Risultati e prospettive dell`educazione omogenea
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Risultati e prospettive dell`educazione omogenea
Sergio Fenizia_Educazione omogenea_un modello (con)vincente-SC Educazione omogenea: un modello (con)vincente. di Sergio Fenizia* Lo scorso aprile, Barcellona ha ospitato il primo congresso internazionale sull’educazione separata per sesso1. La presenza dei massimi esperti dell’argomento e l’attualità del tema hanno attirato ben 600 partecipanti di 21 Paesi dei 5 continenti. Tra le conclusioni del congresso si legge che le attuali conoscenze in ambito antropologico e di neurobiologia confermano la necessità di tenere conto delle differenze di genere nel processo di apprendimento, e che l’educazione separata ottiene buoni risultati sia in ambito didattico sia in ambito relazionale. La novità, però, più che in queste affermazioni, sta nel prestigio scientifico di chi le ha documentate. Per fare solo un nome, si può citare il sociologo americano Cornelius Riordan, una delle autorità mondiali nel confronto tra scuola omogenea e scuola mista. Non c’è ricerca di un certo spessore che non citi i risultati dei suoi studi. Per quanto riguarda il nostro Paese, alcuni articoli specialistici cominciano a spiegare i pro e i contra della scuola mista, che sembra ancora un modello intoccabile, anche se in recenti convegni2 è stata messa cautamente in discussione. D’altro canto, anche quotidiani autorevoli ogni tanto informano sul credito sempre maggiore che l’educazione separata riscuote all’estero. Per esempio, il Corriere della Sera tempo fa titolava: “Anche il sesso dei professori incide sull'apprendimento. Non più solo classi unisex, ma anche con professori dello stesso sesso dei loro alunni”3. Ciononostante, le scuole single-sex evocano in qualcuno immagini antiquate, legate ai cosiddetti “modelli di prima generazione”, che offrivano alle ragazze programmi meno esigenti, relegandole a posizioni sociali subalterne rispetto ai colleghi maschi. Le informazioni di cui oggi disponiamo, però, ci dicono tutt’altro: dalle scuole che attualmente adottano l’educazione separata viene fuori una gioventù per nulla inibita; inoltre, sono lontani anni luce i rischi di un ritorno a forme di segregazione, che sono state spazzate via da battaglie sacrosante. Crescita esponenziale. La ricerca internazionale delinea l’educazione omogenea come una realtà sempre più in auge, che attira un numero crescente di famiglie. Se guardiamo al Regno Unito, il modello omogeneo non è mai tramontato e vi gode di un prestigio indiscusso. Sono oltre 400 le scuole pubbliche che separano maschi e femmine, senza contare quelle private. E le scuole single-sex sono sempre in cima alle classifiche. Negli Stati Uniti, dove era radicata una tradizione di scuole miste, l'idea di separare le ragazze e i ragazzi ha preso piede tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta, soprattutto per affrontare in modo più adeguato le difficoltà delle minoranze linguistiche ed etniche. L’evidenza dei successi4 ha spinto molti educatori ad estendere tali esperimenti anche a ragazzi e ragazze di estrazione sociale non disagiata. Infatti, negli Stati Uniti le scuole omogenee hanno avuto una crescita esponenziale. Senza contare quelle private, “nel 1998, in 1 “I International Congress of Single-Sex Education. Building Gender-Sensitive Schools”, Barcellona 20-22 aprile 2007. Per gli atti del congresso vedi http://www.easse.org/leerart.php?iddoc=92. 2 Cfr. XXVI Convegno nazionale dell’Associazione Pedagogica Italiana, “La valorizzazione delle specificità femminile e maschile nella scuola di tutti e di ciascuno: una didattica differenziata per le alunne e per gli alunni”, Palermo 16-17 marzo 2007; vedi anche il Convegno “Meglio insieme? Maschile e Femminile a Scuola: cantiere aperto d’identità”, Verona 26 ottobre 2006. 3 Corriere della Sera, 29 agosto 2006, pag. 25. 4 Cfr. C. HOFF SOMMERS, The War Against Boys. How Misguided Feminism Is Harming Our Young Men, New York, 2000, cit. nella traduzione spagnola La guerra contra los chicos. Cómo un feminismo mal entendido está dañando a los chicos jóvenes, Madrid, 2006. 1 Sergio Fenizia_Educazione omogenea_un modello (con)vincente-SC tutto il Paese c'erano solo 4 scuole pubbliche con classi single-sex. Oggi ce ne sono oltre 240; un numero destinato a crescere”, a quanto dice da Washington Elena Silva, analista di Education Sector, un think tank specializzato in politiche educative5. Preso atto dei risultati ormai consolidati, e volendo garantire a tutti l’accesso a tale modello educativo, dal dicembre 2006, i dirigenti di scuole pubbliche possono introdurre la divisione tra maschi e femmine nel proprio istituto. Il ministro Margaret Spellings ha dichiarato: “La ricerca ha dimostrato che alcuni studenti possono imparare di più in ambienti educativi single-sex. In America, ogni bambino dovrebbe ricevere un'educazione di alta qualità. E tutte le scuole hanno diritto agli strumenti per garantirla”6. Prospettive in Italia. Esperienze analoghe, realizzate nei principali Paesi industrializzati, confermano l’opportunità che anche in Italia si renda accessibile l’educazione omogenea ad un maggior numero di famiglie. Oltre ai benefici per i giovani che ne usufruirebbero, la scelta consentirebbe una sperimentazione più ampia, un confronto e un dibattito più stimolanti anche per l’educazione mista. Un’evoluzione del genere però non si può improvvisare. Tra le scuole (statali e paritarie) che integrano il sistema nazionale di istruzione, quelle che adottano il modello omogeneo sono ancora poche, concentrate soprattutto in alcune grandi città. Si tratta però, per lo più, di scuole pubbliche non statali, nelle quali l’apertura alle nuove sensibilità è agevolata dalle strutture più agili. In ambito statale, invece, il modello non misto è confinato in linea di massima a istituti tecnici o professionali, a licei psicopedagogici, ad alcune sezioni di licei classici. Ma in questi casi l’omogeneità di solito non è il risultato di una scelta metodologica, bensì di una situazione contingente. In Italia quindi solo alcune scuole paritarie garantiscono un minimo di pluralità dal punto di vista del modello educativo. Tale pluralità manca invece di fatto nella scuola statale. Come ciò possa conciliarsi con i principi della Costituzione è difficilmente comprensibile7. Tra l’altro, per molto tempo, nel panorama scolastico – non solo italiano – gli istituti omogenei sono stati la norma. Ovviamente non mancavano le eccezioni, ma a livello pedagogico nessuno ha mai messo seriamente in discussione l’efficacia di un’educazione impartita separando maschi e femmine per alcune ore al giorno, in alcuni periodi della loro età evolutiva. Negli anni Sessanta del secolo scorso, in alcuni ambienti talvolta fortemente caratterizzati da un punto di vista ideologico, si è radicata la convinzione che il modello di educazione omogenea fosse una delle cause dei mali cui si voleva porre rimedio. Prescindendo, quindi, da argomenti scientificamente provati, si iniziò il processo di smantellamento di una tradizione secolare. L’assenza di una previa ed estesa sperimentazione induce a pensare che nelle priorità dei riformatori il bene degli educandi sia passato in secondo piano. L’educazione dei giovani infatti era vista in funzione dei cambiamenti sociali che si auspicavano. L’esito di tale fenomeno è stata la drastica riduzione delle scuole con educazione separata per sesso, che sono pressoché scomparse in ambito statale attorno alla metà degli anni Settanta, mentre in quello non statale sono diventate molto rare nel decennio successivo. Tra coloro che hanno studiato il problema, ormai quasi nessuno dubita che l’educazione separata può essere molto utile. Non tutti però concordano sulla sua superiorità rispetto alla coeducazione. Anche se ovviamente nessuno oggi mette seriamente in dubbio la pari dignità e al contempo la diversità di uomini e donne, tutti convengono che in ambito educativo è auspicabile tenere sempre meglio conto del loro differente modo di percepire la realtà. 5 Corriere della Sera, 26 novembre 2006, pag. 23. Idem. 7 Cfr. per es. articoli 3, 33 e 34 Cost. 6 2 Sergio Fenizia_Educazione omogenea_un modello (con)vincente-SC “Socializzazione”. Abbiamo già illustrato (Sc, n. 542, aprile 2006) i risultati di parecchie ricerche che danno forza all’assunto che separare maschi e femmine in alcune fasi della loro educazione risulta vantaggioso per entrambi. In Italia, però, tra i non addetti ai lavori, l’attenzione a volte sembra polarizzata dal problema della “socializzazione”, intesa nell’accezione riduttiva di avere relazioni normali con persone dell’altro sesso. E’ piuttosto diffusa infatti l’idea che essa costituisca il fine della scuola. In realtà, però, pur rientrando tra i suoi obbiettivi, la “socializzazione” non andrebbe enfatizzata come propria della scuola, perché significherebbe non tenere in conto la storia di questa istituzione e, soprattutto, la ricchezza delle dinamiche che in questo ambito concorrono a integrare l’azione primaria della famiglia con quella delle cosiddette “agenzie educative” (molteplici realtà di carattere sportivo, ricreativo, culturale, politico, religioso ecc.). Inoltre, la progressiva capacità di “socializzare” è frutto di una maturazione globale, sulla quale si riflette in modo determinante – anche se non esclusivo – l’impegno gioioso, ma serio, nell’assumersi le responsabilità derivanti dalla propria condizione di studente. In questa linea, una conferma si trova nelle ricerche di Cornelius Riordan, il quale afferma che l’area socio-affettiva costituisce uno dei dieci ambiti nei quali è provato che la scuola omogenea consente migliori risultati nella maturazione dei giovani. Per esempio, è attestato che le scuole single-sex favoriscono un maggiore sviluppo di quella che viene chiamata “capacità di controllo sull’ambiente circostante”, che fa riferimento anche alla capacità di perseguire un obbiettivo (non necessariamente scolastico) pur in presenza di ostacoli esterni al soggetto8. Inoltre, per quanto attiene specificamente alle relazioni con le persone dell’altro sesso, si è osservato che, a differenza della scuola omogenea, la scuola mista favorisce la conoscenza tra i sessi, ma non il rispetto reciproco. Esistono, inoltre, fondati dubbi anche sulla qualità di tale conoscenza. Infatti, nelle classi miste maschi e femmine spesso si mostrano non come sono, ma come all’altro sesso piacerebbe che fossero, evitando di manifestare molte emozioni, sentimenti, idee per timore di burle o incomprensioni9. I migliori risultati delle scuole single-sex possono sorprendere chi considera la scuola mista come “più naturale” rispetto a quella omogenea, in quanto riprodurrebbe la composizione della famiglia e della società. La cosa più naturale, però, è educare secondo le modalità più adeguate a ciascuno, in modo che ogni alunna/o sviluppi tutte le sue potenzialità. Inoltre, le relazioni tra compagne/i di scuola non sono della stessa specie di quelle tra sorelle e/o fratelli. E anche le relazioni sociali e professionali tra adulti, non sono assimilabili a quelle tra persone in età evolutiva, la cui maturità costituisce per definizione un obbiettivo da perseguire e non un dato di partenza. Specificità maschile & femminile. In alcuni ambienti si continua a credere che le differenze tra uomini e donne siano “culturali” e non “di natura”, sebbene le ricerche scientifiche confermino che queste sono invece rilevabili sin dallo stadio di sviluppo embrionale. Lo studio dei bambini appena nati costituisce una fonte di informazione fondamentale per la ricerca delle differenze di origine biologica tra femmine e maschi, perché in loro gli effetti dell'educazione sono ancora molto limitati. Per esempio, si è scoperto che bambine e bambini di appena 24 ore di vita reagiscono in maniera differente al pianto di altri neonati: le bambine si agitano in misura maggiore, manifestando un alto grado di empatia, mentre invece molti bambini nemmeno si svegliano per il pianto altrui10. Anche le 8 Cfr. CORNELIUS RIORDAN, intervista raccolta nel DVD La Educación diferenciada, una opción para el siglo XXI, FOMENTO - COFAPA, 2005. 9 MARÍA CALVO CHARRO, “Todos iguales pero diferentes. El derecho a una educación diferenciada”, in JOSÉ MARÍA BARRIO MAESTRE (ed.), Educación diferenciada, una opción razonable, Pamplona, 2005, p. 271. 10 Cfr. gli studi dello psicologo Martin Hoffman, dell'Università di New York, cit. in M. CALVO CHARRO, Los niños con los niños, las niñas con las niñas. El derecho a una educacíon diferenciada, Córdoba, 2005, pag. 30. 3 Sergio Fenizia_Educazione omogenea_un modello (con)vincente-SC preferenze per giocattoli tipicamente “femminili” o “maschili” si manifestano prestissimo e sono spiegabili in virtù di una predisposizione biologica che deriva dal fatto che femmine e maschi appena nati percepiscono visivamente in modo diverso il movimento, il colore e la forma, come effetto prenatale del testosterone sull’organizzazione cerebrale11. Analogamente, il fatto che una certa aggressività sia più tipica del sesso maschile e che gli uomini tendano a competere, mentre le donne preferiscono cooperare, sono tra le conseguenze di differenze sostanziali tra i due sessi, riscontrabili sin dal sesto mese di gravidanza12. Altri studi hanno evidenziato differenze tra i sessi in specifiche regioni del cervello deputate al riconoscimento dei suoni (legate quindi al linguaggio e alle abilità di lettura, ambiti nei quali le ragazze sono meglio dotate) e al ragionamento spaziale (legato ad abilità logico-matematiche, per le quali i ragazzi sono più predisposti). Inoltre, è stato rilevato che i ragazzi reagiscono in maniera più immediata a sfide, competizioni e minacce. Alcuni studi attestano che i maschi hanno bisogno di pause più frequenti e più lunghe rispetto alle femmine, e che quando diminuiscono i momenti di ricreazione, l’attenzione dei maschi scema in misura maggiore rispetto a quella delle femmine13. Alcuni neurologi hanno dimostrato anche che il cervello di una bambina appena nata è più maturo di quello di un coetaneo maschio14. Tali differenze aumentano progressivamente in certe fasce di età, per esempio una ragazzina di 11 anni ha uno sviluppo psicologico analogo a quello di un ragazzino di 14, mentre una ragazza di 18 può essere già matura come un maschio di 24. Di tali diversi ritmi di maturazione, che variano da caso a caso e che si vanno livellando nel corso della vita, non si può non tenere conto in età scolare attraverso una specifica azione educativa. Il ritardo dei ragazzi, per esempio, provoca talvolta in loro non pochi problemi psicologici, a volte di una certa consistenza, a causa dei frequenti ovvi confronti all’interno della classe. Spesso dietro l’insuccesso scolastico di molti maschi c’è solo un’insufficiente attenzione per queste differenti necessità, per le quali l’educazione separata è un’ottima risposta15. Sebbene sia riconosciuto che le differenze innate sono condizionate dalle influenze esterne e che il genere sessuale giustifica solo un 5% di questa variabilità16, risulta evidente quanto ciò condizioni la relazione educativa. Ogni insegnante, soprattutto se lavora in ambiente coeducativo, dovrebbe tenere presenti le differenze biologiche e le fasi in cui certe abilità tipicamente femminili e maschili si sviluppano. Evidenziare le differenze tra femmine e maschi non deve indurre ad ignorare la notevole variabilità all'interno di ogni gruppo omogeneo, che è fonte di grande ricchezza nelle scuole single-sex. Gli studiosi sottolineano che a differenze relativamente piccole nella media possono corrispondere differenze relativamente grandi alle estremità della distribuzione, il che tra l’altro può spiegare la grande quantità di maschi in cima e in fondo alla scala del successo universitario17. Stili educativi differenti. Una ricerca condotta negli Stati Uniti su 25.000 studenti ha dimostrato che i maschi imparano meglio dai maschi e le femmine dalle femmine18. Questo è uno dei vantaggi delle scuole 11 Cfr. MILTON DIAMOND - H. KEITH SIGMUNDSON, “Sex Reassignment and Birth: Long term review and clinical implications”, Archives of Pediatrics and Adolescent Medicine (Arch. pediatr. med.), vol. 151, no 3, pp. 298-304, march 1997, cit. in M. CALVO CHARRO, cit., pag.27. 12 Cfr. STEVENS RHOADS, Taking sex differences seriously, 2004, cit. in M. CALVO CHARRO, cit., pag. 27. 13 Cfr. C. HOFF SOMMERS, cit., vedi per es. pag. 129 e la nota 79 al cap. 3°. 14 Cfr. ricerche di Reuwen Achiron e Anat Achiron, cit. in M. CALVO CHARRO, cit., pag. 29. 15 Cfr. AQUILINO POLAINO-LORENTE, DVD La Educación diferenciada, una opción para el siglo XXI, cit. 16 Cfr. ROSEMARY SALOMONE, “Single-sex Schooling. Charting a middle Ground in contentious Debate”, intervento al convegno “Meglio insieme?”, cit. 17 Cfr. idem. 18 Cfr. THOMAS S. DEE, “The Why Chromosome. How a teacher’s gender affects boys and girls”, Education Next, n° 4 (2006), pp. 68-75. 4 Sergio Fenizia_Educazione omogenea_un modello (con)vincente-SC omogenee, nelle quali di solito gli insegnanti sono dello stesso sesso dei discenti. Un’altra studiosa americana, Rosemary Salomone, sembra più cauta, ma non meno chiara: “Sappiamo che la scuola omogenea, accuratamente pensata, non nuoce ai bambini. Sappiamo anche che potenzialmente possiede dei vantaggi almeno per alcuni studenti”. Sappiamo che “ragazze e ragazzi interagiscono nell'ambiente educativo in modi diversi”19. Una consapevolezza intuitiva di tali differenze, ce l’ha qualunque insegnante sufficientemente attento. Nelle classi omogenee gli insegnanti tengono conto di queste differenze tendenzialmente in modo istintivo. Nella maggioranza dei casi, questa consapevolezza, sia pur latente, informa comunque le concrete scelte educative. Per gli insegnanti di classi miste, invece, non di rado, risulta compromessa la possibilità stessa di adottare stili educativi adeguati alle esigenze di ciascun sesso, a meno di sacrificare l’unità della comunità classe, formando al suo interno sottogruppi distinti per sesso, con i quali agire in modo specifico in momenti differenti della relazione educativa. Capita sovente che ci si limiti ad utilizzare uno stile educativo uniforme, modulandolo sul minimo comune denominatore che consenta l’interazione contemporanea, la più proficua possibile, con persone in età evolutiva di entrambi i sessi. Ma poiché è ormai assodato che esistono differenti stili di apprendimento tra ragazzi e ragazze, risulta evidente quanto tale uniformità penalizzi le potenzialità dei vari allievi. Su questo in Inghilterra sono molto attenti. L’ente pubblico indipendente Ofsted, che svolge ispezioni nelle strutture educative del Paese, ha pubblicato uno studio secondo il quale sarebbe meglio dare ai ragazzi e alle ragazze un insegnamento separato. Il rapporto contiene un’intera sezione dedicata alla differenza nelle capacità di apprendimento tra ragazzi e ragazze20. I ricercatori inglesi del Center for Longitudinal Studies, hanno preso in esame 13.000 persone nate nel 1958. Dai dati risulta che le ragazze che all’età di 16 anni frequentavano scuole per sole femmine erano più propense a studiare materie di proprio interesse, senza farsi influenzare dagli stereotipi femminili. Questo atteggiamento è poi proseguito all’università e nella professione, dando loro la possibilità di lavorare in ambienti in cui solitamente prevalgono i maschi e in cui gli stipendi sono più alti21. Ragioni dell’efficacia. Al di là dei dati statistici, è comunque importante individuare il motivo per cui l’interazione ottimale degli studenti con l’ambiente educativo può essere favorita dalla separazione in base al sesso. Premesso che tali effetti non sono automatici, si possono considerare vari argomenti22. In contesti non misti è più facile che le ragazze apprezzino la possibilità di esercitare una certa leadership in attività per es. politiche, mentre i ragazzi con maggiore frequenza partecipano ad attività di recitazione, di canto corale, di pittura, attività che invece in ambienti coeducativi sono normalmente appannaggio delle ragazze. Molti studenti affermano che in un ambiente omogeneo si sentono più a loro agio, per esempio, nell’esprimere dubbi su una lezione, perché è minore la preoccupazione per l’imbarazzo o per le possibili prese in giro in presenza del sesso opposto. Gli insegnanti, dal canto loro, riferiscono che in contesti analoghi possono presentare più liberamente (anche ai maschi) argomenti sentimentali o emotivi di letteratura e di poesia. Comunque, a detta di molti – studentesse e studenti – il punto chiave è lapalissiano: i benefici derivano dalla rimozione della distrazione prodotta dalla semplice presenza dell'altro sesso. L’azione educativa realizzata in classi, ma soprattutto in scuole, omogenee riesce a favorire una maggiore maturità, un impegno più serio nel lavoro e una maggiore sintonia degli studenti su obbiettivi di natura intellettuale, perché può offrire una pluralità di modelli positivi dello 19 Cfr. l’intervento di R. SALOMONE, cit. JOHN FLYNN, “Scuole miste o separate?”, Agenzia Zenit, 31 gennaio 2007. 21 Idem. 22 Cfr. soprattutto l’intervento di R. SALOMONE, cit. 20 5 Sergio Fenizia_Educazione omogenea_un modello (con)vincente-SC stesso sesso e un ambiente sociale più incisivo affinché gli studenti perseguano obiettivi collegati allo studio. Un altro argomento fa leva sul fatto che nella società attuale i bambini sono esposti ad un’erotizzazione estremamente superiore rispetto al passato. I contenuti veicolati dai mass media e dall’industria dell’intrattenimento incidono pesantemente sulla sfera affettiva dei bambini e degli adolescenti. L’educazione omogenea può offrire un maggiore stimolo per rispondere adeguatamente alle pressioni sociali che spingono a precoci esperienze sessuali e offrono l'opportunità di orientare le energie verso il raggiungimento di una vera maturità personale, che costituisce la premessa indispensabile per relazioni di amore davvero consapevoli e costruttive. Un ulteriore argomento da considerare è che, nonostante le differenze di maturazione, nelle scuole miste, gli insegnanti si aspettano di solito che i maschi lavorino e si comportino come le femmine. Inoltre, di fronte all’inesauribile energia dei primi, l’azione educativa nelle classi miste spesso mira ad arginare quest'energia, invece di incanalarla in una direzione positiva. A volte si rallenta – di fatto – l’apprendimento delle femmine nell’attesa e nella speranza che i maschi le raggiungano. Nel frattempo però molti di loro si demotivano nel vedersi indietro rispetto alle compagne. Inoltre, in alcuni casi la lentezza del loro sviluppo nelle abilità di lettura fa sì che vengano scambiati per alunni con problemi di apprendimento. D’altro canto, molti alunni acquisiscono velocemente abilità visivo-spaziali, il che dà alle alunne la falsa impressione di non potere eccellere in ambiti logico-matematici. L’educazione omogenea non è la panacea, ma sembra molto utile. In ogni caso, gli educatori devono saper adeguare il loro stile d’insegnamento ai bisogni dei singoli studenti, che possono trovarsi al di fuori degli “standard” del loro sesso. Infatti, per esempio, non a tutte le ragazze piace collaborare e non a tutti i ragazzi piace competere. Casi particolari. Nella scelta tra educazione mista e omogenea, bisogna anche considerare che, in astratto, potrebbero esistere comunità nelle quali non si dia una sufficiente comunicazione tra persone dei due sessi. In questi casi ipotetici, qualora le famiglie non riuscissero a promuovere la “socializzazione”, le scuole single-sex potrebbero dover offrire a maschi e femmine opportunità per interagire gli uni con le altre, per esempio, in occasione di specifiche attività. L’entità e la frequenza di tali opportunità non dovrebbero però snaturare il carattere omogeneo dell’educazione, né tanto meno polarizzare l’attenzione degli educatori o degli educandi. La conoscenza di sé, la maturazione personale restano infatti le migliori premesse affinché si impari ad apprezzare e a rispettare le persone di entrambi i sessi. Un’attenzione particolare meriterebbero i rari casi in cui la separazione potrebbe essere patologicamente vissuta come una forma di isolamento o di alienazione. Si tratterebbe di casi che nulla hanno a che vedere con la legittima varietà di gusti, che può ben giustificare scelte di tipo diverso, da parte di docenti (in relazione al contesto in cui lavorare) o di genitori (in relazione all’ambiente in cui educare i propri figli). Per quanto attiene alle preferenze degli allievi, nel caso in cui queste non coincidano con quelle dei genitori, occorre senz’altro tenerle in grande conto, per aiutare i figli a condividere o almeno a comprendere le scelte dei genitori. *Articolo pubblicato sul mensile “Studi cattolici”, n° 559, settembre 2007, pp. 616-620. 6