Il ritorno di fiamma dei Police

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Il ritorno di fiamma dei Police
L’ altra musica
Il ritorno di fiamma dei Police
A San Giuliano l’atteso concerto del gruppo inglese
di John Vignola
S
ono stati il gruppo più influente a cavalAbbiamo avuto la fortuna di non cominlo di due decenni, i settanta e gli ottanciare insieme: arrivavamo tutti da esperienze
ta, che hanno attraversato mettendo a
precedenti. Andy ha suonato con Eric Burconfronto reggae e pop, blues e punk, per ar- Mestre – Parco San Giuliano don, io con diverse formazioni dei settanrivare a qualcosa di unico. Dal 1978 al 1983,
22 giugno, ore 21.30
ta, Sting insegnava (risata un po’ soffocata, ndr).
in cinque soli anni e cinque album (Outlandos
Qualcuno ha avuto, poi, più visibilità, ma cred’Amour, 1978, Regatta de Blanc, 1979, Zenyatta Mondatta, 1980,
do che nessuno di noi si possa lamentare del seguito. Io qui in
Ghost In The Machine, 1981, Synchronicity, 1983) con quasi nessun
Italia mi sto divertendo un mondo con il Taranta Power, ho
cedimento di valore. I Police rappresentano ancora oggi uno
fatto dischi e colonne sonore, ho fatto studiare bene i miei fidei punti fermi della storia della musica popolare, a dispetto
gli. Che volere di più?
della loro breve durata. Per questo la loro, quasi inattesa, reuUna reunion, per esempio.
nion ha visto i fan di tutto il mondo convergere ai concerti, e
A un bel ritorno di fiamma non si dice mai di no. Un paio di
non restare per nulla delusi.
anni fa è uscito un mio film sulla nostra storia: è stato trattato
The Police
Sting, Stewart Copeland e Andy Summers forse oggi si detestano, ma riescono comunque a proporre performance invidiabili. Abbiamo parlato di presente e futuro con il batterista
del trio, un Copeland che mastica un italiano sufficientemente maccaronico e divertente, ma che risponde poi, alle domande più «difficili», direttamente in inglese. La sua disponibilità,
per un attimo, ci ha fatto dimenticare che si tratta di uno degli
strumentisti migliori del mondo («Rolling Stone» lo ha votato al primo posto in un referendum fra lettori e giornalisti del
1985) e che il suono della band britannica deve moltissimo alla sua inventiva a piatti e rullante.
Mr. Copeland, oltre che per denaro, perché si torna insieme, in una rock
band?
Forse per vedere se si è ancora in grado di fare certe cose (risata, ndr). Le dico la verità, se abbiamo tenuto duro per tutti questi anni è perché credevamo molto in quello che avevamo fatto prima, non volevamo rovinare niente. E neppure odiarci fino alla morte. Però rimetterci in corsa, a un certo punto, non
ci ha più creato problemi. Avremmo potuto farlo senza finire
dallo psichiatra e abbiamo detto sì.
Nessun album in vista.
Non credo proprio. Vede, i Police sono un’istantanea di un
momento preciso. Se cambi qualcosa si spacca tutto.
La vostra vita professionale è continuata, non solo quella di Sting.
anche piuttosto bene dalla critica (si chiama Everyone Stares:
The Police Inside Out e si può agevolmente trovare in dvd, ndr). Bene, rivedendo tutti i girati di quel periodo devo dirle che non
facevamo altro che ridere. Almeno per i primi tre anni. È stato pure questo il senso dello stare insieme: ci si divertiva e si faceva ottima musica.
Avevate la coscienza di essere degli innovatori, rispetto al pop
dell’epoca?
Diciamo che l’unica convinzione che avevamo è che bisognava essere d’impatto e poco ossequiosi dei generi. Prenda l’esordio, Outlandos d’Amour: non è reggae, ma c’è il reggae ovunque e Sting canta con una voce in falsetto, stranita,
ma che mutua dal soul. Poi abbiamo usato un po’ di elettronica, la chitarra di Andy ha sempre rifinito i suoni, quasi sottile ma persistente, abbiamo scritto pop-song, ma i testi erano strani…
Insomma, volevate stupire.
Sì. E ci siamo un po’ stupiti anche noi, perché il pubblico ci
ha seguito. Una specie di follia collettiva, non trova?
E oggi, cosa vorreste?
Volando meno alto, che i nostri live non fossero un semplice album dei ricordi, ma ancora qualcosa di emotivo, di forte.
Scuotere l’ascoltatore, anche chi magari non ci ha conosciuto,
all’epoca, e oggi è curioso di vedere che effetto facciamo.
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Heineken Jammin’ Festival edizione 2008
Da Iggy Pop e gli Stooges ai Sex Pistols e Alanis Morissette
di Tommaso Gastaldi
È
inevitabile ricominciare da dove
dei rockettari più piccini. Un comodo e
l’anno scorso era finito tutto, da
attrezzato campeggio permetterà di soquei cinque minuti di terrore, da
stare per l’intera durata della manifestaMestre – Parco San Giuliano
quella tempesta che in pochi attimi ha dizione all’interno del parco e altri due camHeineken Jammin’ Festival
velto otto torrette predisposte per l’amping, uno a Forte Marghera e uno a Forte
20-22 giugno
plificazione e l’illuminazione dell’area
Bazzera, sono stati messi a disposizione
cancellando il lavoro e i sogni di organizzatori e spettatori deldal Comune di Venezia. Ben 25.000mq di parcheggio ubicati
l’Heinekn Jammin’ Festival. Una scena che, se musicata, doin zone comodamente raggiungibili dovrebbero permettere
vrebbe avere come colonna sonora Una notte sul Monte Calvo di
un facile accesso a tutti coloro che arriveranno a Mestre in
Modest Musorgskij in tutta la sua sinistra impetuosità. Qualmacchina e, inoltre, è stato siglato un accordo tra Trenitalia,
cuno ancora parla di mancanza di sicurezza nella progettazioComune e Actv per chi sceglierà l’opzione treno più autobus.
ne delle strutture, ma gli stessi periti incaricati dell’analisi di
Due i palchi: uno secondario dove si esibiranno i gruppi esorquanto accaduto hanno affermato l’assoluta imprevedibilità di
dienti vincitori della selezione Heineken Jammin’ Festival
un tale evento atmosferico. Tant’è che l’edizione 2007 del feContest, e uno principale dove suoneranno tutti gli artisti in
stival non è stata nemmeno contata e sarà conteggiata come
cartellone. Eccolo dunque, in rigoroso ordine di apparizione,
decima quella di quest’anno. Forte di questa esperienza Milatutto il cast di artisti che intratterrà il pubblico pagante delno Concerti, promoter dell’evento, ha deciso di aggiustare all’Heineken Jammin’ Festival edizione 2008. Come da tradicuni aspetti logico-organizzativi: non più quattro giornate,
zione la prima giornata è dedicata agli amanti del rock più heabensì tre dal 20 al 22 giugno. I biglietti in vendita per ogni sinvy con un esplicito omaggio all’epopea del punk: addominali
gola giornata saranno meno rispetto all’anno precedente, questo per evitare l’eccessivo affollamento del parco soprattutto sabato 21 garantendo così maggiore sicurezza agli spettatori e meno problemi di congestione di traffico alla città. All’interno della vasta area del Parco
San Giuliano saranno come di
consueto allestite delle aree tematiche per allietare gli spettatori tra un’esibizione e l’altra: la più grande, chiamata «Heineken
Zone» sarà una
zona relax dove si
potrà principalmente mangiare
e bere comodamente sdraiati
sul prato. Nell’altra zona, lo
Linkin Park
«Sport Village», chi ne avrà
la forza potrà
usufruire di
ben in vista e pantaloni aderenti d’ordinanza, Iggy Pop, dall’alaree attrezzate
to dei suoi sessant’anni, è ancora un animale da palcoscenico.
per varie attiviÈ il compositore di quella Lust for Life che tanto ha contribuito
tà ginniche. Le
al successo del film Trainspotting e, assieme agli Stooges che lo
novità sono
accompagneranno sul palco, è stato tra i padri fondatori della
rappresentate
scena punk americana imbottita di droga, alcool, esibizioni
da un’area gestidal vivo al limite dell’estremo e una sana dose di nichilismo auta da R ad io
todistruttivo. Dall’America si passa a Torino, da dove provenDeejay, e da una
gono i Linea77: hanno da pochi mesi pubblicato il loro nuovo
« K i d ’s P l a y
lavoro Horror Vacui e hanno un discreto seguito di fan. Sarà siGround» dedicata
curamente un interessante live set. Degni sostituti dei Pearl
al divertimento
Jam (che a giugno saranno in tour negli Stati Uniti), e dell’an-
50
Igg y Pop
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nunciato Chris Cornell, anche i Queen of the Stone Age provengono dalla scena musicale di Seattle: nati dallo scioglimento dei Kyuss, sono stati i maggiori esponenti del cosiddetto stoner rock, genere che deriva dall’hard rock ma caratterizzato da
ritmi molto più lenti e sonorità psichedeliche. In realtà il loro
stile ha subito diverse evoluzioni nel corso degli anni, anche
per i continui cambi di formazione che si sono susseguiti negli
anni. L’album della consacrazione è Songs for the Deaf, registrato
Queen of the Stone Age
con Dave Grohl ex batterista dei Nirvana e leader dei Foo Fighters, mentre il loro ultimo cd, Era Vulgaris, è uscito nel 2007.
Unici superstiti stranieri alla tromba d’aria del 2007 i Linkin
Park anticiperanno (anche se c’è chi afferma che suoneranno
contemporaneamente su palchi differenti) il set dei Sex Pistols. L’unica punk rock band inglese, come venivano definiti,
ha rappresentato senza dubbio un momento di rottura culturale e di ispirazione negli anni successivi, benché l’elemento di
novità fosse rappresentato dal loro atteggiamento più che da
una reale capacità di innovazione musicale. Il 21 giugno sarà
un sabato italiano: apriranno le danze i giovani torinesi No
Conventional Sound, seguiti dai Matmata, giovane rock band
proveniente da Brescia, e dalle Mab. Si tratta di un gruppo di
quattro ragazze nate in Sardegna ma londinesi d’adozione (dove hanno ottenuto un discreto successo), scoperte e lanciate in
Italia da Franco Battiato che le ha portate con sé in tour – erano presenti al concerto in Piazza San Marco lo scorso anno –
e registrato con loro alcuni brani dei suoi ultimi album. Penultimi artisti in scaletta, i Marlene Kuntz avranno l’arduo compito di tenere a bada gli ottantamila spettatori previsti per il
concerto di Vasco Rossi. Potremmo dire che non c’è Heineken
Jammin’ Festival se non c’è lui, visto che è stato presente sin
dalla prima edizione. A Vasco si devono tutti i record di questa manifestazione, dal maggior numero di presenze (120.000
nella prima edizione) al maggior numero di biglietti rimborsati dopo la disavventura dello scorso anno. Un suo
concerto non è solo una rappresentazione dal vivo di
canzoni vecchie e nuove, ma ha qualcosa di più profondo: il pubblico segue e canta devoto, quasi come fosse
a una funzione religiosa. Da qualche settimana Vasco
ha pubblicato un nuovo album, Il Mondo che Vorrei, che
ha subito raggiunto la prima posizione nella classifica
di vendite di dischi, risultando essere una sorta di miracolo economico in un periodo in cui la vendita di cd
è ormai ridottissima. La serata conclusiva si presenta
con un ricco calendario di ospiti internazionali e non. Gli
statunitensi Counting Crows hanno raggiunto il successo
Alanis Morissette
negli anni novanta (il loro disco di maggior successo è August
and Everything After del 1993) con un genere che si richiamava
al rock della tradizione Usa contrapponendosi in un qualche
misura al più rumoroso grunge. Gli Stereophonics invece arrivano dal Galles, e suonano un britpop efficace, che ha dato
loro la popolarità grazie ad alcuni singoli di successo come
«Have a Nice Day», che da noi divenne un tormentone estivo
dopo esser stata usata in uno spot pubblicitario per una compagnia telefonica, o «Maybe
Tomorrow». Seguono i Baustelle, ultima vera sorpresa del
mercato discografico italiano:
guidati dal talentuoso Francesco Bianconi, con quella loro
aria tra il dandy e il new wave
sono riusciti a creare un sound
originale che accompagna testi ironici e diretti, a partire
dalla Malavita del 2001 fino all’ultimo disco intitolato Amen.
Flavors Of Entanglement è il titolo
del suo nuovo album, in pubblicazione a giugno: è un gradito ritorno quello di Alanis
Morissette che affronta una
nuova evoluzione del suo stile
musicale abbandonando parte del sound acustico per abbracciare elementi più elettronici. La si ricorda soprattutto per il
clamoroso successo di Jagged Little Pill del 1995 seguito negli
anni da lavori che però non sono mai riusciti a bissarne l’exploit
di vendite. Nel 1999 all’interno del suo Unplugged Album ha registrato «King of Pain» cover dei Police (cfr. p. 49), gruppo
molto atteso che chiuderà il festival.
Dopo il concerto dell’ottobre scorso a Torino, questa dovrebbe essere l’ultima occasione per poterli vedere dal vivo, dal momento che, terminato il tour
della reunion
reunion, Sting, Steward
Copeland e Andy Summers torneranno ognuno
per la propria strada. Per
un amante del rock solo
questo dovrebbe valere i
48 euro del biglietto
giornaliero.
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Carlos Santana: «black magic guitar»
A Verona lo stile torrido e torrentizio del chitarrista messicano
di Andrea Dusio
È
davvero arduo compendiare i quattro
il lungo strumentale «Soul Sacrifice» fece credecenni abbondanti di carriera di Carscere esponenzialmente la fama della band. E
los Santana. La maniera più efficace di
infatti Abraxas, album del 1970, vendette più
Verona – Arena
30 giugno, ore 20.30
farlo è, semplicemente, andare a vedere uno dei
di quattro milioni di copie. Un risultato non
suoi infuocati live, a partire da quello che avrà
casuale, per quello che può essere ancor oggi
come scenario l’Arena di Verona, il 30 giugno prossimo.
considerato alla stregua di una delle opere più influenti e affasciAnzituttoqualchecifra:80milioniepiùdidischivendutiequalnanti di tutta la storia del rock. Chi ascolta gruppi come i Mars
cosacome50albumufficiali,Santanapuòessereconsideratouno
Volta oggi non potrà che riconoscere in quei solchi vetusti le radidei più longevi, prolifici e, perché no, redditizi brand del mercato
ci delle commistioni più azzardate praticate dal rock contempomusicalecontemporaneo.Intalsenso,ancoraogginontemeconraneo. Con grandissima capacità sincretica, Santana infatti diede
fronti. La sua peculiarità è riuscire a vendere bene «formati» che
luogo a una forma di musica «aperta», che tendeva a rendere acapparentemente poco hanno a che fare col suo stile chitarristico
cessibili le intuizioni cavalcate in quegli stessi anni in maniera più
torrido e torrentizio: singoli, anche marcatamente pop, e persino
radicale da Miles Davis e dalla Mahavisnu Orchestra. Fu proprio
video.Chiunqueentriinunpub,sachenelgirodiunamezz’orasiJohn Mc Laughlin nel 1972 ad avvicinare Santana alla meditaziocuramenteglicapiteràdivedereunaclipdiSantanaosentirelasua
ne e al misticismo, presentandolo al guru Sri Chinoy. I due collaultima hit in heavy rotation sui network radiofonici.
borarono poi all’album Love, Devotion, Surrender, in margine al quaL’aspetto più avvincente della carriera dell’axeman messicano è
le Santana, dopo aver di fatto rifondato la sua band, con una line
però la capacità di sintetizzare linguaggi diversi in un blend sonoup modificata radicalmente, s’impegnò nel tour giapponese da
ro nuovo, in cui la salsa si mescola al rock classico, il jazz di fusiocui scaturì Lotus, disco dal vivo assolutamente imperdibile, vero
ne con la logica ineffabile delle scale pentatoniche. Nato da una
monumento della cultura degli anni settanta. L’acme della carriefamiglia di musicisti nel 1966, venne avviato dal padre, un violira di Santana arrivò di lì a poco, con Welcome, forse il suo lavoro più
nista mariachi, allo studio dello strumento sin dalmarcatamente jazz, eppure straordinariamente godibile e ancola prima infanzia. Quando si trasferì coi suoi
ra oggi freschissimo e ricco di spunti.
a Tijuana, si avvicinò invece alla chitarra.
Possiamo dire che da quel momento in poi iniziò un lungo ma
Da autodidatta, rimase subito affasciinesorabile declino, coinciso peraltro con un sempre più stranato da B.B. King e John Lee Hooker,
ripante successo commerciale, grache poteva ascoltare sulle stazioni radio
zie a uno stile in cui divennero centexane che giungevano oltre il confine.
trali funk e salsa, come in Amigos del
IlgiovaneCarlosemigròdunqueinCali1976, poi replicato sempre più stanfornia, diplomandosi alla Mission High
camente nel decennio successivo.
School nel 1965, e intanto mantenenIl rilancio coincise, inaspettatadosi lavorando come lavapiatti. La pasmente, con una vera e propria svolsione per il blues di Muddy Waters e Paul
ta pop, sposata nel 1999 con SupernatuButterflield lo convinse a mettere in piedi il
ral.. La collaborazione con artisti delle
ral
primo gruppo, nel 1966. Nella line up spiccaultime leve, quali Lauryn Hill, Wyclef
va Gregg Rolie, voce e organo, che condiviJean, Manà, Eagle-Eye Cherry, riporse poi con Santana tutti i suoi primi succestarono in cima Santana. Il singolo
si. La leggenda vuole che i due inizialmen«Smooth», cantato da Rob Thote non fossero minimamente interessati
mas celebrò il successo crescente
alla riscoperta della musica latina e al suo
del barrio-lifestyle, anche grazie
innesto nella scabra grammatica del rock
a un video di grande impatto.
blues. All’interno delle frequenti open sesSiamo giunti ai giorni nostri,
sion che la Santana Blues Band teneva
con la pubblicazione di Ultial San Francisco’s Aquatic Park, alcumate Santana, a cui ha collaboni suonatori di conga si sarebbero
rato anche la pop-star Shakeuniti al gruppo. Le potenzialità di
ra,echehariportatoancorauna
questo suono divennero chiare
volta Santana in vetta alle hit. Chi
allorché sempre più frequenandrà a sentirlo dal vivo cerchi petemente le ragazze, inverò la sua magia non tanto nelle canzoni di
ce che limitarsi ad ascoltare
facile presa, quanto nelle lunghe, meditate
la band, iniziarono a ballare
pause strumentali, nelle divagazioni onsensualmente al ritmo delle
divaghe e negli assoli spiazzanti che Carpercussioni.
los tuttora si concede, da quel musicista
Larivelazionealmondodelvereccezionalmente generoso che è rimabo di Santana coincise però con la
sto. In attesa che nell’aria si levino le nosua esibizione a Woodstock, dove
te di «Oye como va»…
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Carlos Santana
L’ altra musica
«I milanesi ammazzano il sabato»
un nuovo lavoro per gli Afterhours
Il gruppo di Manuel Agnelli riparte in tour
A
tre anni di distanza dal celebre Ballate per piccole iene, è uscito il 2 maggio I milanesi ammazzano il sabato, nuovo lavoro in studio degli Afterhours, una fra
le band più importanti e influenti del rock alternativo italiano e non solo.
Lo scorso aprile l’album è stato preceduto da un’altra uscita, in esclusiva assoluta con «XL – la Repubblica»: si tratta
delle Sessioni Ricreative, un disco prima del disco, un progetto al di fuori dei tradizionali canoni e schemi. Lungi dal-
rhours è una strada segnata dall’innovazione costante.
E conferma ne è I milanesi ammazzano il sabato. Il nome dell’album è una manipolazione voluta del titolo del romanzo
del 1969 di Giorgio Scerbanesco (I milanesi ammazzano al sabato), padre del noir degli anni sessanta, un gioco di parole atto a scatenare doppi sensi e a spingere verso molteplici chiavi di lettura.
Si tratta del primo lavoro della storica formazione milanese per la Universal, un disco che si presenta come un
prodotto diverso da quelli
precedenti. L’impronta sonora tipica del gruppo rimane riconoscibile e inconfondibile, ma a essa si mescolano sonorità nuove e
inusuali come i fiati e le voci usate come veri e propri
strumenti. Ne risulta un album davvero originale, avventuroso e schizofrenico,
da cui emerge nitida la voglia di sperimentare. I brani si caratterizzano per stili e atmosfere molto diverse
fra loro, con molte sorprese e sperimentazioni e qualche tratto cupo: è il caso dei
«Milanesi ammazzano il sabato» e di «È solo febbre»,
brano di lancio del disco, il
cui video è stato girato da
Graziano Staino.
Per realizzare la nuova
creatura, Manuel Agnelli
e compagni si sono avvalsi
della collaborazione di arAfterhours
tisti del calibro di John Parish – in passato già alla corte di PJ Harvey, che appare
l’essere una mera anticipazione del nuovo album, il progetcome musicista e coproduttore in alcuni brani – di Stef Kato contiene sei brani che sono piuttosto una provocazione,
mil Carlens (dEus, Zita Swoon), Greg Dulli (Twilight Sinun’azione folle di recupero e d’amore per la musica. Ecco
gers, Gutter Twins), Cesare Malfatti (La Crus, Amour Fou)
perché, se a orecchie attente possono essere utili anche per
e Brian Ritchie (Violent Femmes).
capire i percorsi che hanno portato alle versioni definitive
Gli Afterhours stanno promuovendo il nuovo disco dal
dei brani contenuti nei Milanesi ammazzano il sabato, le Sessiovivo per mezzo di un tour che, organizzato da Indipendenni Ricreative hanno un vero e proprio valore a sé stante, che
te Eventi e Produzioni e iniziato l’1 maggio con l’esclusiva
va a svelare il percorso e l’evoluzione del lavoro del gruppo
partecipazione al Concerto in Piazza San Giovanni Lateradi Manuel Agnelli.
no a Roma, vede la band calcare numerosi palchi lungo lo
Dai primi album in inglese fino a Germi, passando per
Stivale: preso il via ufficiale il 2 maggio all’Estragon di BoHai paura del buio?, per le irriverenze dei chiaroscuri di Non
logna, si concluderà il 23 dello stesso mese al Palasharp di
è per sempre, per la dicotomia elettro-acustica di Siam tre piccoMilano dopo aver toccato Rimini, Roma, Napoli, Bari, Fili porcellin fino all’affascinante e cupo Quelrenze e Pordenone. Il tour proseguirà poi
lo che non c’è e Ballate per piccole iene, lavoro che
nell’arco di tutta l’estate, con alcune puntaha sfidato il mercato estero in una notevote anche all’estero. Per non perdere le buoPordenone – Palasport
le versione inglese, il percorso degli Afte17 maggio, ore 21.00
ne abitudini. (i.p.)
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Richard Youngs,
«sperimentatore poliedrico»
Al Fondamenta Nuove l’eterea poetica
del giovane artista inglese
N
di Guido Michelone
ato trentadue anni fa ad Harpenca di raffinata evocazione; paiono insomden (Inghilterra), ma attivo a Glama gli schizzi di un folk astratto e pittoriVenezia
slow (Scozia), Richard Youngs è
co, dove le sottili architetture melodiche si
Teatro Fondamenta Nuove
un musicista con la M maiuscola, purtrop8 maggio, ore 21.00
combinano a frequenti ventate di feedback e
po ancora poco noto nel nostro Paese nocitazioni. Del resto Youngs, da sempre, nanostante inizi la propria carriera, anche discograficamente,
viga dentro un macrocosmo inquietante, passando dai sogni
già nei primissimi anni ottanta. Il debutto italiano arriva ora
agli incubi, con un’esistenza artistica giocata magistralmente
a Venezia e il concerto sarà il varo nazionale per un artista
sul filo dei nervi. E tutto questo dipende dai vari contraltari
stimatissimo dalla critica anglosassone: Youngs, cantante,
sonori: da un lato accentua le suggestioni tradizionaliste, con
il retaggio scozzese e britannico, con
il fingerpicking chitarristico all’americana (John Fahey e Leo Kottke), con
gli ululati del theremin (strumento di
modernariato che anticipa il moog già
negli anni venti); dall’altro invece rivela un progetto ambizioso di ricerca
estrema, che guarda a una psichedelia aggiornata agli stilemi della techno,
dell’ambient, dell’onda electro.
Il recital veneziano verterà soprattutto su Autumn Response (2007), l’ultimo cd, uscito qualche mese fa,
proprio come responso autunnale:
Youngs, nei nuovi brani, sembra appartarsi nelle stanze dell’anima, vis-àvis con se medesimo, per offrire ancora una volta un neo-folk spartano
e autarchico, con tanto di derive prog
rock che arrivano pure a contagiarne
la vocalità. Insomma Autumn Response e Richard Youngs sono rispettivamente disco e personaggio che comunque riflettono appieno la nostra
epoca, quando il tempo pare trascolorare in qualcosa di inafferrabile.
Venezia, in conclusione, ospita un
Richard Youngs,
musicista di straripante inventiva e di
profondo eclettismo, che non si limita a padroneggiare superbamente la
chitarrista, compositore, sette album solisti alle spalle, pochitarra ma suona tanti altri strumenti; che non si trattietrebbe definirsi «sperimentatore poliedrico», visto che già
ne dall’usare il canto in maniera immaginifica; che non si
dagli esordi si dedica a esplorare i territori del folk in maniera
esime dal mixare un acoustic style quasi bucolico (erede delsobria e spettrale, fin quasi a raggiungere i picchi di un’autenla lezione del povero Nick Drake) a un folk-rock grintoso
tica estasi sonora che, a sua volta, incarna quasi un’arte tra(Richard Thompson), dal pop-rock dei Seventies tra Canscendente. Dodici anni fa, con il disco Festival, Youngs conterbury School (Robert Wyatt) e kosmike muzik (i Tangerine
clude il periodo forse maggiormente avanguardista nell’amDreams) alle deflagrazioni industrial (Ministry e Nine Inch
bito di un noise-folk in bassa fedeltà, mentre con i successivi alNails’) e al minimalismo colto (Steve Reich e Terry Riley).
bum Sapphie (1998) e May (2002), sembra addolcire la musica
Youngs ovvero una poetica in prima battuta semplice e acfino a sottolineare le componenti meditative del suono, con
cessibile, ma che alla fine conduce nei luoghi privati dell’anila conseguente riduzione degli aspetti ruvidi e cacofonici.
mo umano con la sensazione di uno spazio lasciato aperto,
Il passo seguente, Airs Of The Ear (2003), è un altro bel laquasi un fantastico non-luogo in cui la musica si espande,
voro, ancora diverso, in cui Youngs si presenta in completa
dolcemente lisergica, cristallina, eterea, verso anfratti remosolitudine: solo cinque tracce per voce, chitarra ed elettroniti del corpo e della psiche.
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L’ altra musica
Oreste López Espinoza
un cubano a Venezia
I
n linea d’aria tra Cuba e Venezia ci sono più di 8500
chilometri, eppure sarà perché anche lì ci sono le calli oppure per quello spirito che accomuna tutte le isole, ma sembra che lui qui ci sia sempre vissuto. È arrivato
a Venezia pochi anni fa per seguire l’amore, tanto che qui
si è sposato fermandosi dopo anni fatti di un lungo peregrinare in giro per il mondo. Quando lo si incontra, è difficile non restare piacevolmente colpiti da quello sguardo,
da quel suo modo di porsi così aperto e tipicamente latino e da quel suo unico modo di comunicare in una lingua
che mescola lo spagnolo al venexian.
Oreste López Espinoza è un musicista di origini cubane, nato all’Avana nel 1959: immerso sin da piccolo nell’ambiente delle sette note, visto che anche i suoi genitori erano
musicisti, abbraccia da subito la chitarra con la quale ottiene il diploma. Dopo varie esperienze comincia il suo viaggio attorno al mondo, come chitarrista al seguito dell’orchestra di Richard Egues, flautista e compositore della famosa «El
Bodeguero» portata al successo da
Nat King Cole e ripresa pochi anni
fa da Rubén Gonzáles. Il ritorno in
patria è fatto soprattutto di attività
musicali nei grandi hotel dell’Avana, tra cui l’Hotel Nacional caro a
personaggi come Frank Sinatra,
Renato Caruso o Ernest Hemingway. Nel 1998 arriva in Italia per
una tournée dopo la quale però non
prenderà l’aereo di ritorno: si sposta a Firenze dove fonda il gruppo
Guarararé. La sua carriera lo porta
poi a Lipari dove è ancora «un piaOreste López Espinoza
nista di piano bar / e suonerà finché
lo vuoi sentire / non ti deluderà»,
per dirla con le parole di Francesco
De Gregori. Arrivato a Venezia oltre che una moglie trova anche molti amici, tra cui Stefano Cimarosti, un ristoratore che assieme a lui produce il suo primo disco da solista: Mi Corazon y yo. Diciamo subito che produrre un disco è un lavoro tanto coraggioso quanto dispendioso sia
in termini di denaro che di tempo, ancor di più quando,
come nel caso della musica latina, bisognerebbe avere alle spalle decine di musicisti e ore e ore di studio di registrazione a disposizione. Qui non ci saranno Ry Cooder,
né Wim Wenders ma la sostanza c’è e si ritrova soprattutto nei brani che riportano la firma di Oreste López Espinoza: Rico Son è, appunto, un son, ovvero la forma più tipica della canzone cubana, la più lampante espressione di
fusione di elementi spagnoli (il tres e la chitarra) e africani
di Tommaso Gastaldi
(tutta la parte ritmica). La canzone che dà titolo all’album
è un mambo intimista con la clave che batte i 2/3. A farla
da padrone è, come si deve a un disco di musica latina, il
richiamo all’amore e al romanticismo, come in «No quiero perder su amor tambien», pezzo di José Feliciano, o ancora nel bolero «Ya lo sé que tu te vas». «Mediterraneo» è
un celebre brano di Joan Manuel Serrat, che nella versione italiana era stato registrato da Gino Paoli, che riassume
in pochi versi il senso di appartenenza al Mare Nostrum, in
fondo un omaggio alle terre che l’hanno accolto. Le ulti-
me tracce del disco sono tre interessanti omaggi alla musica italiana: «E io tra di voi» è un delicato 3/4 colmo di
amorosa tristezza tipica di molti lavori del suo compositore, Charles Aznavour, mentre «L’amore è come è un giorno» è una ballata romantica composta da Tenco e portata al successo da Ornella Vanoni. Il disco è chiuso da una
canzone di Roberto Carlos, «Testardo io». Stefano, il produttore, ci assicura che nel prossimo disco ci saranno più
mezzi e musicisti a disposizione così che potremmo godere più intensamente della musica di Oreste; nel frattempo ci accontentiamo di questo ottimo inizio.
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