162 R. D`Alfonso, Costruire lo stato forte. Politica, diritto, economia in

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162 R. D`Alfonso, Costruire lo stato forte. Politica, diritto, economia in
limento del modello creditizio della banca mista e l’affermarsi di un diverso
modello di intermediazione imperniato sulla specializzazione degli intermediari e
sulla separazione tra banca e industria, un passaggio che trova le radici, nel 1928,
quando la sezione autonoma del Consorzio Sovvenzioni fu rimpiazzata dall’Istituto di Liquidazione, che rappresentò il primo passo di “stato imprenditore” e solo
dopo la grande crisi che ci si convinse dell’insostituibile ruolo dello stato come
forza trainante dello sviluppo economico. Fu Beneduce ad enunciare il principio
della specializzazione creditizia, un modello fondato sulla distinzione tra istituti
di credito mobiliare e banche di credito ordinario, decisione indispensabile date
le gravi crisi della Credit e della Comit. La necessità di nuove forme di finanziamento, l’esigenza di recupero di liquidità da parte degli istituti di credito ordinario trovò la soluzione con la fondazione dell’IMI, essendo capace di svolgere un
ruolo importante nel finanziamento. L’IRI si fece carico delle aziende in crisi.
Il volume si completa con gli interventi della tavola rotonda su “criticità e
punti di forza nel sistema bancario dell’Italia Repubblicana”, che concluse il convegno con le relazioni di Paolo Biffis, Giorgio Brunetti, Davide Croff, Giuseppe
Di Taranto, Gian Nereo Mazzocco. Nel dibattito si esaminarono i profondi mutamenti che, ancora oggi, interessano il sistema bancario, influenzati dagli alti
livelli di competitività del mercato internazionale e dal ruolo delle banche nello
sviluppo del sistema economico.
CARMELA ERRICHIELLO
R. D’Alfonso, Costruire lo stato forte. Politica, diritto, economia in Alfredo Rocco,
Franco Angeli, Milano, 2004
Il filo conduttore del volume di Rocco d’Alfonso è la concezione di “Stato
forte” secondo il pensiero del napoletano Alfredo Rocco (1875-1935), uno dei
personaggi di spicco della politica italiana del primo trentennio del Novecento,
prima come giurista e poi come esponente del governo mussoliniano. La sua biografia può essere divisa in due fasi: la prima dal conseguimento della libera
docenza in Diritto commerciale, nel 1899, sino all’ingresso nell’ A.N.I. (Associazione Nazionale Italiana) nel 1913; la seconda dal periodo anteguerra fino alla sua
scomparsa nel 1935.
L’A.N.I., nata col congresso di Firenze del dicembre 1910, si mise subito in
evidenza per le sue idee imperialiste e belliciste, per l’avversione nei confronti del
socialismo e per campagne di stampa aggressive e a favore della guerra libica, ma
contro la presenza della Massoneria tra gli ufficiali dell’esercito.
Dopo una breve parentesi nelle fila del Partito Radicale, che criticò una volta
uscito, accusandolo di aver smarrito le sue radici patriottiche e risorgimentali per
i suoi legami con la massoneria, Alfredo Rocco maturò il suo pensiero circa la
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costruzione di uno Stato forte, verso una posizione di rigida chiusura nei confronti di ogni forma di protesta sociale e di conflitto di classe. In particolare
avversava le manifestazioni d’indisciplina provenienti dal mondo del lavoro e
delle professioni, soprattutto se rivolte contro lo Stato. Per il futuro guardasigilli, lo Stato doveva farsi garante dell’ordine pubblico e della coesione sociale,
situarsi al di sopra degli individui e dei gruppi sociali e reprimere gli scioperi nel
settore pubblico, considerati un atto d’insubordinazione nei confronti dell’autorità pubblica. Per Rocco bisognava trasformare i sindacati da strumenti di rivendicazione e di lotta in fattori di ordine e di disciplina, ponendoli sotto lo stretto
controllo dello Stato. Per favorire ciò occorreva creare delle corporazioni, ovvero
delle associazioni miste formate da datori di lavoro e lavoratori di uno stesso settore produttivo, destinate a comporre i conflitti sociali e a favorire lo sviluppo
economico.
Come politico Rocco fu prima esponente del movimento nazionalista e poi
ministro guardasigilli del regime fascista, nel periodo compreso tra il 1925 e il
1932, anno in cui Mussolini lo estromise dal governo, assieme ad altri collaboratori, al fine di rafforzare il potere personale. Fu in questo periodo, ovvero nel
1930, che il guardasigilli varò il codice penale sottoscrivendolo assieme al re d’Italia, Vittorio Emanuele III, e al capo del governo, Benito Mussolini.
L’attività principale di Rocco, oltre all’insegnamento universitario, fu quella
di ideologo e propagandista politico, che lo portò ad elaborare un’organica dottrina nazionalistica, basata su una critica serrata delle ideologie liberali, democratiche e socialiste. Ai suoi occhi il nazionalismo appariva come un movimento di
reazione contro la disgregazione a cui conduceva l’individualismo, politico ed
economico. L’individualismo era per Rocco la causa dell’indebolimento dell’autorità statale; infatti, se gli individui e i gruppi sociali fossero stati lasciati liberi di
agire avrebbero perseguito i propri interessi generando disordine e indisciplina.
Lo Stato, per il giurista napoletano, era incapace di fungere da arbitro tra le classi contrapposte e così permetteva quelle forme di autodifesa collettiva, come gli
scioperi, le serrate, etc. il cui unico effetto era quello di danneggiare l’economia
nazionale ostacolando o rallentando l’attività produttiva. Nella concezione liberale, secondo Rocco, lo Stato si limitava unicamente alla tutela dei diritti individuali. Nei suoi riferimenti egli evidenziò una marcata avversione per le teorie
liberiste, equiparate alle idee socialiste, come sinonimo di individualismo, di
materialismo, di internazionalismo, cioè di tutti i principi antagonisti del movimento nazionalista.
In campo economico, Rocco affermò l’importanza della politica protezionistica, adottata nel 1878 e rafforzata con la tariffa doganale del 1887. Infatti, solo
ponendosi al riparo dalla concorrenza straniera e riducendo al minimo quella
interna (attraverso consorzi, cartelli e altre forme di concentrazione industriale),
l’imprenditore italiano avrebbe avuto la possibilità di recuperare il terreno perduto rispetto a quello inglese, francese, tedesco. Secondo il giurista Rocco, l’Ita163
lia doveva rendersi indipendente dalle forniture estere sia nella fabbricazione di
materiale bellico, sia nella produzione di beni indispensabili alla popolazione in
caso di guerra. Il primo obiettivo che l’Italia avrebbe dovuto porsi era quello di
produrre di più, di accrescere la produzione interna, migliorandone la qualità e la
competitività. Per Rocco un’espansione imperialistica sarebbe stata la soluzione per
risolvere la carenza italiana di materie prime e terre coltivabili. Questa soluzione era
in contraddizione con la sua opinione, secondo la quale l’Italia era un paese povero
e socialmente arretrato, militarmente debole e politicamente instabile.
Nel suo concetto di nazionalismo vi è uno stretto legame tra la politica
autarchica e quella protezionistica, tra la concezione dello Stato forte e quella
dello Stato interventista e neomercantilista. Il potere pubblico non avrebbe dovuto limitarsi a garantire il regolare svolgimento dell’attività produttiva, imponendo una ferrea disciplina sociale, ma avrebbe dovuto stimolare tale attività creando le condizioni per il suo sviluppo e difendendola con ogni mezzo, dalla concorrenza straniera. La nomina di Rocco a ministro guardasigilli coincise con l’avvio
della fase dittatoriale del fascismo al potere. Con i fascisti si instaurò una formaStato di tipo autoritario, dominata dalla figura del capo del governo e duce del
fascismo. Il ministro guardasigilli pose nel potere esecutivo (concentrato nella
figura del capo del governo) il perno decisionale del sistema politico fascista,
rispetto al quale gli organi del potere legislativo furono chiamati a svolgere un
compito di semplice collaborazione nell’esercizio della sovranità. La funzione del
Parlamento fu ridotta a un ruolo di semplice partecipazione all’esercizio del potere esecutivo. Pertanto il ministro guardasigilli vide nel partito fascista realizzata
buona parte delle idee che negli anni aveva sempre sostenuto e sperato di vedere
attuate. Inoltre, grazie al suo apporto, Mussolini e il fascismo poterono contare su
una persona valida e fidata ed in linea con quelli che erano i principi del regime.
Il pregevole volume di Rocco d’Alfonso si segnala per il dettaglio e la precisione della ricostruzione biografica ed intellettuale di Rocco, e per l’ampio tratteggio dell’ideologia autoritaria dello Stato forte.
Florindo Mastrangelo
V. Pirro (a cura di), Sull’avvenire industriale di Terni, Nobili Grafiche, Terni,
2005.
Il professor Vincenzo Pirro, autore dell’avvenire industriale di Terni, ci propone un lavoro di grande interesse, raccogliendo in una sola pubblicazione tre
scritti di Luigi Campo Fregoso, nato a Milano il 17 dicembre 1844, che ereditò
dalla famiglia il titolo nobiliare di conte. A diciotto anni intraprese la carriera
militare come soldato volontario nell’Esercito e divenne sottotenente nel Reggimento Savoia Cavalleria.
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