Gennaio - Febbraio 2017

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Gennaio - Febbraio 2017
Sede legale: via XX settembre 26 – 10094 Giaveno (TO)
Sede operativa: Via Avigliana 9 – 10051 Avigliana (TO)
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FONDATO DA GIANFRANCO SCARPA
2006 Più - Supplemento di informazione di “Territori” - Gennaio/Febbraio 2017 - Direttore responsabile: Marco Margrita - Editore: Echos Edizioni di Ronco Marco - P.IVA: 11022870015 - Iscrizione Registro Operatori della Comunicazione n. 26547
PERCHÉ ESISTA IL LAVORO
OCCORRE CHE ABBIA UN SENSO
Il grafico precario friulano trentenne Michele, lo
scorso 31 gennaio, è andato a casa della nonna,
ha preso una corda per
avvolgersela intorno al
collo e ha posto fine alla
sua vita. Nella rabbiosa
lettera con cui ha spiegato il gesto scrive: “Non
posso passare la vita a
combattere solo per sopravvivere... Di no come
risposta non si vive, di
no si muore”. Sentendosi
rifiutato dal mercato del
lavoro, annichilito dalla
precarizzazione che rende
invisibili, nel suo ultimo
messaggio ricorda: “Ho
fatto molti tentativi, ho
cercato di darmi un senso e uno scopo usando le
mie risorse... Sono stufo di
fare sforzi senza ottenere
risultati, stufo di colloqui
di lavoro inutili, stufo di
invidiare, stufo di chiedermi cosa si prova a vincere,
stufo di fare buon viso a
pessima sorte e di essere
messo da parte...”. Quasi
evocando una rivendica-
CULTURA
TRA PUBBLICO E PRIVATO
- FOCUS -
EDITORIALE
zione politica, denuncia
che “Questa generazione
si vendica di un furto, il
furto della felicità (…). Lo
stato generale delle cose
per me è inaccettabile,
non intendo più farmene
carico”.
Si potrebbe facilmente buttarla in politica, in
molti conformisticamente
lo hanno fatto, avvantaggiandosi di questo gesto
disperato per alimentare
una polemica. Lo si è fatto anche di fronte ai suicidi di tanti imprenditori
schiacciati dalle tasse o da
Equitalia.
La questione radicale,
però, sta in quel passaggio in cui ammette: “ho
cercato di darmi un senso e uno scopo usando le
mie risorse”. E a questo
livello bisogna approcciare la questione, se non
vogliamo farne solo una
bandiera ideologica. Solo
così si comprende quanto
abbia ragione e, insieme,
drammaticamente torto
nel suo atto di accusa.
Segue a pag. 16
IL PAPA E IL LAVORO
“Girotondo” di opinioni
Intervista
esclusiva
al vaticanista
Andrea Tornielli
Gianluca Blandino, Daniele Valle,
Giacomo Bottino, Marco Civra
e Giovanni Battista Benso
pag. 4
Con un commento di
Carlo Costalli (Mcl)
dai IMPRESA
pagg. 2-3
ANCHE A TORINO
Primo incontro al Turin Palace
AMPLIAMENTO
AREA INDUSTRIALE
EX-MONTECATINI
Le reazioni
alla proposta
del Consorzio EK
pagg. 8-9
Ferraudo, Patrizio, Sada,
Spanò e Matlì
pagg. 6-7
Anche
Nicola
Porro si
informa
leggendo
2006Più
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“IL PAPA NON CONDANNA LA RICCHEZZA O L’IMPRESA,
Intervista esclusiva al va
economico-finanziario, a partire da
una considerazione molto semplice:
la crisi iniziata negli anni scorsi non si
è ancora conclusa e, se non vi si pone
rimedio seriamente, siamo destinati a
passare a un’altra ancora più grande».
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Il Papa è spesso intervenuto sul
tema del lavoro. I media non sempre danno adeguatamente conto
delle sue posizioni, quando non le
strumentalizzano. Abbiamo chiesto al vaticanista Andrea Tornielli
di aiutarci a fare chiarezza. Coordinatore dell’autorevole sito “Vatican Insider” de “La Stampa”. Una
lunga carriera giornalistica e oltre
50 tra libri e saggi pubblicati. Anche grazie al rapporto privilegiato che li lega, ci dà corrette chiavi
interpretative della visione che il
Santo Padre ha del lavoro.
Andrea, ci sembra di poter dire che
il tema del lavoro e della sua dignità
sia tra i più frequenti nel Magistero
di Papa Francesco. Penso al fatto, ad
esempio, del suo insistere sulle “tre t:
tierra, techo e trabaco” (terra, casa e
lavoro). Richiamate sia nel discorso ai
Movimenti Popolari sia in quello alla
sede Onu di New York. Qual è, pur
nel solco della Dottrina Sociale della
Chiesa, lo specifico della sua attenzione alla questione?
«Credo che il suo specifico contributo
sia duplice e sia legato, da una parte,
alla sua esperienza diretta in America
Latina; dall’altra, a un giudizio complessivo sull’evolversi della situazione
mondiale. Per quanto riguarda il primo punto, c’è in Francesco una grande valorizzazione delle risposte che
vengono dal basso, dei movimenti
popolari, della capacità delle persone
di organizzarsi per rispondere ai bisogni e per cercare di porre rimedio
alle ingiustizie. Per quanto riguarda
il secondo punto, mi sembra che sia
evidente la richiesta del Pontefice di
un cambio strutturale, di una messa
in discussione dell’attuale modello
Il Santo Padre è stato sbrigativamente definito, da parte di ben noti
think tank liberisti e neocon, socialisteggiante. Eppure ha spesso parlato in termini positivi dell’impresa
e anche ricevuto loro organizzazioni
(penso, per esempio, alla prima storica udienza di un Papa alla Confindustria). Come si può sintetizzare la
visione di Francesco rispetto all’impresa e agli imprenditori?
«Com’è noto, le accuse di marxismo e
persino di leninismo non sono soltanto rozze ma semplicemente ridicole,
oltre che senza fondamento alcuno.
Il Papa non condanna la ricchezza o
l’impresa, ma l’idolatria del denaro e
un sistema che non mette al centro
le donne, gli uomini e il loro lavoro,
ma i soldi. Francesco parla sempre
dell’impresa e degli imprenditori sottolineando la grande responsabilità,
direi persino la missione, che è loro
affidata. Il Papa invita a fare impresa
mettendo al centro la persona e le sue
relazioni. La persona concreta, con
le sue necessità e speranze. Esorta a
mettere al centro il lavoro e a valorizzare anche chi nell’attuale processo
rischia di essere scartato, come per
esempio i giovani».
“Il lavoro non è necessario solo per
l’economia, ma per la persona umana, per la sua dignità, per la sua cittadinanza e anche per l’inclusione sociale. Torino è storicamente un polo
di attrazione lavorativa, ma oggi risente fortemente della crisi: il lavoro
manca, sono aumentate le disuguaglianze economiche e sociali, tante
persone si sono impoverite e hanno
problemi con la casa, la salute, l’istruzione e altri beni primari. L’immigrazione aumenta la competizione, ma
i migranti non vanno colpevolizzati,
perché essi sono vittime dell’iniquità,
di questa economia che scarta e delle
guerre. Fa piangere vedere lo spettacolo di questi giorni, in cui esseri
umani vengono trattati come merce!”. Questo passaggio del discorso al
mondo del lavoro in occasione della
sua visita a Torino ci sembra un compendio del pensiero sociale del Papa.
Come può essere correttamente sintetizzata la posizione del Santo Padre
rispetto all’immigrazione?
«Mi sembra una posizione profondamente realista. Innanzitutto consapevole delle cause che provocano i
grandi movimenti migratori: povertà,
disoccupazione, guerre (nelle quali
spesso l’Occidente è corresponsabile). Senza intervenire seriamente
sulle cause, si tratta di un fenomeno
che non potrà essere fermato e neanche contenuto. È poi realista anche nell’approccio. Francesco invita a
guardare i migranti non come numeri,
cifre, problemi anche drammatici, ma
come persone: bambini, ragazzi, donne, uomini, anziani costretti a lasciare le proprie terre perché scacciati, o
perché fuggono dalle bombe o ancora
perché non hanno da mangiare o un
minimo di futuro per i propri figli. Invita a vedere nei migranti la sacra famiglia, Gesù, Giuseppe e Maria, che
erano migranti e rifugiati. L’umanità,
prima ancora dello sguardo cristiano,
non può mai venir meno. Ma il Papa
sa bene che dire questo non significa
accessi indiscriminati, perché bisogna
accogliere, ma anche integrare».
Ricevendo in udienza il Movimento
Cristiano Lavoratori, il 16 gennaio
dello scorso anno, Papa Bergoglio ha
definito decisivo “formare a un nuovo umanesimo del lavoro, dove l’uomo sia al centro”. In che modo scuola, organizzazioni sindacali e mondo
dell’impresa possono accogliere questo compito?
«Credo che la scuola, i sindacati e gli
GIA' DEPUTATO PD
On. Giorgio Merlo
CONTA O SI CHIUDE
POPOLARI: O SI
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WALTER BERNACCI
SIX COMM GROUP s.r.l.
ticanista Andrea Tornielli
e la necessità di rispondere ai bisogni
delle famiglie più povere».
“I turchi meccanici” delle società informatiche sono quasi il simbolo di
una reificazione del lavoratore. Esiste
davvero il rischio del trionfo del postumano. Questa sensibilità era sicuramente presente nel Pensiero di Benedetto XVI. Anche Papa Francesco vi
pone un’attenzione particolare?
«Certamente, lo dimostrano tutti i
suoi interventi. La preoccupazione
degli ultimi Papi al riguardo si sviluppa sulla stessa direttrice. Se al centro
non c’è più l’uomo, se l’uomo diventa
una «cosa», ci stiamo avviando verso
un baratro dal quale non sarà più possibile tornare indietro».
Marco Margrita
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EDUCAZIONE, CONDIVISIONE E TESTIMONIANZA
Quando ci ha ricevuti in Udienza speciale, il 16 gennaio dello scorso anno, il
Santo Padre ci ha consegnato, parlando
della nostra presenza nel mondo del
lavoro, tre parole fondamentali: educazione, condivisione, testimonianza.
In relazione alla prima, il Papa ci ha
ricordato come “occorre formare a un
nuovo umanesimo del lavoro, dove
l’uomo, e non il profitto, sia al centro;
dove l’economia serva l’uomo e non il
contrario”. A proposito della condivisione, Papa Francesco ci ha richiamato al significato profondo di lavoro. Ha
detto: “Qualsiasi forma di lavoro presuppone un’idea sulla relazione che
l’essere umano può o deve stabilire con
l’altro da sé. Il lavoro dovrebbe unire le
persone, non allontanarle rendendole
chiuse e distanti. Occupando tante ore
nella giornata, ci offre anche l’occasione per condividere il quotidiano, per
interessarci di chi ci sta accanto, per
ricevere come un dono e come una responsabilità la presenza degli altri”. Per
la testimonianza, ci ha ricordato che:
“non serve fare prediche; occorre invece trasmettere speranza, confortare
con la presenza, sostenere con l’aiuto
concreto”. Queste indicazioni valgono,
laicamente, tanto per i lavoratori quanto per gli uomini d’impresa. Attori, insieme, di una società fondata sulla giustizia e sullo sviluppo autenticamente
umano.
Carlo Costalli
Presidente Nazionale
Movimento Cristiano Lavoratori
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imprenditori possano accogliere questo invito, non tanto o non soltanto
perché arriva dal Papa, ma perché è
l’unica via per rispondere al disagio
che aumenta anche nel nostro Paese. Bisogna comprendere che cosa c’è
dietro la vittoria dei populismi o l’esito
delle elezioni americane. Basta vedere
i dati ufficiali sulla povertà per rendersene conto. Ma l’invito non si accoglie
senza essere disposti a cambiare, a
cercare vie nuove, a uscire da vecchi
schemi. L’invito si accoglie se si comincia a valorizzare l’apporto dal basso,
soprattutto essendo capaci di fare
rete, di collaborare con altri soggetti,
sapendo rinunciare a qualcosa pur di
coinvolgere realtà diverse. Avendo
sempre presente l’emergenza della disoccupazione, specie quella giovanile,
Già da Arcivescovo di Buenos Aires,
Bergoglio ha spesso richiamato la formula “imperialismo internazionale
del denaro”, per descrivere l’attuale
situazione di crisi che “toglie di mezzo addirittura il lavoro, che è il modo
in cui si esprime la dignità dell’uomo,
la sua creatività, che è l’immagine
della creatività di Dio”. Una critica
radicale alla finanziarizzazione dell’economia. In che modo l’esperienza
cristiana può porsi come argine alla
squalificazione del lavoro?
«Può farlo se non dimentica la sua
Dottrina sociale, che pare essere quasi il segreto meglio conservato della Chiesa. Pochi la conoscono e non
sembra essere il riferimento neanche
per i cattolici in politica. I cristiani dovrebbero riscoprire questo tesoro,
essere meno “tiepidi”, meno accondiscendenti con chi predica il dogma
secondo il quale viviamo nel migliore
sistema economico se non nell’unico possibile. Non si può venir meno
alla difesa del lavoro umano, perché
senza lavoro non c’è dignità, come
ha detto Francesco in un messaggio
ai vescovi del Sud Italia. L’esperienza
cristiana può farci scoprire sempre di
più che non siamo una somma di individui, ma un “noi”, una comunità.
E quando c’è una parte, sempre più
consistente, di questo “noi” che è in
difficoltà, non può non risentirne tutto
l’insieme. Promuovere il lavoro, difenderlo, impegnarsi per sostenerlo, con
creatività, anche seguendo nuove vie:
questo dovrebbe essere un compito
per i cristiani impegnati nel sociale e
in politica».
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CUS
MA L’IDOLATRIA DEL DENARO CHE SCHIACCIA L’UOMO”
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4
CULTURA TRA PUBBLICO E PRIVATO
GIROTONDO DI OPINIONI
Gianluca Blandino
Sindaco di Rubiana,
Amministratore
delegato DAI Impresa,
Titolare Bg-Log
Credo fermamente nella collaborazione
tra le Amministrazioni regionali e locali, da
un lato, e il privato, dall’altro. La sfera pubblica è sempre più in difficoltà nel realizzare una determinata serie di lavori, basti
vedere il caso del Colosseo dove solamente l’intervento privato ha potuto sbloccare
la situazione. Purtroppo, solo le grandi società che fanno utili di un certo tipo riescono a sostenere simili operazioni; nel caso
di una piccola azienda come la mia, molto
spesso arriviamo alla fine dell’anno senza
nemmeno i soldi per effettuare le manutenzioni. Certo, sarebbe il massimo poter
investire una parte degli utili ormai inesistenti in qualcosa che sia davvero pensato
nell’interesse dei cittadini.
È vero, le aziende che hanno aderito a questi progetti pubblici e di restauro possono
scaricare dalle tasse una parte del capitale
investito. Il problema, tuttavia, nasce dal
fatto che molte imprese di dimensioni inferiori non sono in grado di sostenere alcun tipo di investimento. Del Vecchio, Della Valle se lo possono permettere, noi no.
Le ricadute sul territorio di una collaborazione tra pubblico e privato sarebbero
indubbiamente buone. L’idea in sé è intelligente e può andare lontano; di aziende
sane, con soldi da investire, ce ne sono
tante. Occorre solamente che la burocrazia italiana metta meno paletti: a Roma,
per esempio, hanno avuto delle difficoltà;
c’è sempre qualcuno disposto a lavorare
contro simili iniziative realizzate nell’interesse dei cittadini e del patrimonio pubblico. Tutti quanti possono, anche nel loro
piccolo, dare il proprio contributo: io, pur
non avendo un’azienda con grandi utili,
sono in grado di investire cinquecento o
mille euro in un progetto; è chiaro che c’è
una certa differenza rispetto a chi si può
permettere di patrocinare lavori intorno
ai 100/200.000 Euro. Ognuno, quindi, può
fare la sua parte; l’importante, ribadisco, è
che venga eliminata la burocrazia inutile.
Daniele Valle
Consigliere regionale
Presidente
VI Commissione
Cultura
“Il rapporto Mibact ‘Io Sono Cultura 2016’
riferisce che “nel 2015, il valore aggiunto
prodotto dal Sistema Produttivo Culturale
ha sfiorato i 90 miliardi di euro (+538 mln
rispetto al 2011), ovvero il 6,1% della ricchezza prodotta dal Paese, considerando
l’apporto della componente privata, prevalente tra tutte”. È quindi un dato ormai
strutturale la forte presenza del settore
privato nello sviluppo dell’indotto culturale italiano, riconducibile alla progressiva contrazione delle risorse pubbliche a
disposizione di questo ambito e degli enti
locali in generale. Alla luce di ciò il settore
pubblico assume una nuova funzione regolatrice e di regia. Affiancare grandi collaborazioni pubblico-privato ad iniziative
come l’Art Bonus, che “democratizza” gli
investimenti prevedendo la compartecipazione dello Stato attraverso la restituzione
del 60% dei contributi versati dai privati a
sostegno della cultura, è una via da percorrere; senza però dimenticare l’impegno
tutto statale per il riordino del comparto
culturale e la ristrutturazione dei finanziamenti di settore. Il privato sa essere un
ottimo partner, ma la paternità di questo
settore è e deve restare pubblica.”
Giacomo Bottino
Progettista e
Operatore culturale
Il rapporto tra Pubblico e Privato è fondamentale per le politiche dello Stato e
dell’apparato governativo e amministrativo, non soltanto per la cultura. Una sinergia che porta vitalità e che in altri Paesi
europei è molto più sviluppata e “rodata”
che in Italia. Nel nostro Paese il processo
di istituzionalizzazione di questo rapporto
ha avuto origine negli anni Novanta, quan-
La valorizzazione e la
promozione della cultura pare
,
indirizzata sempre piu a un rapporto sinergico tra
Pubblico
e Privato. Si tratta, a suo avviso, della strada
,
piu adatta? Quali sono i punti di forza di tale relazione
e le sue eventuali prospettive in ambito italiano?
do il Ministro per i Beni e le Attività Culturali Walter Veltroni istituì una Commissione ministeriale per l’impresa culturale.
Da quel tavolo è scaturito il modello della
cosiddetta Fondazione di partecipazione,
dove Pubblico e Privato convivono e collaborano in una dimensione fattiva e articolata. Da qui le trasformazioni degli enti
museali, teatrali e lirico-sinfonici. Purtroppo, però, il peso del passato e una poco
brillante gestione delle risorse hanno reso
piuttosto inefficace questo nuova dimensione organizzativa.
Tuttavia, il nostro vero problema è il non
avere di fatto una politica culturale nazionale. Ci sono interessanti esperienze locali,
ma non esiste una linea comune, perché
non c’è un piano di coordinamento strategico finalizzato alla gestione e alla valorizzazione del nostro immenso patrimonio
storico-artistico. Se la politica italiana, ad
ogni livello, fosse permeata di etica della
responsabilità, il nostro Paese potrebbe
sviluppare un’economia della cultura senza pari, la prima al mondo per ricadute occupazionali e attrazione turistica. Invece,
sembra che ci divertiamo a sperperare o
lasciare nella polvere l’eredità di bellezza
e di “saper fare” di cui siamo immeritatamente depositari.
Marco Civra
Direttore editoriale
Marcovalerio
Edizioni
Più che di sinergia, nell’attuale contingenza
di crisi, sarebbe corretto parlare di dipendenza. È questa la direzione nella quale il
mondo culturale, come già avvenne negli
Anni Settanta del secolo scorso, si dirige.
Una simile scelta, a mio avviso, non è di
certo la strada migliore da imboccare per
affrontare i problemi reali del mondo culturale. Le conseguenze saranno deleterie.
Quando parliamo di settore pubblico inevitabilmente facciamo riferimento alla
politica, che del settore pubblico è guida,
oggi priva degli strumenti intellettivi, con
una curiosa convergenza sulle posizioni,
un tempo attribuite a una certa destra, di
rifiuto populista della cultura. Il rischio è il
ritorno dell’effimero, del finanziamento a
pioggia su manifestazioni popolari, del sostegno a pubblicazioni patinate destinate a
marcire nei magazzini delle Regioni, se mai
pervenute a destinazione, come accadde
in Piemonte alcuni anni or sono. Oppure
del dirigismo di assessori privi di competenza quanto tronfi di saccenza, come accade drammaticamente oggi, ancora una
volta, in Piemonte.
Posso parlare soltanto per il settore editoriale, nel quale opero: gli interventi pubblici hanno provocato nell’ultimo decennio danni superiori a un bombardamento.
Il futuro è fosco e i bilanci, scevri della
propaganda, sono drammatici. Il pubblico
deve investire sul pubblico: le biblioteche
ad esempio, per quanto riguarda il mondo del libro. Il privato deve misurarsi con
le leggi della domanda e dell’offerta. Ogni
euro sottratto a una biblioteca per aiutare
un editore altera il mercato e abbatte il livello dell’offerta culturale.
Giovanni Battista
Benso
Titolare della storica
Sartoria Artistica
Teatrale e Museo
del Costume
Ritengo che sia necessario trovare una giusta via di mezzo: il Pubblico, a mio avviso,
è necessario, ma occorre l’apporto di capitale del Privato. Inoltre, quest’ultimo ha,
diciamo, “occhio” per il business, quindi sa
gestire con un’attenzione differente le potenzialità di un bene, come una struttura,
rispetto al Pubblico che potrebbe perdersi
in un’eccessiva burocratizzazione.
Chiaramente, seppure tale binomio sia secondo me l’ideale, occorre che il Pubblico
definisca un quadro normativo entro cui
far agire il Privato, per evitare quel proverbiale “rovescio della medaglia” che c’è
in tutte le posizioni o nei vari accadimenti
della vita. In questo senso vedo il Pubblico
come una sorta di contrappeso all’iniziativa del Privato che rischia di essere totalmente rivolta al profitto, dimenticando l’aspetto culturale.
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LA VAL SUSA NON SI ARRENDE:
SCONTO LUCE E GAS
VERTEK SALVATA DA CLN
PER GLI ACQUIRENTI DI PMT
Un’azienda del territorio che salva un’altra azienda del territorio.
È il positivo risultato raggiunto in
Valle di Susa il 30 gennaio scorso con la firma del preliminare
di cessione tra il Gruppo Cln, affiliato DAI Impresa, e la ex-Lucchini Vertek di Condove, affidata
all’amministrazione straordinaria
di Piero Nardi.
Quello che vede protagonista Cln
è il terzo tentativo di cessione,
che segue l’interesse manifestato
da Beltrame nel 2016, ma economicamente non soddisfacente
per l’amministrazione straordinaria. L’ultimo bando presentato dalla ex-Lucchini proponeva
come disgiunti la parte industriale vera e propria (macchinari,
capannoni e terreno), da quella immobiliare, ovvero gli uffici.
Gabriele Perris Magnetto è alla
guida della Cln, un gruppo da
un miliardo e mezzo di fatturato
nel settore automotive, che può
vantare 2.500 addetti in Italia e
8.500 all’estero. È leader nella
fabbricazione di ruote in acciaio
ed è inoltre tra i maggiori produttori di cerchi a raggi per motocicli. Commercializza laminati con
una partnership insieme a Acelor
Mittal.
Un aspetto, quello del tipo di produzione, che si inserisce nei piani
che coinvolgono le due aziende.
Infatti la Vertek, specializzata in
lunghe barre d’acciaio, dovrà impostarsi su un tipo di prodotto
laminare. Al di là di tale aspetto
logistico-produttivo di certo non
secondario, rimane un dato sicuramente incoraggiante: i 73
dipendenti dell’azienda condovese potranno tirare un sospiro
di sollievo, perché il contratto ne
prevede l’assunzione.
Rendere interessante, a un soggetto industriale, l’acquisto di
un’azienda attraverso lo sconto
per un anno sui costi fissi di luce e
gas, garantendo un risparmio che
oscilla tra i 50 e gli 80 mila euro.
È quanto propone Acea Pinerolese Energia srl, inviando l’offerta al
commissario giudiziale della Pmt
Italia del gruppo Nugo.
Un positivo segnale, quindi, di
fiducia verso un’azienda attualmente in una procedura concorsuale e in attesa di acquirenti affidabili. Si persegue così l’obiettivo
che le parti in causa, il Comune
di Pinerolo e le Organizzazioni
Sindacali, si sono poste: scongiurare ulteriori aggravamenti della
situazione produttiva ed occupazionale del territorio. Infatti, alla
Pmt sono attualmente occupati
180 addetti che, in seguito al fallimento dell’azienda, non perce-
piscono lo stipendio dall’inizio di
febbraio.
Intanto, ad avanzare un interesse verso l’azienda è una realtà
della Repubblica Ceca, la Papcel,
già presente in Italia con uno stabilimento a Cuneo. Nel caso di
acquisto avrà la possibilità di far
ricorso a un ammortizzatore sociale, come la cassa integrazione
per riorganizzazione. Tuttavia, resta un punto: soltanto 73 dei 182
dipendenti potrebbero tornare al
lavoro.
Sicuramente la stessa multiservizi pinerolese ricoprirà un ruolo
importante nel futuro anche di
questi lavoratori grazie alla sua
offerta di fornire luce e gas a
prezzo di costo.
MOTIVEXLAB “ACCENDE I RIFLETTORI” SUL MONDO DELLE IMPRESE
Un’opportunità di racconto per un territorio
della Val Susa, le riprese della milanese Best
Videos effettuate nella sede di MotivexLab, realtà raccontata su queste colonne un anno fa
con un servizio dedicato. Nel mese di dicembre numerosi titolari del territorio hanno narrato le proprie vicende personali e lavorative
davanti alle telecamere. Dai racconti è emerso un territorio valsusino colpito duramente
dall’aspra congiuntura economica della crisi,
ma al contempo capace di incassare il colpo e
di rispondere.
Benché inizialmente l’interesse fosse soltanto
per MotivexLab, Elisabetta Ruffino, responsabile del Marketing e Comunicazione, in accordo con il fondatore Paolo Pollacino, ha preferito che la realtà aziendale venisse descritta
attraverso gli interventi dei clienti: sono affiorate vicende di industriali e di imprenditori tali
da meritare un approfondimento.
«Grazie a queste giornate abbiamo conosciuto ancora di più l’immenso valore di numerosi
imprenditori illuminati; – spiega Ruffino – le
loro sono storie di successo, come la nostra, e
siamo stati lieti di averli aiutati a raccontarle.
Sarebbe grandioso riuscire a realizzare in Valle
una sorta di ‘incubatore delle imprese’, capace
di creare un terreno favorevole allo sviluppo
delle realtà industriali già esistenti e favorire la
nascita di startup».
Hanno preso parte alle videoriprese nel mese
di dicembre: Luciano Mortara, responsabile
Qualità di GP TECNICA, azienda in provincia
Asti; Andrea Badio, responsabile qualità di FIERA Srl di Caselle Torinese; Andrea Tournour,
responsabile qualità di GENERAL MECCANICA
CAPRIE Spa di Caprie e Khalid Saad, responsabile ufficio tecnico della medesima azienda;
Ivan Riccobene, responsabile del laboratorio
interno di GIOBERT Spa di Rivoli; Orazio Marotta, responsabile qualità di TEMCO Srl di Leinì;
Marina Pistono, imprenditrice e responsabile
di NEBIOLO Srl di Bruino; Luca Gulfi, imprenditore e responsabile di WRT Winners Rally
Team di Torino; Silvia Lattanzio, imprenditrice responsabile di SMAT NORD Srl di Almese;
Fulvio Albertin, imprenditore e responsabile
di SPINOTTERIE PIEMONTESI Srl di Sant’Ambrogio di Torino; Mario Salimbene – direttore
di stabilimento di BRUGNAGO Srl di Avigliana.
L.V.C.
5
Gianna
Pentenero
Assessore
al Lavoro
della Regione
Piemonte
La notizia dell’acquisizione della ex
Vertek di Condove da parte della
Magnetto Wheels Italia è estremamente positiva ed è frutto dello
sforzo congiunto di tutte le parti
in causa: imprenditori, sindacati e
istituzioni. Un lavoro durato molti mesi, che ha consentito di salvaguardare un’importante realtà
produttiva della Valsusa e tutelare
tutti i posti di lavoro. In un contesto
caratterizzato da varie situazioni di
crisi, la risoluzione positiva di questa vicenda non può che essere
accolta con grande soddisfazione.
A inizio febbraio Magnetto ha chiesto (e ottenuto) 24 mesi di cassa integrazione straordinaria per riorganizzazione per tutti i 73 lavoratori
(57 operai e 16 impiegati). Un periodo di tempo necessario per attuare gli investimenti contemplati
dal piano industriale e realizzare gli
interventi di formazione, terminati
i quali è previsto il rientro al lavoro
di tutto il personale.
Più complessa la vicenda della Pmt
di Pinerolo, per cui è stata presentata un'offerta d'acquisto, al vaglio
degli organi della procedura, da
parte di una multinazionale ceca
interessata a creare una newco che
rileverebbe subito 73 dipendenti,
con la possibilità di aumentare in
seguito l'occupazione. In questo
contesto è senza dubbio lodevole
l’iniziativa di Acea che si è offerta
di fornire al futuro acquirente luce
e gas al prezzo di costo, consentendo al curatore di portare avanti il
percorso di vendita, che mi auguro possa concludersi nel più breve
tempo possibile, dando così continuità a uno storico marchio del
territorio. L’iniziativa di Acea chiama infine in causa il tema, molto
importante, della responsabilità
sociale delle imprese, che si manifesta in molti modi, compresa l’attenzione alle condizioni di lavoro,
come testimonia, per citare un’altra azienda del torinese, l’esempio
positivo della MotivexLab di Avigliana.
6
IL FUTURO DI AVIGLIANA PASSA ANCHE DALL’AMPLIA
Nello scorso numero di
2006Più Magazine (Novembre/Dicembre 2016)
abbiamo pubblicato, al
termine del quarto capitolo dedicato alla storia
dell’area industriale exMontecatini, l’interessante proposta avanzata dal
Consorzio EK. La questione ha suscitato numerose
reazioni da parte dei protagonisti della vita politica aviglianese, come si
potrà constatare leggendo gli interventi qui pubblicati.
In sintesi: al momento,
Viale dei Mareschi finisce all’imbocco del Parco
Naturale dei Laghi di Avigliana. Sul lato destro vi
sono 500.000 metri quadrati, in parte vincolati
alla riserva naturale e in
evidente stato di abbandono. L’idea è di convertirne la metà all’utilizzo
industriale; il restante
50%, raggiungibile dalla Strada del Grignetto,
rimarrebbe agricolo, al
servizio dei privati o delle società di settore. Inoltre, si potrebbe recuperare la cubatura di quelli
che erano i fabbricati del
complesso T4, a duecento
metri dal tratto conclusivo del Viale, sulla sinistra,
creando anche un’area finalizzata alla ricostruzione e alla divulgazione tra
le nuove generazioni (ma
non solo) della storia di
uno dei poli industriali tra
i primi e i più importanti
della Provincia di Torino.
Angelo Patrizio,
Sindaco di Avigliana
In questi 5 anni di mandato
ho avuto modo di conoscere molto da vicino alcune
realtà imprenditoriali d’eccellenza aviglianesi e sono
ben consapevole dell’importanza di avere sul territorio una vocazione industriale, storica e attuale,
ricca di interesse e di lodevole iniziativa. Alla ricostruzione riportata nell’articolo precedente, per
completezza, è corretto aggiungere che nel 1996 il Comune di Avigliana realizzò
l’innesto viario sulla SS 25,
all’epoca inesistente, attraverso l’intervento comunitario PIS 1 per un valore
di 6 miliardi di lire, oltre al
completamento della rete
fognaria , dei parcheggi e
dei servizi connessi. Inoltre nel PRG approvato nel
1995, recependo un pro-
Gianfranco Ferraudo
Già Assessore
all’Urbanistica della Città
di Avigliana (1975-1990)
getto preliminare che risaliva alla fine degli anni ’80,
il Comune destinava nuovi
400 mila mq all’area industriale Avigliana Est, adiacente alla ex Teksid, oltre
alle aree ridestinate a uso
prevalentemente commerciale situate in quella zona.
Anche in questo caso il Comune è intervenuto per un
valore di 2,5 milioni di euro,
spesi per infrastrutturare
l’area e garantire l’insediamento di attività produttive con ricadute occupazionali significative. Infine, in
tempi più recenti, la mia
Amministrazione si è immediatamente resa disponibile a cedere la metà di
un’area di 18 mila mq all’azienda Metalfer per soddisfare una richiesta di ampliamento, purtroppo non
ancora andato in porto.
Tutto questo per ribadire
che l’attenzione ai temi sollevati, da parte nostra, c’è.
Certo, non saranno sfuggiti
ai promotori della proposta
i vincoli sovracomunali che
regolano l’ambito oggetto
della proposta di espansione. Trattandosi infatti di un
Sito di Interesse Comunitario tutelato dalla legge Re-
gionale n. 46/80 che istituì
il Parco Naturale dei Laghi
di Avigliana, il cambio di destinazione suggerito appare
nei fatti improponibile in
quanto in contrasto con il
Piano Naturalistico del Parco stesso.
Aristide Sada
Vicepresidente Consiglio
Comunale Avigliana
“Gruppo Grande Avigliana”
Siamo sempre stati del parere che la zona industriale
di Avigliana, cresciuta negli
ultimi vent’anni grazie alla
presenza di aziende di rilevanza nazionale, avesse
bisogno di servizi e di una
viabilità che consentissero
alle imprese di usufruire di
collegamenti consoni alla
loro importanza. Abbiamo
purtroppo dovuto prendere
atto che tale necessità non
è ancora stata debitamente
ottemperata. In questi giorni, la proposta di amplia-
Ampliare l’area industriale exMontecatini per nuove richieste
di insediamenti: sarebbe di certo
una buona notizia per un Paese
la cui economia si basa principalmente sull’industria e dove è
urgente garantire lavoro ai nostri
giovani, nonché alle migliaia di
immigrati che accogliamo, i quali
arrivano per lavorare e non per
essere parcheggiati in qualche
albergo remoto e fallito, solo per
consentire indegne speculazioni.
La richiesta poi non viene da qualche sospetto operatore immobi-
mento della zona industriale ex-Montecatini avanzata
dal Consorzio EK ripropone, per l’appunto, all’attenzione generale il tema in
questione. L’iniziativa del
Consorzio è nata dalla constatazione di un aumento
della domanda da parte di
diverse aziende esterne al
territorio di Avigliana, intenzionate a trasferirvisi,
imprese che potrebbero
affiancarsi a quelle che già
vi operano, e con successo
(Agla, Ilmed, Famar, Mottura), unitamente a quegli
artigiani che svolgono un
lavoro altamente qualificante. Riteniamo pertanto
che sia possibile procedere
alla stesura di un progetto
estremamente trasparente, la cui programmazione
spetterebbe all’Amministrazione comunale e dovrebbe
essere tale da considerare
tutte le eventuali problematiche, nel breve e nel lungo
termine. L’Amministrazione,
insomma, dovrebbe ufficializzare la propria disponibilità a rendere l’area ex- Montecatini un polo d’attrazione
per le aziende, sia per quelle già affermate e operative in altre zone che per le
liare, ma dal consorzio industriale
EK, espressione di attivi e tenaci
imprenditori che con le loro vitali
aziende assicurano lavoro, stipendio e dignità a centinaia di famiglie e sono stati convinti promotori del rilancio delle aree dismesse
dalla Montecatini. In quelle aziende hanno lavorato in migliaia,
compresi tecnici e ricercatori di
alto livello, basti ricordare il Prof.
Avogadro. Vi lavorò anche Primo
Levi, laureato in chimica.
La chiusura degli stabilimenti
Montecatini (inizio anni 60) fu un
imprese emergenti; tutte
quante, comunque, realtà
produttive che garantirebbero ad Avigliana prosperità e sviluppo, per non parlare della possibilità di fornire
servizi aggiuntivi e ulteriori
opportunità occupazionali
nel distretto industriale dei
Mareschi, quali per esempio nuove attività commerciali e strutture ricettive, in
un’ottica di espansione non
verso la Valle di Susa, bensì in direzione della Città di
Torino.
Toni Spanò
Capogruppo
“Grande Avigliana”
Abbiamo sempre detto che
creare condizioni per lo sviluppo e il lavoro deve essere la priorità di un’amministrazione. Al centro della
nostra “idea di città” c’era
e c’è proprio questo. Non
possiamo, quindi, che salutare con favore la proposta
evento negativo. Non tutti condividono tale posizione e alcuni
Amministratori promossero il loro
trasferimento in altre Regioni.
L’utopia della deindustrializzazione ha radici remote. Comunque,
migliaia di lavoratori vissero il
dramma del trasferimento in altre aziende del gruppo o di una
difficile sistemazione alternativa.
Le aree dell’ex-Montecatini furono vendute e vi si insediarono
varie imprese, tutte in situazione
di illegalità. Molti invocavano le
denunce, ma l’Amministrazione di
7
discriminato dai propugnatori di una decrescita ben
poco felice. Il creare lavoro,
dal nostro punto di vista, è
il maggior intervento sociale che si possa determinare.
L’amministrazione di una
città, con una logica d’insieme e creando le giuste
sinergie con quelle dei Comuni vicini, deve attrezzarsi
per costruire le condizioni
per la crescita: sapendo essere attrattiva anche degli
investimenti.
Il nostro impegno per esplorare questa interessante e
intelligente prospettiva è
assicurato.
Gianluca Matlì
Già Consigliere comunale
Capogruppo ad Avigliana
Coordinatore cittadino
di Forza Italia
Occorre ancora una volta riconoscere il merito, la
capacità, la preveggenza,
l’imprenditorialità nonché
allora, guidata dal Sindaco Suriani e
in cui il sottoscritto come Assessore
all’Urbanistica ebbe un ruolo determinante, si oppose e iniziò una
trattativa serrata, lunga e difficile e
che si concluse all’inizio degli anni
80. Da una situazione che rischiava
il degrado si giunse al risultato che
è sotto gli occhi di tutti: non un insieme disordinato di attività disseminate lungo le strade statali, ma,
esattamente come gli altri insediamenti impostati allora ad Avigliana,
un’area ordinata, dotata delle urbanizzazioni necessarie, con un inne-
l’attenzione per il territorio e per i suoi abitanti dei
componenti del Consorzio
EK.
L’area un tempo di proprietà della Montecatini, destinata alle attività industriali,
è ormai satura: un dato di
fatto che costituisce un limite per gli sviluppi futuri,
in particolare per le aziende locali.
D’altro canto, gli spazi adiacenti alla zona industriale
del Consorzio EK, vincolati
a Parco, risultano in stato di
abbandono; da qui ha origine la proposta di utilizzarne
una parte per consentire
l’ampliamento delle attività produttive presenti, garantendo nello stesso tempo un giusto equilibrio tra
queste ultime e il rispetto
dell’ambiente circostante.
Ritengo che i tempi siano
maturi per una rivisitazione
delle aree vincolate, affinché si giunga a un compromesso veramente proficuo,
a cavallo tra la tutela del
territorio e la debita valorizzazione delle aziende e
delle loro necessità, anche
attraverso il recupero delle
cubature dell’ex stabilimento T4.
sto unico sulla viabilità ordinaria. Il
tutto a carico dei privati.
Nel processo complessivo di riordino delle aree ex-Montecatini, quella dove vi si produceva il famoso
esplosivo T4 fu destinata a verde e
venne compresa nel Parco Regionale dei Laghi, la cui istituzione fu
sostenuta dal Comune. La logica di
tale nostra scelta era quella di ottenere un’area attrezzata per la ricreazione, lo studio d’ambiente e anche
fruibile per i momenti di libertà da
parte degli addetti delle vicine industrie. Non quindi un’alternativa, ma
L’ampliamento della zona
industriale proposto dal
Consorzio EK creerebbe
nuovi posti di lavoro a beneficio della popolazione
della Valle e impedirebbe
il pericolo strisciante della
delocalizzazione delle attività imprenditoriali.
Quanto suggerito dal Consorzio costituirebbe, inoltre, un’opportunità per ridefinire finalità e regole di
funzionamento del Parco
stesso.
In questi anni, scelte discutibili hanno imposto lacci e limitazioni a iniziative
che avrebbero invece potuto essere indirizzate alla
creazione di benessere
per i cittadini, sviluppando turismo, commercio e
posti di lavoro, oltre a far
risaltare i beni architettonici, storici e ambientali
che Avigliana può vantare.
Le prossime elezioni amministrative saranno il
banco di prova per un confronto serio e franco tra le
varie forze politiche che si
presenteranno, chiarendo
chi è per lo sviluppo e chi
per il mantenimento dello status quo a cui siamo
abituati da decenni.
un complemento qualificante della
destinazione industriale.
Negli anni successivi prevalsero logiche vincolistiche. Tornando però
allo spirito originale, qualche insediamento ordinato, ben inserito ed
attentamente scelto può essere tollerato, soprattutto se si avrà la forza
di destinare i dovuti oneri ad attrezzare quel bellissimo scorcio.
Un plauso, quindi, va al Consorzio
EK che ha così fornito, tra l’altro, un
consistente argomento di discussione per i candidati alla prossima campagna elettorale.
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di ampliare l’area industriale ex-Montecatini, avanzata sulle colonne del vostro
giornale dai componenti del
Consorzio EK.
Tante volte abbiamo evidenziato le possibilità che
deriverebbero da una maggior attenzione a settori
come il turismo e il commercio, ma non ci siamo
certo dimenticati del valore
rappresentato dalla storia e
dal presente industriale di
Avigliana. Pur con la difficoltà che determina il farlo
dai banchi della minoranza,
abbiamo dedicato molte
energie nel tenere accesi
i riflettori sull’area di cui vi
siete occupati (anche raccontandone una storia forse troppo sbrigativamente
archiviata). Con interrogazioni, mozioni e prese di
posizione (non solo in Consiglio, ma nel dibattito pubblico) ne abbiamo perorato
una maggior valorizzazione
con interventi infrastrutturali dal punto di vista logistico e urbanistico.
La nostra esperienza civica
è nata anche per riportare
all’interno del confronto e
dell’agire politico il concetto
di sviluppo, troppo a lungo
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MENTO DELL’AREA EX-MONTECATINI?
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L’incontro del Gruppo DAI
Impresa dello scorso 24
gennaio si è svolto all’interno
del Turin Palace, il prestigioso
hotel quattro stelle ubicato di
fronte alla stazione di Porta
Nuova. Costruito nel 1872,
l’edificio è una combinazione
unica di architettura in stile
francese e di comodità
moderne.
Situato nel centro di Torino, a
breve distanza dai principali
poli culturali e di interesse
della Città (Museo Egizio,
Galleria Sabauda, Mole
Antonelliana e Museo
Nazionale del Cinema), l’hotel
si distingue per la qualità e la
completezza dei servizi offerti.
Oltre a una spa
completamente attrezzata,
a un business center e a
delle sale per le riunioni,
la struttura dispone di un
ristorante e di un lounge bar.
Non mancano nemmeno gli
extra a costo zero come la
colazione a buffet e il Wi-Fi
gratuito nelle aree comuni.
Martedì 24 gennaio, a partire
dalle ore 20.00, nella ricercata cornice del Turin Palace,
si è svolto il primo incontro
ufficiale del Gruppo DAI con
alcuni autorevoli esponenti
del mondo imprenditoriale
torinese.
L’evento, reso possibile grazie
alla sapiente regia di Paolo
Garbaccio e di Angelo Lucchetti, è stato ufficialmente aperto dall’intervento
dell’Amministratore Delegato
Gianluca Blandino che ha brevemente presentato la storia,
la mission e le prospettive di
DAI Impresa. Blandino si è
inoltre soffermato sul ruolo
essenziale che Torino verrebbe a svolgere nell’ottica di
rafforzamento e di ulteriore
crescita del Gruppo.
“Siamo nati – ha raccontato
– alla fine del 2013 dall’intuizione del nostro compianto
fondatore e primo Presidente, Gianfranco Scarpa. Crediamo fermamente che la
rete e la sinergia rendano più
forti le imprese, perché conoscendosi ci si può scambiare
e 24 gennaio
www.daiimpresa.it
CONTRA TORINO
opportunità di business; in tal
modo, inoltre, si può contare
di più nel rapporto con le istituzioni”.
Sono stati, tra l’altro, presi in
esame e presentati gli strumenti di presenza del DAI sul
territorio di Torino e cintura:
il giornale 2006Più, il sito Internet, i canali social e le rubriche sui periodici on line e
cartacei con i quali è in corso
un rapporto di collaborazione, come nel caso di Civico
20 News. Non è nemmeno
mancato un riferimento alla
newsletter di informazione
del Gruppo e alla proficua e
costante collaborazione con
Radio Italia Uno.
Agli oltre venti imprenditori e
liberi professionisti presenti
in sala è stato rivolto l’invito, da alcuni già raccolto (è il
caso dell’azienda Dal Cason
Trading srl e dello Studio Boidi & Partners), a entrare nel
DAI. “Davvero ci si augura –
ha sottolineato Garbaccio nel
suo intervento – che in questo modo si possa essere tutti
più amici”.
Fabio Otta
RADICARSI NEL CAPOLUOGO,
L’OBIETTIVO DEL 2017
Grande soddisfazione per l’esito dell’iniziativa e per
il lavoro svolto: tale è stato il sentimento dei DAIer Paolo Garbaccio (Reale Mutua Assicurazioni) e
Angelo Lucchetti (Selecta Domus), affiliati storici
del gruppo di imprenditori fondato da Gianfranco
Scarpa. In merito all’ultimo incontro avvenuto con
diversi rappresentanti dell’imprenditoria torinese,
Garbaccio ha commentato: «L’aggregazione e lo spirito di reciprocità sono da sempre stati i capisaldi di
qualsiasi reazione ragionata e vincente alle varie fasi
cicliche di crisi economica e sociale. Sono valori elementari, e in quanto tali sono una garanzia di forza
e di stabilità.
Alla luce di questi due semplici elementi, in tre anni
di attività il Gruppo DAI Impresa è cresciuto, divenendo una realtà complessa e ramificata, capace di
svolgere un ruolo rilevante all’interno della cintura
ovest di Torino. Ora l’obiettivo è proprio il Capoluogo
piemontese: la creazione di una rete imprenditoriale
in grado di collegare il centro con la periferia, concepita come ideale complemento privato alla Città
Metropolitana di recente costituzione, può a mio
avviso svolgere una funzione determinante nel difficile dialogo tra il mondo del lavoro e le Istituzioni.
Occorre anzitutto rimarcare la presenza del nostro
Gruppo su Torino mediante una rinnovata campagna di affiliazioni.
La piacevole serata del 24 gennaio scorso al Turin Palace, evento reso possibile grazie alla collaborazione
con l’amico Angelo Lucchetti, uno dei soci fondatori
del DAI, è stato il primo incoraggiante passo compiuto in questa direzione».
Foto servizio Giada Speziale
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Quindi niente privati?
Al contrario! Il biodistretto
si prefigge tra i propri obiettivi di porre in sinergia le
eccellenze di un territorio,
non solamente i comuni,
ma anche le associazioni di
categoria e i privati.
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Antonio Ferrentino non
è soltanto un Consigliere
della Regione Piemonte
e un Amministratore nel
Comune di Sant’Antonino
di Susa. Presiede da fine
dicembre 2014, l’associazione di enti locali Città
del Bio. La realtà si occupa di ideare e realizzare
progettazione territoriale
per comuni e regioni, inquadrandoli all’interno di
entità chiamate “biodistretti”.
Ferrentino, ci spieghi meglio che cos’è un biodistretto.
Si intende un’area che fa
un progetto di governance
territoriale, basandosi su
tre elementi: l’enogastronomia, l’ambiente e la cultura
o il patrimonio artistico con
l’obiettivo di rivitalizzare
un territorio. Preciso: tali
aspetti sono imprescindibili l’uno dall’altro e sono
anche, in ultima analisi, le
motivazioni che spingono i
turisti a spostarsi.
Un biodistretto può avere
un’estensione, o, meglio, un
numero di enti locali che vi
partecipano, che va dai 20
ai 50. Il discrimine può essere l’identità del territorio
che ovviamente deve accomunare le varie decine di
attori.
Quanti sono i biodistretti in
Italia?
Circa una ventina di varia dimensione. In Piemonte due:
in Valle Bormida e nell’area
tra Aqui Terme e Novi Ligure. Per esempio, a Suol d’Aleramo con due aziende locali abbiamo ripristinato un
salume tipico del territorio,
il “Filetto baciato” biologico; ora stiamo verificando
l’avvio per l’Indicazione di
Origine Protetta.
E come va “nel mondo” un
biodistretto?
Partecipiamo a numerosi
incontri con i nostri stand.
Per esempio nel dicembre
scorso eravamo al Parlamento Europeo, dove abbiamo presentato il progetto di Città Europee del Bio,
che mette insieme diversi
importanti centri del continente. Il 17 febbraio saremo
invece a Norimberga, dove
firmeremo la convenzione
che ufficializzerà questo
rapporto internazionale. In
occasioni del genere sono
presenti i nostri stand in
cui promuoviamo i vari biodistretti. È chiaro che non
sono tanto appuntamenti in
cui “vendere” turisticamente un territorio, bensì eventi
per incontrare potenziali investitori, anche non italiani.
In generale i vostri produttori a chi vendono?
I prodotti vendono molto
anche all’estero, in alcuni
casi fino all’80%, specialmente nel nord Europa, e in-
torno al 20% nel Nord Italia.
Il tema del cibo sano viene
spesso toccato quando si
parla di mense scolastiche,
a Sant’Antonino da tempo
ci si rivolge al territorio per
i pasti nelle scuole.
Certo, è un argomento che
ci sta particolarmente a
cuore. È positivo che nel
nuovo Codice degli appalti
siano presenti degli indicatori di premialità per chi usa
prodotti su scala provinciale o regionale, perché, ormai, non è più sufficiente
inserire nei bandi soltanto
il discrimine del biologico.
Sa qual è il terzo produttore
mondiale di alimenti biologici?
Quale?
La Cina. Difficile crederlo,
ma è così. D’altro canto, la
certificazione biologica non
viene conferita da un organismo terzo, ma da uno
nazionale. Insomma, ognuno scrive le proprie regole.
Tornando alle scuole, occorrerebbe tenere presenti
anche la territorialità dei
prodotti e la stagionalità,
qualora si volesse promuovere un bando per il servizio
della mensa. Le fragole coltivate nelle serre a dicembre non sono come quelle
dell’orto a maggio.
L’Italia può vivere soltanto
del comparto agroalimentare?
Intere regioni italiane potrebbero stravivere, non
solamente vivere, grazie al
comparto agroalimentare.
Certo, occorre tenerlo sempre in relazione con l’ambiente e il patrimonio culturale. Ma l’agroalimentare
può essere il “settore industriale” del futuro, soprattutto per il Sud Italia.
Per esempio, di recente in
Sicilia una startup dell’Università di Palermo ha trovato un rimedio biologico
per combattere la larva che
infesta le olive, utilizzando
delle bottiglie di plastica e
delle sarde lasciate in esse
a marcire. Meno inquinamento e meno costi.
Poniamo il caso che in Cina
ci si innamori di un particolare prodotto italiano: un
biodistretto, un produttore
insomma, riuscirebbe a far
fronte all’ingente domanda
cinese?
Dipende dal tipo di prodotto. È chiaro che l’insaccato
“Filetto baciato” non può
corrispondere alle richieste
cinesi, ma un prodotto della
terra sì. In una kermesse internazionale un produttore
ha stipulato, in poco tempo,
vendite per decine di quintali con acquirenti cinesi e
coreani. L’importante è che
non vengano preclusi simili
mercati a priori.
Qual è il rapporto tra Città
Bio e i produttori dei suoi
biodistretti?
Il nostro obiettivo è creare
dei canali paralleli alla filiera della grande distribuzione. Pensiamo ai pomodori
di Pachino. Al coltivatore
vengono pagati 50 centesimi al chilo, mentre al mercato vengono venduti a
5 Euro e in certi ambienti
si può arrivare anche a 8.
Cerchiamo di creare delle
cooperative per dare la possibilità ai produttori di vendere senza intermediario ai
gruppi di acquisto solidale,
perché i prezzi troppo bassi
alla fonte rischiano di portare al caporalato. Ai prodotti
va sempre riconosciuto il
giusto prezzo.
Luca Vincenzo Calcagno
www.daiimpresa.it
11
11
PERCORRENDO IN MOTO LA VIA DELLA SETA: L’ASIA RAID DEL 2000
L’impresa del buttiglierese Giorgio Quaranta
La vita è un viaggio e chi viaggia vive due volte.
Omar Khayyam
Non bisogna mai dare per scontato il nostro
territorio né le persone che lo popolano.
Sono numerose le storie e le esperienze
degne di nota che vale la pena di ricordare;
alcune di queste si intersecano poi con aree
del mondo che hanno acquisito negli ultimi
anni una particolare rilevanza. È il caso di
Giorgio Quaranta, originario di Buttigliera
Alta, da sempre appassionato di moto. Nel
luglio del 2000 ha avuto modo di partecipare all’Asia Raid, traversata organizzata dalla
rinomata agenzia “Avventure nel Mondo”,
allora presieduta da Vittorio Kulczycki.
In quell’occasione, un gruppo numeroso di persone, insieme alle loro moto e a
cinque auto 4x4 come mezzi di supporto,
dopo aver coperto via mare la distanza tra
il porto di Genova e quello di Karachi, hanno percorso uno dei tratti più antichi della
celeberrima Via della Seta, partendo dal
Pakistan fino ad approdare sulle coste italiane, attraversando la Cina, il Kyrgyzstan, il
Kazakhstan, l’Uzbekistan, il Turkmenistan,
l’Iran, la Turchia e la Grecia. L’accoglienza riscontrata presso le varie popolazioni
seminomadi incontrate lungo il tragitto è
stata sempre all’insegna della cordialità, a
volte persino entusiastica: a dimostrazione
che, quando si è animati dalla volontà di
conoscere, nel rispetto dell’altrui diversità,
il mondo è privo di frontiere. All’interno del
gruppo c’erano anche dei militari russi, un
tempo facenti parte delle truppe d’assalto
in Afghanistan, che con la loro preparazione e professionalità hanno ulteriormente
garantito la sicurezza dei viaggiatori. Quella
di Giorgio è stata un’esperienza irripetibile, accompagnata dalla visione di paesaggi mozzafiato, di suggestivi mercati esotici
brulicanti di vita e di millenari monumenti
che ancora testimoniano la potenza delle
civiltà che hanno governato quei territori.
Non è mancato quel pizzico di avventura in
più, come quando con la sua moto Enduro
è incappato in una insidiosa buca lungo la
strada, uno spiacevole infortunio che si è
concluso con un nulla di fatto. Le emozioni provate da Giorgio e dai suoi compagni
di avventura sono state ben riassunte dallo
stesso organizzatore, Kulczycki, nel suo resoconto ufficiale del Raid: «Abbiamo vissuto per 34 giorni come una comunità noma-
de, spostandoci attraverso nove paesi: 41
persone unite dalla medesima passione e
determinazione; 41 sconosciuti che hanno
saputo e voluto trovare un’armonia, un’unità d’intenti, un senso di collaborazione
che ha trascinato tutto e tutti verso la meta,
nessuno escluso, perché chi dubitava, chi
tentennava minimamente è stato travolto
gioiosamente da una suggestione collettiva
che è stata l’anima del nostro viaggio».
Fabio Otta
IL RILANCIO DI TRANA PASSA DALLA CULTURA
Nel corso degli interventi
che ho potuto curare per
tre uscite su queste colonne, ho più volte posto in evidenza come storia e cultura
si “impastino” nella vita di
Trana. Attraverso esempi
iconici, quali il periodo del
cinema muto, il sito celtico sul Monte Pietraborga
e l’eredità dei conti Gromis
ben rappresentata dal loro
Palazzo. Mi auguro di essere riuscito a dimostrare
ai lettori il “peso specifico”
culturale di Trana. A chi
volesse saperne di più o
ancora approfondire l’argomento, rimando alla lettura del libro, scritto insieme
all’amico Ezio Capello, Trana. Frammenti di storia e di
vita.
Spero che sia evidente,
quindi, quante siano le
opportunità poste in luce
da una buona conoscenza
della storia locale. In primo
luogo, la riscoperta di Trana
per i suoi abitanti. Si badi,
“per” va inteso sia come “a
beneficio di” che “da parte
di”. Infatti, il senso di appartenenza a una comunità
non nasce automaticamente prendendovi la residenza, ma va coltivato alimentandolo con i motivi che
possono rendere le persone
orgogliose del proprio paese. A mio avviso, essere la
culla del cinema, costituisce
una delle suddette ragioni.
Cercare delle costanti all’in-
fuori della matematica è
sempre una pratica pericolosa, perché si rischia di scadere nelle banalizzazioni.
Eppure, viene da domandarsi come mai non si sia
riusciti a promuovere adeguatamente uno dei siti celtici più importanti dell’area
torinese, presente proprio
in Val Sangone. A malincuore, dunque, sembra riscontrarsi in tale occasione
mancata la tipica fatica italica di valorizzare le proprie
risorse, di sapere e sapersi
raccontare.
Quel che mi sentirei di proporre è il recupero sia del
sito celtico che di Palazzo
Gromis, quest’ultimo da
destinare alle associazioni. Ancora, auspicherei che
venisse ufficialmente riconosciuto il ruolo svolto
da Trana nella storia della
“settima arte” mediante un
adeguato spazio di approfondimento all’interno del
Museo Nazionale del Cinema di Torino. Sono tre direttrici su cui occorrerebbe
mettersi al lavoro per dare
al paese la collocazione che
merita nel panorama culturale e turistico della Val Sangone e del Piemonte.
Non si vuole certo incappa-
re in questa sede che dialoga con imprenditori, quindi
denotata da un certo pragmatismo, nell’illusione che
il patrimonio artistico possa
essere la prioritaria risorsa
su cui l’Italia debba investire. Tuttavia, rimane l’importanza strategica dell’arte,
della storia e della cultura
per un territorio, poiché
esse – insieme alle eccellenze di natura gastronomica, naturalistica e sportiva
(supportate da un’efficace
comunicazione) – producono turismo e, di conseguenza, benessere e ricchezza.
Stefano Barone
12
12
LO SPORT, IL “MARE” DI CANTALUPA
A colloquio con Paolo Dora
Anche lo sport come volano
per la promozione turistica. È quanto insegnano la
vicenda virtuosa del comune di Cantalupa e dei suoi
protagonisti: Paolo Dora,
amministratore nella vicina
Frossasco, ma anche gestore dell’albergo-ristorante
“Tre Denti”, aperto 7 giorni
su 7.
La struttura viene costruita
nel 2001 in occasione dell’edificazione del centro sportivo. Attraversa diverse gestioni, finché subentra Dora
il 1° febbraio del 2015. Il suo
è un arrivo con alle spalle
l’attività di famiglia: la cantina vinicola operativa da
più di 40 anni a Frossasco.
«Questa e l’albergo diventano complementari» spiega.
Lo “storico” sindaco Giustino Bello «è stato lungimirante per quanto riguarda
lo sport, ha creato il mare di
Cantalupa, – racconta Dora
– ha investito costantemente nell’infrastrutturazione, a
partire dal 2001. Ed è stata
un’ottima scelta, altrimenti
Cantalupa sarebbe stato un
paese dormitorio».
Il comune oggi può vantare
un Palazzetto dello Sport
con palestra piccola, centrale, una sala muscolatura,
una pista coperta di atletica, delle pareti di arrampi-
cata; uno stadio di atletica
e uno di calcio; una palestra
comunale; un campus-foresteria (un antico monastero acquistato dall’Amministrazione, ristrutturato e
ora in gestione a Dora) con
impianti ricreativi, quali un
campo da calcetto in sintetico, un campo per la pallacanestro, la pallavolo, il
tennis, il beach volley e un
percorso mountain bike;
inoltre il centro Federale
Nazionale F.I.T.ARCO. In più,
l’albergo può anche fungere
da centro congressi, a cui si
affiancano alcuni locali per
riunioni nel campus.
Nel corso del tempo sono
state diverse le soddisfazioni che Cantalupa si è potuta
levare. Numerose le squadre ospitate: la Nazionale
italiana di twirling, quella
di tiro con l’arco (più volte
è stato sul territorio Marco
Galiazzo, medaglia d’oro ad
Atene 2004 e Londra 2012)
che si raduna in Val Noce
una volta al mese e le cui
giovani promesse per Tokyo 2020 sono ospitate al
“Tre Denti”, persino durante il periodo scolastico, per
ridurre al minimo lo stress
dovuto agli spostamenti.
La stessa Nazionale cinese
di atletica si è allenata a
Cantalupa per due anni. Anche sul versante del calcio
non sono mancati gli ospiti, come la prima squadra
della Pro Vercelli e quella
della Primavera del Torino.
Ancora, Cantalupa ospiterà
diverse academy della Juventus, giovani talenti dai
7 ai 17 anni, provenienti
da tutto il mondo: la prima
dovrebbe giungere da New
York.
«Questo dinamismo sotto
il profilo sportivo reca indubbiamente dei benefici al
il territorio, per il semplice
fatto che tutti gli attori coinvolti cercano di far sentire
questo patrimonio della
Val Noce intera. Quando
c’è gente, cioè turismo, va
bene per tutti. Per quanto
riguarda il mio caso, cerco
di rapportarmi con i produttori locali. Inoltre, occorre
potenziare la sinergia con le
strutture incentrate a valorizzare le peculiarità del territorio: il Museo dell’Emigrazione dei Piemontesi nel
Mondo e quello del Gusto».
Luca Vincenzo Calcagno
In un #tweet... Recensioni
Avvicinandomi
alle stelle
Medjugorje
l’inchiesta.
Aspettando
il giudizio
di Papa
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e ricordi della
Val Sangone
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tempo affidati oggi all’inchiostro.
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Il volto oscuro di Torino si tinge di
giallo: al lettore trovare il bandolo della matassa
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Da più di tre anni in piazza
Conte Rosso ad Avigliana
si trova un piccolo “posto
di guardia” per presidia-
re la cultura tutta italiana
del buon cibo: è “Brodo di
Giuggiole” di Michele Veneto e Francesca Piaser.
Si può apprezzare l’intento programmatico già nel
nome dell’attività: “un vecchio proverbio della nonna toscana di mia moglie,
– racconta Veneto – è un
nome che unisce la tradizione, la sapienza popolare e il
gusto”. Nei prodotti venduti
da “Brodo di Giuggiole” si
apprezza il chilometro zero
del pane prodotto in loco e
delle tipicità locali valsusine casearie e non. Inoltre si
possono trovare prelibatez-
ze nazionali, come la pasta
pugliese, salumi e insaccati
toscani.
“Crediamo che i prodotti
tipici raccontino un territorio – aggiunge Piaser – e
ciò deve favorire il giusto
riconoscimento della fatica e quindi del costo che
viene attribuito”. Infatti, il
titolare di “Brodo di Giuggiole” è convinto che “non
è vero che si spende tanto
per mangiare bene”. Piuttosto, “è una questione di informazione: si possono fare
acquisti di qualità spendendo al contempo il giusto”.
Un’annosa questione che si
richiama a dinamiche ben
più che nazionali; fenomeni, ormai tipici del XXI secolo, come il junk food e l’imitazione del made in Italy,
così come la sempiterna
disponibilità in qualunque
mese di qualunque ortaggio e frutto. “Un’attività
come la nostra – conclude
Veneto – porta avanti una
battaglia: far ricordare che
esiste una stagionalità dei
prodotti. E non parlo soltanto di vegetali, penso anche
ai formaggi. Un altro modo
di spendere meno è, appunto, seguire la stagionalità”.
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UNA STORIA ALL’INSEGNA DELLA MODA
In Val di Susa, nel comune
di Borgone, tutti conoscono
la famiglia Di Giovanni e i
suoi negozi. Sono un punto
di riferimento per la moda
e, soprattutto, per lo stile.
Quella della loro famiglia è
una storia molto interessante. Siamo nel 1955: Gaspare
Di Giovanni, migrante siciliano, insieme alla moglie
Giovanna, emiliana, apre il
primo negozio di sartoria da
uomo nella Valle, realizzando così il grande sogno che
accomunava la coppia.
Tra gli anni ’60 e ’70 la sartoria diventa un vero e proprio
punto di riferimento per
l’abbigliamento e, quando
i figli Giorgio e Cinzia prendono le redini dell’attività,
creano un vero e proprio
negozio di abbigliamento,
già all’avanguardia per lo
standard dell’epoca. Armati
di dedizione, di creatività e
di passione per il settore, i
Di Giovanni hanno creato
un “brand” che, nonostante
la grande tradizione, ancora
oggi fa tendenza, grazie alla
ricerca di prodotti sempre
innovativi e la cura per gli
eventi, come le grandi sfilate che organizzano.
Vi occupate di moda e abbigliamento da ben sessant’anni. Il fatto di essere
una conduzione familiare
costituisce un ulteriore elemento di forza?
«Finché alle nuove generazioni non mancherà la nostra passione, sì».
Come si colloca nel panorama giovanile una boutique
che punta sulla ricercatezza
come la vostra?
«Sebbene viviamo un’epo-
ca senza anima, abbiamo
uno zoccolo duro, anche di
giovani, che non vuole essere assimilato al gusto corrente, molto impersonale, e
viene a cercare prodotti di
suo gusto e di qualità che
fanno parte del nostro assortimento».
Qual è la realtà del settore
abbigliamento nel contesto
di crisi economica degli ultimi anni?
«È una situazione molto
difficile che, però, abbiamo affrontato con grinta,
modernizzando il nostro
lavoro e creando un valore
aggiuntivo con strumenti
che, fino a qualche anno fa,
sembravano inutili: la profilazione della clientela che ci
permette comunicazioni e
contatti rapidi, l’utilizzo dei
social che stanno diventando sempre più importanti,
l’aggiornamento continuo
delle tecniche di gestione,
l’uso della professionalità
giunta al suo apice e, infine, gli investimenti sfociati
nell’apertura del nuovo negozio “Bags & Shoes”».
Può darci un giudizio sulla
vostra esperienza nei confronti del gruppo DAI Impresa?
«Il giudizio è sostanzialmente positivo: la creazione di
una rete con altri imprenditori è basilare. Auspichiamo
per il futuro dei contatti più
diretti con dei colleghi dello stesso settore con i quali
scambiare pareri e soluzioni
specifiche».
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La Cattedra Unesco
“Antropologia della Salute,
Biosfera e Sistemi di cura”
+ 1,4%
Il progetto Cattedra Unesco “Antropologia della Salute, Biosfera e Sistemi di
cura” dell’Università degli Studi di Genova nasce da una esigenza culturale e da
una realtà patrimoniale. L’esigenza culturale tiene conto del fatto che il concetto di salute e i metodi di cura non hanno
valore universale: universale è invece la
qualità scientifica dell’indagine. La realtà
patrimoniale è il Museo di Etnomedicina
di proprietà dell’Università di Genova.
La Cattedra ha come base di indagine l’ipotesi che la conoscenza sia unitaria, ma con molteplici origini, metodi ed espressioni.
Prende in esame il vasto contesto in cui si sviluppano le ricerche
medico-antropologiche nell’area della salute e del benessere.
Tra le finalità, la volontà di rafforzare i legami tra le Università,
gli Istituti di ricerca e di istruzione superiore per favorire le capacità di trasferimento delle conoscenze in un ambito unitario.
Rafforzare un legame tra questa dimensione culturale e il trasferimento di conoscenze è una necessità primaria per il buon
funzionamento della Cattedra. Nel lungo termine l’obiettivo è
la formazione di una generazione di ricercatori multidisciplinari, occidentali e non, capaci di tradurre secondo metodi scientifici insiemi integrati di conoscenza del mondo etnomedico.
I criteri e le finalità di istituzione corrispondono e integrano le
priorità dell’Unesco per il terzo millennio (Unesco Mid Term
Strategy 2008-13 e 2014-2021) e agli obiettivi del millennio
ONU (millenium goals). La Cattedra e il network hanno la doppia funzione di “think-tank” e di ponte tra il mondo accademico, la società occidentale, le comunità indigene, la ricerca
scientifica e le istituzioni.
Tania Re
Psicologa - Antropologa
Cattedra UNESCO “Antropologia della Salute,
Biosfera e Sistemi di cura” - Università degli Studi di Genova
http://www.cattedraunesco.sdf.unige.it/
Centro di Riferimento Regionale
per la Fitoterapia - Toscana; Mimondo
LIMMIT - Mind and Matter Laboratory - Lisbona
2006PIÙ MAGAZINE
2006 Più - Supplemento di informazione di “Territori”
Direttore Responsabile: Marco Margrita
C.so Susa, 18 – 10098 RIVOLI (TO)
011-953.14.59
[email protected]
Editore: Echos edizioni di Ronco Marco
Iscrizione al Registro delle Imprese della CCIAA di Torino, numero REA 1181643; P.IVA:
11022870015 - Iscrizione Registro Operatori della Comunicazione n. 26547
Coordinamento Editoriale: Fabio Otta
GIANLUCA BLANDINO
B. G. LOG s.r.l.
V.le Gandhi, 30 - 10051 AVIGLIANA (TO)
011-936.89.96
[email protected]
Hanno collaborato: Luca Vincenzo Calcagno, Diego Mele, Francesco Rossa,
Giada Speziale, Alessandro Vacchiotti, Stefano Barone, Gianluca Blandino,
Giovanni Battista Benso, Giacomo Bottino, Marco Civra, Carlo Costalli, Gianfranco Ferraudo,
Gianluca Matlì, Angelo Patrizio, Gianna Pentenero, Tania Re, Aristide Sada, Toni Spanò,
Daniele Valle, Antonio Cravioglio, Laura Gariglio, Davide Camandona
Corredo fotografico: Archivio Echos Group
Impaginazione: Simona Mensa
� ��r� �� M�rc� M�r��it�
A dicembre 2016 l’indice
destagionalizzato della
produzione industriale è
aumentato dell’1,4% rispetto a novembre. Nella media del trimestre
ottobre-dicembre 2016
la produzione è aumentata dell’1,3% rispetto al
trimestre precedente.
Corretto per gli effetti
di calendario, l’indice
è aumentato in termini tendenziali del 6,6%
(i giorni lavorativi sono
stati 20 contro i 21 di
dicembre 2015). Nella media del 2016 la
produzione è cresciuta
dell’1,6% rispetto allo
stesso periodo dell’anno
precedente.
Per quanto riguarda i
settori di attività economica, i comparti che registrano la maggiore crescita tendenziale sono
quelli della fornitura di
energia elettrica, gas,
vapore ed aria (+14,9%),
della fabbricazione dei
mezzi di trasporto
(+12,2%) e della fabbricazione di computer,
prodotti di elettronica e
ottica, apparecchi elettromedicali, apparecchi
di misurazione e orologi
(+11,9%). Diminuzioni si
registrano soltanto nei
settori delle industrie
tessili, abbigliamento,
pelli e accessori (-4,1%)
e della fabbricazione di
coke e prodotti petroliferi raffinati (-0,6%).
L���r� �� ����tt���
Gentile Direttore,
sul numero novembredicembre 2016 il Suo
editoriale “parole ai
numeri” intitola 28,7%.
Secondo l’ISTAT, il 28,7%
delle persone residenti
in Italia è a rischio povertà; l’Ente si basa su
dati ufficiali e quindi
sembrerebbe che... due
più due faccia quattro.
I fatti non acquistano
il loro rilievo, se non in
relazione al criterio in
base al quale si interpretano. Nel nostro Paese
l’evasione fiscale è pari
(ultimo dato stimato) a
220 miliardi l’anno, realtà caratterizzata dalla
prevalenza del lavoro
nero. Poi ci sono i redditi
agricoli e similari, dove
non è l’evasione il fenomeno principale ma l’incapacità oggettiva di de-
terminare il valore degli
autoconsumi, che ogni
interessato giustamente definisce secondo le
proprie necessità, senza
renderlo pubblico.
Si può fare lo stesso ragionamento per il problema “alimentazione”.
Il discorso sarebbe lungo, quasi a voler negare
che le necessità esistano, mentre ne vediamo i risvolti giornalieri
intorno a noi; un conto
è, però, scrivere che ci
sono tot milioni “a rischio povertà” (ISTAT),
altro è dire che sono “al
di sotto della soglia di
povertà” (fonte Caritas).
Non giochiamo con le
parole e la Caritas è ovviamente troppo coinvolta nel problema per
essere obiettiva.
Antonio Cravioglio
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15
FAR RIDERE È UN LAVORO SERIO: EMOZIONARSI PER EMOZIONARE
Breve ritratto di Francesco Damiano
Francesco Damiano, 46
anni, conosciuto ai più
come Giallorenzo, l’adolescente timidone suo personaggio di punta, dopo
diversi anni di gavetta nel
teatro amatoriale, nel 2004
si diploma all’Accademia
Nazionale del Comico di Torino. Frequenta anche corsi
di clowneria di Philip Radice e Jango Edwards. Clown,
attore, comico, cantante
in alcuni musical e attore
cinematografico in “Sono
tornato al Nord” con Franco
Neri e nei “Corti di Gabriele
Cirilli”.
Nel 2007 il debutto televisivo a “Cultura Moderna” su
Canale 5.
Nel 2008 partecipa allo
show televisivo “Co.Co.Comici” (Odeon Tv). Poi a “I
raccomandati” (2010) in diretta su Rai Uno, con padrino Beppe Braida. Nel 2011
su Italia 1 partecipa al “Saturday Night Live”, condotto
da Braida ed Elenoire Casalegno, poi a “Zelig OFF”,
condotto da Federico Basso
e Teresa Mannino e all’edi-
zione dell’anno seguente.
Sempre nel 2012 si esibisce a “Zelig Arcimboldi”, su
Canale 5, in prima serata,
condotto da Claudio Bisio
e Paola Cortellesi. Nel 2014
su Italia 1 “Zelig UNO” con
Katia Follesa e Elisabetta
Canalis, col personaggio
dell’Ultras della Sannarese.
Come ti definiresti?
«Schietto ma riflessivo, calcolatore ma di cuore, che si
dona sempre con slancio.
Uno che ha scelto la formazione e la gavetta prima di
approcciare alla TV. Comico,
attore, formatore, presentatore, ma tutti mi danno
del cialtrone e il guaio è che
inizio a crederci!».
Cos’è per te la comicità?
«Un modo di comunicare,
di essere, una scelta di vita;
un modo per entrare in empatia con le persone, tutte,
contemporaneamente, per
aprire la propria anima. È
l’opportunità di regalarsi, la
voglia di reagire, scardinare,
sovvertire… Per me un comico è un rivoluzionario!».
Quale lavoro avresti potuto fare?
«Nel campo scientifico-matematico, (per 10 anni ha
lavorato come consulente
informatico presso banche e compagnie assicuratrici), qualsiasi mansione
che avesse a che fare con
formule, numeri. Se uno ci
pensa bene, anche la comicità è matematica: la battuta, il tempo comico hanno
una precisione e cadenza
matematica».
Quando ti ho chiesto la
professione, hai detto anche “formatore”?
«Sì, o meglio FormaTTore.
Organizzo workshop sulla
comunicazione non verbale sfruttando la mia esperienza di comico. Insegno
tecniche e metodologie per
comunicare efficacemente
davanti a un pubblico e/o
nel proprio ambito lavorativo, utilizzando la gestualità
del corpo con consapevolezza».
Comicità fa rima con…?
«Sensibilità. Da anni colla-
boro attivamente al progetto “Riso fa buon sangue”,
che porta in tutta Italia artisti comici in uno spettacolo
completamente dedicato
alle AVIS locali e alla sensibilizzazione alla donazione
del sangue. Sono anche serio a volte!».
Ho letto nel tuo sito internet: “Emozionarsi per
emozionare”, è la tua massima per il mestiere di cabarettista… Quando sei su
un palco ti emozioni ancora oggi?
«Assolutamente si. Penso
davvero che esibirsi su un
palco sia una delle emozioni che ognuno nella vita dovrebbe provare. Nella mia
breve carriera, come professionista da 10 anni, mi
è capitato di tutto, mi sono
esibito davanti a 3.000 persone, come davanti a 8».
Il ricordo più bello della tua
carriera?
«Lunedì 30 gennaio 2012,
la prima volta sul palco del
Teatro Arcimboldi di Milano
insieme e Bisio e la Cortelle-
si. Avevo i brividi e l’adrenalina a mille!».
Ti sei occupato anche di
musical e cinema, quali le
tue prossime mete professionali?
«Attualmente sto sviluppando la Visual Comedy,
che è la tecnica di comunicazione e di comicità più
diretta, ovvero la mimicagestuale, basata sulla considerazione che si comunica prima a gesti che a
parole: è sufficiente un’espressione del volto per
sintetizzare un concetto e
non servono parole. È un
po’ alla Charlie Chaplin, o
Mr. Bean. Gag al posto di
battute, e la comicità ar-
riva a bambini e anziani,
in Italia e all’Estero, ovunque. Infatti sto producendo, insieme a un’attrice di
nome Francesca Lattanzio,
uno spettacolo nuovo dal
titolo provvisorio “Romantica” che è la divertente
storia del corteggiamento
e di come esso si sia evoluto dalla Preistoria fino ai
giorni nostri, contaminata
da modernità tecnologiche
spiazzanti».
Rideresti alle tue battute?
«Assolutamente si, non lasciarsi andare a una risata è
come mettere la freccia per
un sorpasso e poi dover rinunciare».
Alessandro Vacchiotti
MEROPE: GARANTIRE A TUTTI LE STESSE OPPORTUNITÀ
Operare affinché siano tutti davvero uguali, al di là delle retoriche e delle più insidiose invalidità: dalle più gravi e menomanti,
alle meno visibili, ma tutte capaci
in potenza di far sentire diversi.
È l’obiettivo che si pone l’associazione socio-assistenziale Merope
Onlus, attiva sul territorio aviglianese e valsusino dal 2003.
Già il nome stesso indica la sensibilità per cui e con cui è nata.
Spiega, infatti, lo storico Presidente Walter Berardo: «Merope
era una delle figlie di Zeus che
non sposò un semi-dio, bensì un
umano con problemi fisici. Per
questo fu condannata a essere
delle sette stelle sorelle la meno
luminosa. Ma per noi, in virtù
proprio di quella scelta, è la più
luminosa!».
La mission di Merope è chiara:
«Vogliamo che ogni persona, anche la più fragile, possa godere,
al pari delle altre, di buona salute». Una sorta di diritto al “benessere” nelle parole di Berardo,
intendendolo come stato ottimale di salute del singolo, non solo
dal punto di vista fisiologico ma
anche psicologico.
«Cerchiamo di intercettare i bisogni dei più deboli, – racconta
Berardo – è un attività che portiamo avanti con senso di solidarietà e traguardando la giustizia
sociale». DSA (Disturbi Specifici
dell’Apprendimento), BES (Bisogni Educativi Speciali) e DCA
(disturbi del comportamento alimentare), sono problematiche
difficili da distinguere a un occhio
superficiale, ma in grado di modificare nel profondo e in peggio
la vita di una persona. Merope dà
sostegno, e soprattutto ascolto, a
chi è affetto da un disturbo così
come alle famiglie. Ma i volontari
dell’associazione non si tirano indietro quando si tratta di gravi disabilità e difficoltà di integrazione. Perché «a volte una persona
in difficoltà ha soltanto bisogno
di risposte» aggiunge Berardo.
Ma come agisce operativamente
Merope? «Innanzitutto attraverso l’informazione per sensibilizzare i cittadini. È chiaro che anche
noi dobbiamo essere sempre at-
tenti a quel che accade nel mondo del socio-assistenziale, per
questo partecipiamo a convegni
e incontri a tema. A nostra volta
ne organizziamo altri, così come
mostre e presentazioni incentrati
su argomenti quali la disabilità,
l’integrazione e la solidarietà».
«Indubbiamente, oggi il tema
dell’uguaglianza è all’ordine del
giorno ed è un bene, – conclude Berardo – noi siamo una presenza atta a ricordare che esiste
un’ampia e trasversale parte della società che ha bisogno di essere ascoltata e a cui vanno riconosciuti gli stessi diritti, le stesse
opportunità del resto della popolazione».
L.V.C.
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DALLE 13:15 ALLE 14:00
Radio Italia Uno. La musica di ieri, la musica di
oggi, la TUA musica!
Radio Italia Uno è una
storica emittente nata
nel 1977 che da sempre
rappresenta un punto di
riferimento per il pubblico adulto piemontese.
La radio, facente parte
del gruppo che include,
tra le altre, Radio Manila e Radio Party Groove,
festeggia 40 anni con
una nuova identità che
punta ad assecondare le
mutate esigenze del suo
target di riferimento. Tra
le novità, il restyling del
logo, un sito internet con
la diretta streaming, un
palinsesto ricco di voci
e una più accurata selezione musicale (dagli
anni 60 ai giorni nostri:
canzoni principalmente
italiane, ma anche internazionali) che si è alter-
nata a vari programmi di
intrattenimento e di approfondimento in diretta
dal lunedì al venerdì: il
buongiorno dalle 9 alle
12, l’approfondimento
dalle 13:15 alle 14 e la
buonasera dalle 18 alle
20.
In questi mesi di collaborazione con Radio Italia
Uno sono diversi i DAIers
che sono andati in onda.
L’Amministratore delegato DAI Gianluca Bladino che ha raccontato la
realtà del gruppo; Enrico
Franchino in una puntata sul risparmio energetico; Carlo Guerrieri di
Risorse che ha fornito
utili indicazioni su come
redigere e diffondere il
proprio curriculum; Michele Ferraudo che è intervenuto sul tema del
digital divide e sulla propria attività.
Nei mesi scorsi si è stabilita un’intesa tra la
nostra rivista e il gruppo DAI Impresa. Corre
quindi l’obbligo e il piacere di presentarci a
coloro che non ci conoscono o non hanno
ancora potuto acquisire familiarità con il nostro prodotto editoriale.
Com’è nato Civico20?
L’idea nasce nel 2010 dall’intuizione della famiglia Gori, che poi diverrà, l’11 Marzo del
2011, l’editore di Civico20News.
Si era avvertita l’esigenza di poter comunicare iniziative locali e limitrofe al territorio cittadino e punti di vista di diverso contenuto
e spessore, senza dover passare attraverso
il lungo e tortuoso percorso delle agenzie di
stampa o degli amici degli amici.
Ben presto, l’idea si tramutò in realtà. Esce
la prima edizione di Civico20, sotto la guida
di Massimo Calleri, un giornalista di lungo
corso, buon conoscitore delle vicende cittadine, dalla politica allo sport. Si è scelta la
soluzione on line, con articoli che non devono attendere i limiti oggettivi ed i tempi della
stampa e della distribuzione per raggiungere
i lettori.
Il programma è stato sin dall’inizio ambizioso, con pagine dedicate giornalmente alla
politica ed alla cronaca locale, nazionale e
internazionale, alla scienza, alla cultura, agli
spettacoli e allo sport.
Civico20News, per l’impegno e la passione
dei redattori e collaboratori, non è mai indietreggiato come diffusione ed oggi vanta
una media di oltre 10.000 lettori giornalieri.
L’attuale editore è Natalino Gori, succeduto
ai genitori. In questi anni ha saputo difendere la libertà dell’informazione, senza interferenze con la direzione, pur esigendo la correttezza e la tempestività nel nostro operare,
oltre al rispetto degli altri.
Massimo Calleri continua ad essere il primo
e a oggi insostituibile Direttore responsabile.
Il perché di quest’accordo? Abbiamo avuto
modo di constatare come 2006Più Magazine
rilanci in modo ottimale il presupposto e la
mission che DAI Impresa intende promuovere: lo spirito d’iniziativa, la professionalità e
la tradizione di operosità ormai centenaria
che contraddistingue la nostra gente.
Noi di Civico20News ci sentiamo uniti nella
difesa di questi valori ed in tale ambito intendiamo proseguire ospitando gli articoli
che con metodicità sabauda il direttore di
2006Più Magazine c’invia il lunedì, mercoledì e venerdì di ogni settimana per la pubblicazione.
Civico20 troverà ospitalità sul vostro periodico. Dal prossimo numero del vostro Magazine, v’intratterremo con una finestra aperta
sul mondo dell’attualità e dell’informazione.
Francesco Rossa
Direttore editoriale
UNA NUOVA
DIREZIONE
PER MARGRITA
Abbiamo in comune il direttore con “Il Monviso”. Il
nostro Marco Margrita firma come responsabile, da
novembre scorso, lo storico settimanale pinerolese.
Dopo la scomparsa del
fondatore Silvio Mondino, l’associazione editrice
e il gruppo redazionale lo
hanno chiamato a guidare
il giornale.
Lavorare affinchè una
voce del territorio continui ad essere presente
è un servizio al diritto di
informazione dei cittadini
e al pluralismo. Pertanto,
ringraziamo Margrita per
aver raccolto questa sfida.
Marco consegue così il suo
personale triplete. Oltre a
questo foglio e a quello di
Pinerolo, infatti, dirige il
quotidiano d’opinione on
line “La Pietra nello Stagno” diffuso nel Canavese
e non solo.
A Marco e ai colleghi de
“Il Monviso”, l’augurio di
“buona strada!”
PERCHÉ ESISTA IL LAVORO OCCORRE CHE ABBIA UN SENSO
Continua da pagina 1
Tante volte abbiamo sostenuto, da queste colonne, che “il lavoro è un valore” e che c’è “un valore
del lavoro”. Lo abbiamo
fatto, però, cercando di attuare quanto ha insegnato
Giovanni Testori: “in ogni
gesto dell’uomo esiste un
peso terreno e, insieme,
un peso supremo; esiste
un peso, un valore, un
senso per cui chi entra in
una fabbrica, sia per dirigerla, sia per timbrarvi il
cartellino e lavorare, ha
eguale grandezza di chi
dipinge la Sistina e di chi
scrive l’Amleto”. Il senso
è il punto. Anche del e nel
lavoro.
In questo numero del
giornale ci siamo particolarmente
concentrati
sul lavoro, sin dal focus.
Abbiamo raccontato storie, pungolato i decisori
su proposte e stimolato
riflessioni sulle alleanze
necessarie per non rassegnarci al declino. Non
è uno stupido ottimismo,
ma la prima concretizzazione dell’obiettivo di “co-
struire insieme” e “fare
rete”.
Il filosofo Stefano Zecchi,
in un commento sul fatto
per “Il Giornale”, riferendosi al passaggio in cui
Michele “urla” che “da
questa realtà non si può
pretendere niente”, ci
rammenta che “si ha il dovere di comprendere che
per raggiungere il massimo bisogna passare per il
minimo, non ci sono scorciatoie, attese illusorie”.
Sicuramente vero, ma non
possiamo rassegnarci alla
trasformazione della persona in cosa: la dignità del
singolo è invalicabile. Certamente, però, come scrive su “Linkiesta” Fiammetta Sciandivasci, proprio
agganciandosi all’articolo
“Sopportare
zecchiano:
la realtà è inscindibile dal
farci i conti”. La giornalista
giustamente evidenzia che
“È vero: ci è stato consegnato un mondo malandato, iniquo, assurdo,
sordo. Tuttavia, quale
generazione può dire di
averne ereditato uno che
rispondeva al canone che
aveva in mente?”.
Il nostro magazine dà voce
a un tentativo di imprese
di affrontare la crisi, amplifica il loro proporre una
maggior capacità di sviluppare sinergie. Proprio per
questo non può non guardare “più in là”, affrontare
il nodo del senso. Roba di
vita e del suo essere mestiere, non aridamente di
lavoro. Ha ragione Mara
Mondo, che titola la sua
riflessione sul caso per “Il
Sussidiario”: “nessun la-
voro può illuderci di trovare quel che cerchiamo
davvero”.
Gianfranco Scarpa, fondatore di questo foglio e di
Dai Impresa, titolava la sua
prefazione nell’Opera Omnia dedicata ai 150 anni
dell’Italia Unita “Oggi non
stiamo bene, ieri stavamo
peggio”. Tenerlo presente
serve a edificare insieme il
percorso per affrontare il
minimo e tendere al massimo. Al lavoro!
Marco Margrita
@mc_margrita