La guerra civile e il petrolio nelle mani dei boia di Saddam
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La guerra civile e il petrolio nelle mani dei boia di Saddam
Domenica 14 gennaio 2007 RINASCITA 3 E intanto l’Iran mette in crisi l’approvigionamento energetico di Israele La guerra civile e il petrolio nelle mani dei boia di Saddam A pochi giorni dalla morte di Saddam continua in maniera sempre più accesa la guerra civile che da mesi ormai sta martoriando l’Iraq. L’invasione del Paese del Golfo e lo stesso processo di Saddam hanno aperto una grave ferita tra la popolazione irachena divisa tra sciiti e sunniti. La stessa esecuzione di Saddam è stata una vera vendetta dei suoi avversari politici, che hanno così fatto il lavoro sporco la cui decisione è stata presa da tutta la comunità internazionale e dagli Stati Uniti in particolare nel momento in cui hanno invaso quel Paese. Gli sciiti hanno processato e condannato Saddam, inscenando un vero linciaggio e a dimostrazione di ciò occorre tener presente che mentre restavano soltanto alcuni secondi di vita al presidente iracheno, i suoi boia si sono messi a gridare il nome di “Mouktada”. Ma c’è di più. Se si analizzano con maggiore attenzione le immagini del video dell’esecuzione trasmesso in tutto il mondo, si potrebbero riconoscere alcuni dei personaggi che prendono parte all’esecuzione. L’uomo che stringe la corda al collo di Saddam presenta la stessa fisionomia, nonché statura, con alcuni rilevanti particolari di Mouktada as Sadr, capo degli sciiti di Bagdad, che più volte ha giurato vendetta a Saddam per vendicare la morte del padre. Tra le tante informazioni che ogni giorno ci pervengono dall’Iraq, vi mostriamo le immagini che mostrano come probabilmente il boia che aggiusta il cap- puccio, temendo di essere scoperto è Mouktada as Sadr: stessa statura, stessa barbetta, e porta un anello nella stessa posizione. La notizia non è stata data con certezza, ma è stata presa seriamente in considerazione a Baghdad, soprattutto tra coloro che si sono fermamente opposti a questa condanna. Il video shock della salma di Saddam Hussein Chiunque abbia divulgato queste immagini, nonché quelle del video della terribile fine destinata a Saddam, ha senz’altro continuato a fomentare l’odio e i conflitti tra le forze che si stanno scontrando oggi, a tutto vantaggio degli Usa. L’intero processo, la decisione di anticipare l’esecuzione, il linciaggio e poi la profanazione della morte del rais sono state viste dalla comunità internazionale come una scelta consapevole e autonoma degli iracheni, che hanno scelto così come condannare il proprio tiranno. Niente di più falso. È ovvio invece che vi è stata una regia di fondo che va al di là degli sciiti e dei sunniti, che non hanno alcun potere se non quello sulle masse grazie all’esercizio del potere religioso. Washington oggi finanzia direttamente i religiosi sciiti che, saliti al potere, hanno destinato alla diretta esportazione verso gli Stati Uniti oltre il 30% delle riserve petrolifere, mentre Saddam manteneva uno stretto rigore nella produzione. Mentre finanzia la guerra civile e fomenta gli animi, nascondendosi dietro gli sciiti per non assumersi, come sempre, delle dirette responsabilità, la Casa Bianca getta nel panico totale uno Stato che si troverà così gestito non da un governo ma dal caos. Mantenendo uno stato di guerra civile, Washington sarà così in grado di mantenere uno stretto controllo sul Paese, e sugli approvvigionamenti di petrolio senza sprecare altre risorse umane o fare investimenti. L’Iran inoltre è pronto a beneficiare anch’essa della tempesta della guerra civile irachena per costruire un alleato, finanziando parte della ricostruzione con un prestito di oltre un miliardo di dollari. Lasciare il Paese nel caos totale, in mano agli sciiti significa evidentemente destinare queste risorse ad altre operazioni, come ad esempio una guerra in Iran che si prepara da molti mesi ma che sta divenendo una realtà sempre più vicina. È stata accreditata sempre più come probabile la notizia che Israele abbia preparato dei piani per distruggere i siti iraniani di arricchimento dell’uranio per mezzo di armi tattiche nucleari. A fronte di questa notizia, le autorità iraniane hanno messo in allarme ai propri centri sensibili, dichiarando che ogni attacco militare non resterà senza replica. La decisione di Israele è tanto improvvisa quanto attesa da molti, considerando la guerra fredda che l’Iran sta conducendo, ma molto probabilmente rappresenta pura propaganda per intimidire il nemico, volutamente alimentata mediante la stampa inglese e statunitense. In realtà la vera minaccia tesa contro Israele è quella della crisi energetica. Infatti, solo la settima- na scorsa, l’Iran ha deciso di interrompere gli approvvigionamenti di gas alla Turchia, mettendo in crisi la distribuzione di gas non solo verso l’Europa, ma anche verso Israele, vera destinataria del gasdotto Bakou-Tbilissi-Ceyhan. Un tale pericolo potrebbe essere a tutti gli effetti evitato con l’approvazione del progetto di legge dell’Iraq, che, introducendo gli Accordi di divisione di produzione (PSA), permetterà alle società di BP, Shell, Exxon e Chevron di firmare dei contratti di 30 anni per estrarre il brut iracheno. Con questi contratti le compagnie petrolifere potrebbero trattenere sino al 60 o 70 per certo della produzione, finanziando in contropartita gli investimenti per lo sfruttamento e la trivellatura. Più di 300.000 barili al giorno saranno pompati a partire dai campi petroliferi di Kirkouk, verso il terminale di Ceyhan in Turchia, per poi sfociare sino in Israele. Per cui, nonostante sia stata assicurata ad Israele energia a sufficienza per soddisfare il proprio fabbisogno energetico, questa situazione molto instabile e probabilmente non durerà ancora a lungo. Temiamo che si propaghi invece un conflitto che coinvolgerà i Paesi del Medioriente e dell’Asia centrale, perché oggi gli Stati lottano sul filo del rasoio nelle negoziazioni per l’approvvigionamento energetico. Chi oggi perde in queste trattative perde la guerra, e possiamo dire che l’Europa in un certo senso ha già perso il primo scontro di questo conflitto tra le grandi potenze. Il recentissimo scontro commerciale tra Bielorussia e Russia ha danneggiato, a stretto giro, la Polonia e la Germania, mentre in Italia resta nel silenzio una probabile crisi energetica. Il conflitto potrebbe dunque nascere intorno all’Iran, bersaglio da tempo delle ostilità dell’Onu e degli Stati Uniti, per poi estendersi alla Siria, che è stata sfiorata dal conflitto libanese, fino ad arrivare nel Caucaso. È verso l’Adzerbaidjan e il Turkemenistan che si dirigerà questa guerra, perché lì risiedono le più preziose riserve di gas e petrolio, contese da Mosca e Washington. Esiste in tutto questo senz’altro una regia, perché ad ogni azione corrisponde una reazione immediata e prevedibile. Ogni qual volta che un rubinetto viene chiuso, una guerra si prepara a colpire l’ostacolo contrattuale, per risolvere sul campo lo scontro delle trattative per gli approvvigionamenti. Michele Altamura