Racconto del Naufrago

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Racconto del Naufrago
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Racconti del Medio Egizio
Marco E. Chioffi
Racconti del Medio Egizio
Come tutte le culture umane, anche quell’Egizia ha proposto racconti sia a
scopo d’intrattenimento sia per trasmettere un messaggio morale.
La narrazione in Egitto è indubbiamente antica quanto la sua stessa civiltà,
tuttavia i primi racconti scritti, a noi pervenuti, risalgono al Medio Regno.
Essi furono composti in Medio Egiziano, la lingua classica della letteratura
egizia. Parecchi racconti sono sopravvissuti –finora- soltanto in frammenti,
ma quattro opere ci sono pervenute quasi complete e sono: Il Naufrago,
Sinuhe, l’Oasita Eloquente ed i Racconti di re Kheope.
La più antica storia egiziana conosciuta è, il Racconto del Naufrago.
Esiste in un solo esemplare, su di un papiro ora conservato al museo di S.
Pietroburgo, in Russia, e fu scritto verso la fine dell’XI dinastia (ultimo
sovrano Montuhotep IV 2001-1994 ca.) o l’inizio della XII dinastia
(Amenemhat I 1994 -1964 ca.).
Questo racconto, manoscritto in origine dallo scriba Amenâa, figlio di
Ameny, manca della parte iniziale mentre il testo, alla fine, termina
bruscamente. Probabilmente lo scriba autore della copia, ha trascritto
solamente la parte ritenuta più interessante ed è possibile che il racconto
traesse la sua origine dal ritorno in Egitto di una spedizione commerciale
in Nubia, che non ottenne il successo sperato. Allora il Naufrago narra
come la sua imbarcazione fosse affondata con tutto l’equipaggio ed egli,
unico superstite, fosse stato sballottato ed in seguito deposto, dalla furia
della tempesta, su un’isola, sulla quale regnava un serpente: il Signore di
Punt. Questo serpente, che si mostra benevolo, racconta al Naufrago come
fu annientata tutta la propria famiglia ed i propri simili e quale forza
d’animo egli abbia dimostrato in quella sciagurata circostanza. Inoltre, il
Serpente, anticipando gli eventi futuri, gli preannuncia un felice ritorno a
casa. Poco tempo dopo la profezia si avvera ed una nave compare
all’orizzonte, attraccando sulla spiaggia dell’isola. Il Naufrago imbarca i
preziosi prodotti locali, ricevuti in dono dal Serpente e, ritornato in Egitto,
è anche ricompensato dal re.
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A questo punto scompaiono, come preannunciato, sia il Serpente, sia
l’isola che si trasforma in acqua.
Alla luce del risultato negativo, appare evidente la preoccupazione del
capo della spedizione nel presentarsi al re, di cui teme il giudizio.
Lo stile lineare e semplice si differenzia da quello che compare nelle
Avventure di Sinuhe, la più famosa storia egizia antica, composta all’inizio
del Medio Regno e riscritta in molte copie, tra la XII dinastia (1994 – 1781
ca.) e il periodo ramesside (XIX – XX dinastia 1291 – 1185 ca.).
Le Avventure di Sinuhe (
, il figlio del sicomoro) sono la narrazione
di vicende accadute in terra straniera, ma invitano a riflettere sul sistema di
vita egiziano dell’epoca, con particolare riferimento alla relazione tra il
singolo individuo ed il re. Il re era considerato un’emanazione divina ed
essendo inoltre il centro politico ed ideologico della cultura egizia ne
rappresentava tutti i valori.
Sinuhe è un cortigiano la cui rassicurante e solida vita di ufficiale egizio è
distrutta da un momento di panico, a causa del quale egli fugge dall'
Egitto.
La maggior parte della storia si snoda tra queste esperienze vissute lontano
dalla corte.
Lo stile narrativo è quello specifico di un’autobiografia ed include
un’ampia serie di moduli e tecniche letterarie che si alternano fra resoconti
di conquiste e combattimenti, elogi del re, una delibera reale, preghiere
meditative e liriche del cerimoniale, per terminare con la descrizione della
tomba, nella quale l'
autobiografia di Sinuhe si suppone sia scritta.
L’Avventura, infatti, inizia con Sinuhe che racconta parlando dalla sua
tomba in Egitto; in tal modo la fine della sua vita è già implicita fin
dall'
inizio della storia.
Lo stile elevato e calmo adatto ad un resoconto autobiografico,
gradualmente si rompe nella prima parte (R1 - B34) con l’episodio di
Sinuhe che lascia l'
Egitto, abbandonando l’immutabile sicurezza del Paese
per l'
aleatorietà della vita tra i nomadi.
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Questa transizione traumatica trova il simbolismo nello stato di pre-morte,
causato dalla sete, durante il peregrinare nel deserto. Però Sinuhe è
soccorso da Amunennesci, un principe palestinese che, incrociandolo sul
suo cammino, lo porta con sé.
La cronaca del duello con uno sfidante locale, è strutturalmente l’episodio
centrale della storia e si rivela anche il giro di boa della trama.
La vittoria, in questo combattimento armato, porta a Sinuhe grande
ricchezza ma anche, ironicamente, la consapevolezza di
“essere
straniero”; situazione che gli provoca un ulteriore conflitto interno.
È un monologo con sè stesso, profondo e drammatico, che lo induce ad
una presa di coscienza del suo reale stato: la vita fuori dall'
Egitto è
insignificante.
Ma il sovrano è venuto a conoscenza della condizione di Sinuhe e del suo
desiderio di tornare nel Paese. Con un’ordinanza mandatagli “ad
personam”, lo richiama in Egitto.
L’incontro con il re è segnato dal panico “simile a quello creato dalla fuga
non voluta” ed il rientro nella vita sociale egizia provoca a Sinuhe un
collasso tanto grave da far temere per la sua vita. Stavolta non sono i
nomadi a salvarlo dalla morte, bensì i figli del re.
Le principesse decretano un rituale di rinnovamento con una preghiera,
intensamente religiosa, lirica ed erotica al re e implorano la grazia per
Sinuhe che descrivono come “barbaro nato nella terra amata”.
Con queste parole esse evidenziano il paradosso di come un egizio possa
essere considerato uno straniero e un uomo virtuoso un traditore.
Il finale del racconto pone il problema della giustizia degli dei.
Così il re, che tutto può, ripristina l’ordine (il concetto di Maat),
proclamando "egli non dovrà temere" e subito Sinuhe è reintegrato come
cortigiano, ripulito e reso presentabile per la nuova vita a Palazzo.
Le battute finali del racconto conducono il lettore attraverso una serie di
affreschi della lussuosa vita di corte e la descrizione della tomba che il re
concede a Sinuhe come segno del suo favore.
Le Avventure di Sinuhe terminano come sono incominciate: Sinuhe si
trova nella sua tomba e da lì si rivolge al visitatore.
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Nel racconto, la molteplicità di generi narrativi dà una sensazione
enciclopedica. Nonostante si evidenzi una vasta gamma d’esperienze
umane, il tutto corre parallelo alla trama di base. La complessità della
storia è dovuta, oltre alle innumerevoli vicende narrate, alla ricca
descrizione di queste esperienze vissute da Sinuhe lontano dall’Egitto.
Le altre due grandi opere narrative del Medio Regno sono scritte in terza
persona.
Il racconto dell’Oasita Eloquente è conservato in quattro papiri databili
dalla fine del Medio Regno, sebbene sia stato composto al tempo del re
Nebkaura Khety (X dinastia 2150 ca.).
Un contadino del Wadi-Natrum passa sulla terra di un agricoltore che,
invidioso, vuole le mercanzie trasportate. L’agricoltore ha sparso sul
passaggio, tra il suo campo di grano ed il canale, alcuni teli di lino e
l’oasita, per evitarli, conduce i suoi asini attraverso il terreno coltivato. Ma
uno di esse bruca un ciuffo di grano. L’agricoltore allora accampa questa
scusa come giustificazione per appropriarsi dell’asino dell’oasita poiché
considera l’animale come giusto risarcimento per la trasgressione.
La parte centrale del racconto dell’Oasita è costituita da otto prolisse
petizioni, ognuna delle quali è un brano letterario sulla natura di Maat.
Dopo la nona, il rappresentante del re aderisce finalmente alla richiesta di
giustizia dell’oasita e le petizioni, registrate su papiro, sono consegnate al
sovrano. La storia termina con la sentenza emessa dal rappresentante del re
che ordina il trasferimento di proprietà della terra dell’avido contadino
all’oasita eloquente.
L’ultimo grande componimento narrativo, scritto in Medio Egiziano, esiste
in un solo esemplare, come il primo, ed è riportato su un papiro databile al
periodo degli Hyksos (XV dinastia 1650 – 1540 ca.). Comunemente
conosciuto come papiro Westcar, dal nome della sua prima moderna
proprietaria, è ora conservato al Museo di Berlino.
I piacevoli episodi che presenta narrano delle “meraviglie“ di un passato
favoloso, risalente a circa sette secoli prima della loro stesura, nel tardo
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Medio Regno. Questi racconti, componenti un ciclo di cinque storie
all’interno di un’unica struttura compositiva, riguardano re Kheope (IV
Dinastia, 2652 – 2510 a.C. ca.), il costruttore della Grande Piramide a
Giza, e la nascita dei re che gli sono succeduti.
L’origine della V Dinastia (2510 – 2460 a.C. ca.) è ricostruita in modo
difforme rispetto alla realtà storica anche se l’importanza del culto solare,
accresciuta e diffusasi proprio in quel periodo, è un buon supporto per il
ruolo di Ra nel quinto racconto. Infatti il ritratto di Kheope riflette il modo
di pensare del Medio Regno piuttosto che quello del periodo in cui il re ha
vissuto.
Si pensa che il racconto, di cui si ipotizza la perdita di circa 70 righe
iniziali, cominciasse con:
C’era una volta il re delle Due terre, Kheope, giusto di voce….
questo re che passava da una stanza all’altra del suo palazzo per trovare
qualche diversivo alla noia e, non avendolo trovato, convocava i suoi
principi affinché lo intrattenessero.
I Racconti offrono agli ascoltatori una sequenza di episodi meravigliosi e
le storie sono molto diverse da quelle dei più eleganti modelli del
Racconto del Naufrago.
Lo stile semplice, lineare ed uniforme, è intervallato da rapidi dialoghi. E’
lo stile delle leggende popolari in cui la chiarezza del linguaggio dà
un’impressione di spontaneità ed ha il pregio di creare un’aspettativa per
gli eventi successivi.
I Racconti sono senza dubbio più stuzzicanti rispetto a quelli a sfondo
morale di cui la letteratura egizia è ricca. Infatti i temi sono schegge di vita
quotidiana dell’epoca come l’adulterio, gli stravaganti trucchi dei giochi di
prestigio dei sacerdoti-maghi o i capricci di una giovane rematrice. Inoltre
presentano l’ambiguità di comportamento di una moglie, la natura di due
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coccodrilli magici o l’intervento di alcune dee che si manifestano sotto
false spoglie.
La letteratura del Medio Egizio contemplava altre storie oltre a queste.
Esistono significative somiglianze e differenze tra le quattro grandi opere
della letteratura del Medio Egizio. Ognuna non fu scritta semplicemente a
scopo di intrattenimento, bensì con la finalità di trasmettere al lettore un
messaggio morale.
Il Racconto del Naufrago ci dice della perseveranza di fronte alle
avversità; le Avventure di Sinuhe riflettono il genere dei testi dell’inizio del
Medio Regno che esaltano la virtù della lealtà verso il re; le peripezie dell’
Oasita Eloquente sono il veicolo per dissertare sulla natura di Maat, con
particolare riferimento al rapporto esistente tra gli ufficiali ed i loro
sottoposti mentre i Racconti di re Kheope mostrano il contrasto tra il
potere del sovrano e quello che un semplice borghese può acquisire
attraverso il sapere, la magia o l’intervento degli dei.
Tutti questi racconti sono scritti in Medio Egizio, però essi differiscono per
la qualità di linguaggio utilizzato e per la ricercatezza letteraria. Sinuhe e
l’Oasita Eloquente sono componimenti accurati, ciascuno abilmente
redatto da autori che possedevano la piena padronanza della forma più
raffinata di egiziano classico e delle arti letterarie.
Il Naufrago ed il papiro Westcar, invece, sono maggiormente vicini alla
lingua parlata del tempo e sono considerati più racconti orali consegnati
alla scrittura che deliberatamente opere letterarie. Le quattro opere
abbracciano l’intero orizzonte del Medio Egizio classico.
Infatti il Racconto del Naufrago ci presenta la letteratura nel suo stadio
iniziale, quelli di Sinuhe e dell’Oasita riflettono la lingua al suo vertice
letterario mentre le storie del papiro Westcar ci aprono uno squarcio nel
linguaggio del Medio Egizio, già in cammino verso il tardo egiziano.
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Il Papiro Westcar, di prossima uscita, conterrà anche la ricostruzione geroglifica (possibile e
probabile) fatta con competenza scientifica e scrupolosità da Giuliana Rigamonti, nel rispetto
assoluto dei “buchi” presenti nell’originale ieratico.
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Marco E. Chioffi
Questa integrazione geroglifica, che è una novità assoluta, metterà il lettore in grado di capire
pienamente la vicenda del sacerdote
, altrimenti molto oscura e rendere più scorrevoli gli
altri racconti, ora completi.
Marco E. Chioffi
member of the:
Institute of Nautical Archaeology
Ass. Ital. Archeologi Subacquei
European Ass. of Archaeologists
ISIS, Ass. d'Egyptologie
American Research Center in Egypt
Ist. It. Archeologia Etnologia Navale
International Ass. of Egyptologists
Egypt Exploration Society
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