ct. 2, 4-5) Gioia dei sensi Nel incontro, nell'estasi, c'è gioia assoluta dei sensi: dell'udito per la voce ("Una voce, il mio diletto... "), della vista dell'amata per la bellezza , dell'odorato per gli aromi, del gusto (ci sta una festa "a luci rosse": "le tue labbra stillano mele vergini, c'è miele e latte sotto la tua lingua" (Ct. 4,11) dice il cantico "mangio il mio favo, il mio miele, bevo il mio vino, il mio latte ")(Ct. 5,1). Quattro ne ho citati dì sensi: paradossalmente il senso meno coinvolto è il tatto. Dico paradossalmente perché i nostri ragazzi sembra che cerchino solo di toccare! In un eros così forte, in un amore così vero e profondo, si ha poco bisogno di tatto. Il coinvolgimento totale dei sensi produce un autentico stato di ebbrezza fino a stordirci, un irrinunciabile, ineffabile piacere, una inquietudine quasi divina che mi fa richiamare la descrizione della poetessa greca Saffo: "Appena ti guardo, in breve istante, nulla mi è più possibile dire, ma la lingua mi si spezza e subito un fuoco sottile mi corre sotto la pelle, con gli occhi nulla vedo, 5 e rombano le orecchie, e su di me sudore si spande e un tremito mi afferra tutta e sotto più verde dell'erba e poco lontana da morte sembro me stessa. " Assenza e desiderio Gli effetti della passione amorosa sono assai difficili da controllare. Il desiderio amoroso si mostra testardo ed irriducibile. Tornando al cantico, vediamo la sposa che nel suo letto, lungo la notte, cerca l'amato e non sente ragioni perché il desiderio illumina la mente con la memoria del profumo di lui che una volta era venuto e che induce a ripetere: "Si, le tue tenerezze sono più dolci del vino, per la fragranza sono inebrianti i tuoi profumi" (Ct. 1,2-3). E questo desiderio la costringe a liberarsi da ogni involucro, da ogni diaframma, pur di ricomporsi come creatura completa. La forza della sessualità che fa implorare "Mostrami, mostrati, mostrami il tuo viso " (Ct. 2,14). Fa cercare oltre ogni steccato l'amato: "Mi hanno incontrato le guardie che fanno la ronda: avete visto l'amato del mio cuore? " (Ct. 3,3) Fa dire: "Mi sono tolta la veste; come fare ad indossarla ancora? Mi sono lavata i piedi; come ancora sporcarli? " (Ct. 5,3) Il cantico dà il fiatone perché è una corsa Nudità e Pudore La nudità nell'amplesso del cantico porta sempre il velo del pudore: è talmente pura che non può non portare il vero del pudore. E' talmente assoluta, è talmente forte. E' un momento sacro: pensate a Gesù sulla Croce perché non c'è novità che non porti con sé una distanza: "Come spicchio di melagrana la tua gota attraverso il tuo velo " (Ct. 6,7). C'è una novità che è solitudine e violenza: è quando il corpo è esposto come una mera carcassa, magari esteticamente perfetta secondo certi canoni del tutto discutibili, ma morta, privata della dignità di uno sguardo, di una vergine comunione, della corrispondenza dell'anima. Come possiamo lasciare i nostri corpi senza l'anima, e c'è la nudità di un corpo che è sempre di corrispondenza assoluta, che è purezza di attesa intensa, fortissima dell'altro, dove non ci si accorge neppure di essere in due, tanto trasparenti e leggere ha reso l'ardore le membra dei due amanti. Questo è un corpo che potrebbe avere addosso perfino il burka, ma resterebbe oggetto del desiderio e luogo dell'intimità. Il sonno fecondo dell'amore C'è un altro luogo simbolico dell'incontro dello sposo con la sposa, è l'ultimo che vi propongo: il sonno. Dopo che la sposa ha detto: "Trovai l'amato del mio cuore, lo strinsi fortemente e non lo lascerò " lo sposo paragona l'abbraccio di lei al suo sonno. Egli prega le figlie di Gerusalemme dicendo: "Vi scongiuro, figlie di Gerusalemme per le gazzelle e le cerve dei campi: non destate, non scuotete dal sonno l'amata finché essa non lo voglia" (Ct. 3,5). In questo sonno di lei è il segno di un abbandono che è riposo e fremito insieme: la pace della comunione. Nel sonno è l'amplesso degli amanti, è l'estasi. Il sonno dell'amore che placa la sete mentre ne moltiplica le tentazioni. E' come quel torpore che Dio fece cadere su Adam quando gli aprì la carne da cui tirò fuori Eva. Si chiama sonno ma non è un sonno assente: è il sonno fecondo da cui nascono i nostri figli. Ma c'è tutto il sapore dei figli. Non dobbiamo fare dei figli degli idoli. Il matrimonio ha tra i suoi scopi quello di fare dei figli, ma il matrimonio è fecondo anche senza figli. Il cantico servirà alle coppie che non hanno figli, servirà anche a noi che ne abbiamo. Questo sonno che genera frutti per il domani è il sonno della fiducia. Un autore francese, Charles Peguy, parlava della speranza e faceva un discorso sul sonno; vi leggo solo alcuni versi: Ecco il segreto di essere instancabili: è dormire. Provate a pensare a questo sonno che deriva dall'amore che ci vogliamo, che vi volete: dalle vostre notti deriva l'instancabilità dei vostri giorni. Perché mai gli uomini non ne usano? Ho dato questo segreto a tutti quanti, dice Dio, per essere instancabili come i bambini, come la bambina Speranza. Colui che dorme, vive bene. Colui che dorme prega. Non mi piace chi non dorme, 6 dice Dio. Il sonno è l'amico dell'uomo. Il sonno è l'amico di Dio. II sonno forse è la mia creatura più bella ed io stesso mi sono riposato il settimo giorno. Chi ha il cuore puro dorme e chi dorme ha il cuore puro. Il sonno degli amanti, il sonno dell'amore: concedetevi questo sonno. Anche se avete quattro o cinque figli piccoli, trovate il modo. Di quel sonno che parla il cantico: "Sul mio letto, lungo la notte, ho cercato l'amato del mio cuore" (Ct. 3,1). Buio stellato acceso di baci. Solitudine assoluta dell'intimità, via del cuore questa notte senza più indicazioni, finestra sulla pienezza della vita, la corrispondenza di chi si chiama è il giardino che si anima dei fiori sbocciati dal torpore della notte dell'amore: "Vieni mio diletto, andiamo nei campi, passiamo la notte nei villaggi. Di buon mattino andremo alle vigne, vedremo se mette gemme la vite, se sbocciano i fiori, se fioriscono i melograni: la ti darò le mie carezze. "(Ct. 7,12-13) Esclusività e gratuita dell'amore Allora ricordate: non rinunciate alla notte dell'amore, mai! Perché poi il giorno dopo questa notte di sonno c'è un modo nuovo di vivere la sessualità. La sessualità non è solo assolutamente l'atto sessuale. Assolutamente. Penso si sia capito: il cantico si capisce bene. Non bisogna mai rinunciare a questo bagno nel torpore dell'amicizia, dell'affidamento, del dormire l'uno sull'altro, l'uno con l'altro: la mattina fioriranno i melograni, il giardino chiuso. È la carne dell'uno che si chiude sulla carne dell'altro: non si può confondere questo con il possesso dell'altro. "Mettimi come sigillo " (Ct. 8,6) non vuol dire "incatenami": il sigillo è il corpo dell'uno che si chiude sul corpo dell'altro. Nell'incontro sessuale noi forniamo una cosa sola: è l'estasi. Un sigillo che richiama l'esclusività dell'amato e dell'amata. Che cosa fonda questa esclusività dell'amore: "Che cosa avrà il tuo amato più degli altri, che tu sei così proprio fissata con questo amato?" Non c'è risposta. E' una domanda che non trova risposta, perché non c'è mai una spiegazione a ciò che è Grazia. Tutto ciò di fronte al quale noi non abbiamo spiegazione è amore gratuito, è la gratuità. E ditemi voi se qui, nel Cantico, ma anche nella sessualità vissuta nell'amore, non c'è una scuola di spiritualità. Ritengo infatti che il Cantico sia il massimo della scuola di spiritualità biblica. I più grandi biblisti dicono che il Cantico è una specie di muro portante, di cardine della Bibbia: se non ci fosse tutto il resto crollerebbe. "Sessanta sono le regine, ottanta le altre spose, ma unica la mia colomba, la mia perfetta" (Ct. 6,8-9). Il cantico sembra echeggiare un verso di Simone Dedichio, sempre un poeta greco: "Senza la gioia di amore, cosa è mai la vita? Un re senza amore io non lo invidio ". Dal possesso all'incontro Pur presentando il corpo come luogo dell'incarnazione amorosa, pertanto culla e custode della vita, il Cantico è un complesso di stilizzazioni. L'incontro amoroso rimane infatti sempre anche attesa, fino a ottant'anni, sempre: primavera di promesse, rito preparatorio, tensione, rincorsa. Nella vita dell'autentíca sessualità c'è una verginità strutturale perché, diceva Olivier Clement "non si possiedono che cadaveri ": l'amore mio non ha possesso. —L'amore dell'incontro'' - dice Guido Ceronetti, un autore che ha tradotto il Cantico molto bene - "è vuoto come il Santo dei Santi, il tabernacolo degli Ebrei, dove dentro non c'è niente perché se si facessero un'idea di Dio o se chiunque di noi si facesse un'idea di Dio, si sarebbe creato un idolo e l'uomo potrebbe manipolarlo. Ma l'amore, come Dio, non si può manipolare. " Questa è la castità della vita sponsale: tu ti accosti all'altro ed il suo incontro con lui è sublime, ma mai l'altro è tuo. Rimane sempre questa promessa: la presenza di lui e di lei si introduce sin dalla prima pagina con l'avvento della voce. L'altro per te sarà sempre una voce che risveglia tutto il tuo corpo, che ti chiama ad alzarti, a camminare, a correre; ma il tocco dell'altro dura un secondo: "Ha messo la mano nello spiraglio, sono quasi svenuta.... mi sono voltata non c'era più" (Ct. 5,4). L'amore è questo, il corpo è questo. Ma proprio per questo è la finestra sull'infinito, è la finestra su Dio, sui mistero. 7 Amore e solitudine Il Cantico ha la funzione di presentare l'eros come segno e strumento per mantenere viva la sfida dell'amore: l'amore è una sfida. Ma il legame dell'amore rimane anche ed ancora sempre un sogno: il cantico è l'adesione di questo sogno che dice tutta l'idealità dell'amore biblico. Neppure Dio, infatti, potrà e vorrà mai oltrepassare i confini del recinto del giardino dell'amore. La libertà è il recinto dell'amore. Nessun amante ha il potere né il diritto di indurre l'amore a sbocciare o a ritornare o a rinascere o a costringere: l'amore è un lievitare spontaneo, è una gratuità, è una libera adesione del cuore. Dio si lega così al suo popolo, senza possederlo. E quanto ne soffre. Nel rispetto della libertà dell'amata, Dio stesso dovrà rimanere spesso a guardarla da lontano. La sessualità implica anche questo: "C'è un tempo per abbracciare " - dice Qoelet "e un tempo per astenersi dall'abbracciarsi" (Qt. 3, 5) deve esserci. C'è un tempo per ogni cosa, per ogni modo di amarsi. E non vuol dire che il tempo dell'astenersi sia un tempo in cui l'amore sia venuto meno: dobbiamo lavorare molto su questo. "Senza il mantenimento di una distanza" - dice Emanuel Levinas -"l'amore sarebbe muto, il linguaggio si estinguerebbe. " L'amore biblico è relazione, dunque l'esperienza di una distanza irriducibile perché per poter essere in relazione bisogna essere due: se noi diventiamo uno, se ci spengiamo l'uno nell'altro, non ci sarà più amore, non ci sarà più incontro, non ci saranno più parole, non ci sarà più relazione. Bisogna avere il coraggio di sostenere una "solitudine": l'amore di coppia non esclude la solitudine, anzi c'è bisogno di saper reggere la solitudine, altrimenti non si può diventare coppia, non si può mai essere coppia. Tutto ciò poi è vero anche nelle cose più semplici della vita, più quotidiane. Continua Levinas, "è poi proprio grazie a questo scarto che può dispiegarsi la parola che esprime la meraviglia ed il giubilo." Così all'interno del più grande fervore amoroso l'altro sussiste come altro, non è mai una cosa mia. Altrimenti io oggi sento per lui chissà quale ardore, lo sfrutto e domani, che non mi serve più, lo butto. Qui c'è moltissimo da riflettere: la relazione non neutralizza l'alterità. La relazione è la gioia di stare con l'altro, sapendo che egli rimane altro, diverso da me, diverso da come io lo vorrei. E' questa tensione fra diversi, che mantiene vivo e fecondo l'amore. Solo con la fatica della ricerca si trova (e si ripete, rinnovandosi la gioia dell'incontro con l'altro. Oltre il corpo Questo è il mistero dell'Amore biblico: qualcosa che descrive l'amante del Cantico in cui il legame con l'amato può permettersi di vivere di puro amore. E noi siamo chiamati, noi cristiani, a cose alte non a cose ordinarie: siamo chiamati a guardare e a farci come la creatura posta all'inizio e la creatura che si proietta sulla fine, con la creatura che la Bibbia si augura, sarà vestita di piena comunione alla fine dei tempi. 1I cristiano, qui nella storia e nella vita, è chiamato ad anticipare, quello che con una parola un po' difficile è detta "eskaton", ad uscire cioè fuori dalla storia: il corpo chiede qualcosa che da solo non può raggiungere. Quante volte abbiamo sentito che il nostro corpo non basta all'ardore di amore che sentiamo per l'altro: nella sessualità sperimentiamo che il corpo è come se avesse un limite che non riusciamo a superare. In certi momenti sentiamo che non riesce a dire tutto il desiderio, l'amore che abbiamo per l'altro. Questo ci rimanda ad un incontro ulteriore, che supera i limiti del corpo. Essa ci rimanda all'attesa del compimento del nostro amore "nella vita del mondo che verrà". Di quell'amore, il nostro amore è fin da adesso seno ed anticipazione. La persona amata non la conosco mai fino in fondo: essa non è una pietra immobile, ma è continuamente plasmata dall'azione della grazia e della sua libertà. Non posso sapere ciò che questa persona sta diventando, quale volto avrà al termine dei suoi giorni, quando essa finalmente si presenterà davanti allo Sposo. Quale sarà la persona della fine, quella persona che ascolterà la voce benedetta dell'amato e che al rumore del moto del suo passo si fonderà nel gusto istintivo di dire "Eccomi"? Eccomi è la parola che cela il mistero dell'eros e dell'amore e insieme della creatura che è lo stesso mistero: è la parola di Maria alla visita di Dio, atto sponsale perché nascerà Gesù restando incinta. 8 "L'amore vero, tu lo sai, è volere la gioia di chi non ci appartiene: è questo uscire, traboccare da sé stessi, come il sangue dalle vene per un taglio: è l'irrinunciabile, eterno bene ". ( relazione scritta dal registratore, non rivista dall’autrice) Alcuni spunti per la riflessione personale • L'essere umano, secondo la Bibbia, non è l'individuo; l'essere umano è la coppia sessuata che poi si trova di fronte a Dio: l'essere umano è trinitario. • Il luogo dell'incontro è un luogo dove sia possibile l'intimità, la confidenza, è un'area solitaria, privata, scabrosa, difficile da raggiungere. L'amore ha bisogno del gioco, della rincorsa, della ricerca. II desiderio si deve nutrire di tempo e di luogo. "Il vero giardino tu sei, o sorella mia sposa" • La sessualità è un modo di vivere che ci pone in relazione con noi stessi, con Dio, con l'altro, coi mondo: rivendicare a noi stessi il diritto di essere esseri umani, non macchine. • Ci si deve preparare non solo per accogliere l'altro nel miglior modo possibile, ma anche per curare il meglio di se. Prepararsi verso l'incontro con l'altro vuol dire essere ostetrici e ostetriche di se stessi del proprio tesoro, della propria bellezza, di quanto di più prezioso ci sia dentro di noi, che è il nostro essere per l'altro. • L'amante facendosi bello per l'altro si prepara a essere "specchio" della sua bellezza. Dall'incontro si esce trasformati dalla potenza di comunione, si esce `altri', una cosa sola, un luogo d'amore. La bellezza nel Cantico nasce dall'incontro dei due, la bellezza è una creatura che nasce dall'incontro. • L'attesa operosa, attiva è una sorta di igiene materiale fisica e spirituale, una disciplina del corpo e del cuore in cui le persone esprimono il convergere dell'anima in una visione di bellezza, della bellezza della comunione. • L'incontro non sarà mai solo sazietà, ma digiuno e cibo insieme. L'incontro è esporsi, è rischio, in ogni età. Nell'incontro sessuale si è inermi, il corpo rivela il suo bisogno enorme di amore. Se fatto con piena consapevolezza l'incontro sessuale è un estremo atto di coraggio: potrebbe farci morire l'altro, come può farci vivere. 9