Diarrea, diarrea neonatale dei vitelli e COCCIDIOSI I vitelli neonati

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Diarrea, diarrea neonatale dei vitelli e COCCIDIOSI I vitelli neonati
Diarrea, diarrea neonatale dei vitelli e COCCIDIOSI
I vitelli neonati sono particolarmente sensibili alla diarrea.
Il 25-35% dei vitelli è affetto da diarrea nei primi 15 gg di vita e la diarrea rappresenta il 60-80% dei problemi
clinici osservati nel periodo neonatale.
I batteri e i virus attaccano l'epitelio intestinale dei vitelli, dando origine alla diarrea.
Questo porta alla riduzione dell'assorbimento dei nutrienti essenziali presenti nel latte e causa disidratazione.
Se la malattia è grave, può anche sopravvenire la morte; tuttavia, anche i vitelli che sopravvivono alle forme
gravi di questa malattia per tutta la vita hanno una performance minore di quella dei vitelli sani.
Diversi sono gli agenti eziologici capaci di provocare una patologia diarroica nel vitello:
CAUSE VIRALI:
Rotavirus
Coronavirus
Calicivirus
Parvovirus – enterovirus
Adenovirus
Rotavirus-like (rota atipici)
BVD
CAUSE BATTERICHE E PARASSITARIE:
Criptosporidium parvum
E. coli enterotossici (k99)
Salmonelle (typhimurium e dublin)
Clostridium
Campylobacter
Giardia
Strongyloies papillosus
Oltre ai microrganismi anche alcuni fattori del management possono contribuire all'insorgenza della
malattia:
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Colostro di qualità inadeguata.
Colostro di quantità insufficiente
Consumo eccessivo di latte
Parto difficile e successiva patologia del vitello
Scarsa igiene (dei locali e del parto)
Clima umido.
Problemi di gestione (dei vitelli e della mandria) e sovraffollamento.
La coccidiosi è causata da un Protozoo dell’ordine Coccidia, la famiglia più frequentemente implicata in eventi
patologici sono è Eimeria bovis.
Il rapporto ruminanti-coccidi è molto stretto, la prevalenza è di solito elevata: non esistono allevamenti del tutto
indenne dalla parassitosi. Sono interessati dalla patologia dal 2 al 100 % dei vitelli per allevamento in
dipendenza dal management.
In genere la percentuale di infezione è elevata ma
l’incidenza di forme cliniche è in relazione alla
presenza in allevamento di specifici fattori di
rischio.
La mortalità può essere elevata in seguito
all’introduzione di animali privi di difese
immunitarie specifiche in ambienti fortemente
contaminati.
Gli animali esposti al parassita acquisiscono, nel
tempo, un’immunità in grado di proteggerli nei
confronti della malattia ma non è in grado di inibire completamente l’infestazione (oocisti del parassita nelle
feci). Nella maggior parte dei casi la coccidiosi si presenta con le seguenti forme cliniche: i vitelli hanno un
aspetto scadente, crescita inferiore alle previsioni e la
regioni perianale può apparire imbrattata di feci.
L’infestazione può evolvere in diarrea profusa anche con
presenza di sangue, tenesmo e dolori addominali. Inoltre,
in letteratura è segnalata anche una forma nervosa
caratterizzata da tremori, convulsioni e cecità. Malattie
concomitanti, condizioni di stress e/o malnutrizione
influiscono negativamente sulla patologia ed aumentano
in modo significativo il rischio di manifestazioni
cliniche.
Le forme cliniche di coccidiosi si osservano soprattutto in seguito ad eventi stressanti, tra i quali:
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Cambiamenti stagionali
Trasporto
Svezzamento
Cattive condizioni igieniche
Patologie intercorrenti
Cambio di alimentazione
Movimentazione degli animali e formazioni di gruppi
Affollamento
La prevalenza dell’infezione e l’incidenza della forma clinica sono correlate all’età. La patologia infatti
colpisce principalmente i bovini più giovani, vitelle/i e manzette, già nei primi mesi di vita.
La gravità della patologia è correlata alla quantità di oocisti ingerite e dall’immunità specifica dell’ospite.
La coccidiosi può diventare un problema nell’allevamento se:
 è presente un elevato numero di animali infetti che eliminano oocisti
 è elevato il grado di fecalizzazione della stalla (contaminazione di foraggio, paglia, a volte anche
abbeveratoi e pareti delle stalle)
 sono presenti altre patologie o parassitosi a livello dell’apparato digerente dei vitelli
I portatori sani svolgono un ruolo essenziale nell’epidemiologia della
patologia. L’ingestione delle oocisti sporulate causa l’infezione. La
patogenicità dipende dal numero e dalla localizzazione delle cellule
intestinali distrutte dal parassita il che dipende a sua volta dalla
localizzazione del parassita stesso lungo il tratto intestinale.
Anche il tasso e la stagione di reinfezione e l’immunità neonatale e
acquisita dell’ospite influiscono sulla gravità della patologia indotta
dal parassita.
Le oocisti liberano nel lume intestinale gli sporozoiti che penetrano nella mucosa. Nelle cellule intestinali gli
sporozoiti si trasformano in schizonti e seguono due cicli di moltiplicazione asessuata, seguiti da un ciclo di
moltiplicazione sessuata con formazione delle oocisti, poi eliminate con le feci nell’ambiente. Le lesioni alla
mucosa intestinale compromettono l’assorbimento dei nutrienti presenti nella dieta e interferisce a livello degli
scambi osmotici dei liquidi.
Le oocisti escrete nell’ambiente diventano infestanti dopo il processo di sporulazione che avviene sempre fuori
dall’ospite. Il tempo impiegato per questo processo varia in funzione della temperatura, dell’umidità
ambientale.
Sotto i 10°C il tasso di sporulazione è molto basso, tra i 15 e 27°C le oocisti sporulano in 3-5 gg, mentre oltre i
60°C vengono distrutte. La sporulazione ma basta una pressione di ossigeno pari al 10% di quella riscontrabile
in situazione normale perché avvenga.
Il periodo di prepatenza delle specie di Eimeria nei bovini varia da 1 a 3 settimane. Il periodo di patenza è di
solito breve e le oocisti vengono escrete in un periodo compreso tra 5 e 10 gg.
La drammatica diminuizione sulla superficie assorbente compromette l’assorbimento dei nutrienti presenti nella
dieta, aumenta la velocità di transito degli indigesta e interferisce sugli scambio osmotici dei liquidi.
La prima misura da adottare per evitare la diffusione della malattia è la prevenzione igienico-sanitaria: pulizia e
disinfezione degli ambienti contaminati unita all’eventuale isolamento e trattamento terapeutico degli animali
infetti o sospetti, estrema cautela nell’introduzione in allevamento di nuovi capi, soprattutto se sospetti. Inoltre
l’adozione di norma - cioè non solo nei momenti critici - di chiari criteri di biosicurezza, tra i quali spicca la
costante pulizia e l’igiene dei locali/attrezzi utilizzati nell’allevamento, funge da efficace misura preventiva.
Per i casi conclamati esiste comunque una terapia molto efficace; è bene però che la cura sia tempestiva e
mirata, per evitare che gli animali pervengano a condizioni di debilitazione. L’intervento tempestivo consente il
controllo immediato della patologia (l’animale risponde infatti subito alla terapia evitando il dimagramento) ed
è la premessa per debellare con sicurezza l’infezione.
La diagnosi di coccidiosi come malattia deve basarsi su anamnesi e segni clinici ma è opportuna anche una
diagnosi di laboratorio con il conteggio di oocisti e l’identificazione di specie. La sola presenza di oocisti
potrebbe non essere sufficiente.
I coccidiostatici sono le sostanze chimiche che vengono aggiunte all’alimento dei vitelli per controllare lo
sviluppo del parassita. Il decochinato di sodio è un agente coccidiostatico della famiglia delle chinoline che è
autorizzato come additivo per mangimi ai sensi dei Regolamento (CE) n. 1289/2004.
I coccidiostatici per essere efficaci devono
essere assunti dai vitelli continuamente, tutti
i giorni, e con dosaggio proporzionale al
peso dell’animale. Un problema potrebbe
insorgere in quei vitelli, che per motivi vari,
ingeriscono meno alimento e quindi meno
farmaco.
La coccidiosi colpisce prevalentemente i
vitelli svezzati. Spesso, infatti, dopo lo
svezzamento vengono spostati in altri settori
dell’allevamento frequentemente
contaminati da oocisti.
Per essere sicuri che i vitelli svezzati
mangino il quantitativo sufficiente di
coccidiostatico sarebbe meglio evitare la
formazione di nuovi gruppi ed è opportuno
continuare ad utilizzare il mangime
prestarter.
Man mano i vitelli diventano manzette è opportuno ricordarsi che l’efficacia dei coccidiostatici dipende dalla
continuità nella loro somministrazione giornaliera. Una interruzione nell’assunzione può consentire a nuove
oocisti ingerite di instaurarsi nell’intestino e di sviluppare la malattia.
I coccidiostatici non determinano l’eliminazione totale dei parassiti dall’intestino ma ne inibiscono in modo
sensibile la replicazione limitando così fortemente l’espressione clinica.
I coccidi sono molto diffusi nelle stalle di bovine da latte. Le oocisti resistono molto nell’ambiente ed è
improponibile avere come obiettivo la loro eradicazione. L’obiettivo invece sostenibile, e assolutamente da
perseguire, è il controllo della malattia inteso come minimizzazione o forte riduzione delle manifestazioni
cliniche e subcliniche nei vitelli in accrescimento.
La presenza, quindi, di uova nell’ambiente o nelle feci di alcuni animali è da considerarsi del tutto normale e
non è da intendersi come la mancata efficacia del principio farmacologico. Oltretutto è da sottolineare il fatto
che la presenza nell’ambiente di una bassa carica del parassita è auspicabile per lo sviluppo di una risposta
immunitaria specifica nei vitelli. Il coccidiostatico controlla l’insorgenza dei segni clinici della malattia
favorendo nel contempo lo sviluppo di una immunità specifica nei confronti dei coccidi .
In assenza di trattamento, gli effetti sull'ospite possono andare, a seconda della gravità dell'infezione, da una
leggera infiammazione intestinale, con conseguente riduzione dell'assunzione di mangime, all'inappetenza,
fino alla diarrea emorragica e alla morte. Per questo risulta sconveniente eliminare completamente il
coccidiostatico dalle pratiche in uso.
L’esame delle feci per flottazione è una delle tecniche per valutare la presenza del parassita nell’intestino degli
animali. La presenza di oocisti nelle feci non identifica però i soggetti ammalati. La valutazione dell’efficacia
del trattamento con coccidiostatico, e quindi il controllo della malattia, si basa prevalentemente sull’assenza di
sintomi nei vitelli e sulla loro buona performance di crescita.