relazione faunistica - Comune di Cassano allo Ionio
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STUDIO DI INCIDENZA PIANO DI LOTTIZZAZIONE NEL SITO “I CASONI DI SIBARI” RELAZIONE FAUNISTICA FRANCESCO ROTONDARO - CASTROVILLARI 14.01.2011 1.PREMESSA La valutazione di Incidenza è lo strumento che serve ad individuare e valutare i principali effetti che un piano o un progetto può avere su un sito segnalato in sede Comunitaria come Zona di Protezione Speciale e/o un Sito di Importanza Comunitaria (rispettivamente direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE), tenuto conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. La finalità di una VA è garantire il raggiungimento di un rapporto equilibrato tra la conservazione soddisfacente degli habitat e delle specie e l'uso sostenibile del territorio. La procedura della valutazione di incidenza deve fornire una documentazione utile a individuare e valutare i principali effetti che il piano e/o progetto (o intervento) può avere sul sito Natura 2000, tenuto conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. L’articolo 6 della Direttiva Habitat 92/43/CEE prevede che piani, progetti ed interventi che possano avere incidenze significative sulle specie e sugli habitat di siti appartenenti alla Rete Natura 2000, vengano sottoposti a Valutazione di Incidenza. In ambito nazionale, la valutazione d’incidenza viene disciplinata dall’art. 6 del D.P.R. 12 marzo 2003 n.120 (G.U. n.124 del 30 maggio 2003) che ha sostituito l’art. 5 del D.P.R. 8 settembre 1997, n.357 (“Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche”) che trasferiva nella normativa italiana i paragrafi 3 e 4 della cosiddetta direttiva “Habitat” (92/43/CEE). II comma 2 dell’art.6 del DPR 12 marzo 2003 n. 120 stabilisce che vanno sottoposti a valutazione di incidenza tutti i piani territoriali, urbanistici e di settore, ivi compresi i piani agricoli e faunistico-venatori e le loro varianti. Sono altresì da sottoporre a valutazione di incidenza (comma 3), tutti gli interventi non direttamente connessi e necessari al mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat presenti in un sito Natura 2000, ma che possono avere incidenze significative sul sito stesso, singolarmente o congiuntamente ad altri interventi. La Regione Calabria con Deliberazione della Giunta Regionale n. 749 del 4 novembre 2009 ha approvato il “Regolamento della Procedura di Valutazione di Incidenza (Direttiva 92/43/CEE «Habitat» relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche e Direttiva «Uccelli» relativa alla conservazione dell’avifauna” che ha modificato ed integrato i precedenti Regolamento regionale n. 3/2008 del 4/8/2008 e Regolamento regionale n. 5/2009 del 14/5/2009. Il presente intervento ricade nell’area del proposto sito di importanza comunitaria denominato “Casoni di Sibari” (codice IT9310052) e pertanto è soggetto alla valutazione di incidenza ambientale. 2.DESCRIZIONE DEL SITO Il sito “IT9310052-Casoni di Sibari”, è caratterizzato da habitat alo-igrofili quali Lagune costiere e Pascoli inondati mediterranei (Juncetalia maritimi) in contatto con gli habitat tipicamente psammofili delle spiagge (Vegetazione annua delle linee di deposito marine, Dune mobili del cordone litorale con presenza di Ammophila arenaria (“dune bianche”), Dune fisse del litorale del Crucianellion maritimae, Dune con prati dei Malcolmietalia). Gli equilibri ecologici di questi ambienti sono delicati e permettono la sopravvivenza degli habitat dei pascoli inondati mediterranei, che sono comunità a dominanza di giunchi (Juncus maritimus), spesso in contatto con le steppe salate. I fattori ecologici che caratterizzano maggiormente i siti di questo gruppo sono: il clima mediterraneo, suoli prevalentemente sabbiosi, un’elevata salinità e, per le lagune, le variazioni del livello delle acque. Il sito è gran parte convertito a risaia, è un importante biotopo per la sosta di numerosi uccelli migratori, ma anche un’area per lo svernamento e la riproduzione di altre specie. 3.FAUNA 3.1 PREMESSA Lo studio d’impatto delle opere in progetto sulla fauna è stato sviluppato secondo criteri descrittivi, analitici e revisionali, analizzando i seguenti punti: a) l'ambito territoriale - inteso come sito ed area vasta - interessato dal progetto, sia direttamente che b) indirettamente, entro cui è da presumere che possano manifestarsi effetti significativi sulla qualità delle specie; c) i popolamenti faunistici interessati, ponendo in evidenza l'eventuale criticità degli equilibri esistenti; d) la componente faunistica ed i principali fattori ambientali e le relazioni tra essi esistenti, che manifestano un carattere di eventuale criticità; e) i livelli di qualità preesistenti all'intervento per ciascun elemento della fauna interessata e gli eventuali fenomeni di incidenza sulle specie in atto. In seguito a queste analisi è stato possibile definire i seguenti punti: 1. stimare qualitativamente e quantitativamente gli impatti indotti dall'opera sulla fauna, nonché le interazioni degli impatti con le altre componenti ambientali, in relazione ai rapporti esistenti tra essi; 2. descrivere le modificazioni delle condizioni d'uso e della fruizione potenziale del territorio da parte delle specie animali, in rapporto alla situazione preesistente; 3. descrivere la prevedibile evoluzione, a seguito dell'intervento, della componente faunistica e delle relative interazioni con il sistema ambientale complessivo; 4. descrivere e stimare la modifica, sia nel breve che nel lungo periodo, dei livelli di qualità preesistenti; 5. definire gli strumenti di gestione e di controllo e, ove necessario, le reti di monitoraggio della fauna e i parametri ritenuti necessario analizzare; 6. illustrare i sistemi di intervento nell'ipotesi del manifestarsi di emergenze particolari. 3.2 I POPOLAMENTI FAUNISTICI INTERESSATI La fauna nel suo insieme è composta da specie di diversa morfologia e di diverse caratteristiche ecologiche alcune adattate a vivere nelle condizioni più diverse altre legate ad ambienti ristretti, a volte presenti in estensione territoriali di pochi metri. L'elevato numero di specie animali presenti, anche in un territorio di limitate dimensioni, fa sì che le indagini faunistiche interessino generalmente solo quelle specie giudicate più sensibili ai cambiamenti delle dinamiche degli ecosistemi. I ritmi stagionali e annuali di tali specie animali e la loro mobilità rendono piuttosto difficili gli studi faunistici. Pertanto, ai fini dello studio di impatto dell’intervento proposto, lo studio si propone di acquisire dati sulla diversità specifica, sulla distribuzione delle popolazioni e sulle emergenze di elevato interesse naturalistico e zoogeografico. L'individuazione delle emergenze faunistiche è orientata verso quelle incluse nell’allegato 1 della Direttiva “Uccelli” e nell’allegato 2 della Direttiva “Habitat”. Nel valutare le condizioni iniziali della componente faunistica nell’area è necessario acquisire il maggior numero di informazioni su tutte le specie animali presenti sul territorio, da quelle giudicate meno importanti, perché poco visibili, a quelle riconosciute dall’opinione pubblica come le più interessanti. La fauna presente nell’area conta un numero alto di specie, la cui analisi comporterebbe tempi non compatibili con lo studio. In questa trattazione l’interesse si accentra a quelle specie che per la loro rarità o importanza geografica hanno una certa significatività. La trattazione delle specie animali tiene conto della divisione tassonomica. 3.3 LE METODOLOGIE DI ANALISI L’analisi sulla fauna presente nel territorio è basata su analisi sulle specie di tipo qualitativo. Sono stati effettuati alcuni sopralluoghi e si è tenuto conto dei dati presenti in bibliografia, e osservazioni personali non ancora pubblicate. L’analisi della componente faunistica del territorio in esame viene qui riportata seguendo una divisione dei gruppi animali in base alla loro tassonomia. Per ogni specie è stato verificato il grado di protezione, e le categorie rispetto alle quali è stato verificato se esistono informazioni sono le seguenti: L. 157/92 art. 2: specie specificatamente protette all'art. 2 della legge del 11 febbraio 1992 L. 157/92: specie protette dalla legge del 11 febbraio 1992 79/409 CEE Ap.1: allegato 1direttiva 79/409/CEE del 2 aprile 1979 concernente la conservazione degli uccelli selvatici 79/409 CEE Ap.2/1: allegato 2/1direttiva 79/409/CEE del 2 aprile 1979 concernente la conservazione degli uccelli selvatici 79/409 CEE Ap.2/2: allegato 2/2 direttiva 79/409/CEE del 2 aprile 1979 concernente la conservazione degli uccelli selvatici 79/409 CEE Ap.3/1: allegato 3/1direttiva 79/409/CEE del 2 aprile 1979 concernente la conservazione degli uccelli selvatici 79/409 CEE Ap.3/2: allegato 3/2 direttiva 79/409/CEE del 2 aprile 1979 concernente la conservazione degli uccelli selvatici BERNA Ap.2: allegato 2 convenzione sulla conservazione della vita selvatica dell'ambiente naturale in Europa, adottata a Berna il 19 settembre 1979 BERNA Ap.3: allegato 3 convenzione sulla conservazione della vita selvatica dell'ambiente naturale in Europa, adottata a Berna il 19 settembre 1979 CITES All. A: Allegato A del Regolamento (CE) n. 2307/97 CITES All. B: Allegato B del Regolamento (CE) n. 2307/97 CITES All. D: Allegato D del Regolamento (CE) n. 2307/97 BONN Ap.1: allegato 1 convenzione sulla conservazione delle specie migratorie appartenenti alla fauna selvatica adottata a Bonn il 23 giugno 1979 BONN Ap.2: allegato 2 convenzione sulla conservazione delle specie migratorie appartenenti alla fauna selvatica adottata a Bonn il 23 giugno 1979 Habitat all.2: Allegato 2 alla Direttiva 43/92/CEE "Habitat" denominato Specie animali e vegetali di interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di Zone Speciali di Conservazione (Z.S.C.). Aggiornato con la Direttiva 97/62/CE del Consiglio del 27 ottobre 1997. Habitat all.4: Allegato 4 alla Direttiva 43/92/CEE "Habitat" denominato Specie animali e vegetali di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa. Aggiornato con la Direttiva 97/62/CE del Consiglio del 27 ottobre 1997. Habitat all. 5: Allegato 5 alla Direttiva 43/92/CEE "Habitat" denominato Specie animali e vegetali di interesse comunitario il cui prelievo nella natura e il cui sfruttamento potrebbero formare oggetto di misure di gestione. Aggiornato con la Direttiva 97/62/CE del Consiglio del 27 ottobre 1997. Barcellona all. 2: Allegato 2 alla Convenzione di Barcellona per la protezione del Mar Mediterraneo dall'inquinamento; adottata il 16 Febbraio 1976, e approvata con Decisione del Consiglio Europeo 25 luglio 1977, n. 77/585/CEE(G.U.C.E. 19 settembre 1977,n.L 240) Endemica: specie il cui areale di distribuzione è rispettivamente limitato all'Italia o si estende anche ai territori vicini Minacciate: Minacciate: specie minacciate tratte dalla CHECK LIST delle specie della fauna italiana, 1999. (M = minacciata; R = Rara) IUCN: Categoria IUCN 3.4 INVERTEBRATI Vengono considerate come totalmente assenti dal SIC specie di invertebrati di interesse comunitario. In ogni caso in questo studio si è considerata la presenza di Coleotteri Carabidi in quanto bioindicatori dell’ambiente. Questa famiglia d’insetti, che annovera circa 40000 specie descritte in tutto il mondo e circa 1300 note per l’Italia, in pratica l’equivalente dei Vertebrati italiani inclusi i pesci marini e d’acqua dolce, è sempre stata considerata fonte primaria di informazione sull’ambiente. Nell’ecosistema terrestre i carabidi costituiscono una “guild” di artropodi predatori mediamente poco specializzati, molto attivi alla superficie del suolo, ma anche sulla vegetazione e nel sottosuolo. Nelle catene alimentari essi operano un’ingente trasformazione di biomassa di piccoli fitofagi e detritivori in un pabulum più adatto a predatori di maggiori dimensioni: mammiferi, come ricci, talpe ed altri insettivori, pipistrelli, uccelli rapaci e non, rettili ed anfibi, fra gli invertebrati formiche, ragni e centopiedi. L’area del sito ricade in un’area più vasta dove è stata riscontrata la presenza di 126 specie di Coleotteri Carabidi. Dall’analisi degli habitat presenti nel sito potenzialmente possono essere presenti 95 specie di Coleotteri Carabidi. Nessuna delle specie carabidologiche è inclusa in liste comunitarie. Nella realizzazione del PTCP della Provincia di Cosenza i Coleotteri Carabidi sono stati utilizzati per redigere la carta del pregio naturalistico delle varie Unità di Paesaggio dal quale è emerso che l’UdP della Valle del Crati, dove il sito “I Casoni di Sibari” ricade, ha un valore medio (tra 0,41 e 0,6). Per poter estendere i risultati dei campionamenti effettuati in singoli biotopi a tutta l’area di studio, è stato necessario valutare il legame esistente tra le diverse specie di carabidi e gli ambienti in cui sono state catturate, sulla base del rapporto tra individui endemici e individui campionati. Tabella 1. Elenco Coleotteri Carabidi potenzialmente presenti nel sito Brachinus (Brachinus) crepitans (Linné, 1758) Brachinus (Brachinus) elegans (Chaudoir, 1842) Brachinus (Brachinus) plagiatus (Reiche, 1868) Brachinus (Brachynidius) brevicollis (Motschulsky, 1844) Brachinus (Brachynidius) sclopeta (Fabricius, 1792) Omophron limbatum (Fabricius, 1777) Cylindera (Cylindera) germanica muelleri (Magistretti, 1966) Carabus (Chaetocarabus) lefebvrei bayardi (Solier, 1835) Carabus (Procrustes) coriaceus mediterraneus (Born, 1906) Leistus (Leistus) fulvibarbis fulvibarbis (Dejean, 1826) Nebria (Nebria) brevicollis (Fabricius, 1792) Nebria (Nebria) kratteri (Dejean et Boisduval, 1830) Parallelomorphus terricola terricola (Bonelli, 1813) Clivina (Clivina) collaris (Herbst, 1784) Dyschiriodes (Eudyschirius) importunus (Putzeys, 1866) Dyschiriodes (Dyschiriodes) nitidus nitidus (Dejean, 1825) Trechus (Trechus) obtusus lucanus (Focarile, 1949) Trechus (Trechus) quadristriatus (Schrank, 1781) Asaphidion flavipes (Linné, 1761) Asaphidion rossii (Schaum, 1857) Asaphidion stierlini (Heyden, 1880) Metallina (Metallina) lampros (Herbst, 1784) Phyla tethys (Netolitzky, 1926) Emphanes (Emphanes) azurescens azurescens (Dalla Torre, 1877) Trepanes (Trepanes) articulatus (Panzer, 1796) Philochthus inoptatus (Schaum, 1857) Philochthus iricolor (Bedel, 1879) Philochthus lunulatus (Geffroy in Fourcroy, 1785) Bembidion quadripustulatum quadripustulatum (Audinet-Serville, 1821) Ocydromus (Bembidionetolitzkya) coeruleus (Audinet-Serville, 1821) Ocydromus (Ocyturanes) praeustus (Dejean, 1831) Ocydromus (Peryphanes) latinus (Netolitzky, 1911) Ocydromus (Peryphus) andreae (Fabricius, 1787) Ocydromus (Peryphus) subcostatus javurkovae (Fassati, 1944) Ocydromus (Nepha) callosus callosus (Küster, 1847) Ocydromus (Nepha) genei illigeri (Netolitzky, 1914) Sinechostictus cribrum stenacrus (DeMonte, 1947) Sinechostictus dahlii dahlii (Dejean, 1831) Sinechostictus elongatus (Dejean, 1831) Poecilus (Poecilus) cupreus cupreus (Linné, 1758) Pterostichus (Argutor) cursor (Dejean, 1828) Pterostichus (Platysma) niger niger (Schaller, 1783) Pterostichus (Pseudomaseus) nigrita (Paykull, 1790) Pterostichus (Feronidius) melas italicus (Dejean, 1828) Amara (Amara) aenea (De Geer, 1774) Amara (Amara) anthobia (A. Villa e G.B. Villa, 1833) Amara (Amara) lucida (Duftschmid, 1812) Amara (Amara) similata (Gyllenhal, 1810) Dinodes (Dinodes) decipiens (L. Dufour, 1820) Chlaeniellus nitidulus (Schrank, 1781) Chlaeniellus olivieri (Crotch, 1871) Chlaeniellus vestitus (Paykull, 1790) Chlaenius (Chlaenites) spoliatus spoliatus (P. Rossi, 1792) Chlaenius (Chlaenius) velutinus velutinus (Duftschmid, 1812) Chlaenius (Trichochlaenius) chrysocephalus (P. Rossi, 1790) Anisodactylus (Anisodactylus) binotatus (Fabricius, 1787) Anisodactylus (Pseudodichirus) intermedius (Dejean, 1829) Stenolophus (Stenolophus) discophorus (Fischer von Waldheim, 1823) Stenolophus (Stenolophus) mixtus (Herbst, 1784) Stenolophus (Stenolophus) teutonus (Schrank, 1781) Egadroma marginatum (Dejean, 1829) Bradycellus (Bradycellus) verbasci (Duftschmid, 1812) Acupalpus (Acupalpus) notatus (Mulsant et Rey, 1861) Acupalpus (Acupalpus) parvulus (Sturm, 1825) Ophonus (Metophonus) puncticeps (Stephens, 1828) Pseudoophonus (Pseudoophonus) griseus (Panzer, 1796) Pseudoophonus (Pseudoophonus) rufipes (De Geer, 1774) Harpalus (Harpalus) cupreus cupreus (Dejean, 1829) Harpalus (Harpalus) dimidiatus (P. Rossi, 1790) Harpalus (Harpalus) distinguendus distinguendus (Duftschmid, 1812) Harpalus (Harpalus) serripes serripes (Quensel in Schönherr, 1806) Harpalus (Harpalus) tardus (Panzer, 1797) Parophonus (Ophonomimus) hirsutulus (Dejean, 1829) Parophonus (Parophonus) maculicornis (Duftschmid, 1812) Parophonus (Parophonus) mendax (P. Rossi, 1790) Graniger cordicollis (Audinet-Serville, 1821) Amblystomus levantinus levantinus (Reitter, 1883) Dolichus halensis (Schaller, 1783) Calathus (Neocalathus) cinctus (Motschulsky, 1850) Calathus (Amphyginus) rotundicollis (Dejean, 1828) Agonum (Agonum) marginatum (Linné, 1758) Agonum (Agonum) muelleri unicolor (Leoni, 1907) Agonum(Agonum) nigrum (Dejean, 1828) Agonum (Melanagonum) permoestum (Puel, 1938) Agonum (Punctagonum) viridicupreum (Goeze, 1777) Anchomenus (Anchomenus) dorsalis (Pontoppidan, 1763) Paranchus albipes (Fabricius, 1796) Platytarus faminii faminii (Dejean, 1826) Syntomus obscuroguttatus (Duftschmid, 1812) Lionychus (Lionychus) quadrillum (Duftschmid, 1812) Paradromius (Manodromius) linearis (Olivier, 1795) Demetrias (Demetrias) atricapillus (Linné, 1758) Lamprias cyanocephalus (Linné, 1758) Drypta (Drypta) dentata (P. Rossi, 1790) Parazuphium (Parazuphium) chevrolatii chevrolatii (Laporte de Castelnau, 1833) 3.5 ANFIBI Gli Anfibi stanno attraversando una fase di declino globale e le cause di questo declino vanno individuate anche nell'assottigliamento dello strato di ozono dell'atmosfera il quale lascia passare un maggior numero di raggi ultravioletti che inducono mutazioni nelle uova degli Anfibi prive di guscio schermante. Gli ambienti del sito in esame ospitano 5 specie di anfibi, di cui 2 in allegato 4 della Direttiva Habitat 92/43. Raganella italiana Hyla intermedia (Boulenger, 1882) Rana verde minore Rana esculenta (Linnaeus, 1758) Rospo comune Bufo bufo (Linnaeus, 1758) Rospo smeraldino Bufo viridis (Laurenti, 1768) x x Tritone italiano Triturus italicus (Peracca, 1898) x x IUCN CHECKLIST ENDEMICA BARCELLONA all. 2 HABITAT Ap.5 HABITAT Ap.4 HABITAT Ap.2 BONN Ap.2 BONN Ap.1 CITES All. D CITES All. B CITES All. A BERNA Ap.3 BERNA Ap.2 79/409 CEE Ap.3/II 79/409 CEE Ap.3/I 79/409 CEE Ap.2/II 79/409 CEE Ap.2/I 79/409 CEE Ap.1 Nome scientifico L. 157/92 Nome comune L. 157/92 art. 2 Tabella 2. Anfibi presenti nel sito e relativo grado di protezione x x x 3.6 RETTILI I Rettili presenti nel sito sono complessivamente 10, di cui 1 in allegato 2 e 4 in allegato 4 della Direttiva Habitat 92/43. La specie più importante presente è sicuramente l’Emys orbicularis (Tartaruga d'acqua). E’ la specie che ha più risentito dei cambiamenti ambientali, infatti un tempo era presente in tutti gli acquitrini e nelle pozze laterali, nelle anse e negli slargamenti dei fiumi, oggi la specie si ritrova soltanto lungo il corso medio-basso del Crati e del Neto ed in pochi altri specchi d'acqua. Tabella 3. Rettili presenti nel sito e relativo grado di protezione Biacco Coluber viridiflavus (Lacépède, 1789) Natrice dal collare Natrix natrix (Linnaeus, 1758) Natrice tassellata Natrix tessellata (Laurenti, 1768) Vipera comune Vipera aspis (Linnaeus, 1758) x Geco verrucoso Hemidactylus turcicus (Linnaeus, 1758) x Geco comune Tarentola mauritanica (Linnaeus, 1758) x Ramarro Lacerta bilineata (Daudin 1802) Podarcis sicula Lucertola campestre (Rafinesque, 1810) Luscengola Chalcides chalcides (Linnaeus, 1758) Testuggine d'acqua Emys orbicularis (Linnaeus, 1758) x IUCN CHECKLIST ENDEMICA BARCELLONA all. 2 HABITAT Ap.5 HABITAT Ap.4 HABITAT Ap.2 BONN Ap.2 BONN Ap.1 CITES All. D CITES All. B CITES All. A BERNA Ap.3 BERNA Ap.2 79/409 CEE Ap.3/II 79/409 CEE Ap.3/I 79/409 CEE Ap.2/II 79/409 CEE Ap.2/I 79/409 CEE Ap.1 L. 157/92 Nome scientifico L. 157/92 art. 2 Nome comune x x x x x x x x x x x x LR/nt 3.7 UCCELLI Nel comprensorio del sito “I Casoni di Sibari” l’avifauna è ben rappresentata, soprattutto le specie ornitiche migratrici tipiche dei biotopi umidi, ove questi siti rapprendano tappe per la sosta, il rifugio e la nidificazione. Nell’ambito del sito in esame sono state segnalate complessivamente 57 specie di cui 14 accidentali in quanto la loro osservazione è stata sporadica. Tra le popolazioni svernanti si registra la presenza d’Airone bianco maggiore (Egretta alba) e dell’Albanella reale (Circus cyaneus). Come nidificanti si individuano il Tarabusino (Ixobrychus minutus), la Cicogna bianca (Ciconia ciconia), il Falco di palude (Circus aeruginosus) e il Cavaliere d’Italia (Himantopus himantopus). Numerose le specie migratrici fra cui la Gru (Grus grus), numerosi Ciconiiformes come la Sgarza ciuffetto (Ardeola ralloides), la Garzetta (Egretta garzetta), l’Airone roso (Ardea purpurea), la Cicogna nera (Ciconia nigra), il Mignattaio (Plegadis falcinellus) e la Spatola (Platalea leucorodia), diversi limicoli appartenenti all’ordine dei Charadriformi come il Piro piro boschereccio (Tringa glareola) e l’Avocetta (Recurvirostra avosetta), tutti questi uccelli sono caratterizzati da zampe e becco lunghi. Numerosi sono i Laridi, i più frequenti sono il Gabbiano reale (Larus cachinnans), lo Zafferano (Larus fuscus) il Gabbiano corallino (Larus melanochephalus) e il Gabbiano comune (Larus ridibundus). Sui banchi sabbiosi del cordone litoraneo si possono osservare raramente durante le migrazioni il Beccapesci (Sterna sandvicensis), la Sterna comune (Sterna hirundo), il Fraticello (Sterna albifrons), il Mignattino (Chlidonias niger) e il Mignattino piombato (Chlidonias hybridus). Tra i rapaci è osservabile oltre al Falco di palude (Circus aeruginosus), l’Albanella minore (Circus pygargus), l’Albanella reale (Circus cyaneus) e molto più raramente il Falco pescatore (Pandion haliaetus), che a causa dell’elevata posizione che questi organismi occupano nella catena alimentare, si spostano in aree di vasto raggio alla ricerca di supporto trofico. Bisogna ricordare che nessuna popolazione delle specie presenti nell’allegato 1 della Direttiva “Uccelli” è presente tutto l’anno, mentre solo per quattro specie (Cicogna, Falco di palude, Gru e Cavaliere d’Italia) il sito ha una certa significatività. x x x x x x x x x Circus pygargus (Linnaeus, 1758) VU x x x Charadrius dubius (Scopoli, 1786) x x x Piviere dorato Pluvialis apricaria (Linnaeus, 1758) x Pernice di mare Glareola pratincola (Linnaeus, 1766) Gabbiano reale Larus cachinnans (Pallas, 1811) x x Zafferano Larus fuscus (Linnaeus, 1758) x x Gabbiano roseo Larus ge nei (Breme, 1839) x x x x x Gabbiano corallino Larus melanocephalus (Temminck, 1820) x x x x x Gabbiano comune Larus ridibundus (Linnaeus, 1766) Cavaliere d'Italia Himantopus himantopus (Linnaeus, 1758) x x x x Avocetta Recurvirostra avosetta Linnaeus, 1758 x x x x Piro piro piccolo Actitis hypoleucos (Linnaeus, 1758) x x x Voltapietre Arenaria interpres (Linnaeus, 1758) x x x Piovanello pancianera Calidris alpina (Linnaeus, 1758) x x x Gambecchio Calidris minuta (Leisler, 1812) x x x Beccaccino Gallinago gallinago (Linnaeus, 1758) Croccolone Gallinago media (Latham, 1787) x Pittima reale Limosa limosa (Linnaeus, 1758) x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x IUCN x Albanella minore CHECKLIST x ENDEMICA x BARCELLONA all. 2 x HABITAT Ap.5 x Circus cyaneus (Linnaeus, 1766) HABITAT Ap.4 x Albanella reale x HABITAT Ap.2 x x BONN Ap.2 x Circus aeruginosus (Linnaeus, 1758) BONN Ap.1 x Falco di palude CITES All. D CITES All. A x x x CITES All. B BERNA Ap.3 x Buteo buteo (Linnaeus, 1758) BERNA Ap.2 79/409 CEE Ap.3/II x Poiana Corriere piccolo 79/409 CEE Ap.3/I x x Fratino 79/409 CEE Ap.2/II x Aquila clanga (Pallas, 1811) Pandion haliaetus (Linnaeus, 1758) Charadrius alexandrinus (Linnaeus, 1758) 79/409 CEE Ap.2/I x Aquila anatraia maggiore Falco pescatore 79/409 CEE Ap.1 Nome scientifico L. 157/92 Nome comune L. 157/92 art. 2 Tabella 4. Uccelli presenti nel sito e relativo grado di protezione x Chiurlo Numenius arquata (Linnaeus, 1758) Combattente Philomachus pugnax (Linnaeus, 1758) Piro piro boschereccio Tringa glareola (Linnaeus, 1758) x x x Mignattino piombato Chlidonias hybridus (Pallas, 1811) x x x Mignattino Chlidonias niger (Linnaeus, 1758) x x x Sterna zampenere Gelochelidon nilotica (Gmelin, 1789) x x Fraticello Sterna albifrons (Pallas, 1764) x x Sterna maggiore Sterna caspia (Pallas, 1770) x x Sterna comune Sterna hirundo (Linnaeus, 1758) x x x Beccapesci Sterna sandvicensis (Latham, 1878) x x x Airone cenerino Ardea cinerea (Linnaeus, 1758) x Airone rosso Ardea purpurea (Linnaeus, 1766) x x x Sgarza ciuffetto Ardeola ralloides (Scopoli, 1769) x x x Tarabuso Botaurus stellaris (Linnaeus, 1758) x x Airone bianco maggiore Egretta alba (Linnaeus, 1758) x x x Garzetta Egretta garzetta (Linnaeus, 1766) x x x Tarabusino Ixobrychus minutus (Linnaeus, 1766) x x x Nitticora Nycticorax nycticorax (Linnaeus, 1758) x x x Cicogna bianca Ciconia ciconia (Linnaeus, 1758) x x x Cicogna nera Ciconia nigra (Linnaeus, 1758) x x x x x Spatola Platalea leucorodia (Linnaeus, 1758) x x x x x Mignattaio Plegadis falcinellus (Linnaeus, 1766) x x x Smeriglio Falco columbarius (Linnaeus, 1758) x x x x x Falco pellegrino Falco peregrinus (Tunstall, 1771) x x x x Gheppio Falco tinnunculus (Linnaeus, 1758) x x x x Gru Grus grus (Linnaeus, 1758) x x x x Gallinella d'acqua Gallinula chloropus (Linnaeus, 1758) x x Porciglione Rallus aquaticus (Linnaeus, 1758) x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x x Calandrella Calandrella brachydactyla (Leisler, 1814) x Migliarino di palude Emberiza schoeniclus (Linnaeus, 1758) x Calandro Anthus campestris (Linnaeus, 1758) x x x Pettazzurro Luscinia svecica (Linnaeus, 1758) x x x Civetta Athene noctua (Scopoli, 1769) x x x x x x x 3.8 MAMMIFERI Sebbene il formulario standard del sito “I casoni di Sibari” non riporti specie di Mammiferi, lo Studio eseguito ha voluto, per massima cautela, comunque ipotizzare la presenza di tutte quelle specie il cui habitat ha caratteristiche compatibili con il territorio ovvero di cui sono disponibili segnalazioni per l’area vasta. Ciò ha portato alla identificazione di 13 specie, di cui comunque nessuna risulta di interesse comunitario. Volpe Vulpes volpes (Linnaeus, 1758) Faina Martes foina (Erxleben, 1777) x x Donnola Mustela nivalis (Linnaeus, 1766) x x Riccio Erinaceus europaeus (Linnaeus, 1758) x x Crocidura ventre bianco Crocidura leucodon (Hermann, 1780) x x Crocidura minore Crocidura suaveolens (Pallas, 1811) x x x x Mustiolo Arvicola di Savi Suncus etruscus (Savi, 1822) Microtus savii (de Selys-Longchamps, 1838) IUCN CHECKLIST ENDEMICA BARCELLONA all. 2 HABITAT Ap.5 HABITAT Ap.4 HABITAT Ap.2 BONN Ap.2 BONN Ap.1 CITES All. D CITES All. B CITES All. A BERNA Ap.3 BERNA Ap.2 79/409 CEE Ap.3/II 79/409 CEE Ap.3/I 79/409 CEE Ap.2/II 79/409 CEE Ap.2/I 79/409 CEE Ap.1 Nome scientifico L. 157/92 Nome comune L. 157/92 art. 2 Tabella 5. Mammiferi presenti nel sito e relativo grado di protezione Arvicola terrestris Arvicola terrestre (Linnaeus, 1758) Ratto nero Rattus rattus (Linnaeus, 1758) Topo domestico Mus domesticus (Linnaeus, 1758) Topo selvatico Apodemus sylvaticus (Linnaeus, 1758) Talpa Talpa romana (Thomas, 1902) 4.IMPATTI L’analisi degli impatti di seguito riportata, analizza ogni fase del progetto e mette in rilievo il rapporto tra queste e la componente faunistica e specifica la possibile evoluzione della fauna determinata dagli interventi progettuali. 4.1 EFFETTI IN FASE DI COSTRUZIONE In questa fase le attività previste dal progetto interesseranno unicamente l’area su cui insistono le opere, pertanto l’analisi deve essere rivolta solo alle specie qui presenti. La costruzione delle opere comporterà una serie di azioni che produrranno perturbazioni sulla componente faunistica, pertanto riportiamo di seguito un elenco delle principali perturbazioni individuate: cambiamento d’uso nelle aree; interruzione dei corridoi naturali in uso alla fauna; aumento del carico antropico sulla componente faunistica; aumento dell’inquinamento acustico; rilascio di polveri nelle acque e nell’atmosfera; Cambiamento d’uso La fase di costruzione delle opere determina una perdita delle aree di rifugio e alimentazione per alcune specie animali le quali, saranno costrette ad un allontanamento dall’area interessata dalle opere; è prevedibile esclusivamente uno spostamento nelle aree limitrofe. Interruzione dei corridoi naturali in uso alla fauna Gli interventi in progetto, per quanto di ridotta entità, possono produrre perturbazioni sulla fauna in quanto determinano l’ostruzioni di potenziali corridoi ecologici. Tale perturbazione è da ritenersi trascurabile data la modesta entità dell’intervento ed il fatto che l’area nella quale sorgerà la struttura turistica risulta già antropizzata. È da prevedersi, per le comunità animali, l’utilizzo di corridoi naturali nelle zone immediatamente limitrofe all’area di intervento. Aumento complessivo del carico antropico sulla componente faunistica La presenza di operai e mezzi pesanti nell’area, nella fase di cantiere delle opere, produrrà un aumento complessivo del carico antropico nel territorio. Questo fatto determina una perturbazione sulla fauna soprattutto nei confronti di quelle specie più sensibili al disturbo causato dalla presenza umana. Aumento dell’inquinamento acustico I lavori di costruzione delle opere produrranno livelli di inquinamento acustico relativamente lievi, ma superiori ai livelli attuali e limitati al tempo direttamente interessato dall’esecuzione dei lavori. Rilascio di polveri nelle acque e nell’atmosfera L’inizio dei lavori avrà come effetto il sollevamento e lo spostamento di parti del terreno superficiale che, per sua costituzione, può essere facilmente trasportato dal vento e ricadere sulla vegetazione circostante l’area. Da questo punto di vista data la natura dell’intervento, si avranno lievissime perturbazioni complessive sulla fauna presente nell’area e saranno limitate nel tempo (interesserà solo le operazioni di sbancamento, scavo e conseguente trasporto in discarica) ed interesseranno aree molto limitate. 4.2 EFFETTI IN FASE DI ESERCIZIO La costruzione delle opere comporterà una serie di azioni che produrranno sulla componente faunistica perturbazioni di natura diversa in funzione sia degli ambienti interessati sia della tipologia della stessa. La proposta progettuale prevede la creazione di una struttura ricettiva per il turismo all’aria aperta. Ad intervento concluso si avrà la scomparsa degli ambienti preesistenti nell’area, ma date le dimensioni limitate di quest’ultima e considerando che tale zona risulta già antropizzata, possiamo ritenere che le poche specie attualmente presenti andranno ad occupare altre aree ad essa limitrofe o in poche casi si trasferiranno in altri territori. 5.MISURE DI MITIGAZIONE DEGLI IMPATTI In questo paragrafo si vogliono descrivere e sottolineare tutte le soluzioni che si possono attuare per minimizzare l’impatto delle opere sul territorio e sull’ambiente. Scopo non secondario del presente studio è quello di prevedere particolari interventi ed accorgimenti che ottimizzino l'inserimento ambientale degli interventi in progetto e che contribuiscano a definirne la sostenibilità. Pertanto, individuate le possibili interferenze ambientali causate dal progetto, è possibile indicare una serie di interventi migliorativi da mettere in opera durante le successive fasi realizzative e di funzionamento in fase di esercizio. Il Piano di Lottizzazione in oggetto vuole offrire un soggiorno di qualità dove le strutture ricettive si fondono nel paesaggio e sono immerse nella specificità della natura dei luoghi. Si vuole, infatti, offrire una ospitalità immersi in un ambiente integro e rispettoso delle peculiarità ambientali. Pertanto vi è l’intenzione di attuare tutte le misure di mitigazione e di cautela finalizzate a minimizzare gli eventuali effetti negativi delle modificazioni indotte dal progetto sull’ambiente. Gestione delle risaie confinanti con l’intervento Per contenere la perdita o la modificazione di habitat si propone di attuare una risicoltura più in sintonia con l’ambiente legata alla ricerca di principi attivi ad azione erbicida di scarse tossicità e persistenza. Nell’azienda risicola alcuni coltivi, anche di superficie modesta, verranno a rotazione mantenuti ricoperti da un sottile strato d’acqua, quanto meno nella stagione autunnale e a partire dal mese di marzo, per costituire punti di attrazione per gli uccelli acquatici. Infatti, una risaia, al termine del suo ciclo produttivo annuale, può continuare a essere un’area attrattiva per l’avifauna acquatica nella stagione fredda. Peraltro l’allagamento delle camere delle risaie a fine raccolto può essere un’alternativa alla bruciatura delle stoppie. Inoltre studi effettuati sulle risaie del novarese hanno dimostrato che la permanenza di alcuni coltivi allagati, anche quando il resto della risaia viene mandata in asciutta, può portare ad un aumento della biodiversità nelle risaie, tamponando parzialmente gli effetti negativi delle asciutte. Infatti, vi possono trovare ricovero tutti quegli organismi acquatici che difficilmente riuscirebbero a sopravvivere sul terreno non allagato. L’incremento del numero e della varietà dei piccoli abitanti della risaia contribuisce inoltre al controllo della proliferazione di larve di zanzara, che attualmente trovano nelle risaie un ambiente ideale di sviluppo, povero sia di predatori sia di organismi con cui competere per le risorse alimentari. Infine non verranno utilizzati o quantomeno limitati al minimo cultivar di riso coltivati a secco. Misure di conservazione per il Cavaliere d’Italia Il cavaliere d’Italia nidifica con una certa regolarità nell’area delle risaie. Le caratteristiche della specie sono tali da rendere ipotizzabili diversi tipi di intervento finalizzati alla sua tutela. L’allagamento precoce delle risaie di parte delle risaie costituisce un incremento dell’habitat disponibile. Per evitare disturbi nel periodo riproduttivo, durante la fase di costruzione bisogna prevedere la sospensione delle attività lavorative dal 15 aprile al 30 giugno. Misure di conservazione per la Cicogna bianca La Cicogna rappresenta per Sibari e per l’intera Calabria, una risorsa importante, un valore aggiunto di cui tutta la comunità deve esserne cosciente ed orgogliosa. Per favorire la nidificazione nell’area dei Casoni di Sibari si istalleranno due nidi artificiali, ossia delle grosse piattaforme circolari in legno (diam. 100 cm), su pali in ferro appositamente posizionati in siti idonei alla nidificazione. L’obiettivo delle piattaforme, sulle quali sarà predisposto un abbozzo di rudimentale nido di rami, è quello di fungere da richiamo per le coppie in migrazione e invogliarle a continuare l’opera. Limitazione del disturbo dovuto ad emissioni luminose ed acustiche Al fine di limitare le perturbazioni dovute alle emissioni luminose ed acustiche in fase di esercizio, lungo il confine del Piano di Lottizzazione con le risaie bisogna prevedere una fascia di larghezza di almeno 10 metri, dove dovrà essere istallata una prima fascia a confine con le risaie costituita da canneti dove dovrà seguirà una seconda fascia a confine con il Piano di Lottizzazione costituita da tre file di alberi disposti in maniera casuale. Le assenze arboree da utilizzare dovranno essere salici (Salix alba L., Salix fragilis L.) e pioppi (Populus tremula L.), possibilmente ecotipi locali. Oltre che a limitare eventuali disturbi la realizzazione di questa fascia favorirà la nidificazione di alcune specie presenti nel sito. In particolare realizzando canneti di medie dimensioni si favorisce la nidificazione del Tarabuso, oltre tutte quelle specie che trovano nel canneto l’habitat idoneo per la nidificazione (es. Tarabusino, Gallinella d’Acqua, ecc.). Infine per l’illuminazione della viabilità e degli spazi esterni (vialetti, sentieri, spazi comuni, strutture sportive e ricreative, etc) si dovranno installare lampade ad alta efficienza luminosa, dove possibile a luce monocromatica, e dotate di schermatura riflettente verso terra per mitigare l’inquinamento luminoso. Disturbi diretti alla componente faunistica In caso di rinvenimento di specie faunistiche oggetto di tutela (Direttive comunitarie, Convenzioni internazionali, etc.), o di rilevante interesse naturalistico, bisognerà provvedere, alle azioni di allontanamento, custodia temporanea e reinserimento delle stesse, di concerto con gli enti competenti. Per quanto sopra è opportuno che durante l’esecuzione delle opere la direzione lavori debba essere supportata da un esperto (naturalista, biologo). Incremento emissioni polveri Per evitare tale fenomeno, legato essenzialmente alla fase di cantiere, si provvederà a bagnare le superfici sulle quali avverrà la movimentazione dei mezzi. Tale misura sembra sufficiente a circoscrivere e minimizzare gli effetti di questa modificazione all’area del cantiere. Frammentazione dell’habitat Per contenere la frammentazione degli habitat saranno realizzate delle passerelle in corrispondenza delle aree dove è presente la macchia. La realizzazione di passerelle sopraelevate per l’accesso al mare limiterà sensibilmente eventuali danni da calpestio, alla vegetazione ed alla fauna legata agli ambienti di macchia. Un’impalcatura leggera in legno, sopraelevata al limite arbustivo della macchia, sarà sufficiente per raggiungere lo scopo. Cantiere Nella predisposizione delle aree di cantiere, bisognerà occupare zone a bassa valenza ambientale e comunque circoscritte alle parti del territorio interessate dalle opere. L’eventuale stoccaggio di liquidi inquinanti (oli, combustibili, vernici, etc) dovrà essere effettuato su platea impermeabilizzata con bordo rialzato, in modo tale da consentire il recupero di sversamenti accidentali. I macchinari utilizzati in cantiere dovranno essere controllati dal punto di vista del loro buon stato di conservazione e della loro messa a norma con particolare riferimento alle emissioni (rumore, scarichi e perdite di carburanti, oli e qualunque tipo di inquinante). In fase di realizzazione dell’opera non dovranno essere effettuati lavaggi dei macchinari e sversamenti di qualunque natura sul suolo e nei fossati esistenti Il materiale proveniente dallo scavo dovrà essere riutilizzato per la creazione di aiuole verdi o per la realizzazione di sottofondi stradali qualora le loro caratteristiche geotecniche lo consentano e quello in esubero smaltito in discarica. Arredo verde Lungo le nuove piste ed i parcheggi saranno impiantate specie arbustive facenti parte della vegetazione locale, peraltro caratterizzata da numerose specie di pregio estetico, che nel tempo costituiranno delle alte siepi. Le specie che saranno utilizzate sono Pistacia lentiscus (Lentisco), Olea europaea ssp. Oleaster (Olivastro), Myrtus communis (Mirto). Le specie arbustive indicate dovranno essere utilizzate contemporaneamente al fine di accrescere la variabilità sul piano biologico ed ecologico, anche se Pistacia lentiscus dovrà essere la specie dominante, come si osserva negli aspetti naturali di macchia. Saranno evitate disposizioni delle piante secondo sesti regolari che danno un effetto di “coltivato”; invece saranno preferite le disposizioni a piccoli gruppi, o anche casuali. Sensibilizzazione Al fine di sensibilizzare e creare una coscienza di turista eco-consapevole, sarà predisposta un’area idonea dove saranno illustrate sia le caratteristiche naturali e sia quelle legate all’uomo presenti nel sito in oggetto. Considerato che l’intervento ricade in un area già abbastanza antropizzata, la natura dell’intervento e le misure di mitigazione previste si può dichiarare che l’intervento non avrà effetti significativi sulla componente faunistica del sito SIC “I Casoni di Sibari”. L’attuazione delle misure di mitigazione porteranno ad un miglioramento delle condizioni della restante parte del sito. APPENDICE 1 Segue la descrizione delle specie presenti nel sito che rientrano nell’Allegato 1 della Direttiva “Uccelli” 79/409/CEE e in Allegato 2 della Direttiva “Habitat” 92/43/CEE. Dato che gran parte delle specie di fauna, ed in particolare molte specie di uccelli, sono specie migratrici, il sito può avere particolare importanza per diversi aspetti del ciclo di vita delle stesse. Nella tabella che segue viene indicato l’utilizzo del sito da parte delle varie specie. Tabella 6. Specie presenti in Allegato 1 della Direttiva “Uccelli” 79/409/CEE Nome scientifico Aquila clanga (Pallas, 1811) Circus aeruginosus (Linnaeus, 1758) Nome comune Aquila anatraia maggiore Falco di palude di passo di passo nidificante svernante regolare sporadico x x Circus cyaneus (Linnaeus, 1766) Albanella reale x Circus pygargus (Linnaeus, 1758) Pandion haliaetus (Linnaeus, 1758) Pluvialis apricaria (Linnaeus, 1758) Glareola pratincola (Linnaeus, 1766) Albanella minore Pernice di mare x Larus genei (Breme, 1839) Larus melanocephalus (Temminck, 1820) Himantopus himantopus (Linnaeus, 1758) Recurvirostra avosetta Linnaeus, 1758 Gabbiano roseo x Gabbiano corallino x Avocetta x Gallinago media (Latham, 1787) Philomachus pugnax (Linnaeus, 1758) Croccolone x Combattente x Tringa glareola (Linnaeus, 1758) Piro piro boschereccio x Chlidonias hybridus (Pallas, 1811) Mignattino piombato x Chlidonias niger (Linnaeus, 1758) Gelochelidon nilotica (Gmelin, 1789) Mignattino x Sterna zampenere x Sterna albifrons (Pallas, 1764) Fraticello x Sterna caspia (Pallas, 1770) Sterna maggiore x Sterna hirundo (Linnaeus, 1758) Sterna sandvicensis (Latham, 1878) Sterna comune x Beccapesci x Ardea purpurea Linnaeus, 1766 Airone rosso x Ardeola ralloides (Scopoli, 1769) Botaurus stellaris (Linnaeus, 1758) Sgarza ciuffetto x Egretta alba (Linnaeus, 1758) Airone bianco maggiore Egretta garzetta (Linnaeus, 1766) Ixobrychus minutus (Linnaeus, 1766) Garzetta x Falco pescatore x Piviere dorato Cavaliere d'Italia x x Tarabuso Tarabusino x x x x Nycticorax nycticorax (Linnaeus, 1758) Nitticora Ciconia ciconia (Linnaeus, 1758) Cicogna bianca Ciconia nigra (Linnaeus, 1758) Platalea leucorodia (Linnaeus, 1758) Plegadis falcinellus (Linnaeus, 1766) Falco columbarius (Linnaeus, 1758) Cicogna nera x Spatola x Mignattaio x Smeriglio x Falco peregrinus (Tunstall, 1771) Pellegrino x Grus grus (Linnaeus, 1758) Calandrella brachydactyla (Leisler, 1814) Anthus campestris (Linnaeus, 1758) Gru Calandro x Luscinia svecica (Linnaeus, 1758) Pettazzurro x Calandrella x x x x Aquila anatraia maggiore (Aquila clanga) E’ un grande uccello rapace e come tutte le aquile, appartiene alla famiglia Accipitridae. L'aquila anatraia maggiore è lunga circa 65 cm, e ha un'apertura alare di circa 160 cm. Si tratta in prospettiva di una medio grande aquila, molto simile come aspetto generale all'aquila anatraia minore, che condivide una parte della sua gamma. Capo e ali sono di un marrone molto scuro e in contrasto con il generale piumaggio marrone. La testa è piccola per un aquila. La somiglianza tra aquila anatraia maggiore e aquila anatraia minore si traduce spesso in errori di identificazione. Tale situazione è ulteriormente complicata dagli occasionali di ibridi tra le due specie. L'aquila anatraia maggiore ha un marchio a V bianco sulla groppa che è meno chiaro negli adulti. I giovani hanno delle macchie bianche sulle sue ali e mancano di un accesa macchia sulla nuca. L'aquila anatraia maggiore vive in zone abbastanza boschive, dove caccia piccoli mammiferi e simili, soprattutto prede terrestri. Vive dal Nord Europa a tutta l'Asia, e sverna nel sud-est Europeo, in Medio Oriente e nell'Asia meridionale. L'aquila anatraia maggiore è stata classificata come Vulnerabile di estinzione dalla IUCN. Dal 2000, la popolazione mondiale di questa aquila è stata stimata in meno di 3000 coppie. La minaccia primaria è la degradazione e la perdita del suo habitat. Falco di palude (Circus aeruginosus) Specie a corologia paleartico-paleotropicale-australasiana con distribuzione discontinua legata alla presenza di ambienti idonei. In Italia è localizzato come nidificante soprattutto nella Pianura Padana, nelle regioni del centro e in Sardegna e più sporadicamente nelle regioni del sud. Durante il periodo della nidificazione il falco di palude è strettamente legato alle zone umide (anche salmastre) caratterizzate dalla presenza di estese formazioni elofitiche. I nidi sono costruiti a terra. Si alimenta soprattutto di piccoli Mammiferi, di uccelli acquatici e, in alcuni casi, di animali morti. Attualmente il falco di palude sembra avere, a livello europeo, un favorevole stato di conservazione. Anche in Italia è stabile o in leggero aumento. Tra le cause di minaccia troviamo la riduzione degli habitat potenzialmente idonei per salinizzazione delle aree umide, gli abbattimenti illegali, il disturbo indiretto dovuto all’attività venatoria e l'incendio dei canneti per le ripuliture. Da valutare il pericolo derivante dall’intossicazione da piombo, per la tendenza a predare anatidi. Albanella reale (Circus cyaneus) Rapace di medie dimensioni (circa 50 cm di lunghezza), con struttura intermedia tra il più massiccio C.aeroginosus e le più snelle C. pygargus /C.macrourus. Ha coda relativamente lunga e ali larghe in corrispondenza del "braccio" e più corte e arrotondate alla "mano" dove sono evidenti le 5 "dita". Da posato le ali non superano la lunghezza della coda ma i tarsi relativamente corti fanno sembrare sia le timoniere che le primarie più sporgenti che nelle altre albanelle. Il volo di caccia è tipico di circus radente al terreno con 5-6 battiti intervallato da planate con le ali leggermente rivolte all' insù. A differenza dei suoi congeneri effettua anche scivolate ad ali piatte o incurvate verso il basso e procede in volo battuto per lunghi tratti. Il maschio adulto è caratterizzato da una colorazione grigio-bluastra sulle parti superiori ad eccezione delle primarie più lunghe di colore nero. Capo e petto dello stesso colore e nettamente distinti dalle restanti parti bianche. Osservando in volo da sopra si notano il sopraccoda bianco e le ampie aree nere all'estremità delle ali. Da sotto risaltano oltre alle primarie nere il cappuccio grigio e il bordo nero lungo il margine posteriore dell'ala. L'iride è scura, il becco nero, cera e zampe gialle. La femmina adulta possiede le parti superiori brune omogenee con orli delle penne di colore più scuro ad eccezione delle copritrici del sopra ala che hanno orli color crema. Il sopracoda è bianco mentre le parti inferiori sono bianco-fulviccio con marcate striature più scure su petto e copritrici. In riproduzione frequenta paludi, canneti e zone a maremma; durante lo svernamento e la migrazione luoghi aperti, colline e rive del mare. Non si attestano più casi di riproduzione in Italia. Albanella minore (Circus pygargus) L'albanella minore é riconoscibile molto bene per le caratteristiche dimensioni e soprattutto per la shilouette snella e allungata. Ha un corpo affusolato, coda lunga fino a 225 mm e le ali molto strette: queste ultime, in volo, vengono tenute in posizione a "V". La lunghezza é di 45 cm circa, l'apertura alare é di 110 cm circa, il becco di 16 mm e il dorso di 57 mm. Gli artigli sono molto lunghi, le zampe corte con unghie affilatissime. Il maschio è grigiastro con due barre alari nere e groppone più chiaro. Le punte delle ali sono nere, la zona ventrale più chiara della dorsale. La femmina é di color bruno rossiccio, il groppone bianco a strie scure sia sulle parti dorsali sia su quelle ventrali. I giovani sono color mattone, senza strie nè color bianco sul groppone. L'albanella è un volatile eccellente. Vive nella macchia mediterranea, nelle praterie, nelle steppe, nei fiumi, nei laghi e nelle paludi. Si nutre di roditori, uccelli, rettili e insetti. L'accoppiamento si ha da metà maggio a metà giugno, l'incubazione avviene da metà giugno a metà luglio e i nidiacei compaiono da metà luglio a metà agosto. L'albanella minore era considerata molto rara da tutti gli ornitologi del passato; in effetti le prime nidificazioni sembrano risalire agli anni '70. Oggi la specie appare stabilmente insediata in tutta la fascia collinare del centro-nord Italia, con densità notevoli, contrariamente a quanto succede nel resto d'Europa dove sembra in costante regresso. Falco pescatore (Pandion haliaetus) E’ un rapace più grande di una poiana, con ali lunghe e strette e coda alquanto corta. Le parti ventrali sono bianche, remiganti e timoniere color avorio, fittamente barrate, la punta delle primarie è scura, il dorso bruno scuro. La testa è bianca con una piccola cresta e presenta due larghe bande nere che scendono fino al collo. Distribuito quasi in tutto il mondo, vive essenzialmente lungo le coste marine e le zone umide, dove trova il suo cibo preferito, i pesci. Si nutre quasi soltanto di pesci che cattura e trattiene agilmente grazie alle piccole spine poste sotto la pianta dei piedi, con le quali può trattenere anche prede scivolose e bagnate. Vola al di sopra dell’acqua e, una volta avvistata la preda, si libra per breve tempo, poi si tuffa in acqua con le zampe in avanti immergendosi completamente. Qualche volta poi discende dolcemente, sceglie la preda, l’afferra con gli artigli e torna su un ramo per divorarla. Nel periodo degli accoppiamenti, maschio e femmina preparano un grande nido sul suolo con erbe, alghe e rametti. Spesso riutilizza per più anni lo stesso nido, riparandolo di volta in volta, sino a diventare enorme. E’ soprattutto la femmina a covare, 2-4 uova per covata. Il maschio porta il cibo durante la cova e nelle quattro settimane successi vive. In seguito i falchi pescatori svernano al sud. Piviere Dorato (Pluvialis apricaria) Nidifica in Europa settentrionale ed in Asia nord occidentale. Da queste aree migra in Africa ed in India. Il piviere dorato ha un peso corporeo di circa 200 gr. Ha becco breve e occhi grandi con coda corta e quadrata. In inverno il colore del piviere dorato è superiormente bruno con fitte macchie dorate. La parte inferiore è biancastra. In estate il maschio ha testa con sfumature dorate. Durante il periodo della riproduzione si trova nelle tundre e brughiere e durante le migrazioni nelle praterie, campi coltivati e vicino alle paludi. E’ dotato di un volo molto veloce ed alla stessa stregua è un ottimo pedinatore. Durante le migrazioni si riunisce in gruppi che volano nella tipica formazione a "V". Il periodo riproduttivo va da aprile a giugno. La femmina depone in un nido a terra 3-4 uova covate per 27-29 giorni. I piccoli sono nidifughi e sono accuditi da entrambi i genitori per circa 4 settimane. Il piviere dorato ha alimentazione varia: lombrichi, coleotteri, aracnidi, molluschi, semi, piccole bacche, muschi ed alghe. Pernice di mare (Glareola pratincola) Uccello di piccole dimensioni (22-25 cm., 70-90 g.), possiede una struttura corporea molto slanciata, il becco corto e lievemente ricurvo all’ingiù e le zampe molto corte; presenta il dorso di colore marrone, il ventre è chiaro, le zampe e la coda sono nere, la gola ed il petto color crema e delimitati da un collare nero che parte da sotto l’occhio; quando è in volo ha l’aspetto di una grande rondine, le ali sono lunghe e sottili ed inferiormente di colore rossiccio-bruno, il groppone è bianco e la coda forcuta. Frequenta soprattutto le paludi e le lagune situate lungo i litorali marini, gli ambienti aperti e piatti dove il fango si è seccato, le spiagge e le rive dei fiumi, ma è possibile incontrarla anche nelle zone coltivate. Il suo cibo preferito è costituito da insetti che cattura quando è in volo. Soprattutto nelle ore vicine al crepuscolo volteggia a caccia di insetti; si ciba anche delle loro larve e di anellidi. Costruisce il nido in una piccola cavità nel terreno o nel fango, fra la bassa vegetazione salmastra, senza rivestirlo. La deposizione avviene da maggio a giugno e la cova viene condotta da entrambi i genitori. Depone di solito 2-3 uova di colore variabile dal fulvo al grigio pietra al verdastro, con macchie brunonerastre. Dopo 22 giorni dalla schiusa i giovani sono indipendenti. E’ una specie diffusa, ma estremamente localizzata, in tutti i paesi che si affacciano sul Mediterraneo, nei paesi balcanici ed in Russia; i siti di svernamento sono localizzati nell’Africa subsahariana, anche se alcuni individui possono svernare nell’Africa settentrionale; in Italia è una specie presente durante le migrazioni ed in estate irregolarmente e non tutti gli anni; i siti di nidificazione sono estremamente localizzati e occupati saltuariamente; si stima che le coppie nidificanti siano tra le 30 e 90, e di queste la metà è localizzata in Sardegna e Sicilia (Saline di Trapani e Biviere di Gela). Gabbiano roseo (Larus genei) Il suo nome è dovuto alla tenue colorazione rosata che il piumaggio assume nella livrea nuziale. Confuso spesso con il gabbiano comune è lungo 42 cm, testa e collo sono bianchi e sono presenti leggere strie grigiastre disposte lateralmente. Il collo è più alto rispetto a quello degli altri gabbiani. La coda è lunga e cuneiforme. Il lungo becco è grosso ed appuntito, di colore rosso scuro, tendente al nerastro. Le zampe sono rosse. I giovani sono molto simili agli adulti. Questo gabbiano vive in gran parte dell'Europa ad eccezione della Scandinavia; sulle coste mediterranee dell'Africa, lungo le coste atlantiche fino alla Guinea e lungo quelle del Mar Rosso fino all'Etiopia; in tutta l'Asia, tranne in Mongolia, Corea, Indocina, Filippine e Indonesia. È di passo nel Regno Unito, in Serbia, Montenegro e nell'Europa centrale (Germania, Polonia, Svizzera, etc.), in Kenya, Nigeria e Costa d'Avorio, in Giappone, Nepal, Thailandia e Sri Lanka, in Sudafrica e su Antigua e Barbuda. Frequenta zone costiere, estuari, saline e lagune salmastre. Si nutre di insetti acquatici, pesci, crostacei e anellidi. Il periodo riproduttivo va da maggio a luglio. Il nido è costruito in piccole buche nel terreno, rivestite da alghe e piume, nelle quali la femmina depone 2 o 3 uova dal colore bianco-verdastro. Gabbiano corallino (Larus melanocephalus) Europa centrale, Mediterraneo e Mar Nero. Queste le aree di presenza della specie, ma sono effettivamente molto poche le località in cui il Gabbiano corallino costruisce il nido. In Italia è presente come nidificante solo dal 1978, quando sono stati avvistati i primi nidi nelle Valli di Comacchio. Non difficile da identificare rispetto ad altre specie di gabbiani, il Gabbiano corallino si caratterizza però per una somiglianza abbastanza stretta con il Gabbiano comune, già ampiamente diffuso nelle aree citate. Se ne differenzia per piccoli dettagli, il “cappuccio” di piume sul capo leggermente più esteso, la punta delle ali bianca, il becco un tantino più massiccio rispetto a quello della specie “sorella”. Piuttosto rotondo e poco snello – se confrontato ad esempio con l’agile ed esile Gabbiano roseo – il Gabbiano corallino predilige lagune costiere per costruire il nido, specialmente strisce di sabbia solo occasionalmente vegetate. Più facile, naturalmente, osservarlo d’inverno, quando agli individui nidificanti si aggiunge un folto raggruppamento di migratori. Estremamente dipendente dalla disponibilità di cibo, il comportamento pelagico del Gabbiano corallino non vale a tutte le latitudini: non sono rare, anche nel nostro Paese, incursioni nell’entroterra, per raggiungere campagne e aree agricole come, nel meridione, gli oliveti. Cavaliere d'Italia (Himantopus himantopus) Specie cosmopolita, in Italia è presente nella Pianura Padana e lungo le zone umide costiere comprese quelle della Sicilia e della Sardegna; più localizzato nell’interno. Per la nidificazione spesso utilizza anche risaie e saline. Specie prevalentemente gregaria, nidifica per lo più in piccole colonie, ma sono frequenti i casi di nidificazione isolata. Si nutre di piccoli invertebrati. Le principali cause di minaccia sono le variazioni del livello delle acque, soprattutto nei siti di nidificazione artificiali , queste aree infatti vengono spesso svuotate, a scopi gestionali, proprio nel periodo primaverile-estivo. Una ulteriore minaccia è rappresentata dalla predazione delle uova, ad opera soprattutto di volpi. Avocetta (Recurvirostra avosetta) Questo elegante uccello porta un abito di piume come un vero e proprio smoking: il bianco puro domina; delle strisce nere impreziosiscono il dorso e ciascun lato, lungo delle linee diagonali ai bordi delle ali terminando sulla coda; anche la testa è coperta dal piumaggio nero, quasi fosse un cappello. Altra particolarità è data dal lungo becco fine e rivolto verso l’alto. Anche le zampe sono particolarmente slanciate e di color verde-blu¸ esse sono palmate, così da permettere il perfetto equilibrio anche in ambienti melmosi. Queste zampe assicurano all’uccello la capacità di nuotare in modo efficace in caso di necessità, anche se possono risultare meno agevoli per camminare. L’andatura dell’avocetta è estremamente elegante sia in volo (il battito delle ali è rapido ed il volo dritto e preciso) sia a terra. Questo uccello pesa circa 300 g, è lunga circa 40 cm e presenta un’apertura alare di 70-75 cm. In Italia l’avocetta arriva in primavera. Trascorsi i primi giorni a riposarsi dal lungo viaggio inizia un’attività frenetica costituita da grida, da faccia a faccia, da intimidazioni associate a balzi. Talvolta più avocette si riuniscono in cerchio muovendo le zampe sul posto e gridando: la ragione di questo comportamento è sconosciuta, forse è un modo per instaurare un rapporto tra le coppie. Da luglio a settembre l’avocetta lascia l’Italia per andare a svernare nei paesi caldi. Abita le rive melmose degli specchi d’acqua salati o salmastri, le lagune costiere e stagni salmastri. E’ distribuita in molte zone umide e lagunari dell’Europa, in Africa orientale e meridionale, in Iran, in Irak, in Giordania, nel sud della Siberia e in Asia centrale. Il singolare becco lo specializza nella ricerca di invertebrati acquatici, in particolare larve di ditteri, crostacei, anellidi, molluschi e insetti che galleggiano sul pelo dell’acqua. La riproduzione ha luogo da aprile a luglio. La coppia prepara varie buche e la femmina ne sceglie solamente una. Il nido è tappezzato da foglie, rametti e steli d’erba, in un luogo rialzato vicino all’acqua. Sono deposte solitamente 4 uova brune e macchiettate di scuro, l’incubazione è condotta da entrambi i genitori fino a 24 giorni. I pulli dopo la nascita abbandonano subito il nido e sono pronti al volo dopo circa 19 giorni. Croccolone (Gallinago media) Il croccolone deriva il suo nome dal verso emesso simile ad un gorgoglio. Di abitudini crepuscolari e restio al volo (se disturbato resta immobile o si allontana camminando lentamente), il croccolone risulta tra gli scolopacidi più difficili da avvistare. È poco più grande di un beccaccino (28cm.), e si distingue da quest’ultimo per il becco più corto, per la triplice barra bianca delle copritrici alari, per le timoniere laterali bianche e per i fianchi barrati. Anche in controluce appare più simile ad una beccaccia, come sagoma, che non ad un beccaccino. Ha un volo lento e dritto senza scartate laterali, non ha indole gregaria e lo si scorge spesso solo o in coppia. Prati umidi, paludi erbose, stagni e sponde di piccoli laghi costituiscono il suo ambiente ideale, anche se, a differenza di altri limicoli, lo si può incontrare su terreni non paludosi, come pascoli, brughiere e campi incolti. Il croccolone nidifica nel nord-Europa e nell’Asia nord-occidentale; in inverno migra sino al sud-Africa. In Italia è solo di passo e lo si può incontrare soprattutto durante il periodo primaverile (marzo-maggio). Il croccolone si ciba principalmente di anellidi, lombrichi in particolare, ma non disdegna molluschi, insetti acquatici e loro larve ed anche semi di piante acquatiche. Combattente (Philomachus pugnax) Il Combattente ha dimensioni medie, forme eleganti con becco di media lunghezza, sottile, leggermente ricurvo e appuntito, coda arrotondata. La femmina ha dimensioni decisamente minori. Il piumaggio in entrambi i sessi è brunastro-sabbia macchiato di scuro, con petto fulvo chiaro, ventre biancastro, becco bruno-nerastro e zampe giallastre. Il maschio in livrea nuziale si orna di due ciuffi auricolari erettili e di un grande collare di penne di tinte variabili con combinazioni di nero, castano, bianco, bruno e crema. In volo, visto da sotto, si riconosce sovente il disegno del petto ben delimitato, un po' meno marcato nella femmina. Lunghezza cm 20-30, peso gr 100-180. Di indole socievole, vive gregario in piccoli gruppi, mentre diviene solitario e combattivo nel periodo degli amori. Possiede un volo rapido accompagnato da regolari battiti d'ala, molto simile a quello della Pettegola; durante la migrazione i branchi sono formati con separazione di sessi e di età. Terragnolo, si posa pure su cespugli, arbusti e alberi. Sul terreno assume una posizione eretta, ma quando cammina o corre tiene il corpo in posizione orizzontale. Si reca in pastura sia di giorno sia di notte fra l'erba o rimuovendo il fango dei bassi fondali per catturare le prede. Si ciba principalmente di insetti e loro larve, ma anche di vermi, molluschi, crostacei, piccoli semi e alghe. La stagione riproduttiva inizia a metà maggio e gli accoppiamenti sono preceduti da combattimenti e parate nuziali tra i maschi, che sono poligami. Questi convergono nelle aree destinate a "zone di combattimento" e si confrontano tra loro mostrando il collare e alzando i ciuffi auricolari, quindi si avvicinano precipitosamente l'uno contro l'altro gonfiando il collare di penne e sbattendo a più riprese le ali. Contemporaneamente girano su se stessi e compiono improvvise soste acquattandosi al suolo. La femmina predispone il nido in una depressione del terreno ben riparato dalla vegetazione e vi depone 34 uova, che cova per circa tre settimane. I giovani vengono accuditi dalla madre per alcuni giorni, poi si rendono indipendenti. Depone una volta all'anno. Frequenta la tundra, praterie umide, marcite, paludi, risaie, rive fangose di stagni, laghi e specchi d'acqua in genere. Specie distribuita come nidificante in Europa ed Asia settentrionali dal 50° parallelo nord al Circolo Polare Artico. Migratore a lungo raggio, possiede i quartieri di svernamento più importanti in Africa a sud del Sahara sino alla provincia del Capo in Sudafrica. In Italia è di passo in agosto settembre e da meta febbraio ad aprile. E' parzialmente svemante in Veneto, Emilia-Romagna e, soprattutto, nell'Italia centrale e meridionale. Durante il periodo estivo non sono rari i casi di estivazione. Piro piro boschereccio (Tringa glareola) Il Piro piro boschereccio è un piccolo limicolo appartenente alla famiglia degli scolopacidi. E’ riconoscibile dal sopraccoda bianco, dalla coda strettamente barrata dalle zampe color giallo-verde chiaro e dal sopracciglio chiaro, presenta inoltre un dorso marrone scuro con delle piccole macchioline bianche, mentre il collo è di color grigio chiaro, inoltre la parte superiore dei fianchi nell’adulto in estate risulta barrata di marrone. Il piro piro boschereccio però, può formare, durante i passi, discreti assembramenti anche in aree piuttosto ristrette; in questi casi possono essere visti cibarsi completamente allo scoperto. Durante la nidificazione predilige le rive di fiumi, torrenti e laghi mentre nelle migrazioni, sosta in ambienti umidi o sulla riva del mare Estremamente utile all’agricoltura ed ornamento del paesaggio il piro piro boschereccio si ciba di lombrichi, larve di insetti, aracnidi sostanze vegetali. Si riproduce sul terreno aperto o in radure della foresta, il nido è una semplice cavità nel terreno tappezzate di poche foglie od erbe, depone da tre a quattro uova lucenti di colore molto variabile, da verdastro ad oliva macchiate di bruno o violetto, le uova sono incubate dalla sola femmina mentre i piccoli sono accuditi prevalentemente dal maschio. Effettua una sola covata La specie nidifica in Europa nord-orientale ed Asia settentrionale, ed anche in America settentrionale, sverna a sud nell’Africa sud sahariana ed in Asia meridionale sino all’Australia. In Italia è specie di doppio passo, da metà agosto a settembre e da aprile a maggio, purtroppo in diminuzione per le trasformazioni fondiarie. Mignattino piombato (Chlidonias hybridus) Una piccola sterna, più grande e massiccio del Mignattino e del Mignattino alibianche, è il "mignattino" che più assomiglia alle altre sterne; si riconosce per il piumaggio nell'abito riproduttivo con cappuccio nero guance e gola bianchi, parti inferiori grigio scuro, sottocoda bianco, coda grigia leggermente biforcuta; becco massiccio rosso-scuro, zampe rosse; in inverno la fronte è bianca e il vertice striato di nero, parti inferiori chiare, becco scuro. Sessi simili, abiti stagionali molto differenziati. Arriva in Italia dai quartieri di svernamento dell'Africa Occidentale verso Aprile e riparte in Settembre. Si nutre principalmente di piccoli insetti sulla superficie dell'acqua che cattura effettuando delle picchiate improvvise (senza però tuffarsi). Nidifica in colonie nelle acque interne di paludi, lagune, casse di colmata ed espansione; costruisce il nido con raggruppamenti di vegetazione raccolta sull'acqua (di solito giunchi, ninfee, etc.). La stagione riproduttiva va da fine Maggio ai primi di Giugno, di solito 3 uova raramente 2 o 4, covate da entrambi ma principalmente dalla femmina, per 18-20 giorni. I pulcini coperti di piume, alimentati da entrambi, cominciano a volare dopo circa 23-28 giorni. Mignattino (Chlidonias niger) Quasi tutte le coppie nidificanti di questa specie, negli ultimi anni, sono state “registrate” in Piemonte, in quell’area che dal Lago Maggiore scende fino a sfiorare l’alto corso del Fiume Po. Il Mignattino, che oltre all’Europa e all’Asia abita anche le Americhe con una particolare sottospecie, si distingue dai “cugini” per la vistosa coda biforcuta, il piumaggio nerastro, il becco nero pece, così come la parte superiore del capo. Pianure a bassa quota, ricche di acqua, sono il suo habitat prediletto. Predilige acque dolci, occasionalmente salmastre, piuttosto profonde e non circondate da terreni scoscesi o troppo ricchi di vegetazione d’alto fusto. Piccoli stagni, laghi, fossi e canali con ricca vegetazione acquatica, anse di fiumi, paludi, prati allagati sono il luogo ideale in cui costruire il nido, mentre paludi costiere, foci di fiumi o acque salmastre sono frequentati solamente al di fuori del periodo di nidificazione. Da non perdere, per l’osservatore, sono le “danze d’amore” di questo uccello, che non disdegna – anzi, che in linea di massima preferisce – strati vegetali galleggianti o altri elementi instabili per costruire il nido. Questo rituale di corteggiamento viene di solito portato a termine dal maschio portando un pesce nel becco, e danzando – emettendo il tipico richiamo – attorno alla femmina. I primi nidi di Mignattino comune si riempiono di uova (non più di due o tre) solo a primavera inoltrata. Le risaie del vercellese rappresentano attualmente il principale, se non unico, areale di presenza per la specie, un tempo diffusa anche nella vicina Novara e in altre aree della Pianura Padana centrooccidentale. Purtroppo, metodi non corretti nella coltivazione del riso possono mettere a repentaglio il futuro di questa specie, ed è per lo stesso motivo che il Mignattino comune ha abbandonato gran parte dei siti storici nei quali fino agli anni Sessanta nidificava. Sterna zampenere (Gelochelidon nilotica) Sterna di grandi dimensioni riconoscibile per il massiccio becco nero e per la calotta nera che dalla zona frontale scende, all’altezza dell’occhio, fino a tutta la nuca e alla parte posteriore del collo. Il corpo è bianco con sfumature grigio perla sulle copritrici e sul dorso; in volo è riconoscibile dalle specie simili (Beccapesci) per la silhouette snella ed i movimenti più eleganti. Specie cosmopolita presente con sei sottospecie in tutti i continenti, quella nominale è tipica di Europa, Asia centro meridionale ed Africa settentrionale. La popolazione paleartica è distribuita prevalentemente in Asia centro meridionale e occupa, con un contingente non esattamente quantificato, le zone paludose e steppiche adiacenti al Mar Caspio e al Lago Aral. La popolazione europea rappresenta una piccola parte di quella paleartica ed è stimata in circa 3300 coppie. In tempi relativamente recenti era segnalata come nidificante anche in diversi Paesi dell’Europa centrocontinentale ma attualmente, a parte minimi insediamenti rimasti in Danimarca e Germania, risulta presente solo nell’area mediterranea. La specie sverna prevalentemente nell’Africa trans-Sahariana tra le coste atlantiche ed il lago Chad seguendo il bacino idrografico del Niger. Una piccola frangia della popolazione svernante si sofferma nel Mediterraneo meridionale e segnalazioni occasionali provengono essenzialmente dall’estremo sud della Penisola (Sicilia, Calabria, Puglia, Malta). Fraticello (Sternula albifrons) Il Fraticello vive in tutto il mondo, in sette differenti sottospecie. La sottospecie nominale abita l’Europa, il Nord Africa e l’Asia. Per costruire il nido, la specie predilige gli ambienti umidi, con piccole colonie sparse su coste sabbiose o ghiaiose, oppure i greti di grandi fiumi o laghi. Difficile vederlo avventurarsi nell’entroterra, questa specie si differenzia dalle altre sterne per le dimensioni molto più contenute – in media 24 cm – mentre altre caratteristiche distintive sono determinate dal becco giallo con la punta nera, e dall’ampia fronte bianca, durante la stagione estiva in netto contrasto con la striscia nera che attraversa anche l’occhio. Durante la migrazione, il Fraticello può frequentare anche ambienti diversi e più lontani dall’acqua. In Italia, il Fraticello nidifica prevalentemente nell’Alto Adriatico, dal Friuli alle Valli di Comacchio, nonché lungo il corso del Fiume Po e dei suoi principali affluenti. Più a sud, la specie è presente in Puglia e sulle due isole maggiori. Sia il contingente nidificante sia un nutrito gruppo di migratori provenienti dall’Europa centrale – che scelgono l’Italia quale area di passaggio – trascorrono l’inverno sulle coste dell’Africa occidentale e, in parte, si spingono fino all’Africa meridionale. Abilissimo volatore, il Fraticello mostra una tecnica straordinaria per l’individuazione e la cattura della preda. Non è raro osservarlo mentre se ne sta perfettamente immobile, in volo, scrutando l’acqua. Appena avvistata la preda – di solito piccoli pesciolini – si lancia in picchiata verso l’acqua, e si tuffa per catturarla. A permettergli questa postura sono ali relativamente più corte rispetto alle altre sterne e i battiti d’ala sensibilmente più frequenti. Sterna maggiore (Sterna caspia) E' la più grande tra tutte le sterne e la più diffusa, si riproduce in tutti i continenti eccetto che in Sudamerica e in Antartide. Presenta cappuccio nero, becco rosso, zampe corte, una coda biforcuta e un ciuffo che le conferisce uno sguardo quadrato. Ha le stesse dimensioni del gabbiano reale e una struttura più massiccia rispetto a quella delle sterne comune e codalunga. I giovani sono simili agli adulti ma hanno un manto più chiaro e chiazzato sulle ali. Le Sterne maggiori sono meno gregarie rispetto alle altre sterne, non di rado però le si osserva in compagnia di altre sterne e gabbiani oppure mentre volano a grandi altezze sull'acqua emettendo versi rauchi in cerca di pesci. La sterna maggiore si nutre prevalentemente di pesce, soprattutto di quelli che nuotano vicino alla superficie dell'acqua. Durante il periodo riproduttivo entrambi i genitori contribuiscono alla costruzione del nido, generalmente situato in una conca poco profonda nel terreno lungo le coste sabbiose o rocciose, con poco o senza materiale vegetale. Entrambi i genitori, inoltre, si occupano di covare a turno le uova, in genere 1-3, per circa tre settimane. I giovani possono lasciare il nido dopo un mese dalla nascita. Entrambi i genitori contribuiscono ad alimentare i giovani durante lo svezzamento. Anche dopo lo svezzamento i piccoli restano vicino ai genitori per diversi mesi. Sterna hirundo (Sterna comune) Sterna di dimensioni medio piccole, in volo appare di mole maggiore a causa dell’ampia apertura alare e della lunga coda. Il corpo è prevalentemente bianco con parti superiori grigio perla, la parte superiore del capo, posteriore del collo e le remiganti nere; becco e zampe rosso corallo. Specie distribuita in tutti i continenti dell’emisfero settentrionale con 3 sottospecie, quella nominale è tipica di Europa, Asia occidentale, Africa settentrionale ed America centro settentrionale. La popolazione europea è stimata in oltre 200.000 coppie, prevalentemente distribuite nei Paesi centrosettentrionali; le colonie dei Paesi mediterranei rappresentano una piccola parte del contingente europeo (probabilmente inferiore al 10%) e si trovano in Spagna, Francia, Italia, Croazia, Albania e Grecia. In Italia la specie nidifica prevalentemente in 3 comprensori: zone umide dell’Adriatico settentrionale, zone interne della rete idrografica del Po ed alcuni suoi affluenti, zone umide costiere della Sardegna. Colonie di modeste dimensioni al di fuori di queste zone sono segnalate lungo il corso di fiumi friulani ed in Puglia. La popolazione dell’Europa occidentale e centro-settentrionale sverna abitualmente nell’Africa occidentale spingendosi fino al Sudafrica; quella più orientale scende lungo il Mar Rosso fino all’Africa equatoriale orientale. Raramente vengono segnalati soggetti svernanti nel Mediterraneo, osservazioni eccezionali riguardano essenzialmente le estreme regioni meridionali e probabilmente sono da attribuire a soggetti attardati nella migrazione. Si nutre di piccoli pesci che cattura con il becco nell'acqua tuffandosi dopo averli individuati sorvolando la superficie dell'acqua. Si nutre anche di insetti che cattura quando è in volo. E’ una specie monogama, nidifica in colonie o in coppie isolate. Il nido viene costruito sul suolo e tappezzato con alghe, erba, conchiglie. La femmina depone 2 o 3 uova e il periodo di incubazione dura 22 - 26 giorni. Il terzo uovo è più piccolo degli altri due, ed è quello che sopravvive meno facilmente. I piccoli rimangono nel nido poco più di 3 settimane. La cura della prole è affidata ad entrambi i genitori. I piccoli sono nutriti dai genitori con il cibo da loro rigurgitato finché non sono in grado di provvedere da soli al proprio sostentamento. Beccapesci Sterna sandvicensis Europa occidentale, Mediterraneo, Mar Nero e Mar Caspio sono gli areali di presenza di questa specie, nidificante in Italia solo dal 1979. Come nel caso della Sterna zampenere – che aveva colonizzato la zona qualche decennio prima – la prima area in cui è stato avvistato un nido di questa specie si trova nelle Valli di Comacchio, mentre attualmente l’areale di presenza arriva a comprendere il Veneto meridionale e parte della Puglia. Oggi nidificante – ma anche migratrice e svernante – il Beccapesci si contraddistingue per le sue esigenze ecologiche, particolarmente legate agli ambienti costieri. Nidifica su isolotti sabbiosi, delta fluviali. Necessita di acqua pulita, ricca di pesci negli strati superficiali, sufficientemente bassa e con fondo sabbioso. Queste le condizioni ideali che permettono alla specie di cacciare con successo. Come dice il nome stesso, il Beccapesci è un abilissimo pescatore. Caccia lanciandosi in picchiata sull’acqua, ed è forse per questo che la presenza di acque chiare e pulite, pur su fondali sabbiosi, rappresenta una necessità per la specie, che mal tollera il disturbo da parte dell’uomo, specialmente in prossimità dei nidi. Gli stessi nidi vengono costruiti dal Beccapesci vicino all’acqua, in conche abilmente scavate sul terreno. Particolarmente contenuto il tasso riproduttivo, con non più di due uova deposte una sola volta l’anno, covate da entrambi i sessi. Solo da adulti i Beccapesci mostreranno quella caratteristica cresta di piume sul capo che rende questa specie inconfondibile. Airone rosso (Ardea purpurea) Airone di grandi dimensioni con piumaggio bruno-rossastro, collo, zampe e becco lunghi. Confondibile a distanza o in cattive condizioni di luce solo con l’Airone cenerino. Specie distribuita nelle zone temperate e tropicali di Europa, Asia e Africa. Nidifica dall’Europa centrale e meridionale al Maghreb, mentre l’areale di svernamento comprende l’Africa equatoriale e il delta del Nilo. La maggior parte della popolazione europea nidifica in Russia (45000-98000 coppie) mentre per il resto del continente sono stimate circa 8000 coppie di cui 2700 in Francia, poco più di 1000 in Spagna e circa 1000 sia in Romania, che in Ungheria e in Ucraina (Bankovics in Hagemeijer e Blair, 1997); complessivamente la popolazione europea è considerata in diminuzione. In Italia nidifica soprattutto nella Padania e con piccole popolazioni in Toscana, Sardegna e Puglia. E’ presente dalla prima metà di marzo alla fine di agosto (presenze tardive in ottobre e novembre). Nel 1985-86 sono state rilevate 550 coppie e stimate 650 per l’Italia. Una più accurata copertura delle aree adatte ha permesso di aggiornare a 1500 coppie la popolazione italiana. Sgarza Ciuffetto (Ardeola ralloides) Aspetto poco slanciato e piuttosto raccolto, simile a quello della Nitticora, ma la corporatura e più snella, il corpo molto compresso lateralmente ed il becco più lungo e sottile. In volo, le ali biancocrema in contrasto col mantello scuro caratterizzano sufficientemente questo ardeide. I sessi sono simili, i due abiti stagionali distinti. Abita le zone paludose particolarmente ricche di vegetazione, quali lagune, stagni, rive di fiumi e di laghi, paludi. Manifesta un comportamento abbastanza simile a quello della Nitticora: di giorno rimane solitamente in riposo tra la vegetazione, mentre svolge la maggior parte dell'attività al sopraggiungere della sera o durante le ore notturne. In volo, che è piuttosto lento e cadenzato, tiene il collo e la testa alquanto ritirati tra le spalle; una posizione simile è spesso assunta anche quando è in sosta, posato su qualche ramo od arbusto. E’ uccello piuttosto silenzioso e solo occasionalmente e nel periodo riproduttivo fa udire qualche aspro verso. Vive isolato od in piccoli gruppi, che possono anche diventare numerosi nell'epoca della nidificazione, nella quale si associa volentieri ad altri ardeidi gregari. Nidifica su arbusti od alberi anche d'una certa consistenza. L'alimentazione e abbastanza varia, basata su invertebrati acquatici, insetti, piccoli anfibi, pesci e mammiferi e qualche pianta acquatica. Come gli altri ardeidi gregari si riproduce normalmente in "garzaie" miste ubicate presso paludi, stagni, praterie allagate e soprattutto risaie. S'installa per ultimo nella colonia e predilige la vicinanza della Nitticora e della Garzetta. I nidi piuttosto rudimentali sono posti un poco in disparte e costruiti ad altezze variabili tra i 2 ed i 5 metri ed anche più. A partire dalla metà di maggio vengono deposte di solito da 4 a 6 uova blu-verdastre chiare (mm 39x 28, gr 16) che schiudono dopo 22-24 giorni. L'incubazione e l'allevamento sono compito d'entrambi i genitori ed i piccoli sono in grado di compiere i primi voli solo dopo un mese di vita. Gli adulti all'inizio del periodo riproduttivo hanno le zampe vivacemente colorate di rossastro o rosato ed il becco di azzurro; tinte che ben presto spariscono già durante l'incubazione. La specie abita l'Europa, l' Asia sudoccidentale e l' Africa. In Italia è localmente estivo e nidificante in alcune "garzaie" miste della Valle Padana e più scarsamente delle regioni centrali e meridionali. Di solito il numero delle coppie presenti nelle varie colonie è piuttosto basso e non supera la decina. Frequente durante i passi regolari di aprile-maggio (il più sensibile) e di settembre; accidentale durante l'inverno. E’ la specie meno frequente e più localizzata del gruppo e risente della trasformazione degli ambienti di riproduzione preferiti. Tarabuso (Botaurus stellaris) È un uccello simile agli aironi ma presenta un corpo più tozzo e zampe piuttosto corte. Vive nelle paludi, negli acquitrini, nei canneti e nei pantani. Le sue dimensioni sono: lunghezza 75 cm circa, peso 1200 gr, apertura alare 110 cm, becco 7 cm, tarso 10 cm, coda 11 cm. È molto elusivo ed estremamente mimetico, tanto da apparire assolutamente invisibile anche a poca distanza: questo grazie sia al colore del piumaggio, bruno barrato e screziato che si confonde totalmente fra le canne, sia alla caratteristica postura con il becco allungato verso l'alto. Conduce vita riparata all'interno del canneto ed ha abitudini perlopiù crepuscolari. Il tarabuso presenta la singolarità di emettere un verso sorprendentemente potente udibile sino a qualche chilometro di distanza, simile alla sirena di una nave. Si alimenta principalmente di pesci e anfibi, in aree con adeguata copertura vegetale, ma sfrutta regolarmente gli invertebrati acquatici e occasionalmente piccoli mammiferi e uccelli. Airone Bianco (Egretta Alba) Si riproduce in Austria e Ungheria, in Montenegro, sul Delta del Danubio, e in alcune zone in Ucraina e a est sul Mar Caspio. Recentemente ha cominciato a nidificare anche nei Paesi Bassi, Germania, Polonia, Bielorussia, Francia, Italia settentrionale. Ha zampe e collo lunghi, becco molto allungato, corpo slanciato. Le zampe non sono palmate, ma sono grandi in modo che l'airone bianco non sprofondi nel fango a causa del suo peso. Il piumaggio è completamente bianco, gli occhi gialli contornati da un anello verde. Il becco è nero durante la stagione riproduttiva, giallo con la punta scura negli altri periodi. E’ un abile cacciatore, cammina lentamente nell'acqua bassa o nel fango con il suo collo ripiegato in posizione di attacco. E’ specie territoriale e difende in modo vigoroso il suo territorio di riproduzione da altre garzette. Vive in prossimità dell'acqua dolce, dove l'acqua è poco profonda. Frequenta laghi, paludi, prati e pascoli umidi, nidifica nei canneti e in mezzo alla vegetazione fitta. Durante la migrazione e d'inverno si insedia sugli estuari e nelle lagune salmastre. Si nutre principalmente di pesci, anfibi, invertebrati acquatici e rettili. Durante l’inverno si sposta lungo i litorali nord orientali dell'Adriatico, nel sud della Grecia, in Tunisia, nel Delta del Nilo e nel sud dell'Iraq. In Italia è migratore regolare, svernante e nidificante localizzato. Nidifica in colonie sugli alberi o tra i canneti. Il maschio costruisce verso la fine di aprile un fragile nido fatto di ramoscelli, di solito collocato sopra o nelle vicinanze dell'acqua, imbottito con materiali più soffici come fili d'erba. E' una specie monogama. Depone da 1 a 6 uova, solitamente 3, di colore bluverdi pallido. Garzetta (Egretta garzetta) Sessi simili (maschi mediamente più grandi delle femmine). Abiti stagionali e giovanili poco differenziati. Airone di medie dimensioni con piumaggio bianco candido. Confondibile solo con il più grande Airone bianco maggiore e l’Airone guardabuoi i quali non hanno però zampe nere e piedi gialli. Specie con ampio areale comprendente Europa, Asia, Africa, India e Australia. E’ ampiamente diffusa nell’Europa centro-meridionale ed è stata recentemente soggetta ad una espansione nella regione mediterranea (Francia, Italia e Spagna); risulta in diminuzione nell’ Europa orientale. La più recente stima per l’Europa (Russia compresa) indica 30000- 40000 coppie nidificanti di cui circa 10000 in Italia (Fasola e Hafner in Hagemeijer e Blair, 1997). In Italia è presente soprattutto nella pianura Padana e in particolare nella zona delle risaie tra Lombardia e Piemonte dove colonie di centinaia di nidi sono distanti tra loro 4-10 km. E’ diffusa ed abbondante anche nelle zone umide costiere dell'alto Adriatico e vi sono colonie localizzate nell’Italia peninsulare e in Sardegna. Generalmente nidifica in colonie miste con altri Ardeidi, specialmente con la Nitticora. Le colonie sono situate su alberi, generalmente di specie igrofile, su arbusti o in canneti. Anche al di fuori del periodo riproduttivo la Garzetta è gregaria e gli individui presenti in un'area si radunano in dormitori di solito situati su alberi o in canneti. Gli insediamenti di dimensioni più consistenti sono in zone costiere; infatti, la Garzetta è l'unico Ardeide che predilige alimentarsi in acque salmastre per cui le colonie situate in quest'area, presentano dimensioni maggiori che in altre parti dell'areale. Tarabusino (Ixobrychus minutus) Il Tarabusino è un piccolo Airone abitante dei canneti che, oltre che per le dimensioni, si riconosce per le robuste zampi verdi e l’aspetto generale, scuro di sopra e chiaro nelle parti inferiori: i maschi adulti hanno, infatti, dorso e parte superiore del capo neri, “specchi” sulle ali biancastri e parti inferiori fulve; nelle femmine le parti scure superiori sono marroni, e nel complesso appare più striata, soprattutto su collo e petto. I giovani sembrano delle femmine opache, meno contrastate e molto striate, sia inferiormente che superiormente. Il becco è giallastro. In volo alterna planate a veloci e brevi colpi d’ala. Il tarabusino frequenta tutte le zone umide con una sufficiente copertura vegetale, in particolar modo di canne e tife, dove forma piccole colonie. Durante le migrazioni non è raro trovare individui stremati negli ambienti più disparati, comprese alcune zone umide urbane. Trascorre l’inverno in Africa. Per le modeste dimensioni riesce a predare prevalentemente artropodi, quali insetti e larve, e piccoli anfibi. Nitticora (Nycticorax nycticorax) Sessi poco differenziati (maschi mediamente più grandi e con ciuffo più lungo). Abiti stagionali poco differenziati, abiti giovanili molto differenziati. Ardeide con corpo tozzo, zampe corte e becco robusti, piumaggio grigio, bianco e nero. Specie cosmopolita; manca in Australia. E’ ampiamente diffusa nell’Europa centrale e meridionale. Le popolazioni europee svernano nell’Africa equatoriale e lungo il Nilo. Per tutta l’Europa (Russia compresa) sono state stimate 57000 coppie di cui circa 20000 in Italia, concentrate principalmente in Lombardia e Piemonte . In Italia la specie è diffusa ed abbondante soprattutto nella Pianura Padana, mentre è più scarsa e localizzata nell'Italia Peninsulare ed insulare. Da un confronto tra i dati degli anni '70 e del 1985-86 si evidenzia una sostanziale stabilità delle colonie negli stessi siti sebbene si sia ravvisata una diffusione della specie anche in zone peninsulari interne, in particolare lungo i fiumi. Inoltre risultano presenze saltuarie di piccole colonie o di singole coppie nidificanti. Il numero e le dimensioni delle colonie dipende principalmente dalla disponibilità di zone di alimentazione e dalle caratteristiche ecologiche e strutturali dei siti di nidificazione. Generalmente la preferenza è attribuita a boschi igrofili di medio fusto soprattutto se isolati da canali o da specchi d'acqua che riducono le possibilità di disturbo e l'impatto dei predatori. Può nidificare anche in cespuglieti e canneti. La specie sverna preferibilmente in Africa, ma a partire dagli anni '70 alcuni gruppi svernano in Pianura Padana. Cicogna bianca (Ciconia ciconia) Grande uccello dall'aspetto superbo e slanciato. Nell'immaginario collettivo della storia dell'umanità è considerata portatrice di buon auspicio e simbolo di fertilità. Secondo la leggenda "porta i bambini" quindi è sempre stata amata dalla gente. In piedi ha una altezza superiore al metro ed una apertura alare che supera il metro e mezzo. Il becco, lungo 15-20 cm, di colore rosso arancio come le zampe è forte e appuntito. Maschi e femmine sono praticamente indistinguibili, anche se i primi sono generalmente più grandi. E' praticamente priva di voce. Gli adulti non emettono suoni ad eccezione di un debole sibilo. Il principale suono di entrambi i sessi è il battere continuo del becco (in inglese chiamato bill-clattering). Questo suono è utilizzato in varie situazioni sociali e durante la cerimonia di saluto. Quando maschio e femmina si incontrano o si avvicinano, uno dei comportamenti caratteristiche della specie è rovesciare completamente il collo all’indietro battendo ripetutamente il becco.Tale comportamento è l’opposto dell’atteggiamento di minaccia “ a becco avanti “ ed elimina ogni aggressività tra i compagni. Possiede un volo maestoso che inizia con una lunga rincorsa ed un battito di ali possente sino al raggiungimento delle alte quote, dove sfrutta le correnti ascensionali volando come un aliante, con il minimo dispendio di energia. Durante il volo il collo è steso in avanti e le lunghe zampe sono proiettate all’indietro. E’ distribuita nell’Europa temperata e meridionale, Africa settentrionale, Asia meridionale ed orientale. Per svernare raggiunge l’Africa, l’India e l’Asia meridionale. La cicogna bianca predilige ambienti umidi, lagune, risaie, margini dei fiumi e del mare, pianure aperte e piovose. La bonifica di molte zone umide e l’uso di pesticidi hanno causato un declino delle popolazioni di cicogna in molte regioni. Questo elegante uccello vive in colonie, anche se talvolta nel periodo riproduttivo la coppia può isolarsi dal gruppo. Animale carnivoro, si nutre di piccole prede (insetti, piccoli mammiferi, anfibi,rettili) che caccia sia nell'erba alta che nell'acqua degli stagni. Nidifica sugli edifici, sui pali della luce, sugli alberi, spesso nelle vicinanze delle abitazioni. Cicogna nera (Ciconia nigra) Più piccola ed esile della Cicogna bianca. Piumaggio nero brillante, con riflessi metallici verdi e purpurei. Ventre e fianchi bianchi. Becco e zampe rossi. Occhio nero con circolo oculare rosso. Frequenta zone palustri isolate e praterie tra i boschi. La Ciconia nigra, ovvero Cicogna nera, è un uccello ciconiiforme diffuso sia in Europa che in Africa e Asia. Il suo habitat naturale è composto dalle foreste umide e paludose. In Italia sono stati segnalati rari casi di nidificazione, più spesso è possibile intravederla durante i voli migratori. Il suo corpo raggiunge una lunghezza massima di circa 95 cm. Il piumaggio è quasi totalmente nero con possibili riflessi verdastri, ad eccezione del ventre che sono bianchi. Una colorazione rossastra è presente intorno agli occhi, così come su zampe e becco. L’alimentazione della Cicogna nera si compone di rettili, pesci ed anfibi. Durante il periodo della riproduzione, la Cicogna nera costruisce il nido a grandi altezze sui rami più alti degli alberi e vi depone dalle 3 alle 6 uova. Spatola (Platalea leucorodia) Sessi simili, abiti stagionali poco differenziati. Trampoliere di grandi dimensioni interamente bianco e inconfondibile per il caratteristico becco largo ed appiattito. Specie paleartica presente in Europa e Asia centro-meridionali ed in Africa settentrionale con tre sottospecie; quella nominale è distribuita in Europa, Asia minore, Asia orientale e meridionale compresa l’India, tra il 10° ed il 50° parallelo. La popolazione dell’Europa occidentale, stimata in 10701200 coppie (Osieck e Voslamber in Hagemeijer e Blair 1997) è estremamente localizzata in due principali aree di nidificazione situate in Spagna ed in Olanda. Al di fuori di queste zone nidifica un numero molto limitato di coppie (50-100) in Portogallo, Francia e Italia. La prima nidificazione in Italia è avvenuta nel 1989 con due coppie nelle Valli di Comacchio. La zona era frequentata già da alcuni anni da alcuni individui, probabilmente immaturi non ancora in grado di riprodursi. Le osservazioni durante le migrazioni e in periodo estivo sono andate progressivamente aumentando a partire dai primi anni ’90 lungo le zone costiere con presenza di aree umide. Mignattaio (Plegadis falcinellus) Il Mignattaio è diffuso prevalentemente nelle regioni sud-orientali del “vecchio continente”. In realtà, l’attuale presenza nasconde una distribuzione storicamente molto più ampia, soprattutto nell’Europa occidentale, dalla Francia alla Spagna. Già nel corso del Novecento, l’areale si è progressivamente contratto e spostato, nel proprio baricentro, verso l’area più orientale del continente europeo. Ad oggi, il Mignattaio è una specie rarissima, che in Italia è presente in modo molto localizzato e con popolazioni piuttosto ridotte. Solo nell’area del Delta del Po e delle Valli di Comacchio la specie nidifica con una certa regolarità, mentre altrove – Piemonte, Lombardia, Toscana, Sardegna e Sicilia – le nidificazioni appaiono più intermittenti e a nuove colonizzazioni corrispondono spesso estinzioni locali. Tra le peculiarità di questa specie, risalta, anche all’occhio meno attento, il lungo becco incurvato verso il basso, talmente prominente da permettere a questa specie di procacciarsi facilmente il cibo, camminando sull’acqua bassa della palude dove vive e nidifica. Piccoli pesci, anfibi, ma anche invertebrati e insetti costituiscono la parte essenziale della dieta del Mignattaio, che in Italia giunge di solito a primavera, anche se non mancano occasionalmente – soprattutto in Sardegna – individui svernanti. Oltre al becco, il Mignattaio si fa notare per il particolarissimo piumaggio, per lo più nerastro ma con ampie sfumature cromatiche sul dorso. Riflessi “metallici” che risaltano alla luce del sole e si confondono con i riflessi degli acquitrini, abituale terreno di caccia per la specie. Piuttosto ampio, nonostante la scarsa consistenza della popolazione comunitaria e anche italiana, è in ogni caso l’areale di presenza della sottospecie nominale, che va dall’Europa al Nord Africa, dall’Asia centrale al sud-est degli Stati Uniti. Smeriglio (Falco columbarius) E’ il più piccolo dei rapaci europei, raggiungendo i 25-30 cm di lunghezza e i 55-60 di apertura alare; il maschio, più piccolo della femmina, presenta la caratteristica colorazione grigio-azzurra sul dorso e rossiccia ventralmente. Si tratta di un agilissimo volatore che cattura le sue prede (essenzialmente piccoli uccelli) in aria. Assai tipica è la silhouette, con ali corte e appuntite e coda relativamente lunga. E’ presente nelle nostre zone, e un po’ in tutta l’Europa meridionale, come specie svernante; nidifica precipuamente in Gran Bretagna e Scandinavia. E’ un migratore parziale che non nidifica in Italia dove lo si vede raramente tra l’autunno e l’inverno. Frequenta\zone erbacee aperte, lande, brughuere, coltivi, zone paludose, dove abbondano piccoli uccelli, sue prede preferite. Falco pellegrino (Falco Peregrinus) Apertura alare da 95 a 110 cm, lunghezza 36-48 cm (coda 10-13 cm), peso medio 400-1000 g.(la femmina fino al 15% piú grande del maschio),la velocità di volo può superare i 200 Km/h. Il loro periodo di vita può arrivare anche oltre i 15 anni. Gli esemplari maschi hanno la stessa livrea delle femmine. Piumaggio grigio-blu superiormente, e beige pallido con sottili strie trasversali scure, inferiormente. Testa nera, capo arrotondato, becco giallo e adunco, mustacchi larghi e neri, gola e lati del collo bianchi. Le ali sono lunghe ed appuntite, le zampe gialle e molto robuste, artigli affilati. I giovani esemplari, superiormente hanno un colore ardesia marrone, inferiormente crema, con gocciolatura scura e fitta, testa e mustacchi bruno scuri. Subiscono una mutazione da agosto a dicembre. E' un uccello piuttosto chiassoso, emette richiami acuti, schiocchi e pigolii prolungati. Incarnazione per gli egizi del dio Horus, impiegato in falconeria sin dai primi secoli del Medioevo, il falco pellegrino è sicuramente il più spettacolare dei rapaci. Volo potente e veloce, con battiti non molto profondi. In volteggio e scivolata le ali sono piatte o leggermente abbassate, vola controvento e sa sfruttare le correnti ascendenti, eccezionalmente può bloccarsi in "spirito santo". La sua specialità è l'attacco in volo agli altri uccelli, soprattutto piccioni. Quando avvistata una preda (anche a piu' di 1 Km di distanza), si getta in picchiata ad ali chiuse a velocità che possono superare i 200 Km/h, cogliendola di sorpresa. Il falco non si getta direttamente sulla vittima (l'urto gli spezzerebbe le zampe), la ferisce sfiorandola con l'artiglio posteriore, per poi finirla in volo, oppure a terra con un colpo di becco. Si nutre prevalentemente di piccoli uccelli come la: pispola, ghiandaia, colombaccio; occasionalmente piccoli mammiferi terrestri malati: pipistrelli, insetti, roditori rettili, ed ecco perché svolge un fondamentale compito nell' equilibrio naturale. Nonostante le sue doti in volo, è predato dal Gufo Reale(quasi estinto), anche se il suo maggior pericolo è rappresentato dall' uomo e i suoi derivati. Il suo territorio varia dai 40 ai 200 Km quadrati. Nidifica in piccole cavità inaccessibili ai predatori sui fianchi delle rupi (fino ai 1500 m. nel Centro Europa), sistemandole con erbe e rametti. Se non trova rocce adatte, occupa il nido di altri uccelli costruiti su alberi molto grandi. Il periodo di corteggiamento va da Marzo a Maggio, la coppia , dopo la parata nuziale ,nel corso della quale il maschio volteggia spettacolarmente in volo offrendo alla compagna una preda, restano uniti per tutta la vita. La femmina depone le uova tra fine di febbraio e primi di aprile. La covata consta di 3/4 uova (2-6), in un periodo che varia dai 2/3 giorni. Vengono covate per 29/32 giorni da entrambi i sessi. I giovani esemplari si involano dopo 35/42 giorni (nel corso dei quali devono imparare dai genitori la tecnica di caccia tipica della specie), sono indipendenti dopo 11/12 settimane e nidificane dopo 2/3 anni. L' allontanamento dal nido dei piccoli avviene in maniera "violenta". Cambiando di piumaggio, i giovani esemplari non vengono più riconosciuti dai loro genitori, e vengono scacciati dal nido senza pietà. Uno scherzo della natura, che non fa riconoscere ai genitori la propria prole improvvisamente priva del manto d'adolescente, ma è un gesto molto importante per la sopravvivenza della specie. Il falco pellegrino è stazionario in Italia. Vive in Europa, dal Mediterraneo alla Lapponia. Manca in Islanda. In Italia manca nelle pianure . Migratrici le popolazioni nordiche ed orientali, sverna nell'area atlantico - mediterranea ed in centro Europa. La migrazione autunnale avviene in settembre-ottobre; quella primaverile, in marzo aprile. Gru (Grus grus) I gruidi sono uccelli molto caratteristici con zampe lunghe e collo lanciato, le cui dimensioni vanno dai 90 ai 150 cm di lunghezza. In volo (lo stormo si sposta con la tipica formazione a V), le gru hanno testa e collo protesi in avanti, al contrario degli aironi (ardeidi) che volano con il collo incurvato a S, ed emettono il tipico verso strombettante "kru" o " kri-kru". Le gru si presentano con un piumaggio grigio, la testa è bianca e nera con una macchia rossa sul vertice. Il lungo becco è circondato da un piumaggio nero che si allunga verso la gola, sulla nuca e sulla fronte; lateralmente agli occhi si prolunga una mascherina bianca. Le penne sopra la coda sono allungate e cascanti e terminano con un ciuffo dalle estremità più scure. I giovani si riconoscono per l’assenza di macchie scure sulla testa e per la coda meno "cespugliosa". La gru, al di fuori del periodo riproduttivo, manifesta delle abitudini gregarie molto intense, costituendo dei gruppi numerosi e grazie ai continui richiami sonori tutti i componenti si mantengono in contatto. Trascorrono l’inverno in luoghi tradizionali dell’Europa meridionale e nel Nordafrica. La Gru nidifica su di un vasto areale che va dalla penisola scandinava alla Siberia orientale, ma in passato esistevano aree riproduttive anche nell’Europa centro-meridionale, come ad esempio il Delta del Po. Nei quartieri di svernamento le gru si cibano prevalentemente di vegetali come cereali, patate e ghiande. Nei luoghi di riproduzione, come distese paludose e acquitrini, si nutrono anche di insetti e pesciolini. Le coppie sono stabili nel tempo e fedeli ai territori di nidificazione. Il nido, una piattaforma di materiale vegetale, viene costruito sul terreno al margine di laghi o paludi, preferibilmente in aree alberate e indisturbate. Depone di solito due uova che verranno incubate sia dal maschio che dalla femmina. Entrambi i genitori, inoltre, partecipano allo svezzamento dei piccoli. Calandrella (Calandrella brachydactyla) Come dice il nome stesso, la Calandrella è un uccello di piccola taglia, particolarmente legato agli ambienti aperti e semi-aridi, dove costruisce il nido. In Italia abita vaste porzioni della parte centromeridionale (e insulare) della Penisola, con una popolazione ridotta. Migratore, questo uccello trascorre gli inverni nel continente africano. Netto il legame tra la Calandrella e gli ambienti aperti, mentre l’abitudine da parte di questo uccello di nidificare direttamente a terra lo rende particolarmente esposto a tutta una serie di minacce, in particolare i predatori terrestri come volpi, cani e gatti. Abile e veloce in volo grazie alla coda relativamente lunga, la Calandrella evita tutte quelle aree con vegetazione troppo fitta in grado di ostacolarne il volo, mentre sembra preferire sia le estese praterie – a pascolo o incolte – sia i campi coltivati o, talvolta, i complessi industriali dismessi o comunque i residui degradati di attività umane. Un’ottima adattabilità che comunque non può prescindere dalla disponibilità di ampi ambienti pseudosteppici o seminativi misti estensivi che risultano l’habitat ottimale per questa specie. Diverse le sottospecie di Calandrella nidificanti tra Europa e Asia, dalla sottospecie nominale – presente nell’Europa meridionale e localmente sulle coste nordafricane – a altre sottospecie endemiche di Nordafrica, Siria, Caucaso e Iran, fino alle steppe del Volga, alla Cina e alla Mongolia. Una particolare sottospecie di questo Passeriforme è addirittura presente in Tibet e Cina centrale. Calandro (Anthus campestris) Il Calandro è lungo circa 18 cm ed ha un corpo slanciato, la livrea è di color sabbia con macchie brune, mentre sul ventre è di colore più chiaro. Le sopracciglia sono di color crema e molto evidenti nelle movenze il calandro ricorda le allodole. E' diffuso nell'Europa centro-meridionale, nell'Asia centrale e meridionale e nell'Africa settentrionale. In ottobre emigra al sud per svernare in gran parte dell'Africa equatoriale e tropicale, nell'Arabia meridionale e in India, ritorna al nord l'aprile successivo. In Italia, diffuso ovunque, è di passo ed estivo. La sua alimentazione comprende semi e piccoli insetti di ogni sorta. E' solito frequentare le zone sabbiose e cespugliose, ed in generale le aree squallide ed incolte. Non lo si trova nelle aree fertili e coltivate. Nidifica nelle depressioni del suolo e nei boschi cedui costruendo nidi molto ampi e composti esternamente da muschio, radici e foglie secche, ed internamente da erba secca e radici. La covata, di cui si occupa esclusivamente la femmina, consiste di 4 o 6 uova di colore bianco sporco e striate di bruno-rossiccio. Le minacce a cui è sottoposto sono legate principalmente al degrado dell'habitat in cui vive ed in particolare alla diminuzione, a causa dell'abbandono dell'attività pastorizia, dei pascoli e delle aree aperte in genere, che vengono riconquistate dal bosco. Pettazzurro (Luscinia svecica) La caratteristica principale come dice anche il nome è una macchia azzurra che prende dal sottogola fino al petto, che rappresenta la grande differenza tra esemplari maschi e femmine, quindi dimorfismo sessuale ben evidente. Il ventre ed il fianco sono giallini, quasi avani, dorso ed ali marroni, molto caratteristiche anche le timoniere che sono con le punte nere, mentre le parti superiori laterali sono rosse, e le centrali come il groppone sono marroni. La taglia è di 14 cm, per circa 20 grammi di peso. Lo si trova nell'Emisfero nord, in tutta Europa, Asia, ed Africa, sul continente americano solo nel NordOvest. In Italia è possibile vederlo solo nelle stagioni invernali per svernare, oppure durante le migrazioni verso l'Africa. La sua dieta base è costituita da insetti che riesce a prendere anche in volo, ma non disdegna bacche, e larve. Depone da 4 a 7 uova, che si schiudono dopo due settimane di cova, ed altri 15 giorni ci vogliono per il primo involo dei pulli. Specie presenti in Allegato 2 della Direttiva “Habitat” 92/43/CEE Testuggine Palustre (Emys orbicularis) Unica specie presente in allegato 2 della Direttiva habitat è la testuggine palustre. Frequenta le acque dolci dell'Europa centrale e meridionale, dalla Germania settentrionale fino all'Africa settentrionale, Asia occidentale temperata, Russia meridionale e Turchia. In Italia questa testuggine era un tempo molto diffusa in tutte le regioni, ma negli ultimi anni è divenuta piuttosto rara in gran parte di esse. La testuggine palustre europea. Emys orbicutaris, è un animale che ha prevalentemente un attività diurna anche se durante i mesi più caldi è altrettanto frequente l'attività notturna, soprattutto nei giovani. La testuggine palustre europea vive prevalentemente nelle acque ferme o a lento corso, preferibilmente ricche di vegetazione, dalle quali di rado si allontana. Il periodo di attività della testuggine palustre europea va da marzo ad ottobre, ma in realtà la sua durata è molto variabile: generalmente durante il mese di maggio le testuggini trascorrono la maggior parte della giornata in acqua o sui bordi dei bacini; a giugno, luglio e agosto rimangono, nelle ore più calde sotto la superficie dell'acqua, affiorando solo per respirare. Con il progressivo riscaldamento e l'abbassamento del livello dell'acqua, le testuggini si spostano alla ricerca di nuovi corpi idrici, se non vengono trovate nuove pozze d'acqua Emys va in estivazione, cioè scava una buca in un posto fresco e vi trascorre in quiescenza l'estate. Con l'inizio delle piogge autunnali le testuggini si "risvegliano" dall'estivazione, raggiungono i corpi d'acqua e riprendono così a nutrirsi e recuperano il peso perduto; in questo breve periodo che precede l'arrivo dell'inverno, gli animali accumulano una grossa quantità di grasso che permetterà loro di affrontare il letargo invernale. Presenta un carapace che varia di colorazione fra il nero e il bruno con macchiettatura gialla o giallastra più o meno accentuata che però tende ad attenuarsi con l'età; il piastrone è giallo pallido, brunastro a macchie giallastre dai contorni sbavati o quasi uniformemente bruno scuro. La coda è lunga, sottile e ben sviluppata, e in proporzione alla i lunghezza del carapace è più lunga nei maschi e nei giovani; in questi ultimi può raggiungere e superare la lunghezza del carapace. Le dimensioni di questa specie sono medie o piccole, con una lunghezza del carapace che in Italia non supera quasi mai i 20 cm. Le principali cause del declino delle sue popolazioni sono riconducibili alla scomparsa e al degrado degli habitat naturali da cui essa dipende e, in minor misura, alla diffusione di specie di tartarughe esotiche con le quali sono stati dimostrati fenomeni di competizione. La più diffusa è quella dalle guance rosse: Trachemys scripta, di origine nordamericana. A differenza di Trachemys scripta, Emys orbicularis non ha tempie rosse, ma carapace e pelle decorata da punti gialli. Nel sito è presente con una significatività media.