Attaccamento infantile e relazione di coppia

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Attaccamento infantile e relazione di coppia
UNIVERSITA’ CATTOLICA
DEL SACRO CUORE DI MILANO
Facoltà di Psicologia
Corso di Laurea in Scienze e Tecniche Psicologiche
Attaccamento infantile e relazione di coppia
Docente valutatore
Candidato
Chiar.mo Prof. Filippo Aschieri
Gaia Postizzi
Matricola 4007377
Anno Accademico 2013/2014
INDICE
ABSTRACT .............................................................................................................2
INTRODUZIONE ....................................................................................................4
CAPITOLO UNO: IL RUOLO DELL’ATTACCAMENTO NELLA SCELTA DEL PARTNER
..................................................................................................................................5
1. Stili di attaccamento nell’infanzia e nell’età adulta. ........................................5
2. Attaccamento e scelta del partner .....................................................................6
CAPITOLO 2: EVOLUZIONI NEL LEGAME DI ATTACCAMENTO.............10
1. Spostamento del legame di attaccamento sul partner. ....................................10
1.1Evoluzioni del legame di attaccamento in adolescenza. ............................10
1.2 Evoluzioni dell’attaccamento nell’età adulta............................................12
2. Cambiamento nello stile di attaccamento: il ruolo del partner ......................15
CONCLUSIONI……………………………………………………………….…26
BIBLIOGRAFIA…………………………………………………………………28
ABSTRACT
Nel presente elaborato si analizzeranno le possibili influenze che l’attaccamento infantile potrà
avere sulle relazioni di coppia in età adulta.
Prima di tutto si indagherà come l’attaccamento possa influire sulla scelta del partner. A tal
proposito i vari contributi derivati dalla letteratura fanno riferimento a tre ipotesi: l’ipotesi della
somiglianza, dell’attaccamento sicuro, e della complementarietà. Si analizzeranno punti di forza e
limiti delle tre ipotesi.
Il secondo capitolo si concentrerà sui cambiamenti che il legame di attaccamento può subire. Prima
di tutto verranno analizzati i processi che portano le persone, nel corso della vita, a modificare la
figura di attaccamento primaria; successivamente, nella seconda parte del capitolo, si cercherà di
comprendere se le relazioni di coppia possono avere un ruolo nell’evoluzione dello stile di
attaccamento.
In the present study we analyzed the possible influences that infantile attachment can have on a
couple's relationship in adulthood.
First we will investigate how attachment may affect the choice of a partner. In this regard, the
various contributions from the literature refer to three hypotheses: the hypothesis of similarity,
secure attachment, and complementarity. We will analyze the strengths and limitations of the three
hypotheses.
The second chapter will focus on the changes that the attachment bond can undergo. First of all,
will analyze the processes that lead people in the course of life, to change the primary attachment
figure; subsequently, in the second part of the chapter, we will try to understand if a couple's
relationship may have a role in the evolution of attachment style.
INTRODUZIONE
Il presente elaborato tratta di un tema fondamentale all’interno della psicologia dello sviluppo: il
legame di attaccamento. La scelta di trattare questo argomento deriva principalmente da interesse
personale derivato dallo studio della psicologia dell’infanzia. In questi studi, infatti, si può notare
come l’attaccamento sia fondamentale nella vita di ogni persona, perché non solo definirà il
rapporto della diade madre-bambino, ma andrà ad influenzare le relazioni che si instaureranno più
tardi nella vita adulta. La validità di queste teorie non si mostra solamente sui libri, ma la si può
constatare anche nella vita di tutti i giorni, osservando le persone.
Ci si concentrerà in primo luogo sull’influenza del legame di attaccamento nelle relazioni adulte, in
particolare su quelle di coppia.
Il primo capitolo è focalizzato sullo studio dei processi che guidano le persone nella scelta del
partner, in particolare si cercherà di comprendere se il legame di attaccamento ha un ruolo decisivo.
Per indagare questi processi si farà riferimento a tre ipotesi che hanno guidato le ricerche: l’ipotesi
della somiglianza, della sicurezza e della complementarietà. In ogni ricerca che verrà analizzata, si
sottolineerà quale delle tre ipotesi prevale nei campioni studiati.
Il secondo capitolo invece verterà sul tema dell’attaccamento da un altro punto di vista: in primis si
indagherà se nel corso della vita questo legame si possa spostare dalla madre verso altre figure.
Successivamente, se nel primo capitolo si è visto come l’attaccamento influenza la scelta del
partner, ora si cercherà di comprendere se modificare lo stile di attaccamento è possibile, e se il
partner scelto può avere un ruolo dominante nel processo di cambiamento.
In conclusione si trarranno delle considerazioni finali su quanto esposto in precedenza, riflettendo
anche sui risvolti che l’attaccamento può avere sulla vita.
CAPITOLO UNO
IL RUOLO DELL’ATTACCAMENTO NELLA SCELTA DEL PARTNER
1. Stili di attaccamento nell’infanzia e nell’età adulta.
Bowlby definisce l’attaccamento come un aspetto particolare della relazione tra il bambino e un
adulto di riferimento che deriva dalla necessità di assicurarsi protezione (Bowlby, 1969). Le
relazioni di attaccamento hanno origine dall’interazione continuativa, intima e significativa tra
caregiver e bambino. Il bambino mette in atto una serie di comportamenti innati che lo spingono a
cercare protezione nella figura di accudimento primario (solitamente la madre). La madre, a sua
volta, può rispondere a questi comportamenti in vari modi, e in base a ciò si creeranno diversi stili
di attaccamento. I diversi stili di attaccamento vengono descritti di seguito secondo la teorizzazione
di Bowlby (1969)
•
Attaccamento sicuro: la madre è in grado di rispondere ai bisogni del bambino in modo
responsivo, e diventerà una base sicura per il bambino.
•
Attaccamento insicuro-evitante: il bambino vede spesso rifiutare le sue richieste di vicinanza
e per questo motivo imparerà a sopprimere i suoi bisogni di sicurezza.
•
Attaccamento insicuro- ansioso: la madre è imprevedibile, incoerente ed ambivalente nelle
sue risposte. Il bambino quindi a volte si sente protetto, altre volte, soprattutto quando la
madre è fredda e distante, prova ira.
•
Attaccamento disorganizzato: quest’ultimo stile di attaccamento è stato introdotto più
recentemente rispetto agli altri, (Main & Solomon, 1990) e si presenta come uno stile in cui
si ha la compresenza di diverse forme comportamentali degli stili sopracitati. Il bambino
come emozione predominante prova paura.
Lo stile di attaccamento influenza le relazioni successive attraverso la formazione dei modelli
operativi interni. Questi schemi mentali guidano l’individuo nell’interazione con l’altro tramite le
rappresentazione riguardo al sé e agli altri che si sono formate durante l’infanzia. Dunque, questi
modelli, diventano una guida per la persona e diventano centrali sia nello strutturarsi della
personalità che nell’esperienza sentimentale adulta (Feeney, 1999).
Gli studiosi che si sono occupati di attaccamento, evidenziano come anche l’attaccamento in età
adulta sia divisibile in quattro diversi stili che rappresentano il modo in cui l’individuo si relaziona
all’altro, soprattutto al partner (Bartholomew & Horowitz, 1991; Brennan, Clark & Shaver, 1998).
Gli adulti con attaccamento sicuro si sentono apprezzati e degni di ricevere amore; gli ansiosiambivalenti non hanno fiducia nell’altro, sono spesso gelosi e desiderano la vicinanza e il contatto
dell’altro in modo eccessivo, inoltre persiste sempre in loro la paura di essere abbandonati; gli
individui spaventati-evitanti cercano di evitare le relazioni che implicano intimità poiché stentano a
fidarsi dell’altro; gli evitanti- distanziati, invece, sono sicuri di sé ma non provano fiducia per le
figure di attaccamento.
2. Attaccamento e scelta del partner
Dalle numerose ricerche effettuate riguardo all’attaccamento adulto si può notare che i modelli
operativi interni guidano l’individuo anche nella scelta del partner: ci si potrebbe aspettare che si
preferisca scegliere persone con uno stile di attaccamento simile al proprio, perché si presuppone
che questa persona abbia gli stessi bisogni di intimità e indipendenza. Nella letteratura (Frazier,
1996; Brennan & Shaver, 1995; Latty-Mann & Davis, 1996) emergono tre ipotesi che hanno
l’obbiettivo di predire la preferenza nella scelta del partner:
Ipotesi di somiglianza: gli individui preferiscono scegliere persone con uno stile di attaccamento
simile al proprio. Questo perché avere un partner con obbiettivi e bisogni simili ai propri è correlato
ad una maggiore realizzazione di questi ultimi. Questa ipotesi si può comprendere alla luce della
della “Teoria di valorizzazione di sé” (Baumeister, 1982; Greenwald, 1980; Jones, 1973; Kaplan,
1975) la quale suggerisce che gli individui hanno un forte bisogno di conferme riguardo al sè da
parte dell’altro allo scopo di migliorare la propria immagine; per questo motivo, in una coppia di
partner simili, entrambi sarebbero in grado di fornire feedback positivi all’altro.
Ipotesi di complementarietà: questa ipotesi dà rilievo alle aspettative formatesi in conseguenza
all’attaccamento: la scelta del partner avviene infatti in base alle aspettative riguardo alla relazioni
che il rapporto con il caregiver ha fornito. Quindi, ad esempio, un individuo ansioso dovrebbe
mostrare una preferenza verso un evitante, poiché quest’ultimo gli darebbe conferma della sua
immagine degli altri come distaccati e sfuggenti; al contrario, un evitante dovrebbe scegliere un
ansioso il quale vede gli altri come dipendenti. Questa ipotesi si può meglio comprendere
rifacendosi alla “Teoria di auto-consistenza” (Snyder & Swann, 1978; Swann, 1983; Swann &
Read, 1981), la quale postula che gli individui, a causa del loro bisogno di mantenere un’immagine
di sé coerente e di relazionarsi con una realtà prevedibile, interagiscono con le persone che sono in
sintonia con le loro aspettative.
Ipotesi dell’attaccamento sicuro: quest’ultima ipotesi prevede che, tutti gli individui,
indipendentemente dal loro stile di attaccamento e dalle loro aspettative, scelgano persone sicure, le
quali offrono la migliore opportunità per creare legami affettivi basati su un alto livello di sicurezza
percepita. Gli evitanti, al contrario, sarebbero i partner meno desiderati poiché sarebbero le persone
con opinioni degli altri maggiormente negative e questo rende difficoltosa la formazione di un
legame affettivo; gli ansiosi invece sono favoriti rispetto agli evitanti in quanto esprimono un alto
bisogno di accudimento dell’altro (Chappell & Davis , 1998; Latty - Mann & Davis , 1996).
Seguendo i risultati emersi da una review della letteratura (Holmes & Johnson, 2009) effettuata
presso la Heriot-Watt University di Edimburgo, si può andare ad indagare quale delle tre teorie
sopracitate prevalga nella scelta del partner. Principalmente, nelle ricerche effettuate nel corso degli
anni, si possono identificare due diversi approcci allo studio della presente questione: in alcuni studi
i partecipanti dovevano esprimere preferenze riguardo a partner ipotetici, mentre altri studi hanno
verificato la somiglianza tra partner effettivi.
Da entrambi gli approcci derivano evidenze riguardo al fatto che i sicuri scelgono persone simili,
andando quindi a confermare sia l’ipotesi di somiglianza, che quella dell’attaccamento sicuro. I
risultati appaiono però più controversi quando ci si concentra sugli insicuri.
Infatti
per quanto riguarda il primo approccio (attrazione ipotetica) alcuni studi confermano
l’ipotesi della somiglianza (Baldwin, Keelan, Fehr, Enns, & Koh-Rangarajoo,1996, Study 3;
Frazier, Byer, Fischer, Wright & DeBord, 1996, Study 2; Klohnen & Luo, 2003), altri quella
dell’attaccamento sicuro (Chappell & Davis, 1998; Latty-Mann & Davis, 1996; Pietromonaco &
Carnelley, 1994). A questo proposito una ricerca di Klohnen e Luo (2003) fornisce uno spunto per
integrare le due classi di risultati introducendo un’ipotesi dell’attaccamento sicuro rinnovata rispetto
alla precedente. Gli autori sostengono che, in primo luogo, tutti gli individui protendono verso
partner con attaccamento sicuro, ma, secondariamente, il proprio stile di attaccamento potrebbe
incidere nella scelta e orientarla verso un partner simile a sé.
È comunque importante sottolineare il fatto che i risultati emersi potrebbero essere stati influenzati
dalla metodologia usata nelle ricerche: infatti essi si basano su scelte ipotetiche che potrebbero non
essere rappresentative di quelle effettive. Gli individui, quindi, potrebbero non avere la piena
consapevolezza delle loro preferenze. Inoltre, Finkel e Eastwick (2008), suggeriscono che le
preferenze ipotetiche potrebbero riflettere degli stereotipi su ciò che è comunemente considerato
desiderabile. Per di più le ricerche prese in esame non hanno considerato se il fatto di essere
coinvolti in una relazione affettiva nel periodo dello studio potesse essere una variabile in grado di
modificare i risultati.
Invece, riguardo al secondo approccio, quello che studia la corrispondenza tra partner reali,
emergono risultati più contrastanti, anche se vi è una leggera predominanza di studi che prediligono
l’ipotesi della complementarietà.
La maggioranza degli studi ha incluso nella stessa ricerca sia campioni di persone che erano
attualmente impegnate in una relazione di coppia, sia persone single, e questa decisione può aver
contribuito a far emergere alcune incertezze nei risultati.
Una ricerca più recente (Strauss, Morry & Kito, 2012), cerca di chiarire questi dubbi inserendo nel
campione solo persone attualmente impegnate in una relazione da almeno tre mesi; questo per
evitare alcuni biases che si sarebbero potuti creare chiedendo ai soggetti di descrivere i rapporti con
partner precedenti. In questo modo si approfondisce ulteriormente l’argomento, analizzando sia
misure di attaccamento riferite al sé, sia l’attaccamento del partner percepito, sia l’attaccamento di
un partner ideale. Anche questo studio, così come i precedenti, ha lo scopo di trovare conferma alle
tre ipotesi sopracitate (somiglianza, complementarietà, attaccamento sicuro) in tutte le variabili
considerate.
Un altro elemento in più rispetto alle ricerche precedenti è quello di analizzare gli attaccamenti di
entrambi i membri della coppia. In un primo studio si misura lo stile di attaccamento dei singoli
partecipanti, la percezione dello stile di attaccamento del partner, lo stile di attaccamento di un
partner ideale, la soddisfazione di coppia, la fiducia e il supporto percepito da parte del partner. In
questo caso le variabili sono studiate sottoponendo i vari questionari a un solo membro della coppia.
Da questo risulta che sia la percezione del partner effettivo che quella di un partner ideale danno
conferma all’ipotesi della somiglianza. Per quanto riguarda il partner ideale, in particolare, si
trovano prove anche per l’ipotesi dell’attaccamento sicuro, quindi si può ipotizzare che le persone
desiderano una persona simile a sé, ma anche più sicura.
In una seconda parte della ricerca, invece, vengono coinvolti entrambi i membri della coppia allo
scopo di eliminare eventuali influenze che il partner può avere sulla percezione del sé e per
constatare se l’immagine percepita del partner corrispondesse a quella reale.
Quest’ultimo studio trova conferme per tutte e tre le ipotesi. Per quanto riguarda i partner ideali, gli
individui preferiscono partner simili al sé, ma con inferiore ansia ed evitamento. Inoltre si scelgono
partner ideali simili, ma anche i partner attuali sono percepiti come simili. In generale per quanto
riguarda i partner ideali si trovano maggiori conferme per l’ipotesi della sicurezza e della
somiglianza. Quando invece si esamina la percezione del partner attuale, si trovano più conferme
per l’ipotesi della somiglianza, seguita da quella della complementarietà.
Inoltre si può appurare che non sempre le percezione del partner sono correlate al suo stile di
attaccamento reale e questo potrebbe contribuire ad alimentare i conflitti e conseguentemente far
calare la soddisfazione di coppia. Inoltre, dal confronto tra la scale che misurano il partner ideale e
le scale che rivelano come sia il partner attuale, risulta che non sempre le persone riescono ad
ottenere un partner simile a quello che desiderano. Questo fa pensare che le percezioni del partner
attuale siano influenzate da quelle del partner ideale e da quella di sé: questo potrebbe spiegare
perché il partner è percepito simile anche se in realtà non sempre lo è (Murray, Holmes & Griffin,
1996; Zenter, 2005)
Anche se questa ricerca ha aggiunto elementi rispetto alle precedenti, si può vedere come non ci sia
un’ipotesi che prevalga nettamente sulle altre, anche se sembrerebbe che ci sia una lieve tendenza a
preferire l’ipotesi dell’attaccamento sicuro.
Osservando i risultati di queste ricerche quindi si potrebbe affermare che, nell’età adulta, anche gli
individui insicuri hanno la “libertà” di scegliere una persona sicura, in modo da soddisfare i loro
bisogni di attaccamento. Basandosi sui risultati delle ricerche, sembrerebbe infatti, che gli individui
abbiano una naturale tendenza a formare legami con individui sicuri e questo è valido anche per chi
ha avuto legami insicuri durante l’infanzia. La possibilità di formare nuovi legami di attaccamento,
in particolare con un partner, dà l’opportunità di creare forme di attaccamenti più adattivi di quelli
sperimentati durante l’infanzia. Questo potrebbe far pensare che esista una sorta di processo
“correttivo” che permetterebbe agli individui insicuri di riscattarsi da questo legame una volta
diventati adulti (Felmlee,1995). La tendenza a scegliere individui con attaccamento sicuro può
essere spiegata in un’ottica evoluzionistica, in cui l’attaccamento è visto come un legame in grado
di provvedere ai bisogni di sicurezza dell’individuo, non solo durante l’infanzia, ma anche nell’età
adulta (Cohn, Silver, Cowan, Cowan, & Pearson, 1992; McCarthy & Maughan, 2010).
A questo proposito è possibile citare una ricerca (Keren & Mayseless 2013), nella quale, tra gli altri
obbiettivi, si cerca una conferma all’ipotesi dell’attaccamento sicuro. I risultati indicano, che gli
individui riferiscono di percepire più sicurezza nel legame di attaccamento attuale (figure che hanno
avuto la libertà di scegliere), piuttosto che in quello infantile (figure non scelte: madre, padre,
fratelli). Quindi anche in questa ricerca si dimostra la predominanza dell’ipotesi dell’attaccamento
sicuro poiché anche gli individui più insicuri scelgono le persone sicure. Questo fa pensare che le
persone nell’intraprendere nuove relazioni non mettano in atto processi di mera replica delle
relazioni già conosciute, ma che al contrario, cerchino di migliorare la propria tipologia di relazioni.
Questa tendenza a instaurare legami sicuri però potrebbe anche non avere esiti positivi: a volte si
tende a replicare la tipologia di relazioni conosciuta durante l’infanzia (Baldwin et al.1996; Collins,
& Read, 1994; Mikulincer & Shaver, 2007; Thompson,2000). Infatti, in questo processo potrebbero
essere coinvolti una varietà di meccanismi cognitivi come i modelli operativi interni che potrebbero
fornire al soggetto degli esempi di relazione da emulare.
CAPITOLO 2
EVOLUZIONI NEL LEGAME DI ATTACCAMENTO
1. Spostamento del legame di attaccamento sul partner.
Gli studi di Bowlby (1969) si sono focalizzati nell’analizzare il legame di attaccamento tra
caregiver e bambino, ma ricerche successive hanno fatto emergere che questo legame, nell’età
adulta, si sposta su altre figure diverse dal caregiver. In particolare, le caratteristiche
dell’attaccamento si spostano sul partner. Hazan e Zeifman (1994) hanno ideato un questionario self
report, il WHOTO, per testare l’ipotesi secondo la quale le caratteristiche dell’attaccamento non si
trasferiscano da una figura all’altra in modo univoco ma, innanzitutto viene spostata la funzione di
vicinanza, poi quella di rifugio sicuro e per ultimo, la figura di attaccamento viene percepita come
base sicura. Tramite questo strumento si è scoperto che le funzioni dell’attaccamento non vengono
trasferite fino a quando non si ritiene che la relazione sia stabile: più dell’80% delle persone, dopo
due anni di relazione, usa il proprio partner come base sicura.
Il momento e il modo in cui avviene questo spostamento potrebbe essere influenzato dal tipo di
legame instauratosi con la madre durante l’infanzia. Un attaccamento insicuro ansioso, infatti, è
positivamente correlato con una più alta probabilità in adolescenza di instaurare con i propri pari un
legame di attaccamento. Al contrario, un attaccamento insicuro di tipo evitante è negativamente
correlato al formarsi di questo legame (Friedlmeier & Granqvist, 2006). Già nel 1997 però, Fraley
e Davis, trovano che gli adulti con un modello operativo interno sicuro erano più propensi degli
individui insicuri a scegliere il proprio partner come base sicura.
1.1 Evoluzioni del legame di attaccamento in adolescenza.
Un periodo in cui è interessate verificare i cambiamenti del legame di attaccamento è quello
dell’adolescenza, periodo della vita noto appunto per grandi cambiamenti in vari ambiti. La
letteratura esistente a riguardo ci fornisce informazioni di vario genere (Allen & Land, 1999;
Thompson, 2000; Allen, McElhaney, Kuperminc & Jodl, 2004; Zimmermann &Becker-Stoll,
2002). I contributi di Bowlby (1969) suggeriscono che, nonostante i cambiamenti adolescenziali
siano molti, lo stile di attaccamento tende a rimanere stabile nel tempo, poiché i modelli operativi
interni, col passare del tempo, si rafforzano e diventano anche più automatici. Studi successivi,
però, hanno fatto notare che i cambiamenti dell’adolescenza, che tra gli altri aspetti, implicano una
negoziazione
delle
relazioni
interpersonali,
causerebbero
una
riduzione
nella
misura
dell’attaccamento sicuro (Ammaniti, Van IJzendoorn, Speranza, & Tambelli, 2000). Questo
potrebbe essere spiegato dal fatto che durante la prima adolescenza si verifica, nel ragazzo, un
impulso verso una maggiore autonomia e la volontà di distaccarsi dai genitori e questo potrebbe far
calare la qualità dei legami di attaccamento (Ryan & Lynch, 1989). Contemporaneamente a questo
distacco dai genitori avviene un’intensificazione delle relazione con i pari, è quindi possibile che il
legame di attaccamento venga spostato su questi? Secondo Fraley e Davis (1997) questo è possibile:
spesso, infatti, gli amici stretti, così come i partner, vengono scelti come figure di attaccamento,
anche se, mentre gli amici vengono scelti più per funzioni di vicinanza e rifugio sicuro, i partner
vengono scelti più facilmente come base sicura. Per i giovani adulti non impegnati in una relazione
sentimentale è possibile che gli amici di vecchia data vengano scelti come figura di attaccamento
primaria; gli adulti impegnati in una relazione, invece, tendono sempre a preferire il partner
(Simpson, 1990).
C’è però una differenza anche tra l’attaccamento materno e quello con i pari: infatti se il primo è
caratterizzato dall’asimmetria, il successivo attaccamento col partner implica la reciprocità (Weiss,
1982). Nonostante questo “vantaggio” pare che la figura materna rimanga comunque molto
importante anche durante l’adolescenza per rispondere ai bisogni di sicurezza (Fraley & Davis,
1997; Trinke & Bartholomew, 1997).
Su queste basi uno studio risalente al 2009, a opera di Doyle, Lawford e Markiewicz, si cerca di
confermare le ipotesi secondo le quali l’attaccamento sicuro con i genitori non cambia, a differenza
di quello insicuro che invece è possibile modificare. Inoltre si ipotizza che l’attaccamento con i
genitori è più duraturo di quello con partner e amici, a causa della dissoluzione di questi rapporti col
tempo. Infine, si intende verificare se sia l’attaccamento con i genitori che quello con gli amici
predicano un attaccamento sicuro con il partner.
In particolare, quindi, si indaga il legame di attaccamento verso quattro figure: madre, padre,
migliore amico, partner, attraverso uno studio longitudinale della durata di due anni. Gli adolescenti
scelti appartengono a tre gruppi differenti in base all’età: prima adolescenza, media adolescenza e
tarda adolescenza.
In prima analisi i risultati suggeriscono che vi sono delle differenze rispetto allo stile di
attaccamento nell’età. La tarda adolescenza, infatti, è caratterizzata da un attaccamento meno sicuro
rispetto alle altre due fasce di età considerate. Per quanto riguarda le due figure genitoriali, gli
adolescenti di ogni età instaurano legami di attaccamento più sicuri con la madre che col padre.
Per quanto riguarda la stabilità nel tempo dei legami, (ipotesi 2), l’insicurezza dell’attaccamento
con i genitori pare più stabile di quella con le altre figure. Di particolare interesse è la seguente
analisi: sembrerebbe che solo l’insicurezza del legame col padre è correlata a una successiva
insicurezza con il migliore amico; l’insicurezza con la madre, invece, è associata a una tendenza
verso l’insicurezza nel legame col partner e con il cambiamento di questa insicurezza nel tempo.
Infine l’attaccamento insicuro con il migliore amico è fortemente associato con una forma di
insicurezza verso il partner.
Si confermano inoltre le considerazioni di Lieberman (1999), il quale aveva già notato, a partire
dall’adolescenza, una diminuzione della dipendenza dai genitori. È interessante notare che
l’aumento di evitamento con l’età verso i genitori segue lo stesso schema con i migliori amici.
Questo sta ad indicare che con il passare dell’età ci si avvicina sempre di più al partner per
soddisfare i bisogni di vicinanza, rifugio sicuro e base sicura (Markiewicz et al., 2006).
Complessivamente vi è una propensione maggiore per i risultati che riportano la stabilità negli stili
di attaccamento self- reported durante l'adolescenza. Questo è coerente con il punto di vista
originale dei modelli operativi interni di Bowlby (1973). Coerentemente con i risultati di
Kirkpatrick e Hazan, (1994), si dimostra come lo stile di attaccamento infantile sia una funzione
non solo del rapporto storico con il caregiver primario, ma anche di relazioni attuali.
Si espone inoltre una minore stabilità negli stili di attaccamento con i coetanei piuttosto che con i
genitori, che potrebbe anche riflettere i cambiamenti nelle posizioni nella gerarchia di attaccamento
dei coetanei, dove con l'aumentare dell'età, gli adolescenti sono più propensi a rivolgersi a un
partner romantico e con minore probabilità al loro migliore amico per i loro bisogni di
attaccamento.
Un’altra interessante intuizione di questo studio è l’aver trovato delle differenze tra i pattern di
attaccamento genitoriale e amicali in confronto a quelli sentimentali, in particolare per quanto
riguarda la dimensione dell’insicurezza. Infatti, questa variabile, nelle relazioni di coppia, è
caratterizzata dalla paura di essere feriti e rifiutati, mentre l’insicurezza con i genitori e gli amici è
caratterizzata dal disagio derivato dalla vicinanza e di interdipendenza. Questa differenza potrebbe
essere dovuta al fatto che nelle relazioni di coppia si attivano sistemi di comportamento diversi,
come quello sessuale ed affiliativo (Weiss, 1982).
Parlando invece della qualità della relazione, solo l’attaccamento con la madre è associato a questa
e al suo prolungamento nel tempo.
Un’altra variabile indagata è la differenza di genere. Pare che i maschi siano più reticenti nel creare
legami di attaccamento rispetto alle femmine; nelle relazioni romantiche le ragazze provano un
maggiore bisogno di vicinanza, ma allo stesso tempo più paura di essere ferite.
1.2 Evoluzioni dell’attaccamento nell’età adulta.
Un’altra ricerca già citata in precedenza (Keren & Mayseless, 2013) fornisce ulteriori spunti e
conferme riguardo a questi risultati. Questo studio, a differenza del precedente, si concentra su tutte
le fasce di età, non solo sull’adolescenza. Questo ci permette di constatare che con l'età la gerarchia
di attaccamento include maggiormente i partner piuttosto che i genitori; tale incremento si è
verificato soprattutto in un’ età superiore ai 50 anni e probabilmente su questo risultato influisce
anche il fatto che in questo periodo è frequente la perdita dei genitori. Comunque anche in questo
studio si è trovato che i legami di attaccamento extra- famigliari si formano molto prima di
quest’età, cioè tra l’adolescenza e l’emergente età adulta (Hazan & Zeifman 1994).
Questo non significa che la gerarchia diventa stabile in questa fase, poiché la maggior parte degli
adolescenti non hanno ancora una relazione romantica seria (Fraley & Davis, 1997; Mayseless,
2004); comunque, il numero di figure scelte in questa fase (prima età adulta) è già analogo a quello
delle età successive.
Coerentemente con altri studi che hanno esaminato la struttura e la composizione delle gerarchie di
attaccamento in età adulta (Doherty & Feeney, 2004; Pitman & Scharfe, 2010; Trinke &
Bartholomew, 1997) si conferma che i partecipanti impegnati in una relazione collocano il partner
nella posizione più alta della gerarchia, mentre i partecipanti che non sono impegnati in una
relazione romantica situano i loro familiari nelle posizioni più elevate. Questi dati sono simili a
quelli di Trinke e Bartolomeo (1997), in base ai quali i partner romantici sono scelti come figure di
attaccamento primarie, seguiti da madri, padri, fratelli e migliori amici.
Gli amici sono considerati meno importanti del partner e vengono collocati in posizioni inferiori
nella gerarchia, è quindi piuttosto raro che queste figure diventino figure di attaccamento primarie.
Ciò è coerente con Hazan e Zeifman (1994) i quali sostengono che oltre l'infanzia i nuovi
attaccamenti sono formati quasi esclusivamente con i partner.
Anche in questo studio viene studiata la variabile genere e si è dimostrato che vi è una significativa
differenza tra i sessi nella posizione affidata al coniuge, poiché gli uomini hanno posizionato i loro
partner più in alto nella gerarchia rispetto alle donne. Questo perché probabilmente le donne si
affidano di più alle amiche che ai partner per ricevere supporto emotivo (Brant, 2003; Paterson,
Field, & Pryor, 1994).
In accordo con lo studio precedente e con altri studi, si è trovato che i genitori continuano ad avere
una posizione importante nella gerarchia delle figure scelte, anche se negli adulti con una relazione
romantica non occupano mai la posizione più alta. Questo riflette il processo normativo delle fasi
dell’attaccamento adulto; è infatti previsto che con l’età la gerarchia cambi e si mettano “in secondo
piano” i genitori. Un’interessante scoperta è che le madri occupano un’importante posizione nella
gerarchia: a prescindere dal livello di sicurezza riscontrato nel rapporto madre/figlio la figura
materna è quindi sempre considerata molto importante, sia nell’infanzia che nell’età adulta.
Concentrandosi invece sullo spostamento del legame di attaccamento sul partner, si può riportare un
recente studio di Christopher Fagundus e Ines Schindler (2012), in cui si cerca di approfondire
ulteriormente le dinamiche di questi processi, in particolare esaminando il momento preciso in cui
avviene lo spostamento del legame di attaccamento. Questo obbiettivo si raggiunge tramite una
ricerca longitudinale che esamina un gruppo di persone coinvolte in una relazione allo scopo di
verificare l’evolversi del legame di attaccamento nel corso delle varie fasi della relazione.
Dai risultati ottenuti si conferma la teoria precedente di Hazan e Zeifman (1994), la quale ha
descritto che il partner viene scelto come base sicura dopo che la relazione ha assunto per la coppia
un certo impegno e una certa stabilità e che quindi le funzioni di attaccamento vengono affidate al
partner in modo sequenziale e graduale.
Il presente studio delinea altresì l’andamento temporale nella formazione dell’attaccamento
romantico adulto e si riscontra che prima che la relazione diventi stabile si mostra una tendenza a
proiettare nel partner solo le funzioni di ricerca di vicinanza e rifugio sicuro; invece, l’ultima
funzione, quella di base sicura, viene assolta dal partner solo dopo che la relazione assume un certo
impegno. A questo andamento è possibile dare diverse spiegazioni: innanzitutto si può ipotizzare
che le persone abbiano bisogno di sapere che il partner è intenzionato a impegnarsi nella relazione
prima di considerarlo come una base sicura. È anche possibile però il contrario: rappresentarsi il
partner come base sicura può facilitare l’instaurarsi di una relazione fondata sull’impegno
(Fagundus & Schindler, 2012).
Un secondo obbiettivo della ricerca è quello di comprendere se ci sia un’associazione tra lo stile di
attaccamento sviluppato durante l’infanzia e quello formato in età adulta. Ancora una volta si
confermano gli studi precedenti, cioè quelli di Fraley e Davis. Le persone evitanti hanno una
tendenza inferiore rispetto ai non evitanti a formare un legame di attaccamento con l’altro; gli
evitanti quindi sembrano essere più riluttanti degli altri a formare nuovi legami di attaccamento
dopo quello con la madre. Infatti, chi ha un basso punteggio di attaccamento evitante mostra che già
a partire da cinque settimane prima dell’impegno ripongono nell’altro il bisogno di vicinanza.
Rispetto alle persone meno evitanti, coloro che sono più evitanti si sforzano per mantenere
l'indipendenza e l'autonomia (Mikulincer & Shaver, 2007). Di conseguenza, essi possono astenersi
dal richiedere la vicinanza di un partner romantico agli inizi in una relazione.
Per quanto riguarda le persone più ansiose, invece, si evidenzia una forte tendenza a ricercare
nell’altro il bisogno di vicinanza e questo accade anche nelle relazioni non stabili. Appare quindi
che le loro insicurezze possono riflettersi sia dalla loro maggiore disponibilità a cercare il loro
partner romantico per le disposizioni di sostegno, ma allo stesso tempo i risultati dimostrano che
sono riluttanti a fidarsi del partner tanto da sceglierlo come base sicura.
Come previsto, scegliere il proprio compagno come base sicura è un fattore che predice una
relazione a lungo termine. I partecipanti infatti sono stati ricontattati un anno e mezzo dopo la fine
dello studio allo scopo di avvallare questa ipotesi.
I risultati quindi supportano le affermazioni teoriche secondo le quali le relazioni basate sulla
sicurezza sono più difficili da rompere in confronto ai rapporti basati sull’insicurezza.
Bowlby (1973), sottolinea che quando i bambini sono lontani dalla figura di attaccamento
mettono in atto comportamenti di forte protesta e cercano di ristabilirne il contatto. Questo
comportamento, trasferito nell’età adulta, può aiutare a mantenere la vicinanza e impedire la
dissoluzione del rapporto.
Ciò implica la disponibilità a sacrificare e perseverare nei costi di una relazione (Rusbult, 1983;
Rusbult & Van Lange, 2003). È possibile che le persone che rappresentano più rapidamente i loro
partner come basi sicure siano meno propense a lasciarsi in seguito perché in modo più rapido
vedono il loro partner come qualcuno per il quale valga la pena sacrificarsi.
In sintesi si può affermare che quest’ultimo studio analizzato in parte conferma e in parte aggiunge
informazioni rispetto a quelli citati in precedenza (Doyle, Lawford & Markiewicz, 2009; Keren &
Mayseless, 2013). Infatti, in quest’ultimo troviamo maggiori informazioni sulle dinamiche e le
motivazioni che porterebbero a scegliere il partner come figura di attaccamento primaria. Già però
nello studio precedente si afferma che nell’età adulta si predilige il legame col partner rispetto a
quello con i genitori. Inoltre lo studio citato per primo (Doyle, Lawford & Markiewicz, 2009)
analizza lo spostamento dell’attaccamento da più lontano, e ci fa capire le origini di questa
dinamica: sembrerebbe infatti che si inizi a spostare il legame a partire dal bisogno di autonomia e
indipendenza tipico dell’adolescenza. Quindi, dopo i genitori, l’attenzione dell’adolescente viene
rivolta ai pari per poi spostarsi e stabilizzarsi sul partner. Le dinamiche di quest’ultimo processo
vengono chiarite nello studio più recente (Keren & Mayseless, 2013) in cui si delineano le
differenze nei vari stili di attaccamento per i tempi e i modi in cui avviene lo spostamento.
2. Cambiamento nello stile di attaccamento: il ruolo del partner
In passato le ricerche hanno evidenziato come lo stile di attaccamento sia prevalentemente stabile
nel corso della vita. Solo recentemente alcuni studi hanno analizzato i fattori che possono portare al
cambiamento. Ad esempio Kirkpatrick and Hazan (1994) trovano che il cambiamento dello status
della relazione di coppia può incidere nel cambiamento: il 90% dei partecipanti impegnati in una
relazione di coppia all’inizio dello studio, se non sperimentavano la rottura del rapporto, sono
rimasti sicuri; invece il 50% dei partecipanti sicuri che subivano la fine della relazione, sono
diventati insicuri. Questo processo può essere però influenzato dalla percezione cognitiva che
l’individuo ha dell’evento: se la rottura è interpretata come un evento stressante, può incidere
maggiormente nel cambiamento verso l’insicurezza (Chung et al., 2003; Helgeson, 1994; Kelly,
2003; Kelly & Emery, 2003).
Sebbene anche Bowlby (1969) sostenesse che lo stile di attaccamento fosse moderatamente stabile
nel corso della vita, intorno al 1982, arriva ad affermare che talvolta i modelli operativi interni si
possono modificare ed è possibile aggiungervi nuove informazioni. Dunque, supposta questa
capacità, il cambiamento dell’attaccamento è possibile.
La letteratura (Rholes & Simpson, 2007) riporta tre differenti modelli che predicono il cambiamento
nell’attaccamento adulto.
Modello life stress:
Il cambiamento si verifica in seguito a importanti cambiamenti di vita. Questo modello era stato
inizialmente proposto da Bowlby, il quale sosteneva che la modifica dei modelli operativi interni
potesse verificarsi per adattarsi ai cambiamenti di vita particolarmente significativi; questo è stato
poi confermato da Collins e Read (1994). Questo andamento si trova anche nelle ricerche sui
bambini, le quali mostrano che, in seguito a esperienze sfavorevoli, essi tendono a cambiare
attaccamento in direzione dell’insicurezza (Waters, Merrick, Treboux, Crowell & Albersheim,
2000; Weinffeld, Sroufe & Egeland, 2000).
Tuttavia, per quanto riguarda l’attaccamento adulto, solo pochi studi hanno riportato conferme per
questo modello. Tra le conferme abbiamo lo studio sopracitato di Kirkpatrick e Hazan (1994), che
indaga il ruolo delle relazioni sentimentali in questo processo. Essi trovano che in un periodo di
quattro anni le persone che avevano subito la rottura della relazione avevano più probabilità di
diventare insicuri. Non mancano però studi che contrastano questi risultati: Baldwin e Fehr (1995),
Scharfe e Bartholomew (1994), Davis e collaboratori (1997), non hanno trovato prove di un
collegamento tra stress e cambiamenti nell’attaccamento. Per quanto riguarda invece il
cambiamento verso la sicurezza, Davila e collaboratori (1999), trovano che la transizione al
matrimonio possa portare alla sicurezza: le persone coinvolte, infatti, si mostrano meno spaventate
dalla paura di essere abbandonate e maggiormente a proprio agio nell’intimità. Un momento
stressante che coinvolge la vita di coppia è la nascita del primo figlio quindi alcune ricerche hanno
voluto dimostrare se questo evento potesse influire sulla sicurezza. Simpson e collaboratori (2003),
hanno trovato che le mogli, in questo periodo si sentivano più a proprio agio nell’intimità, quindi, si
dimostra che questo avvenimento non cambia la sicurezza; anche se, in un altro studio, si vede che
questo vale quando le madri ricevono sostegno sociale (Cobb, Davila, Rothman, Lawrence &
Bradbury, 2003).
Questa incoerenza nei risultati ha portato a formulare diverse ipotesi.
Una di queste riguarda il fatto che i cambiamenti siano rilevabili maggiormente in un periodo di
tempo breve; in periodi di tempo più lunghi, è infatti più difficile riuscire a collegare il
cambiamento a un evento specifico.
Un’altra possibile risposta potrebbe essere data facendo riferimento alle percezioni che le persone
hanno riguardo agli eventi della propria vita. Infatti i test che si rifanno a questo modello si
riferiscono soltanto a eventi oggettivi, nonostante Bowlby sostenesse che nel cambiamento è
coinvolta la mediazione cognitiva. Gli eventi per essere fonte di cambiamento, dovrebbero essere
percepiti dall’individuo che li vive, come discordanti rispetto ai propri modelli. In uno studio di
Davila e Sargent (2003), più gli eventi venivano percepiti come una perdita, più l’insicurezza
aumentava. Anche in quest’ottica si può citare lo studio di Cobb e collaboratori (2003), poiché, i
soggetti presi in esame, nella transizione alla genitorialità, se percepivano un maggiore sostegno
sociale, mostravano un aumento della sicurezza. Anche Simpson e collaboratori (2003), hanno
trovato che la percezione della rabbia e del sostegno da parte del coniuge giocano un ruolo
importante del cambiamento della sicurezza nel periodo di transizione alla genitorialità. Quindi si
può dire che non sono gli eventi in sé a determinare il cambiamento, ma la percezione che si ha di
questi.
Modello cognitivo-sociale:
Sviluppato da Baldwin e collaboratori (Baldwin & Fehr, 1995) questo modello postula che il
cambiamento nella sicurezza dell’attaccamento deriva dal cambiamento degli stati della mente, cioè
gli individui riferiscono diversi stati di attaccamento in base allo stato mentale che è attivato in loro
in quel momento.
In merito a questo modello può essere interessante citare uno studio di Davis e collaboratori (1999),
in cui la soddisfazione coniugale veniva considerata come una variabile socio- cognitiva, poiché
rappresenta lo stato mentale che gli individui hanno rispetto al proprio matrimonio, che quindi è
possibile che sia soggetta a cambiamento. Essi trovarono che questa variabile predice cambiamenti
di sicurezza, quindi più una persona è soddisfatta del proprio matrimonio, più percepirà il proprio
attaccamento come sicuro.
Modello delle differenze individuali:
Gli individui che vivono situazioni di vulnerabilità, come ad esempio il divorzio, saranno i più
inclini a modificare il proprio modello di attaccamento. Si ipotizza anche che riferire diversi stili di
attaccamento può essere causato da una mancanza di sicurezza.
Riassumendo, i tre modelli differiscono per quanto riguarda le cause del cambiamento, ma
condividono degli aspetti in comune. Ad esempio, confrontando i primi due, si può notare che
considerano entrambi il cambiamento come conseguente a eventi della vita, ma differiscono perché
il primo modello serve per comprendere cambiamenti a lungo termine mentre il secondo studia
cambiamenti a breve termine. Inoltre il primo si concentra su eventi esterni, il secondo eventi
esterni e interni.
Il modello delle differenze individuali e quello socio cognitivo hanno diversi punti in comune. Il
cambiamento, per entrambi, può essere un evento ripetitivo, ma si focalizzano su diversi tipi di
cambiamento. Il modello delle differenze individuali parla di cambiamenti derivati da una fonte
distale, mentre l’altro considera fonti prossimali.
All’interno del modello “life stress”, è interessante prendere in esame lo studio di Scharfe e Cole
(2006), le quali cercano di comprendere se in un momento stressante, come quello della laurea, può
verificarsi un cambiamento dello stile di attaccamento e se questo è moderato da alcuni fattori,
come ad esempio, la sicurezza della relazione di coppia. I risultati confermano che lo stile di
attaccamento tende, nella maggior parte dei casi, a rimanere stabile, ma nonostante ciò si sono
potuti riscontrare dei cambiamenti in alcuni soggetti. In questi casi, lo status della relazione di
coppia ha moderato la stabilità dell’attaccamento: i partecipanti che sono rimasti single durante
questo periodo di stress, hanno riportato stili di attaccamento meno stabili, mentre i partecipanti che
sono rimasti nella stessa relazione o hanno cambiato relazione hanno riportato una maggiore
stabilità. I partecipanti che riferiscono attaccamenti più ansiosi, sono meno propensi a cambiare,
infatti, questi individui, interpretano gli eventi in modo più minaccioso degli altri e si sentono anche
meno in grado di affrontarli. Inoltre, i partecipanti che sperimentano più disagio in relazione allo
stress, oppongono più resistenze al cambiamento.
Sempre partendo dalla teoria di Bowlby (1973), secondo la quale i modelli operativi interni si
possono modificare e integrare in sé nuove informazioni, un gruppo di ricerca della Michigan State
University e della State University of New York and Stony Brook (Davila & Kashy, 2009), ha
intrapreso una ricerca su 114 coppie, andando a indagare se le esperienze di supporto possono
modificare l’attaccamento della coppia.
I presupposti teorici che hanno motivato la ricerca sono però vari. Si parte dall’idea che, quando i
partner si sentono sicuri nella coppia, sono anche più soddisfatti e sono anche più motivati a mettere
in atto comportamenti finalizzati a migliorare la qualità della relazione (Mikulincer & Shaver,
2007). Affinché ci sia sicurezza in un rapporto di coppia, è importante che i partner siano responsivi
e sensibili e si sincronizzino sui bisogni del partner (Ainsworth, Blehar, Waters, & Wall, 1978;
Bowlby, 1969). Questo comportamento di supporto e caregiving, fa si che i membri della coppia si
sentano protetti, apprezzati e capiti, permette di sentirsi vicini all’altro, senza paura di essere
abbandonati (Collins et al., 2006; Reis & Shaver, 1988). Al contrario, le persone che temono di
essere abbandonate, hanno paura che gli altri li rifiutino e si sentono poco degni di ricevere l’amore
dell’altro. Queste due diverse dimensioni, possono influenzare le esperienze di supporto in vari
modi. Collins e Feeney (2000) trovano che le persone che riportano alti livelli di ansia sono meno in
grado di fornire esperienze di supporto per l’altro e mostrano quindi meno comportamenti di
caregiving. Allo stesso modo, gli autori trovano che chi è caratterizzato da attaccamento ansioso,
tende a dare percezioni erronee del comportamento di supporto dell’altro. Per queste ragioni è
importante capire se in presenza di funzioni di base sicura carenti, si possa compromettere la
sicurezza, in seguito al cambiamento delle aspettative future riguardo al partner.
Questo studio (Davila & Kashy, 2009) ha lo scopo di indagare le esperienze di supporto che
avvengono in una coppia giorno per giorno. I risultati possono confermare quelli della ricerca di
Collins e Feeney per quanto riguarda il fatto che le persone sicure sono sia in grado di offrire
sostegno, ma sono anche in grado di recepire le esperienze di supporto che provengono dall’altro.
La sicurezza, inoltre, fa sentire il partner come autorizzato a cercare il supporto dell’altro e questo
correla positivamente col sentirsi più sicuri anche nell’intimità. In questo modo si può mantenere il
ruolo adattivo della coppia.
Per quanto riguarda l’evitamento, invece, le persone non si sentono sicure nel vivere l’intimità,
inoltre, più le persone percepiscono poco sostegno, più i comportamenti evitamento aumentano.
Questo ci fa capire come l’evitamento sia mantenuto e rafforzato se le persone non cercano
supporto nell’altro. Quindi, è possibile che si verifichino dei processi reciproci di rinforzo
dell’attaccamento evitante nella coppia, che sono altamente dannosi e possono portare ad un alto
grado di angoscia di coppia.
Pare che anche l’ansia di abbandono (soggetti ansiosi- ambivalenti), sia associata a deficit nei
processi di supporto; in particolare, questi deficit, si rendono evidenti nel momento in cui il partner
ansioso chiede una grande quantità di supporto, ma allo stesso tempo non riesce a fornirne al
partner. A questo punto, si può creare un “attaccamento contagioso”: avere un partner ansioso
implica molto stress a causa delle eccessive richieste di vicinanza; il partner sicuro, di conseguenza,
potrebbe sviluppare un bisogno di supporto superiore perché questa relazione impegna molto, ma
queste richieste non vengono mai accolte dal partner ansioso, il quale chiede supporto ma non ne
dà. Questa situazione potrebbe far nascere nel partner originariamente sicuro, un attaccamento
ansioso. Si crea così un circolo vizioso di insicurezza tra i due partner che può mettere a rischio la
soddisfazione e la durata a lungo termine della coppia. Quindi, complessivamente, quando nella
coppia è presente un partner ansioso, si registrano dinamiche di coppia disadattive, indicanti una
mancanza di basi sicure sane. Essere in una relazione con un partner ansioso è molto frustrante
anche per un eventuale partner sicuro, poiché l’altro non percepirà mai il suo supporto e ne chiederà
sempre di più, con la conseguenza che anche nel partner sicuro si svilupperà ansia di abbandono.
Quindi, rispondere ai bisogni di un partner ansioso, è impegnativo e dà scarsi risultati (Davila &
Kashy, 2009).
Questo studio, quindi, dimostra che l’attaccamento sicuro può cambiare in risposta ai cambiamenti
nelle relazioni interpersonali. Queste dinamiche, se non curate possono essere interiorizzate e
rimanere stabili.
Inoltre, dato che il sostegno gioca nel successo della relazione di coppia un ruolo molto importante,
i risultati suggeriscono che le persone che percepiscono ansia di abbandono possono essere ad alto
rischio di stress relazionale a causa dei loro deficit nel cercare, prendere, e fornire supporto.
Pertanto, non solo queste scoperte chiariscono le dinamiche di supporto connesse alla sicurezza di
attaccamento tra le coppie, ma forniscono importanti nuovi indizi sul motivo per cui l'attaccamento
insicuro, in particolare l'ansia di abbandono, è stato così costantemente associato a difficoltà
relazionali (Mikulincer & Shaver, 2007).
Davila e Kashy (2009), suggeriscono anche che questi risultati potrebbero fornire uno spunto per il
trattamento delle coppie che intraprendono un percorso di terapia. Per migliorare la soddisfazione di
coppia, infatti, sarebbe necessario che i due membri rendessero esplicite le proprie ansie e
insicurezze derivate dai loro legami di attaccamento. I partner evitanti, poi, dovrebbero imparare a
rischiare di più nel cercare sostegno, così facendo i loro partner saranno più motivati a essere
responsivi e offrire sostegno. Con i partner più ansiosi (coloro che sono più dipendenti e che
temono il rifiuto), può essere necessario aiutarli a diventare consapevoli delle esigenze dei partner e
ad imparare modi più efficaci per rispondervi, questo deve essere effettuato aiutando anche il
partner ansioso a gestire le proprie paure di rifiuto nel rapporto. Potrebbe anche essere necessario
aiutare le persone con i partner ansiosi a gestire le percezioni di quei partner, aiutarli a capire in che
modo fornire sostegno, in modo che si preparino contro il possibile “contagio” di ansia.
CONCLUSIONI
Dalla letteratura presentata è possibile evincere diverse osservazioni. Innanzi tutto dal primo
capitolo, che presenta il coinvolgimento dell’attaccamento nella scelta del partner, si può notare
come le ricerche (Holmes & Johnson, 2009; Strauss, Morry & Kito, 2012) abbiano usato due
differenti approcci: alcune di queste, infatti, indagano le preferenze delle persone nell’immaginare
un partner ideale, altre preferiscono rilevare le preferenze di partner reali e attuali; altre ricerche,
invece, riuniscono entrambi gli approcci. Dai risultati emersi si può constatare che le ricerche
concordano nell’affermare che le persone, idealmente, preferirebbero un partner con attaccamento
sicuro, maggiormente in grado di rispondere ai bisogni altrui, ma in realtà, quando si analizzano i
rapporti con partner attuali anche l’ipotesi della complementarietà riscuote molte conferme. Quindi
si potrebbe affermare che non sempre le persone ottengono esattamente quel che desiderano.
Nella seconda parte dell’elaborato, si è analizzato il processo che porta le persone a spostare i propri
bisogni di attaccamento dalla madre ad altre figure di riferimento. Grazie al contributo di alcuni
studi (Doyle, Lawford & Markiewicz, 2009; Keren & Mayseless, 2013) si è potuto comprendere
che questo processo inizia a partire dall’adolescenza, periodo in cui i propri bisogni vengono
trasferiti sui pari. Il processo ha poi fine nell’età adulta, in cui il legame di attaccamento viene
definitivamente trasferito sul partner, il quale viene percepito come base sicura.
Lo stile di attaccamento, però, anche se non nella maggioranza dei casi, può subire delle modifiche.
La letteratura riporta tre diversi modelli che potrebbero spiegare questo cambiamento: il modello
life-stress, il modello cognitivo- sociale e quello delle differenze individuali.
Nella parte conclusiva si presenta una ricerca che fa comprendere come l’attaccamento ansiosoambivalente sia dannoso per l’individuo che lo sperimenta, ma anche per un eventuale partner che si
relaziona con questo. Pare infatti, che un ansioso ambivalente sia in grado di influenzare un
individuo sicuro a tal punto che anche quest’ultimo svilupperà col tempo un legame ansiosoambivalente. Sembra infatti che questo stile sia molto resistente al cambiamento e suggestioni le
persone per tutta la vita e in molti ambiti. Sembra quindi, che sia più semplice che un sicuro diventi
insicuro, piuttosto che il contrario (Davila & Kashy, 2009).
Questo fa riflettere su come le conseguenze di un attaccamento insicuro possano ripercuotersi in
modo determinante nel corso della vita adulta. Per questo motivo sarebbe utile individuare e
intervenire per arginare un attaccamento insicuro già durante l’infanzia in modo da prevenire
successive relazioni disfunzionali. Per questo, e molti altri motivi, lo studio della psicologia dello
sviluppo è di fondamentale importanza poiché è molto probabile che un bambino sicuro oggi sarà
un adulto con relazioni maggiormente adattive e soddisfacenti domani.
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