I Promessi Sposi 3.0 - Cuore e Parole Onlus

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I Promessi Sposi 3.0 - Cuore e Parole Onlus
a cura dell’Associazione
Cuore e Parole Onlus
con il contributo di
Questi racconti si sono aggiudicati il “Premio Mostra”
del concorso artistico nazionale per le scuole “SCELGO IO!®”,
insignito del premio di rappresentanza del Presidente della Repubblica
Il concorso “SCELGO IO!®” è promosso dall’associazione Cuore e Parole Onlus,
in collaborazione con l’Associazione SulleRegole e con il team
dell’Ambulatorio per il Disagio degli Adolescenti dell’Ospedale
Fatebenefratelli di Milano.
L’iniziativa rientra nell’ambito delle attività di contrasto disagio giovanile
messe in campo da Cuore e Parole dal 2004, per promuovere tra i giovani
sani stili di vita e scelte socialmente responsabili e per prevenire dipendenze,
cyber-bullismo, violenza di genere, discriminazioni e disturbi alimentari.
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Aureliana La Pusata ha scritto questo racconto nel 2014, frequentando la I A del
Liceo Classico Giovanni Falcone di Barrafranca (EN).
Si ringrazia la professoressa Giuseppa Tummino
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“#Ramo #LagodiComo #Mezzogiorno #Tornandoacasa
#Stradicciuola” accompagnata da questi tag, Abbondio aveva
caricato su Instagram la foto del lago che quel giorno gli era
sembrato particolarmente scintillante. Era stata una giornata come
tante, tornava a casa dopo scuola distrutto, era giunto al solito bivio,
col graffito rappresentante una versione stilizzata delle anime del
Purgatorio; gli piaceva, in fondo, la street-art, ma lui, da ragazzo
timido, non aveva mai osato cimentarsi in quell'arte. Quel giorno,
qualcosa di insolito si presentò ai suoi occhi: due ragazzi di quinto
anno stavano seduti ai due lati del bivio. Uno era alto e corpulento,
indossava una felpa larga che gli dava un'aria ancor più imponente,
jeans a vita bassa e un paio di scarpette semi-coperte dal pantalone,
l'altro aveva una sorta di polo a manica lunga, e i pantaloni tirati
un po' più su. Indossava un paio d'occhiali da ''fighetto'', di quelli con
le lenti che si fanno scure se c'è il sole. Entrambi indossavano uno di
quei berretti da rapper che Abbondio non aveva mai sopportato, di
una tonalità di verde indefinito. Il ragazzo corpulento lo fissava con
sorriso beffardo, il tipo con gli occhiali giocherellava con una
sigaretta. D'istinto Abbondio prese a fissare il cellulare e fece per
imboccare la stradina di sinistra. “Hei, tu!” sentì chiamare alle sue
spalle, dopo che ebbe fatto qualche passo. S'arrestò di colpo senza
voltarsi, tenendo ancora gli occhi fissi sul cellulare. “Sì, tu, Nerd con
la felpa blu!”
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Il ragazzo si voltò indugiando sul da farsi.
“Vieni un po' qui...” riprese il tipo con la sigaretta, e più che una
richiesta parve un ordine.
Abbondio si avvicinò continuando a giocherellare col telefono.
“Sei l'amico di Lorenzo, 'nevvero?” si sentì domandare, una rauca
risata s'intrecciò a quelle parole.
“Lorenzo? Renzo... ecco... sì...”
“Sappiamo che oggi il tuo amichetto dovrebbe incontrare la Lucia, di
3 B... confermi?”
“Ma... a voi cosa importa?” cominciò il ragazzo con voce strozzata,
tentando di nascondere la paura.
“Senti coso...” disse il tipo corpulento afferrandogli la felpa all'altezza
del petto “... se verrei a sapere che la ragazza ha incontrato Renzo ti
rompo.”
Abbondio non capì se il terrore provenisse più dall'errore di
coniugazione verbale, o dalla stazza e dalla minaccia del ragazzo
che aveva di fronte. Il tipo con la sigaretta aveva fatto una mezza
smorfia, captando forse anche lui l'orrore grammaticale, poi aveva
zittito l'amico e ripreso la parola.
“Comunque sia, ragazzino, sai bene che Rodrigo le va dietro da
quando lei era una matricola. Sta' attento a ciò che fa il tuo
amichetto. E... nulla, ovviamente noi non ci siamo mai parlati... leggi
solo il tuo messaggio su whatsapp...”
Il tipo corpulento lasciò la presa, Abbodio s'allontanò barcollando,
quando fu abbastanza lontano aprì Whatsapp e lesse il messaggio:
Qualunque cosa farà Renzo, noi lo sapremo.
Una volta a casa, il ragazzo notò diversi messaggi a cui non aveva
risposto, erano di Pepe, una sua grande amica, perennemente single,
come lui, d'altronde. Era una tipa un po' pesante perché fissata con la
comunicazione perenne, doveva sempre stare a messaggiare con
qualcuno, in ogni momento, ma Abbondio le voleva comunque bene.
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Quel pomeriggio, lei, non vedendo risposta dall'amico, dagli ultimi
messaggi pareva visibilmente preoccupata:
Abbo? Che è successo?
Heii :) ci 6?
Abbo Abbo Abbo?
Hei, è successo qlcs?
Ti ho scritto su Face, appena puoi fatti sentire.
Hei, se nn rispondi entro le cinque vengo a cercarti!!
Abbondio aveva una voglia terribile di raccontare all'amica
l'accaduto, ma l'immagine dei due bulletti di quinto anno gli tornava
alla mente continuamente, facendolo sentire piccolo e impotente. In
più il pomeriggio era vicino e doveva far qualcosa per evitare che
Lorenzo si vedesse con Lucia. Rimase per un po' a fissare la chat,
quando un nuovo messaggio di Pepe fece illuminare lo schermo del
suo cellulare:
Il bisogno di liberarsi da un peso vinse la paura:
Hei... scs, ma nn sn stato troppo bn...
Ma xkè nn rispondevi ai mess?
Te l'ho dtt, nn sto bn...
Nn puoi mentirmi -.- dimmi cos'è successo!!
Senti Pepe... sn nei guai, due tizi di quinto mi hanno dtt di
impedire ke Renzo incontri la Lucia pome, mi hanno
minacciato, nn so cm uscirne. Dovevano venire qui per
studiare!!!
Digli che stai male, no?
Si, ma tanto prima o poi si vedranno, sn amici da mesi, è ovvio
ke succederà qlcs! Sono cotti. E quelli di quinto mi menano se si
fidanzano!!
o.O Arrivo...
Cs?
Vengo a tirarti fuori dai guai, Abbo, aspettami a casa.
Pepe arrivò con la rapidità di un fulmine, erano appena passate le
due del pomeriggio, mancavano meno di tre ore alle cinque. A
quell'ora Renzo e Lucia sarebbero stati alla porta di Abbondio.
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“Per prima cosa mi spieghi bene quello che è successo, chi sono questi
due e perché vorrebbero tanto impedire che la Lucia si fidanzi” disse
la ragazza appena entrata in casa.
E Abbo spiegò.
“Rodrigo?” fece lei sbalordita “Quello fissato coi computer, che si sente
Dio solo perché carino? Guarda, Abbo, che quello si rompe se gli fai
uno sgambetto...”
“Peccato che abbia amici piuttosto robusti...”
“Ma tu ti arrendi così?”
“Che dovrei fare, scusa? Mi faccio menare per fare un favore ad un
amico?”
La vibrazione di un cellulare interruppe la conversazione.
“Chi è?” domandò Pepe
“Renzo.”
“Fammi rispondere.”
“No!”
“Dammi il telefono!”
La ragazza gli strappò dalle mani l'oggetto e rispose: “Renzo! Ciao!
Sono Pepe... si, sono da Abbo, non hai sbagliato numero... Ascolta, si è
preso un' influenza terribile! Meglio che non veniate a studiare oggi,
spostiamo alla settimana prossima? Io? No... io... io sto male... ci
stiamo facendo compagnia... guarda Renzo, non ti seccare,
rimandate il pomeriggio, tanto la Lucia la vedi a scuola. Ciao!”
Senza aspettare risposta interruppe la comunicazione; dall'altra
parte, Lorenzo, non era riuscito a capire la dinamica dei fatti.
Anche per Lucia, quello, era stato un giorno come tutti gli altri,
sonno e scarsa attenzione a prima ora, spiegazioni noiosissime, la fila
alle macchinette all'intervallo, poi compito di matematica. A casa
aveva preferito tornarci in compagnia delle sue amiche, per evitare
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di trovarsi sola di fronte a “strani” incontri. Qualche giorno prima,
infatti, sul lungolago, aveva incrociato un gruppetto di ragazzi, tra
cui aveva riconosciuto Rodrigo e suo cugino Attilio. Un brusio si era
levato al passaggio di lei, “Hei pss... Lucia!” aveva sussurrato
qualcuno, lei l'aveva ignorato, lo stesso s'era rivolto a uno del gruppo
dicendo: “Non ti vede neanche, è inutile.” e un'altra voce aveva
ribattuto “vedrem o.”
Lei era più che certa che la conversazione fosse avvenuta tra i due
ragazzi che aveva riconosciuto, e sospettava che l'oggetto della
conversazione fosse lei. Il sospetto divenne certezza quando, arrivata
a casa, aveva aperto la home di Facebook e si era ritrovata un paio
di richieste d'amicizia.
Rodrigo.
Attilio.
Perché non accettare? In fondo, quei due facevano “collezione di
amici”. Forse i suoi sospetti erano infondati, dopotutto Rodrigo era
troppo popolare per essere interessato a lei.
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Accetta.
Ecco. Ora aveva due nuovi “amici” virtuali, con cui a stento aveva
parlato un paio di volte durante il corso di quei tre anni di superiori.
Ma ecco che si era aperta la finestra della chat, era Rodrigo.
“Hei :)”
Lucia era rimasta un poco a fissare la chat, incredula. “Dannato
visualizzato!” aveva pensato, rendendosi conto di non poter evitare
di rispondere. “Hei...” aveva digitato infine.
-Sei la Lucia di 3B, vero?
-Sisi
-Rodrigo, piacere :)
-Piacere mio.
-Ci siamo visti qualche volta alle macchinette...
-Sisi, ricordo. Sei in 5° se non sbaglio...
-Si. Cmq k fai?
-Nnt... dovrei studiare ma prima riposo un po'...
-Cpt cpt.... hey, se disturbo puoi dirmelo... ci sentiamo dopo...
Bene. Una via di fuga. Avrebbe potuto dire “Sì, ci sentiamo dopo.” e
chiudere la discussione, ma non lo aveva fatto. Anche perché c'era
qualcosa di molto strano in quella situazione e voleva saperne di più.
-No... ho qualche minuto... ma eri tu sul lungolago oggi?
-Si... scusa quell'idiota di mio cugino Attilio...
-Per cosa?
-Ah... no... nnt, ti aveva chiamata... in modo un po'... cafone, ecco...
-Vabè dai...
-Ahahahah ora tu pensi “ma questo che vuole da me?” ahahaha scs...
è k speravo di avere l'occasione di uscire cn te qualche volta... se nn ti
stai già sentendo cn qlcn...
-Beh... guarda... ci devo pensare...
Visualizzato alle 15:17. Nessuna risposa da parte di Rodrigo. Il giorno
successivo, lo stesso gruppetto del lungolago era alle macchinette.
Lucia stava andando a prendere il solito cappuccino, quando aveva
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incrociato Lorenzo.
“Lori!” aveva esclamato facendo un gran sorriso e andando ad
abbracciarlo, lui aveva ricambiato l'abbraccio, poi lei gli aveva dato
un bacio affettuoso sulla guancia ed era corsa a fare la fila. Attilio
che aveva assistito alla scena aveva ridacchiato e dato una gomitata
al cugino. Tornata a casa, Lucia, aprendo Facebook aveva trovato
un messaggio. Era Attilio:
“Hei ^^ Scs il disturbo, ma te stai con Renzo?”
Lucia non aveva risposto a quel messaggio. Non le era più capitato
nulla di strano dopo quella mancata risposta. Non aveva più visto
Rodrigo aggirarsi per i corridoi a ricreazione, non era più capitato
che lo vedesse sul lungolago né alle macchinette.
Quel giorno, lei, era tornata a casa ripensando a tutto quello che era
successo durante la settimana passata, ma non le importava, quel
pomeriggio avrebbe dovuto vedersi con Lori... e forse avrebbe avuto
il coraggio di dirgli quello che provava... che voleva tentare di stare
con lui. “Insomma: non siamo più nel Medioevo!” S'era detta. “Una
ragazza può permettersi di fare il primo passo.” Certo, un pomeriggio
di studio da Abbo non era proprio il massimo della romanticheria,
ma neppure a scuola era il luogo adatto. Si sentiva così... frizzante.
“Ancora qualche ora” si ripeteva mentre tentava di far passare il
tempo stando al PC.
Renzo aveva tentato invano di chiamare Abbo, il quale non
rispondeva più al telefono. Si decise, dopo poco, di tentare a
chiamarlo col cellulare di suo padre, in modo che non riconoscesse il
numero:
“Pronto?” fece una voce squillante “chi parla?”
“Abbo... sono Renzo!”
“Oh... ah... hei... Ciao Renzo... scusa ma sono moldo raffreddato... Sdo
male...” disse l'amico cambiando tono.
“Ma credi di prendermi in giro? Che è successo? Perché non posso più
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venire a studiare da te?” ribattè Lorenzo.
“Renzo... sdo male...”
“Ti conosco troppo bene. Parla.”
“Dai Renzoo... verrete la prossima seddimana... se sdarò meglio...”
continuò a fingere Abbondio: ma era un pessimo attore.
“Va bene... Avverto io la Lucia... riprenditi” finse di arrendersi
Lorenzo.
S'erano fatte le 16:00 quando la chat di Lucia si aprì:
“Hey... se vuoi passo io a prenderti per andare da Abbo!”
Era Renzo.
“Lorii!! :) Sicuro che nn ti crea disturbo?”
Rispose.
“No... tranqui ;) Allora passo tra poco ^^”
Corse a prepararsi, nonostante mancasse ancora un'ora alle cinque.
Doveva essere perfetta. Tutto doveva essere perfetto. Non avrebbe
mai creduto che un pomeriggio di studio avrebbe potuto prospettarsi
così “speciale”.
E Renzo arrivò, col suo motorino Blu metallizzato.
“Ciao!” disse sorridendo appena vide Lucia uscire dal portone.
“Ciao..” fece lei un po' impacciata “Eh no, timidezza!” aveva poi
pensato tra sè e sè “Non ora!”
Il pomeriggio sembrava già sera, in quel giorno d'autunno, quando
giunsero da Abbo. Dalla sua stanza proveniva una fievole luce, tutto
il resto della casa era buio.
Renzo mandò un messaggio anonimo sul cellulare di Pepe.
“Ti cercano in Biblioteca. È urgente. Corri.”
Pepe s'era catapultata fuori, lavorava come aiuto-bibliotecaria nella
biblioteca della scuola, e da qualche tempo scomparivano libri, di
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conseguenza quel messaggio era il diversivo perfetto.
E da distratta qual'era, come Renzo aveva abilmente previsto, non
richiuse la porta.
I due entrarono nella casa ancora al buio, Lucia non aveva idea di
cosa stesse succedendo. Saliti al piano di sopra, il ragazzo aprì la
porta della stanza di Abbo, e lo trovò tranquillamente a giocare ai
videogames.
Abbondio sobbalzò.
“Renzo! Lucia! Volete farmi ammazzare di botte? Vi avevo detto che
non sareste potuti venire!”
“Cosa?” fece Lucia sorpresa guardando Renzo.
“Ehm... Io... Insomma Lucia! Lui mi aveva detto che stava male!
Invece lo trovo qui a giocare ai videogames!”
“Sì Lori... ma non è normale andare a casa delle persone così, senza il
loro permesso! É tipo... violazione di domicilio!”
Il volto di Abbo, che era diventato livido alla visione dei due, ora si
faceva sempre più pallido, toccando i toni del giallo, e lui cominciava
a tremare sul serio.
“Vi ha visto qualcuno?” esordì dopo un breve silenzio “Intendo... vi ha
visto qualcuno insieme? Venire qui?”
“Non lo so!” rispose Renzo “Ma insomma, Abbo! Se non mi spieghi
quello che sta succedendo io ti...”
“Aspetta aspetta... te lo dico!” l'interruppe Abbo, e raccontò
dell'incontro con i due amici di Rodrigo.
Lucia arrossì violentemente “Pensavo l'avrebbe piantata!” disse a
mezza voce.
“Chi?” domandarono i due all'unisono.
E così anche lei raccontò di quello che era accaduto nel corso della
settimana. Dall'incontro sul lungolago fino al messaggio di Attilio.
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“Quelli mi uccideranno. Vi siete visti qui... mi uccideranno...”
ripeteva Abbo camminando avanti e indietro per la stanza.
“Ma perché?” disse Lucia “Mica io e Lori stiamo insieme!”
“Ecco veramente...” s'intromise Renzo.
“No... ti prego Lori, fallo per me...” tentò di fermarlo Abbo
visibilmente preoccupato.
“... veramente” riprese il ragazzo senza badare all'amico “mi chiedevo
giusto se tu volessi, ehm... non sono bravo in queste cose... insomma...
essere la mia ragazza.”
Abbondio scoppiò a piangere e non certo per la commozione.
Lucia fece un enorme sorriso e stava per rispondere, tutto sarebbe
certo culminato in un bacio, se Abbo, con le lacrime agli occhi e il
cuore a mille, non si fosse messo in mezzo ai due gridando loro di
andare via. Mentre Pepe rientrava dalla biblioteca visibilmente
seccata per il viaggio immotivato, vide i due cacciati malamente
dalla casa di Abbondio.
Lorenzo prese a camminare lentamente guardandosi i piedi e
sospirando ad ogni passo, Lucia stava zitta trattenendo il fiato.
Presto giunsero al motorino di lui, blu metallizzato che al buio
appariva quasi nero, i lampioni cominciavano ad accendersi.
“Beh... ti riporto a casa?” domandò il ragazzo imbarazzato.
“Ma... secondo te che vuole Rodrigo?” azzardò lei.
“Darti noie... lascialo stare!”
“Se ne parlassimo con Ludovico? Insomma... Ora è all'Università, ma
comunque a suo tempo somigliava molto a lui, appassionato di
computer e piuttosto arrogante... però evitava di fare a botte se non
c'era bisogno...”
“Considera che ha rotto tre costole a un ragazzo quando era al
liceo...”
“Si... ma non ha più fatto nulla da quel giorno! E poi... voleva solo
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difendere il suo amico... E comunque anche lui le ha prese quella
volta!”
“Ma perché vuoi parlare con lui?”
“Beh... mi sembra una persona adatta a scoprire cosa Rodrigo abbia
in mente...”
“Va bene... fai come vuoi...” s'arrese Lorenzo piegando in giù le
labbra.
“Aspetta, gli scrivo.”
E da Facebook messanger il messaggio col racconto dell'accaduto volò
per l'aria giungendo al Tablet di Ludovico.
“Lucia! Quanto tempo! E k storia assurda!1!1!!” aveva risposto il
ragazzo “Vedrò di capirci qlcs! ;) a presto...”
Rodrigo fece il login. Su Facebook aveva una notifica:
Ludovico ti ha taggato in un post
“Mi è giunta all'orecchio una notizia che non ti fa onore ;) @Rodrigo”
E Rodrigo commentò:
“Quale notizia? u.U”
“Mah! Si dice che tu stia dietro una ragazza di terzo... lol”
“Ma k dici?!”
“Ahahahahah nega nega... io so! E so pure che sei disposto a tutto!”
“Ma 6 pazzo? Scs ma nn capisco!!”
“Chat, svelto! Non voglio umiliarti pubblicamente ;)”
“Mi spieghi che ti è preso?” scrisse Rodrigo nella chat privata.
“Questo devi spiegarmelo tu. Che te la prendi con i ragazzini per le
bravate tue e di tuo cugino! E non hai nemmeno il coraggio di
affrontare da solo i “problemi”. Ti circondi di bulletti!” rispose
Ludovico “e ringrazia che non ho scritto tutta la storia alla pagina
Spotted del liceo!”
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“Ma sei pazzo? Quale storia?”
“La Lucia, e quel Lorenzo! Che ti frega se si fidanzano?”
“Non sono affari tuoi! E non venire a farmi la predica, sei stato come
me, anzi peggio, al Liceo!”
“Ascoltami bene...”
“Al massimo ti leggo ahahahahah”
“-.- ascolta. Lascia stare la Lucia.”
“Ma chi sei tu? Il paladino della giustizia? Il difensore dei deboli? Il
supereroe del lago di Como?”
“Sono un amico di Lucia. E se lei si trova in difficoltà...”
“Se lei si trova in difficoltà... può sempre trovarsi un ragazzo che la
protegga, se mi capisci.”
“A lei non interessi.”
“Ahahahahahahaha le interesserò!”
“Non ci conterei poi così tanto...”
“LOL”
“Ma sei idiota? -.- Ti sto parlando seriamente!”
“Anche io ahahahahah”
“La pagina Spotted è sempre lì comunque vada... verrà il giorno...”
“Scusa, non ho tempo da perdere con te ;) by superhero del lago :*”
Rodrigo è offline.
“Vabè dai... ti riporto a casa...” cominciò Renzo guardando l'ora sul
cellulare.
“Va bene...” acconsentì Lucia.
Quando furono presso la casa di lei, notarono due ragazzi, uno con
un paio di occhiali, l'altro corpulento con una maglia larga, accanto
a una moto nera posteggiata poco distante la casa.
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Renzo rallentò e si fermò in una zona poco illuminata
“Sono gli amici di Rodrigo...” disse Lucia.
“Ma che vogliono?”
“Shh! Parla piano... guarda! Uno si avvicina alla porta di casa mia:
ma che fa? Suona?”
“Ma c'è qualcuno a casa?”
“No... i miei sono fuori per il week-end...”
“Beh... aspettiamo che vadano via?”
La ragazza scrisse un messaggio a qualcuno. Aspettò un poco, tornò
nuovamente a scrivere. Passato qualche minuto disse:
“Non aspettiamo che vadano via... andiamo noi.”
Quella decisione negli occhi di Lucia sorprese Lorenzo che analizzò la
situazione, nemmeno troppo attentamente, poi ribattè:
“Andiamo: sì. Ma dove?”
“Andiamo... intendo: proprio via!”
“Ma se ci vedono assieme pesteranno Abbo.”
“Ma loro non ci vedranno assieme. O meglio: andiamo in un luogo
affollato, io ti do uno schiaffo...”
“Ma che dici?”
“Rodrigo ha occhi ovunque: mezza città è sua amica. Se mi vedono
aggressiva nei tuoi confronti penseranno che abbiamo litigato, e lui
lo saprà e, forse, starà tranquillo per un po'! Dicevo... ti do uno
schiaffo, ci separiamo e ci rivediamo alla stazione. Tu vai a Milano
da un amico di Ludovico, io vado a Monza da un' amica sua, che fa
l'università. Stiamo fuori il week-end, in luoghi diversi, pubblichiamo
foto su Face in modo che tutti pensino che abbiamo proprio litigato!
Poi... lunedì: tutto come prima. E se Rodrigo continua a darmi noie,
farò in modo che lo faccia in orario scolastico, in modo da far
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intervenire il Preside.”
Renzo si grattò la testa perplesso:
“Se prometti che non mi farai troppo male dandomi lo schiaffo...”
Qualche minuto dopo, una folla osservava sbigottita Renzo che
camminava nervosamente con il broncio e con cinque dita stampate
sulla guancia dolorante.
La notizia volò in rete alla velocità della luce.
Rodrigo ricevette diversi messaggi su Whatsapp e Facebook
Messanger, tutti riportavano lo stesso messaggio: “La Lucia
schiaffeggia Renzo sul lungolago!!” in allegato un video sgranato di
pochi secondi, i volti non si vedevano benissimo, ma a giudicare dalle
sagome, quelli dovevano essere davvero i due quasi-fidanzati.
Rodrigo fece un mezzo sorriso compiaciuto. Lucia, sul treno verso
Monza caricò una foto del paesaggio montuoso su Instantgram, con
la didascalia “Addio monti! ;)”, Renzo la vide, ma dal treno che
correva verso Milano, non giunse nessun 'like'.
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Lucia scese dal treno, era tarda sera, una ragazza con i capelli
raccolti in una coda la accolse sorridente: “Devi essere Lucia! Piacere
Gertrude... bah! Odio questo nome... Chiamami Trudy se vuoi...”
“Va bene... ehm... Trudy” disse Lucia “Piacere mio...”
“Dai, vieni, andiamo nel mio appartamento a darci una rinfrescata.”
La ragazza sembrava una tipa apposto, indossava una camicia
sportiva e un maglioncino, jeans e scarpette da ginnastica, ma c'era
nel suo modo di muoversi qualcosa di strano, che tradiva quell'aria
da brava ragazza. Dai capelli, raccolti in una coda, una ciocca
ribelle ricadeva ai lati del volto. Lungo la strada Trudy si fermò di
colpo, e dopo aver masticato con più vigore la gomma che teneva in
bocca, la tirò fuori e la appiccicò con noncuranza dietro una
panchina, poi estrasse dalla borsa un pacco di sigarette, ne accese
una e la portò alle labbra. Poi porse il pacchetto a Lucia “Vuoi?”
domandò. “No, grazie, non fumo...” si sentì rispondere.
“Ah, sei la classica brava ragazza, vero? Scuola, casa, niente sesso
droga e rock 'n' roll, hm?”
Lucia fece un mezzo sorriso e non sapendo che rispondere continuò a
seguire, incerta, quella stramba ragazza.
“Te hai avuto problemi col ragazzo?” cominciò la fumatrice.
“Amico.”
“Si, dicono tutti così. Allora, qual è la storia?”
Lucia raccontò.
“Quindi non vogliono che vi fidanziate, hm?”
“Esatto.”
“Ma sei certa che finireste per fidanzarvi?”
“Si è quasi... cioè... si è dichiarato oggi pomeriggio.”
“E tu hai risposto: ok, fidanziamoci?”
“Beh... non ho avuto il tempo di rispondere.”
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“BOOM: Friendzoned!”
“Scherzi? Avrei risposto di si.”
“Mah! Beati voi che vi amate...”
Trudy gettò via la sigaretta e mise in bocca una mentina, nascose
bene il pacchetto in borsa, poi aprì la porta: “Vivo con i miei, mio
padre odia il fumo, nonostante io abbia vent'anni mi tratta come
una ragazzina: e con chi esci? E dove vai? Una rottura.” spiegò tutto
d'un fiato prima di entrare. Si prepararono in gran fretta e poi
s'apprestarono ad uscire.
“Ciao Ma', ciao Pa'...” salutò con superficialità “Esco con un'amica.”
“Dove vai?” gridò una voce maschile.
“Al Pub...” rispose lei tranquillamente.
“Mi raccomando.”
“Non bere, non fumare, non accettare caramelle dagli
sconosciuti. Lo so papà! A dopo.”
Dal tono della voce sembrava proprio una brava ragazza! Peccato
che una volta uscita, si accese la seconda sigaretta.
Entrarono in un locale affollatissimo, Trudy prese a salutare
moltissima gente, poi andò al bancone e prese un bicchierino di
vodka alla pesca. Da lì cominciò una serie di autoscatti con il
cellulare, che ritraevano lei e Lucia nell'affollato locale di Monza.
Trudy non aspettò a caricarli in rete “Devo modificare la privacy
per non farle vedere a mio padre!” esclamò mentre taggava la nuova
amica in una foto. “Meno male che i miei non hanno Facebook”
sussurrò Lucia a mezza voce, poi sorrise per il nuovo scatto.
“Sai, mi stai simpatica!” esordì Trudy d'un tratto “Sei così... pulita.
Insomma, niente menzogne, sotterfugi, niente ragazzo segreto. Un
tuo amico che diventa quasi il tuo ragazzo... è tutto così
terribilmente carino!”
“Beh... non proprio 'carino'. Un bullo praticamente non ci vuole
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insieme”
“Tua madre che ne pensa?”
“Del bullo?”
“Nah! Di Renzo!”
“Le sta simpatico, non penso mi farebbe problemi se mi fidanzassi...
forse addirittura ci spera!”
“Ah...” gli occhi di Trudy si coprirono di un velo di tristezza
“Un'altra vodka!” ordinò al bancone.
Renzo era arrivato a Milano e si era trovato di fronte ad una folla
che assaltava i negozi di elettronica.
S'era avvicinato a un ragazzo che teneva in bella vista il suo
Smartphone gridando qualcosa di incomprensibile e gli aveva
domandato cosa stesse succedendo.
“Un virus!” gridò il ragazzo “un pericolosissimo virus! Si diffonde più
velocemente della peste!”
“Cosa?” domandò Renzo.
“Whatsapp!” spiegò il ragazzo “... un virus si diffonde per i cellulari.
Whatsapp è bloccato!”
La folla gridava e s'accalcava al negozio di elettronica, s'infuriava
con i commessi perché non sapevano bloccare il virus. La carestia di
comunicazione cominciava a farsi sentire e Renzo si trovava solo a
Milano, senza amici e senza alcun modo per contattarli.
“Colpa vostra!!” gridava la folla di fronte ai negozi “E la nostra
privacy? Un hacker sta bloccando i nostri telefoni e voi non sapete
fermarlo!” gridò un tipo con la maglietta rossa. “Buffoni!” gridava la
folla “Incapaci!”
Chiusi dentro ai negozi, i tecnici non sapevano come tenere a bada il
tumulto.
Rodrigo fece il login, qualcuno aveva scritto sulla sua bacheca (ma
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cos'era diventata, la zona annunci?):
“Ricordati che il tempo scorre, cuginetto :* @Rodrigo”
Era Attilio.
“Se le scommesse sn private, xkè scrivi sulla mia bacheca
PUBBLICA?” lo contattò Rodrigo il privato.
“Ahahahahahah, scusa! Non ho resistito!”
“6 smpr il solito! E cmq nn è ancora finita!”
“Nn te la prendere, cugi :* lol.......... nn ti avevo mai visto così
agguerrito x una scommessa!”
Rodrigo non rispose, aprì invece la finestra di un'altra chat.
Chiunque avesse visitato il profilo del suo interlocutore, si sarebbe
certo domandato che senso avesse. Certo era un profilo fake.
L'immagine del profilo era praticamente inesistente, solo la sagoma
di un volto su uno sfondo azzurrino. Residente a: Milano. Sesso: M.
Nome: Io non esisto.
Meglio conosciuto dal popolo di internet come “L'Innominato”. Era
più grande di Rodrigo ma era ancora al liceo, essendo stato più volte
bocciato, negli anni aveva cambiato scuola molte volte, in quel
periodo stava a Milano. Era un po' il Bullo tra i bulli, l'unico in grado
di tenere testa a tutti e farsi temere. Con gli anni, nelle varie scuole si
era circondato di bulletti e Rodrigo aveva avuto l'onore, quando era
ancora una matricola, di far parte del suo “branco”, di certo,
l'Innominato non gli avrebbe negato un aiuto.
“Mi serve il tuo aiuto.” scrisse e inviò, senza un saluto, senza una
faccina.
“Dimmi.”
“Devi spaventarmi una tipa, in questo momento è a Monza con una
ragazza che non conosco, ti mando il link del suo profilo:
https://www.facebook.com/Lucia.Mondella”
“L'altra ragazza la conosco io, è 'in una relazione complicata' con un
amico. Risolverò.”
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“Grazie.”
Trudy percepì la vibrazione del suo cellulare all'arrivo di un SMS,
era Egidio (Il suo fidanzato, forse, o qualcosa del genere. In realtà
non avevano mai definito la loro relazione, di quella storia sapeva
solo che i suoi non avrebbero per nulla gradito la cosa):
“Dove sei?”
“A casa... Perché?”
“A casa stai truccata e ben vestita insieme a un sacco di gente?”
Trudy era consapevole di un'altra cosa in quella storia, ad Egidio
non poteva mentire.
“Sono in giro... con amici” scrisse.
“Chi è la ragazza coi capelli neri che è con te?”
“Tu come fai a sapere della ragazza coi capelli neri?”
“Modificare la privacy non mi impedisce di vedere le tue foto, se
voglio.”
“Chiedimi ciò che devi...”
“Un mio amico deve parlare con la ragazza, Lucia, giusto?”
“Ed io che c'entro?”
“Ti ho invitata ad una festa, su Facebook ci sono i dettagli
dell'evento. Portala lì, non è lontana da dove siete.”
Trudy controllò l'evento che gli era comparso tra le notifiche, la meta
non era lontana. “Farò come dici. Ti amo <3” rispose, ma in risposta
ricevette solo un inquietante “Lo spero.”
Trudy aveva smesso di bere e fissava un punto fisso nel nulla, con
aria assorta.
“Che c'è?” domandò Lucia, la ragazza s'impose un sorriso.
“Oh... nulla...” piegò in giù le labbra “...mi annoio! Vieni...” le prese
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una mano e la guidò fuori dal locale, salirono in un'auto guidata da
due ragazzi vestiti in modo non troppo elegante, con l'aria da
festaioli.
“Dove andiamo?” domandò Lucia
“Ad una festa!” si sentì rispondere con euforia, ma gli occhi di Trudy
tradivano un pensiero non detto.
Arrivarono presso una casetta della periferia, la musica non era
quella delle canzoni da discoteca, forse era Hard Rock o Metal.
Entrando si ritrovarono avvolte dal fumo e dalla penombra. Un
ragazzo alto con lo sguardo vigile, ma che lasciava trasparire un
guizzo di malvagità, s'avvicinò a Trudy “Hei” disse “vi aspettavo...”
poi porse la mano a Lucia “Piacere di conoscerti...” continuò “...un
mio amico vorrebbe parlarti in privato. Hey!” chiamò poi un
ragazzo biondo in camicia a quadri, che Lucia, ci avrebbe giurato,
aveva visto con Rodrigo sul lungolago “... accompagna la signorina”
Lucia guardò Trudy spaesata: “Va'...” le disse lei sorridendo “...sono
tutti bravi ragazzi.”
Il ragazzo biondo le si mise accanto sulle scale e d'un tratto le cinse la
vita, mentre saliva cercò di scostarsi, per qualche strana ragione il
cuore fu invaso da una strana inquietudine “se questa storia finisce
bene” si disse “mi cancello da Facebook per sempre”. Nella stanza in
cui entrò , il ragazzo che sedeva alla scrivania non era quasi più lo
stesso che aveva parlato con Rodrigo qualche ora prima.
“Non so chi tu sia, non ho idea del perché ci tenessi tanto a vedermi”
esordì Lucia “ma se c'entri con Rodrigo io...”
“C'entra Rodrigo.” la bloccò lui “Ma... niente. Lascia stare Rodrigo...
io ci ho pensato tanto. Ho combinato di tutto in questi anni di liceo,
mi hanno bocciato un paio... beh, forse tre o quattro volte... Ma
questo non te lo potevo fare...”
“Cosa?”
“Guarda...”
L'Innominato mostrò la foto sullo schermo del portatile, ritraeva lei
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col ragazzo biondo che le cingeva la vita, pronta per la
pubblicazione, taggate tutte le persone della scuola compreso
Lorenzo, e sotto una didascalia “Eh Renzo! Non mi fiderei di lasciare
la Lucia da sola ;)”
Lucia sgranò gli occhi.
“Tu cosa stavi per fare? Quel tipo l'ho conosciuto due secondi fa! Lui si
è preso tutta quella confidenza ed io ho tentato di scostarmi ma lui...
lo avete fatto apposta per la foto, vero?”
“Perspicace...”
“E sentiamo, perché avresti cambiato idea?”
“Perchè soffrirebbero tutti in questa storia, me compreso. So cosa
vuol dire amare e vedere la propria ragazza con un altro... e non mi
va di rovinare la vostra amiciz... ehm... il vostro amore.”
Lorenzo era stato portato in caserma con altri cinque ragazzi.
“Chi di voi ha rotto il vetro del negozio?” domandò l'agente.
“Non lo so!” rispose Renzo “Io... non c'entro niente...”
“Secondo dei testimoni avresti fatto un discorso contro 'quegli
incapaci dei tecnici', e poi avresti agitato qualcosa che avevi in
mano.”
“Mi sono fatto prendere dall'euforia, ma non ho mai lanciato niente,
in mano avevo il mio Smartphone... ragazzi...” disse poi rivolgendosi
ai suoi compagni di sventura “... qualcuno di voi avrà pure fatto un
video!”
Uno dei presenti tirò fuori un cellulare dalle notevoli dimensioni e
fece vedere un filmato che ritraeva “Renzo Oratore” di fronte al
negozio, effettivamente Lorenzo non aveva lanciato nulla contro la
vetrata e un oggetto indefinito vi si scaraventava invece contro,
mentre lui ancora parlava.
“Tutto ok...” disse l'agente “Tu puoi andare.”
Renzo fece un sospiro di sollievo e uscì fuori dalla caserma dei
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Carabinieri.
“Beh... scusami.” esordì poi l'Innominato “... mi scuserei con tutti
quelli a cui ho dato noie, ma per alcune cose è troppo tardi. Un
ultimo dispetto devo dire che l'ho fatto... ma per una buona causa.”
“Cosa hai fatto?” domandò Lucia.
“Oh... non è importante, davvero. Se vai a Cantù ci trovi Ludovico...
un Taxi ti aspetta fuori.”
Dal taxi la ragazza scattò una foto che mise online immediatamente:
#versoCantù #notte
Renzo la vide e senza esitazione di diresse nel luogo in cui era sicuro
l'avrebbe trovata.
Lucia suonò al citofono di un alto edificio.
“Si può sapere chi è a quest'ora della notte?” domandò una voce
assonnata.
“Scusa... sono Lucia.”
Ludovico aprì senza esitare. La ragazza salì le scale quasi correndo.
“Ludovico!” disse abbracciandolo “Tu non sai quante cose possono
succedere in poche ore... io...”
“Lucia! Sei... distrutta! Hai bisogno di dormire, entra.”
“Devo cancellare il mio account facebook!”
“Perchè?”
“Niente... avevo fatto una promessa a me stessa che se non fosse
successo niente di ehm... pericoloso ad una festa, lo avrei cancellato.”
“Nah! Lascia perdere! Anch'io mi sono ripromesso mille volte di
cancellarlo, puoi anche evitare! Non è mica un voto!” sorrise “ora
riposa un po', di quello che è successo ne parleremo dopo.”
Lucia s'accasciò su un divanetto che stava all'ingresso e si
addormentò quasi subito.
Giunto a Cantù, Lorenzo tentò di ricordare dove abitasse Ludovico,
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dopo aver svegliato mezzo quartiere, individuò finalmente
l'abitazione, questa volta il padrone di casa era sveglio.
“Chi è?”
“Sono Lorenzo... pensavo... pensavo che la Lucia fosse venuta qui.”
“Sali. È qui.”
Lucia fu costretta ad abbandonare il mondo dei sogni. Renzo
raccontò della disavventura a Milano, lei della stramba, e forse un
po' triste Trudy e dell'Innominato.
“Forse è meglio se torniamo a casa... tanto la farsa non ha
funzionato, se Rodrigo ha provato comunque a metterci in
difficoltà...”
“C'è un treno che parte tra mezz'ora...” li informò Ludovico “...o, se
volete riposare, potete ripartire domani mattina.”
“Meglio andare ora...” rispose Lucia “È meglio anche se cerchiamo di
dimenticare le ultime ore.”
Il treno correva veloce verso la destinazione, Renzo e Lucia
sonnecchiavano nel vagone semivuoto.
Quando fu ora di scendere il sole cominciava a sorgere, alla stazione
notarono un gruppo di ragazzi della loro scuola, tra questi c'erano
Abbondio e Pepe, e poi esponenti della fazione dei bulletti, dei
secchioni, degli atleti, dei festaioli. Salutavano qualcuno.
“Ma... ma... è Rodrigo!” esclamò Lucia.
I due si avvicinarono alla calca.
“Che succede?” domandò la Lucia a una ragazza che le stava accanto.
“Rodrigo va' a studiare in un'altra città... ha crackato il sistema
operativo della scuola e lo hanno beccato. Espulsione immediata.”
“Quando è successo?”
“Questa notte.”
Dopo che la ragazza ebbe risposto, Lucia percepì la vibrazione del
suo cellulare:
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“Ti avevo detto che sarebbe stato per una buona causa. La mia
ultima missione è conclusa. -L'Innominato”
Lucia spiegò a Lorenzo cosa stesse accadendo, quando Rodrigo stava
per salire sul treno, si sentì chiamare:
“Hei, Rodrigo!”
Era Lorenzo. Rodrigo lo guardò senza dire nulla.
“Senza Rancore, giusto?” continuò il ragazzo “insomma... ti perdono.”
Il treno partì, lasciandosi alle spalle il primo fallimento di Rodrigo.
Abbondio, ignaro di tutto ciò che era accaduto quella notte, si fiondò
dai due e li abbracciò, felice più per la partenza del bullo che per i
suoi amici:
“Come stanno i miei due bei fidanzatini?”
“Ehm... veramente...” cominciò Lorenzo “...non siamo ancora
fidanzati.”
“Uh... hai ragione!” disse Lucia e gli diede un tenero bacio, poi, preso
lo smartphone aggiornò la sua situazione sentimentale su Facebook:
Lucia Mondella è fidanzata ufficialmente con Renzo Tramaglino.
A questo punto Abbondio aggiunse un timido 'like'.
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Una dispensa vuota
Giorgia Fresilli e Noemi Pisano hanno scritto
questo racconto nel 2013, frequentando la IV D del
Liceo Scientifico Sandro Pertini di Ladispoli (Roma)
Si ringrazia la professoressa Sabrina Russo
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Sette anni.
sono sette anni che mi trovo in questo tunnel
buio, è un mostro che mi spenge lentamente …
Come un verme che si insedia nella mela e la
consuma fino al torso, così questa bestia si è
impadronita di una ragazza forse solo un po’ più
fragile delle altre a cui pian piano è dimagrita
anche l’anima.
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Perché proprio a me? Cosa ho fatto di male per
meritarmi tutto questo? Forse niente, forse
tutto. Due anni trascorsi in tranquillità, con i
classici problemi di una liceale: ragazzi e
amicizie sbagliati, genitori troppo apprensivi,
cambi d’umore frequenti…
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… Il problema nasce nel momento in cui alle
normali crisi adolescenziali si aggiunge una
pressione psicologica costante. La scuola, i
professori, tutto il mondo sembrava mi
crollasse addosso. I professori, in particolare
una di loro mi prese di mira senza una vera e
propria motivazione: Ogni cosa che dicevo o
che facevo era sbagliata.
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La situazione era davvero insostenibile! Oltre
alle innumerevoli insufficienze si trattava di
una questione personale, ero costretta a
sopportare continue offese di fronte ai miei
compagni e agli altri insegnanti.
Studiare era diventato uno spreco di forze e
di tempo, perché ormai studiavo passivamente,
per raggiungere la tanto lontana sufficienza,
che puntualmente non arrivava. Era un
fallimento estremamente distruttivo.
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L’inquietudine che provavo in classe si
ripercuoteva anche a casa e divenivo sempre
più intrattabile.
Impiegavo tutto il mio tempo nello studio, non
frequentavo più i miei amici, non mi interessavo
a loro. Ero sola, abbandonata da tutti, tutto si
sfogava sul cibo. Era il mio porto sicuro, mi
rifugiavo scaricando tutte le mie tensioni:
ingurgitavo continuamente sostanze di cui non
conoscevo più il sapore. Ormai era una
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dipendenza. Velocemente il mio corpo si trasfigurò, fin da sempre sono stata in perfetta forma,
ma in poche settimane la taglia dei miei jeans
aumentò inverosimilmente … Non mi
riconoscevo più, non potevo andare avanti così.
Escogitai diversi metodi per perdere quegli
odiosi chili acquisiti in così poco tempo. Iniziai
a prendere dei farmaci per accelerare il
metabolismo, ma, dopo poche settimane i miei
genitori ne trovarono una scatola nella mia
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camera, così mi obbligarono ad interrompere la
terapia. Successivamente lessi un articolo su internet in cui si suggeriva l’uso di lassativi per
dimagrire in minor tempo, soluzione deludente,
per quanto fosse bizzarra e fastidiosa tale
pratica, mi aspettavo risultati grandiosi, così
pensai di abbinare questo metodo ad una
pratica alquanto raccapricciante: al termine di
ogni pasto, mi nascondevo in bagno e rigettavo
tutto ciò che avevo ingerito pochi minuti prima
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… Dopo qualche settimana mia madre mi
sorprese in flagrante e da allora non potevo più
rischiare: era arrivato il momento di
smetterla! Finalmente ridimensionai le mie
porzioni in maniera graduale, tutti erano
soddisfatti, tranne me. Tutti mi ripetevano ‘Sii
forte!’. Son bravi loro a parlare ma non sanno
cosa hai dentro.
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Continuavo a vedermi abominevole e iniziai ad
avvertire dei forti dolori allo stomaco, ogni
volta che ingerivo qualcosa, così pian piano
iniziai a ridurre le porzioni, saltare i pasti, sino
a non mangiare per giorni interi. Mia madre era
molto preoccupata per la mia situazione, le mie
amiche mi ripetevano quella brutta parola che
ancora mi risuona dentro e mi fa rabbrividire.
Mi sentivo in gabbia. Non percepivo la fame,
ma, tutti mi forzavano a mangiare qualsiasi cosa.
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Quando si avvicinava l’orario di pranzo o cena
in casa mia si scatenava un putiferio
inimmaginabile: mio padre su tutte le furie mi
obbligava a mangiare, mia madre distrutta dal
dolore cercava di difendermi e mia sorella con
un fare menefreghista pretendeva lecite
attenzioni, che in quell’ultimo periodo, erano
rivolte esclusivamente alla sottoscritta. Non
ero mai da sola, accanto a me c’era quel mio
“amico” che mi teneva compagnia anche di notte.
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Un bel giorno mio padre, travolto dall’ira
decise di portarmi in ospedale, dove mi
ricoverarono per accertamenti. Io non volevo
andare, facevo vedere che io in fin dei conti
stavo bene, ma, non potevo convincere gli altri
se non ero in grado di convincere me stessa in
primis. Mi trovavo nel reparto di endocrinologia,
precisamente nella camera 104, accanto a me
si trova una signora di circa settanta anni
molto silenziosa e discreta.
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Rimasi due lunghe settimane in quella prigione
era il periodo delle feste natalizie per cui
trascorsi lì anche Natale e Capodanno.
Ero sola in mezzo a troppa gente che mi
opprimeva, che mi soffocava. I nodi in gola si
stringevano sempre più e mi sentivo morire
dentro ma ero impotente. Tuttora non riesco a
chiamare il mio problema come la maggior
parte delle persone lo denomina.
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Il suo nome è brutto, vergognoso e non
riuscirebbe a descrivere la mia condizione, il
senso di vuoto che provo in ogni momento.
L’unica compagnia che avevo era il mio dolore, è
come un malefico alter ego che aveva ucciso
una parte di me per prevaricare sulla mia
persona. Non sapevo più come andare avanti e
il mio percorso era sempre più faticoso.
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Molte volte ho considerato l’ipotesi di
smetterla, di togliere tante sofferenze inutili
ai miei per non essere più un peso. La mia
morte sarebbe stata solo una liberazione.
Sarebbe stata una vana morte corporale visto
che l’anima, qualora ci fosse, era andata via già
da molto tempo. Trovare una ragione per
vivere ancora un altro giorno era impossibile.
Ero appesa ad un filo e questo filo man mano
che si andava avanti diveniva sempre più sottile.
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Credevo di essere forte, credevo di potercela
fare, credevo in me stessa, mi dicevano che
ero coraggiosa e che con il mio carattere avrei
affrontato al meglio tutte le difficoltà che la
vita mi avrebbe posto. Tutte bugie. Le mie convinzioni di sempre si sbriciolarono e a raccogliere
i frantumi non ero io. Non era nessuno in realtà.
Non avevo più la forza né mentale né fisica. La
scelta migliore era quella di lasciarsi andare senza lottare, perché la battaglia era dura ed io non
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riuscivo più a combattere. I pensieri mi riempivano la mente e mi chiedevo spesso come sarebbe
stato bello se non fossi mai nata.
Penso che a volte la vita giochi brutti scherzi.
Mai mi sarei aspettata che potesse capitarmi
una cosa simile. La mia testa è piena di
domande a cui io non so dare una risposta,
la mia vita non ha più senso e se il destino
ha voluto questo sicuramente
una ragione c’è stata.
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Credo che nulla è dato al caso e questa volta il
caso ha voluto che la mia vita non finisse in
questo modo. Lungo questo faticoso percorso
una persona o forse un angelo mi ha travolto la
vita. Si è trattato di un travolgimento
maggiore e di sicuro più piacevole rispetto a
quello che era stato in grado di distruggermi in
questi anni. Lui mi ha salvato la vita.
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Dicono che in fondo al tunnel c’è sempre una
luce ed io questa luce credo di averla trovata.
A tutto c’è un rimedio e nei giorni in cui stavo
male non ci credevo ma adesso posso dirlo,
come suggerisce Ligabue: L’Amore conta,
conosci un altro modo per fregar la morte?
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“SCELGO IO!”
CONTINUA...
Spedisci il tuo racconto a
[email protected]
e parteciperai alle prossime edizioni
del concorso!
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