un film per aiutare il pilota depresso

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un film per aiutare il pilota depresso
Nelle sale «Veloce come il vento»
UN FILM PER AIUTARE
IL PILOTA DEPRESSO
NON SOLO CALCIO
di FAUSTO NARDUCCI
email: [email protected]
twitter: @Ammapp1
I
personaggi pubblici che dopo
il successo cadono in
depressione e si isolano dal
mondo possono alimentare la
leggenda o finire nel
dimenticatoio. Syd Barrett diventò
leggenda «continuando a splendere
come un diamante»: dopo aver
fondato i Pink Floyd negli
psichedelici anni Sessanta della
musica, lasciò il gruppo proprio
mentre si trasformavano in mito e, a
parte due isolate avventure
solistiche, si dedicò per quasi
quarant'anni ai suoi problemi
mentali nella casa di famiglia fino
alla morte nel 2006. Carlo Capone,
il Syd Barrett dei rally, dopo aver
vinto un isolato titolo europeo
nell'84, è entrato invece nella
Residenza Anni Azzurri di Tonengo
(Asti) : la sua storia sarebbe rimasta
sepolta lì se a riportarla alla mente
non ci avesse pensato il film «Veloce
come il Vento», del regista Matteo
Rovere, in uscita nelle sale italiane il
prossimo 7 aprile. Non poteva
esserci ricordo migliore perché a
prestargli il volto e la voce - sia pure
soltanto come fonte di ispirazione
visto che l'action movie segue poi
altri binari rispetto alla storia reale è uno Stefano Accorsi in stato di
grazia nei panni di un inaffidabile
ex pilota dal passato burrascoso,
devastato dalla droga e incapace di
riprendere le redini di se stesso
accanto alla sorella pilota, che in
qualche modo gli chiede aiuto dopo
la morte del padre.
Nonostante il cambio di
ambientazione, dal Piemonte alla
Romagna che meglio si adatta
all'accento naturale del
protagonista, la forza di questo
«Rush» dei poveri, che offre scene di
corse automobilistiche girate dal
vivo come non si erano mai viste in
Italia, sta anche nella storia
ispiratrice che finora i cultori di rally
della sua epoca custodivano quasi
come una reliquia, a parte un
esauriente ritratto uscito su Auto
Sprint nel dicembre scorso. In effetti
il dramma personale dell'ex pilota
torinese è di quelli che possono far
venire i brividi, ma anche far
riflettere sugli alti e bassi della vita e
sugli effetti di un male subdolo che
si chiama depressione. Già, perché
Capone a un certo punto pareva
avere tutto in mano a parte se
stesso, spericolato e vincente alla
guida, però anche condizionato
nelle relazioni dalla sua balbuzie e
dal suo carattere introverso. E in
qualche modo Carlo, torinese classe
1958 di Gassino, all'inizio poteva
pure considerarsi un tipo fortunato
visto che si era trovato fra le mani
prima un'A112 quasi vincente
nell'omonimo trofeo (battuto a pari
punti nel 78 da Fabrizio Tabaton) e
poi la Lancia 037 Tre Gazzelle, una
scuderia minore della Lancia.
Capone dall'85 in poi passò di
tragedia in tragedia, soffrendo per la
morte della figlia e per la rottura
con la moglie e, dopo la morte del
padre nel 2014, rifugiandosi insieme
alla madre vicino ai malati di
Alzheimer. Oggi l'ex campione,
affetto da bipolarismo, sopravvive
come un recluso con un paio di
scarpe e due tute, è felice soltanto
quando va a dormire, ma è già attiva
la pagina facebook «Aiutiamolo a
tornare a una vita Normale» e presto
ci sarà in sala un film che ha tutti i
crismi per diventare un successo.
L'equivalente della mitica «Shine on
you crazy Diamond» con cui i Pink
Floyd invocavano l'amico Syd.
<•• I il'I'.ODUZIONE RISERVATA
Con tre vittorie e quattro secondi
posti, nell'84 arrivò così un
insperato titolo europeo (accanto al
navigatore Sergio Cresto) a spese
del finlandese Henri Toivonen, che
risultò essere al tempo stesso il suo
principale estimatore e l'uomo che
gli avrebbe distrutto dalla vita. Per
l'anno successivo il torinese non
accettò infatti che il direttore
sportivo Cesare Fiorio gli preferisse
per la Lancia ufficiale quello
«sfasciacarrozze» nordico. Così,
mentre il finlandese si rivelava più
che mai un fuoriclasse, l'italiano
prendeva il cammino inverso,
evitato da tutto l'ambiente per il suo
carattere intrattabile e in particolare
dai navigatori più collaudati, che
non volevano rischiare la vita a ogni
curva accanto a un pilota «fuori
controllo». Quel che ci colpisce di
più è che, relegato alle corse minori,
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ANNI AZZURRI
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