giornalino giugno PDF

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giornalino giugno PDF
LA NOSTRA CIVITA
Giornalino del quartiere
L. C. CATANIA HOST
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Giugno 2004
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Grazie al rinnol’interno dell’area
vato impegno del
portuale, non
Lions Club Catacontestandone
nia Host i ragazzi
l’ulteriore barriedella Scuola Mera visiva, che
dia del Convitto
questi costituivaNazionale “Mario
no per la fruizioCutelli” sono stane del mare.
ti coinvolti in una
A tale proposiindagine conoscito è interessante
tiva all’interno del
riportare la rispoQuartiere Civita
sta data da una
che ha lo scopo di
nonna alla doraccogliere il pamanda: “vuoi derere degli abitanmolire gli archi?”,
ti sull’ipotesi di
l’anziana donna
demolire gli archi
ha risposto: “No,
della Marina e regli archi sono qui
stituire il porto
da molto tempo,
alla Città. I Civiinvece degli archi
toti intervistati
dovrebbero toglie(un campione
re qualche palazI pescatori e gli archi (foto d’epoca)
congruo di persozo inutile ed abne di età comprebandonato”.
sa tra i 30 e i 70 anni) hanno all’unisono risposto no. Non
Non so se la demolizione può essere giustificata semplicevogliono che vengano demoliti gli archi.
mente dall’inutilità o dall’abbandono. Esiste invece il conLa risposta negativa non scaturisce da particolari valutacetto del recupero funzionale, dove ciò che ha valenza di rifezioni ambientalistiche, urbanistiche o storiche, ma dalla semrimento possa assumere anche valenza di fruizione.
plice identificazione degli archi quale elemento architettoniVolendo accennare ad un discorso urbanistico si può conco, che in questo quartiere è ormai punto di riferimento.
siderare che l’attuale via Dusmet, costituisce già una barrieQuesto sentimento va rispettato anche per restituire, a dira che, anche senza archi, impedisce il contatto con il mare.
stanza di 300 anni circa, la Civita ai suoi cittadini ed alla
Guardando la Civita dal porto si colgono tre quinte: la corloro volontà. Il dibattito che ha occupato tempo addietro le
tina dei palazzi, il piano stradale, gli archi.
pagine del giornale cittadino, “La Sicilia”, demolire o no gli
La cortina di palazzi, da restituire allo sguardo del potenarchi, non ha mai investito gli abitanti della Civita, proprio
ziale navigatore che arriva a Catania dal mare, è formata
come 300 anni fa, quando furono espropriati da Uzeda della
dallo splendido palazzo Biscari, dall’Arcivescovato, ma anloro identità urbana di borgo di pescatori.
che da una serie di palazzi degli anni ’50 e ’60 tipici della
Uzeda agì così per inserire parte della nobiltà catanese,
speculazione edilizia di quegli anni.
costruendo nella marina la famosa Via della Civita (l’attuale
L’unico stabile moderno di pregio è la casa del portuale
via Vittorio Emanuele per la quale, nel tratto dal Duomo a
che costruita durante il ventennio comunque conserva e conpiazza dei Martiri, i Lions chiedono, nell’ambito del “Progetto
segna allo sguardo un linguaggio architettonico.
Civita”, il ripristino toponomastico per un rilancio socio-culDopo i palazzi si trova il piano stradale che si presenta
turale e turistico del quartiere).
come un’arteria a media velocità, quindi solo macchine, fumo
I Civitoti hanno risposto che vogliono gli archi, perché per
e pedoni che cercano di attraversare la strada con le difficolloro sono “porta antica” della Città.
tà del caso.
Invece gli architetti ed urbanisti, interpellati dall’AmminiIn primo piano ecco i famigerati Archi della marina, che
strazione comunale, propongono la demolizione, perché gli
con il loro costante ripetersi, certamente non snelli, rappreArchi della Marina non sono ritenuti di alcun pregio archisentano il filo conduttore di un discorso: un vero e proprio
tettonico.
fronte a mare; come un “Piede” su cui poggia il bello e il
Gli stessi professionisti, però, non si sono sentiti offesi dalbrutto della Civita.
la costruzione (di nessuna valenza) dei due stabili sorti alAdele Trainiti
Il Punto
Il Punto questa volta vuole parlare di
una COSA che fa “pendent” col paginone
centrale di questo numero, a 12 pagine
per celebrare la chiusura del secondo
anno di attività, e chiarire la genesi del
rapporto dei Lions con la Civita.
La “Cosa” ebbe inizio in una calda
serata di Agosto del 2002. Francesco
Corsaro Boccadifuoco, da poco insediatosi alla presidenza del club, aveva riunito una cinquantina, e forse più, di
amici in un noto albergo ristorante dell’Etna. Al mio tavolo avevamo appena
finito di consumare la magnifica cena
quand’egli si avvicinò per dirmi qualcosa. Aveva l’aria furbina di quando, autorevole componente del mio team nell’anno sociale 1996 – 97, ne pensava
una della sue e me ne parlava. E, poi,
la realizzava con entusiasmo e generosità. Spesso sorprendendomi. Come nel
caso del prato e delle aiuole fatti allestire a sue spese in un grande spiazzo all’interno del plesso della scuola media
Dusmet a Librino, adottata dal club, a
fronte di una mia semplice richiesta di
“andare a dare un’occhiata”.
Perciò ben volentieri ascoltai la sua
idea di dare un seguito a quell’esperienza che ci aveva visti impegnati assieme
ad altri amici, con risultati eccellenti a
detta di tutti. Ridotta all’osso, egli voleva fare qualcosa di lionisticamente importante alla Civita, dove contava su
qualche appoggio, e mi chiedeva di assumere la leadership dell’iniziativa. Presi qualche giorno per la risposta. Non
che avessi dubbi, sentivo il dovere morale di ricambiare il neo presidente per
quello che aveva fatto per me da cerimoniere nell’anno di Librino. Volevo solo
vedere e “studiare” la Civita, la sua gente, i suoi sapori ed odori, i suoi misteri,
insomma cercare di conoscere la sua
“anima” di quartiere contraddittorio,
con povertà e ricchezza a convivere, ma
non attraverso i tanti testi, bensì con la
mia personale percezione. Lo stesso
metodo usato a Librino, allorché assieme a Filippo Anastasi scegliemmo di
operare alla scuola media Dusmet.
Parrà strano, ma io non conoscevo il
quartiere. Felicemente a Catania da circa 40 anni, non mi ero mai addentrato
in quelle stradine, nei vicoletti, nelle
piazzette, negli slarghi, nelle viuzze dove
le case si toccano quasi, insomma non
lo conoscevo proprio. E così da solo e
senza macchina fotografica in una settimana l’ho visto e rivisto a ripetizione
LIONS CLUB CATANIA HOST
Tel. 095 371593 Fax 095 374907
Presidente : Massimo Paradiso
COMMISSIONE TRIENNALE
“Progetto Civita”
Presidente: Salvatore Aldisio
Componenti: F. Anastasi, F. Corsaro Boccadifuoco,
N. d’Aniello, S. Foti, P. M. Furneri, G. Guglielmino, A.
Monaco Crea, R. Pappalardo, M. Paradiso, R. Scelfo,
M. Zammataro.
Stampa: Graficatre Catania via Tripolitania, 23/a
2
Il Punto
Il Punto
in ogni suo angolino per imprimermelo
tenti comuni.
nella memoria e per assimilarlo, magaSiamo incoraggiati dai tanti riconosciri incrociando occhi curiosi, ma discrementi. Un’alta personalità ha scritto di
ti, forse sospettosi, ma non nemici, per
noi: “…riteniamo il progetto promosso dal
questo “straniero” che andava in giro
Lions Club Catania Host una iniziativa
osservando insistentemente ogni cosa,
emblematica e meritoria, un modello di
prendendo qualche appunto e poi ritorcultura e servizio civile da proporre ad
nando sugli stessi luoghi. Ma senza
altri quartieri...” Ed un’altra alta personessuna ostilità perché i “Civitoti” hannalità invia il giornalino “La nostra Civino il più alto tasso di accoglienza di
ta” fuori Catania ed anche all’estero,
Catania, gli deriva dalla loro storia e
ricevendo elogi che graziosamente codall’essere discendenti di pescatori e
munica a noi. E di recente un’impormarinari ed il mare, si sa, non ha contante autorità ha dichiarato: “…la prefini, non ha chiusure, è aperto a tutti.
senza costante dei Lions in un quartiere
Anzi, se richiesti, mostravano disponicome la Civita è un motivo di gratificabilità sia pure contenuta, non bavosa.
zione e non solo deve essere incoraggiaE dignità che si avvertiva a distanza,
ta dalle istituzioni, ma deve essere ancome ho scritto in un articolo apparso
che allargata ad altri quartieri…” La
su “La Sicilia” nel gennaio 2003 con il
“Cosa” è cresciuta tanto da indurre “La
suggestivo titolo, dato dal giornale, “CiSicilia”, sempre attenta alle evoluzioni
vita, una gemma da rivalutare. Nel quardei rioni, a dedicare un’intera pagina
tiere del tempo sospeso dove la città rialla Civita nell’edizione di Catania del
trova l’antico spirito”, articolo riprodot28 Aprile 2004.
to sul giornalino di Febbraio 2003.
Ed il prossimo anno, con la presidenDal mio si a Francesco, accompagnaza di Nino Monaco Crea (tanti auguri
to da un programma di attività da lui
affettuosi, Presidente), le previsioni la
prontamente approvato, sono passati
dicono in ulteriore crescita. Certamendue anni e due presidenti. Con il 2003te bisognerà innovare e gli amici della
2004 è subentrata la presidenza di MasCommissione triennale saranno più
simo Paradiso, il quale ha mostrato la
impegnati.
stessa volontà di continuare, meglio ha
Ma pensiamo di farcela. Perché piace
voluto estendere l’attività nella Civita e
sempre di più, è nota anche fuori del
così ha istituito un’apposita Commisquartiere ed interessa un numero cresione triennale.
scente di cittadini. La “Cosa”?
Due anni, si diceva, un tempo lungo
Si, il “Progetto Civita”.
di impegni e di lavoro, di presenza coSalvatore Aldisio
stante spesso quotidiana, ma anche di
passione e di soddisfazioni. La “Cosa” è
cresciuta molto, noi
siamo conosciuti da
tutti e siamo visti
come amici. Nella
nostra azione abbiamo via via coinvolto
tutte le istituzioni
presenti nel quartiere e si sta creando,
riteniamo anche per
il nostro contributo,
uno spirito comune
laddove all’inizio abbiamo trovato separazione se non scissione, ognuno a badare alle proprie situazioni con poca
attenzione alle questioni di carattere
collettivo. Uno dei
nostri target è quello di lasciare alla
fine del nostro intervento una specie
di “SPIRITO DELLA CIVITA ” che porti le
istituzioni locali ed
i Civitoti ad agire,
quando occorra,
... nelle viuzze dove le case si toccano quasi...
assieme e con in-
Una dimensione personale Incrementare il progetto
“Grazie Civita!”, esordiva sull’ultimo numero del giornalino
il past presidente Francesco Corsaro Boccadifuoco, esprimendo così il sentimento che accomuna i Lions del Catania Host
nei confronti del quartiere e dei suoi abitanti: di quanti, studenti e docenti, sacerdoti e privati cittadini, hanno accolto il
nostro invito a collaborare per trovare vie e mezzi, strumenti e
iniziative che diano spazio all’espressione delle risorse e delle
esigenze di un quartiere che non è solo un agglomerato di case
ma anche una comunità vera, «a dimensione d’uomo».
Quali siano le iniziative e le attività svolte in quest’anno che
ormai volge al termine – prima della ‘pausa’ estiva – lo sanno
tutti e basta leggere i nostri giornalini. Invece non tutti conoscono l’origine del “Progetto Civita”, come e perché è nato e
come si è sviluppato. Ora ce lo svela nella rubrica “Il Punto”
Salvatore Aldisio, che ha dedicato al progetto impegno e tempo
ed una frequentazione spesso quotidiana del quartiere: quasi
ogni giorno egli ne percorre le strade e ne fiuta gli umori, incrementando nel contempo le sue predilezioni civitote al punto
che ha perfino ‘tradito’ il suo vecchio barbiere e se ne è trovato
uno nuovo alla Civita!
Quali siano poi le iniziative in cantiere per il prossimo anno
lo scoprirete nella ‘finestra’ a firma del nuovo presidente, Antonino Monaco Crea, al quale passa il testimone per l’attività
futura. E chi sa che non possa andare in porto un’altra iniziativa, che una recente modifica ‘legislativa’ ci ha impedito di
avviare: l’idea è quella di un robusto progetto per lo studio, il
recupero e il restauro delle icone votive del quartiere. Si tratta
di una delle più belle e autentiche testimonianze della fede e
della cultura popolare, il cui ‘snodarsi’ tra i vicoli ben potrebbe
costituire un itinerario turistico – e prima ancora culturale e
spirituale – di sicuro interesse, in grado di guidare visitatori e
curiosi alla scoperta dell’anima del quartiere e delle sue radici
spirituali: quelle radici, che sono sbocciate in una “corona ideale” che circonda le case e accompagna i passi di chi ne percorre le strade. Del resto, l’illuminazione e l’addobbo degli ‘altarini’, nel corso del “Natale alla Civita”, è stata una delle iniziative di più sicura memoria e impatto dell’anno appena passato.
Qui desidero enunciare almeno una delle ragioni della nostra gratitudine: l’esperienza non solo ha dato concretezza e
continuità alle molte iniziative del club, ma ha anche conferito
alla nostra azione una dimensione autenticamente personale
e partecipata, ci ha consentito di avere come interlocutori diretti non solo le istituzioni ma soprattutto le persone. Di questo,
delle opportunità che ci sono state offerte e dell’arricchimento
che ce ne è venuto, vogliamo dare testimonianza e rendere
grazie.
Massimo Paradiso
Alla fine di giugno assumerò la carica di presidente del Club
che pubblica questo giornalino. E’, quindi, il momento di tracciare il programma dell’Host.
Senza volere nulla anticipare, dovendo ogni iniziativa essere condivisa dal Consiglio Direttivo, convinto, come sono, che
solo attraverso il metodo della analisi e del confronto può pervenirsi ad obiettivi condivisi, ritengo che il Consiglio che presiederò ha un grande vantaggio e un evidente privilegio: le
presidenze e i Consigli direttivi che si sono succeduti negli ultimi anni hanno lasciato segnali evidenti di lavoro intenso e
proficuo, sicché basterà seguirne le tracce per avere certezza
di bene operare.
E, pertanto, quel che è richiesto, in primo luogo, è di non
disperdere ciò che di positivo è stato realizzato in questi anni e
cercare, anzi, di incrementarne “i profitti”.
In tale contesto, l’iniziativa che merita il maggiore incoraggiamento è, a mio avviso, il “Progetto Civita”, che, grazie al
contributo appassionato di Salvatore Aldisio e degli altri soci
che Salvatore è riuscito a contagiare, ha superato la fase iniziale, esclusiva del Lions Catania Host, ed è divenuto un “progetto”, che ha coinvolto altri e prestigiosi Enti e ha, soprattutto,
colpito – e spero di non esagerare – la sensibilità degli abitanti
del quartiere.
In questo anno che verrà, intendiamo incrementare il progetto e coinvolgere altre istituzioni.
Per raggiungere tale obiettivo, sarà necessaria, in primo luogo, la collaborazione entusiastica di tutti coloro i quali – Enti e
persone – hanno già avuto modo di “spendersi” per il progetto:
con l’inizio del nuovo anno sociale, pertanto, li chiameremo
tutti “a raccolta”, invitandoli a fare in modo che, con la loro
attività, possano costituire esempio e sprone per forze nuove.
Antonino Monaco Crea
Grazie e arrivederci
Il presidente del Club Massimo Paradiso
ed il presidente della Commissione triennale Salvatore Aldisio ringraziano sentitamente, anche a nome dei rispettivi organismi rappresentati, quanti, cittadini, istituzioni, personalità e autorità hanno collaborato al “Progetto Civita” nel corso del presente anno. Un particolare ringraziamento
ai soci del Club per la loro convinta adesione e partecipazione e ad Aldo Caffarelli,
Nicola d’Aniello, Salvatore Foti, Pio Maria
Furneri, Alessardro Mirone, Rodolfo Pappalardo, Nicola Pitrone e Rosario Scelfo per
l’impegno profuso. A tutti un cordiale arrivederci al prossimo anno sociale.
Il Labaro del Club
3
Un Museo per artisti lirici
La SCAM lo propone alla Civita
Sara Scuderi
Carmelo Maugeri
sicisti (Frontini, Bucceri, Perrotta, Platania, Coppola solo per citarne alcuni)
ai quali, altrettanto giustamente, i catanesi hanno dedicato strade a perenne ricordo dello loro arte. Catania è perciò una città con la quale la musica ha
avuto (ed ha) un rapporto davvero privilegiato. Pur tuttavia la nostra città
Maria Gentile
“Alla dilettissima città di Catania”.
Così il catanese Giovanni Pacini dedicava con grande affetto una sua composizione alla città natale. Non gli era
da meno Vincenzo Bellini con l’opera I
Capuleti e Montecchi consacrata, appunto, ai suoi concittadini. Ai due insigni
musicisti (in particolare al secondo) la
città etnea rispondeva, giustamente, intitolando loro strade, piazze, giardini
pubblici, musei, monumenti, teatri
ecc.Ma Bellini e Pacini sono solo la punta di un grande iceberg. Giacchè Catania è la patria di altri, meno celebri, mu-
ha trascurato sempre l’altro
polo fondamentale che lega
l’arte dei suoni ai suoi fruitori: cioè gli esecutori. Se
non ci fossero questi ultimi,
infatti, non v’è alcun dubbio
che grandissimi capolavori
resterebbero pressoché ignoti alla maggioranza dei cittadini non in grado di “decifrare” l’incomprensibile musica scritta. Il rapporto quindi autore/
esecutore è pertanto importantissimo e
quasi paritetico. Ma quanti catanesi
sanno che la loro città (con la provincia) è patria di un gran numero di gran-
dissimi esecutori (leggi: cantanti) che nel
campo del teatro lirico hanno onorato
la loro città e, perciò, l’Italia in tutto il
mondo ? Giuseppe Anselmi, Giulio
Crimi, Giuseppe Di Stefano, Sara Scuderi, Maria Gentile, Carmelo Maugeri,
Franco Lo Giudice, Silvio Costa Lo Giudice, Carmelo Alabiso e tanti altri ancora sono patrimonio elevatissimo di
questa provincia. Il loro nome rimane
legato alla storia dell’interpretazione lirica e, specie per alcuni di loro, al massimo dei livelli.
Cosa ha fatto per questi illustri cantori la nostra comunità ? NIENTE. I loro
personali ricordi, i loro costumi, gli attestati, i dischi, le lettere indirizzate a
grandi musicisti e/o a personalità illustri, le rassegne stampa attestanti i loro
successi, i doni di cui furono gratificati
ecc. tutto resterà sconosciuto, tutto
andrà inevitabilmente disperso.Nessun
catanese saprà mai
chi fosse in realtà il
nicolosita Giuseppe
Anselmi o il patornese Giulio Crimi
senza aver letto i resoconti dell’epoca o
senza aver visto le
testimonianze dei
loro trionfi. Così per
Sara Scuderi, così
per Maria Gentile,
così per Carmelo
Giuseppe Di
Maugeri così per
tutti gli altri illustri
Silvio Costa Lo Giudice
artisti ch’ebbero i natali nella nostra
provincia. Francamente non ce lo possiamo permettere !!!
La nostra comunità non può disperdere un simile patrimonio. Ed è per questo che la Società Catanese Amici della
Musica lancia un fortissimo appello a
tutti : Venga costituito IL GRANDE MUSEO
DEGLI ARTISTI LIRICI ETNEI ove possa trovare
posto tutto il materiale di cui sopra e
che possa essere un centro propulsore
di studio per giovani artisti, di ricerca
Giuseppe Anselmi
per gli studiosi, di conoscenza per tutti
attraverso un’ampia biblioteca, con annessa discoteca e videoteca, possibilmente nello storico quartiere della Civita così rappresentativo delle tradizioni
catanesi. Ed è per questo, cari amici
del Lions Club Catania Host che chiediamo il vostro aiuto (visto anche il vostro interesse per questo quartiere) affinché
la nostra che è una
causa di civiltà non ci
veda soli. “A egregie
cose le forti anime accendono l’urne (nel nostro caso: i ricordi) dei
forti…” E mai come
adesso la nostra città
ha bisogno di tangibili
certezze legate al suo
passato ed alla sua
Stefano
storia.
Antonio Maugeri
Un atto di...
La Civita, uno spaccato della Città
do ogni rancore veniva distrutto e tutti si abbracciavano, riappacificati nella luce benedicente di Cristo risorto !
Dicevamo del suo dialetto, quasi una lingua, che nasceva e si
rinnovava ogni giorno e prendeva spunto da personaggi, situazioni, eventi e poi si allargava per diventare un modo di dire
generalizzato, senza più riferimenti al caso iniziale. Della parlata dei Civitoti, ricchissima e scambiata con altre popolazioni
per via dei commerci marittimi e della pesca, si può appena
accennare in questa sede. Ci limitiamo perciò a qualche spiegazione-traduzione, ricorrendo, per facilità di lettura, al comodo sistema classificatorio dei pittoreschi modi di dire,
qui necessariamente approssimativo.
La Civita ha sempre rappresentato un riferimento importante nella mia vita: proprio lì, in via Billotta, angolo via Porta di Ferro, io ebbi i natali con l’assistenza della “Za’ Iana,
a mammana”, la quale, così mi raccontavano i miei parenti “Civitoti”, assisteva le partorienti fiutando tabacco.
E affiorano ancora, vivide nella memoria, immagini e
reminiscenze di una parte della nostra Catania che sarebbe limitativo chiamare “quartiere”, come
invece erano “Angeli Custodi” (a Sciara), “San Cristoforo”, “San Cosimo”, o “I
chianchi”, o “U Cursu”, giacchè la Civita era uno spaccato, una dimensione
A) L’aspetto
spaziale e sociale, entro cui si identifi“Pari ‘ncifuru” (sembra un demonio);
cava l’intera città con i suoi pregi e i suoi
“Pari ‘na Dapallira” (dispregiativo riferidifetti, il suo autentico dialetto, la sua
to alla statua della dea Pallade); “Cchi è
aristocrazia e il suo populismo, la sua
bedda, pari Fuddizzia” (riferimento ad
agiatezza e la sua miseria, la sua cultuAfrodisia, l’etera che tentò di persuadera e la sua ignoranza, la sua religiosità
re S.Agata ad accettare le proposte di
e il suo lassismo, ma soprattutto la sua
Quinzano); “Pari u spavintatu d’a stidvivacità, la sua estrosità, la sua inventida” (censura a chi ha la testa tra le nuva, la sua irrefrenabile voglia di vivere e
vole); “Non avi mancu jammu di stari
risorgere dalle sventure e dagli eventi traadditta” (non ha forza di stare all’impiegicamente dolorosi. Tutto ciò è spiegato
di); “Pari ca javi n’manucu di scupa ‘nfida questa stupefacente mescolanza, evilatu na carina” (ostentazione di alteridenziata dal fasto austero dei palazzi
gia nel camminare); “Pari na iaddina
patrizi e la nuda semplicità delle abitaaddivata ‘ncasa”; “Parunu a buttigghia
zioni del ceto plebeo, e ancora dallo
e u’ biccheri” (una coppia male assortisplendore architettonico dei teatri storita); “Pari non mi tuccati ca mi scozzulu
ci, degli uffici degli armatori in piazza
!” (affettazione di delicatezza); “E’ vistuDuca di Genova e in via del Vecchio Batu di mali robbi !” (è male intenzionato);
Il Cantastorie Rinzinu
stione, dalle sedi di quasi tutti i Conso“Ti mittisti l’abbutu da ‘ncravaccata” (hai
lati in via Museo Biscari e in via Landoindossato un vestito troppo elegante); “Si vistutu d’u coluri du
lina e dalle agenzie degli “spedizionieri” in via Calì e via
cani ca fui” (riferimento ad un modo di vestire sciatto o di catPorta di Ferro, e le evanescenti edificazioni entro quel lativo gusto); “Ch’è bedda, pari ‘a jatta do firraru” (si dice di donbirinto di viuzze e cortiletti che costituiva il tessuto centrana magra, non ben alimentata); “Taliatulu bonu, si stracanciò
le della Civita, completamente distrutto dagli eventi bellici
‘nta facci” (situazione preoccupante); “Cci fici mala facci” (non
del ’43, oggi largo XVII Agosto.
l’ha accolto bene).
B) L’indole
La straordinaria teatralità
“Annea varchi” (nocivo, pericoloso); “U non dari cuntu è siEntro questo immaginario triangolo, compreso tra via S.
gnuria”; “ ‘Na facci davanti e ‘na facci darreri” (l’ipocrita); “Chissu
Gaetano, via Billotta e via Porta di Ferro, si realizzava uno
cunta quantu u dui di briscola” (non ha alcuna autorità); “U
spettacolo autentico di episodi, di aneddoti di straordinaveru surdu è chiddu ca non voli sentiri” (non prestare attenzioria teatralità, di usi e costumanze in gran parte scomparne ad un argomento non gradito); “E’ cchiù lisciu di n’coddu di
si, di figure caratteristiche che costituivano l’identità ed
buttigghiuni” (allusione allo
insieme il punto di riferisciocco, insipido); “Passau
mento del quartiere. Fanfisciu senza salutari” (gesto
tastico il ricordo delle festidi noncurante maleducavità e delle ricorrenze relizione); “Statti mutu, allicgiose: a partire dalla festa
capiatti” (il falso adulatore);
in onore di S. Francesco di
“Non avi abbentu” (non troPaola, patrono dei lavorava calma e serenità); “E
tori del mare, con la fanfachissa è ‘na stuppagghiara che percorreva le vie
ra” (una poco di buono);
principali, con la caratteri“Nun ni mangia mancu a
stica «‘Ntinna» in piazza
broru !” (non disposto a un
Cutelli (“U Siminariu”) e la
serio impegno); “Chissa
gara di velocità delle barnon è tantu cucivuli !” (non
che nel porto (“a cursa ri
si fa facilmente convincere);
varchi”); e, poi, i “vampa“Ca ora, quant’ jungi” (non
rigghi” per l’Ascensione e la
è una cosa facile); ”Parra
esultante partecipazione
quantu na pica vecchia”
gioiosa alla Resurrezione di
(persona logorroica); “ArriGesù, il Sabato Santo per
La Corte del Vaccarini al Convitto Cutelli
vau ‘mbannavaneddi”
la “sunata d’a loria”, quan5
... amore p
(l’ozioso girovago); “Chistu agghiurnau cc’u stortu” ( si è svegliato con i nervi molto tesi); “Si fici mentiri a faretta” (abbigliamento femminile); “Avi i
mali vizi” (sintomo di gravidanza); “Chissu è addatta e chianci!” (sta bene e fa
vedere di soffrire).
sti i minni o diavulu !” (hai provocato la giusta reazione); “Amuri e brodu di ciciri” (apparente ardore amoroso); “Ah, cu parra
Bartulu” (per ironia sull’autorità di chi parla); “Ni finiu comu a
chiddu” (meglio evitare il seguito); “Menu mali ca fonu ficu” (nel
pericolo il danno minore); “E torna parrinu e sciuscia” (noiosa riC) L’ auspicio
petizione); “Cu iavi cchiù sali
‘Na ranni malanova!”
conza a minestra” (prevalga la
(auspicio di sciagura);
saggezza); “Si sparau a chiappi“Miatiddu” (beato lui); “U
ra” (grande ostentazione di qualcoddu, chi all’anchi cci po’
cosa); “Chi è, a festa do scumaiutu” (funesto augurio); “A
mogghiu ?” (esortazione a non
mari, ccu tutti i scappi!”
considerare festa ogni occasio(esortazione non tanto al
ne di ozio); “Nenti cafè ca cci veni
suicidio, quanto a mettersi
a sterica !”; “Cci voli u ventu, ma
Balconi di Pal. Valle
da parte); “Ha’ chioviri, ma
no a stutari cannili !” (est mono sdilluviari” (evitare le
dus in rebus); “Votila, ca s’abbrucia” (segnale di avere capito
esagerazioni);“Jacqua davanti e ventu darreri” (auspicio di sbail raggiro); “Non t’annacari, ca addiventa acitu” (per chi si pavorazzarsi di un incomodo); “Cu beni mi voli, ‘ncasa mi veni” (chi
neggia); “Macari di chiangiri mi sta venennu...” (far capire di
ha interesse si scomodi e venga a trovarmi); “U bon tempu si viri
non lasciarsi commuovere da un falso adescamento); “Comu
di matina” ; “Non scuncificinu l’antichi” (“lassanu a porta aperta e si ni scappanu!”,
cari u’ cani ca dormi” (non
fuga per scampare il pericolo); “Capi a casa quantu voli u paprovocare l’uomo pacifitruni!” (invito alla generosa ospitalità); “Sunu pisci d’u papuri!”
co); “O’ cucchiti all’ummi(portati da molto lontano, con un vaporetto).
ra” (va pure a oziare dove
vuoi o anche togliti di torE) Modi di dire
no); “A vanniata è menza
“Ti poi stuiari u mussu” (invito a non nutrire ulteriori illusiovinnuta” (importanza delni); “Allenta na magghia” (rallenta il ritmo); “Si inchienu i cianla reclame); “Assalarma”
chi e i palanchi” (pienezza di soddisfazioni); “A pignata ‘ncomu(che la tua anima bruci
ni non vugghi mai” (difficile vivere in coabitazione o diversità di
nell’inferno) ; “U iabbu arpareri); “Passunu vasci”
riva e a jastima no!” (il
(freddo intenso); “Chissa ci
buon augurio arriva, il
fici ‘u cummogghiu” (ha dato
cattivo no); “Ora i friemu”
copertura alla tresca amoro(battuta a chi riferisce,
sa); “Chissi sunu vai e tacesagerando, i fatti).
chi d’ogghiu” (cattive notizie); “O purtamici ‘u cunD) L’arguzia e la saggezza
sulu” (porgere le condoglian“Sbaddi novi, accussì vi
ze); “I spruviritanzi” (i fatti
scurdati chiddi vecchi”;
Angolino del quartiere
intimi); “Non ci rati saziu”
“Sempri dinari sú i trispi(non dategli soddisfazioni);
ti di ferru!” (non bisogna
“Annachiti” (fa presto);
disfarsi di nulla); “U rispettu è misuratu, cu ni porta n’avi pur“Avanti, isamu !” (trovato il
tatu” (il rispetto deve essere reciproco); “Cu sparti avi a megpunto d’accordo, come nelghiu parti” (chi comanda ha sempre la meglio); “U superchiu è
la pesata a mano); “Calamu
comu u mancanti” (invito a non esagerare); “Munti cu munti
chi casci” (superate le diffinun si jungi mai !” (prima o poi ci incontreremo); “Cci muzzicacoltà, come nell’ultimo tratto del trasporto dello zolfo
alla raffineria); “Ah, fici ecca
e la mecca” (superare ogni
ragionevole limite di misura); “A tutta la to rera e riritoria” (dal latino res hereditaria - allusione ad avi, antenati e futura discendenza);
“Sta minna siccau” (il benessere è finito!); “S’arruddiciu
‘ncalia e ‘ncammisa” (si è ridotto nella più nera miseria).
La Loggia del Pal. Platamone
6
F) Gli epiteti
“Laparderi” (accattoni, dispotici esattori); “Catirneri”
(curiosone); “Stracanacchiusu” (crudele, cinico); “U
Nel cuore della Civi
er la Civita
di Angelo Munzone
Altrettanto pittoreschi affreschi di folklore erano i cerimoniali
riguardanti particolari avvenimenti quali la “spiegazione di matrimonio”, la “cunzatina” del letto matrimoniale, il rito nuziale,
quello del battesimo, la” bon luvatu”, la “sbriugnata” attraverso la “vanniata” sotto il balcone o a poca distanza dall’abitazione, “’a tturna” (la serenata di notte).
La gioia e il dolore
La cappella Bonajuto
‘mpaccidderi” (ficcanaso); “Longu ammatula” (alto di natura,
ma stupido); “Matelicu” (insipido); “A frittulicchiara” (fantasiosa mistificatrice).
La profonda religiosità
La profonda religiosità, radicata da
secoli di tremendi dolori, così ricorrenti
tra la gente di mare, e di coraggiosa
rassegnazione e cristiana fiducia nella divina provvidenza, è anche testimoniata dai seguenti ricorrenti modi
di dire: “Arringrazia a Diu” (consueta
espressione di gratitudine alla Provvidenza che assiste i
poveri, alla fine di
ogni pasto); “Cche
beddu, salaratu !”
(gioiosa manifestazione rivolta al bambino che cresce
A
sano e vigoroso); “Si
voli Diu e cci campamu” (rituale puntualizzazione di qualsiasi programmazione anche
immediata).
E la bellissima nenia cantata per addormentare il bambino ? “San Franciscu ‘ i Paula,
cunzaticci la tavula, cci mittiti lu pani e lu
pisci, e u ciatuzzu s’addurmisci; vò, fai la vò,
dormi beddu da mamma tò”
ita
I personaggi
Tornano alla memoria personaggi caratteristici della Civita degli anni trenta: “A Longa”, “A zà Iangila a buvvitana”, “U zu Iaffiu
Ballafangu”, “A za Pudda a pinnacedda”, “A
za Mara a cosittara”, “A za Maruzza a panchiri”; “A Pittira” , “U zu Cicciu u tummaturi”, “U zu Cicciu u mballaccheri”, “U zu Cocimu u malantrinu”, “ A Mammana spirruzzu”, “U zu Saru Scumazza”, “U zu Pippinu
cappottu”, “Giuvanni u miricanu” e le rivendite: “Don Giuvanni da marina”, “U zu Mauru da nivi”, “A Sapunara” (sapone, liscivia,
“lignu sapunaci”, levamacchi - via Porta di
Ferro).
Autentiche scene, quasi suggestivamente ispirate all’ antica
drammaturgia ellenica, erano gli avvenimenti scaturenti da fatti
dolorosi; una partecipazione straordinariamente commovente,
con toni strazianti di dolore lacerante, e di accorata, commossa
solidarietà da parte di tutti i vicini (“U vicinanzu”) e degli amici:
questo avveniva in occasioni di mortalità, talora conseguenti a
naufragi e tempeste di mare.
Mi rimane impresso nella mente, come per miracolo, l’episodio legato alla dolorosa vicenda del piroscafo “San Matteo” alla
fine del 1938: su questa nave era imbarcato mio padre, con la
qualifica di “ingrassatore”. Arriva, presso l’ufficio dell’armatore
Scuderi, la notizia del naufragio della nave nel Baltico. “Si persi
u San Matteu !” La terrificante notizia entro pochi minuti si
diffuse in tutte le abitazioni della Civita, nelle viuzze, nei cortili,
nelle strade principali, nella piazza Cutelli, sotto gli archi della
marina, fino alla piazza Duca di Genova, sino a San Placido (“U
campanaru”), sino all’ «Arvulu rossu». Indescrivibili le scene di
dolore in tutte le famiglie dei marittimi naufragati; mia madre, la
nonna paterna, le zie, tutte vestite di nero, e i vicini, i parenti
subito accorsi, e lacrime, e grida
di dolore senza fine. Improvvisamente una notizia, un lampo di
gioia in tanta desolazione: Nittu
Munzone non è sul “San Matteo
!” Nei pressi di Gibilterra, è stato
imbarcato su un altro mercantile, il piroscafo “Oreste”, dello stesso armatore, diretto a Massaua,
perché il caldo africano postulava la presenza di un valente “ingrassatore”. E la gioia, per lo
nuvena
scampato pericolo, fu grandissima. Quanto immenso era stato il
dolore. E la preghiere di benedizione di tutte le donne, inginocchiate e commosse, grate al Signore per il miracolo di salvezza
compiuto !
Questa era la Civita…
Si, era questa la Civita, con i suoi dolori e le sue gioie, con il
suo schietto, pungente, gaio populismo e la profonda umanità
del suo sentimento; ma era l’anima di Catania, le cui memorie,
le cui voci, i cui
colori si dissolvono sempre
più, cambiando il volto di
questa città,
che speriamo
voglia, con la
buona volontà
di tutti, recuperare la sua
autenticità, la
sua genuinità,
la sua vera
identità.
Pal. Biscari
7
Nostra intervista esclusiva col presidente dell’Autorità portuale
“Un rapporto viscerale
col mare e coi portuali”
Occasioni ed opportunità per la Civita
Al neo presidente dell’Autorità portuale, Santo Castiglione, avevamo chiesto
Il
Perché lui partecipa intensamente e non si sottrae, risponde a tutte le domande
e talvolta le provoca. E poi, chissà come e perché, ti fa venire in mente certe figure
di catanesi vulcanici dell’epoca d’oro, quando Catania era la Milano del Sud.
porto di Catania 1903
Imprenditori che avevano fatto grandi le loro
aziende, ma avevano anche portato lavoro e benessere in città e nel suo hinterland.
Come loro, Castiglione gesticola, ammicca, alza
la voce, si muove in continuazione, intrattiene altri mentre conversa con te, risponde al telefono,
parla un italiano infarcito di siciliano, e a volte è il
contrario. E ancora, particolare non trascurabile,
perché al pari di essi non nasconde le sue origini,
anzi se ne gloria. “Mio nonno ed un mio zio erano
Il porto di Catania 2003
Il molo vecchio dal piano della Statua
un articolo per il giornalino. Di recente
insediamento in una istituzione di importanza strategica per la Civita dove è
ubicata, ci sembrava opportuno avere
le prime indicazioni sulla sua “politica”
per il quartiere. “Macchè articolo, mi
venga a trovare. Faremo una chiacchierata, sarà una cosa più spontanea”.
E così è stato e, a posteriori, dobbiamo dire che la sua scelta si è rivelata
molto felice. Non solo perché il contatto
diretto è da preferire in generale a quello cartaceo, magari redatto con l’ausilio
di collaboratori (e non ci sarebbe niente di strano), ma soprattutto per la ricchezza di contenuti e di sensazioni che
ti dà quando dall’altro lato c’è una persona estroversa e sanguigna come lui.
Intanto scopri subito un tipo di uomo
completamente “diverso” dal cliché del
rappresentante istituzionale freddo, distaccato e sfuggente cui sei abituato da
sempre.
8
portuali, ci dice, ecco perché mi appaga questa carica
che soddisfa il mio rapporto viscerale col mare e con i
portuali”. Anche la sua nascita e la sua crescita in un
quartiere pieno di difficoltà, gli Angeli Custodi, sono delle
commende per lui. “Sin da piccolo ho affrontato nel quartiere i problemi concreti della vita, continua, simili a quelli
dei ragazzi di oggi alla Civita. E, poi, anche li c’era un’alta
presenza di pescatori”. E potrebbe andare avanti chissà
(p.zza dei Martiri) 1903
per quanto tempo a parlare di argomenti che l’appassionano tra cui il suo approccio più pratico che teorico ai
problemi, il suo modo operativo e pragmatico di affrontarli, la sua naturale vocazione di sfrondare ogni questione di tutti gli inutili orpelli, e così via, se non lo
bloccassimo con la domanda su cosa ne verrà alla Civita dalla sua nomina a
presidente dell’Autorità portuale. Ci risponde senza esitazione e senza giri di parole, con sincerità e immediatezza: “Per il quartiere non ho compiti istituzionali,
ma uno degli obbiettivi che mi sono posto subito è quello di aprire il porto alla
città. Si creeranno così opportunità per la Civita, quartiere contiguo al porto che
addirittura ne fa parte, opportunità che i Civitoti dovranno sapere cogliere.
Centrato questo obbiettivo, il porto, con il parallelo aumento dei flussi commerciali e crocieristici su cui si lavora da un certo tempo, diventerà volano per lo
sviluppo economico della città. E quindi darà occasioni di lavoro a tanti giovani”.
Sembra molto sicuro, il presidente, che ci informa di avere già “tradotto in operativo” la questione del bacino del Mediterraneo prendendo contatti coi Paesi della
costa sud ed anche da questa azione si attende grossi sviluppi.
Ci tiene, poi, a precisare ancora che nel corso del suo mandato, operativo com’è
nel suo stile, egli farà conoscere alla città tutti gli interventi che saranno eseguiti.
Inoltre avrà bisogno del conforto di tutti gli operatori del porto. E non solo di essi,
ma anche di altri, dei Lions ad esempio. “La vostra presenza costante – conclude
in crescendo - in un quartiere come la Civita la ritengo gratificante e non solo deve
essere incoraggiata dalle istituzioni, ma deve essere anche allargata ad altri quartieri”.
Grazie presidente Castiglione, sicuramente ci rivedremo ancora.
S.A.
Un progetto con i Lions
Multiculturalismo e Integrazione
“IMPARARE INSIEME:
SCUOLA E
MULTIETNICITA’“
Un grande tema per la Civita
Sabato 15 maggio 2004 presso l’aula Magna della Facoltà di Scienze Politiche
dell’Università di Catania (ubicata, com’è noto, nel quartiere della Civita), si è svolto
un interessante intermeeting organizzato dal Lions Club Catania Host. Sullo svolgimento della serata riportiamo di seguito l’articolo apparso giorno 20 maggio 2004
sul quotidiano “La Sicilia”, edizione di Catania.
Il preside G. Vecchio
Un interessante meeting interclub
sul tema “Multiculturalismo, Immigrazione e accoglienza” ha avuto luogo nell’Aula Magna della Facoltà di Scienze
Politiche. L’incontro, organizzato dai
Lions Catania Host, Catania Etna e
Catania Bellini, ha avuto come relatore
il prof. Giuseppe Vecchio, preside della
Facoltà di Scienze Politiche del nostro
ateneo e don Valerio Di Trapani vice parroco del SS Sacramento Ritrovato. Erano presenti, tra gli altri, il past President del Consiglio dei Governatori dott.
Sossio Guarnaccia, il past Governatore
avv. Lucio Vacirca, il Delegato di Zona
avv. Giovanni Guerrieri, il prefetto
dott.ssa Floreno, soci e invitati.
La dott. Anna Maria Polimeni, presidente del Lions Catania Etna, ha introdotto il tema soffermandosi sul fenomeno degli immigrati dal punto di vista
politico, sociale e religioso. Il prof. Vecchio, entrando subito in argomento, ha
definito l’immigrazione un mondo che
si accosta al nostro mondo con speranze, di comprensione e di solidarietà, ma
non dimentichiamo che, in particolare
la nostra isola è stata terra di emigranti, sparsi nei cinque continenti e che si
sono perfettamente inseriti con le etnie
ospitanti. Non tutte le immigrazioni
hanno la stessa problematica. Vi è chi
emigra per bisogno, chi per motivi politici, chi per effetto di catastrofi naturali. Nei prossimi dieci anni è prevista
un’immigrazione di circa 25 milioni di
persone sia per la desertificazione di
continenti, sia per il previsto aumento
del livello del mare. Nella nostra città
oggi vivono immigrati provenienti dal-
l’Africa nera, dall’Albania, dalla ex Jugoslavia, dai paesi dell’est europeo e
dall’estremo oriente. La nostra società
è diventata multiculturalista e ciò è una
ricchezza per tutti noi. A loro spetta il
diritto di essere trattati come essere
umani, e noi abbiamo il dovere di accoglierli con comprensione e solidarietà.
La convivenza - ha concluso Vecchio è il modo migliore per misurare la nostra civiltà.
Il prof. Luciano Caruso, presidente del
Lions Catania Bellini si è dichiarato “affascinato” dalla relazione del prof. Vecchio che ha trattato con grande competenza il fenomeno molto variegato dell’immigrazione sul nostro territorio. Don
Di Trapani ha parlato degli immigrati a
Catania, sulle loro necessità e sulla solidarietà che viene loro profusa con calore dai centri di assistenza, tenendo
presente che spesso questi esseri umani sono privi di lavoro e quindi hanno
bisogno di ogni aiuto materiale e spiri-
Don V. Di Trapani
tuale. Vi è un centro di accoglienza diurno dove gli immigrati, grazie alla collaborazione di volontari, sono rifocillati
rispettando sempre la loro cultura, il
loro modo di pensare e la loro religione.
Infine il prof. Massimo Paradiso presidente del Lions Catania Host ha tratto le conclusioni. E seguito un vivace
dibattito di approfondimento al quale
hanno preso parte parecchi soci.
ANTONIO DI PAOLA
L’11 Maggio scorso, presso la sede del
Laboratorio di Programmazione e Sperimentazione di Politiche pubbliche e Servizi alle persone (LaPoSS) in Via Dusmet,
si è tenuto un incontro con le scuole della prima municipalità che hanno aderito al progetto “Imparare insieme: scuola
e multietnicità”, promosso dal LaPoSS.
All’incontro erano presenti i rappresentanti delle scuole Vespucci (Prof.ssa Di
Natale), S. Giuffrida (Prof.ssa Salafia),
Manzoni (Prof.ssa Bellino), il presidente
del Progetto Civita del Lions Club Catania Host Avv. Salvatore Aldisio e il pastpresident dello stesso club Prof. Salvatore Foti, il Prof. Carlo Pennisi, l’Ass. Soc.
Maria Pia Castro e la Dott.ssa Giovanna
Denaro (LaPoSS), e un rappresentante
della comunità senegalese Dott. Ibrahim
N’Diaye. Il progetto ha la finalità di agevolare il pieno inserimento dei bambini
extracomunitari nell’ambiente scolastico
e sociale, attraverso la realizzazione di iniziative di vario tipo, per favorire il confronto e lo scambio tra le diverse culture
oggi presenti a Catania.
La pubblicazione di un giornale in questo contesto rappresenta uno strumento
strategico per far conoscere, per raccontare storie, esperienze che, tutte messe
insieme come i diversi tasselli di un unico quadro, permettono di avere una visione più chiara e completa di chi sono
gli extracomunitari che oggi a pieno titolo fanno parte della comunità catanese e
come vivono i loro rapporti con il territorio e le persone.
L’Avv. Aldisio ha proposto una collaborazione al progetto, attraverso la disponibilità a dedicare parte de “La nostra
Civita” al tema della multiculturalità,
dando voce ai docenti, ai bambini e alle
loro famiglie e stimolando così la riflessione e la conoscenza delle culture altre.
L’incontro si è concluso con un arrivederci al mese di Ottobre, quando, con il
progetto ormai in fase di avvio nelle scuole, e con l’inizio del nuovo anno sociale
dei Lions, sarà possibile programmare le
eventuali modalità di partecipazione e le
tematiche da trattare. (dal verbale della
riunione)
Il presidente M. Paradiso
nell’Aula Magna gremita
9
La voce del Convitto
Le interviste qui riportate mettono in luce una doppia immagine della Civita: quella idilliaca espressa, in genere, dagli anziani che rimpiangono addirittura molti aspetti della “vecchia Civita” una volta emblema di “civiltà”, di
onestà, di unione e fusione fra i suoi abitanti. Questa visione tende a “rimuovere” certi aspetti negativi attuali e
vederli anzi, quasi un prodotto dei tempi.
Più critico e realistico il giudizio dei giovani. Essi vedono nella “Civita” un luogo in cui vogliono “crescere”,
vivere, lavorare, ma “crescere” in tutti i sensi: lamentano, quindi, la carenza di impianti sportivi, gli interventi non
proprio puntuali della nettezza urbana, la rimozione dei cassonetti nelle zone vitali, la segnaletica stradale insufficiente o incongruente, la scarsa presenza di centri di aggregazione sociale. Questi ragazzi dimostrano senz’altro di amare la Civita ma nelle loro interviste le denuncie traspaiono più che dal loro <<dire>> dal loro “non dire”
spesso accompagnato da uno sguardo o da un silenzio eloquente.
Un discorso diverso è da fare per le donne della Civita. “Più sofisticate, complicate, incomprensibili ed incontentabili di un tempo”, esse stimolano la nostra curiosità. Ne parliamo in un altro numero della “Nostra Civita”?
Silvana Scrivo
Il professore
Il Signor Grasso Giuseppe, abitante della Civita ed ex
professore, ha accettato di raccontarci della sua vita trascorsa nel quartiere.
Egli, classe ’28, vanta di essere stato un insegnante
di materie letterarie di scuola media e di aver ripreso lo
studio della lingua inglese per <<essere a passo con i
tempi>>. L’ex professore è ormai pensionato, vive da solo,
e grazie alla sua pensione ed una sua vita modesta, riesce a sostenere le spese compreso l’affitto e spesso aiuta economicamente le due sorelle.
Dal ’56 egli vive alla Civita e racconta, infatti, con ricchezza di particolari, i bombardamenti inglesi avvenuti
nel cuore della Civita, successivamente ai quali nacque
Piazza 17 Agosto. Alla domanda riguardo al suo ricordo
più bello del quartiere risponde raccontando della prima
sistemazione di Piazza Cutelli, durante la quale nacque
la “fontana dell’obelisco”, grazie all’interessamento dell’onorevole democristiano Domenico Magrì. Parlando della
Civita, specifica che, purtroppo, non ci sono ricoveri per
anziani e che l’ospedale più vicino è il “Santa Marta”.
Il nostro intervistato ci parla anche di due fenomeni di
segno opposto che si sono verificati nel quartiere: da un
lato esso si è molto spopolato degli abitanti originari, dall’altro si è riempito di immigrati che, a suo dire, non sono
affatto elementi di disturbo nel quartiere, anzi, di arricchimento. Il suo giudizio, non del tutto in sintonia con quello
degli altri abitanti della zona, è probabilmente influenzato
dalla mentalità aperta e della sua preparazione culturale,
abbastanza anomala rispetto a quella degli altri “Civitoti”,
suoi coetanei.
Valentina Pecora, Stefano Porporato,
Chiara Cosentino
Classe 5° A Liceo Classico Europeo
Il pescatore
Il signor Comis ex ragazzo della Civita … oggi settantenne ci racconta la sua storia e un po’ quella del quartiere.
La sua attività, come quella del 50% degli abitanti del
quartiere, era quella del pescatore. Anche il figlio ha intrapreso la sua attività. I Comis dice orgogliosamente sono
da generazioni pescatori. La Civita ricorda, un tempo era
chiamata <<Kasbah>>, cioè zona in cui si svolgeva il
mercato e dove l’unica fonte di illuminazione erano i lampioni, accesi alle cinque del pomeriggio dal “lampionaio”.
Negli anni 30-40 nella Civita c’erano solo piccole case
situate nelle cosiddette “vanedde” cioè viuzze strette ed
anguste. In quel periodo anche la conformazione della
città stessa era diversa: il mare si estendeva dall’odierna
capitaneria di porto fino all’attuale Piazza Alcalà, adiacente alla Villa Pacini. Il nome “Civita” era sinonimo di
10
civiltà, zona in cui non vi era delinquenza. Gli abitanti del
quartiere, si considerano tuttora, una grande famiglia,
poiché tutti imparentati tra loro.
Il Signor Comis una volta abitava in una casa nel cuore della Civita e racconta che 12 persone riuscivano a
convivere in sole due stanze. L’anziano pescatore ricorda uno dei tanti bombardamenti durante la seconda guerra
che lo costrinse insieme al padre a rifugiarsi per un mese
circa, in Piazza Stesicoro nella “Catania vecchia” poiché
casa sua era stata distrutta. Il nostro pescatore non ha
avuto l’opportunità di proseguire gli studi. E’ in possesso
infatti del diploma di 5° elementare, conseguito presso
la scuola “Giacomo Buoni” allora in via Biscari. Si è sposato molto giovane a 23 anni con una ragazza di diciannovenne. Il matrimonio venne celebrato nella chiesa situata in Piazza S. Placido, luogo in cui avveniva anche
un piccolo rinfresco.
Egli racconta che in quel periodo la donna aveva poche opportunità e pochi divertimenti: il suo compito essenziale era di essere una buona moglie e di allevare nel
migliore dei modi i figli. Da suo matrimonio sono nati 4
figli, per sposare i quali dice, fra il serio e il divertito, “Mi
misunu a testa sutta e peri all’aria”.
Un’espressione meravigliata egli fa alla domanda se
sappia usare il computer o se possegga un cellulare: “Certo Che No!”
Il suo racconto si conclude con la constatazione che
gli attuali giovani della Civita non sono più pescatori, ma
hanno quasi tutti intrapreso la via dello studio.
Maria Antonia Majorana, Sefora
Rapisarda, Mara Francesca Spera
Classe 5° A Liceo Classico Europeo
i problemi della Civita, a cui “i politici” non sembrano essere attenti. Tra le proposte avanzate alle autorità responsabili per incrementare gli spazi ricreativi per i giovani, vi
è quella di aprire una palestra in Piazza Pietro Lupo, fatta
per altro dallo stesso Ursino. Lo sport a cui i ragazzi si
dedicano è il calcio, spesso con “sacchetti dell’immondizia” e in spazi improvvisati come la piccola piazza all’interno del porto, prima che l’ingresso fosse proibito. Mancano infatti campetti adatti. Nonostante ciò si riescono
ad organizzare campionati invernali ed estivi affittando aree fuori del quartiere. La Civita, dicono, conta moltissimi bambini ma pochi luoghi per i loro giochi e così essi si riuniscono spesso nelle piazza rischiando di danneggiarle. A questo
proposito, sembra che presto sorgerà un parco
Disegno di Fabrizio Nicotra
Una doppia immagine
Il lavoratore
Curiosi di capire come i giovani della Civita vivono il
loro quartiere, siamo andati in uno dei luoghi in cui essi
sono soliti trascorrere il tempo libero, la sala giochi e centro
culturale “GAME OVER”, situata nei pressi di Piazza
Cutelli e gestita dall’itoloamericano Richard Ursino e che
attira anche ragazzi dei quartieri vicini. Qui abbiamo incontrato alcuni ragazzi che ci hanno guidato alla scoperta dei propri valori e abitudini. Gli intervistati Sergio Cangemi, Massimo D’Arrigo ci hanno rivelato cosa è importante per loro: i valori dell’amicizia e dell’amore, la
famiglia,importante punto di riferimento. Alcuni di loro,poi,
sono già inseriti nel mondo del lavoro, anche se non in
zona. In genere, è emerso che i ragazzi conseguono un
diploma mentre le ragazze tendono a cercare un impiego
subito dopo le scuole medie inferiori e a formare una famiglia.
Anche se nel complesso ci appaiono soddisfatti dell’ambiente in cui vivono, i ragazzi ci dicono che tanti sono
giochi in Piazza Cutelli. Anche i ragazzi fanno della piazza un punto d’incontro e vorrebbero che vi si organizzassero feste.
Portavoce dei problemi avvertiti nella Civita è il Consiglio di Quartiere eletto dagli stessi abitanti ma che si mostra spesso poco attivo.tuttavia i giovani possono contare sulla Parrocchia e le sue iniziative come la proiezione
di film o le riunioni del Parlamento dei giovani, occasione
di confronto e crescita (Parrocchia di San Gaetano). Dalle testimonianze raccolte abbiamo potuto constatare che,
malgrado la vita della Civita non sia sempre semplice o
agiata, l’attaccamento dei giovani al proprio quartiere è
forte e li spinge a lottare per migliorare, rendendolo rispondente ai propri bisogni.
Gianluca Petralia, Chiara Sinito
Classe 5° A Liceo Classico Europeo
Cutelli
Lo studente
Fabrizio Nicotra, studente del “Marconi”, da noi intervistato al “Game Over”, afferma che a molti ragazzi piace
il tipo di vita che si conduce nella Civita. La maggior parte
delle attività a cui si dedica Fabrizio nel tempo libero sono
organizzate dalla Parrocchia S. Francesco di Paola. Quest’ultima riunisce numerosi ragazzi che in essa svolgono
attività teatrale, musicale e sportiva. In particolare, Fabrizio ha partecipato alla rappresentazione della “Giara”
di Pirandello ed è riuscito a sfruttare la sua passione per la musica, suonando il basso in
numerose rappresentazioni, ad
esempio durante la novena di
Natale. Oltre l’attività
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Ritornando
Maro cco
Da un anno e più la Compagnie “C’est pas ma faute” è stata sulla breccia, il “Notre.-Dame de Paris” ha avuto grandi
consensi e al Festival di Agadir i nostri ragazzi sono stati più bravi del solito.
La sala era piena quella sera …si avvertiva una certa attesa tra il pubblico curioso di vedere cosa avessero preparato
gli italiani. Noi eravamo secondi in ordine di ingresso dopo una scuola di Agadir e, per esigenze sceniche, siamo stati
obbligati a stare stipati dietro le quinte, pronti, vestiti e truccatissimi, per tutto il tempo della durata del primo spettacolo.
L’impazienza ed il nervosismo serpeggiavano tra i ragazzi, la tensione era tale da far esplodere focolai di litigi, domati da
dei “ssssssssss …” sussurrati tra noi stessi, dovevamo rispettare i ragazzi che erano già in scena. Il silenzio assoluto era
d’obbligo, ma lo si dimenticava con facilità.
Ecco arrivato il momento, il presentatore annuncia la nostra pièce … le luci si spengono, si inizia.
Erick è pronto alla consolle, vado in fondo alla sala. Le prime note si diffondono, Jonathan entra dal fondo ed intona “Il
était le temps des cathédrales”; osservo le espressioni degli spettatori, improvvisamente due persone prima, un’altra
dopo alcuni minuti, si alzano ed escono dalla sala, provo un certo disagio, forse qualcosa non piace? Mi rendo conto pian
piano che forse il contenuto della nostra pièce è un po’ audace, e già, in fin dei conti è la storia dell’amore infelice: un
prete disperato e in lotta tra fede e passione carnale, un Quasimodo mostro infelice ma teneramente innamorato, Esmeralda sensuale, appassionata ma vittima di un amore infelice, Febo, il bello, già fidanzato con Fiordaliso ma attratto da
Esmeralda … siamo in un paese prettamente musulmano! Vedo comunque che il fenomeno cessa, gli altri restano ben
piantati ai loro posti. Alla fine un’ovazione, applausi e gente all’in piedi. Durante i Forum il pubblico può porre domande
ai ragazzi-attori sulla pièce da loro rappresentata ed a noi è arrivata tra le altre, la domanda seguente: “Vous n’avez pas
eu crainte de représenter une pièce pareille au Festival d’Agadir?”, a conferma del mio disagio iniziale. Ricollegando con
i temi delle pièces marocchine in concorso, tolleranza, terrorismo, i rapporti in famiglia, la guerra, la povertà, l’arretratezza della condizione della donna (la moglie venduta), la lotta alle superstizioni, l’emancipazione della donna (questo è
l’anno della donna in Marocco), mi rendo conto ancora di più chela nostra pièce era sembrata “fuori posto” per alcuni
proprio per la mancanza di un forte contenuto tematico. Rispondo che comunque il contenuto aveva una morale di fondo
che era proprio quella di guardare al fondo delle cose, di non fermasi alle prime impressioni, che il vero valore lo celiamo
nella “bellezza interiore” e non nell’apparenza … ma forse, riflettendo adesso mentre scrivo è proprio questo che ha
potuto disturbare qualcuno? La cura dell’apparenza? Perché è questa l’impressione generale che è emersa alla fine
della nostra esperienza ad Agadir: il Marocco è il paese dei contrasti; la ricchezza e la miseria più nera; un trattamento
per il turista e l’opposto per i locali; la donna in jeans e perizoma e la donna col velo, tante donne col velo, e capisco che
anche quelle che mostrano modernità portano il velo nell’anima. Emancipazione? Avrei potuto crederci se non avessi
visto una di loro, appartenente all’organizzazione, alzarsi per far sedere un uomo! se non mi avessero detto che la madre
di una gentilissima studentessa ha baciato la sua stessa mano dopo aver toccato, per saluto, quella di un altro nostro
alunno. Nei negozi non ho visto donne gestire il loro commercio, al souk nessuna di loro vende e tratta.
Mi rendo conto, anche dai discorsi dei vari organizzatori, che vi è una forte spinta governativa verso l’occidentalizzazione, prototipo di apertura e modernismo, ma vi è ancora tantissima tradizione radicata anche nelle menti di persone
aperte. Una tradizione antica com’è antico il popolo berbero.
Antonella Scuderi
strutture, che hanno i ragazzi e occupano il resto del tempo
libero uscendo e incontrandosi in Piazza Cutelli. Secondo Fabrizio, le ragazze della Civita, sono, rispetto al passato, “più sofisticate, complicate, incomprensibili e incontentabili”.
Altre belle iniziative all’interno della Civita, sono, a detta di Fabrizio, i vari tornei organizzati dalla sezione porto
della Misericordia e i giochi popolari che si svolgono durante la festa di S. Francesco.
Dall’intervista fatta a Fabrizio Nicotra si avverte che,
nonostante tutte le carenze del quartiere, i ragazzi della
Civita sono contenti della vita che svolgono in essa e sono
affezionati ai valori di questa comunità, infatti molti di essi
immaginano il loro futuro sempre legato alla Civita.
Gabriele Piluso, Valentina Di Guardo
Classe 5° A Liceo Classico Europeo
La piazza Cutelli riqualificata
trale che li interessa due volte la settimana, i ragazzi hanno
modo di praticare diversi sport anche senza le adeguate
strutture, nonostante la Parrocchia abbia fornito le porte
per le partite di calcio normalmente svolte in Piazza Cutelli prima della ristrutturazione. Da questo punto di vista,
la Parrocchia ha migliorato l’impiego del tempo libero dei
ragazzi, cha da piccoli erano costretti a giocare per strada utilizzando come porte i vasi delle piante.
Grazie ai provvedimenti presi dalle due parrocchie della
zona (San Francesco di Paola e san Gaetano) è nata
una conflittualità tra i ragazzi appartenenti all’una e all’altra, che contribuisce a stimolare il miglioramento della
vita dei ragazzi all’interno della comunità.
Le ragazze del luogo, dice Fabrizio, praticano soprattutto la pallavolo, con gli stessi problemi riguardanti le
dal
Necessaria la collaborazione dei
ragazzi del Convitto Cutelli
Abbiamo incontrato il geometra Lo Giudice, che ha progettato e curato i lavori di riqualificazione della Piazza
Cutelli: ha esordito parlando non degli aspetti tecnici o
dei costi del progetto, ma del suo amore per la nostra
Civita. La sua affermazione all’inizio ci ha stupiti, poi abbiamo capito. L’opera di riqualificazione ha voluto restituire dignità e bellezza ad un luogo centrale della Civita
che portava i segni di un forte degrado: ormai ridotta a
posteggio abusivo, sembrava essere diventata invisibile,
grigia, quasi privata del ruolo antico di centro fisico e ideale di un quartiere storico della cui volontà di ripresa e del
cui bisogno di maggiore vivibilità, ora, rinnovata, diventa
il simbolo.
La nuova piazza è luminosa, grazie al gioco di colori
del prato e delle aiuole fiorite che convergono verso la
fontana centrale, ripulita con un moderno sistema di mi-
crosabbiatura. I trentadue schiumogeni, che creano semplici ma sapienti movimenti alterni dell’acqua, restituiscono alla Piazza la sua vocazione marinara. Sì, perché come
ci fa notare il geometra Lo Giudice, l’idea di ricreare il
legame con il mare, verso cui è proiettato il quartiere storico della Civita, ha guidato l’opera di riqualificazione:
anche i lampioni, ad esempio, vogliono ricordare le lampare delle barche dei pescatori, in un ideale collegamento con il mare da cui la piazza è stata separata nella metà
dell’800 con la costruzione degli Archi della Marina.
Forza simbolica vogliono avere anche i quattro animali di ligustrum – la rana, la foca, l’aquila, l’elefante – simmetricamente disposti a rappresentare l’aria, la terra, l’acqua, il bisogno di incontrarsi, di far giocare i bambini, il
senso della municipalità, la necessità di volare in alto e
l’umiltà. Si vuole ricreare un luogo di incontri e di giochi,
in cui si sosta e si sta insieme, in cui gli adulti e i bambini
si riappropriano di spazi umani: sono state collocate a
questo scopo varie sedute in pietra, intervallate da cordoletti in pietra lavica che contengono cespugli di varie
essenze mediterranee. Quanto ai materiali, sono state
usate pietra lavica e pietra di Modica sia per la pavimentazione che per i cordoletti e le scelte fatte, anche relativamente agli impianti, sono state dettate dal bisogno di
mantenere bassi i costi di gestione e di ridurre l’incidenza
della manutenzione.
La nuova Piazza Cutelli ha solo tre mesi di vita, eppure porta già i segni dell’incuria e della disattenzione degli
uomini per i beni comuni e per le cose belle che appartengono a tutti. Constatiamo con disagio che l’appello del
progettista a farci garanti, noi ragazzi del Convitto Cutelli,
insieme agli abitanti del quartiere, della cura della piazza
Cutelli nasceva da un bisogno di collaborazione che ora
sentiamo necessario.
Sinito Prospero e Favara Giuseppe
Classe 3° A Liceo Classico Europeo
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Niente titolo e niente articolo in questa pagina, ma solo poche parole indispensabili, lasciando così lo spazio alle foto, senza didascalie per lo
stesso motivo, di una bella serata. Quella del 5
Giugno scorso alla Corte del Vaccarini al Convitto Cutelli, stracolma di spettatori per il lavoro teatrale “ ’Na jurnata ‘nta Civita”, in coproduzione
Lions Host-Convitto. Sul palcoscenico al suo debutto la “Compagnia Concutelliana” composta da
65 tra bambini e ragazzi, tutti alunni dell’Istituto. Il copione narrava fatti di vita civitota dell’inizio del 1900 nelle strade, nei vicoli, nelle osterie,
insomma dovunque si svolgevano realmente. Attori molto bravi ed alcuni veramente eccellenti,
ripetutamente e calorosamente applauditi e regia
e direzione di scena che ha centrato tutti gli obbiettivi, tenuto anche conto del casting composito, con alunni delle elementari, medie e liceo europeo. Meritata perciò l’ovazione finale per Cettina Calderone, la regista appunto, docente dell’istituto come le assistenti di scena Lo Cicero, Caltabiano, Lodato e Arena. All’uscita, molti a chiedersi se ci sarà un seguito a questa meritoria iniziativa. Visti gli ampi sorrisi stampati sulle facce di
Aldisio e Bresmes, ci sarà, ci sarà.