Rapporto Salute Felicità - Conclusioni principali

Transcript

Rapporto Salute Felicità - Conclusioni principali
Dipartimento Diritto Economia e
Istituzioni
The (w)health of nations
Salute e felicità
Rapporto Fondazione Angelini-CEIS Tor Vergata
Sommario e conclusioni principali
1. Le ragioni dell’indagine
L’invecchiamento della popolazione, la maggiore precisione delle tecniche di screening, la capacità
di individuare in anticipo l’insorgere di patologie e il miglioramento delle cure che rendono alcune
patologie da mortali a croniche ha prodotto nel corso degli ultimi anni un rilevante aumento della
domanda di servizi sanitari che rischia di essere economicamente insostenibile. Un dato
significativo che evidenzia il mutato ordine di cose e la crescita di uno stock di popolazione che
richiede cure sanitarie è la progressiva creazione di un gap tra aspettativa di vita che continua a
crescere (in cammino verso gli 85 per le donne e verso gli 80 per gli uomini) e aspettativa di vita in
perfetta salute che è invece in calo secondo i dati OCSE nel nostro paese (in discesa di 6-7 anni dal
2003 ad oggi).
Per questi motivi il tema dell’active ageing1 e, con esso, un’indagine che identifichi con chiarezza
l’impatto delle principali determinanti sulla salute è oggi in cima all’agenda politica, sociale ed
economica.
1
Nella definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (2002) con il termine active ageing
si intende “ il processo di ottimizzazione delle opportunità per la salute, della partecipazione e della
sicurezza in modo da migliorare la qualità della vita man mano che la popolazione invecchia
(‘Active ageing is the process of optimizing opportunities for health, participation and security in
order to enhance quality of life as people age’ (World Health Organisation, 2002, pp. 12) e si
chiarisce ulteriormente che il termine “attivo” si intende una “partecipazione continuata nelle realtà
sociali, economiche, culturali, spirituali e civica e non solo l’abilità di essere fisicamente attivi o di
partecipare alla forza lavoro” (‘continuing participation [of older people] in social, economic,
cultural, spiritual and civic affairs, [and] not just the ability to be physically active or to participate
in the labour force’ (ibid, pp. 12) mentre il termine salute sta ad indicare in una prospettiva
Uno studio d’impatto siffatto può infatti fornire indicazioni fondamentali per le politiche di
prevenzione, offrire riferimenti quantitativi fondamentali per identificare benefici sociali in
meccanismi di finanziamento innovativi (come i social impact bonds) in grado di attirare
finanziamenti privati, dare input per l’aggiornamento dei sistemi di calcolo del rischio salute nei
sistemi assicurativi.
Alla luce di quanto considerato la ricerca sviluppata dal gruppo di Tor Vergata e sotto l’egida della
Fondazione Angelini si è proposta pertanto di:
i)
ii)
iii)
iv)
v)
identificare i fattori chiave che influenzano la salute;
calcolare il loro impatto sugli indicatori di salute oggettivi e soggettivi;
misurare l’effetto sulla salute e sulla soddisfazione di vita di tali indicatori in termini
economici (utilizzando la metodologia della variazione compensativa, e valutando
l’impatto sul sistema sanitario nazionale)
calcolare il dividendo di felicità in termini monetari di un euro di spesa sanitaria
Derivare dall’analisi effettuata regole auree per il perseguimento di una vita in salute per
i singoli individui, regole auree per le politiche pubbliche e la metodologia per la
costruzione di un indice locale di salute in grado di anticipare le sue future dinamiche
aggregate su un determinato territorio con le connesse implicazioni in termini di
dinamiche sociali e spesa sanitaria
La ricerca si è concentrata in particolare sull’impatto di quattro particolari fattori; istruzione, vita
sociale e di relazioni, spesa sanitaria e qualità dei sistemi sanitari nazionali, soddisfazione
soggettiva di salute. Nelle sezioni che seguono si sintetizzano le caratteristiche della base dati e la
metodologia utilizzata (sezione 2), i risultati principali delle quattro indagini (sezione 3) e le
conclusioni in termini di regole per la vita individuale, per le politiche pubbliche e per la
costruzione dell’indicatore di previsione delle dinamiche di salute (sezione 4).
2. La base dati e la metodologia
La base dati utilizzata - La “Survey of Health, Ageing and Retirement in Europe (SHARE) - è
l’indagine più accreditata oggi a livello europeo in grado di comparare le dinamiche della salute a
livello individuale con osservazioni ripetute nel tempo per 19 paesi dell’area OCSE. SHARE è un
panel che raccoglie informazioni sulla salute e le variabili socio demografiche per un campione di
più di 45,000 cittadini europei dai 50 anni in su con 4 successive indagini sviluppate dal 2004 al
2012. L’indagine consente di lavorare su un complesso di 126,035 osservazioni provenienti da 19
paesi: Austria, Germania, Svezia, Olanda, Spagna, Italia, Francia, Danimarca, Grecia, Svizzera,
Belgio, Israele, Repubblica Ceca, Polonia, Irlanda, Ungheria, Portogallo, Slovenia ed Estonia. Il
numero di paesi si riduce a 132 nel momento in cui si lavora alle “differenze prime” ovvero sulle
variazioni di salute nel tempo per lo stesso individuo, considerando soltanto quei paesi nei quali
esistono indagini ripetute nel tempo.
multidimensionale il benessere fisico, mentale e sociale “physical, mental and social wellbeing’
(ibid, pp. 12).
2
Austria, Germania, Svezia, Olanda, Spagna, Italia, Francia, Danimarca, Grecia, Svizzera, Belgio,
Polonia e Rep. Ceca.
L’indagine consente di osservare indicatori oggettivi di salute,3 indicatori soggettivi,4 sintomi,5
funzionalità fisiche6 e funzionalità mentali7 oltre a stili di vita (dieta, alcool, fumo, attività fisica) e
al consueto corredo di informazioni socio-demografiche su ciascun individuo che includono età,
sesso, reddito, istruzione, stato di famiglia e stato di lavoro.
3.1 Salute ed istruzione
Esiste una lunga tradizione di studi sul rapporto tra salute ed istruzione che suggerisce che le
persone più istruite dovrebbero avere una salute migliore. Le due teorie principali elaborate negli
anni sono la teoria allocativa e la teoria produttiva. Secondo la teoria allocativa i maggiormente
istruiti scelgono una diversa e migliore combinazione di stili di vita (fumo, dieta, attività fisica,
alcool, accesso alle informazioni mediche e visite mediche) ottenendo pertanto migliori risultati in
termini di salute. Secondo la teoria produttiva, anche a parità di “input” della “funzione di
produzione della salute” (ovvero a parità di stili di vita e informazioni mediche) i più istruiti sanno
utilizzare meglio tali input ottenendo risultati migliori.
Dal punto di vista empirico il dato di partenza è l’osservazione che i più istruiti hanno
un’aspettativa media di vita significativamente più elevata negli Stati Uniti (fino a più di 10 anni di
differenza) con un gap che resta significativo ma si riduce fortemente sino a 3-5 anni nei paesi
europei. L’analisi statistico econometrica che proponiamo nel nostro lavoro si propone di separare
l’effetto diretto dell’istruzione sulla salute (e in particolare sull’insorgenza di malattie) da altri
fattori concomitanti che possono spiegare la differenza di aspettativa di vita sopra considerata. Per
fare solo qualche esempio parte del gap può essere determinato dal fatto che i meno istruiti tendono
ad incorrere di più in incidenti stradali e che l’istruzione incide significativamente sul reddito che a
3
i)
attacco cardiaco (inclusi infarto del miocardio, trombosi coronarica o collasso
cardiocircolatorio); ii) ipertensione; iii) alto livello di colesterolo nel sangue; iv) ictus o malattia
cerebrale vascolare; vi) malattia polmonare cronica come bronchite cronica o enfisema; vii) asma;
viii) artrite, inclusa osteoartrite o reumatismo; ix) osteoporosi; x) tumore maligno incluse leucemie
e linfomi ma escluse forme minori di tumore alla pelle; xi) ulcera; xii) morbo di Parkinson; xiii)
cataratte; xiv) frattura ai fianchi o al femore.
4
Dolori articolari, problemi di cuore, mancanza di respire, tosse persistente, gambe gonfie,
problemi di sonno, cadute, paura di cadere, brividi, problemi di stomaco o intestino.
5
La soddisfazione sulla salute misurata con un indicatore qualitativo che può assumere valori da 1
(eccellente) a 5 (povero).
6
L’indicatore di capacità di svolgimento di attività tipiche del vivere quotidiano (Activities of Daily
Living indicator (ADLA)) calcolato come somma di risposte fornite sull’abilità di svolgere le
seguenti attività: vestirsi, fare il bagno o la doccia, mangiare e prepararsi da mangiare, , camminare
in una stanza e alzarsi o coricarsi a letto. L’indicatore di capacità di svolgimento di attività tipiche
del vivere quotidiano come somma di domande fornite sulla capacità di svolgere le seguenti attività:
telefonate, gestione delle proprie cure mediche e del proprio denaro.
7
Il test di numero di parole ricordate consiste nel fornire una lista di 10 parole e di chiedere dopo un
tempo stabilito il numero di parole ricordate dall’intervistato; indice di mobilità calcolato come
somma delle risposte fornite sull’abilità autovalutata di svolgere le seguenti attività: camminare 100
metri, camminare attraverso una stanza, salire una o più rampe di scale; test sulle capacità
numeriche.
sua volta può incidere positivamente sulla salute (trattasi in questo caso comunque di effetto
indiretto dell’istruzione sulla salute). Altri fattori spuri o indiretti possono essere determinati da
variabili non osservate (come il livello di istruzione dei genitori e la loro propensione al bene e
all’investimento sulla salute dei figli).
I risultati presentati dalla nostra ricerca confermano l’effetto positivo dell’istruzione sulla salute con
alcune particolari qualificazioni come quella di impatto diverso da quello atteso sull’insorgenza dei
tumori. Da un punto di vista descrittivo le differenze sono molto rilevanti. La differenza nella quota
di soggetti con problemi di ipertensione va dal 41,5 percento degli intervistati con licenza
elementare al 30 percento dei laureati. Differenze simili sono identificate su diabete (15 contro 8
percento), malattie polmonari croniche (7 contro 4 percento), Parkinson (1,1 contro 0,6 percento),
artrite (29,4 percento contro 15,8 percento) e fratture femorali (3 contro 1,4 percento). Significativa
anche la distanza generale in termini di probabilità di contrarre una malattia di lungo periodo (55
percento per chi ha la licenza elementare e 44 percento per i laureati). I dati per chi ha licenza media
e diploma di scuola superiore si collocano coerentemente nel mezzo fra questi due estremi.
La differenza tra più e meno istruiti è ampia e significativa anche in termini di funzionalità fisiche e
mentali. L’indicatore di abilità motoria (dove valori più elevati indicano maggiore abilità) presenta
valori medi di 0,82 per coloro in possesso di licenza elementare e 0,30 per i laureati. In direzione
simile le altre misure di funzionalità fisiche come (Iadla e Adla). Gli indicatori di funzionalità
mentali registrano dinamiche simili con un numero di parole ricordate medio di 4,06 per i primi e di
5,84 per i secondi ed un indice di abilità numerica di 2,71 nel primo caso e di 3,9 nel secondo. A
queste differenze corrispondono differenze analoghe in termini di stili di vita. La percentuale di
obesi tra chi non ha più della licenza elementare è 22,4% contro il 13,6% dei laureati (la percentuale
se includiamo i sovrappeso) (indice di massa corporea>29) diventa di 66.1% contro il 53.5
percento), la quota di coloro che non svolgono nessun tipo di attività fisica passa dal 54,8% tra i
possessori di licenza elementare al 34,7% tra i laureati (ben venti punti percentuali di differenza).
Unica eccezione riguarda la quota di fumatori dove i laureati registrano valori leggermente più
elevati (17,5 % rispetto a coloro in possesso di licenza elementare (16,1%) anche se inferiori a
coloro in possesso di diploma di scuola superiore (22%).
Coerentemente con questi dati i laureati dichiarano un livello di soddisfazione medio sulla salute
più elevato pari a 2.54 (corrispondente a valori intermedi tra “molto buona” e “buona”) contro il
3.24 per coloro che non hanno più della licenza elementare (corrispondente a valori intermedi tra
“buona” e “discreta”) e registrano un minor numero medio di visite mediche annue (5,57 conto
8,02). L’anomalia rispetto a questi dati riguarda la probabilità di incorrere in tumori dove la
correlazione positiva tra istruzione e salute s’inverte ( 4,5 percento degli intervistati con licenza
elementare, 5 percento per chi ha il diploma di scuola superiore e 5,4 percento dei laureati).
Nell’analisi econometrica che separa l’effetto salute da tutti gli effetti concomitanti controllando per
tutti i fattori sociodemografici e gli effetti paese troviamo sostanziale conferma di queste prime
evidenze descrittive. I risultati sono inoltre controllati (in questo lavoro come nei successivi) per il
cosiddetto attrition bias, ovvero tengono conto delle non risposte tra due indagini consecutive e dei
fattori che le determinano, riponderando secondo un approccio standard le osservazioni per
l’inverso della probabilità di non sopravvivenza. I più istruiti hanno migliori risultati di salute (ad
eccezione dei tumori), migliori funzionalità fisiche e mentali, adottano stili di vita più sani (ad
eccezione del fumo). In particolare con un approccio di variabili strumentali riusciamo a calcolare
l’effetto degli anni d’istruzione sulla salute al netto di tutti gli effetti spuri, indiretti e concomitanti.
Questa particolare metodologia affina i nostri risultati e conferma in particolare la robustezza
dell’impatto su funzionalità fisiche e mentali. Per quanto riguarda le patologie specifiche i risultati
su ipertensione e tumori si confermano quelli più significativi. L’anomalia del rapporto istruzionetumori conferma quanto già identificato negli Stati Uniti da Cutler e Lleras-Muney (2006). Tra le
possibili interpretazioni ci sono quelle che i più istruiti si ammalano meno di altre malattie e quindi
alla fine finiscono per ammalarsi di più di tumore, che gli stessi sono più accurati nel registrare
l’insorgenza della malattia. Altre spiegazioni sono legate a differenze di stili di vita non osservate
(come ad esempio maggiore sedentarietà, stress da lavoro o residenza in ambienti urbani più
inquinati). Il dilemma dell’interpretazione di questo risultato resta aperto.
Una conclusione del nostro lavoro su questo ambito è che, visti i risultati ottenuti, il gap di
aspettativa di vita tra istruiti e non istruiti (comunque positivo e significativo a favore degli istruiti)
dovrebbe aumentare se i progressi nelle cure sul cancro saranno più veloci di quelli sulle altre
malattie e viceversa
3.2 Salute, vita sociale e volontariato
Le line guida delle politiche di active ageing adottate da gran parte dei paesi OCSE identificano
nella socialità uno dei fattori importanti per la salute in età adulta. Per socialità si intendono una
serie di componenti che includono le relazioni familiari (partner, figli, nipoti), le relazioni sul posto
di lavoro, l’attività di volontariato.
Esistono numerose evidenze negli studi di medicina che identificano alcuni canali biologici
attraverso i quali l’effetto delle relazioni si materializza in benefici per la salute. La partecipazione
alla forza lavoro, l’attività di volontariato, la partecipazione attiva alla vita della comunità sociale e
le responsabilità familiari contribuiscono all’allenamento delle funzionalità mentali e fisiche e
all’irrobustimento del “capitale psicologico” necessario per far fronte alle sfide dell’età resistendo al
rischio di depressione e agli stress correlati. Alcune indagini si concentrano sugli effetti dell’attività
volontaria dimostrando che la gratuità connessa alla pratica del volontariato sviluppa energie
mentali e un senso di soddisfazione e di benessere che riduce il rischio di caduta in atteggiamenti di
ansietà, stress e depressione che hanno incidenza negativa sul sistema immunitario, su quello
cardiovascolare e sullo sviluppo cellulare anormale che può condurre allo sviluppo di tumori.
Con questa sezione dell’indagine misuriamo l’effetto di una dimensione particolare della socialità
rappresentata dall’attività di volontariato.
La nostra indagine documenta riscontra che l’attività di volontariato del periodo precedente si
correla positivamente con vari indicatori di funzionalità fisica e mentale e con la salute misurata in
termini di transizioni di alcune patologie (intendendo per transizione la combinazione di quattro
possibili stati che sono la permanenza in condizioni di salute, l’ingresso in malattia, la permanenza
in malattia e la guarigione). Anche in questo caso è necessario verificare se la correlazione
osservata tra attività di volontariato praticata nel periodo precedente e variazione nella transizione
della patologia indica un nesso di causalità positivo (il volontariato incide positivamente sulla
salute), inverso (le persone con migliore salute fanno più attività volontaria) o fattori spuri (ad
esempio le persone più istruite fanno più volontariato e hanno migliore salute producendo una
correlazione spuria tra le ultime due variabili non spiegata nè dalla causazione diretta nè da quella
inversa). Attraverso l’analisi con variabili strumentali verifichiamo che il nesso più robusto tra
attività di volontariato e risultati di salute o funzionalità è quello sui tumori, sulle facoltà di
memoria (numero di parole ricordate) e, tra i sintomi misurati nell’indagine, sulla riduzione di
problemi legati al sonno.
Al termine di questa parte del lavoro proviamo a calcolare l’impatto che l’attività di volontariato
produce in termini di soddisfazione di vita attraverso i suoi effetti sulla salute. Col metodo delle
variazioni compensative calcoliamo il “costo” in termini di felicità delle diverse patologie. Il
calcolo è effettuato stimando la perdita di reddito in grado di produrre una riduzione di
soddisfazione di vita dichiarata esattamente uguale a quella generata dalla malattia oggetto di
osservazione. In particolare da questo punto di vista si calcola che l’insorgenza di un tumore (come
media dei diversi possibili tipi di tumore) sia equivalente ad una perdita di reddito annuo lordo
familiare di 77.800 euro. Verifichiamo allo stesso tempo che l’effetto positivo del volontariato
(ovvero effetto positivo sulla transizione del tumore moltiplicato per la variazione compensativa
complessiva) è in grado di produrre un beneficio sulla felicità individuale pari al valore monetario
di circa 2000 euro annui. Applicando questa cifra al numero complessivo di malati di tumore in
Europa si calcola che i risparmi di spesa complessivi nel continente possono arrivare a circa 1
miliardo di euro.
Attraverso le ricerche sviluppate nell’indagine identifichiamo come altro fattore di socialità
fortemente rilevante nella nostra analisi quello della dinamica delle relazioni affettive. Le due
variabili che appaiono incidere di più da questo punto di vista sono la condizione di vedovanza e la
circostanza dell’avere un nuovo partner. Queste due variabili sono significativamente e
negativamente correlate con la variazione nel numero di patologie croniche confermando
l’importanza decisiva della presenza di un partner per le dinamiche d’invecchiamento della
popolazione
L’insieme di questi risultati conferma che la socialità è un fattore molto importante nelle dinamiche
di salute della popolazione.
3.3 Salute e sistemi sanitari
Gli studi sull’effetto dei sistemi sanitari concentrano la loro attenzione su dati aggregati a livello
paese e su variabili di salute come mortalità infantile e longevità. In questo modo si perde la
ricchezza dei dati individuali ed è impossibile misurare gli effetti della spesa sanitaria e della qualità
dei sistemi nazionali sulle variazioni della qualità della salute. Nei dati aggregati che sono dati medi
si perde ad esempio l’impatto, notoriamente più significativo, che code della distribuzione degli stili
di vita hanno sulle variabili di salute. Per fare solo un esempio in un’ipotetica popolazione
composta da due obesi dove l’obesità produce malattie e due individui lievemente sottopeso e sani i
dati individuali individuano correttamente la relazione tra obesità e salute mentre i dati aggregati a
livello paese non sono in grado di identificare alcuna relazione tra obesità e salute.
Il nostro lavoro utilizza in particolare due indicatori quantitativi di spesa sanitaria (spesa sanitaria in
percentuale sul PIL, e spesa sanitaria pro capite, in entrambi i casi calcolate come somma di spesa
pubblica e privata) e un indicatore qualitativo (numero di morti in ospedale evitabili per problemi
cardiocircolatori, una delle variabili più accreditate per la misura della qualità dei sistemi sanitari a
livello OCSE). Le analisi econometriche sono effettuate su dati individuali e replicate a livello
anno-paese per verificarne la robustezza. I risultati identificano una regolarità piuttosto stabile
indicando come un punto in più di spesa sanitaria sul PIL (a partire dal valor medio nel campione)
produca mediamente la riduzione di 0,10 nel tasso di variazione medio delle malattie croniche. Per
capire il senso del dato, se partissimo da una popolazione di individui senza malattie croniche ciò
significa che un punto in più di PIL di spesa sanitaria (circa 16 miliardi per il nostro paese) consente
a un individuo su 10 di non contrarre una malattia cronica che avrebbe contratto. Se invece
consideriamo, come è in realtà, che il campione è composto da individui con una data distribuzione
ex ante di malattie croniche il risultato di 0,10 è la media di riduzioni di insorgere di malattie e di
cura con successo i patologie esistenti.
Come è noto il problema di causalità inversa nel rapporto tra spesa sanitaria e risultati sulla salute è
particolarmente rilevante. L’osservazione di una correlazione positiva tra spesa sanitaria e salute
può infatti indicare sia causalità diretta (la spesa sanitaria incide sulla salute) sia inversa (in
presenza di un maggior numero di patologie la spesa sanitaria diventa più elevata). C’è infine la
possibilità che la stessa correlazione sia determinata da fattori spuri, ovvero da terze variabili
inosservate che sono correlate con o causano sia la spesa sanitaria che la salute producendo una
correlazione spuria tra gli ultimi due fattori. Se, per fare un esempio, la dieta mediterranea è
correlata con elevata spesa pubblica su PIL nei paesi mediterranei ed è la causa di buoni risultati di
salute, la correlazione osservata tra spesa pubblica sul PIl e salute è spuria e non indica causalità
diretta dalla spesa sanitaria alla salute.
La metodologia utilizzata per discriminare tra le tre possibili spiegazioni è in letteratura quella di
identificare variabili strumentali “rilevanti”, ovvero variabili che causano la variabile d’interesse
(nel nostro caso la spesa sanitaria) e “valide, ovvero variabili che non incidono direttamente sulla
variabile obiettivo (la salute individuale dei soggetti intervistati). Per raggiungere questo obiettivo
utilizziamo nella ricerca la composizione delle forze politiche nei parlamenti dei diversi paesi che
dimostriamo essere significativamente correlata con le scelte in materia di spesa sanitaria (e
ovviamente non correlata di per sé direttamente con la salute dei singoli cittadini). I risultati
precedentemente citati sul rapporto positivo tra spesa sanitaria e risultati sulla salute vengono
confermati sia nel segno che nelle grandezze quantitative confermando l’affidabilità di
un’interpretazione del nesso in termini di causalità diretta.
Un altro risultato interessante del lavoro è la stima per sottogruppi. Ripetendo l’analisi in tal senso
troviamo che le categorie per le quali i benefici della spesa sanitaria sul PIl risultano essere più
rilevanti sono le donne (rispetto agli uomini), la fascia di età over 65 (rispetto a quella tra i 50 e i
65), coloro che non fanno alcuna attività fisica (rispetto a chi la pratica), gli individui sovrappeso,
gli individui con reddito più basso, i non laureati, i cittadini con reddito al di sotto del reddito
mediano del proprio paese. Per tutte queste sottocategorie l’impatto è più significativo e di
maggiore entità. La prima implicazione di questo risultato è che l’interesse per la spesa sanitaria tra
gli over 50 è fortemente eterogeneo in diversi gruppi della popolazione che rappresentano anche
diversi strati di elettorato (senza considerare poi che per gli under 50 gli effetti positivi della spesa
sanitaria si manifestano molto più a distanza nel tempo). La seconda è che sarebbe possibile in
alcuni casi “risparmiare” spesa sanitaria a parità di effetti in termini di risultati sulla salute
lavorando su alcuni stili di vita (riuscendo ad esempio a porre in atto politiche efficaci che stimolino
la riduzione della percentuale dei sovrappeso e degli obesi, la riduzione della quota di popolazione
che non fa alcuna attività fisica, il livello di istruzione). Per quanto riguarda i risultati sulle due
classi di reddito (sopra e sotto la mediana), essi implicano che oltre a motivi sociali e distributivi,
l’esistenza di soglie per l’esenzione e per il pagamento dei ticket ha un significato anche in termini
di impatto sulla salute elevando il costo della salute per coloro per i quali il beneficio marginale è
minore (e riducendolo per coloro per i quali il beneficio è maggiore).
3.4 Salute e soddisfazione soggettiva sulla salute
Si riscontra in genere molto scetticismo sulle capacità predittive degli indicatori di soddisfazione
soggettiva. Tali indicatori sono ritenuti poco affidabili per la mancanza di “cardinalità” (non esiste,
per fare un esempio, un ancoraggio ad un rapporto stabile definito in termini di quantità tra modalità
“molto buono” e “discreto” come avviene ad esempio per due valori di temperatura), oltre che per
la difficoltà di comparabilità tra diversi individui (tra il “molto buono” di uno e il “molto buono” di
un altro) e soprattutto tra individui di paesi diversi dove le differenze culturali (maggiore o minore
propensione o ritrosia a dichiarare il proprio vero stato) e le sfumature lessicali dei termini utilizzati
creano ulteriori problemi di comparazione.
Se guardiamo però alla pratica medica osserviamo che l’indicazione soggettiva e qualitativa del
proprio grado di salute è la prima indicazione che un dottore prende sul serio per valutare la
situazione del paziente. Su questo specifico punto il nostro lavoro si propone di verificare l’impatto
che tale dichiarazione soggettiva di salute ha sulla variazione “oggettiva” della salute (in termini di
patologie diagnosticate da un dottore) nel periodo successivo al netto di tutte le altre variabili
rilevanti (fattori socio-demografici, situazione di salute di partenza, spesa sanitaria e qualità dei
sistemi sanitari e anche sintomi specifici dichiarati dal paziente). La variabile utilizzata è quella
classica a cinque modalità sulla soddisfazione di salute dove le possibili risposte sono: “ottima”,
“molto buona”, “buona”, “discreta” e “mediocre”. I nostri dati indicano una sorprendentemente
stabile e significativa incidenza, robusta in tutti i sottogruppi e in ciascuno dei 13 paesi
separatamente considerati. Più in dettaglio le persone che, a parità di tutte le altre condizioni
(incluse quelle correnti di salute), dichiarano una salute povera hanno una probabilità di contrarre
ulteriori malattie fino a 3-4 volte superiore rispetto a coloro che dichiarano uno stato di salute
eccellente. La prima rilevante implicazione è che i dati sulla soddisfazione soggettiva sono molto
importanti e vanno rilevati nelle indagini statistiche in quanto costituiscono dei predittori e degli
anticipatori delle successive variazioni di salute che altre variabili tradizionali non riescono
completamente a misurare.
Le possibili interpretazioni del nostro risultato sono le seguenti. La prima è quella di un nesso di
causalità diretto tra dichiarazione soggettiva e salute, ovvero di una sorta di effetto-ipocondria: il
pessimismo circa le proprie condizioni di salute finisce per determinare ciò che predice. La seconda
è che l’insoddisfazione dichiarata approssimi la gravità (non osservata) della patologia già
dichiarata (ciò però ha senso solo nel caso in cui l’impatto è sulle transizioni da malattia a
guarigione o di permanenza nella malattia ma non quando si dimostra, come avviene nella nostra
indagine empirica, che l’effetto è anche nelle transizioni dalla salute alla malattia). La terza è che la
variabile di dichiarazione soggettiva sulla salute catturi inefficienze dal lato della domanda o
dell’offerta. Ovvero pazienti che ritardano la visita e l’ottenimento di una diagnosi o sistemi sanitari
meno efficienti che tardino nel formulare la diagnosi adeguata. L’insieme dei nostri risultati tende
ad escludere che quanto osserviamo sia spiegabile in base ad una sola di queste tre spiegazioni. I
risultati sono molto stabili in ciascun paese e validi sia per i sottogruppi di intervistati con un
elevato numero di visite mediche nell’anno incorso che per quelli con un basso numero di visite
mediche. E in ciascuna delle tre interpretazioni il suggerimento di policy sull’importanza di rilevare
questo dato ai fini della predizione delle dinamiche future di salute resta assolutamente valido
4.1 Conclusioni della ricerca: le regole d’oro a livello individuale
Quello che emerge complessivamente dai quattro studi che analizzano il rapporto tra salute e sue
determinanti da quattro diverse prospettive sono alcune regole d’oro alcune delle quali consolidano
e confermano evidenze e consigli già noti.
Una prima concerne l’importanza di svolgere regolarmente attività fisica. In particolare la nostra
indagine riscontra da più punti di osservazione l’effetto significativo sul peggioramento delle
condizioni di salute della scelta di non svolgere alcuna attività fisica.
Una seconda riguarda la dieta. Ciò che si verifica in particolare nella ricerca, che non dispone di
dettagli relativi al tipo di alimentazione, è l’impatto negativo sulla salute della condizione di
sovrappeso o di obesità.
Una terza è relativa alla dimensione sociale. I nostri risultati riscontrano che una vita sociale attiva
(familiare, di comunità e di momenti di gratuità realizzati attraverso attività di volontariato) ha
un’incidenza positiva e significativa sulla salute
4.2 Conclusioni della ricerca: le regole d’oro per le politiche sanitarie
I nostri risultati presentano suggerimenti importanti dal lato delle policy. Da questo punto di vista
verifichiamo in particolare l’effetto positivo e significativo della spesa sanitaria sulla salute con un
risultato piuttosto stabile che identifica l’impatto di un punto di spesa sanitaria sul PIL sulla salute
(0,10 sulla variazione del numero di malattie croniche mediamente dichiarate, ovvero il
miglioramento o il non peggioramento delle condizioni di salute di una persona su dieci). I risultati
di quell’indagine specifica suggeriscono anche che alcune categorie sono particolarmente sensibili
agli effetti della spesa sanitaria (donne, persone sovrappeso, persone che non svolgono attività
fisica, persone con reddito sotto la mediana nazionale, i non laureati). Ciò implica da una parte la
presenza di potenziale eterogeneità nel sostegno politico alla spesa sanitaria da parte di diverse
fasce di popolazione e dall’altra delinea possibili direttrici di azione per risparmiare spesa sanitaria
per un dato livello di condizioni di salute agendo e contenendo quei fattori che rendono la spesa
sanitaria più necessaria.
Utilizzando i risultati dello studio degli effetti delle malattie sulla felicità e quelli dell’impatto della
spesa sanitaria sulla variazione del numero di malattie croniche è possibile a conclusione della
ricerca calcolare un vero e proprio dividendo della spesa sanitaria in termini di felicità. Stimando
attorno ai 45,500 euro lorde annuali di reddito familiare l’impatto medio di una malattia cronica
sulla felicita (ovvero calcolando che l’insorgere della malattia produce una riduzione di felicità pari
a quella determinata dalla riduzione di 50,000 annui di reddito familiare) e calcolando che, secondo
quanto verificato dalle stime econometriche, l’impatto di un punto di PIL di spesa sanitaria produce
un effetto all’incirca di 0.13 sulla variazione del numero di malattie croniche è possibile avere
un’idea del range di tale dividendo. Poiché un punto percentuale di PIL sono circa nel periodo
considerato dall’indagine 16 miliardi e la quota di popolazione italiana over 50 è attorno ai 25
milioni otteniamo un valore complessivo di felicità generata da tale spesa attorno al 300 percento.
Ovvero un euro di spesa sanitaria produce un dividendo in termini di felicità di più di 4 euro che
rappresenta un valore soglia minimo se consideriamo che la nostra indagine non considera gli effetti
della spesa sanitaria sulla popolazione al di sotto dei 50 anni e per effetti su variabili diversi dalle
malattie croniche
4.3 Conclusioni della ricerca: la costruzione dell’indice di salute Angelini
I risultati dell’indagine forniscono la base metodologica per la definizione di un indice che aiuti a
predire la variazione delle condizioni di salute in una determinata area. Ingredienti fondamentali
dell’indicatore sono la distribuzione della popolazione per fasce di età, la quota dei sovrappeso, la
percentuale di coloro che non svolgono alcuna attività fisica, la qualità della vita sociale, familiare e
comunitaria nell’area, la spesa sanitaria in percentuale sul PIL e la qualità dei sistemi sanitari. Le
stime effettuate ci suggeriscono anche in che proporzioni combinare l’impatto dei diversi fattori in
modo da creare un indice sintetico con le massime capacità predittive possibili. Combinando il
calcolo dell’indice e gli effetti predittivi sulla variazione del numero di malattie croniche è infine
possibile calcolare il costo in termini di felicità derivanti dalla variazione attesa di salute in ogni
territorio considerato