66 3 domande a... Alain Mabanckou 67 Babel Leonidas
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66 3 domande a... Alain Mabanckou 67 Babel Leonidas
A cura della Redazione e di Anna Casanova Per segnalazioni scrivi a [email protected] 67 66 3 domande a... Alain Mabanckou 68 66 Cinema Il villaggio di cartone 67 Babel Leonidas Michelis 68 72 Strumenti Doyra 71 72 71 Viaggiare Itinerario nella memoria bosniaca 74 71 Città d’Autore 74 Gustare Quel legume sintesi di povertà e ricchezza 76 Sana’a (Patrizio Roversi) 76 Benvivere hai voluto il concerto? e adesso pedala! 71 62 65 63 66 68 70 64 67 69 Leggere Segnalazioni America latina - Immigrazione - Arti africane Sul comodino di... Marco Aime Carta canta L’esperienza La libreria Books in the Casba Tre domande a... Alain Mabanckou Babel Leonidas Michelis Guardare Cinema Il villaggio di cartone Documentari Immigrazione Tre domande a... Silvia Calandrelli Osservatorio Esodo biblico. Ma dove? Botteghino Corea del Sud Viaggiare Itinerario nella memoria bosniaca Città d’Autore Sana’a (Patrizio Roversi) Ascoltare Musica Jazz, a qualcuno piace etiope Strumenti Doyra On air Nova Radio L’evento A Roma la musica delle reducciones Gustare Sapori&saperi Quel legume sintesi di povertà e ricchezza Retrogusto PizzaKebap da Demir Sorseggi Rooibos Benvivere unaltrostile Hai voluto il concerto? E adesso pedala! Solidee «Biblioteche solidali» per il Sud del mondo habitat Quando dai rifiuti nascono le case Pianerottolum 65 70 71 75 72 74 68 71 73 76 76 73 72 75 76 77 Leggere america latina tempo reale i soprusi perpetrati dal regime. Non mancano i contributi di scrittori scomodi come Canek Guevara (nipote del Che) e Roberto Ampuero. Il testo mette in luce anche il forte attivismo dei vescovi cattolici che operano sull’isola e i cambiamenti portati dalla visita di Giovanni Paolo II nel 1998. [Lindau, Torino 2011, pp. 191, euro 16] Lucia Capuzzi, Nello Scavo Adios Fidel. Fede e dissenso nella Cuba dei Castro Gli Autori propongono un viaggio all’interno della «gioventù dissidente» cubana, che a partire dal 2006, con le dimissioni del Lider Máximo, ha iniziato a intravedere un futuro diverso per Cuba. Il libro racconta le speranze della nuova generazione cubana attraverso la voce degli oppositori al regime che combattono il castrismo in diversi modi: dal giornalista Guillermo Farinas (Premio Sakharov 2010 del Parlamento europeo), che ha iniziato uno sciopero della fame dopo la morte del prigioniero politico Orlando Zapata, deceduto dopo una protesta durata due mesi e mezzo, alla blogger Yoani Sanchez, che attraverso il web racconta in AA.VV. La Bolivia di Evo. Democratica, indianista e socialista? Evo Morales, primo presidente indigeno della Bolivia eletto nel 2006, ha dato inizio a un processo di trasformazione del Paese senza eguali, le cui parole d’ordine sono «riappropriarsi» delle risorse naturali e «rifondare» la nazione. Tuttavia i problemi per il Mas (Movimento verso il socialismo) non mancano: da una parte, la morente oligarchia conser- Milano - Via G.B. Niccolini, 8 - Tel. 02.34 56 081 www.ancoralibri.it - [email protected] Promozione e distribuzione Rcs Libri DIZIONARIO RAGIONATO DEI SANTI Tutto sui santi e beati della millenaria tradizione cristiana: l’agiodiario, il repertorio, il protezionario, il curiosario. 11.811 patroni e protettori da Aaron a Zoe Autore: Michele Francipane Pagine: 1008 Prezzo: E 29,00 62 PoPoli novembre 2011 vatrice prova con tutti i mezzi a sua disposizione a impedire un processo di rinnovamento che va contro i privilegi della «casta» boliviana; dall’altra, gli interessi economici internazionali premono per mantenere il controllo sull’economia del Paese, già fiaccata da secoli di colonialismo. L’ascesa di Morales è descritta attraverso le mobilitazioni sociali avvenute dagli anni Novanta in Bolivia, che hanno portato il Mas a essere il primo partito del Paese e catalizzatore delle speranze dei ceti più poveri. Gli A.A. analizzano efficacemente la trasformazione per via democratica di un Paese in cui le differenze sociali rimarcano plurisecolari linee di discriminazione etniche. [Edizioni Punto Rosso, Segrate (Mi) 2010, pp. 166, euro 12] Antonio e Carlo Calabrò Bandeirantes. Il Brasile alla conquista dell’economia mondiale I bandeirantes - i conquistadores che nel Cinquecento colonizzarono il Brasile -, sono accomunati ai giovani brasiliani di oggi, migliori e più intraprendenti rispetto al passato. Il testo racconta di un Paese che continua a rinnovarsi radicalmente, grazie soprattutto alla nuova presidente, Dilma Rousseff, che all’inizio dell’anno ha raccolto l’eredità del popolarissimo Lula e rilanciato la lotta alla povertà. In Brasile cresce una nuova classe media, aumentano gli investimenti dall’estero e le migliori imprese brasiliane - dall’agricoltura all’energia - si muovono alla conquista dei mercati internazionali: il Brasile è a tutti gli effetti «un Paese alla conquista del mondo». [Laterza, Roma-Bari 2011, pp. 200, euro 16] Piero Gorza Politiche dell’identità nell’«altro Occidente» Il testo è il risultato di una lunga ricerca etnografica mirata a capire i fenomeni sottesi ai movimenti di rivendicazione identitaria degli indigeni dell’America latina. L’A., docente di Antropologia politica presso l’Università di Torino, cerca di comprendere il motivo per cui le bandiere identitarie, nei Paesi del Sudamerica, abbiano portato alla formazione di Stati più rispettosi delle diversità etniche, mentre in altri Paesi, come la Bosnia, queste rivendicazioni siano sfociate nella violenza e nell’intolleranza. Oggetto dello studio sono gli indios e il modo in cui essi hanno costruito la propria identità attraverso cinquecento anni di conquiste e meticciamento, che hanno portato l’America Latina a essere un «altro Occidente», vicino e allo stesso tempo lontanissimo. L’A. descrive dal punto di vista antropologico le relazioni reciproche tra istituzioni originarie e movimenti indigeni di Bolivia, Ecuador e Messico, riservando una sezione del libro al punto di vista degli indios stessi. [Il Mulino, Bologna 2011, pp. 380, euro 28] immigrazione Elena Caneva Mix Generation. Gli adolescenti di origine straniera tra globale e locale Il libro analizza la condizione dei giovani stranieri di seconda generazione, quelli che condividono con i coetanei italiani sogni e stili di vita, ma che si trovano a dover negoziare la propria identità con la cultura della propria famiglia di origine. I giovani di origine straniera SUL COMODINO DI... Marco Aime: la società ipermediatica e il suo linguaggio ingannevole «C Antropologo e scrittore, Marco Aime insegna Antropologia culturale presso l’Università degli studi di Genova. Ha condotto ricerche in Africa occidentale (Benin, Burkina Faso, Camerun, Mali, Togo) e sulle Alpi. Tra i suoi volumi più recenti, Una bella differenza. Alla scoperta della diversità del mondo (Einaudi 2009), Il dono al tempo di internet (Einaudi 2010) hiunque detenga il potere può controllare anche il linguaggio, e non solo con le proibizioni della censura, ma cambiando il significato delle parole», ha detto il poeta polacco Czeslaw Milosz. Sempre di più nella nostra epoca ipermediatica, satura di comunicazioni, il linguaggio assume un’importanza cruciale per la politica. Un linguaggio sempre più rapido, frettoloso, ma anche sempre più subdolo. Proprio per questo Gianrico Carofiglio (La manomissione delle parole, Rizzoli 2010), uno che è stato magistrato e quindi di parole se ne intende, con questo suo libro ci mette in guardia dalla manipolazione che media e politici operano sempre più spesso sulle parole. Come nella Neolingua di orwelliana memoria, nelle retoriche politiche tutto deve essere semplificato, assottigliato, sfrondato. Tutte le parole devono avere un’unica accezione che, riducendo il significato ai concetti più elementari, rende impossibile concepire un pensiero critico individuale. Inoltre, alcuni termini vengono addirittura stravolti nel loro significato semantico: pensiamo alla parola lodo, che dovrebbe essere, secondo il dizionario Devoto-Oli, «una formula di transazione o di compromesso in una controversia, proposta da una persona di riconosciute imparzialità e au- torevolezza» e che, invece, si è trasformata in una semplice legge mirata a difendere alcuni privilegi. Per non parlare dell’abuso del termine «libertà», che viene presentato come un concetto vicino all’anarchia, finalizzato a tutelare interessi privati. E cosa dire di «democrazia»? Declinato nei più disparati modi, questo termine finisce, come gli altri, per essere svuotato e per perdere quell’alto valore che gli antichi avevano saputo attribuirgli. Con un percorso piacevole e lineare, Carofiglio ci accompagna lungo un sentiero di parole per dimostrarci quanto il linguaggio può essere ingannevole, se non sottoposto ad adeguata critica. Un pericolo che corriamo sempre di più, perché siamo avvolti dalla comunicazione, dai discorsi. Paradossalmente, dopo avere per secoli discriminato quei popoli che definivamo «senza scrittura», siamo diventati una società prettamente orale. Guardiamo la tv, ascoltiamo la radio, l’iPod, siamo vincolati al cellulare e anche il nostro modo di comunicare via e-mail, si esprime con un linguaggio che è più vicino all’oralità che alla scrittura. Immersi in questo mare di parole, non dobbiamo perdere la rotta e il libro di Carofiglio ci dà una mano, perché non è del tutto vero che verba volant, come dice John Austin: «Le parole fanno le cose». novembre 2011 PoPoli 63 Leggere CARTA CANTA L’«altro» nella stampa periodica italiana F rontiere e attraversamenti evocano immediatamente, nel nostro immaginario, l’altro come migrante, che lascia la sua terra e parte alla ricerca di una possibilità di futuro in Paesi lontani: un viaggio solitamente pieno di rischi, che deve fare i conti anche con paure e chiusure altrui, le nostre. Gli articoli su cui ci soffermiamo in questo mese toccano in vario modo questi temi. Il primo è il servizio di copertina de Il Venerdì del 9 settembre 2011: porta l’occhiello ironico e un po’ amaro Giochi con le frontiere, si intitola E la Grecia ha deciso di fare muro tra Est e Ovest ed è firmato dallo scrittore Matteo Nucci. Il confine è quello tra Grecia e Turchia: come spiega il capo della polizia di Orestiada, il muro che il governo greco ha deciso di costruire «sarà lungo dodici chilometri e mezzo» e «proteggerà l’unico tratto del confine che non segua il fiume [l’Evros] e che è come un’autostrada per l’immigrazione clandestina». Nel servizio risulta stridente il contrasto tra il «rimedio» scelto dal governo greco e la portata umana della questione migratoria: i cinque giovani che il lettore incontra in apertura del servizio e che camminano lungo la strada asfaltata verso Orestiada li ritroviamo alla fine nella piazza centrale della città, su una panchina. Sono stati rifocillati da qualcuno e ora fumano «per nascondersi, per mimetizzarsi. Perché un uomo che ha percorso chilometri e chilometri per entrare in Europa, senza nulla, solo con il desiderio di cambiare vita a costo di sfidare la morte, difficilmente lo troveresti in piazza a fumare». Il secondo servizio, apparso su Famiglia Cristiana del 4 settembre 2011, porta la firma di Maurizio Turrioni, è dedicato al nuovo film di Emanuele Crialese, Terraferma, e s’intitola La ragazza venuta dal mare, in omaggio alla giovane africana Timnit, giunta a Lampedusa su un barcone con altri 4 sopravvissuti e 73 cadaveri e coinvolta nel cast. Intervistato da Turrioni, è lo stesso Crialese a spostare l’accento dal discorso cinematografico al modo in cui mass media e politica affrontano la questione migratoria: «Trovo aberrante il modo in cui i media minimizzano la tragedia dell’immigrazione dall’Africa verso le nostre coste. […] Guardo i Tg, sfoglio i giornali e leggo le parole pronunciate da certi politici: rifugiato, immigrato, clandestino. Ma cosa significano? Dietro le etichette ci sono persone vere, in fuga da fame e guerre per un migliore avvenire. Per sé e per i figli». E la trasformazione di Lampedusa «da scoglio incontaminato a vera e propria terra di frontiera», diventa, agli occhi del regista, il simbolo stesso di questa aberrazione. Infine, su D-Repubbiica (17 settembre 2011) Giacomo Papi ci parla de I passages, storiche e lussuose gallerie del centro di Milano. In particolare di Galleria De Cristoforis, primo tra i passages italiani e che oggi, «ogni notte si trasforma. I barboni stendono i loro cartoni […] e si accampano per dormire. Un paio di volte alla settimana, intorno alle 21, si sente un rumore diffuso […] Sotto terra, pochi metri oltre la grata su cui poggiamo i piedi, c’è un lungo tavolo circondato da decine e decine di esseri umani impegnati a scartare a velocità forsennata centinaia di camicie, pantaloni, felpe e pullover. Dall’aspetto e dalle voci sembrerebbero arabi, cingalesi o pakistani. […] La visione evoca qualcosa di barbaro e fantascientifico. Una folla improvvisa sorge dal nulla, di notte, nel sottosuolo di una grande città, a pochi passi dai grandi magazzini, per togliere dal cellophane la marea montante di merce che preme per essere esposta e comprata». Ecco un nuovo confine da superare, tutto interno al nostro Paese, per i tanti che abbiano raggiunto Orestiada e, dopo una lunga e dolorosa traversata, la terraferma. elvio Schiocchet e Maria Grazia Tanara 64 PoPoli novembre 2011 sono stretti tra la volontà di non perdere le proprie radici culturali e il desiderio di seguire aspirazioni e modi di vivere dell’ambiente sociale in cui vivono. L’A. si concentra sulla quotidianità delle seconde generazioni: come occupano il tempo libero, il tipo di amicizie che stringono, l’approccio al mondo degli studi e del lavoro, il rapporto con i genitori. L’obbiettivo del testo è far luce su diversità e somiglianze che i giovani stranieri condividono con gli italiani, in modo da proporre approcci nuovi e alternativi al tema. Il libro si rivolge prevalentemente a insegnanti e a operatori sociali, ma può essere una lettura molto interessante per tutti gli appassionati di queste tematiche. [FrancoAngeli, Milano 2011, pp. 272, euro 28] Tiziano Gaia Puoi chiamarmi fratello Christian Kouabite è un ragazzo camerunense: ha i piedi buoni, infatti è stato una promessa del calcio. Lo è stato fino a che la droga l’ha fatto diventare uno spacciatore e gli ha aperto le porte del carcere di Torino. Qui ha incontrato Tiziano Gaia mentre lavorava fianco a fianco con i detenuti nell’ambito del progetto sociale «Pausa Café». Quando Christian finisce di scontare la sua pena, la grande amicizia nata tra i due porta Tiziano a seguire l’amico in Camerun. Lì scopre bellezza e miseria di un Paese con una sfrenata passione per il calcio, un luogo ricchissimo di giovani che vedono nei campi di terra battuta una possibilità di riscatto. Tiziano si confronta con la vivacità della famiglia allargata di Christian e con la sua difficoltà di tornare nel luogo di origine. Il giovane camerunense, dopo aver appreso un modo diverso di vivere, è in bilico tra due culture difficili da conciliare. È lo stesso Christian a dire: «Riesco ad essere fuori luogo in due continenti: da voi, dove non sarò mai un europeo, e qui da me, dove non mi accettano più come africano. Un capolavoro, che ne dici?». Ma il ritorno in Africa è solo un pretesto, il vero viaggio di Christian è un percorso interiore per riscoprire se stesso e gli stimoli a cui non sa dare un nome. [Instar Libri, Torino 2011, pp. 281, euro 15] Giulio Di Luzio Brutti, sporchi e cattivi. L’inganno mediatico sull’immigrazione tro di questa indagine rigorosa di un giornalista che si occupa da anni di temi sociali. «Invasioni», «emergenze», varie semplificazioni linguistiche per cui l’immigrato irregolare diventa sinonimo di criminale sono parte dello scenario quotidiano. Il LA LIBRERIA I mass media e la creazione di un’immagine (in genere, negativa) dell’immigrato in Italia sono al cen- L’esperienza Quel liceo di Trento in cui si studia la libertà N el panorama spesso sconfortante della scuola pubblica italiana, schiacciata fra tagli ai finanziamenti pubblici e ricerca di più efficaci modelli educativi, è forse utile segnalare le esperienze positive, che pure non mancano. Una ha visto protagonisti studenti e insegnanti del Liceo scientifico e linguistico Leonardo da Vinci di Trento. Racconta Stefano Paternoster, uno dei docenti: «L’idea di una sorta di indagine sul tema della libertà attraverso una serie di interviste è venuta al sottoscritto ed è stata subito accolta con entusiasmo da un gruppo di studenti e da una collega. Inizialmente non si pensava a un libro, ma la risposta da parte degli studenti è stata alta e il lavoro è come “cresciuto in mano”. Voglio dire che a un certo punto ci siamo resi conto di avere creato qualcosa di organico e che il lavoro meritava una veste adeguata». La libertà e i «luoghi» in cui essa si esercita - informazione, margini, istituzioni, cultura - sono stati esplorati attraverso le voci di personaggi come Milena Gabanelli, Giuseppe Ayala, don Luigi Ciotti, Moni Ovadia e Roberto Keller. Il tutto all’insegna della compartecipazione e, non poteva essere diversamente, delle nuove tecnologie: «La preparazione delle domande era fatta “alla pari” da studenti e insegnanti. Per documentarsi suggerivamo agli studenti articoli, libri o anche film che potevano avvicinare alla tematica da affrontare. Le interviste, realizzate dai ragazzi insieme a un insegnante o anche solo dai ragazzi, sono state realizzate invitando le persone a scuola, andando noi da loro, o anche tramite Skype da scuola». «Libertà» è in realtà solo un sottotitolo del volume - che può vantare anche una veste grafica accattivante -, e il numero 1 sul dorso del libro lascia intuire che questa sia la prima puntata di una serie: «È così - conferma Paternoster -, stiamo già progettando il secondo volume, che sarà dedicato al tema del viaggio». Il titolo, suggestivo, è invece Presenti. Vivere, comprendere, trasformare. Il libro è distribuito solo in alcune librerie di Trento ma può essere richiesto contattando direttamente la scuola. Tutte le info su www.liceodavincitn.it D opo più di quindici anni trascorsi a lavorare presso la Feltrinelli di Genova, il libraio Fabio Marabotto decide, insieme al socio Marco Mazzola, di accettare una sfida: aprire una libreria nel quartiere storicamente difficile, depresso, «dei contrabbandieri napoletani», in via di Prè, a Genova. «Questo è il cuore dell’immigrazione a Genova: qui si sono succeduti prima gli italiani migranti dal Sud, poi i migranti africani. È il quartiere “nero”, dove vivono soprattutto i senegalesi. Il nostro intento era: portiamo gli italiani nel cuore dell’immigrazione». La libreria Books in the casba è stata aperta nel 2007 grazie al Progetto Europeo Urban II per la riqualificazione urbana. L’operazione dei librai non è stata facile, ma i genovesi hanno risposto con entusiasmo. Ora, ammette Marabotto, l’esodo di molti genovesi dal quartiere e la crisi economica non stanno aiutando la libreria. Questa comunque continua nel suo certosino lavoro di integrazione e animazione «culturale» del quartiere, offrendo letteratura, varia, molta saggistica legata all’immigrazione, antropologia, sociologia, collaborando con associazioni di migranti e Università, organizzando happening letterari. BOOKS IN The CASBA Via di Prè 137-139 - Genova novembre 2011 PoPoli 65 www.booksinthecasba.com Leggere cittadino sa che, per la nostra legge, un immigrato può perdere il lavoro e se non lo ritrova entro sei mesi diventa automaticamente «clandestino», sinonimo di criminale, secondo un copione mediatico dato in pasto a un’opinione pubblica mediamente disinformata? La denuncia di questo stato di cose è il cuore del saggio che illustra come percezione e realtà scientifica siano sempre più distanti in favore della facile ricerca del consenso e in questo gli operatori dell’informazione hanno pesanti responsabilità. [Ediesse, Roma 2011, pp. 184, euro 10] Stefania Ragusa Le Rosarno d’Italia. Storie di ordinaria ingiustizia Il 7 gennaio 2010, a Rosarno (Rc), l’aggressione ad alcuni ragazzi africani che lavoravano come raccoglitori di arance provoca l’insurrezione degli immigrati. Le immagini della rivolta fanno il giro del mondo e la questione del lavoro nero, intrecciata con la ’ndrangheta nelle campagne ca- labresi, ritorna attuale. Gli atti di vandalismo provocati dai giovani africani scesi in strada descrivono un clima di odio e rifiuto che gli immigrati non sono più disposti a tollerare. Da allora il nome Rosarno è stato usato anche per indicare altre situazioni d’ingiustizia e sfruttamento a rischio di sommossa disseminate sul territorio italiano. In questo libro Stefania Ragusa racconta il suo viaggio tra le Rosarno del Nord: passando dal civile Trentino alla ricca Lombardia, dalla rossa Emilia alla colta Toscana. [Vallecchi, Firenze 2011, pp. 194, 14 euro] chiesa oggi Alain e domani Mabanckou «La mia Africa felice, Dino Buzzati e la forza dell’ironia» A Los Angeles, all’Università della California dove insegna Letteratura francofona, è stato soprannominato «Mabancool», perché è considerato il professore più cool di tutta la California. Lui è Alain Mabanckou, poeta (sei raccolte) e romanziere (nove romanzi) di origine congolese, trasferitosi in Francia a 22 anni per studiare. Insignito Oltralpe del titolo di Cavaliere della Legion d’Onore, è stato il primo autore francofono dell’Africa sub-sahariana a essere pubblicato nella prestigiosa collana La Blanche di Gallimard, oltre ad aver ricevuto numerosi premi tra cui il Premio Renaudot. Con il suo Domani avrò vent’anni, secondo romanzo edito in Italia dalla dinamica casa editrice romana 66thand2nd, ha vinto il premio Georges Brassens. Il romanzo, ambientato a Pointe-Noire, città natale dell’Autore, racconta la storia del Congo anni Settanta, quando il Paese si era appena affrancato dal colonialismo francese. Lo fa attraverso gli occhi di Michel, un bambino di dieci anni turbolento, sognatore, pieno di voglia di vivere. Perché in Africa si può avere un’infanzia felice, il continente nero non è solo cuore di tenebra. Il mondo di Michel - abitato da Lounès, l’amico del cuore, Renè, lo zio ricco e comunista, Pauline, l’amatissima madre - s’intreccia, grazie a una radio, con la storia europea e africana, con il generale De Gaulle, la fuga di Idi Amin Dada dall’Uganda, l’esilio dello scià di Persia. 66 PoPoli novembre 2011 Come mai ha scelto per la narrazione il punto di vista di un bambino? Per essere più vicino alla mia infanzia, per parlare con una certa ingenuità di cose che l’età adulta talvolta dimentica. E poi sono convinto che l’infanzia sia la più bella pagina della nostra esistenza, è il momento in cui crediamo che tutto sia possibile. Il suo stile è molto ironico. È un modo per mettere a nudo la violenza di ogni dittatura? Sì. In una dittatura è meglio passare attraverso l’arma dell’ironia e della derisione. È una forma di lotta che ci mostra come a forza di ridere possono anche scorrere lacrime. E poi preferisco sempre l’ironia perché so così di toccare il punto giusto, di raggiungere il bersaglio in pieno, nel cuore. I grandi scrittori che mi hanno segnato hanno spesso utilizzato l’ironia: Gabriel García Marquez o Dino Buzzati sono esempi sorprendenti. Si può dire che, anche grazie alle sue opere, esiste e si fa sempre più largo una nuova generazione di scrittori africani? Sì, penso proprio che si possa parlare di una nuova generazione di autori africani. Penso a Uzodinma Iweala (Bestie senza una patria, Einaudi 2006, ndr) che è, a mio avviso, una delle voci attualmente più potenti. Ma anche altri autori come Abdourahmane Waberi, Léonora Miano (I contorni dell’alba, Epoché 2008, ndr), che scrivono in francese, si stanno facendo sentire. arti africane Giovanni Maria Incorpora Narrare l’arte africana L’arte come chiave di accesso per comprendere la cultura e l’anima dell’Africa. È questo il percorso che l’A., ingegnere siciliano, collaboratore di Popoli, ha compiuto, seguendo un ideale itinerario tra terrecotte antiche di millenni, statuette lignee, sculture in bronzo. In questo viaggio, l’A. ha cercato di mettere in evidenza non solo l’evoluzione tecnico-artistica, ma anche le sensazioni più profonde che questi oggetti donano a chi li osserva. Ne emerge un racconto che coglie nel profondo l’essenza di un continente che, oggi come nel passato, è intriso di riti e di credenze che ne influenzano profondamente la vita e la crescita umana e sociale. [L’Harmattan Italia, Torino 2011, pp. 230, euro 38] AA. VV. Arte africana L’arte africana ha una storia antichissima, che però è difficile da ricostruire. Molte opere in legno o terracotta sono andate distrutte e nel continente sono molto rari gli scavi archeologici. Il patrimonio esistente, tuttavia, testimonia una grande varietà di tradizioni artistiche, con alcuni elementi ricorrenti che le accomunano. In particolare, il fatto che l’oggetto d’arte africano non esprime mai unicamente l’im- maginazione dell’artista, ma è concepito come uno «strumento sacro» indispensabile per contribuire al benessere della comunità. Questo libro fotografico è una rassegna ragionata di opere artistiche africane che cerca di coglierne il significato non solo estetico. [Scala, Bagno a Ripoli (Fi) 2010, pp. 255, euro 14,95] relativa a Fez. Per accompagnare e arricchire di un valore estetico la narrazione, il volume ospita numerose illustrazioni a colori, opera di Monica Auriemma, che testimoniano il sistema di vita e la tradizione artistica del Marocco. [Sinnos, Roma 2011, pp. 96, euro 14,50] Leone Africano Viaggio in Marocco. Taccuino illustrato di un avventuriero del ’500 Leone Africano era un ambasciatore arabo nato a Granada e cresciuto in Marocco, che giunse come schiavo nel 1517 alla corte del Papa, dove si convertì al cattolicesimo. Per commissione di Leone X, suo protettore, scrisse Della descrittione dell’Africa et delle cose notabili che quivi sono, primo resoconto in italiano sul Marocco, di cui nel libro curato da Cristiano Spila si riporta la parte 12-14 novembre Orzinuovi (Bs) «Un ponte di parole»: incontri con la letteratura migrante 17-20 novembre Cuneo XIII edizione di «Scrittori in città»: il programma prevede la partecipazione di numerosi autori stranieri. www.scrittorincitta.it BABEL Radici straniere, parole italiane u na giovane casa editrice romana, Atmosphere Libri, lancia a novembre una nuova collana dal titolo «Biblioteca della terra», dedicata alla letteratura migrante. Come spiega l’editore Mauro Di Leo, «crediamo fermamente che il discorso dell’integrazione passi non solo attraverso il lavoro, la casa, ma anche attraverso la cultura che può contrastare qualsiasi velleità di razzismo. Con la letteratura migrante si crea un’integrazione straordinaria della cultura straniera nella nostra cultura». Leonidas MicheLis L’Autore scelto per inaugurare la collana è Leonidas Michelis, un ingegnere greco ora sessantenne, originaIl ragazzo rio di Jànina (Epiro), in Italia dall’età di diciott’anni per di Jànina studiare ingegneria. L’Italia per lui ha significato non solo Atmosphere Libri, studio, ma anche affermazione professionale. Il romanzo Roma 2011 Il ragazzo di Jànina, in parte autobiografico, è una saga familiare raccontata dal giovane Zafiris, le cui vicende personali, affetti, incontri, sogni s’intrecciano con la vita delle generazioni precedenti. Si scoprono la bellezza, la cultura, la storia della Grecia dalla dominazione turca fino alla guerra civile. Il libro verrà presentato, alla presenza dell’Autore, durante la manifestazione «un libro a Milano» che si terrà nel capoluogo lombardo dal 25-27 novembre in via Tortona 27 presso Super Studio Più. novembre 2011 PoPoli 67 Guardare Il villaggio di cartone Nel nuovo film di Olmi una chiesa sconsacrata diventa luogo di accoglienza per un gruppo di disperati. Metafora di una Chiesa che deve sempre imparare ad aprirsi I n un presente-futuro prossimo i «clandestini» vengono inseguiti a colpi di mitra e ogni città è setacciata con gli elicotteri dalle forze militari. Tutto questo nel nuovo film di Ermanno Olmi non lo «vediamo» con gli occhi, ma ascoltando i rumori fuori campo degli spari, le grida, il ronzare di pale degli elicotteri della polizia. Tutti questi suoni vengono appunto «da fuori», dal fuori campo, mentre lo sguardo della macchina da presa si muove per gli spazi angusti e ormai fatiscenti di una chiesa sconsacrata dall’architettura moderna. Come a dire: ci sentiamo ancora protetti in una chiesa, che non è più tale, mentre non ci rendiamo conto che quegli spari, quelle grida sono più verosimili di quanto vogliamo credere e di quanto vogliamo raccontare a noi stessi. È davvero fantascienza? Un gruppo di immigrati irregolari trova rifugio dentro la chiesa, grazie a un vecchio prete assalito dai dubbi (straordinario Michael Lonsdale già «uomo di Dio» in Des hommes et des dieux del regista Xavier Beauvois). I paramenti diventano le coperte per un giaciglio, le candele DOCUMENTARI a cura di BiblioLavoro - Cisl Lombardia Una selezione di documentari che ruotano intorno all’immigrazione 18 IuS SOLI. IL DIRITTO DI eSSeRe ITALIANI Regia di Fred Kuwornu. Italia, 2011, 53’. È il primo documentario italiano sul diritto di cittadinanza delle seconde generazioni, tema che interessa circa un milione di persone. Con il linguaggio della docu-fiction, una dozzina di giovani, nati in Italia da genitori immigrati, raccontano davanti alla cinepresa la loro ricerca di una piena integrazione nella società e nel mondo del lavoro. hANNA e VIOLKA Regia di Rossella Piccinno. Italia, 2009, 56’. Racconto di una «badante» polacca che vive nel Salento occupandosi di un ultraottantenne malato di Alzheimer. Si fa sostituire dalla figlia, riuscendo così a trascorrere dopo anni un breve periodo di vacanza nel suo Paese che la porterà a confrontarsi con un presente e un passato difficili. Un film toccante su una realtà che interessa 1,7 milioni di assistenti domiciliari in tutta Italia. I CeRCATORI DI MIRAGGI Regia di Mario Chemello. Italia, 2008, 62’. Un confronto fra due percorsi lavorativi: quello dei cooperanti italiani verso l’Africa e quello degli immigrati dall’Africa verso l’Italia. In entrambi i casi si tratta di viaggi della speranza: da un lato l’urgenza di arricchire il senso della propria vita rendendosi utili al prossimo; dall’altro la necessità di sopravvivere, garantire la sopravvivenza alla propria famiglia e cercare la libertà. Per richiedere i video: BiblioLavoro (libri - video - archivi storici), tel. 02.24426244 - [email protected] 68 PoPoli novembre 2011 servono a scaldare l’acqua per lavarsi, ogni orpello torna ad avere una funzione pratica, un’utilità. In un tempo in cui la Chiesa sembra spesso incapace di risposte concrete, Olmi muove tutta la sua forza visiva e di spirito per mettere in discussione le incertezze, i tentennamenti, le debolezze del culto contemporaneo. Il Verbo sembra sempre più incapace di tradursi in azione evangelica nel quotidiano, così come avveniva all’inizio dei Centochiodi. I libri inchiodati al pavimento di una biblioteca erano l’inizio del cammino del «Cristo senza nome» dei Centochiodi verso una vita nuova e un ritorno al messaggio evangelico più profondo. I libri venivano inchiodati dal professore proprio perché colpevoli di non incarnare più il Verbo. Il villaggio di cartone, invece, comincia con alcuni crocifissi tolti dalle pareti e alcune icone sacre strappate via dalla chiesa sconsacrata. Olmi riesce a restituire senso e potenza ai simboli e all’allegoria, nell’epoca in cui i segni e le icone di ogni religione paiono ormai svuotati di senso e il culto pare spesso vacua idolatria di superficie, gesto scaramantico. Il «villaggio di cartone» del titolo è quello imbastito dal gruppo di irregolari che trovano rifugio all’interno della chiesa. Il titolo richiama però anche ciò che può sembrare oggi la Chiesa più istituzionalizzata e arroccata in se stessa, troppo spesso incapace di aprirsi all’uomo e al diverso di qualsiasi forma e natura. Dice il vecchio e stanco prete interpretato da Lonsdale: «Quando la carità diventa un rischio, quello è il momento della carità!». Del film, nelle sale dal 7 ottobre, esiste anche un ottimo making of diretto dall’ex allievo di Olmi, Maurizio Zaccaro, Un foglio bianco, presentato a sua volta all’ultima Mostra di Venezia. Luca Barnabé chiesa oggi Silvia e domani Calandrelli Rai Educational, nuovi cittadini con nuovi linguaggi N ella sua storia la Rai ha aiutato molto gli italiani ad apprendere l’italiano. Ora la sfida è con gli immigrati dall’estero. Questo impegno non si ferma alla lingua: accompagnare i giovani e i nuovi residenti a vivere consapevolmente nella società vuol dire anche formare la cittadinanza in senso pieno. Perciò la Tv pubblica cerca di offrire strumenti sempre rinnovati e attenti ai linguaggi dei ragazzi e ai nuovi media. Silvia Calandrelli, direttore di Rai Educational, Rai Storia e Rai Scuola spiega le novità della programmazione. Quali sono i contenuti chiave della IV edizione di In Italia - L’Italia e l’Italiano per stranieri, partita a ottobre su Rai Scuola? La serie guarda anche al di là dell’Europa, verso quel Mediterraneo che oggi è il crocevia di grandi cambiamenti epocali. Lo fa garantendo pienamente il livello B1 di didattica dell’italiano (oltre ad alcuni contenuti di livello B2) che consentono ai corsisti un uso della lingua sufficiente a interagire con una discreta autonomia. Nella «docu/sit-com» Benvenuti in casa Ba!, le vicende del condominio multietnico, gli ospiti di ogni puntata ispirano gli approfondimenti scientifici delle rubriche, sia per la lingua, sia per l’educazione civica. La novità è che alla consueta scheda di grammatica segue una breve scheda di curiosità, la piccola storia della lingua italiana. Maggiori approfondimenti sono sul sito www. initalia.rai.it, un vero portale, un quaderno online per rispondere alle domande dei formatori e dei corsisti di italiano L2. Dal 24 ottobre Rai Scuola offre sette settimane di programmazione su argomenti specifici, partendo dalla legalità. Come si parla ai ragazzi di un tema cruciale che non è solo «da grandi»? 12-19 novembre Firenze Festival dei Popoli: arriva alla 52ª edizione il festival dedicato all’esplorazione del mondo documentario, con una retrospettiva dedicata al regista catalano Isaki Lacuesta. www.festivaldei popoli.org Facendo loro conoscere i volti e le storie dei protagonisti, di quelli che hanno «gettato il cuore oltre l’ostacolo». Ai ragazzi, prima che insegnamenti, servono testimoni e capiscono subito se chi racconta loro qualcosa non lo vive in prima persona. Per questo metteremo in Tv i volti e le storie dei protagonisti che hanno difeso i valori in cui credono. Anche con la vita, come Falcone e Borsellino. Ma la legalità non è solo questo: si costruisce con pratiche di onestà nelle scelte quotidiane, nel mondo del lavoro, nel rapporto con le amministrazioni. Ai giovani di oggi manca la speranza: è importante che scoprano che ci sono persone la cui vita ha avuto un senso e un rilievo proprio perché l’hanno impiegata per dei valori. In generale, con quali formule si raggiungono i più giovani, che oggi hanno strumenti di comunicazione e intrattenimento diversi e articolati? È vero, sono immersi in un mondo della comunicazione nuovo. Dal cellulare, all’i-pad al web, vivono «connessi», molti interscambi sono «virtuali». Ma virtuale non vuol dire necessariamente fuori dalla realtà: nella comunicazione digitale essi riversano le proprie reali aspettative, modi di essere, problemi. Bisogna parlare il loro linguaggio, fatto di brevità, concisione, sintesi e allo stesso tempo di confronti, rimandi, accostamenti. Non a caso, Rai Educational oggi utilizza ampiamente strumenti di rete e crossmediali. Ci sbagliamo se pensiamo che i ragazzi non badino al contenuto: anzi, cercano profondità, originalità, riflessione. Rifiutano ciò che è superficiale, già detto, già sentito. I ragazzi cercano strumenti per decifrare il mondo, che mai come oggi si presenta complesso e contraddittorio, e la chiave per comprendere se stessi e gli altri. Francesco Pistocchini Dal 19 novembre all’11 dicembre Lucca Il Lucca Photo Fest presenta mostre dei più importanti fotografi contemporanei con retrospettive e workshop. Alcuni nomi: Li Wei, Enrico Genovesi, Kenro Izu, Francesco Jodice. www.lupf.it novembre 2011 PoPoli 69 Guardare A cura dell’Osservatorio Media Research di Pavia Esodo biblico. Ma dove? Se in Europa la primavera araba viene raccontata come opportunità di cambiamento, in Italia prevale la paura dell’invasione L a Primavera araba è un insieme di eventi che nel mese di febbraio 2011 è arrivato a occupare il 22% delle notizie nei Tg europei del prime time delle emittenti pubbliche. Un cambio così radicale nelle prospettive del Nord Africa è stato tematizzato in modo relativamente omo- geneo tra i vari telegiornali con una significativa «anomalia»: il Tg1. Infatti se in Gran Bretagna, Germania, Francia e Spagna si è dato spazio principalmente alla situazione in Libia e alla cronaca delle rivolte (la loro somma è sempre superiore all’80%), in Italia il tema dominante è stato per ben il 40% l’emergenza immigrazione e tutte le problematiche connesse Corea del Sud I tre film più visti da gennaio a ottobre 2011 1 Transformers 3 2 Sunny 3 Choi Jong Byunggi Hwal (The Last Weapon) Regia: Michael Bay Stati Uniti, 2011 Tra i film più visti in mezzo mondo, il terzo episodio dei Transformers sbanca in Corea dove in soli tre mesi ha raggiunto la vetta della classifica. Regia: Kang hyeong-Cheol Corea del Sud, 2011 Le vicende di sette studentesse che formano un gruppo musicale chiamato Sunny e che si ritrovano 25 anni dopo. Una commedia tutta al femminile. Regia: han-min Kim Corea del Sud, 2011 Film storico e di azione ambientato durante la seconda invasione manciù della Corea (XVII secolo). L’eroe salva la sorella rapita dai nemici armato solo di arco e frecce. Fonte: www.boxofficemojo.com 70 PoPoli novembre 2011 (sbarchi, affondamenti, respingimenti, gestione dei Cie, rivolte, ecc.). Il nostro telegiornale pubblico ha concentrato l’attenzione su quello che in più di un servizio è stato definito «esodo biblico» («Lampedusa, esodo biblico dalla Tunisia, migliaia di persone arrivano in Sicilia, disagi e difficoltà a gestire l’emergenza»: Tg1, 13 febbraio 2011), limitandosi a informare sulla crisi libica per il 22%. L’intervento militare italiano è stato relativamente sottorappresentato a tutto vantaggio delle difficoltà che i flussi di profughi (raramente indicati come rifugiati) stavano generando. Anche gli altri telegiornali parlano dell’emergenza immigrazione in Italia soprattutto per evidenziarne la difficoltosa gestione e le carenze di una visione europea complessiva. La disputa sui migranti sballottati alla frontiera di Ventimiglia tra Italia e Francia spiega in buona parte il 6% dedicato da France 2 a questo tema. Che sia stata un’emergenza è indubbio: che sia stato un esodo biblico forse è un po’ eccessivo. Sempre dai telegiornali europei abbiamo visto cosa è successo tra Libia e Tunisia: «Dall’inizio della guerra sono un milione e trecentomila gli immigrati che sono fuggiti dalla Libia. Riversandosi in massima parte in Tunisia ed Egitto. In Italia ne sono arrivati solo 28mila. Non c`è stato quindi nessun esodo massiccio, come qualcuno aveva paventato» (Laura Boldrini, portavoce in Italia dell’Acnur). La grande speranza che il processo di democratizzazione nei Paesi arabi ha generato, nel telegiornale principale della Rai è stata surclassata dalla paura che il cambiamento arrivi in Italia nella veste di un’invasione di disperati. Gli altri telegiornali europei hanno preferito invece raccontare le difficoltà, ma anche e soprattutto le enormi opportunità che si aprono nella sponda sud del Mediterraneo. Antonio Nizzoli Viaggiare L a cooperativa Piccoli Mondi di Acqualagna (Pu) che si occupa di viaggi consapevoli, dopo le prime esperienze nel 2007 in Mozambico, ha deciso nel 2010 di estendere l’area geografica delle proprie mete, includendo tra le altre Etiopia, Mali, Niger, Ruanda, Uganda e Giordania, e organizzando percorsi ignorati dal circuito più convenzionale di turismo. La maggior parte dei viaggi solidali, infatti, contribuiscono al rilancio dell’economia locale, lavorando con associazioni delle zone visitate che curano l’aspetto umanitario e sociale dei viaggi stessi. Degno di nota è il viaggio che la cooperativa organizza in Bosnia, terra a noi vicina, ma spesso poco battuta, un viaggio Itinerario nella memoria bosniaca Il turismo consapevole unisce il rispetto dei luoghi alla voglia di scoperta e di incontro. Una proposta bosniaca è un invito a comprendere le complessità balcanica nella memoria storica di un popolo dall’altra parte dell’Adriatico. Infatti, insieme a un partner torinese, l’Ong Re.Te, organizza una settimana con partenza il prossimo 6 dicembre, in cui si visitano non solo le città simbolo come Sarajevo e Mostar, ma anche borghi caratteristici per minareti e architetture della dominazione turca. Dopo i primi giorni nel capoluogo dell’Erzegovina, l’itinerario conduce al Parco nazionale di Kravice e al villaggio di Pocitelj con la sua antica moschea del 1563 e le eleganti case costruite dai notabili musulmani. Si fa sosta nella città fortificata di Blagaj, dove si visita il tekke, la casa dei dervisci. A Sarajevo, oltre al quartiere turco, alla chiesa ortodossa, alla sinagoga, si passa per il tunnel scavato sotto la città e che permise l’arrivo dei rifornimenti alimentari durante l’assedio (1992-1996). Si potrà conoscere la famiglia che lo fece scavare sotto casa per aiutare la popolazione. E nei villaggi di Breza e Vardište (nella foto), si avrà l’occasione di incontrare le donne attive nella Ong locale e partecipare ad alcune loro attività. L’Ong ha dato vita a un laboratorio tessile e a una cooperativa agrituristica che ospiterà i viaggiatori. Per partecipare: [email protected] CITTÀ D’AUTORE Patrizio Roversi: «A Sana’a si torna all’Arabia Felix» S Patrizio Roversi è un autore e presentatore televisivo. Per Rai 3 ha condotto le prime cinque edizioni di Per un pugno di libri, quiz sul tema della letteratura, e le trasmissioni Turisti per caso, Velisti per caso ed Evoluti per caso, programmi di intrattenimento che spaziano tra cultura, geografia e turismo. ono riuscito ad andare a Sana’a, capitale dello Yemen, tra 2003 e 2004, approfittando di un momento di tranquillità tra il periodo dei rapimenti e i conflitti interni. Ho trovato un Paese meraviglioso, il cui nucleo culturale, estetico, antropologico, gastronomico è rimasto intatto. È stato un viaggio nel tempo, mi sembrava di essere piombiato nella Bibbia. La nostra storia è nata in quei luoghi: la regina di Saba, Salomone. Ho avuto la fortuna di avere una guida unica, Marco Livadiotti, figlio del medico del vecchio emiro e conoscitore del Paese. Furono lui e suo padre ad accompagnare Pier Paolo Pasolini quando girò Le Mille ed una notte e il documentario Le mura di Sana’a. A vedere i palazzi di Sana’a viene voglia di mangiarli, sono color cioccolato con merletti di gesso bianco che ricordano la panna. Un ricordo forte è legato alle attività artigianali, che sono strepitose: dai fabbri agli orafi, ai panettieri. In Yemen l’uomo ha l’abitudine di girare armato (con il pugnale ricurvo - jambiya - e, con un fucile). All’inizio la cosa mi ha scosso, ma poi mi hanno spiegato che ha un valore simbolico. Mi ha scosso anche l’incontro con le donne coperte dal velo integrale nero. Alcune di loro mi hanno detto che il velo, moda imposta dagli ottomani, non sarebbe obbligatorio: le donne lo scelgono anche per non proporsi allo sguardo maschile. Il luogo per eccellenza delle relazioni umane di Sana’a è il mercato, con il suo caravanserraglio: mercanteggiare è il perno su cui si fondano i rapporti, è il luogo in cui scopri la relatività culturale. Emblematico per me è stato l’incontro con un mercante: io ho iniziato a dialogare in italiano e lui mi rispondeva in dialetto yemenita spiegandomi la storia del caffè. Pensavo fosse nato un dialogo surreale, invece riascoltando la registrazione ho scoperto che il dialogo filava liscio. L’episodio mi ha fatto riflettere sulla natura dei rapporti tra Oriente ed Occidente: eravamo disponibili l’uno verso l’altro, volevamo condividere una storia e alla fine ci siamo capiti. (testimonianza raccolta da Anna Casanova) novembre 2011 PoPoli 71 Ascoltare Jazz, a qualcuno piace etiope un triste coprifuoco dura- Il re universalmente ricoto dal 1974 al 1991, che ha nosciuto di questo genere dato vita anche a una fuga è Tilahun Gemesse, scomdi musicisti verso gli Stati parso nel 2009 a 69 anni. Uniti. Il pathos con Nato tra gli anni Sessanta e Settanta, l’ethioDi primo acchicui eseguiva i jazz trae ispirazione dal jazz statunitense che, to, l’ethio-jazz suoi pezzi - in sembra abbia a sua volta, ha una matrice africana amarico - avepoco a che fava qualcosa di frica-Stati Uniti, an- a stelle e strisce, che a sua re con la mufenomena le: data e ritorno. Quello volta nasce dai ritmi della sica africana: memorabili che è probacomunità nera nel senso che erano i pianti bilmente il gesi allontana africana. in cui scopMULATU ASTATKE & nere musicale Questo stile da quegli ste- THE HELIOCENTRICS piava quando de l l’ Et iopia peculiare ha reotipi che ha INSPIRATION cantava brani contempor avissuto perciò comunemente INFORMATION dedicati al suo 2009 nea più nola sua stagio- l’orecchio dei Paese. Alla sua to all’estero, ne d’oro prima suoni afro. Posmorte la naziol ’e t h i o - j a z z , d e l l’a v v e n t o siamo dire che il genere è ne, commossa, gli tributò sv i luppatosi del regime mi- tanto peculiare e articolato funerali di Stato a cui parASTER AWEKE nel Paese del CheChehO litare comuni- quanto la cultura e la sto- teciparono migliaia di perCorno d’Africa 2010 sta, a cui cor- ria dell’Etiopia stessa, e la sone. Greatest Hits (2000) tra gli anni ’60 rispose, invece, scelta degli artisti da citare è ideale per conoscere la e ’70, affonda le radici una sorta di blackout della è ardua. Qualche nome, sua voce appassionata, nelle suggestioni del jazz scena musicale pubblica: però, emerge su tutti. duttile e metallica. Sul fronte femminile, per ora, non ha ancora rivaSTRUMENTI li Aster Aweke, 50 anni, grande vocalist ormai stabilmente insediata negli Stati Uniti. Il suo ultimo zbeko, tagiko, azero, persiano, georgiano. In breve, lavoro - purtroppo visitipico dell’Asia centrale, ma con versioni simili bilmente contaminato da nei Balcani e in Medio Oriente, e per certi versi ridondanti arrangiamenti anche qualche lontana somiglianza - solo nel formato di stampo commerciale - è - con il bodhran irlandese. È il doyra (o dayereh), Checheho (2010). La Aweke, tamburo in pelle (di capra, generalmente) dotato di una vera lady dall’allure da una serie di anelli metallici nel bordo interno, che modella che si fa notare funzionano come sonagli. A differenza del più noto per una voce squillante tamburello (che vede applicati nel telaio piccoli cimbali quasi bambina, è un’artiaccoppiati che tintinnano con la percussione), il doyra è più grande e viene percosso con le dita sulla pelle tesa. sta che da anni si esibisce Si tratta, come nel caso di tutti i membranofoni, di uno strumento con origini millenarie, nelle sale da concerto di che vanta attestazioni anche in poemi persiani intorno all’anno 1000. Normalmente tutto il mondo, nei princinon viene utilizzato da solo, ma inserito in ensemble con cantanti e altri strumentisti. pali festival jazz (è stata a Recentemente si trovano spesso gruppi che annoverano più suonatori di doyra, andando fianco di Manu Dibango e a creare così una sezione ritmica piuttosto interessante. Caratteristico del folklore di Bradford Marsalis, tra gli molte repubbliche dell’ex unione Sovietica, accompagnava tradizionalmente feste, maaltri) così come in spettatrimoni, celebrazioni. Il doyra non si studia, si improvvisa e si perfeziona con l’esperienza. coli televisivi, riscuotendo Ciononostante, Abbos Kosimov, sedicente maestro uzbeco di doyra, troneggia sul web con ampio seguito sia nel Paese tanto di dvd e video in cui insegna l’arte della percussione. d’origine sia tra gli etiopi Virtuosi, trascinanti e acrobatici suonatori di doyra sono gli otto membri dell’Alaev Family: una straordinaria band familiare israeliana di origine tagika - i famosi ebrei di della diaspora. Bukhara, meglio noti come Mountain Jews (così vengono definiti tutti gli ebrei dell’Asia Le potrebbe rubare lo scet- A Doyra U centrale). Padre, figli e nipoti: gli Alaev sono polistrumentisti che stanno riscuotendo attenzione sulla scena world music internazionale, e la bravura nel suonare il doyra è uno dei punti di forza dei loro spettacoli. 72 PoPoli novembre 2011 a.a. tro la più giovane Gigi, Un veterano dell’ethioal secolo Ejigayehu Shi- jazz, vero istrione, è Mubabaw: bella, carismatica latu Astatke, classe 1943. e dalla voce calda e ma- Formatosi in Gran Bretatura. Come l’Aweke, Gigi gna e Stati Uniti (qui, nel ha scelto l’America come prestigioso Berklee College nuova patria, dove si è of Music) è compositore e sposata con il musicista percussionista, influenzae produttore discografico to anche da suoni latini. di fama Bill LaL’ultima inciswell. sione signifiGigi, oltre a escativa, nella sere una cansua prolifica tante completa produzione, è il che ha sfiorato trascinante ed vari generi (dal eclettico projazz al dub), si getto Mulatu distingue anA s t at k e & T h e GIGI che per il co- ABYSSINIA He l ioce nt r ic s raggio con cui INFINITe: (un collettivo ha di recen- zION ROOTS inglese) dal ti2003 te espresso il tolo Inspiration suo sdegno nei Infor mation confronti del leader etio- (2009). Infine, per un vero pe Meles Zenawi, il quale Bignami di tutti i suoni poco ha fatto per impedire etiopi (d’epoca e moderla miseria del Paese. In- ni, tribali e non), è imteressanti sono i suoi cd prescindibile la serie di Abyssinia Infinite: Zion ventisette cd Ethiopiques Roots (2003) e Gold & wax (1997-2010). Alessandra Abbona (2006). D L’evento A Roma la musica delle reducciones 19 novembre Roma All’Auditorium della musica, si esibisce il trombettista Ibrahim Maalouf che spazia dalla musica classica alla tradizione araba. www.auditorium. com 21 novembre Milano Al Teatro alla Scala concerto benefico della Sinfónica Simón Bolívar de Venezuela. www.progettoarca. org a maggio, Roberto Menichetti gestisce insieme al collega Andrea Buffa uno spazio informativo per i migranti, in particolare per coloro che vivono e lavorano in Toscana. Ogni mercoledì (17-17,30) va in onda su Novaradio città futura (www. novaradio.info) il programma «NoiAltri - La voce dei migranti», una bussola per orientare i migranti nella vita quotidiana. Per questo vengono affrontanti temi quali: il permesso di soggiorno, il diritto alla cittadinanza, lo status di rifugiato, ma vengono anche raccontate storie di accoglienza virtuose, percorsi di inserimenti lavorativi funzionanti. «Da una quindicina d’anni sono operatore e coordino lo Sportello immigrazione - spiega Menichetti -. Essendo in contatto con problemi ed esigenze degli immigrati, mi sono reso conto di quante informazioni sbagliate circolino. Con questo programma vogliamo dar voce alle loro storie, ai loro problemi e al contempo informarli correttamente». I migranti hanno risposto in maniera positiva, intervenendo spesso durante la trasmissione. È stato lanciato anche un concorso insieme al Centro Audiovisivi di Firenze: produrre un video di 5’ sul tema «Lo straniero», con la condizione che i due registi siano persone con almeno 30 anni di differenza. N ella parte orientale della Bolivia, al confine con il Brasile, nel 1675 arrivarono gli spagnoli e con essi i gesuiti, che vollero ripetere un’esperienza di successo realizzata alcuni decenni prima nei territori limitrofi con gli indios guaranì. I gesuiti crearono 25 reducciones, comunità organizzate dai capi indigeni per difendersi dalle autorità dei coloni spagnoli. L’incontro tra i gesuiti missionari e le popolazioni indigene ha dato vita a un particolare stile musicale, che si è sviluppato nelle scuole di musica delle reducciones: il barocco missionale. Gli indigeni riproducevano le partiture con la propria personalità, il proprio immaginario melodico e con violini, flauti e bajones autoctoni. Nella maggior parte dei villaggi del dipartimento del Beni, che ancor oggi portano tracce delle antiche missioni, l’eredità di questo tesoro culturale si va spegnendo. Ma la Escuela de Musica di San Ignacio de Moxos sta lottando perché questa decadenza si fermi. A ottobre è partito un tour europeo dell’ensemble Moxos, un gruppo di venti ragazzi e ragazze della Escuela de Musica di San Ignacio de Moxos che esegue danze e musiche della tradizione barocca missionale. Il tour ha toccato Germania, Olanda, Francia, Spagna e Svizzera. L’ultima tappa sarà un concerto di beneficenza a favore del Magis a Roma il 13 novembre presso l’Auditorium Parco della Musica. Ingresso libero previo ritiro voucher presso la Fondazione Magis o l’Info Point dell’Auditorium di Roma (a partire dal 10 novembre). Info: [email protected] novembre 2011 PoPoli 73 Gustare Quel legume sintesi di povertà e ricchezza Conosciuta fin dall’antichità, nelle culture occidentali la lenticchia richiama il denaro e serve ad augurare prosperità futura, ma è anche il piatto umile per eccellenza L e lenticchie o «dell’ambiguità». Cibo povero che rende ricchi, sia pure attraverso un imbroglio, come nella vicenda di Esaù il quale, affamato, cede la sua primogenitura al fratello (Gn 25, 29-34). Da allora, vendersi per un piatto di lenticchie sta a significare l’insipienza più grande, ma anche, biblicamente, l’incredibile storia della salvezza di Israele, venuta dall’antieroe, il figlio minore Giacobbe, capace di lottare con gli angeli. Le lenticchie, dunque, come sintesi di povertà e di ricchezza, vera o metaforica che sia. Con la loro forma rotonda richiamano il denaro e quindi servono ad augurare prosperità futura nelle tradizioni del Capodanno di tanti popoli. Eppure, l’ambiguità persiste: nella Onirocritica dello stoico Artemidoro di Daldi (II secolo d.C.), ricordato anche dal padre della psicanalisi, Sigmund Freud, sognare lenticchie sarebbe presagio di lutti e, per molto tempo, esse sono state cibo dei riti funebri. Il naturalista Plinio le mette tra i legumi in grado di sfamare ma, avverte, gonfiano lo stomaco e danneggiano la vista. 74 Popoli novembre 2011 Ben più tardi, nel 1513, lo spagnolo Gabriel Alonso de Herrera nella sua Obra de Agricoltura, dando informazioni su semina e raccolta, insiste: le lenticchie sono fredde e secche e perciò alimentano un sangue malinconico, producono cattiva digestione e sono assolutamente vietate a chi soffre di epilessia, portano dolori di testa, fanno fare sogni spaventosi, accorciano la vista. Nonostante questa cattiva fama, la lenticchia (lens culinaris della famiglia della fabacee, originaria dell’Asia), detta anche «lente», è diventata nei secoli il cibo dei poveri, anzi la «carne» dei poveri. Conosciuta dagli etruschi e dagli arabi è passata dalle mense popolari a quelle dei conventi e, pur sporadicamente, a quelle dei nobili. Forse per il suo carattere versatile che si sposa con qualsiasi condimento. Come nella ricetta dello Sri Lanka (cfr box) nella quale il piatto di lentic- ••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••• La ricetta ••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••• Lenticchie cingalesi in salsa piccante Scaldare in una padella due cucchiai di olio e farvi soffriggere una cipolla tritata, mettendone da parte la metà. Unire due peperoncini rossi tritati, due cucchiai di gamberetti secchi, un cucchiaio di curcuma in polvere, poi 500 grammi di lenticchie rosse, un cucchiaino di curry in polvere, 500 ml di latte di cocco, un po’ di brodo vegetale, una stecca di cannella, del lemon grass. Portare il tutto a ebollizione, abbassare la fiamma e lasciar cuocere per almeno trenta minuti. Guarnire il piatto, prima di servirlo, con la cipolla tritata. chie annega nel cocco e nel curry, la multiforme salsa composta (a seconda del momento e dell’estro di chi la cucina) da coriandolo e cumino, chiodi di garofano e cannella, cardamomo e curcuma (spezia di origine indiana), pepe e senape, finocchio e aglio, cipolla, zenzero e peperoncino o anche tamarindo. Originariamente, la parola di origine tamil «cari» stava a significare un piatto cucinato con tutte le spezie: poi divenne, nel dizionario inglese, «curry», vale a dire il condimento diffuso in tutta la cucina del Sud-est asiatico. Lenticchie povere, dunque, ma con grande ricchezza di sapori. Anna Casella Paltrinieri RETROGUSTO Locali etnici con una storia dietro PizzaKebap da Demir «Q uando ho iniziato a pensare di cucinare il döner kebap mi sono trovato a scegliere: utilizzare la carne che arrivava congelata dalla Turchia o quella italiana? Ho deciso di utilizzare solo carne piemontese e la mia scelta si è rivelata vincente». Ergulu Demir, turco di Ankara, è la dimostrazione vivente di come la contaminazione tra culture in cucina non solo sia possibile, ma possa anche diventare un fattore di successo. Demir arriva in Italia, a Torino, nel 1986 e trova lavoro come lavapiatti in un ristorante. Nel tempo però la cucina lo appassiona e i suoi capi se ne accorgono. Così diventa aiuto-cuoco, poi cuoco e, infine, primo cuoco. «Sebbene sia turco - osserva - posso definirmi un cuoco italiano. È qui che ho imparato a cucinare, specializzandomi in piatti italiani. Ma dentro di me, rimaneva la curiosità: perché non provare con la cucina del mio Paese? Negli anni Novanta, in Italia non esisteva il vero döner kebap. Così ho iniziato a cucinarlo». Demir si trova a dover preparare il piatto con carne congelata e molto speziata che arriva dalla Turchia. «Quella carne congelata - ricorda - non era un granché e tutte quelle spezie secondo me servivano solo a coprire il cattivo sapore. Allora ho deciso di utilizzare la carne piemontese con solo due altri ingredienti: latte e cipolla». Il döner kebap di Demir ha subito successo. Il suo chiosco diventa punto di riferimento per turchi e per gli italiani. «Sono contento di essere riuscito a conquistare i palati dei piemontesi che, notoriamente, sono molto esigenti». PizzaKebap da Demir piazza Adriano 6, Torino SORSEGGI Rooibos I n Sudafrica c’è una bevanda che mette d’accordo tutti: boeri di origine olandese, bianchi di origine inglese e popolazioni africane. È il rooibos, un infuso delle foglie di aspalathus linearis, una pianta che cresce esclusivamente nella regione di Cederberg. Conosciuto da secoli dalle popolazioni khoisan (boscimani), il rooibos ha iniziato a diffondersi tra i coloni olandesi all’inizio del XIX secolo. Per loro, importare il tè nero era troppo costoso e quindi iniziarono a bere quella bevanda che le popolazioni locali preparavano con le foglie tritate e lasciate fermentare. Per una più ampia diffusione bisogna aspettare il XX secolo. Nel 1904 un commerciante sudafricano, Benjamin Ginsberg, ne capisce la potenzialità e, stretto un accordo con i khoisan per la fornitura delle foglie, inizia a commerciare il rooibos. Si tratta ancora di una produzione locale, anche perché inizialmente si fa fatica a impiantare coltivazioni su larga scala di aspalathus linearis dal momento che i semi sono troppo piccoli e difficilissimi da raccogliere. La svolta si ha negli anni Venti, quando un’operaia scopre che le formiche immagazzinano i semi nei formicai. «Derubando» le formiche è quindi possibile procurarsi buone quantità di semi. Da quel momento, si inizia a creare piantagioni su vasta scala e il rooibos diventa sempre più popolare in Sudafrica. e.c. Novembre Settimo Torinese (To) Nella Casa dei Popoli, si tengono le Officine Gastronomiche Multietniche, serate dedicate al tema del cibo. www.lacasadeipopoli.it 4 novembre-3 dicembre Trento «Tutti nello stesso piatto», 10 serate di proiezioni, incontri con registi e scrittori per comprendere quanto influiscono le nostre scelte alimentari sui Paesi del Sud del mondo. www.altromercato.it novembre 2011 PoPoli 75 Benvivere SOLIDEE «Biblioteche solidali» per il Sud del mondo S ostenere il diritto alla lettura e alla cultura come arma per prevenire il disagio e l’esclusione sociale nei Paesi del Sud del mondo. È l’obiettivo della campagna «Biblioteche solidali», promossa dal 2006 dall’Istituzione biblioteche del Comune di Roma che, insieme a dieci associazioni del territorio, promuove la costruzione di nuove biblioteche nei Paesi del Sud del mondo, oltre a supportare le attività di quelle già esistenti, arricchendo anche il loro patrimonio librario. Dal 2006 sono stati raccolti 50mila euro con cui sono state create cinque nuove biblioteche e sostenute altre nove. Tra queste, quella di Aley in Libano che, grazie anche all’associazione Arci di Roma, svolge un ruolo cruciale di socializzazione in una zona dove vivono 12 dei 17 gruppi etnico-religiosi spesso in attrito. È aperta a tutti, senza distinzione di appartenenza e ha all’attivo non solo corsi di recupero per ragazzi in difficoltà, ma anche corsi di teatro, di lettura, di scrittura creativa. Info: http://comune.roma.it/ Hai voluto il concerto? E adesso pedala! Il gruppo musicale romano Têtes de Bois ha organizzato il primo concerto in cui gli spettatori, pedalando su biciclette, producono la corrente elettrica necessaria per suonare P edalatori per ascoltare musica, cercansi. Potrebbe essere questo lo slogan del gruppo musicale Têtes de Bois, che ha lanciato un progetto unico in Italia: il primo concerto musicale a pedali, ossia l’energia elettrica necessaria per suonare viene prodotta dalle pedalate degli spettatori seduti sulle biciclette. Il concerto GoodBike per i Têtes de Bois s’inserisce coerentemente nel solco della loro filosofia. Il gruppo è sempre stato innamorato dei luoghi curiosi. A partire dal loro palco storico: un camioncino Fiat 615 NI del 1956. Per proseguire con le location di alcune esibizioni: ascensori, treni, fabbriche dismesse, addirittura una vasca di otarie. «Siamo sempre alla ricerca di spazi in cui s’instauri un rapporto nuovo e fuori dagli schemi, con il pubblico - spiegano gli artisti -. Pensiamo che una fruizione alternativa riscriva il rapporto tra pubblico, artista e spazio». Il concerto a pedali è ecologico e dedicato alla bicicletta, si alternano canzoni storiche sulla bici e canzoni dell’album Good-Bike, arrivato secondo al Premio Tenco (2010). Gli spettatori sono invitati ad andare al concerto in bicicletta e a posizionarla su uno dei 128 cavalletti collegati al palco per generare la corrente necessaria. «La nostra è un’iniziativa per gli amanti della bicicletta, non bisogna essere ciclisti professionisti. Basta venire con la bicicletta e la pedalata non sarà impegnativa. Infatti ogni 20 minuti facciamo pausa per permettere il cambio dei pedalatori. Il concerto dura un’ora». E se il pubblico chiede il bis? Basta pedalare! Concerti si sono tenuti a Bari (la Regione Puglia ha finanziato il progetto) e a Roma; c’è in programma una tappa a Verbania. Poi tournée a Francoforte e Londra. Info: www.tetesdebois.it Quando dai rifiuti nascono le case I n risposta all’invasione dei rifiuti e allo spreco di materie prime, alcuni progettisti e designer fantasiosi hanno immaginato che gli oggetti possano trovare una seconda vita nel «riuso», anziché nel «riciclo». Il riuso è più immediato e più economico del riciclo, sebbene richieda un minimo di adattamento a nuove forme estetiche e una buona dose di creatività. Il Phoenix Commotion realizza a houston (Texas) case a bassi costi per famiglie a basso reddito. Come? usando oggetti provenienti dalle raccolte differenziate, dalle targhe d’auto ai cocci di vetro o terracotta. Il risultato finale sono case monofamiliari dall’aspetto simile a un patchwork ricamato con molta fantasia. Spiral Island, invece, a Cancun (Messico), è un’abitazione galleggiante in legno di 20 metri di diametro, costruita dell’ecologista Rishi Sowa e da due anni aperta al pubblico. Realizzata su piattaforme semisommerse poggianti su 250mila bottiglie di plastica racchiuse in reti, ha lo scopo dichiarato di sensibilizzare l’opinione pubblica al riuso dei rifiuti lasciati in mare. Sempre in Messico, il Tubo Hotel di Tepoztlan (nella foto) rappresenta un altro esempio di riuso. Grandi settori cilindrici di collettori idrici in cemento (cioè tubi di 2,40 metri di diametro) sono stati sottratti ai martelli demolitori e trasformati in camere di motel. La carenza di aule e la sovrapproduzione di rifiuti ha ispirato i progettisti della Bottle School, esempio di architettura sostenibile a San Pablo Laguna (Filippine). Le pareti della scuola sono state realizzate con bottiglie di plastica e vetro. Lo slogan del progettista è: «sette minuti per bere una bibita, 700 anni per distruggerne la bottiglia, sette settimane per farne una scuola». Roberto Desiderati