GENNAIO 2013 NUMERO 003 EDITORIALE IDEE CALIFORNIANE

Transcript

GENNAIO 2013 NUMERO 003 EDITORIALE IDEE CALIFORNIANE
GENNAIO 2013
NUMERO 003
MITI E LEGGENDE
EDITORIALE
Di: Ludovica Marcello del Majno
IDEE CALIFORNIANE
DI: SOFIA CUTRONE
La settimana della moda a New York,
l’NBA, Spiderman, “Yes we can”, F.S. Fitzgerald, l’FBI.
Tutti, per un motivo o un altro, siamo legati
agli Stati Uniti e desideriamo vivere il sogno
Americano almeno una volta nella vita, attraversando il paese coast to coast su una decappottabile rossa e capelli al vento. Ma cosa
nasconde il mito America? Come si vive
mangiando principalmente cibo da fast food?
Quali sono le vere idee che si nascondono
nell’esagerata società americana? Com’è la
vita di un’adolescente?
Kyra vive a Redondo Beach, nella periferia
di Los Angeles, e ha passato le sue vacanze
di Natale a Venezia insieme ai suoi nonni,
che sono amici di lunga data della mia famiglia.
Kyra ha 14 anni, frequenta il primo anno
della scuola superiore pubblica, ha un fratel-
lino di 11 anni che fa l’attore e il suo cibo
preferito è la pizza con il salame piccante.
Kyra, come funziona la tua scuola? Quali e
quante materie segui?
Noi al primo anno, dobbiamo seguire
d’obbligo quattro materie, poi possiamo aggiungerne altre facoltative. Le materie che ho
scelto sono: storia del mondo, inglese, educazione fisica, scienze e ho aggiunto spagnolo e
un corso che mi aiuti a migliorare i miei voti
che si aggirano tutti attorno alla B. Stiamo a
scuola dalle 8 alle 15, mangiando alla mensa
con tre dollari pizza e tacos.
Qual è la scala dei voti? Come si svolgono le
lezioni?I nostri voti vanno da A, che è il massimo, a F, che è l’insufficienza assoluta.
Noi studenti cambiamo classe ogni lezione e
gli insegnanti ci aspettano nelle aule con gli
appunti già scritti alla lavagna.
[L’articolo continua alla pagina seguente]
Cosa sono i miti e le leggende?
... Sono storie, storie che raccontano
e spiegano fatti; le quali cercano di
dire come e perché essi siano avvenuti, inventando avvenimenti e personaggi che siano all'origine di tutto.
Questi racconti davano senso a tutto
ciò a cui l'uomo non trovava risposta.
Perché si aveva il bisogno di conoscere, perché è importante per l'uomo non sentirsi completamente perso e senza punti di riferimento
nell'universo, e se la ragione non
riesce arriva la creatività ad aiutarlo.
Ora invece, come spesso accade, i
termini hanno assunto anche nuovo
significato. Un mito, una leggenda,
è un fatto o una persona importante
con caratteristiche che ci sorprendono, che riteniamo inimitabile e sulla
cui storia, o immagine, tendiamo a
fantasticare, rendendola anche inverosimile.
Tuttavia anche se ciò di cui trattiamo in questo caso è reale nella nostra mente è comunque talmente
irripetibile e unico da assumere le
stesse caratteristiche di un avvenimento o di un personaggio mitologico. Questo perché se l'umanità ha
bisogno di darsi delle spiegazioni,
che ha ricercato attraverso questi
racconti, ha anche bisogno che non
sempre le risposte e i fatti siano
logiche e analizzate, per sentirsi
stupita e ispirata.
Tutto ciò che è la risposta creativa,
immaginaria, che l'uomo si dà a ciò
che non capisce, costituisce la sua
fantasia e ispirazione, e i suoi miti e
leggende. Il mondo è fatto di fatti
che vanno studiati e analizzati, ma
non può essere privo della sua parte
irrazionale e fantasiosa, di quella
parte magica e misteriosa che è oggi
così rara.
“La fantasia è più importante della
conoscenza” Albert Einstein.
Pagina 2
Ad esempio per le lezioni d’inglese, la
nostra professoressa ci aspetta con vocaboli nuovi da imparare. Durante la lezione di storia a volte recitiamo gli eventi
per capirli meglio. Hai presente la rivoluzione francese, no? Ecco, io recitavo la
parte di una contadina, mi hanno uccisa!
Ah a proposito, ti racconto una storia
interessante: anche voi avete l’allarme
antincendio e terremoto, credo. Noi abbiamo anche l’allarme per quando entra
un uomo armato nel campus. Una volta è
suonato l’allarme, hanno bloccato tutte le
porte e le finestre, dovevamo stare calmi.
Pensavamo fosse una prova, ma poi abbiamo scoperto che la polizia cercava un
uomo che si aggirava per il campus armato, almeno è quello che ci hanno detto.
Restando sull’argomento, alla luce delle stragi che accadono ogni anno, come
l’ultima a Newtown, cosa pensi del possesso delle armi? Sono ancora una garanzia di sicurezza?
Perché voi non potete avere armi? Prova
a pensare, se sei in una strada pericolosa
e arriva una ladro con una pistola dicendo: “dammi la borsa”, tu tiri fuori la tua
pistola: “dammi la tua borsa”. Così sei
protetto. Se tutti avessero una pistola
questo funzionerebbe.
Non sarebbe meglio che nessuno avesse
una pistola?
In ogni caso ci sarebbe qualcuno che se la
procura illegalmente, quindi tanto vale
renderle legali.
A me sembrano più una minaccia che
una sicurezza.
Hai mai provato a tenere in mano una
pistola? Quando siamo andati in Israele
ho chiesto ad una ragazzo dell’esercito di
poter tenere la sua pistola. Mio fratello
l’ha tenuta per un po’, si è sentito la persona più forte del mondo, imbattibile.
Lasciando cadere l’argomento, siamo
arrivati nel ristorante, dove Kyra ordina
pizza al salamino e suo fratello spaghetti
alla bolognese, come quasi sempre da
quando sono in Italia. Provando a chiedere perché non ordinino qualcos’altro per
provare delle novità, ottengo la risposta
che a loro piace andare sul sicuro e che
l’Italia è pizza e spaghetti, perché mangiare qualcos’altro?
IT GETS BETTER!
DI: S.M.
problema?
La risposta purtroppo è si, per alcune persone le parole gay,
lesbica, bisex, trans, intersex sono sinonimi di contronatura, perversione, devianza, malattia…
A causa di queste persone molte/i ragazze e ragazzi vivono
la propria vita nascondendo il proprio essere, per paura di
ricevere discriminazioni e tante coppie non eterosessuali
hanno paura a tenersi per mano o di baciarsi in pubblico.
Negli Stati Uniti d’America, in seguito a dei casi di suicidio
da parte di studenti vittime di bullismo omofobo, è stato
creato un progetto di informazione e di sensibilizzazione dal
nome “It Gets Better” (o anche “Trevor Project”). Quest'ultimo consiste nella pubblicazione sul web di videotestimonianze di studenti, di attori famosi, di politici, di gente comune che ha come obbiettivi la sensibilizzazione dei
cittadini e il sostegno a tutte/i le/i ragazze/i LGBTI che soffrono a causa di discriminazioni e violenze basate su identità
Questi sono solamente pochi nomi delle vittime
di genere e orientamento sessuale.
dell’omofobia dal 2011/12, sono gli episodi più celebri ma Io penso che sia un bel progetto che si potrebbe esportare
non sono tutti, ci sono casi in cui per fortuna non si arriva
anche in Italia, ma non basta! Sono necessarie politiche
alla morte ma “solo” allo scherno e alla discriminazione.
chiare e serie, a partire da una legge che tuteli le persone
Questi sono ragazzi che si sono tolti la vita o a cui è stata
LGBTI, come era stato proposto dall’on. Paola Concia in un
tolta la vita, solamente perché non eterosessuali.
ddl apposito, o con l'estensione della legge Mancino ai reati
Questo articolo non vuole essere una forma di vittimismo,
d'odio basati sulle discriminazioni di genere e sessuali: proné tanto meno la solita manifestazione di buonismo, ma
poste entrambe bocciate con i voti contrari delle destre e di
piuttosto un appello rivolto a tutte/i le/i giovani. C'è bisogno alcuni esponenti di centro(sinistra).
di riflettere tutte/i assieme sul motivo di questi gesti così
Concludo dicendo che noi tutti, eterosessuali ed omosessuaestremi, bisogna porsi una domanda fondamentale : oggi
li, dobbiamo attivarci e lottare contro ogni discriminazione
l’omosessualità (ed ogni "differenza sessuale") è ancora un che sia di tipo razziale o per orientamento sessuale.
Daniel Zamudio 24 anni
Philip Parker 14 anni
James Borges 19 anni
Dave 16 anni
Stuart Walzer 28 anni
Jamie Hubley 15 anni
Jamey Rodemayer 14 anni
Tyler Clementi 18 anni
Billy Lucas 15 anni
Harrison Chase Brown 15 anni
Cody J. Barker 17 anni
David Kato
Seth Walsh 13 anni
Puja Mondal 17 anni
Bobby Saha 19 anni
Cameron Jacobsen 14 anni
Pagina 3
MITI E LEGGENDE NEL CINEMA
DI: MARIAM TAUFIQ
Miti e leggende sono state nel settore
cinema per anni.I film con questi miti o
leggende parlano di personaggi come
eroi , dei o anche personaggi inventa-
ti.Questi film ti portano lontano dalla vita sei la protagonista. Quindi immaginare ti
normale via dai problemi del mondo , a
fa sentire forte e quindi immaginate .Chi
un posto dove tutto e' possibile , dove i
sa ... forse quel pensiero diventerà realtà!!
problemi diventano avventure e dove tu
CI AVETE CREDUTO ANCHE VOI?
DI: CRISTINA MORETTI
In tutto il mondo c’era una quantità notevole di persone che credevano alla profezia Maya < la fine
del mondo sarà il 21 dicembre
2012> e per “continuare a vivere”
la maggior parte della gente ha
comprato un kit di sopravvivenza
provvisto di: Kit pronto-soccorso,
bussola, barrette/pasti sostitutivi,
maschera antigas, borraccia, calzature adatte (anfibi) tuta anti NBC (nucleare, batteriologico
, chimico), lenti di ingrandimento, fiammiferi...
Ma a quanto pare siamo ancora vivi, quindi a chi ci credesse alla fine
del mondo che pensi alle profezie future:
2035
<Il movimento raeliano ipotizzava l'arrivo sulla Terra degli Elohim nel
2020, che avrebbero portato nel proprio pianeta con la loro astronave
144 000 raeliani eletti. La loro
guida, Rael, nel 2001 ha dichiarato un cambiamento della data, con lo
spostamento per il 2035.>
2060
<Il più grande biografo di sir Isaac Newton era John Maynard Keynes,
che poté consultare molte lettere e documenti riservati lasciati dall'ex
titolare della "Lucasian seat of Physics" alla Oxford University, e che
scoprì che Newton aveva eseguito un'enorme quantità di calcoli e
considerazioni basate su cronologie ebraiche e cristiane dell'Apocalisse. Anche Newton considerava come anni i 1260 giorni dell'Apocalisse. Dal momento che la data dell'anno 1260 era stata "mancata",
Newton, basandosi su cronologie bibliche, faceva iniziare il conteggio
dall'incoronazione di Carlo Magno come imperatore, nell'anno 800
dell'era cristiana.>
Soltanto, oltre a pensare a come sopravvivere a queste “apocalissi”
pensate anche alle profezie passate:
1000
< Il detto "mille e non più mille" si basa sul brano dell'Apocalisse 20,1
-3, e anche su affermazioni attribuite a Gesù Cristo nei vangeli apocrifi. Anche l'avvistamento della cometa di Halley nell'anno 989 aveva
contribuito a diffondere timori escatologici. Il 31 dicembre del 999 era
la data temuta da molti cristiani come la fine del mondo, e alla vigilia
della fine del I millennio, venne eletto papa Silvestro II, ritenuto da
molti, oltre che un buon vescovo cattolico, un esperto in magia, kabbalah, occultismo, protoscienza, ecc. La relativa calma con cui trascorsero mesi e anni dopo questa fatidica data, condusse alla rinascita
dell'anno Mille e successivi, che portarono la cristianità verso nuovi
progetti, come quello delle crociate.>
1260
< Si ritiene che nel 1182 il beato Gioacchino da Fiore, basandosi sui
1260 giorni descritti nell'Apocalisse, predicesse il 1260 come data per
il compimento di questa Profezia. Gioacchino nella sua escatologia
parlava di tre età: Età del Padre (corrispondente all'ebraismo); Età del
Figlio (corrispondente al cristianesimo); Età dello Spirito Santo: un
futuro che avrebbe visto l'abolizione delle strutture gerarchiche dalla
Chiesa Cattolica, nonché una diffusa conoscenza religiosa tra le persone, una giusta dottrina ed un vivere in armonia e fraternità con la condivisione dei beni.>
1836
< Il fondatore del Metodismo, reverendo John Wesley eseguì dei complessi calcoli basati sull'Apocalisse e giunse alla conclusione che la
data prevista sarebbe dovuta essere il 18 giugno del 1836.>
1967
< Data prevista per una "grande catastrofe mondiale", secondo Sun
Myung Moon, capo della Chiesa dell'Unificazione.>
1999
< Per il 1999, nella quartina X.72, il medico e veggente provenzale
Nostradamus prediceva l'arrivo di un "re del Terrore", che sarebbe
disceso dal cielo, e che avrebbe fatto rivivere il "roi d'Angoulmois",
che alcuni interpreti anagrammavano "roi Mongolais", identificato con
Gengis Khan. Alcuni reputano che volesse riferirsi a un re venuto da
territori corrispondenti all'antica Sarmazia e/o Scitia (territori divisi tra
le attuali Russia, Kazakhistan e Turkmenistan).>
2011
< Il protestante novantenne Harold Camping, affermando di aver eseguito complicati calcoli giunse alla conclusione che il 21 maggio 2011
erano trascorsi esattamente 7000 anni dal Diluvio universale. Allo
scattare della mezzanotte del 21 maggio, avrebbe avuto inizio per i
cristiani nel mondo il Giudizio Universale. Il resto della popolazione
(di fedi non cristiane) sarebbe rimasta a patire sulla terra atroci sofferenze, convivendo con continui maremoti e distruttivi ed apocalittici
terremoti. Harold Egbert Camping, profeta dell'Apocalisse torna a
predire la fine del mondo per il 21 ottobre 2011, assicurando che questa volta, diversamente dal passato, la profezia è vera, fatta eccezione
per gli eletti e i predestinati alla salvezza.>
Tutte queste profezie sono passate ed, adesso, è passata anche questa
del 2012. Pensate che apocalisse non vuol dire propriamente “fine del
mondo” ma “rivelazione” e che molte profezie passate non sono state
seguite da catastrofi ma invece da anni di prosperità.
Quindi siate realisti e se volete veramente credere a tutto ciò siate
sicuri al 100% di ciò che dite.
Pagina 4
LA LEGGENDA
DI: ELENA LUCIA VALLE
La parola leggenda deriva dal
latino legenda, che significa
“cosa che deve essere letta” o
“degna di essere letta”.
In origine infatti le leggende
erano racconti che riguardavano i santi e i loro miracoli.
Ora però, questa parola indica
un qualsiasi racconto che ha
come obbiettivo quello di spiegare un determinato fenomeno.
Non è possibile affermare con
certezza che le leggende raccontino fatti realmente accaduti, ma in ogni leggenda c'è
sempre un fondo di verità.
Tramandando questa tradizione oralmente però, ognuno
tende ad aggiungerci dei particolari, o ad ingrandire oltre
misura gli avvenimenti, per
rendere il racconto più interessante.
E così ci troviamo per le mani
una storia straordinaria, partita
da un semplice evento.
Prendiamo ora come esempio
la fine del mondo.
Tutto è iniziato quando è stato
studiato un calendario Maya, il
quale, finiva secondo i calcoli
proprio il 21 Dicembre 2012.
Da quel momento hanno iniziato a diffondersi decine di
storie differenti, c'è chi dice
che il 21 ci sarà un'enorme
esplosione, chi invece afferma
che ci saranno dieci giorni di
buio totale, oppure che rimarremo senza elettricità.
Noi che siamo del Liceo
Scientifico, non dovremmo
farci influenzare da questi
passaparola.
Ragionando in maniera razionale, se i Maya non sono riusciti a prevedere la loro fine,
come avrebbero potuto prevedere la nostra?
Erano un popolo antico, che
viveva nelle foreste, e che non
aveva nemmeno la metà delle
nostre conoscenze scientifiche.
Ma anche supponendo che
avessero le conoscenze giuste,
e che le loro previsioni fossero
esatte, vogliamo dimenticarci
che il nostro calendario Gregoriano non è esatto?
E i musulmani e gli ebrei cosa
dovrebbero pensare? Il loro
calendario è diverso dal nostro!
La leggenda è proprio questo,
un racconto basato su un fondo di verità, che alla fine si
rivela solo una simpatica storia
da raccontare per spaventare i
bambini o per divertirsi.
È molto affascinante, perché
alcune leggende sulla nascita
dell'universo ti lasciano a bocca aperta.
Ma la cosa si ferma lì.
AMORE CARNALE
DI: NICOLA ROSSO
Sesso.
Una parola, cinque lettere, infinite curiosità.
A noi latini attribuiscono il dono della
passione erotica, ovvero quell’innato e
profondo coinvolgimento per le situazioni a sfondo sessuale. Molti uomini
considerano questa particolarità come
l’attività di una certa forza maligna,
altri la pensano come la chiave
d’accesso alle porte del paradiso.
Per convenzione dividiamo il sesso in
tre categorie: quello “ naturale”, che ha
come unico scopo la procreazione,
quello sentimentale o passionale, che
include una serie di attività erotiche
particolari (da non confondere con la
pornografia) e infine quello maniacale,
causato da bizzarre perversioni dovute
nel maggior numero dei casi da traumi
infantili.
Il primo che ho citato accumuna quasi
tutte le specie animali del nostro pianeta, che variano tra di esse per
l’appagamento psicofisico e per la coscienza dell’esemplare durante il rapporto.
Il secondo invece, che è quello su cui
più mi voglio soffermare, è puramente
umano. A mio parere, tra tutte le differenze che ci separano dal mondo bestia-
le, questa è una delle più nobili. Esistono milioni di modi per creare
un’atmosfera erotica tra due esseri umani ,varcando solamente i confini
della provocazione e non della volgarità. Pochi sanno che gli organi che possiedono solo uno fine sessuale nel maschio sono i capezzoli, oppure che nei
lobi delle orecchie ci sono particolari
nervi e intrecci tra vasi sanguigni che
rendono quella zona una facile vittima
della provocazione.
Sono dell’idea che se esiste un Dio che
ci ha fornito di questi “strumenti”, di
sicuro non considera un peccato questa
attività così derisa, accusata e proibita.
Trovo che la chiesa ha reso vergognosa
un’azione che cela un’ idilliaca armonia
e una millenaria poesia.
So che alcuni lettori leggendo queste
parole avranno già percepito un senso
di imbarazzo e di blasfemia accusandomi di voler propagare maniacalmente
un argomento già abbastanza diffuso
secondo certi canoni. Quindi, per evitare spiacevoli incomprensioni o scomuniche, premetto che le mie parole non
nascondono un vile invito ad avere rapporti sessuali e non incoraggiano il demenziale e pornografico mondo televisivo, ma vogliono solo acclamare quan-
to siano ottusi e deliranti i dogmi imposti dalla nostra società, prigioniera di
un sistema religioso invadente e prepotente.
Già nell’antica Grecia, pensieri come il
Dionismo, affermavano che l’estasi o
ascesi poteva essere convenuta unicamente attraverso l’orgasmo: anche se
questa tesi cela un’esagerazione che a
causa delle malattie trasmissibili sessualmente deve assolutamente essere
censurata, è impressionante come questo popolo abbia superato la soglia del
presente arrivando a concetti che nemmeno in “un futuro come il nostro” riescono ad essere colti.
Così, evidenziando l’infantile illusione
che la nostra società si basi sulla giustizia e sulla verità, incredibilmente molti
esseri umani quotidianamente svolgono
a cielo aperto le più viscide azioni possibili mentre, non per pudore ma per
paura di un giudizio divino, si nascondono come topi per fare l’amore.
Pagina 5
PROTESTIAMO! MA PENSIAMO AI NOSTRI DIFETTI.
DI: ANDREA COLOVINI
“Oggi hanno occupato quello. Ieri hanno sgomberato quell’altro, domani
chissà chi tiene” C’è stata una settimana in cui nell’aria c’erano frasi simili
in continuazione, sembrava un bollettino di guerra ogni discorso che si faceva.
Il Benedetti si è unito all’occupazione.
Io non so come questa sia effettivamente riuscita perché io non vi ho aderito, io sono fra i pochi folli che ha
preferito andare a scuola nell’ala Benedetti. Siccome sono stato spesso
criticato per questa mia scelta vorrei
spiegare perché lo ho fatto.
Innanzi tutto io ritengo l’occupazione
non sia un sistema valido di protesta. I
motivi sono due, uno perché occupare
tre giorni non serve a niente, bisogna
occupare ad oltranza o comunque ogni
tre giorni. Ovviamente nessuno ci starebbe a farlo, io in primis, questa sarebbe una forma di protesta distruttiva,
rinunciando al diritto allo studio per il
quale ci dovremmo battere. In secondo
luogo l’occupazione io non la ritengo
valida per il messaggio che passa. Il
messaggio che passa è un messaggio
indegno per noi studenti, ovvero: gli
studenti occupano perché vogliono
saltare scuola, voglio divertirsi e fumare e saltare scuola. Questo è il messaggio che passa. Bisogna allora interrogarsi sul perché di ciò. Io credo, dal
mio punto di vista che sia perché è
effettivamente
così. Nella massa i pochi che ci
credono sono
oscurati da una
moltitudine di
ragazzi intenzionati a perdere scuola, cannarsi, giocare a
calcio nelle aule
e quant’altro. Io
ogni volta spero
di sbagliarmi quando penso così, lo
spero seriamente. Spero sempre che mi
venga dimostrato che gli studenti hanno voglia di protestare per una scuola
migliore. Ora soldi non ce ne daranno
perché non ce ne sono, ma una volta,
non molti anni fa, i soldi si potevano
dare. Però poi mi si sgretola ogni speranza quando ci sono prove evidenti
del contrario. Posso portare alcuni
esempi, da quelli che apertamente mi
dicono di sentirsi bravi a giocare a
calcio nelle aule durante l’occupazione
perché non vogliono protestare vogliono solo divertirsi “facendo m***a della scuola”, a quelli che interpellati,
relata refero come direbbe la prof.,
dicono di protestare per la Gelmini,
oppure quelli che sostenevano che
bisognasse occupare perché se no il
Benedetti sarebbe stata l’unica scuola
a non farlo. Alla fin fine è chiaro come
la mattina ci fossero molte più persone
dentro che il pomeriggio durante
l’occupazione.
Infine sottolineo come troppa poca
gente fosse presente alla fiaccolata
dell’11 dicembre. Bellissima iniziativa
alla quale ho partecipato volentieri e
credendoci. Quella avrebbe dato un
buon messaggio se fossero scesi per
strada tutti i partecipanti alle varie
occupazioni delle varie scuole, ma
eravamo troppo pochi, c’era più gente
dentro al Benedetti nei giorni
dell’occupazione. Però è chiaro come
sia più bello ed esaltante occupare che
andare in giro al pomeriggio, col freddo, invece che giocare alla play. Dove
erano tutti quelli che volevano protestare??
Questo quindi è il motivo per cui mi
schiero contro l’occupazione, non perché come molti pensano io mi diverta
ad andare a scuola, tutt’altro!
Inutile dire che ritengo che delle manifestazioni di pomeriggio avrebbero un
ben altro effetto se partecipate, dobbiamo interrogarci in proposito!
Alla fine mi pare giusto ringraziare chi
ha lavorato perché l’occupazione fosse
una cosa ben organizzata e fatta bene.
Mi spiace i loro sforzi siano stati forse
nascosti dal resto di persone, poco
coinvolte nella causa.
Pagina 6
I FIGLI DI ALCIDE NON SONO MAI MORTI
DI: SARA ARCO
Quando ho saputo che il tema che avrebbe
trattato il giornalino questo mese sarebbe stato
“Miti e leggende” subito mi sono venuti in
mente vari personaggi sud americani, come al
solito. D'altronde avevo una vasta scelta a
partire dal mitico “Liberador” Bolivar al leggendario Paddy Garcia, che come ci insegna
una canzone dei Modena City Rumbles, è la
parte migliore di noi. Ma nel mese di dicembre c’è una ricorrenza, una data, che mi ha
fatto mettere da parte il mio mito sudamericano, facendo crescere in me la voglia di raccontare la storia di nostri compaesani, la vita di
veri italiani. Questa è la storia “ dei sette emiliani dei campi”(Salvatore Quasimodo), di
sette fratelli che amavano la libertà e di un
padre a cui non rimaneva niente, solo una
storia da raccontare. Questa è la storia dei
Sette Fratelli Cervi.
Il mio racconto inizia da un libro: “ I miei
sette figli” di Alcide Cervi. Nel 1955 Alcide,
o come tutti lo chiamano Papà Cervi, non
aveva più niente. Tutti i suoi sette figli maschi
erano morti per mano fascista e la loro madre
dal dolore. Nonostante molti in Italia conoscessero la storia della sua famiglia, Alcide
girava tutti i convegni partigiani per ribadirla.
Poi un giorno, affinché la sua voce, la sua
storia arrivasse anche a chi non lo potesse
sentire, o non lo volesse, decise di scriverla.
Non sapeva se ne sarebbe stato capace, le sue
erano mani forti da contadino, mani che hanno
tenuto per anni in mano la falce, non la penna.
Nonostante le sue paure Alcide scrisse perfettamente la verità. Una verità dura e allo stesso
tempo commovente, ma soprattutto una verità
scritta e che nessuno avrebbe potuto cambiare.
Papà Cervi era sposato con Genoveffa Cocconi dalla cui unione ebbe 9 figli, di cui 7 maschi: Gelindo, Antenore, Aldo, Ferdinando,
Agostino, Ovidio ed il piccolo Ettore. I Cervi
erano una famiglia isolata dalle altre famiglie
contadine a causa delle loro idee rivoluzionarie. Infatti i giovani contadini non si limitavano solo ad arare i campi come aveva a loro
insegnato il padre che a sua volta aveva imparato dal proprio padre e così via, ma si informavano, leggevano libri per essere sempre
aggiornati
sulle
nuove
tecniche
dell’agricoltura. E fu così che un giorno, ormai sbeffeggiati da tutti e indebitati, decisero
di fare una pazzia, come venne definita allora,
comprarono un trattore. Un giorno infatti i
contadini videro tornare, da Reggio, Aldo in
trattore. Tutti lo inseguivano correndo, per
vedere quella nuova straordinaria macchina
mentre Aldo salutava dall’alto del suo Landini
tenendo in mano un mappamondo. Ogni tanto
lo faceva girare e gridava “ Porto a spasso il
mondo”. Ma come precisa Alcide: “ Aldo
voleva far capire che il progresso si può fare
se si guarda fuori dal campo, se si ha occhi sul
mondo. Ma voleva dire, anche, che i lavoratori erano destinati al mondo, come il mondo è
destinato ai lavoratori”.
Il maggior consigliere del capo famiglia era
sicuramente il figlio Aldo. Aldo amava leggere e da giovane aveva frequentato un’ università molto particolare, l’università del carcere.
Durante il servizio militare, Aldo fu imprigionato ingiustamente poiché fu vittima di un
tranello di un superiore. Questo lo denunciò
nonostante Aldo avesse fato il suo dovere di
soldato. Imbrogliando le carte egli ebbe ciò
che voleva e il giovane Cervi finì in prigione.
Messo in carcere con giovani partigiani venne
a conoscenza, grazie ai libri che i compagni di
cella gli prestavano, del movimento popolare
contro il fascismo. Quando tornò a casa, dopo
25 mesi di carcere, Aldo aveva tanti dubbi,
tanta rabbia e tanta voglia di cambiare il suo
paese. La madre vedendolo turbato, gli chiese
di raccontare i suoi pensieri. Così Aldo si
sfogò, parlò di lavoratori e padroni e lotta
sociale, lasciando tutti senza parole. Aldo
aveva dato a loro la possibilità di riflettere, di
capire, di aprire gli occhi. Così i fratelli decisero di sostenere e di contribuire insieme ad
Aldo alla lotta contro il fascismo : “ … capimmo che non eravamo più una famiglia di contadini e basta, e che da quel giorno avremmo
lavorato oltre alla campagna, insieme agli altri
uomini che diceva Aldo, anche l’Italia e gli
italiani, per toglierci il fascismo e
l’ingiustizia. E capii quella sera, e la madre
puro lo capì, che i figli erano diventati uomini.”
Aldo, il più colto, decise di dare una regola ai
fratelli, che a differenza di lui, leggevano
molto meno: “studiate se volete capire la nuova idea”. Ma Cervi capì che non erano i fratelli gli unici che dovevano arricchire la loro
cultura e così, sempre con il sostegno della
famiglia, aprì “ La biblioteca di Compagine”
dove ogni contadino poteva prendere un libro
in prestito e condividere quelli che aveva già.
Mentre i fratelli dopo aver curato i campi e la
biblioteca, si occupavano della famiglia, Aldo
si occupava dell’organizzazione e dei contatti
con altri compagni partigiani. Spesso, quando
tornava a casa in piena notte, con lui portava
qualcuno. Alcuni erano partigiani , altri disertori americani o francesi. Ormai la casa Cervi
era il rifugio di molti e una stazione per la
lotta partigiana.
All’alba del 25 novembre del 1943 i fascisti
circondarono la casa e diedero fuoco al fienile
costringendo così i partigiani, compresi i sette
fratelli ed Alcide, ad uscire. Immediatamente
furono condotti tutti in carcere.
Tutto proseguiva tranquillamente in carcere
quando, il tribunale speciale di Reggio Emilia,
in seguito ad un altro colpo partigiano ai soldati fascisti, decise di giustiziare dei carcerati
per dare un segnale a chi invece era fuori. La
mattina del 28 dicembre una guardia aprì la
cella e disse i nomi dei vari fratelli, uscendo
salutarono il padre con una stretta di mano,
nel loro cuore sapevano cosa sarebbe potuto
accadere, ma non lo vollero far capire al padre. Furono condotti al poligono di tiro di
Reggio; durante la strada, capendo cosa sarebbe successo, si strinsero la mano, forse un po’
di paura l’avevano, ma sapevano per cosa
morivano e sapevano che il loro sacrificio non
sarebbe stato vano. Una volta messi in riga
avevano davanti a loro solo i fucili e i loro
assassini. Qualcuno alzava il pugno, altri
guardavano i fascisti dritti negli occhi, ad altri
scendeva una piccola lacrima sul viso. Erano
lì, sette fratelli, sette partigiani, sette uomini,
sette italiani, uniti nella famiglia, nel lavoro e
nella lotta.
Papà Cervi, in seguito ad un bombardamento,
riuscì a scappare dalla prigione e solo una
volta tornato a casa seppe cosa era successo ai
suoi figlioli. Alcide sarebbe morto per loro o
con loro, ma il suo rammarico più grande fu di
non aver capito cosa stava per accadere, di
averli salutati con una stretta di mano e non
con un abbraccio o un bacio. “ Loro sapevano,
ma hanno voluto lasciarmi l’illusione, e mi
hanno salutato sorridendo: con quel sorriso mi
davano l’ultimo addio. Figli, perché avete
avuto pietà della vecchiezza mia […] ?”
Come scrisse Fausto Amodei : il sangue amaro versato è sangue di noi tutti, perché grazie a
loro abbiamo avuto la nostra libertà, e se ce la
toglieranno, grazie a loro sapremo come fare.
Vorrei concludere l’articolo con le stesse parole con cui si conclude il libro di Alcide Cervi: “che il cielo si schiarisca, che sull’Italia
torni la pace e la concordia, che i nostri morti
ispirino i vivi, che il loro sacrificio scavi profondo nel cuore della terra e degli uomini.
Allora si, mi sarò guadagnato la mia morte, e
potrò dire alla madre ( Genoveffa) dolce e
affettuosa, alla sposa mia adorata: la terra non
è più come quando tu c’eri, sulla terra si può
vivere […]. E ai figli dirò: l’Italia vostra è
salva, riposate in pace, figli miei.”
Pagina 7
La leggenda
Non sei di questo mondo,
magica e divina.
Racconti ciò che i miei occhi vedono con l'invisibile misterioso,
narri sogni e fantasie intrecciandoli con la realtà.
Sei una poesia che parla al cuore di chi immagina,
sei il sogno di uno scrittore addormentato.
Nell'ombra sussurri avventure ad eroi,
vecchie storie di un mondo diverso e incantato.
Esseri mostruosi, creature mai viste,
tu le disegni nelle menti e le crei nei nostri cuori.
Non sei vera, non qui tu vivi;
ma sei nella realtà, dietro a ogni storia.
Sei parte di me, di noi;
spieghi e racconti, ispiri e crei.
Sei reale sogno e di un mondo antico,
sei solo immagine di un cuore che non può essere solamente razionale.
Sei un racconto impossibile,
sei quella storia irreale di cui abbiamo bisogno.
[Ludovica Marcello]
Cari lettori del giornalino, mi scuso se prendo una pagina di questo giornale, un minuto della vostra giornata, per dedicarlo ad un fatto mio personale.
Il 30 dicembre 2012 è morta Elena Inir in Arco, la mia amata nonna. Purtroppo non sono nè riuscita ad abbracciarla nè a dirle quanto l’amavo negli
ultimi giorni della sua vita e per questo mi sentivo in colpa. Così ho deciso
di fare l’unica cosa che so fare decentemente, scrivere. Dedico a mia nonna
questa piccola poesia che ho scritto in veneziano che è la lingua che si parlava a casa, con cui è cresciuta e con cui ci ha fatto crescere. Ringrazio tutti
per la pazienza soprattutto ringrazio Blackout che mi ha concesso la pubblicazione di questo testo fuori dalle scadenze.
Nona, ti te ricordi,
quando ti me portavi
in braso in Via Garibaldi e ti sigavi
“ Xe me nevoda, venì a vardar!”
Ti te ricordi nona
I pesi, e tartarughe, el sol e i fioi
Se scampava a sogar ae sconte
E poi tuti insieme in cesa a pregar
Ti te ricordi tutti insieme a Natale,
eo gavemo fato solo per ti
perché il dotor ne gaveva dito
fra diese ani ea malatia la coparà
te giuro nona che no ghe credevo
quando ladro ti ciamavi el nono
quando non ti te ricordavi
el nome nostro o dei to fioi
te giuro nona quanto go pianto
vederte andar sora in sofita
mentre sigavi el nome de to pare
credendo che fusse trent’ani fa
per diece ani semo venui
piova o sol, istà o inverno
mai un momento ti se stada soa
sempre vicin nel ben e nel mal
Ora la Via piange per ti
El dolce Dio te ga ciapà
E mentre ti me vardi da là su
Mi do paroe te vogio sussurar:
Ti voglio bene
[SARA ARCO]
Pagina 8
«Vuoi che ti parli di me? Davvero?»
«Certo che sì.»
«Ma sarebbe banale. Non saprei cosa dire. Mi sembrerebbe di compilare uno di quegli stupidi questionari che trovo sulle riviste…»
«E allora tu impegnati. Avanti. Voglio che mi parli di te.»
«Bene… Sono nata in una piccola cittadina della campagna, non ho mai amato la mia vita a scuola e
non ho mai capito la mia vita a casa. A tredici anni mi piaceva sedermi sulla veranda, con una tazza di
camomilla rovente in mano, a guardare l’orizzonte mentre i miei urlavano al piano di sopra. Sono malata di onicofagia da circa… Ventisei anni? No, non mi guardare con quella faccia. Mi mangio le unghie,
vedi? Non ce la faccio proprio a smettere.
Faccio le orecchie sui libri per segnare dove sono arrivata, ma odio la riga che rimane. Mi piace fumare
anche se so che questo mi uccide. Detesto dormire sul lato destro del letto. Durante il primo bacio sono
quasi svenuta: ero così emozionata che ho dimenticato di respirare. Non sono capace di sciare. Ho studiato il francese per tre anni senza capirci niente. Parlo a ruota libera e spesso non mi ricordo se ho già
detto qualcosa, così la ripeto e spesso la gente non ha il coraggio di farmelo notare e finisco per risultare
antipatica. Mi piacciono moltissimo i tacchi alti, soprattutto quelli a spillo ma non so camminarci. Non
ho mai capito che cosa significhi ‘idiosincrasia’. Al liceo ho frequentato un gruppo di metallari davvero
figo anche se detesto quel genere di musica.
Suono. Il piano, anche se nessuno lo sa. Credo che se mi esibissi in pubblico finirei per dimenticare gli
accordi e fare un gran casino. Mi piace mangiare il gelato alla stracciatella distesa sul tappeto e guardare
vecchi film con attori di cui non ho mai sentito parlare.
Non so usare le bacchette e ogni volta che qualcuno al primo appuntamento mi invita in un ristorante
cinese, sono costretta ad inventarmi scuse improbabili e a cambiare data e soprattutto luogo
dell’incontro. Ho un occhio leggermente più piccolo dell’altro (o almeno a me sembra che lo sia!) e per
questo devo sempre mettere più mascara sul sinistro. Da qualche anno ho iniziato a bere caffè, che prima odiavo, ed ora non riesco più a farne a meno. Mi piace alla mattina, appena alzata… Sai, guardare le
ultime notizie alla TV e sorseggiarlo nella mia tazza azzurra preferita, allungato con un po’ di latte e un
cucchiaino di zucchero. Ho un piccolissimo tatuaggio a forma di stella sotto la pianta del piede destro.
L’ho fatto una sera di nascosto quando avevo diciassette anni e i miei non l’hanno mai scoperto, almeno
per ora.
Ho avuto la varicella solo tre anni fa, l’ho presa da mia nipote. Non sono mai stata al di fuori dell'Europa. Mi ricordo a memoria un intero brano del De Bello Gallico. Andare in treno mi dà la nausea. In realtà i miei capelli sono castano chiaro. Ho fatto tinte di ogni genere e ora, purtroppo sono diventati di questo colorino insipido e sciapo che odio ancora più di quanto odiassi il mio colore naturale. Mai fumato
una canna, mai sniffato, mai preso pastiglie di nessun genere. La mia unica dipendenza è il cioccolato.
Amo comprare riviste di moda che poi non leggo; mi piace vederle impilate sulla mia libreria, mi piace
sfogliarle mentre ascolto la radio o mi faccio la pedicure. Sono andata molto vicina al matrimonio quando avevo diciannove anni. Ho copiato all’esame di psicologia cognitiva e della memoria del terzo anno
di università. Mi capita spesso di comprare abiti quasi identici. Ho un fratellastro più piccolo. Non so
come sono riuscita a mettere insieme tante sciocchezze sul mio conto e mi sto innamorando di te.»
[Giulia Palladini]
Pagina 9
IL PARADOSSO DELL’UOVO E DELLA GALLINA
DI: LILIANA CHEN
Nel marzo 2006, in occasione
dell’uscita in dvd del cartone
animato “Chiken Little”, la
Disney convocò un gruppo di
esperti per risolvere definitivamente l’antica domanda: è
nato prima l’uovo o la gallina?
La risposta al celebre quesito è
biologicamente scontata.
Spiega il biologo evoluzionista
John Brookfield: “La prima
gallina deve essersi differenziata dai suoi genitori a seguito di una variazione genetica
grazie a cui quell’uccello fu il
primo a soddisfare la nostra
definizione di gallina. Perciò
l’organismo vivente all’interno
del guscio avrebbe avuto lo
stesso DNA della gallina che
sarebbe diventato, quindi sarebbe appartenuto anch’esso
alla specie della gallina”. Ciò
che riconosciamo come DNA
di una gallina comincia a esistere dentro un uovo, perciò è
nato prima l’uovo.
Tuttavia la domanda è incom-
pleta: se per “gallina” intendiamo un membro della sottospecie “Gallus gallus domesticus”, possiamo chiederci in
quale momento apparve il
primo membro di questa specie (e se era un uccello o un
uovo). Ma la speciazione non
è un processo che avviene in
un istante né in un singolo
individuo: occorrono generazioni dopo generazioni di cambiamenti graduali perché un
gruppo di animali smetta di
potersi incrociare con un altro
gruppo; solo a quel punto possiamo dire che la speciazione è
avvenuta.
Da questa prospettiva, non ha
senso parlare di prima gallina
o primo uovo. Ci fu solo il
primo gruppo di galline: alcune delle quali, presumibilmente, sotto forma di uovo.
Blackout è il giornalino scolastico autogestito dagli studenti del
Liceo Scientifico “Benedetti” di Venezia.
Ricordatevi che è sempre possibile rivedere qualsiasi numero di
blackout sul nostro sito www.blackoutbenedetti.tk, e che qualunque studente voglia scrivere su questo giornale può farlo, scrivendo a [email protected]. Unisciti a noi!
Impaginato da Giulio Haglich