66 3 domande a... Alain Mabanckou 67 Babel Leonidas

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66 3 domande a... Alain Mabanckou 67 Babel Leonidas
A cura della Redazione
e di Anna Casanova
Per segnalazioni scrivi a
[email protected]
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3 domande a...
Alain Mabanckou
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Cinema
Il villaggio di cartone
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Babel
Leonidas Michelis
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Strumenti
Doyra
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Itinerario nella
memoria bosniaca
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Gustare
Quel legume sintesi
di povertà e ricchezza
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Sana’a
(Patrizio Roversi)
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Benvivere
hai voluto il concerto?
e adesso pedala!
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Leggere
Segnalazioni America latina - Immigrazione - Arti africane
Sul comodino di... Marco Aime
Carta canta
L’esperienza
La libreria Books in the Casba
Tre domande a... Alain Mabanckou
Babel Leonidas Michelis Guardare
Cinema Il villaggio di cartone
Documentari Immigrazione
Tre
domande a... Silvia Calandrelli
Osservatorio Esodo biblico. Ma dove?
Botteghino Corea del Sud Viaggiare
Itinerario nella memoria bosniaca
Città d’Autore Sana’a (Patrizio Roversi) Ascoltare
Musica Jazz,
a qualcuno piace etiope
Strumenti Doyra
On air Nova Radio
L’evento A Roma la musica delle
reducciones Gustare
Sapori&saperi Quel legume sintesi di povertà e ricchezza
Retrogusto PizzaKebap
da Demir
Sorseggi Rooibos Benvivere
unaltrostile Hai voluto il concerto? E adesso pedala!
Solidee
«Biblioteche solidali» per il Sud del mondo
habitat Quando dai rifiuti nascono le case Pianerottolum
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Leggere
america latina
tempo reale i soprusi perpetrati dal
regime. Non mancano i contributi
di scrittori scomodi come Canek
Guevara (nipote del Che) e Roberto Ampuero. Il testo mette in luce
anche il forte attivismo dei vescovi
cattolici che operano sull’isola e i
cambiamenti portati dalla visita di
Giovanni Paolo II nel 1998. [Lindau, Torino 2011, pp. 191, euro 16]
Lucia Capuzzi,
Nello Scavo
Adios Fidel. Fede
e dissenso nella
Cuba dei Castro
Gli Autori propongono un viaggio
all’interno della «gioventù dissidente» cubana, che a partire dal
2006, con le dimissioni del Lider
Máximo, ha iniziato a intravedere
un futuro diverso per Cuba.
Il libro racconta le speranze della
nuova generazione cubana attraverso la voce degli oppositori al
regime che combattono il castrismo
in diversi modi: dal giornalista
Guillermo Farinas (Premio Sakharov 2010 del Parlamento europeo),
che ha iniziato uno sciopero della
fame dopo la morte del prigioniero
politico Orlando Zapata, deceduto
dopo una protesta durata due mesi e
mezzo, alla blogger Yoani Sanchez,
che attraverso il web racconta in
AA.VV.
La Bolivia di Evo.
Democratica,
indianista e
socialista?
Evo Morales, primo presidente indigeno della Bolivia eletto nel 2006,
ha dato inizio a un processo di trasformazione del Paese senza eguali,
le cui parole d’ordine sono «riappropriarsi» delle risorse naturali e «rifondare» la nazione. Tuttavia i problemi per il Mas (Movimento verso
il socialismo) non mancano: da una
parte, la morente oligarchia conser-
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DIZIONARIO
RAGIONATO DEI SANTI
Tutto sui santi e beati della
millenaria tradizione
cristiana: l’agiodiario, il
repertorio, il protezionario,
il curiosario. 11.811 patroni
e protettori da Aaron a Zoe
Autore: Michele Francipane
Pagine: 1008
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62 PoPoli novembre 2011
vatrice prova con tutti i mezzi a sua
disposizione a impedire un processo
di rinnovamento che va contro i
privilegi della «casta» boliviana;
dall’altra, gli interessi economici
internazionali premono per mantenere il controllo sull’economia del
Paese, già fiaccata da secoli di
colonialismo. L’ascesa di Morales è
descritta attraverso le mobilitazioni
sociali avvenute dagli anni Novanta
in Bolivia, che hanno portato il Mas
a essere il primo partito del Paese
e catalizzatore delle speranze dei
ceti più poveri. Gli A.A. analizzano
efficacemente la trasformazione per
via democratica di un Paese in cui
le differenze sociali rimarcano plurisecolari linee di discriminazione
etniche. [Edizioni Punto Rosso, Segrate (Mi) 2010, pp. 166, euro 12]
Antonio e Carlo
Calabrò
Bandeirantes.
Il Brasile alla
conquista
dell’economia
mondiale
I bandeirantes - i conquistadores
che nel Cinquecento colonizzarono
il Brasile -, sono accomunati ai giovani brasiliani di oggi, migliori e
più intraprendenti rispetto al passato. Il testo racconta di un Paese che
continua a rinnovarsi radicalmente,
grazie soprattutto alla nuova presidente, Dilma Rousseff, che all’inizio
dell’anno ha raccolto l’eredità del
popolarissimo Lula e rilanciato la
lotta alla povertà. In Brasile cresce
una nuova classe media, aumentano gli investimenti dall’estero
e le migliori imprese brasiliane
- dall’agricoltura all’energia - si
muovono alla conquista dei mercati
internazionali: il Brasile è a tutti gli
effetti «un Paese alla conquista del
mondo». [Laterza, Roma-Bari 2011,
pp. 200, euro 16]
Piero Gorza
Politiche
dell’identità
nell’«altro
Occidente»
Il testo è il risultato di una lunga
ricerca etnografica mirata a capire i fenomeni sottesi ai movimenti
di rivendicazione identitaria degli
indigeni dell’America latina. L’A.,
docente di Antropologia politica
presso l’Università di Torino, cerca
di comprendere il motivo per cui le
bandiere identitarie, nei Paesi del
Sudamerica, abbiano portato alla
formazione di Stati più rispettosi
delle diversità etniche, mentre in
altri Paesi, come la Bosnia, queste
rivendicazioni siano sfociate nella
violenza e nell’intolleranza.
Oggetto dello studio sono gli indios
e il modo in cui essi hanno costruito
la propria identità attraverso cinquecento anni di conquiste e meticciamento, che hanno portato l’America
Latina a essere un «altro Occidente»,
vicino e allo stesso tempo lontanissimo. L’A. descrive dal punto di vista
antropologico le relazioni reciproche
tra istituzioni originarie e movimenti
indigeni di Bolivia, Ecuador e Messico, riservando una sezione del libro
al punto di vista degli indios stessi.
[Il Mulino, Bologna 2011, pp. 380,
euro 28]
immigrazione
Elena Caneva
Mix Generation.
Gli adolescenti
di origine straniera
tra globale e locale
Il libro analizza la condizione dei
giovani stranieri di seconda generazione, quelli che condividono
con i coetanei italiani sogni e stili
di vita, ma che si trovano a dover
negoziare la propria identità con la
cultura della propria famiglia di
origine. I giovani di origine straniera
SUL COMODINO DI...
Marco Aime: la società ipermediatica
e il suo linguaggio ingannevole
«C
Antropologo e scrittore,
Marco Aime insegna
Antropologia culturale
presso l’Università degli
studi di Genova.
Ha condotto ricerche in
Africa occidentale (Benin,
Burkina Faso, Camerun,
Mali, Togo) e sulle Alpi.
Tra i suoi volumi più
recenti, Una bella
differenza. Alla scoperta
della diversità del mondo
(Einaudi 2009), Il dono al
tempo di internet (Einaudi
2010)
hiunque detenga il potere può controllare
anche il linguaggio, e non solo con le proibizioni della censura, ma cambiando il significato
delle parole», ha detto il poeta polacco Czeslaw
Milosz. Sempre di più nella nostra epoca ipermediatica, satura di comunicazioni, il linguaggio
assume un’importanza cruciale per la politica.
Un linguaggio sempre più rapido, frettoloso, ma
anche sempre più subdolo. Proprio per questo
Gianrico Carofiglio (La manomissione delle parole, Rizzoli 2010), uno che è stato magistrato
e quindi di parole se ne intende, con questo suo
libro ci mette in guardia dalla manipolazione
che media e politici operano sempre più spesso
sulle parole. Come nella Neolingua di orwelliana
memoria, nelle retoriche politiche tutto deve essere semplificato, assottigliato, sfrondato. Tutte
le parole devono avere un’unica accezione che,
riducendo il significato ai concetti più elementari,
rende impossibile concepire un pensiero critico
individuale.
Inoltre, alcuni termini vengono addirittura stravolti nel loro significato semantico: pensiamo
alla parola lodo, che dovrebbe essere, secondo il
dizionario Devoto-Oli, «una formula di transazione
o di compromesso in una controversia, proposta
da una persona di riconosciute imparzialità e au-
torevolezza» e che, invece, si è trasformata in una
semplice legge mirata a difendere alcuni privilegi.
Per non parlare dell’abuso del termine «libertà», che
viene presentato come un concetto vicino all’anarchia, finalizzato a tutelare interessi privati. E cosa
dire di «democrazia»? Declinato nei più disparati
modi, questo termine finisce, come gli altri, per
essere svuotato e per perdere quell’alto valore
che gli antichi avevano saputo attribuirgli.
Con un percorso piacevole e lineare, Carofiglio
ci accompagna lungo un sentiero di parole per
dimostrarci quanto il linguaggio può essere ingannevole, se non sottoposto ad adeguata critica.
Un pericolo che corriamo sempre di più, perché
siamo avvolti dalla comunicazione, dai discorsi.
Paradossalmente, dopo avere per secoli discriminato quei popoli che definivamo «senza scrittura»,
siamo diventati una società prettamente orale.
Guardiamo la tv, ascoltiamo la radio, l’iPod, siamo
vincolati al cellulare e anche il nostro modo di comunicare via e-mail, si esprime con un linguaggio che
è più vicino all’oralità che alla scrittura.
Immersi in questo mare di parole, non dobbiamo
perdere la rotta e il libro di Carofiglio ci dà una
mano, perché non è del tutto vero che verba
volant, come dice John Austin: «Le parole fanno
le cose».
novembre 2011 PoPoli 63
Leggere
CARTA CANTA L’«altro» nella stampa periodica italiana
F
rontiere e attraversamenti evocano immediatamente, nel nostro immaginario, l’altro come migrante, che lascia la sua terra
e parte alla ricerca di una possibilità di futuro in Paesi lontani: un
viaggio solitamente pieno di rischi, che deve fare i conti anche con
paure e chiusure altrui, le nostre. Gli articoli su cui ci soffermiamo
in questo mese toccano in vario modo questi temi.
Il primo è il servizio di copertina de Il Venerdì del 9 settembre
2011: porta l’occhiello ironico e un po’ amaro Giochi con le frontiere, si intitola E la Grecia ha deciso di fare muro tra Est e Ovest
ed è firmato dallo scrittore Matteo Nucci. Il confine è quello tra
Grecia e Turchia: come spiega il capo della polizia di Orestiada, il
muro che il governo greco ha deciso di costruire «sarà lungo dodici
chilometri e mezzo» e «proteggerà l’unico tratto del confine che
non segua il fiume [l’Evros] e che è come un’autostrada per l’immigrazione clandestina». Nel servizio risulta stridente il contrasto
tra il «rimedio» scelto dal governo greco e la portata umana della
questione migratoria: i cinque giovani che il lettore incontra in apertura del servizio e che camminano lungo la strada asfaltata verso
Orestiada li ritroviamo alla fine nella piazza centrale della città, su
una panchina. Sono stati rifocillati da qualcuno e ora fumano «per
nascondersi, per mimetizzarsi. Perché un uomo che ha percorso
chilometri e chilometri per entrare in Europa, senza nulla, solo con
il desiderio di cambiare vita a costo di sfidare la morte, difficilmente
lo troveresti in piazza a fumare».
Il secondo servizio, apparso su Famiglia Cristiana del 4 settembre
2011, porta la firma di Maurizio Turrioni, è dedicato al nuovo film
di Emanuele Crialese, Terraferma, e s’intitola La ragazza venuta dal
mare, in omaggio alla giovane africana Timnit, giunta a Lampedusa
su un barcone con altri 4 sopravvissuti e 73 cadaveri e coinvolta nel
cast. Intervistato da Turrioni, è lo stesso Crialese a spostare l’accento dal discorso cinematografico al modo in cui mass media e
politica affrontano la questione migratoria: «Trovo aberrante il modo
in cui i media minimizzano la tragedia dell’immigrazione dall’Africa
verso le nostre coste. […] Guardo i Tg, sfoglio i giornali e leggo le
parole pronunciate da certi politici: rifugiato, immigrato, clandestino. Ma cosa significano? Dietro le etichette ci sono persone vere,
in fuga da fame e guerre per un migliore avvenire. Per sé e per i
figli». E la trasformazione di Lampedusa «da scoglio incontaminato
a vera e propria terra di frontiera», diventa, agli occhi del regista, il
simbolo stesso di questa aberrazione.
Infine, su D-Repubbiica (17 settembre 2011) Giacomo Papi ci parla
de I passages, storiche e lussuose gallerie del centro di Milano. In
particolare di Galleria De Cristoforis, primo tra i passages italiani e che
oggi, «ogni notte si trasforma. I barboni stendono i loro cartoni […] e
si accampano per dormire. Un paio di volte alla settimana, intorno alle
21, si sente un rumore diffuso […] Sotto terra, pochi metri oltre la
grata su cui poggiamo i piedi, c’è un lungo tavolo circondato da decine
e decine di esseri umani impegnati a scartare a velocità forsennata
centinaia di camicie, pantaloni, felpe e pullover. Dall’aspetto e dalle
voci sembrerebbero arabi, cingalesi o pakistani. […] La visione evoca
qualcosa di barbaro e fantascientifico. Una folla improvvisa sorge dal
nulla, di notte, nel sottosuolo di una grande città, a pochi passi dai
grandi magazzini, per togliere dal cellophane la marea montante di
merce che preme per essere esposta e comprata».
Ecco un nuovo confine da superare, tutto interno al nostro Paese,
per i tanti che abbiano raggiunto Orestiada e, dopo una lunga e
dolorosa traversata, la terraferma.
elvio Schiocchet e Maria Grazia Tanara
64 PoPoli novembre 2011
sono stretti tra la volontà di non
perdere le proprie radici culturali e
il desiderio di seguire aspirazioni e
modi di vivere dell’ambiente sociale
in cui vivono.
L’A. si concentra sulla quotidianità
delle seconde generazioni: come
occupano il tempo libero, il tipo di
amicizie che stringono, l’approccio
al mondo degli studi e del lavoro, il
rapporto con i genitori. L’obbiettivo
del testo è far luce su diversità e
somiglianze che i giovani stranieri condividono con gli italiani, in
modo da proporre approcci nuovi e
alternativi al tema.
Il libro si rivolge prevalentemente a
insegnanti e a operatori sociali, ma
può essere una lettura molto interessante per tutti gli appassionati
di queste tematiche. [FrancoAngeli,
Milano 2011, pp. 272, euro 28]
Tiziano Gaia
Puoi chiamarmi
fratello
Christian Kouabite è un ragazzo camerunense: ha i piedi buoni, infatti
è stato una promessa del calcio. Lo
è stato fino a che la droga l’ha fatto
diventare uno spacciatore e gli ha
aperto le porte del carcere di Torino. Qui ha incontrato Tiziano Gaia
mentre lavorava fianco a fianco
con i detenuti nell’ambito del progetto sociale «Pausa Café». Quando
Christian finisce di scontare la sua
pena, la grande amicizia nata tra i
due porta Tiziano a seguire l’amico in Camerun. Lì scopre bellezza
e miseria di un Paese con una
sfrenata passione per il calcio, un
luogo ricchissimo di giovani che
vedono nei campi di terra battuta
una possibilità di riscatto. Tiziano
si confronta con la vivacità della
famiglia allargata di Christian e con
la sua difficoltà di tornare nel luogo
di origine. Il giovane camerunense,
dopo aver appreso un modo diverso
di vivere, è in bilico tra due culture
difficili da conciliare. È lo stesso
Christian a dire: «Riesco ad essere
fuori luogo in due continenti: da
voi, dove non sarò mai un europeo,
e qui da me, dove non mi accettano
più come africano. Un capolavoro,
che ne dici?». Ma il ritorno in Africa
è solo un pretesto, il vero viaggio di
Christian è un percorso interiore per
riscoprire se stesso e gli stimoli a
cui non sa dare un nome. [Instar Libri, Torino 2011, pp. 281, euro 15]
Giulio Di Luzio
Brutti, sporchi
e cattivi.
L’inganno mediatico
sull’immigrazione
tro di questa indagine rigorosa di un
giornalista che si occupa da anni di
temi sociali. «Invasioni», «emergenze», varie semplificazioni linguistiche per cui l’immigrato irregolare
diventa sinonimo di criminale sono
parte dello scenario quotidiano. Il
LA LIBRERIA
I mass media e la creazione di
un’immagine (in genere, negativa)
dell’immigrato in Italia sono al cen-
L’esperienza
Quel liceo di Trento in cui si studia la libertà
N
el panorama spesso sconfortante della scuola pubblica italiana,
schiacciata fra tagli ai finanziamenti pubblici e ricerca di più efficaci
modelli educativi, è forse utile segnalare le esperienze positive, che pure
non mancano. Una ha visto protagonisti studenti e insegnanti del Liceo
scientifico e linguistico Leonardo da Vinci di Trento. Racconta Stefano
Paternoster, uno dei docenti: «L’idea di una sorta di indagine sul tema della
libertà attraverso una serie di interviste è venuta al sottoscritto ed è stata
subito accolta con entusiasmo da un gruppo di studenti e da una collega.
Inizialmente non si pensava a un libro, ma la risposta
da parte degli studenti è stata alta e il lavoro è come
“cresciuto in mano”. Voglio dire che a un certo punto ci
siamo resi conto di avere creato qualcosa di organico e
che il lavoro meritava una veste adeguata».
La libertà e i «luoghi» in cui essa si esercita - informazione,
margini, istituzioni, cultura - sono stati esplorati attraverso
le voci di personaggi come Milena Gabanelli, Giuseppe
Ayala, don Luigi Ciotti, Moni Ovadia e Roberto Keller. Il
tutto all’insegna della compartecipazione e, non poteva
essere diversamente, delle nuove tecnologie: «La preparazione delle domande
era fatta “alla pari” da studenti e insegnanti. Per documentarsi suggerivamo
agli studenti articoli, libri o anche film che potevano avvicinare alla tematica
da affrontare. Le interviste, realizzate dai ragazzi insieme a un insegnante o
anche solo dai ragazzi, sono state realizzate invitando le persone a scuola,
andando noi da loro, o anche tramite Skype da scuola».
«Libertà» è in realtà solo un sottotitolo del volume - che può vantare anche
una veste grafica accattivante -, e il numero 1 sul dorso del libro lascia
intuire che questa sia la prima puntata di una serie: «È così - conferma
Paternoster -, stiamo già progettando il secondo volume, che sarà
dedicato al tema del viaggio». Il titolo, suggestivo, è invece Presenti. Vivere,
comprendere, trasformare. Il libro è distribuito solo in alcune librerie di
Trento ma può essere richiesto contattando direttamente la scuola. Tutte le
info su www.liceodavincitn.it
D
opo più di quindici anni trascorsi
a lavorare presso la Feltrinelli di
Genova, il libraio Fabio Marabotto decide, insieme al socio Marco Mazzola, di
accettare una sfida: aprire una libreria
nel quartiere storicamente difficile,
depresso, «dei contrabbandieri napoletani», in via di Prè, a Genova. «Questo
è il cuore dell’immigrazione a Genova:
qui si sono succeduti prima gli italiani
migranti dal Sud, poi i migranti africani. È il quartiere “nero”, dove vivono
soprattutto i senegalesi. Il nostro intento era: portiamo gli italiani nel cuore
dell’immigrazione».
La libreria Books in the casba è stata
aperta nel 2007 grazie al Progetto
Europeo Urban II per la riqualificazione
urbana. L’operazione dei librai non è
stata facile, ma i genovesi hanno risposto con entusiasmo. Ora, ammette
Marabotto, l’esodo di molti genovesi
dal quartiere e la crisi economica non
stanno aiutando la libreria. Questa
comunque continua nel suo certosino
lavoro di integrazione e animazione
«culturale» del quartiere, offrendo letteratura, varia, molta saggistica legata
all’immigrazione, antropologia, sociologia, collaborando con associazioni
di migranti e Università, organizzando
happening letterari.
BOOKS IN The CASBA
Via di Prè 137-139 - Genova
novembre 2011 PoPoli 65
www.booksinthecasba.com
Leggere
cittadino sa che, per la nostra legge,
un immigrato può perdere il lavoro
e se non lo ritrova entro sei mesi diventa automaticamente «clandestino», sinonimo di criminale, secondo
un copione mediatico dato in pasto
a un’opinione pubblica mediamente
disinformata?
La denuncia di questo stato di cose
è il cuore del saggio che illustra
come percezione e realtà scientifica siano sempre più distanti
in favore della facile ricerca del
consenso e in questo gli operatori
dell’informazione hanno pesanti responsabilità. [Ediesse, Roma
2011, pp. 184, euro 10]
Stefania Ragusa
Le Rosarno d’Italia.
Storie di ordinaria
ingiustizia
Il 7 gennaio 2010, a Rosarno (Rc),
l’aggressione ad alcuni ragazzi africani che lavoravano come raccoglitori di arance provoca
l’insurrezione degli immigrati. Le
immagini della rivolta fanno il
giro del mondo e la questione
del lavoro nero, intrecciata con la
’ndrangheta nelle campagne ca-
labresi, ritorna attuale. Gli atti di
vandalismo provocati dai giovani
africani scesi in strada descrivono
un clima di odio e rifiuto che gli
immigrati non sono più disposti
a tollerare. Da allora il nome Rosarno è stato usato anche per indicare altre situazioni d’ingiustizia
e sfruttamento a rischio di sommossa disseminate sul territorio
italiano. In questo libro Stefania
Ragusa racconta il suo viaggio tra
le Rosarno del Nord: passando dal
civile Trentino alla ricca Lombardia, dalla rossa Emilia alla colta
Toscana. [Vallecchi, Firenze 2011,
pp. 194, 14 euro]
chiesa oggi
Alain
e domani
Mabanckou
«La mia Africa felice, Dino Buzzati
e la forza dell’ironia»
A
Los Angeles, all’Università della California dove insegna
Letteratura francofona, è stato soprannominato «Mabancool», perché è considerato il professore più cool di tutta
la California. Lui è Alain Mabanckou, poeta (sei raccolte) e
romanziere (nove romanzi) di origine congolese, trasferitosi in
Francia a 22 anni per studiare. Insignito Oltralpe del titolo di
Cavaliere della Legion d’Onore, è stato il primo autore francofono
dell’Africa sub-sahariana a essere pubblicato nella prestigiosa collana La Blanche di Gallimard, oltre ad
aver ricevuto numerosi premi tra cui il Premio
Renaudot.
Con il suo Domani avrò vent’anni, secondo
romanzo edito in Italia dalla dinamica casa
editrice romana 66thand2nd, ha vinto il premio
Georges Brassens. Il romanzo, ambientato a
Pointe-Noire, città natale dell’Autore, racconta
la storia del Congo anni Settanta, quando il
Paese si era appena affrancato dal colonialismo
francese.
Lo fa attraverso gli occhi di Michel, un bambino di dieci anni
turbolento, sognatore, pieno di voglia di vivere. Perché in
Africa si può avere un’infanzia felice, il continente nero non è
solo cuore di tenebra. Il mondo di Michel - abitato da Lounès,
l’amico del cuore, Renè, lo zio ricco e comunista, Pauline,
l’amatissima madre - s’intreccia, grazie a una radio, con la
storia europea e africana, con il generale De Gaulle, la fuga di
Idi Amin Dada dall’Uganda, l’esilio dello scià di Persia.
66 PoPoli novembre 2011
Come mai ha scelto per la narrazione il punto di vista di un
bambino?
Per essere più vicino alla mia infanzia, per parlare con una
certa ingenuità di cose che l’età adulta talvolta dimentica. E
poi sono convinto che l’infanzia sia la più bella pagina della
nostra esistenza, è il momento in cui crediamo che tutto sia
possibile.
Il suo stile è molto ironico. È un modo per mettere a nudo
la violenza di ogni dittatura?
Sì. In una dittatura è meglio passare attraverso l’arma
dell’ironia e della derisione. È una forma di lotta che ci
mostra come a forza di ridere possono anche scorrere
lacrime. E poi preferisco sempre l’ironia perché so così
di toccare il punto giusto, di raggiungere il bersaglio
in pieno, nel cuore. I grandi scrittori che mi hanno segnato hanno spesso utilizzato l’ironia: Gabriel García
Marquez o Dino Buzzati sono esempi sorprendenti.
Si può dire che, anche grazie alle sue opere, esiste e si fa sempre
più largo una nuova generazione di scrittori africani?
Sì, penso proprio che si possa parlare di una nuova generazione
di autori africani. Penso a Uzodinma Iweala (Bestie senza una
patria, Einaudi 2006, ndr) che è, a mio avviso, una delle voci
attualmente più potenti. Ma anche altri autori come Abdourahmane Waberi, Léonora Miano (I contorni dell’alba, Epoché 2008,
ndr), che scrivono in francese, si stanno facendo sentire.
arti africane
Giovanni Maria
Incorpora
Narrare
l’arte africana
L’arte come chiave di accesso per
comprendere la cultura e l’anima
dell’Africa. È questo il percorso che
l’A., ingegnere siciliano, collaboratore
di Popoli, ha compiuto, seguendo un
ideale itinerario tra terrecotte antiche
di millenni, statuette lignee, sculture
in bronzo. In questo viaggio, l’A. ha
cercato di mettere in evidenza non
solo l’evoluzione tecnico-artistica, ma
anche le sensazioni più profonde che
questi oggetti donano a chi li osserva.
Ne emerge un racconto che coglie nel
profondo l’essenza di un continente
che, oggi come nel passato, è intriso
di riti e di credenze che ne influenzano profondamente la vita e la crescita
umana e sociale. [L’Harmattan Italia,
Torino 2011, pp. 230, euro 38]
AA. VV.
Arte africana
L’arte africana ha una storia antichissima, che però è difficile da
ricostruire. Molte opere in legno o
terracotta sono andate distrutte e
nel continente sono molto rari gli
scavi archeologici. Il patrimonio
esistente, tuttavia, testimonia una
grande varietà di tradizioni artistiche, con alcuni elementi ricorrenti
che le accomunano. In particolare,
il fatto che l’oggetto d’arte africano
non esprime mai unicamente l’im-
maginazione dell’artista, ma è concepito come uno «strumento sacro»
indispensabile per contribuire al benessere della comunità. Questo libro
fotografico è una rassegna ragionata di opere artistiche africane che
cerca di coglierne il significato non
solo estetico. [Scala, Bagno a Ripoli
(Fi) 2010, pp. 255, euro 14,95]
relativa a Fez. Per accompagnare e
arricchire di un valore estetico la
narrazione, il volume ospita numerose illustrazioni a colori, opera di
Monica Auriemma, che testimoniano il sistema di vita e la tradizione
artistica del Marocco. [Sinnos, Roma 2011, pp. 96, euro 14,50]
Leone Africano
Viaggio in Marocco.
Taccuino illustrato
di un avventuriero
del ’500
Leone Africano era un ambasciatore
arabo nato a Granada e cresciuto in
Marocco, che giunse come schiavo
nel 1517 alla corte del Papa, dove si
convertì al cattolicesimo. Per commissione di Leone X, suo protettore,
scrisse Della descrittione dell’Africa
et delle cose notabili che quivi sono, primo resoconto in italiano sul
Marocco, di cui nel libro curato da
Cristiano Spila si riporta la parte
12-14 novembre
Orzinuovi (Bs)
«Un ponte di parole»: incontri
con la letteratura migrante
17-20 novembre
Cuneo
XIII edizione di «Scrittori
in città»: il programma
prevede la partecipazione di
numerosi autori stranieri.
www.scrittorincitta.it
BABEL Radici straniere, parole italiane
u
na giovane casa editrice romana, Atmosphere Libri,
lancia a novembre una nuova collana dal titolo «Biblioteca della terra», dedicata alla letteratura migrante.
Come spiega l’editore Mauro Di Leo, «crediamo fermamente che il discorso dell’integrazione passi non solo
attraverso il lavoro, la casa, ma anche attraverso la cultura
che può contrastare qualsiasi velleità di razzismo. Con la
letteratura migrante si crea un’integrazione straordinaria
della cultura straniera nella nostra cultura».
Leonidas MicheLis
L’Autore scelto per inaugurare la collana è Leonidas
Michelis, un ingegnere greco ora sessantenne, originaIl ragazzo
rio di Jànina (Epiro), in Italia dall’età di diciott’anni per
di Jànina
studiare ingegneria. L’Italia per lui ha significato non solo
Atmosphere Libri,
studio, ma anche affermazione professionale. Il romanzo
Roma 2011
Il ragazzo di Jànina, in parte autobiografico, è una saga
familiare raccontata dal giovane Zafiris, le cui vicende
personali, affetti, incontri, sogni s’intrecciano con la vita
delle generazioni precedenti. Si scoprono la bellezza, la
cultura, la storia della Grecia dalla dominazione turca
fino alla guerra civile. Il libro verrà presentato, alla presenza dell’Autore, durante la manifestazione «un libro a
Milano» che si terrà nel capoluogo lombardo dal 25-27
novembre in via Tortona 27 presso Super Studio Più. novembre 2011 PoPoli 67
Guardare
Il villaggio
di cartone
Nel nuovo film di Olmi una chiesa
sconsacrata diventa luogo di accoglienza
per un gruppo di disperati. Metafora di una
Chiesa che deve sempre imparare ad aprirsi
I
n un presente-futuro
prossimo i «clandestini»
vengono inseguiti a colpi
di mitra e ogni città è setacciata con gli elicotteri
dalle forze militari. Tutto questo nel nuovo film
di Ermanno Olmi non lo
«vediamo» con gli occhi,
ma ascoltando i rumori
fuori campo degli spari,
le grida, il ronzare di pale
degli elicotteri della polizia. Tutti questi suoni vengono appunto «da fuori»,
dal fuori campo, mentre
lo sguardo della macchina
da presa si muove per gli
spazi angusti e ormai fatiscenti di una chiesa sconsacrata dall’architettura
moderna. Come a dire: ci
sentiamo ancora protetti
in una chiesa, che non è
più tale, mentre non ci
rendiamo conto che quegli
spari, quelle grida sono
più verosimili di quanto vogliamo credere e di
quanto vogliamo raccontare a noi stessi. È davvero
fantascienza?
Un gruppo di immigrati irregolari trova rifugio
dentro la chiesa, grazie a
un vecchio prete assalito
dai dubbi (straordinario
Michael Lonsdale già «uomo di Dio» in Des hommes
et des dieux del regista
Xavier Beauvois). I paramenti diventano le coperte
per un giaciglio, le candele
DOCUMENTARI a cura di BiblioLavoro - Cisl Lombardia
Una selezione di documentari che ruotano intorno all’immigrazione
18 IuS SOLI. IL DIRITTO DI eSSeRe ITALIANI
Regia di Fred Kuwornu. Italia, 2011, 53’.
È il primo documentario italiano sul diritto di cittadinanza delle seconde generazioni,
tema che interessa circa un milione di persone. Con il linguaggio della docu-fiction, una
dozzina di giovani, nati in Italia da genitori immigrati, raccontano davanti alla cinepresa la loro ricerca di una piena integrazione nella società e nel mondo del lavoro.
hANNA e VIOLKA
Regia di Rossella Piccinno. Italia, 2009, 56’.
Racconto di una «badante» polacca che vive nel Salento occupandosi di un ultraottantenne malato di Alzheimer. Si fa sostituire dalla figlia, riuscendo così a trascorrere
dopo anni un breve periodo di vacanza nel suo Paese che la porterà a confrontarsi
con un presente e un passato difficili. Un film toccante su una realtà che interessa
1,7 milioni di assistenti domiciliari in tutta Italia.
I CeRCATORI DI MIRAGGI
Regia di Mario Chemello. Italia, 2008, 62’.
Un confronto fra due percorsi lavorativi: quello dei cooperanti italiani verso l’Africa e
quello degli immigrati dall’Africa verso l’Italia. In entrambi i casi si tratta di viaggi della
speranza: da un lato l’urgenza di arricchire il senso della propria vita rendendosi utili
al prossimo; dall’altro la necessità di sopravvivere, garantire la sopravvivenza alla
propria famiglia e cercare la libertà.
Per richiedere i video:
BiblioLavoro (libri - video - archivi storici), tel. 02.24426244 - [email protected]
68 PoPoli novembre 2011
servono a scaldare l’acqua
per lavarsi, ogni orpello
torna ad avere una funzione pratica, un’utilità.
In un tempo in cui la Chiesa sembra spesso incapace
di risposte concrete, Olmi
muove tutta la sua forza visiva e di spirito per
mettere in discussione le
incertezze, i tentennamenti, le debolezze del culto
contemporaneo. Il Verbo
sembra sempre più incapace di tradursi in azione
evangelica nel quotidiano, così come avveniva
all’inizio dei Centochiodi.
I libri inchiodati al pavimento di una biblioteca
erano l’inizio del cammino del «Cristo senza nome»
dei Centochiodi verso una
vita nuova e un ritorno al
messaggio evangelico più
profondo. I libri venivano
inchiodati dal professore
proprio perché colpevoli di
non incarnare più il Verbo. Il villaggio di cartone,
invece, comincia con alcuni crocifissi tolti dalle
pareti e alcune icone sacre
strappate via dalla chiesa
sconsacrata. Olmi riesce a
restituire senso e potenza
ai simboli e all’allegoria,
nell’epoca in cui i segni e
le icone di ogni religione
paiono ormai svuotati di
senso e il culto pare spesso
vacua idolatria di superficie, gesto scaramantico.
Il «villaggio di cartone» del
titolo è quello imbastito dal
gruppo di irregolari che
trovano rifugio all’interno
della chiesa. Il titolo richiama però anche ciò che può
sembrare oggi la Chiesa più
istituzionalizzata e arroccata in se stessa, troppo
spesso incapace di aprirsi
all’uomo e al diverso di
qualsiasi forma e natura.
Dice il vecchio e stanco
prete interpretato da Lonsdale: «Quando la carità
diventa un rischio, quello è
il momento della carità!».
Del film, nelle sale dal 7
ottobre, esiste anche un
ottimo making of diretto dall’ex allievo di Olmi,
Maurizio Zaccaro, Un foglio bianco, presentato a
sua volta all’ultima Mostra
di Venezia.
Luca Barnabé
chiesa oggi
Silvia
e domani
Calandrelli
Rai Educational,
nuovi cittadini con nuovi linguaggi
N
ella sua storia la Rai ha aiutato molto gli
italiani ad apprendere l’italiano. Ora la
sfida è con gli immigrati dall’estero. Questo
impegno non si ferma alla lingua: accompagnare i giovani e i nuovi residenti a vivere
consapevolmente nella società vuol dire anche
formare la cittadinanza in senso pieno. Perciò
la Tv pubblica cerca di offrire strumenti sempre rinnovati e attenti ai linguaggi dei ragazzi
e ai nuovi media. Silvia Calandrelli, direttore di
Rai Educational, Rai Storia e Rai Scuola spiega
le novità della programmazione.
Quali sono i contenuti chiave della IV edizione di
In Italia - L’Italia e l’Italiano per stranieri, partita
a ottobre su Rai Scuola?
La serie guarda anche al di là dell’Europa, verso quel Mediterraneo che oggi è il crocevia di
grandi cambiamenti epocali. Lo fa garantendo
pienamente il livello B1 di didattica dell’italiano (oltre ad alcuni contenuti di livello B2) che
consentono ai corsisti un uso della lingua sufficiente a interagire con una discreta autonomia.
Nella «docu/sit-com» Benvenuti in casa Ba!, le
vicende del condominio multietnico, gli ospiti
di ogni puntata ispirano gli approfondimenti
scientifici delle rubriche, sia per la lingua, sia per
l’educazione civica.
La novità è che alla consueta scheda di grammatica segue una breve scheda di curiosità, la
piccola storia della lingua italiana.
Maggiori approfondimenti sono sul sito www.
initalia.rai.it, un vero portale, un quaderno online
per rispondere alle domande dei formatori e dei
corsisti di italiano L2.
Dal 24 ottobre Rai Scuola offre sette settimane
di programmazione su argomenti specifici, partendo dalla legalità. Come si parla ai ragazzi di
un tema cruciale che non è solo «da grandi»?
12-19 novembre
Firenze
Festival dei Popoli: arriva alla 52ª edizione
il festival dedicato all’esplorazione del mondo
documentario, con una retrospettiva dedicata
al regista catalano Isaki Lacuesta.
www.festivaldei popoli.org
Facendo loro conoscere i volti e le storie dei
protagonisti, di quelli che hanno «gettato il
cuore oltre l’ostacolo». Ai ragazzi, prima che
insegnamenti, servono testimoni e capiscono
subito se chi racconta loro qualcosa non lo vive in prima persona. Per questo metteremo in
Tv i volti e le storie dei protagonisti che hanno
difeso i valori in cui credono. Anche con la vita,
come Falcone e Borsellino. Ma la legalità non
è solo questo: si costruisce con pratiche di
onestà nelle scelte quotidiane, nel mondo del
lavoro, nel rapporto con le amministrazioni. Ai
giovani di oggi manca la speranza: è importante che scoprano che ci sono persone la cui vita
ha avuto un senso e un rilievo proprio perché
l’hanno impiegata per dei valori.
In generale, con quali formule si raggiungono i
più giovani, che oggi hanno strumenti di comunicazione e intrattenimento diversi e articolati?
È vero, sono immersi in un mondo della comunicazione nuovo. Dal cellulare, all’i-pad al
web, vivono «connessi», molti interscambi sono
«virtuali». Ma virtuale non vuol dire necessariamente fuori dalla realtà: nella comunicazione
digitale essi riversano le proprie reali aspettative, modi di essere, problemi. Bisogna parlare
il loro linguaggio, fatto di brevità, concisione,
sintesi e allo stesso tempo di confronti, rimandi, accostamenti. Non a caso, Rai Educational
oggi utilizza ampiamente strumenti di rete e
crossmediali. Ci sbagliamo se pensiamo che i
ragazzi non badino al contenuto: anzi, cercano
profondità, originalità, riflessione. Rifiutano ciò
che è superficiale, già detto, già sentito. I ragazzi cercano strumenti per decifrare il mondo,
che mai come oggi si presenta complesso e
contraddittorio, e la chiave per comprendere se
stessi e gli altri.
Francesco Pistocchini
Dal 19 novembre all’11 dicembre
Lucca
Il Lucca Photo Fest presenta mostre dei
più importanti fotografi contemporanei con
retrospettive e workshop. Alcuni nomi:
Li Wei, Enrico Genovesi, Kenro Izu, Francesco
Jodice. www.lupf.it
novembre 2011 PoPoli 69
Guardare
A cura dell’Osservatorio Media Research di Pavia
Esodo biblico.
Ma dove?
Se in Europa la primavera araba viene
raccontata come opportunità di cambiamento,
in Italia prevale la paura dell’invasione
L
a Primavera araba è
un insieme di eventi
che nel mese di febbraio
2011 è arrivato a occupare
il 22% delle notizie nei Tg
europei del prime time delle emittenti pubbliche. Un
cambio così radicale nelle
prospettive del Nord Africa è stato tematizzato in
modo relativamente omo-
geneo tra i vari telegiornali
con una significativa «anomalia»: il Tg1. Infatti se in
Gran Bretagna, Germania,
Francia e Spagna si è dato spazio principalmente
alla situazione in Libia e
alla cronaca delle rivolte
(la loro somma è sempre
superiore all’80%), in Italia
il tema dominante è stato
per ben il 40% l’emergenza immigrazione e tutte
le problematiche connesse
Corea del Sud
I tre film più visti da gennaio a ottobre 2011
1
Transformers 3
2
Sunny
3
Choi Jong Byunggi Hwal (The Last Weapon)
Regia: Michael Bay
Stati Uniti, 2011
Tra i film più visti in mezzo mondo, il terzo episodio
dei Transformers sbanca in Corea dove in soli tre
mesi ha raggiunto la vetta della classifica.
Regia: Kang hyeong-Cheol
Corea del Sud, 2011
Le vicende di sette studentesse che formano un
gruppo musicale chiamato Sunny e che si ritrovano
25 anni dopo. Una commedia tutta al femminile.
Regia: han-min Kim
Corea del Sud, 2011
Film storico e di azione ambientato durante la
seconda invasione manciù della Corea (XVII
secolo). L’eroe salva la sorella rapita dai nemici
armato solo di arco e frecce.
Fonte: www.boxofficemojo.com
70 PoPoli novembre 2011
(sbarchi, affondamenti, respingimenti, gestione dei
Cie, rivolte, ecc.).
Il nostro telegiornale pubblico ha concentrato l’attenzione su quello che in
più di un servizio è stato definito «esodo biblico»
(«Lampedusa, esodo biblico
dalla Tunisia, migliaia di
persone arrivano in Sicilia,
disagi e difficoltà a gestire
l’emergenza»: Tg1, 13 febbraio 2011), limitandosi a
informare sulla crisi libica per il 22%. L’intervento militare italiano è stato
relativamente sottorappresentato a tutto vantaggio
delle difficoltà che i flussi
di profughi (raramente indicati come rifugiati) stavano generando. Anche gli
altri telegiornali parlano
dell’emergenza immigrazione in Italia soprattutto
per evidenziarne la difficoltosa gestione e le carenze di una visione europea
complessiva. La disputa sui
migranti sballottati alla
frontiera di Ventimiglia tra
Italia e Francia spiega in
buona parte il 6% dedicato
da France 2 a questo tema.
Che sia stata un’emergenza
è indubbio: che sia stato un
esodo biblico forse è un po’
eccessivo. Sempre dai telegiornali europei abbiamo
visto cosa è successo tra
Libia e Tunisia: «Dall’inizio della guerra sono un
milione e trecentomila gli
immigrati che sono fuggiti
dalla Libia. Riversandosi in
massima parte in Tunisia ed
Egitto. In Italia ne sono arrivati solo 28mila. Non c`è
stato quindi nessun esodo
massiccio, come qualcuno
aveva paventato» (Laura
Boldrini, portavoce in Italia dell’Acnur). La grande
speranza che il processo
di democratizzazione nei
Paesi arabi ha generato, nel
telegiornale principale della
Rai è stata surclassata dalla
paura che il cambiamento
arrivi in Italia nella veste
di un’invasione di disperati.
Gli altri telegiornali europei hanno preferito invece raccontare le difficoltà,
ma anche e soprattutto le
enormi opportunità che si
aprono nella sponda sud del
Mediterraneo.
Antonio Nizzoli
Viaggiare
L
a cooperativa Piccoli
Mondi di Acqualagna
(Pu) che si occupa di viaggi
consapevoli, dopo le prime
esperienze nel 2007 in Mozambico, ha deciso nel 2010
di estendere l’area geografica delle proprie mete, includendo tra le altre Etiopia,
Mali, Niger, Ruanda, Uganda e Giordania, e organizzando percorsi ignorati dal
circuito più convenzionale
di turismo. La maggior parte dei viaggi solidali, infatti, contribuiscono al rilancio dell’economia locale,
lavorando con associazioni
delle zone visitate che curano l’aspetto umanitario e
sociale dei viaggi stessi.
Degno di nota è il viaggio che la cooperativa organizza in Bosnia, terra
a noi vicina, ma spesso
poco battuta, un viaggio
Itinerario nella
memoria bosniaca
Il turismo consapevole unisce il rispetto dei
luoghi alla voglia di scoperta e di incontro.
Una proposta bosniaca è un invito a
comprendere le complessità balcanica
nella memoria storica di
un popolo dall’altra parte
dell’Adriatico. Infatti, insieme a un partner torinese,
l’Ong Re.Te, organizza una
settimana con partenza il
prossimo 6 dicembre, in cui
si visitano non solo le città
simbolo come Sarajevo e
Mostar, ma anche borghi
caratteristici per minareti e architetture della dominazione turca. Dopo i
primi giorni nel capoluogo
dell’Erzegovina, l’itinerario
conduce al Parco nazionale
di Kravice e al villaggio
di Pocitelj con la sua antica moschea del 1563 e le
eleganti case costruite dai
notabili musulmani. Si fa
sosta nella città fortificata
di Blagaj, dove si visita il
tekke, la casa dei dervisci. A Sarajevo, oltre al
quartiere turco, alla chiesa
ortodossa, alla sinagoga, si
passa per il tunnel scavato
sotto la città e che permise l’arrivo dei rifornimenti
alimentari durante l’assedio (1992-1996).
Si potrà conoscere la famiglia che lo fece scavare
sotto casa per aiutare la
popolazione. E nei villaggi di Breza e Vardište
(nella foto), si avrà l’occasione di incontrare le
donne attive nella Ong
locale e partecipare ad
alcune loro attività. L’Ong
ha dato vita a un laboratorio tessile e a una cooperativa agrituristica che
ospiterà i viaggiatori.
Per partecipare:
[email protected]
CITTÀ D’AUTORE
Patrizio Roversi:
«A Sana’a si torna all’Arabia Felix»
S
Patrizio Roversi è un autore
e presentatore televisivo.
Per Rai 3 ha condotto
le prime cinque edizioni
di Per un pugno di libri,
quiz sul tema della
letteratura, e le trasmissioni
Turisti per caso, Velisti
per caso ed Evoluti
per caso, programmi
di intrattenimento che
spaziano tra cultura,
geografia e turismo.
ono riuscito ad andare a Sana’a, capitale dello
Yemen, tra 2003 e 2004, approfittando di un
momento di tranquillità tra il periodo dei rapimenti
e i conflitti interni. Ho trovato un Paese meraviglioso, il cui nucleo culturale, estetico, antropologico,
gastronomico è rimasto intatto. È stato un viaggio
nel tempo, mi sembrava di essere piombiato nella
Bibbia. La nostra storia è nata in quei luoghi: la
regina di Saba, Salomone. Ho avuto la fortuna di
avere una guida unica, Marco Livadiotti, figlio del
medico del vecchio emiro e conoscitore del Paese.
Furono lui e suo padre ad accompagnare Pier Paolo Pasolini quando girò Le Mille ed una notte e il
documentario Le mura di Sana’a.
A vedere i palazzi di Sana’a viene voglia di
mangiarli, sono color cioccolato con merletti di
gesso bianco che ricordano la panna. Un ricordo
forte è legato alle attività artigianali, che sono strepitose: dai fabbri agli orafi, ai panettieri.
In Yemen l’uomo ha l’abitudine di girare armato
(con il pugnale ricurvo - jambiya - e, con un fucile).
All’inizio la cosa mi ha scosso, ma poi mi hanno
spiegato che ha un valore simbolico. Mi ha scosso
anche l’incontro con le donne coperte dal velo
integrale nero. Alcune di loro mi hanno detto che
il velo, moda imposta dagli ottomani, non sarebbe
obbligatorio: le donne lo scelgono anche per non
proporsi allo sguardo maschile.
Il luogo per eccellenza delle relazioni umane di
Sana’a è il mercato, con il suo caravanserraglio:
mercanteggiare è il perno su cui si fondano i rapporti, è il luogo in cui scopri la relatività culturale. Emblematico per me è stato l’incontro con un mercante: io
ho iniziato a dialogare in italiano e lui mi rispondeva
in dialetto yemenita spiegandomi la storia del caffè.
Pensavo fosse nato un dialogo surreale, invece riascoltando la registrazione ho scoperto che il dialogo
filava liscio. L’episodio mi ha fatto riflettere sulla natura dei rapporti tra Oriente ed Occidente: eravamo
disponibili l’uno verso l’altro, volevamo condividere
una storia e alla fine ci siamo capiti.
(testimonianza raccolta da Anna Casanova)
novembre 2011 PoPoli 71
Ascoltare
Jazz, a qualcuno
piace etiope
un triste coprifuoco dura- Il re universalmente ricoto dal 1974 al 1991, che ha nosciuto di questo genere
dato vita anche a una fuga è Tilahun Gemesse, scomdi musicisti verso gli Stati parso nel 2009 a 69 anni.
Uniti.
Il pathos con
Nato tra gli anni Sessanta e Settanta, l’ethioDi primo acchicui eseguiva i
jazz trae ispirazione dal jazz statunitense che, to, l’ethio-jazz
suoi pezzi - in
sembra abbia
a sua volta, ha una matrice africana
amarico - avepoco a che fava qualcosa di
frica-Stati Uniti, an- a stelle e strisce, che a sua re con la mufenomena le:
data e ritorno. Quello volta nasce dai ritmi della sica africana:
memorabili
che è probacomunità nera nel senso che
erano i pianti
bilmente il gesi
allontana
africana.
in cui scopMULATU ASTATKE &
nere musicale
Questo
stile da quegli ste- THE HELIOCENTRICS
piava quando
de l l’ Et iopia
peculiare ha reotipi che ha INSPIRATION
cantava brani
contempor avissuto perciò comunemente INFORMATION
dedicati al suo
2009
nea più nola sua stagio- l’orecchio dei
Paese. Alla sua
to all’estero,
ne d’oro prima suoni afro. Posmorte la naziol ’e t h i o - j a z z ,
d e l l’a v v e n t o siamo dire che il genere è ne, commossa, gli tributò
sv i luppatosi
del regime mi- tanto peculiare e articolato funerali di Stato a cui parASTER AWEKE
nel Paese del CheChehO
litare comuni- quanto la cultura e la sto- teciparono migliaia di perCorno d’Africa 2010
sta, a cui cor- ria dell’Etiopia stessa, e la sone. Greatest Hits (2000)
tra gli anni ’60
rispose, invece, scelta degli artisti da citare è ideale per conoscere la
e ’70, affonda le radici una sorta di blackout della è ardua. Qualche nome, sua voce appassionata,
nelle suggestioni del jazz scena musicale pubblica: però, emerge su tutti.
duttile e metallica.
Sul fronte femminile, per
ora, non ha ancora rivaSTRUMENTI
li Aster Aweke, 50 anni, grande vocalist ormai
stabilmente insediata negli
Stati Uniti. Il suo ultimo
zbeko, tagiko, azero, persiano, georgiano. In breve,
lavoro - purtroppo visitipico dell’Asia centrale, ma con versioni simili
bilmente contaminato da
nei Balcani e in Medio Oriente, e per certi versi
ridondanti arrangiamenti
anche qualche lontana somiglianza - solo nel formato
di stampo commerciale - è
- con il bodhran irlandese. È il doyra (o dayereh),
Checheho (2010). La Aweke,
tamburo in pelle (di capra, generalmente) dotato di
una vera lady dall’allure da
una serie di anelli metallici nel bordo interno, che
modella che si fa notare
funzionano come sonagli. A differenza del più noto
per una voce squillante
tamburello (che vede applicati nel telaio piccoli cimbali
quasi bambina, è un’artiaccoppiati che tintinnano con la percussione), il doyra è
più grande e viene percosso con le dita sulla pelle tesa.
sta che da anni si esibisce
Si tratta, come nel caso di tutti i membranofoni, di uno strumento con origini millenarie,
nelle sale da concerto di
che vanta attestazioni anche in poemi persiani intorno all’anno 1000. Normalmente
tutto il mondo, nei princinon viene utilizzato da solo, ma inserito in ensemble con cantanti e altri strumentisti.
pali festival jazz (è stata a
Recentemente si trovano spesso gruppi che annoverano più suonatori di doyra, andando
fianco di Manu Dibango e
a creare così una sezione ritmica piuttosto interessante. Caratteristico del folklore di
Bradford Marsalis, tra gli
molte repubbliche dell’ex unione Sovietica, accompagnava tradizionalmente feste, maaltri) così come in spettatrimoni, celebrazioni. Il doyra non si studia, si improvvisa e si perfeziona con l’esperienza.
coli televisivi, riscuotendo
Ciononostante, Abbos Kosimov, sedicente maestro uzbeco di doyra, troneggia sul web con
ampio seguito sia nel Paese
tanto di dvd e video in cui insegna l’arte della percussione.
d’origine sia tra gli etiopi
Virtuosi, trascinanti e acrobatici suonatori di doyra sono gli otto membri dell’Alaev
Family: una straordinaria band familiare israeliana di origine tagika - i famosi ebrei di
della diaspora.
Bukhara, meglio noti come Mountain Jews (così vengono definiti tutti gli ebrei dell’Asia
Le potrebbe rubare lo scet-
A
Doyra
U
centrale). Padre, figli e nipoti: gli Alaev sono polistrumentisti che stanno riscuotendo
attenzione sulla scena world music internazionale, e la bravura nel suonare il doyra è
uno dei punti di forza dei loro spettacoli.
72 PoPoli novembre 2011
a.a.
tro la più giovane Gigi, Un veterano dell’ethioal secolo Ejigayehu Shi- jazz, vero istrione, è Mubabaw: bella, carismatica latu Astatke, classe 1943.
e dalla voce calda e ma- Formatosi in Gran Bretatura. Come l’Aweke, Gigi gna e Stati Uniti (qui, nel
ha scelto l’America come prestigioso Berklee College
nuova patria, dove si è of Music) è compositore e
sposata con il musicista percussionista, influenzae produttore discografico to anche da suoni latini.
di fama Bill LaL’ultima inciswell.
sione signifiGigi, oltre a escativa, nella
sere una cansua prolifica
tante completa
produzione, è il
che ha sfiorato
trascinante ed
vari generi (dal
eclettico projazz al dub), si
getto Mulatu
distingue anA s t at k e & T h e
GIGI
che per il co- ABYSSINIA
He l ioce nt r ic s
raggio con cui INFINITe:
(un collettivo
ha di recen- zION ROOTS
inglese) dal ti2003
te espresso il
tolo Inspiration
suo sdegno nei
Infor mation
confronti del leader etio- (2009). Infine, per un vero
pe Meles Zenawi, il quale Bignami di tutti i suoni
poco ha fatto per impedire etiopi (d’epoca e moderla miseria del Paese. In- ni, tribali e non), è imteressanti sono i suoi cd prescindibile la serie di
Abyssinia Infinite: Zion ventisette cd Ethiopiques
Roots (2003) e Gold & wax (1997-2010).
Alessandra Abbona
(2006).
D
L’evento
A Roma la musica
delle reducciones
19 novembre
Roma
All’Auditorium
della musica, si
esibisce
il trombettista
Ibrahim Maalouf
che spazia dalla
musica classica
alla tradizione
araba.
www.auditorium.
com
21 novembre
Milano
Al Teatro alla
Scala concerto
benefico della
Sinfónica Simón
Bolívar de
Venezuela.
www.progettoarca.
org
a maggio, Roberto Menichetti gestisce insieme al collega
Andrea Buffa uno spazio informativo per i migranti, in
particolare per coloro che vivono e lavorano in Toscana. Ogni
mercoledì (17-17,30) va in onda su Novaradio città futura (www.
novaradio.info) il programma «NoiAltri - La voce dei migranti»,
una bussola per orientare i migranti nella vita quotidiana. Per
questo vengono affrontanti temi quali: il permesso di soggiorno, il
diritto alla cittadinanza, lo status di rifugiato, ma vengono anche
raccontate storie di accoglienza virtuose, percorsi di inserimenti
lavorativi funzionanti.
«Da una quindicina d’anni sono operatore e coordino lo Sportello
immigrazione - spiega Menichetti -. Essendo in contatto con
problemi ed esigenze degli immigrati, mi sono reso conto di quante
informazioni sbagliate circolino. Con questo programma vogliamo
dar voce alle loro storie, ai loro problemi e al contempo informarli
correttamente». I migranti hanno risposto in maniera positiva,
intervenendo spesso durante la trasmissione.
È stato lanciato anche un concorso insieme al Centro Audiovisivi
di Firenze: produrre un video di 5’ sul tema «Lo straniero», con la
condizione che i due registi siano persone con almeno 30 anni
di differenza.
N
ella parte orientale della
Bolivia, al confine con il
Brasile, nel 1675 arrivarono gli
spagnoli e con essi i gesuiti,
che vollero ripetere un’esperienza di successo realizzata alcuni
decenni prima nei territori limitrofi con gli indios guaranì. I gesuiti crearono 25 reducciones,
comunità organizzate dai capi
indigeni per difendersi dalle autorità dei coloni spagnoli. L’incontro tra i gesuiti missionari
e le popolazioni indigene ha
dato vita a un particolare stile
musicale, che si è sviluppato
nelle scuole di musica delle
reducciones: il barocco missionale. Gli indigeni riproducevano
le partiture con la propria personalità, il proprio immaginario
melodico e con violini, flauti e
bajones autoctoni.
Nella maggior parte dei villaggi
del dipartimento del Beni, che
ancor oggi portano tracce delle
antiche missioni, l’eredità di
questo tesoro culturale si va
spegnendo. Ma la Escuela de
Musica di San Ignacio de Moxos sta lottando perché questa
decadenza si fermi. A ottobre è
partito un tour europeo dell’ensemble Moxos, un gruppo di
venti ragazzi e ragazze della
Escuela de Musica di San Ignacio de Moxos che esegue danze e musiche della tradizione
barocca missionale. Il tour ha
toccato Germania, Olanda, Francia, Spagna e Svizzera. L’ultima
tappa sarà un concerto di beneficenza a favore del Magis a
Roma il 13 novembre presso
l’Auditorium Parco della Musica.
Ingresso libero previo ritiro voucher
presso la Fondazione Magis o l’Info
Point dell’Auditorium di Roma (a
partire dal 10 novembre).
Info: [email protected]
novembre 2011 PoPoli 73
Gustare
Quel legume sintesi
di povertà e ricchezza
Conosciuta fin dall’antichità, nelle culture
occidentali la lenticchia richiama il denaro
e serve ad augurare prosperità futura, ma è
anche il piatto umile per eccellenza
L
e lenticchie o «dell’ambiguità». Cibo povero
che rende ricchi, sia pure
attraverso un imbroglio,
come nella vicenda di
Esaù il quale, affamato,
cede la sua primogenitura
al fratello (Gn 25, 29-34).
Da allora, vendersi per
un piatto di lenticchie sta
a significare l’insipienza
più grande, ma anche, biblicamente, l’incredibile
storia della salvezza di
Israele, venuta dall’antieroe, il figlio minore Giacobbe, capace di lottare
con gli angeli. Le lenticchie, dunque, come sintesi
di povertà e di ricchezza,
vera o metaforica che sia.
Con la loro forma rotonda richiamano il denaro
e quindi servono ad augurare prosperità futura
nelle tradizioni del Capodanno di tanti popoli.
Eppure, l’ambiguità persiste: nella Onirocritica
dello stoico Artemidoro
di Daldi (II secolo d.C.),
ricordato anche dal padre
della psicanalisi, Sigmund
Freud, sognare lenticchie
sarebbe presagio di lutti
e, per molto tempo, esse
sono state cibo dei riti funebri. Il naturalista Plinio
le mette tra i legumi in
grado di sfamare ma, avverte, gonfiano lo stomaco e danneggiano la vista.
74 Popoli novembre 2011
Ben più tardi, nel 1513, lo
spagnolo Gabriel Alonso
de Herrera nella sua Obra
de Agricoltura, dando informazioni su semina e
raccolta, insiste: le lenticchie sono fredde e secche
e perciò alimentano un
sangue malinconico, producono cattiva digestione
e sono assolutamente vietate a chi soffre di epilessia, portano dolori di
testa, fanno fare sogni
spaventosi, accorciano la
vista.
Nonostante questa cattiva
fama, la lenticchia (lens
culinaris della famiglia
della fabacee, originaria
dell’Asia), detta anche
«lente», è diventata nei
secoli il cibo dei poveri,
anzi la «carne» dei poveri.
Conosciuta dagli etruschi
e dagli arabi è passata
dalle mense popolari a
quelle dei conventi e, pur
sporadicamente, a quelle
dei nobili. Forse per il suo
carattere versatile che si
sposa con qualsiasi condimento.
Come nella ricetta dello
Sri Lanka (cfr box) nella
quale il piatto di lentic-
•••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••
La ricetta
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Lenticchie cingalesi in salsa piccante
Scaldare in una padella due cucchiai di olio e farvi soffriggere
una cipolla tritata, mettendone da parte la metà. Unire due
peperoncini rossi tritati, due cucchiai di gamberetti secchi,
un cucchiaio di curcuma in polvere, poi 500 grammi di
lenticchie rosse, un cucchiaino di curry in polvere, 500 ml
di latte di cocco, un po’ di brodo vegetale, una stecca di
cannella, del lemon grass.
Portare il tutto a ebollizione, abbassare la fiamma e lasciar
cuocere per almeno trenta minuti. Guarnire il piatto, prima di
servirlo, con la cipolla tritata.
chie annega nel cocco e
nel curry, la multiforme
salsa composta (a seconda
del momento e dell’estro
di chi la cucina) da coriandolo e cumino, chiodi
di garofano e cannella,
cardamomo e curcuma
(spezia di origine indiana), pepe e senape, finocchio e aglio, cipolla,
zenzero e peperoncino o
anche tamarindo.
Originariamente, la parola di origine tamil «cari» stava a significare un
piatto cucinato con tutte
le spezie: poi divenne, nel
dizionario inglese, «curry», vale a dire il condimento diffuso in tutta la
cucina del Sud-est asiatico. Lenticchie povere,
dunque, ma con grande
ricchezza di sapori.
Anna Casella Paltrinieri
RETROGUSTO Locali etnici con una storia dietro
PizzaKebap da Demir
«Q
uando ho iniziato a pensare di cucinare il döner kebap mi sono trovato
a scegliere: utilizzare la carne che arrivava
congelata dalla Turchia o quella italiana? Ho
deciso di utilizzare solo carne piemontese e
la mia scelta si è rivelata vincente». Ergulu
Demir, turco di Ankara, è la dimostrazione
vivente di come la contaminazione tra culture
in cucina non solo sia possibile, ma possa
anche diventare un fattore di successo.
Demir arriva in Italia, a Torino, nel 1986 e
trova lavoro come lavapiatti in un ristorante.
Nel tempo però la cucina lo appassiona e
i suoi capi se ne accorgono. Così diventa
aiuto-cuoco, poi cuoco e, infine, primo cuoco.
«Sebbene sia turco - osserva - posso definirmi
un cuoco italiano. È qui che ho imparato a
cucinare, specializzandomi in piatti italiani.
Ma dentro di me, rimaneva la curiosità: perché
non provare con la cucina del mio Paese? Negli anni Novanta, in Italia non esisteva il vero
döner kebap. Così ho iniziato a cucinarlo».
Demir si trova a dover preparare il piatto con
carne congelata e molto speziata che arriva
dalla Turchia. «Quella carne congelata - ricorda - non era un granché e tutte quelle spezie
secondo me servivano solo a coprire il cattivo
sapore. Allora ho deciso di utilizzare la carne
piemontese con solo due altri ingredienti: latte
e cipolla». Il döner kebap di Demir ha subito
successo. Il suo chiosco diventa punto di
riferimento per turchi e per gli italiani. «Sono
contento di essere riuscito a conquistare i
palati dei piemontesi che, notoriamente, sono
molto esigenti».
PizzaKebap da Demir piazza Adriano 6, Torino
SORSEGGI
Rooibos
I
n Sudafrica c’è una bevanda che
mette d’accordo tutti: boeri di origine
olandese, bianchi di origine inglese e popolazioni africane. È il rooibos, un infuso
delle foglie di aspalathus linearis, una
pianta che cresce esclusivamente nella
regione di Cederberg.
Conosciuto da secoli dalle popolazioni
khoisan (boscimani), il rooibos ha iniziato a diffondersi tra i coloni olandesi
all’inizio del XIX secolo. Per loro, importare il tè nero era troppo costoso e quindi iniziarono a bere quella bevanda che
le popolazioni locali preparavano con le foglie tritate e lasciate fermentare. Per
una più ampia diffusione bisogna aspettare il XX secolo.
Nel 1904 un commerciante sudafricano, Benjamin Ginsberg, ne capisce la potenzialità e, stretto un accordo con i khoisan per la fornitura delle foglie, inizia a
commerciare il rooibos. Si tratta ancora di una produzione locale, anche perché
inizialmente si fa fatica a impiantare coltivazioni su larga scala di aspalathus
linearis dal momento che i semi sono troppo piccoli e difficilissimi da raccogliere.
La svolta si ha negli anni Venti, quando un’operaia scopre che le formiche immagazzinano i semi nei formicai. «Derubando» le formiche è quindi possibile procurarsi buone quantità di semi. Da quel momento, si inizia a creare piantagioni su
vasta scala e il rooibos diventa sempre più popolare in Sudafrica.
e.c.
Novembre
Settimo Torinese (To)
Nella Casa dei Popoli,
si tengono le Officine
Gastronomiche Multietniche,
serate dedicate al tema
del cibo.
www.lacasadeipopoli.it
4 novembre-3 dicembre
Trento
«Tutti nello stesso piatto»,
10 serate di proiezioni,
incontri con registi e scrittori
per comprendere quanto
influiscono le nostre scelte
alimentari sui Paesi del Sud
del mondo.
www.altromercato.it
novembre 2011 PoPoli 75
Benvivere
SOLIDEE
«Biblioteche solidali»
per il Sud del mondo
S
ostenere il diritto alla lettura
e alla cultura come arma per
prevenire il disagio e l’esclusione
sociale nei Paesi del Sud del mondo.
È l’obiettivo della campagna «Biblioteche solidali», promossa dal 2006
dall’Istituzione biblioteche del Comune di Roma che, insieme a dieci
associazioni del territorio, promuove
la costruzione di nuove biblioteche
nei Paesi del Sud del mondo, oltre
a supportare le attività di quelle già
esistenti, arricchendo anche il loro
patrimonio librario. Dal 2006 sono
stati raccolti 50mila euro con cui
sono state create cinque nuove biblioteche e sostenute altre nove.
Tra queste, quella di Aley in Libano
che, grazie anche all’associazione
Arci di Roma, svolge un ruolo cruciale di socializzazione in una zona dove vivono 12 dei 17 gruppi
etnico-religiosi spesso in attrito.
È aperta a tutti, senza distinzione
di appartenenza e ha all’attivo non
solo corsi di recupero per ragazzi in
difficoltà, ma anche corsi di teatro,
di lettura, di scrittura creativa.
Info: http://comune.roma.it/
Hai voluto il concerto?
E adesso pedala!
Il gruppo musicale romano Têtes de Bois
ha organizzato il primo concerto in cui gli
spettatori, pedalando su biciclette, producono
la corrente elettrica necessaria per suonare
P
edalatori per ascoltare musica, cercansi.
Potrebbe essere questo lo
slogan del gruppo musicale
Têtes de Bois, che ha lanciato un progetto unico in Italia: il primo concerto musicale a pedali, ossia l’energia
elettrica necessaria per suonare viene prodotta dalle pedalate degli spettatori
seduti sulle biciclette.
Il concerto GoodBike per
i Têtes de Bois s’inserisce
coerentemente nel solco
della loro filosofia. Il gruppo è sempre stato innamorato dei luoghi curiosi. A
partire dal loro palco storico: un camioncino Fiat 615
NI del 1956. Per proseguire
con le location di alcune
esibizioni: ascensori, treni,
fabbriche dismesse, addirittura una vasca di otarie.
«Siamo sempre alla ricerca
di spazi in cui s’instauri
un rapporto nuovo e fuori
dagli schemi, con il pubblico - spiegano gli artisti -.
Pensiamo che una fruizione
alternativa riscriva il rapporto tra pubblico, artista
e spazio».
Il concerto a pedali è ecologico e dedicato alla bicicletta, si alternano canzoni
storiche sulla bici e canzoni
dell’album Good-Bike, arrivato secondo al Premio
Tenco (2010).
Gli spettatori sono invitati
ad andare al concerto in
bicicletta e a posizionarla su
uno dei 128 cavalletti collegati al palco per generare
la corrente necessaria. «La
nostra è un’iniziativa per
gli amanti della bicicletta,
non bisogna essere ciclisti
professionisti. Basta venire
con la bicicletta e la pedalata non sarà impegnativa.
Infatti ogni 20 minuti facciamo pausa per permettere
il cambio dei pedalatori. Il
concerto dura un’ora». E se
il pubblico chiede il bis?
Basta pedalare! Concerti si
sono tenuti a Bari (la Regione Puglia ha finanziato
il progetto) e a Roma; c’è
in programma una tappa
a Verbania. Poi tournée a
Francoforte e Londra.
Info: www.tetesdebois.it
Quando dai rifiuti nascono le case
I
n risposta all’invasione dei rifiuti e allo
spreco di materie prime, alcuni progettisti e
designer fantasiosi hanno immaginato che gli
oggetti possano trovare una seconda vita nel
«riuso», anziché nel «riciclo». Il riuso è più immediato e più economico del riciclo, sebbene
richieda un minimo di adattamento a nuove forme
estetiche e una buona dose di creatività.
Il Phoenix Commotion realizza a houston (Texas)
case a bassi costi per famiglie a basso reddito. Come? usando oggetti provenienti dalle
raccolte differenziate, dalle targhe d’auto ai
cocci di vetro o terracotta. Il risultato finale sono case monofamiliari dall’aspetto simile a un
patchwork ricamato con molta fantasia.
Spiral Island, invece, a Cancun (Messico), è
un’abitazione galleggiante in legno di 20 metri di diametro, costruita dell’ecologista Rishi
Sowa e da due anni aperta al pubblico. Realizzata su piattaforme semisommerse poggianti
su 250mila bottiglie di plastica racchiuse in
reti, ha lo scopo dichiarato di sensibilizzare
l’opinione pubblica al riuso dei rifiuti lasciati
in mare.
Sempre in Messico, il Tubo Hotel di Tepoztlan
(nella foto) rappresenta un altro esempio di riuso. Grandi settori cilindrici di collettori idrici
in cemento (cioè tubi di 2,40 metri di diametro) sono stati sottratti ai martelli demolitori e
trasformati in camere di motel.
La carenza di aule e la sovrapproduzione
di rifiuti ha ispirato i progettisti della Bottle
School, esempio di architettura sostenibile a
San Pablo Laguna (Filippine). Le pareti della
scuola sono state realizzate con bottiglie di
plastica e vetro. Lo slogan del progettista è:
«sette minuti per bere una bibita, 700 anni per
distruggerne la bottiglia, sette settimane per
farne una scuola».
Roberto Desiderati