mastro busca 3col - Chiara Meattelli
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mastro busca 3col - Chiara Meattelli
M entre attraverso il Battersea bridge in vespa per andare a intervistare Knopfler a Chelsea - il quartiere in cui vive - sono colta da pensieri insoliti. Leggere Freud la sera prima di dormire spesso non aiuta ma, a volte, la sua tecnica della libera associazione serve a svelare opinioni nascoste nell’inconscio. Cosa penso realmente di Knopfler? Proviamo: una Fender Stratocaster rossa, un bel sound pulito e di qualità, Dire Straits, “Money for Nothing”, l’iconica copertina di “Money for Nothing”, gli anni ’80, Disco Ring “Sultans of Swing”, una collana da tamarro, un polsino di spugna, due occhioni celesti, la copertina di “Brothers in Arms”, testi e parole, arpeggi, una Gibson Les Paul, una voce ruvida, un bandana... Riavvolgo il nastro cerebrale e mi soffermo su “un sound pulito e di qualità”. Mi rendo conto che nonostante l’identità di Knopfler sarà per sempre legata a quella dei Dire Straits, lui è, prima di tutto, sinonimo di un suono unico di chitarra. Molti degli artisti che hanno un passato così importante, quando arrivano a 60 anni non fanno altro che propinare dal vivo i vecchi successi, ma non Mark Knopfler. Lui e la sua chitarra, pare non soffrano alcuna crisi creativa e oggi, con il sesto lavoro da solista, “Get Lucky”, sembra affinarsi sempre più nella composizione dei testi. Canta di suonatori di cornamusa scozzesi, di camionisti, liutai, di lavori manovali, e lo fa con la grazia di chi conosce bene e rispetta quel mondo. Il suono, come si dice da queste parti, è “more of the same”, ovvero la solita minestra riscaldata di sempre. Ma quando la minestra è buona, in un mondo popolato da musica-fast food usa e getta, come si fa a non ap- prezzare? Arrivo all’appuntamento, Mark Knopfler mi stringe la mano con gentilezza e per i primi 10 minuti d’intervista ha lo sguardo di chi pensa completamente agli affari suoi. Un po’ come la sera prima, quando, davanti a 300 fortunati - 200 fans e 100 giornalisti - suonava nell’intimo teatro della Bush Hall senza quasi rivolgere parola al pubblico. Poi scende nel pianeta terra e con l’entusiasmo di un ragazzino, mi parla di quanto ama lavorare nel proprio studio di registrazione - alias British Grove - dello stupore nello scoprire l’importanza dei blog musicali e perché arrangiare una canzone è un po’ come scegliere la scuola per un figlio… Bel concerto ieri sera: sei abituato alle grandi arene, che effetto ti ha fatto suonare per pochi intimi? E’ stato divertente! Già, hai ragione, non capita spesso… A giugno farò sei serate consecutive alla Royal Albert Hall, sarà emozionante. E a luglio ti aspettano in Italia. Ieri, però, hai suonato solo 3 canzoni del nuovo album, come mai? Dobbiamo ancora provarle con la band. Mi diverte molto suonare “Get Lucky”, la canzone, ma stamattina pensavo che avremmo potuto fare anche “You Can’t Beat the House”… Ho notato che non avevi scalette sul palco, decidi all’ultimo momento? Sì, e poi abbiamo un bel repertorio da cui scegliere. Ieri non mi andava nemmeno di fare nulla dei Dire Straits. Tranne Brothers in Arms: è stata strepitosa… Già, ho fatto solo quella, non so perché. Anche Monteleone dal vivo è splendida, di cosa parla? Prende il nome da John Monteleone, il liutaio di New York. Così come in Italia avete la tradizione di liutai a Cremona, per Monteleone è la stessa storia: il giovane apprendista impara dal vecchio e s’influenzano a vicenda. Il padre di John Monteleone era anche un designer, progettava edifici, finestre e altre strutture a New York e così John è cresciuto in un ambiente artistico di manifattura. Prima ha iniziato costruendo mandolini e ora fa chitarre archtop. Sai quelle chitarre jazz che sembrano violini, per orchestra, meravigliose. Voleva farne una anche per me ma io gli ho detto di no, sarebbe stata troppo bella per me! Scusa, hai detto “troppo bella” per te?! Bè… Comunque alla fine mi ha convinto e me ne ha fatta una su misura, come dicevo io, semplice no archtop. E così abbiamo cominciato a scambiarci email, per capire come andava la lavorazione e per dargli direttive, ecc. Nel testo della canzone ho citato diverse sue frasi tratte da questa nostra corrispondenza. In “Get Lucky”, come nei precedenti lavori solisti, esplori sonorità celtiche: da dove viene l’amore per la musica tradizionale irlandese? Forse è perché sono nato a Glasgow, ho vissuto a Newcastle Upon Tyne, insomma a nord e sono abituato a sentire musica scozzese da sempre, è naturale per me. Ti ha influenzato qualche artista in particolare? Da piccolo ascoltavo molta musica country-dance scozzese, forse Jimmy Shand. testo e foto di Chiara Meattelli 42 | BUSCA MARK KNOPFLER BUSCA | 43 Riesci ad infilare un’intera orchestra in studio? Esatto, è un posto meraviglioso! Sai, ora tutti i grandi studi di registrazione del passato stanno chiudendo, sono rimasti solo 3-4 di grandi e il mio è uno di questi. Sai, costa mantenerli, ci vorrebbe un sostegno finanziario, come una volta, quando si incentivava l’arte… Amo il mio studio vorrei lavorarci sempre ma non posso mica sfornare album in continuazione e così mi diverto anche quando viene qualche altro artista a registrare. Hai anche un home studio? No, non registro nulla quando suono la chitarra a casa e così mi dimentico un sacco di buone idee… stupido non credi? Credo che per poterlo fare bisogna essere molto prolifici! Che mi dici della confezione Deluxe di “Get Lucky”: 2 cd, 2 lp, 2 dvd, persino diversi gadget come i dadi per giocare alla roulette, le fiches… Cazzate! Però mi piace tenere in tasca le fiches del casino, portano fortuna, you get lucky! Quei cofanetti sono decisi dalla casa discografica: vogliono vendere il più possibile. Comunque quest’album sta andando molto bene è nella top 5 di ogni paese in Europa e top 20 in USA. Lo dici quasi con aria stupita… Bé lo sono, non ricordo altri album che hanno avuto tanto successo ultimamente: è una gran cosa. Ora la musica va avanti con il passaparola, con i blog… tu li leggi i blog? Li scrivo pure, ne ho due: sono quasi una grafomane. Music blog? (intervista nell’intervista, i ruoli si scambiano e mi fa il terzo grado su come si chiamano i miei blog, come scelgo gli argomenti, in che lingua scrivo etc., ndr) Prima mi ha intervistato un giornalista dell’Irish Times, lui mi ha detto che ha una lista di blog e che per scoprire nuova musica legge solo quelli. Hai fatto un bel percorso in questi anni, dai Dire Straits alla carriera solista… Le cose a volte vanno in cerchio e poi tornano indietro; col tempo si diventa migliori a fare album ma, alla fine, nulla è cambiato per me, ho sempre e solo scritto canzoni, sono un cantautore. Oltre la chitarra, in tutti questi anni, non ti è mai capitato di scrivere un pezzo al piano? Onestamente no. Amo la chitarra ma la considero solo un mezzo per scrivere canzoni. Come decidi gli arrangiamenti per un pezzo? Ho due modi di lavorare: o suono in presa diretta con la band, o da solo così che imparo a conoscere meglio le canzoni. 44 | BUSCA Quando voglio usare strumentazioni celtiche, dunque suono con John Mc Cusker, Phil Cunningham, Michael McGoldrick, registriamo sempre tutti allo stesso tempo. Una volta eri un giornalista anche tu, non hai mai pensato di scrivere qualcosa di diverso da una canzone? Non penso di avere l’abilità di scrivere un romanzo o prosa, come fate voi. Come decidi quale metodo utilizzare? Dipende dalla canzone, è come scegliere la scuola migliore per un figlio. Devi trattare le canzoni come fossero persone: ciascuno è diverso, ci sono figli differenti anche all’interno di una stessa famiglia. Devi capire cosa sia meglio per la canzone e metterti al suo servizio. Per me è un processo divertente, anche perché lo studio dove lavoro è il mio: è tutto molto flessibile, posso provare, cambiare, arrangiare, chiamare 40 membri per la sezione d’archi… Nick Cave ha appena pubblicato un nuovo libro, lui dice che è molto più semplice scrivere un romanzo che una canzone, perché non si sente limitato da nessuno spazio o metrica. Bè, dipende, se è una buona canzone e dipende se è un buon romanzo. Tra l’altro Nick Cave è venuto a registrare il suo ultimo album nel mio studio. Che dire… Penso sia difficile scrivere sia un bel romanzo che una bella canzone. Io ci provo costantemente.