La crisi finanziaria del 2007-2009
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La crisi finanziaria del 2007-2009
SAGGI La crisi finanziaria del 2007-2009 di Raffaella Quintano 1. Le origini della crisi La crisi finanziaria del 2007-2009 eÁ esplosa nell'estate del 2007, ma affonda le sue radici nell'insieme delle scelte economiche e politiche degli ultimi decenni: la deregulation e l'espansione della liquiditaÁ hanno contribuito alla creazione di un sistema finanziario sempre piuÁ scollegato dall'economia reale. L'espressione principale di tale processo di deregulation si eÁ avuta, nel 1999, con l'abolizione, da parte dell'amministrazione Clinton, dello storico Glass-Steagall Act, introdotto nel 1931 dopo la grande crisi, il quale imponeva una netta distinzione tra le attivitaÁ delle banche commerciali e quelle delle banche d'investimento o degli operatori finanziari, che rischiano con operazioni di mercato. La commistione aveva portato a conflitti d'interesse, frodi e gestioni arrischiate, contribuendo alla crisi del 1929. Il Gramm-Leach-Bliley Act del 1999 ha consentito nuovamente agli istituti di credito di svolgere sia la normale attivitaÁ bancaria, che quella di banche d'affari e ha limitato i controlli su banche d'investimento e istituti di credito ipotecario 1. Nel 2004, la Sec (Securities and Exchange Commission), l'equivalente della Consob italiana, che ha compiti di vigilanza sulle cinque grandi banche d'investimento di Wall Street ± Lehman Brothers, Bear Stearns, Merril Lynch, Morgan Stanley e Goldman Sachs ± concede ad esse l'esenzione dal rispetto dei limiti sui parametri patrimoniali imposti nel 1975 2. I cinque brokers sono cosõÁ liberi di usare in modo molto piuÁ spinto la leva finanziaria e aumentare il proprio debito fino a 30 o 40 volte il capitale netto, cinque volte il peso consentito agli altri operatori. Tale decisione eÁ legata alla deregulation finanziaria sponsorizzata dai repubblicani. Non a caso la crisi ha colpito i cinque ex colossi di Wall Street deregolamentati, e M. Mariani (a cura di), Lezioni per il futuro, Il Sole 24 Ore, Milano, 2009, p.19. All'epoca i broker mantenevano un rapporto medio tra debiti e capitale netto di 5 o 6 a 1, e se si avvicinavano al massimo di 15 a 1 potevano venire costretti a chiudere. 1 2 7 nessun'altra delle cinquemila case di brokeraggio che non hanno goduto dell'esenzione 3. L'altro fattore all'origine della crisi finanziaria, eÁ stato l'eccesso di liquiditaÁ generato dai saggi d'interesse molto bassi, che dal mercato statunitense si eÁ esteso progressivamente sugli altri mercati finanziariamente evoluti. Le radici dell'eccesso di liquiditaÁ sono lontane, cioe risalgono a prima dell'11 settembre 2001; al boom di borsa della seconda metaÁ degli anni Novanta, segue l'esplosione della bolla della new economy e la Federal Reserve, guidata da Alan Greenspan, risponde con la riduzione del costo del denaro, portando i saggi dal 6,5 per cento del gennaio 2001, all'1 per cento del giugno 2003, accrescendo, in tal modo, la liquiditaÁ del mercato. Greenspan ha mantenuto il costo del denaro troppo basso e troppo a lungo, innescando e alimentando la bolla immobiliare, l'indebitamento eccessivo dei consumi e la spirale dei debiti a breve delle banche 4. Questa eccessiva liquiditaÁ ha contribuito a scatenare molteplici effetti. In primo luogo ha trasformato in soggetti finanziari intere fasce sociali, che non lo erano a causa delle debolezze del loro reddito. I mutui concessi a potenziali insolventi e poi cartolarizzati non sarebbero stati possibili senza gli eccessi di liquiditaÁ 5. La crisi del 2007-2009 eÁ passata alla storia come la ``crisi dei subprime''. I mutui subprime sono mutui concessi a soggetti che non hanno accesso al credito ordinario, perche non sono in grado di offrire adeguate garanzie, in termini di reddito o di patrimonio preesistente, o perche hanno dimostrato in passato di non essere in grado di onorare i propri debiti. Che cosa ha reso possibile l'erogazione di crediti a debitori che, per definizione, non li avrebbero mai potuti meritare sulla base di criteri prudenziali tradizionali? Che cosa ha consentito la straordinaria crescita e diffusione che questi strumenti hanno avuto, per oltre un decennio, fino a raggiungere un volume complessivo di milletrecento miliardi di dollari di crediti erogati alla vigilia della crisi? L'erogazione dei mutui subprime eÁ stata resa possibile dalla diffusione di una pratica finanziaria che ha radici antiche, ma che eÁ stata messa tecnicamente a punto, soltanto a partire dall'inizio degli anni Ottanta: la cartolarizzazione 6. Il tratto caratteristico di questo modo di impostare i rapporti finanziari fa sõÁ che i crediti concessi, anziche essere messi nel bilancio della banca che li eroga (e tenuti in bilancio fino al loro completo pagamento), siano trasformati in titoli negoziabili, ossia vengano ``cartolarizzati''. I titoli ``prodotti'' con la cartolarizzazione, a loro volta, sono venduti ad altri investitori. In questo modo, da una parte, la banca erogante puoÁ incassare immediatamente l'intero importo del credito erogato, dall'altra essa non sopporta il rischio di credito, ossia il 3 N. Borzi N. Ciravegna M. Mariani (a cura di), La grande crisi, Il Sole 24 Ore, Milano, 2008, pp. 34-35. 4 M. Mariani (a cura di), Lezioni per il futuro, cit., p. 24. 5 A. Volpi, Una crisi, tante crisi, Pisa, 2009, p. 11. 6 M. Amato, L. Fantacci, Fine della finanza, Roma, 2009, p. 92. 8 rischio di una possibile insolvenza da parte del debitore. Tale rischio viene, infatti, trasferito agli acquirenti dei titoli; questi ultimi sono negoziabili, possono cioeÁ essere rivenduti sul mercato in qualsiasi momento. CosõÁ, gli investitori beneficiano non soltanto del rendimento dei titoli, ma anche di possibili guadagni in conto capitale nel caso in cui riescano a rivendere i titoli a un prezzo piuÁ alto del prezzo di acquisto. L'aspettativa di tali guadagni eÁ stata alimentata dalla crescita delle quotazioni sul mercato immobiliare, a sua volta sostenuta dall'espansione del credito resa possibile dalla cartolarizzazione. All'abbondanza quantitativa dei titoli emessi, si aggiunge un vantaggio qualitativo, per gli investitori, costituito dalla varietaÁ dei titoli emessi, che hanno offerto diverse combinazioni di rischio e rendimento per rispondere ai profili piuÁ diversi di preferenze 7. Questi i vantaggi dei creditori. Ma anche i debitori hanno tratto vantaggi: si tratta di debitori che non riceverebbero alcun credito da una banca tradizionale e che invece, grazie alla cartolarizzazione, possono accedere non soltanto all'acquisto della prima casa, ma anche a prestiti per l'acquisto di automobili e all'utilizzo delle carte di credito, in quanto la cartolarizzazione attuata dalle banche ha riguardato anche questo tipo di debiti. In tal modo, la cartolarizzazione ha ampliato enormemente il numero di persone con accesso al credito, raccogliendo una quantitaÁ ingente di denaro proveniente da investitori di tutto il mondo, perche potesse essere impiegata da lavoratori precari, minoranze etniche, emarginati, per l'acquisto di una casa, per accedere all'istruzione e per qualunque spesa corrente 8. Il circuito partiva, quindi, dalle societaÁ di ingegneria finanziaria, che progettavano il prodotto, proseguiva con le banche commerciali che erogavano i mutui ai clienti, li impacchettavano e vendevano le obbligazioni strutturate alle banche d'affari o le collocavano direttamente sul mercato. In questo modo, si creava una sorta di circolo vizioso con l'entrata continua di liquiditaÁ derivante dalla vendita delle obbligazioni strutturate, liquiditaÁ utilizzata per sostenere richieste di nuovi mutui e finanziamenti, e nuovamente per emettere altre obbligazioni strutturate 9. Tali obbligazioni sono le ABS e i CDO. Le ABS (Asset Backed Securities), o ``obbligazioni garantite da attivitaÁ'', sono prestiti erogati dalle banche, pertanto attivitaÁ (elementi dell'attivo nel bilancio della banca) ``impacchettate'' in obbligazioni vendute agli investitori (fondi o privati) il cui rimborso eÁ garantito dal pagamento delle rate del mutuo e, in ultima istanza, dall'immobile su cui grava l'ipoteca (nel caso di mutuo immobiliare). Attraverso le Abs, la banca, anziche attendere la scadenza dell'attivitaÁ, rientra subito del capitale prestato e puoÁ espandere la propria attivitaÁ 10. M. Amato, L. Fantacci, Fine della finanza, cit., pp. 93-94. Ibidem, p. 94 9 F. Zampieri, La grande crisi del 2008:cioÁ che la gente non sa, cit. 10 N. Borzi N. Ciravegna M. Mariani (a cura di), La grande crisi, cit., p. 120. 7 8 9 Per emettere titoli con varie combinazioni di rischio e di rendimento, le Abs sono state poi, in gran parte, ``spacchettate'' e ricomposte in altre obbligazioni denominate CDO (Collateralised Debt Obligation). I CDO venivano emessi non direttamente dalle banche, ma da societaÁ veicolo, le cosiddette SIV (Structured Investment Vehicle). Tali societaÁ, denominate anche conduit, SPE (Special Purpose Entity), SPV (Special Purpose Vehicle) sono societaÁ create per uno scopo specifico: se una banca vuole cartolarizzare una serie di prestiti immobiliari, cede questi prestiti a una societaÁ veicolo appositamente creata; su questa base di attivitaÁ la nuova societaÁ emette i titoli cartolarizzati. Spesso peroÁ i conduit risultano una filiazione piuÁ o meno legittima delle banche stesse, che hanno preferito fare ricorso ad essi per evitare di sopportare i costi legati al fatto di detenere capitali 11. Tali societaÁ, quindi, spesso non hanno legami con la banca, altrimenti verrebbero riconosciuti come parte integrante del gruppo e i loro bilanci dovrebbero essere consolidati, negando il trasferimento del rischio che si vuole operare con la cartolarizzazione e gli effetti sui requisiti di capitale 12. Le banche hanno trasferito, infatti, le attivitaÁ piuÁ rischiose a tali entitaÁ formalmente fuori bilancio, assegnando ad esse un capitale minimo, al fine di ridurre il capitale detenuto, cioeÁ di aumentare la leva finanziaria. Infine, sono stati creati prodotti finanziari derivati chiamati CDS (Credit Default Swap), cioeÁ ``polizze'' usate dagli investitori per assicurarsi contro l'insolvenza delle obbligazioni: l'acquirente dell'obbligazione che si copre con il CDS vuole coprirsi dal rischio che la controparte possa non rimborsare il capitale e per questo paga un ``premio'' a una controparte (per esempio una banca). Se il bond finisce in default, la controparte eÁ obbligata a rimborsarlo al posto dell'emittente. I CDS sono quotati su mercati non regolamentati (over the counter). PiuÁ eÁ alto il rischio di insolvenza, piuÁ eÁ alto il premio che deve pagare chi vuole coprirsi dal rischio. In pochi anni, i CDS sono diventati un mercato molto ampio, poco trasparente e fuori dalle borse regolamentate. Nel 2001, l'ammontare dei CDS eÁ nell'ordine di seicentotrenta miliardi di dollari, ma in soli sei anni si eÁ moltiplicato raggiungendo, nel 2007, la cifra di cinquantacinquemila miliardi di dollari di valore nozionale a livello globale, piuÁ del Prodotto interno lordo mondiale. Sommando poi ai CDS gli altri derivati, si arriva a cinquecentotrentunomila miliardi: un mercato dieci volte piuÁ grande del Pil del mondo 13. 11 2008. 12 13 M. Longo, SaraÁ improbabile assistere al crack di grandi banche, ``Il Sole 24 Ore'', 25 marzo N. Borzi N. Ciravegna M. Mariani (a cura di), La grande crisi, cit. p. 126. Ibidem, p. 30. 10 Tab. 1 - Valore complessivo di mutui e cartolarizzazioni immobiliari Usa e dei prodotti derivati su scala mondiale, dicembre 2007. Dati in migliaia di miliardi di dollari. Mutui immobiliari subprime Mutui complessivi negli Stati Uniti Cartolarizzazioni di mutui Usa Cartolarizzazioni di secondo livello (CDO mondiali) Derivati di credito (CDS mondiali) Derivati complessivi mondiali 1,7 12,1 4,2 3,0 55,0 531,2 Fonte: N. Borzi, N. Ciravegna, M. Mariani (a cura di), La grande crisi, cit., p. 31. In tale contesto, la struttura dei modelli di valutazione del rischio non eÁ stata modificata rispetto all'ingegneria finanziaria. Le agenzie di rating, infatti, hanno mostrato una notevole accondiscendenza nei confronti di molti prodotti finanziari, difficili da valutare sia per la scarsa esperienza che per l'opacitaÁ intrinseca dei crediti strutturati 14. Le agenzie di rating del credito sono state accusate di aver contribuito alla crisi finanziaria globale, di non aver saputo prevedere l'inaffidabilitaÁ dei mutui subprime americani e di non aver saputo quantificare il rischio dei moderni strumenti finanziari, aiutando a creare prodotti strutturati cui hanno assegnato una generosa tripla A (valutazione ottima) e che poi si sono trasformati in titoli tossici, cioeÁ con cosõÁ basso valore da avvelenare i portafogli delle banche e dei risparmiatori 15. Gli economisti hanno puntato l'indice contro i pesanti conflitti d'interesse che caratterizzano tali societaÁ, dato che gli emittenti dei titoli pagano le agenzie di rating per avere la valutazione (il controllato paga il controllore). Spesso, le stesse agenzie di rating forniscono servizi di consulenza su come creare i prodotti finanziari che possano ottenere il migliore profilo di rischio e, quindi, una valutazione migliore, cioeÁ un ulteriore conflitto di interessi in cui il consulente eÁ anche il giudice di un dato prodotto strutturato 16. Fino alla crisi del 2007-2009 questo evidente conflitto di interessi era stato considerato ininfluente sulla affidabilitaÁ del rating, ma l'andamento della crisi ha dimostrato che non era cosõÁ. I titoli emessi da Lehman Brothers hanno goduto della ``tripla A'' fino a pochi giorni prima del fallimento della banca, prima di essere precipitosamente declassati, quando peroÁ ormai era troppo tardi 17. La Sec ha approvato, nel settembre 2009, regole piuÁ stringenti e tre mesi dopo l'Unione Europea ha a sua volta introdotto nuove norme sui controlli e la supervisione di tali agenzie. A. Volpi, Una crisi, tante crisi, cit., p. 13. A. Merli, L'obiettivo eÁ un'agenzia Ue, ``Il Sole 24 Ore'', 9 Maggio 2010. 16 Osservatorio sulla finanza, Mini guida, cit. 17 G. Chiellino (a cura di), La crisi dei mercati dai mutui subprime al debito pubblico, marzo 2009, dal sito www.ilsole24ore.com. 14 15 11 2. Le caratteristiche della crisi Le molteplici contraddizioni insite nelle pratiche della nuova ingegneria finanziaria hanno cominciato ad esplodere, nell'estate del 2007, con la crisi dei mutui subprime. La lunga fase positiva di crescita dell'economia americana degli anni Novanta, unita a una successiva fase di saggi di interesse particolarmente bassi, dalla fine del 2001 al 2004, ha creato le condizioni per un boom del settore immobiliare. La ricchezza accumulata, negli anni Novanta, e saggi sui mutui molto convenienti, hanno spinto molte famiglie americane ad acquistare una casa 18. L'intero sistema si reggeva su due elementi: il prezzo delle case in continua crescita e i bassi saggi d'interesse che facilitavano la catena dell'indebitamento e la gestione del debito. Il ribasso dei prezzi delle abitazioni, unito all'aumento dei saggi di interesse voluto dalla politica monetaria, che ha reso piuÁ costosa la liquiditaÁ necessaria per rifinanziare il possesso, mette in difficoltaÁ le famiglie USA. A partire dal 2005, la serie di rialzi dei saggi di interesse decisi dalla Federal Reserve, guidata, da Bernanke, ha reso piuÁ onerose le rate dei mutui e di conseguenza ha aumentato il rischio di insolvenza delle famiglie, soprattutto a causa della grande quantitaÁ di mutui ipotecari a saggio variabile, i cosiddetti ARM ``Adjustable Rate Mortgage'', erogati dopo il 2000, particolarmente ai mutuatari della categoria subprime. Iniziano le inadempienze, specie tra i titolari dei mutui subprime, che spesso avevano debiti superiori al valore delle case o non erano in grado di sostenere i continui rialzi delle rate mensili con i redditi correnti 19. All'inizio, le banche non riescono a valutare correttamente questi segnali negativi come un problema, in quanto i mutui subprime sono stati quasi tutti ``cartolarizzati'', quindi gli istituti di credito hanno ceduto i mutui e trasferito i rischi ad altri investitori (gli acquirenti dei titoli cartolarizzati), pensando di averli cosõÁ ridotti. Tali rischi sono stati invece moltiplicati, non ridotti. Le ABS, che negli Usa, a fine 2007, ammontano a quattromiladuecento miliardi di dollari, sono state infatti, in gran parte, ``impacchettate'' in CDO il cui valore ammonta ad altri tremila miliardi di dollari: il rischio subprime si eÁ diffuso in tutto il mondo attraverso questi bond e nessuno sa in quante ABS e CDO sia effettivamente finito 20. Chiunque detenesse, nel proprio portafoglio, tali obbligazioni legate ai mutui subprime ha iniziato a venderli precipitosamente, ma con difficoltaÁ, perche ormai erano privi di garanzie (i clienti non pagavano le rate) e i prezzi erano scesi profondamente. L'opaca complessitaÁ della catena della cartolarizzazione ha reso inadeguate le informazioni su dove i titoli strutturati fossero finiti, e su quali operatori gravassero effettivamente i rischi delle operazioni. Il collocamento dei derivati si eÁ diffuso in Europa e sul mercato globale. Nei rapporti interbancari si eÁ diffusa la 18 19 20 L. Trevisan, Quei titoli senza regole, ``Il Sole 24 Ore'', 21 ottobre 2008. R. Shiller, Finanza Shock, Milano, 2008, p. 5. N. Borzi N. Ciravegna M. Mariani (a cura di), La grande crisi, cit., p. 13. 12 sfiducia, internazionalmente, coinvolgendo anche chi non aveva consistenti rischi subprime. Le difficoltaÁ delle istituzioni finanziarie creano, quindi, una crisi di fiducia reciproca tra le banche e progressivamente il mercato interbancario si ingessa, in quanto le banche non si prestano piuÁ i soldi sul mercato interbancario a breve, perche temono che, da un giorno all'altro, la controparte possa fallire, e quando lo fanno applicano saggi d'interesse elevatissimi. Questo crea una crisi di liquiditaÁ pesante e coinvolge anche i mutui delle famiglie italiane, agganciati proprio ai saggi interbancari come l'Euribor. I prestiti interbancari, che sono alla base della circolazione dei capitali nell'intero sistema, sono congelati, perche le banche temono di ricevere titoli ``avariati'' come garanzia e perche nessuno sa se l'istituto a cui si presta andraÁ in crisi prima della scadenza del prestito. Questo si riflette in un maggiore costo del denaro e in una pesante stretta creditizia o ``credit crunch'': la sfiducia del mercato ha bloccato l'erogazione di credito da parte degli investitori, minacciando una restrizione del credito generalizzata e peggiorando le aspettative degli investimenti, dei consumi, della produzione e dell'occupazione 21. Le banche sono preoccupate della solvibilitaÁ di coloro a cui prestano i soldi e, quindi, si ha un calo significativo dell'offerta di credito e i prestiti vengono concessi a condizioni piuÁ rigide, aumentando i saggi o chiedendo maggiori garanzie. Le banche centrali, per evitare che il crollo della fiducia potesse paralizzare il mercato del credito, sono intervenute con decisione (tagliando i saggi d'interesse) per fornire liquiditaÁ e dare stabilitaÁ al mercato 22. I mercati si sono dunque irrigiditi in una crisi di liquiditaÁ che ha provocato l'insolvibilitaÁ di molti istituti finanziari, che si erano riempiti le casse di ``titoli tossici'' (ABS, CDO, CDS sono stati denominati ``titoli tossici''). Il crollo delle cartolarizzazioni e i salvataggi delle societaÁ-veicolo fuori bilancio attraverso le quali le banche avevano comprato bond cartolarizzati, hanno causato alle banche pesanti perdite. A livello mondiale, gli istituti di credito hanno dovuto svalutare piuÁ di cinquecento miliardi di dollari di obbligazioni, causando perdite miliardarie di bilancio 23. Numerosi istituti bancari ed assicurativi sono stati, infatti, pesantemente colpiti dal crollo delle quotazioni dei titoli di debito legati ai prestiti immobiliari e dall'uso spregiudicato degli strumenti derivati (soprattutto i CDS) su mercati privi di regolamentazione. Tra il 2007 e il 2008, diverse banche americane hanno dichiarato pesanti insolvenze, e solo gli interventi di sostegno e salvataggio congiunto del governo e della Federal Reserve, mediante enormi iniezioni di liquiditaÁ, hanno scongiurato fallimenti che avrebbero ulteriormente aggravato la situazione. Il governo ha cosõÁ evitato il fallimento di importanti istituzioni finanziarie, che avrebbe potuto travolgere milioni di risparmiatori. Diversamente da qualsiasi altra azienda, quando fallisce una banca ci rimettono non solo gli azionisti, i dipendenti e i manager, ma 21 22 23 R. Shiller, Finanza Shock, cit., pp. 126-127. N. Borzi N. Ciravegna M. Mariani (a cura di), La grande crisi, cit., pp. 13-14. Ibidem, p.13. 13 anche i clienti e le altre banche (che hanno prestato a quella banca). Si produce cosõÁ un effetto di contagio al resto del sistema finanziario, tanto piuÁ forte quanto piuÁ importante eÁ la banca che fallisce. Il tragico fallimento della banca d'affari Lehman Brothers insegna che le banche piuÁ grandi non possono fallire. Secondo il proverbiale ``too big to fail'', se il fallimento di una singola banca rende probabile una crisi sistemica, questa banca deve essere salvata dallo Stato, anche a costo di gravare sui contribuenti e causare possibili distorsioni sui mercati. Questo non deve, peroÁ, diventare un incentivo ad assumere rischi insostenibili o a creare invenzioni finanziarie, con l'unico obiettivo della moltiplicazione dei guadagni. La crisi eÁ esplosa subito in borsa. Gli indici di tutte le borse europee, americane e dei paesi orientali crollarono dal maggio 2007 al marzo 2009, a causa delle vendite in tutte le borse da parte degli investitori. In particolare, il 9 marzo 2009, lo S&P500, che misura l'andamento del mercato azionario Usa 24, ha toccato il minimo; i titoli bancari sono crollati ai minimi degli ultimi sedici anni, dopo aver perso l'88 per cento del loro valore quelli americani e l'83 per cento quelli europei. Il peggior ribasso delle borse dopo quello degli anni Trenta, ha fatto perdere il 57 per cento a Wall Street (rispetto al massimo del 2007), oltre il 60 per cento ai mercati europei e il 72 per cento alla borsa italiana 25. Ma il giorno seguente i listini hanno invertito rotta, guadagnando oltre il 6 per cento, con quella tipica reazione che segnala la chiusura precipitosa delle posizioni allo scoperto 26. Nelle settimane successive al 9 marzo, vi eÁ stata una rapida ascesa delle quotazioni guidata, quasi esclusivamente, dalle ricoperture; se nei sei mesi precedenti gli operatori hanno venduto tutto, convinti che la crisi del credito dopo i tracolli, di settembre, di Lehman, Aig, Fannie Mae, Freddie Mac (per citarne alcuni), avrebbe inevitabilmente portato alla recessione, la nuova impellente necessitaÁ era invece di ricomprare tutto quello che si era venduto allo scoperto 27, soprattutto i titoli bancari che si erano quasi azzerati. Dal 10 marzo, gli indici sono cresciuti, quasi ininterrottamente, salendo a Wall Street di oltre il 68 per cento e in Europa del 63 per cento. Nonostante cioÁ, per rivedere i massimi storici del 2007, l'America dovrebbe salire ancora del 40 per cento e l'Europa del 56 per cento 28. Dai grafici riportati, si evince che sia le borse americane, il cui andamento eÁ rappresentato dall'indice S&P500, sia le borse europee, il cui andamento eÁ rappresentato dall'indice FTSE Mib, hanno subito un drastico calo a partire dal maggio 2007 e fino al 9 marzo 2009, per poi subire un'inversione di tendenza, caratterizzata da un generalizzato aumento delle quotazioni. 29 24 L'indice S&P 500 eÁ stato realizzato da Standard & Poor's nel 1957 e segue l'andamento di un paniere azionario formato dalle 500 aziende statunitensi a maggiore capitalizzazione. 25 W. Riolfi, La risalita della Borse a un anno dalla crisi, ``Il Sole 24 Ore'', 7 marzo 2010. 26 L. Campagna, Aspettando gli States, ``Il Mondo'', 20 marzo 2009. 27 La vendita allo scoperto (short selling) eÁ un'operazione finanziaria che consiste nella vendita sul mercato di titoli non posseduti, con successivo riacquisto. 28 W. Riolfi, La risalita della Borse a un anno dalla crisi, cit. 14 Grafico 1 - Andamento dello S&P500 tra gennaio 2006 e gennaio 2010. Fonte: http://it.finance.yahoo.com Grafico 2 - Andamento del FTSEMIB 29 tra gennaio 2006 e gennaio 2010. Fonte: http://it.finance.yahoo.com 29 Il FTSE MIB eÁ il piuÁ significativo indice azionario della Borsa italiana. EÁ il paniere che racchiude le azioni delle 40 maggiori societaÁ italiane ed estere quotate sui mercati gestiti da Borsa Italiana. 15 3. Gli effetti della crisi sull'economia reale Gli effetti della crisi finanziaria, iniziata nell'estate del 2007, si sono progressivamente trasmessi, nel 2008, all'economia reale. In un contesto in cui la produzione industriale, le esportazioni e la fiducia sono divenute altamente correlate nelle diverse economie, il prodotto mondiale e l'inflazione hanno registrato un netto calo 30. Si eÁ avuto il crollo del commercio mondiale, che ha colpito tutte le economie orientate all'esportazione. La spesa delle famiglie, nelle economie avanzate, eÁ diminuita di pari passo con la caduta della fiducia e con un inasprimento delle condizioni nei mercati del credito. In presenza di un deterioramento dei consumi, piuÁ rapido di quello del reddito, il saggio di risparmio delle famiglie eÁ cresciuto 31. Inoltre, molti progetti di investimento sono stati posticipati o fortemente ridimensionati. La recessione eÁ stata aggravata dal netto calo dell'occupazione, indotto dal crescente pericolo di fallimenti aziendali, che ha aumentato notevolmente l'incertezza finanziaria delle famiglie, e dal peggioramento del clima di fiducia dei consumatori e delle imprese 32. Il settore piuÁ colpito dell'economia reale eÁ stato quello automobilistico. La crisi di tale settore eÁ ascrivibile, sostanzialmente, a due fattori: da un lato, la difficoltaÁ di reperire capitali a causa dell'atteggiamento diffusosi negli ambienti finanziari in seguito alla crisi di fine 2008; dall'altro, la crisi dei consumi e il clima di generale sfiducia. Nel 2008, le piuÁ grandi case automobilistiche mondiali hanno registrato un netto calo delle vendite. General Motors, Chrysler e Ford hanno, improvvisamente, dovuto affrontare un calo vertiginoso della domanda di automobili negli States e il Governo, guidato da Barack Obama, ha approntato piani di emergenza che hanno previsto finanziamenti miliardari e interventi straordinari. In Europa, colossi come Daimler, Bmw, Renault e Fiat hanno visto le loro vendite calare a picco e hanno, di conseguenza, trascinato al ribasso l'economia del vecchio continente, di cui sono una delle pedine piuÁ importanti. Tutte le imprese coinvolte in Europa hanno effettuato grossi tagli del personale, hanno ridotto le scorte di magazzino, hanno accettato gli incentivi pubblici deliberati per salvare l'occupazione in un settore strategico per le principali economie 33. Circa un terzo degli operai che lavorano in Europa sono impiegati, direttamente o indirettamente, nel comparto dell'auto. In Italia, ci sono piuÁ di 167 mila operai che lavorano direttamente per case automobilistiche e, se si considera l'indotto, si arriva a oltre 800 mila addetti. Complessivamente, oltre 2,2 milioni di persone, in Europa, lavorano per l'industria dell'auto e, se si considera anche l'indotto, si superano gli 11 milioni di addetti del settore 34. EÁ entrato in crisi un settore simbolo della Banca dei Regolamenti Internazionali, 79a relazione annuale, 1 aprile 2008 - 31 marzo 2009, p. 63. 31 Banca dei Regolamenti Internazionali, 79a relazione annuale, cit., p. 68. 32 Ibidem, p. 75. 33 L. Campagna, Aspettando gli States, ``Il Mondo'', 20 marzo 2009. 34 Borsa italiana - speciale crisi auto, cit. 30 16 produzione industriale del Novecento, capace di coinvolgere un indotto molto vasto e di colpire, in termini di occupazione, grossi strati della forza lavoro e di riflesso del mercato dei consumi 35. La crisi dei mercati finanziari si eÁ trasferita all'economia reale attraverso due principali canali di trasmissione. Il primo eÁ il crollo della fiducia dei consumatori e delle imprese, con un conseguente rinvio di piani di consumo e di investimento. Il secondo canale eÁ quello della stretta creditizia alle imprese. La crisi finanziaria non ha portato gravi conseguenze nel settore della produzione, eÁ stata circoscritta agli speculatori finanziari e frenata dai provvedimenti anticrisi dei governi occidentali. CioÁ nonostante, molte imprese hanno chiuso o hanno rallentato l'attivitaÁ, provocando una diffusa disoccupazione 36. EÁ, forse, una crisi anche mediatica, provocata dalla consapevole diffusione di notizie allarmanti da parte dei politici di molti paesi occidentali, compresa l'Italia, per poter meglio gestire l'intervento pubblico nell'economia? Attraverso la diffusione di notizie sulla crisi, anche false, si sono scoraggiati gli acquisti dei consumatori e gli investimenti degli imprenditori, con conseguente calo della produzione e la presenza di una disoccupazione strisciante 37. Da un sondaggio dell'Osservatorio sul capitale sociale di Demos-Coop eÁ emerso che gli italiani si sono adeguati subito alla crisi ed hanno reagito modificando i comportamenti di consumo e gli stili di vita 38. Probabilmente tali adeguamenti sono stati dettati piuÁ dal fatto che essi sono stati vittime di un bombardamento mediatico, piuttosto che da un vero cambiamento avvenuto per gli italiani dal punto di vista finanziario 39. Quasi metaÁ di essi ha rinviato le spese piuÁ impegnative per la famiglia: casa, auto, elettrodomestici, arredamento. La stessa quota di persone ha dichiarato di aver ridotto i consumi domestici, non solo la spesa per l'abbigliamento, ma anche quella alimentare. Gli italiani, quindi, si sono adeguati alla crisi adottando strategie di consumo selettive e di risparmio preventivo, che investono anzitutto il loro ambiente di vita 40. La recessione ha avuto un effetto psicologico importante, in quanto ha spostato il pendolo dell'insicurezza: dalla paura della criminalitaÁ comune ai problemi economici, legati al reddito e al lavoro: ``PiuÁ che dal terrorismo e piuÁ che dalla criminalitaÁ comune, gli italiani si sentono spaventati dall'economia e dalla disoccupazione, come minaccia e come realtaÁ'' 41. Redazione ``abcfinanze'', Redazionale: la crisi dell'auto, cit. F. Balletta, Se quella che viviamo eÁ una crisi anche mediatica, ``La Costa Vesuviana'', 5 maggio 2010. 37 Ibidem. 38 I. Diamanti, Crisi, consumi e futuro dei figli i nuovi incubi degli italiani, ``La Repubblica'', 5 dicembre 2008. 39 F. Postiglioni, La crisi mediatica, 21 gennaio 2009 dal sito blog.kobracrea.com 40 I. Diamanti, Crisi, consumi e futuro dei figli i nuovi incubi degli italiani, cit. 41 Ibidem. 35 36 17 4. Le proposte di riforma Le lezioni da trarre da questa crisi riguardano, principalmente, il funzionamento di alcuni aspetti dei mercati finanziari, e in particolare la gestione del rischio e l'assetto della regolamentazione finanziaria 42. Secondo il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, eÁ necessario definire un nuovo assetto regolamentare che dia vita ad un sistema finanziario con ``piuÁ regole, piuÁ capitale, meno debito, piuÁ trasparenza'' e controlli estesi a tutti gli intermediari che possono generare rischio sistemico 43. EÁ necessario intervenire sui sistemi di governo societario e sulla remunerazione dei dirigenti per contenere gli incentivi all'assunzione di rischi eccessivi 44. Bisogna intervenire nel limitare eccessi nell'uso della leva finanziaria, con l'introduzione di un ``leverage ratio'' ed un aumento consistente dei requisiti patrimoniali per le attivitaÁ di negoziazione e per le esposizioni di titoli derivanti dalla cartolarizzazione. La crisi ha messo in evidenza che eÁ necessario mettere a punto stress test per valutare la capacitaÁ delle banche di affrontare scenari macroeconomici avversi, per ridurre la probabilitaÁ e la portata di eventuali futuri fallimenti di istituzioni finanziarie con importanza sistemica, rendendo il sistema finanziario internazionale capace di assorbirlo. Nel campo della contrattazione dei derivati eÁ necessario prevedere che questo tipo di transazioni avvenga esclusivamente presso piattaforme centralizzate e mercati regolamentati 45. Occorrono poche ma precise regole per raggiungere due fondamentali obiettivi: da un lato riportare gradualmente le banche alla loro missione originaria di finanziatori dell'economia reale e dall'altro salvare la parte buona della securitization 46. La crisi non eÁ stata causata dall'innovazione finanziaria, ma dal cattivo uso che se ne eÁ fatto, spesso dissociando i nuovi prodotti dalle originarie esigenze economiche che ne avevano determinato il concepimento o creandoli ai soli fini di elusione delle regole 47. I derivati sono utili strumenti di copertura dai rischi. Il mercato dei derivati consente a imprese e societaÁ finanziarie di cautelarsi contro le variazioni del cambio, i saggi di interesse, la solvibilitaÁ di una controparte. Ma ci sono stati abusi, i derivati sono stati scambiati, in misura eccessiva, sul mercato ``over the counter'', invece che nelle sedi appropriate 48. I regolatori devono preoccuparsi dei 42 G. Tabellini, Il mondo torna a correre,l'Italia non si fermi, in Lezioni per il futuro, Il Sole 24 Ore, cit., p. 156. 43 C. Zappatori, Regolazione mondiale della finanza per evitare il rischio di altre crisi, ``Il Denaro'', 4 novembre 2009. 44 Ibidem. 45 C. Zappatori, Regolazione mondiale della finanza per evitare il rischio di altre crisi, cit. 46 M. Onado, Le regole?sono il pettine per sciogliere i nodi, ``Il Sole 24 Ore'', 20 maggio 2009. 47 D. Scannapieco, Ombrelli su misura per le cartolarizzazioni, in Lezioni per il futuro, Il Sole 24 Ore,cit., p. 146. 48 M. Margiocco, Troppo facile sparare sui derivati, in Lezioni per il futuro, Il Sole 24 Ore,cit., p. 145. 18 rischi di controparte e quindi sistemici, e devono usare le normative su capitali di riserva adeguati per incoraggiare istituzioni finanziarie regolate, quali banche, assicurazioni e fondi pensione, a trattare i derivati su mercati regolamentati 49. Le cartolarizzazioni consentono a chi concede crediti di rivendere i titoli di debito, rifinanziarsi e suddividere il rischio, creando titoli che il mercato richiede. Ma tale meccanismo eÁ sfuggito di mano. La quota di mutui subprime eÁ raddoppiata, indebolendo l'incentivo di chi emetteva i mutui a rispettare le regole fondamentali di controllo del rischio. Il saper ex ante di non dovere tenere in bilancio un credito, ma di poterlo cedere al mercato puoÁ spingere a ridurre l'accuratezza dell'istruttoria nel processo di erogazione del credito. Vi eÁ stata dunque una sottovalutazione del rischio di credito da parte delle istituzioni finanziarie ed una strutturazione aggressiva delle cartolarizzazioni 50. Le agenzie di rating non hanno fatto quanto dovuto e le banche hanno disatteso i requisiti di capitale attraverso voci fuori bilancio 51. Con le innovazioni da introdurre bisogna insistere sulla trasparenza della frazione di prodotto cartolarizzato trattenuta da chi daÁ origine all'operazione; bisogna regolare le agenzie di rating che sono dei regolatori di fatto, visto che le loro classifiche hanno diretta influenza sul mercato; bisogna imporre requisiti di capitale piuÁ severi per le posizioni mantenute extra-bilancio 52. Gli eccessi della securitisation sono avvenuti perche non sono stati imposti vincoli di standardizzazione degli strumenti emessi (come avviene da sempre nei mercati dei titoli tradizionali), favorendo una tale proliferazione e la vendita dei titoli, che non si eÁ riusciti a capire la rischiositaÁ intrinseca e il nesso con le attivitaÁ sottostanti. Non sono necessarie norme particolarmente severe e complesse: basta applicare a tutti i mercati, compreso quello dei titoli strutturati, le norme generali pensate per garantire trasparenza e correttezza ai mercati tradizionali delle azioni e delle obbligazioni. Il che significa scrivere le norme guardando soprattutto agli interessi degli investitori finali e non solo a quelli della finanza. I prodotti finanziari derivati devono essere scambiati su mercati regolamentati e l'emissione e lo scambio degli stessi devono essere disciplinati rigorosamente, come i titoli azionari. Le autoritaÁ devono garantire che i derivati siano omogenei, standardizzati e trasparenti 53. Il capitalismo finanziario richiede regole pensate per gli interessi degli utenti finali, non per quelli della finanza in se stessa. Solo regole adeguate e regolatori veramente indipendenti possono ottenere questo risultato. Il mercato non va ``imbrigliato'', ma va regolato meglio e sorvegliato di piuÁ. Negli ultimi due decenni, le regole c'erano, ma eÁ mancato l'enforcement, ovvero non si eÁ rilevato all'altezza del M. Margiocco, Troppo facile sparare sui derivati, cit. D. Scannapieco, Ombrelli su misura per le cartolarizzazioni, cit., p. 146. 51 Ibidem. 52 M. Margiocco, Troppo facile sparare sui derivati, cit. 53 G. Soros, Un freno alle bolle, quei Cds da abolire, in Lezioni per il futuro, Il Sole 24 Ore, cit., p. 150. 49 50 19 suo compito chi avrebbe dovuto farle rispettare: chi vigilava sul funzionamento dei mercati era troppo debole rispetto ai soggetti vigilati 54. La regolamentazione ha fallito percheÁ ha valutato i singoli istituti di credito senza tenere conto del rischio di sistema, delle ricadute che un elemento puoÁ avere su tutto il sistema. Una nuova regolamentazione dovraÁ tenere conto di questo rischio di esternalitaÁ 55. EÁ necessario rivedere, alla base, la governance internazionale e i meccanismi di regolamentazione, vigilanza e controllo dei mercati finanziari, con l'obiettivo di riscoprire la funzione sociale della finanza come strumento al servizio dell'economia. In considerazione della natura trans-frontaliera dei mercati finanziari, invece di una competizione senza regole tra le economie nazionali, eÁ necessario un coordinamento efficace per migliorare la cooperazione e lo scambio di informazioni tra governi in materia finanziaria e fiscale, e per realizzare dei sistemi di regolamentazione, supervisione e controllo dei mercati che possano funzionare efficacemente a livello globale 56. La crisi ha confermato come sia necessario ridisegnare i fondamenti dell'architettura finanziaria internazionale e delle sue istituzioni, attraverso un processo multilaterale, trasparente e partecipato. Dall'inizio della crisi, il Financial Stability Board (FSB) eÁ stato investito dalle massime istanze politiche mondiali della responsabilitaÁ di disegnare il quadro regolamentare in cui opereraÁ l'industria finanziaria in futuro. Le linee che guidano questo disegno traggono dalla diagnosi delle debolezze del passato la traccia per l'azione presente e futura. 54 O. Carabini, Il mercato eÁ imperfetto ma rimane inevitabile, in Lezioni per il futuro, Il Sole 24 Ore, cit., p. 127. 55 Tabellini G., Idee e regole per il mondo dopo la tempesta, cit., p. 12. 56 Osservatorio sulla finanza, Mini guida per capire la crisi della finanza, dal sito www.osservatorio.webhat.it 20