Sergio Quinzio e Sandro Maggiolini
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Sergio Quinzio e Sandro Maggiolini
Sergio Quinzio è uno dei miei Pensatori Cristiani preferiti, e ho preso molto dal suo Pensiero. In effetti credo che, tra tutti i Pensatori Cristiani che ho letto finora, Quinzio sia il più disperato e il più oscuro. Credo che in Italia sia anche l'unico ad aver parlato della Kenosis di Dio (ovvero "lo svuotamento" della Divinità, la Morte in Croce), insieme a Pareyson e a Caracciolo (che ne parlano in misura minore e non con i toni cupi e disperati di Quinzio). Di Quinzio riporterò le frasi che più mi hanno influenzato, e che ho preso da "La sconfitta di Dio" (1992) e "La Croce e il Nulla", che sono stati pubblicati per Adelphi. 1 "La sconfitta di Dio" Il nostro sacrificio infonderà vita, risusciterà Dio. Dio che si è offerto a noi, che aspetta da noi la salvezza, è un Dio che dovremmo perfettamente amare, ma ci ha reso troppo stanchi, delusi, infelici, per poterlo fare. (pagina 104) Secondo Jonas, se Dio è buono e comprensibile (nel senso in cui ne parla la Bibbia) allora non può essere onnipotente; e se è onnipotente e buono insieme, non è comprensibile (soprattutto non è comprensibile dopo Auschwitz) [nota di Lunaria: questa stessa cosa, ovvero come è possibile, se è ancora possibile, credere in Dio, e soprattutto nella sua "bontà", dopo Auschwitz, se la chiedono anche i Pensatori Ebraici come Wiesel e Lèvinas, dei quali riporterò alcune frasi nei prossimi scritti]. Dio è buono solo se non è onnipotente, unicamente a questa condizione possiamo affermare, nonostante l'esistenza del male nel mondo, che Dio è comprensibile e buono. (nota di Lunaria: riporto qui le frasi di Pareyson, che così "giustifica Dio" e la sua onnipotenza: "Dio contiene dunque in sé, come possibilità ab aeterno, vinte e superate, il Nulla e il Male. Per cogliere questo punto essenziale, si cerchi di pensare e tener 2 fermo un unico atto originario, in cui l'irruzione di Dio nell'Essere (l'esistenza di Dio) il suo affermarsi come Positività (la sua scelta del Bene), il suo rifiuto dell'altra alternativa (l'eliminazione del Male), il suo superamento del Negativo (la sua vittoria sul Nulla) si identificano e sono tutt'uno, un unico e medesimo atto", "Egli è Libertà, e la Libertà è di per sé ambigua, nel senso che può esser Libertà positiva o Libertà negativa, e quel dilemma fra Bene e Male, Essere e Nulla, non fa che esprimere tale ambiguità.","Si ravvisa la suprema dialettica divina nel fatto che Dio è sempre insieme Positività e Negatività, Affermazione e Negazione, cioè collera e grazia, Ira e Misericordia inseparabilmente.","Il Male in Dio è soltanto la possibilità del Male, la quale può essere tradotta in realtà solo per opera dell'uomo, al momento della sua Caduta.", "L'aspetto angosciante consiste nel fatto che questa presenza del Male in Dio è già quasi l'annuncio della Catastrofe, cioè della Caduta dell'uomo, con la quale il Male sarà realizzato.") Se nessuna onnipotenza si è mai data, se Dio non è mai stato e mai sarà onnipotente, sembra disfarsi il senso stesso del Dio unico: qualcosa o qualcuno, allora, lo limitava o lo limita fin dall'origine, e forse a questo qualcosa o qualcuno dovremmo allora attribuire il nome di Dio. (pagina 44) Schelling, l'ultimo Schelling, che soccombette al trionfo hegeliano, ma al quale non mancarono e non mancano 3 seguaci, pensava che l'onnipotenza implica anche la possibilità della rinuncia all'onnipotenza. Se infatti diciamo che Dio c'è, diciamo che le cose sono in ultima analisi come lui le ha volute e decise, e cioè che sono come sono perchè devono essere tali; se diciamo che non c'è nessun Dio, diciamo pressapoco la stessa cosa: non c'è nessun altro modo in cui le cose debbano o possano essere, le cose, insomma, sono così come devono essere.(pagina 95) [Nota di Lunaria: Sartre, a questo proposito, in "L'Esistenzialismo è un Umanismo", scritto nel 1946, afferma: "L'Esistenzialismo non vuole essere ateo in modo tale nel dimostrare che Dio non esiste; ma preferisce affermare: anche se Dio esistesse, ciò non cambierebbe nulla"] "La Croce e il Nulla" (parlando di Simone Weil) "Come Dio si è ritratto, ha abdicato per amore della creatura, così l'uomo, a sua imitazione, deve negare se stesso e ritornare in Dio. Al sacrificio di Dio deve corrispondere il sacrificio dell'uomo che dopo aver accettato di sottomettersi all'infelicità alla "sofferenza che fa orrore, che si subisce 4 proprio malgrado, che si vorrebbe fuggire, dalla quale si supplica di non essere colpiti" deve infine uscire dalla Natura e dalla Storia. (Nota di Lunaria: riporto una frase che lessi alcuni anni fa, su un'antologia, ma non ricordo chi la disse: "Benedire l'Orrore dell'Esistenza"; a mio parere, è interpretabile così: l'esistenza non è che dolore e malattia, ma sia che lo si faccia "per fede in un Dio che si percepisce come Amore" (altrimenti, bisognerebbe bestemmiarlo e odiarlo, se la sua natura fosse solo di sadismo e male, per averci creato...) piuttosto che non "Devo trovare la forza di andare avanti, con qualcosa che potrebbe anche essere la speranza, altrimenti non mi resta che il suicidio" ecco che "benedire l'orrore dell'esistenza, i suoi dolori, la sua angoscia, accettarli, persino, rielaborarli" diventa l'unico modo per dare senso - o almeno tentare - di dare un senso alla nostra esistenza.) Il sacrificio è un dono a Dio, e dare a Dio è distruggere. è dunque bene pensare che Dio ha abdicato creando, (Nota di Lunaria: qui, a mio parere, Quinzio si riferisce allo Zim Zum ebraico, il contrarsi di Dio, il suo "farsi da parte", creando il vuoto, per permettere al mondo che stava per creare di poter esistere, nello spazio da lui lasciato vuoto contrandosi) e che gli si restituisca distruggendo. Il Sacrificio di Dio è la Creazione; quello dell'uomo è la Distruzione. 5 (Parlando di Elie Wiesel) "Perchè benedirlo? (si riferisce a Dio, nota di Lunaria) Per aver fatto bruciare migliaia di bambini nelle fosse? Per aver fatto funzionare i crematori giorno e notte, e anche di sabato e nei giorni di festa? Per aver creato nella sua grande potenza Auschwitz, Birkenau, Buna e tante altre fabbriche di Morte?....Il Dio Ebraico è nella domanda e non nella risposta" (Nota di Lunaria: lo stesso Wiesel era stato deportato). Dopo tanti idoli illusori e deludenti, l'unica possibile salvezza dal Nulla è la consapevolezza del Nulla. Fissato, il volto del Nulla può convertirsi nel Volto di Dio (Nota di Lunaria: qui mi sembra si possa fare un collegamento tra Quinzio e gran parte della Mistica Cristiana, specialmente Meister Eckhart, che concepisce Dio come un Puro Nulla) impotente nella Storia, la cui causa è indifendibile, ma che insegna l'implacabile pietà e l'implacabile coraggio della domanda. A forza di pensarla per decenni, invecchiando, la Morte mi sembra sempre meno terribile. Questa è già la sua vittoria. Non mi prende alla gola perchè mi ha già preso. La mancanza di volontà di vivere, che oggi dilaga endemica, è l'unica malattia certamente mortale, alla quale non ci sarà rimedio in eterno. 6 Voler vivere l'attimo separato da memoria e speranza è già evadere dalla vita. La Fede è il coraggio di fissare il Nulla. Il moderno è un'enorme malattia cresciuta nello spazio del mancato evento escatologico, una malattia disperata perchè consiste nella perdita della naturale rassegnazione alla sofferenza e alla morte. Certo, non la pietà, non l'umiltà, non l'ingenuità, non la debolezza possono salvarci, ma forse il disporsi con orrore a povere sconfitte e disperate cose come queste. Al tramonto delle ideologie della Storia è succeduta nella cultura e nel costume contemporanei la Notte del Nichilismo... ma la Notte del Nichilismo nasconde cose nelle sue tenebre, non è necessariamente un muro che chiude il cammino, ma è una possibilità nuova, sebbene estremamente difficile e precaria. Ha senso riproporre oggi il ritorno a ciò che ci aveva già abbondantemente stancato e deluso ieri, solo perchè quel che avevamo messo al suo posto ci ha a sua volta appena stancati e delusi? 7 Il Nichilismo è inseparabile da un grande amore per la vita perchè un grande amore per la vita è inseparabile da una più che disperata delusione. Il Nichilismo è lo svelamento storico del senso della Croce. Il Nichilismo l'abbiamo già alle spalle, di fronte abbiamo il Nulla. Un estratto da "Mysterium iniquitatis", libro nel quale Quinzio raccoglie le encicliche di Pietro II (morto precipitando dalla cupola di San Pietro...). Sergio Quinzio non si smentisce mai :D e in questo libretto dà sfogo alle sue mestizie apocalittiche :D ... 8 Oggi la carne è ovunque esaltata. Un'esaltazione anticristica che la lega indiscindibilmente allo spettacolo, al successo, al denaro, e che, nel vuoto generale, tenta di attrarre a quello che sembra l'ultimo residuo di realtà e di senso. Un simile, esasperato culto della corporeità ha ridotto l'esercizio della sessualità a ripetizione coatta sempre meno intensa, sempre meno appagante, sempre più bisognosa di stimoli artificiali. Il consumismo consuma infine anche se stesso. Ebbene, di questa anticristica esaltazione della carne siamo in gran parte colpevoli noi cristiani che, distaccando la carne da ciò che è voluto da Dio, e contrapponendola paganamente allo spirito, l'abbiamo abbassata, degradata, condannata come turpe, dimenticando che la carne vuole anzitutto consolazione [...] Ma per chi ha udito l'annuncio biblico, resta comunque cinico frugare nei corpi considerandoli destinati alla morte e alla corruzione e cancellandoli in modo che non resti di loro nessuna presenza, e poi nessuna memoria. Essi non andranno più a comporre nel tempo, ricongiungendosi 9 ai loro padri (Gn. 25,8), una catena che non si spezza e che nella sua continuità ha un senso. Per noi la catena non si costruisce mai, perchè è quasi completamente perduto il rapporto fra le generazioni, sicché ogni anello viene di volta in volta staccato e buttato via. I corpi, in questa visione, sono stati ridotti ad oggetto, a merce, che come ogni merce ha un prezzo. E nessuna legge può impedire che questo avvenga. Come merce vengono dunque venduti e comprati non solo cadaveri, ma anche uomini e bambini, e feti abortivi uccisi per essere utilizzati in trapianti cellulari, in operazioni di ingegneria genetica, in ricerche biologiche, medico e perfino cosmetiche, e chissà ancora in quali altri tipi di esperimenti. è difficile immaginare quanto spazio ci sia ancora da percorrere, in questa direzione, per giungere al limite ultimo di queste fino a ieri inedite e impensabili mostruosità. Nei confronti di tali orrori contemporanei perfino gli eccidi e gli stermini più crudeli appaiono meno disumani, perchè oggi gli uomini sono abbassati, senza residui, fino all'infimo grado di merce, da trattare senza odio e senza amore, senza disprezzo e senza pietà, come oggetti indifferenti. L'odio per il nemico conservava, anche nell'orrore, un ultimo residuo di umanità, concedendo, a chi veniva torturato e ucciso, un'estrema briciola di dignità: quella di essere considerato, per quanto inferiore e degno di morte, un essere animato e non soltanto una cosa. Non 10 si tratta semplicemente di condannare l'uso più o meno connesso alla compravendita, di esseri umani o di loro parti, in quanto i cadaveri sono considerati "sacri", e quindi intoccabili. Questo è riconosciuto da ogni civiltà, e restano le romane dodici tavole e testimoniare che "sunt aliquid manes" che "deorum manium iura sancta sunt".La tradizione ebraico-cristiana ha abbandonato questa concezione "sacrale" del defunto. Non il terrore che il morto possa ritornare, non questo arcaico terrore sacro, impedisce nell'orizzonte cristiano di utilizzare corpi morti nei modi che si è detto, o in altri ancora che potrebbero venir inventati. Se un cadavere è "sacro", ma diremmo molto meglio "santo", lo è solo in quanto in esso si riflette in esso la "santità" che appartiene a ogni essere umano, in quanto creato da Dio e animato dal suo stesso alito vitale (Gn 2,7), destinato perciò alla resurrezione e alla vita senza fine. è la santità del vivente, che si proietta sulle sue spoglie mortali. è facile capire che, se non è riconosciuta nessuna santità, non sentiremo più alcun obbligo di rispetto per il corpo morto di un nostro fratello - e forse neppure per quello della persona che ci è stata più vicina e cara, che più abbiamo amato. Ma questa incapacità, a sua volta, non potrà non tornare a riflettersi nell'incapacità sempre più radicale di considerare l'essere umano nella sua umanità e nella 11 sua, comunque potenziale, santità. La perdita del senso della vita umana conduce alla perdita del senso delle spoglie mortali, e questa, nuovamente, va a gravare di non senso, di indifferenza, il nostro modo di concepire i viventi. [...] A questo moderno processo di perdita di significato e di valore della vita e della morte si contrappone d'altra parte nella cultura contemporanea, almeno nelle sue punte più significative, una tendenza che riconosce e addita questa profondissima decadenza, questa universale aberrazione. Vi è la concorde consapevolezza che alla perdita di senso della vita si accompagna quella della morte, perchè senso della vita e senso della morte sono inseparabili. [...] Impotenti a riattingere la vetta della più paradossale delle speranze, vediamo tuttavia molti uomini affascinati dai tentativi di pervenire, in futuro, alla possibilità di risuscitare i morti con metodi scientifici quali l'ibernazione, o di ritardare indefinitamente, sempre con mezzi scientifici, il momento della morte. C'è chi già oggi segretamente confida nel progresso della scienza fino al punto di pensare di non dover mai più morire. Ma chi percorre queste vie in realtà non fa altro che ripercorrere, con una fede nella scienza, l'antica prospettiva cristiana, la speranza di pervenire alla vita del regno senza dover passare attraverso la morte, come affermava di sé Paolo (I Ts 4, 17). [...] La morte rimane l'unico, il vero problema, che fuggiamo e che ci attrae, che tentiamo 12 invano di eludere perchè sappiamo di non potervi dare risposta, se non facendoci timidi e confusi imitatori di un folle annuncio (I Cor. 1,21) che abbiamo udito duemila anni fa. Cerchiamo di eludere la morte fingendo che ci siano chissà quante altre cose più importanti. Mentre la morte sempre più ci divora, dal di dentro e dal di fuori, noi cerchiamo di sfuggirla soprattutto trasformandola in spettacolo. Impotenti a sperare e a credere, sempre più evadiamo nell'estetico, l'unico punto di fuga che può permanere una volta smarriti nel nulla i criteri della vita e della morte, del vero e del falso, del bene e del male. Trascrivo qualche pagina di Sandro Maggiolini, tratta da "Apologia del Peccato" (1983). Sandro Maggiolini è stato vicario episcopale per la Pastorale delle Università 13 di Milano. Tra le sue pubblicazioni: "Il matrimonio, la verginità" (1976), "Parola di Dio, preghiera dell'uomo" (1980), "Quasi sorella morte" (1982). Pagina 15-16 Chiamo "tragedia" una situazione dove gli elementi che entrano in contrasto non approdano ad una soluzione più alta e armonica, ma si elidono tra loro, si distruggono l'un l'altro, raggiungendo una "pace" che è quella della morte. L'uomo sperimenta la "tragedia" quando è lacerato da una antinomia senza scampo: quando in lui la dissociazione interiore non trova esito, e lo conduce a un assurdo che non può essere accolto o tollerato. Allora subentra la reazione nichilistica. Il suicidio sarebbe la conclusione più logica della "tragedia": il suicidio consumato di fatto in una maniera determinata, in un momento preciso; o il suicidio protratto nel tempo, vissuto come rinuncia a costruire il proprio destino: protestando, urlando nel vuoto, o piegandosi ad una fatalità che si avverte insensata ma inevitabile, e scelta, voluta. Non sono pochi i casi di 14 persone che, pur non appendendosi a una trave, non sparandosi alle cervella, non ingurgitando dosi letali di barbiturici, avvertono, tuttavia, in modo ossessivo e raffinato il fascino del nulla e se ne lasciano conquistare. I più non vogliono neppure ammettere la contraddizione che li tormenta, e si "lasciano vivere" tentando di dimenticare la disperazione che pur urge dentro e invoca uno sbocco. "Fornicavano e leggevano giornali", direbbe Camus. E Thomas Mann: "Così viveva il ragazzo... giorno per giorno senza aspettare altro dalla vita se non il giorno che sorgeva e moriva." Si tratta di situazioni non poi tanto remote: forse in misura diversa le abbiamo vissute un poco tutti. Esistenze strascicate, scialbe, senza un rigurgito di dignità e un guizzo di fiducia. Il momento "tragico" nasce nell'uomo dalla decisione di chiudersi in se stesso, di opporsi a ogni altra istanza, di rifiutarsi a ogni invocazione. In chiave cristiana, dalla scelta di ribellarsi a Dio. La "tragedia" coincide così col peccato. Anzi, col peccato radicale: quello per cui ci si sequestra nel proprio io e ci si rende inoppugnabili a ogni incursione della misericordia che viene offerta ma che non si impone. In un universo di comprensione cristiana, la "tragedia" non si giustifica con il nonsenso dell'esistenza, ma con la libertà di ciascuno che opta per un'esistenza priva di senso: assurda, perchè chiusa all'Assoluto. Pagina 19 15 Ritengo leale ammettere degli errori o delle colpe nel passato o anche nel presente da parte cristiana. Da parte di noi credenti. Forse almeno dei malintesi non mancano neppure sul versante anticristiano. è quanto meno sbrigativo, a esempio, destituire l'uomo di ogni responsabilità asserendo che Dio non vorrebbe o non potrebbe togliere il male dal mondo, e dunque Dio medesimo andrebbe tolto di mezzo, come suggerisce una frase pungente e leggerissima, spesso sfoderata, di Voltaire: "Non credete affatto in Dio, piuttosto che addebitargli proprio ciò che negli uomini sarebbe impossibile... Essa (questa dottrina) fa di Dio la cattiveria stessa, la cattiveria senza misura e senza scopo, che ha creato esseri pensanti al fine di renderli infelici per tutta l'eternità, o anche l'impotenza e l'imbecillità stessa che non ha potuto né prevedere, né impedire l'infelicità delle sue creature". Già. Dopo di che, come si spiega il male? Lo si ipostatizza e se ne fa una sorta di destino cieco? O a chi lo si attribuisce? Dopo Auschwitz, dopo i Gulag, davvero non si può più credere in Dio, o diventa necessario credergli, se non si vuole che i morti rimangano senza senso e che l'uomo sia schiacciato da una fatalità che non può neppur più essere chiamata cattiveria? è del tutto logico e ponderato cancellare Dio dalla realtà perchè non lo si avverte sensibilmente agire dentro la storia? Pagina 21 "Che cosa può un soggetto se, slegato dall'Assoluto, si è 16 abbandonato all'alea dell'insensato?" ha scritto H.B. Lévy: "Niente, risponde il secolo. è materia, solo relativa materia, nell'alchimia della Storia. Andrà a rotolare in fondo al baratro col suo glorioso fucile... se non c'è più il peccato, il crimine è l'anima. Se non c'è redenzione, l'espiazione è il vivere. Se Dio non è più il Padrone, vince sempre la morte. Sollievo? Tutt'altro. Le catene sono più che mai pesanti. Vuoti i cieli senza Dio? Tutt'altro. Sono pieni della sua assenza muta, più esigente di qualsiasi presenza. Liberato l'empio? Non siamo mai stati tanto prigionieri come da quando non crediamo più." Pagina 24 Siamo all'oscillazione, al pendolarismo cui alludevo. Irritante e comprensibile, se si riflette sul fatto che "ogni volta che l'uomo acquisisce una più elevata rivelazione di se stesso, si fa orrore", come afferma Proudhon: orrore per la responsabilità a cui si trova legato - qui mi stacco da Proudhon -, e non solo per l'inclinazione al male che registra in se stesso. Pagina 30 Ancora un personaggio di Dostoevskij per sgomento di fronte alla libertà "restituisce il biglietto" dell'esistenza come rischio. Niente peccato possibile. Ma in tal modo, rimane ancora all'uomo una qualche fierezza, una 17 qualche maestà? Sartre ha previsto palesemente l'approdo della sua concezione di libertà illimitata: "Sono libero: non mi resta più alcuna ragione di vivere, tutte quelle che ho tentato hanno ceduto e non posso più immaginarne altre... sono libero. Ma questa libertà assomiglia un poco alla morte". Pagina 44 Richiamavo Hegel, per il quale duro e crudele è il "dolore infinito dell'assenza di Dio", duro a provarlo e a confessarlo; ma è "crudeltà" necessaria, perchè la "sofferenza assoluta, ossia il "Venerdì Santo Speculativo", è condizione sine qua non della Resurrezione. Pagina 45 Non bisogna scorgere nella mentalità e nel modo di vivere di oggi, soltanto errori e aberrazioni. Anche gli orologi fermi sono esatti due volte al giorno. Pagina 56 E Maritain aggiungerebbe: "Senza la libertà fallibile, non vi è libertà creata; senza libertà creata, non vi è amore d'amicizia tra Dio e la creatura; senza amore d'amicizia tra Dio e la creatura, non vi è trasformazione 18 soprannaturale della creatura in Dio, e non vi è ingresso della creatura nella gioia del suo Signore. Ed era bene che questa suprema libertà fosse liberamente conquistata. Il peccato, il male è il prezzo della gloria." 19