Biorisanamento di siti contaminati

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Biorisanamento di siti contaminati
Biorisanamento di siti contaminati.
L'inquinamento può essere definito come l'introduzione di elementi, composti ed energia
nell'ambiente a livelli tali da compromettere la funzionalità o presentare un rischio inaccettabile per
la salute umana e gli ecosistemi. I suoli contaminati possono impedire o danneggiare la crescita di
vegetali a causa dell’effetto fitotossico degli inquinanti; e possono inoltre compromettere la qualità
delle acque destinate al consumo umano attraverso il percolamento degli inquinanti fino agli
acquiferi.
Gli interventi sul sito contaminato possono essere di diverso tipo, in ogni caso finalizzati a ridurre il
rischio per la salute umana e gli ecosistemi al di sotto del valore accettabile. Gli interventi possono
prevedere:
1. il confinamento delle arie e del materiale contaminato in modo da ridurre le vie di
migrazione degli inquinanti;
2. escavazione del materiale contaminato e il suo deposito in discarica dedicata;
3. La stabilizzazione (chimica) degli inquinanti in forma meno mobile o meno tossica in seno
alla matrice;
4. estrazione dei contaminanti dalla matrice compromessa (per riscaldamento o mediante
lavaggio con solventi o agenti estrattivi) e loro distruzione chimica, chimico-fisica o
biologica;
5. la completa o parziale biodegradazione dei contaminanti direttamente all'interno della
matrice.
Le tipologie di intervento 3, 4 e 5 possono essere applicate in situ(trattando il suolo o le acque
senza bisogno di escavazione o estrazioni), o ex-situ(trattando le matrici rimosse dal sito) sia nel
sito stesso (on-site), sia in specifici impianti di trattamento (off-site). Trattare le matrici contaminate
in-situ ha il vantaggio di disturbare al minimo il sito e normalmente ha costi inferiori; il trattamento
ex-situ permette di gestire meglio e ottimizzare le condizioni del processo di trattamento.
I trattamenti di bonifica delle matrici ambientali di siti contaminati (suolo insaturo, suolo saturo e
acqua di falda) possono essere classificati in fisici, chimici, biologici. Dev'essere sottolineato che
spesso la combinazione di diverse di tipologie di processo porta a risultati migliori.
Itrattamenti fisici sono normalmente processi termici, di solidificazione, estrazione con vapore e di
lavaggio. I processi chimici prevedono invece l'utilizzo di reagenti in grado di mediare
l'ossidazione, riduzione, l'idrolisi, degli inquinanti anche grazie alla variazione del pH delle matrici
contaminate. I processi biologici per il risanamento si basano sulla capacità di organismi viventi
come, funghi e soprattutto batteri di trasformare/degradare parzialmente o completamente
(Mineralizzazione) i contaminanti.
Il biorisanamento prevede attraverso l'applicazione di opportune tecniche ingegneristiche,
l'ottimizzazione delle condizioni ambientali attraverso l'aggiunta di nutrienti, accettore e o donatori
di elettroni e cofattori essenziali per l’attività degradativa delle popolazioni microbiche presenti
nella matrice ambientale (Biostimulation) o l'aggiunta di popolazioni microbiche con attività
specifica (Bioaugmentation).
Le tecniche biologiche presentano vantaggi legati ai loro bassi costi di applicazione e all'elevata
compatibilità ambientali (assenza di solventi, reagenti chimici, elevate temperatura e pressione,
ecc.). Talitecnologie prevedono l'utilizzo di microrganismi (in genere autoctoni) a pressione e
temperatura ambiente, spesso direttamente in situ, quindi senza le necessità di rimuovere suolo o
acque per il trattamento. Il biorisanamentoperò non è applicabile a tutte le situazioni di
contaminazione; in particolare le contaminazioni da sostanze inorganiche (metalli) sono
difficilmente trattabili con metodi biologici.
Caratterizzazione di un sito contaminato.
Un sito viene considerato contaminato quando la concentrazione di almeno un contaminante eccede
il limite imposto dalla legge per il comparto ambientale. Tali limiti sono definiti in funzione della
destinazione d'uso del sito o attraverso procedure di analisi di rischio sito-specifiche. La normale
procedura per affrontare problemi di contaminazione di un sito prevede una caratterizzazione
iniziale che ha l'obiettivo di definire la struttura geologica e idrogeologica del sito, individuare e
quantificare i contaminanti presenti, definirne la distribuzione spaziale e individuarne i processi di
migrazione verso i potenziali bersagli biologici.
Tale procedura e composta da una fase iniziale in cui vengono raccolti dati e documentazione
storica necessaria a identificare i contaminanti e le sorgenti potenzialmente presenti.In figura viene
riportato il profilo idrogeologico di un sito contaminato.
Di norma in sezione verticale un sito può essere suddiviso in base al contenuto d'acqua, nel modo
seguente:
•
Zona non satura, ossia quella parte di terreno non completamente satura d'acqua, che a sua
volta è costituita da: fascia d’evapotraspirazione nella quale avvengono i fenomeni di
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evapotraspirazione; fascia intermedia odi ritenuta nella quale oltre all'acqua di infiltrazione,
è presente che quella di ritenuta; frangia capillare che rappresenta la zona a contatto con la
falda in questa parte la pressione è inferiore a quella atmosferica
Zona satura identificata con la falda, ossia quella parte di terreno completamente saturata.
Esistono diversi tipi di falda, che differiscono dal modo in cui avviene la loro alimentazione: falda
freatica, delimitata superiormente dalla superficie freatica e che riceve l'acqua direttamente per
infiltrazione verticale; falda artesiana (o in pressione) quando l'acqua si trova imprigionata tra due
strati impermeabili e quindi con una pressione maggiore di quella atmosferica;falda disperdente,
quando i due strati in cui si trova imprigionata l'acqua non sono perfettamente impermeabili.
Successivamente viene proposto un piano di caratterizzazione del sito che definisce le successive
indagini necessarie. Sulla base di questo piano vengono effettuate campagne di campionamento e
analisi per la determinazione di parametri chimici, fisici e biologici necessari a definire il tipo di
contaminazione e il grado di compromissione degli ecosistemi presenti. Attraverso l'integrazione di
questi dati e possibile effettuare un'analisi di rischio del sito per definire se la contaminazione
rappresenti effettivamente un rischio per la salute umana e per gli ecosistemi. Con tale procedura è
inoltre possibile stabilire livelli di contaminazione sito-specifici che non determinano rischio. In
base alla legislazione vigente se da questa fase di analisi emerge la necessità di intervenire, deve
essere realizzato ed eseguito un progetto di bonifica.
Il piano di caratterizzazione.
Il piano della caratterizzazione contiene tutte le analisi geologiche, chimiche, fisiche e biologiche
necessarie a completare il quadro conoscitivo del sito contaminato. Tale quadro è indispensabile per
la successiva fase decisionale che riguarda la necessità di intervento e la scelta della tecnologia
adeguata. Nel caso in cui i dati ambientali non permettono di ricostruire le caratteristiche
geologiche, la distribuzione e le vie di migrazione dei contaminanti, il piano della caratterizzazione
dovrà prevedere sa analisi di tipo indiretto sia analisi di tipo diretto.
Le analisi di tipo indiretto sono finalizzate a validare il modello del sito costruito sulla base dei dati
disponibili e in particolare alla ricostruzione della struttura stratigrafica del suolo e
all'individuazione diaree ad alto potenziale di contaminazione.
Queste indagini sono condotte attraverso tecniche non invasive come rilievi aerofotogrammetrici,
telerilevamento, rilievi geofisici e analisi del gas interstiziale. I risultati di queste analisi devono poi
essere utilizzati per la definizione del piano di indagini di tipo diretto, questo tipo di indagini ha i
seguenti principali obiettivi:
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Definire la geometria degli acquiferi presenti
Definire la direzione del flusso e le condizioni redox
Individuare la tipologia della distribuzione spaziale dei contaminanti;
Stimare volumi e le masse d'acqua e suolo coinvolti;
Stimare la concentrazione di contaminante presente.
Per raggiungere questi obiettivi vengono pianificate campagne di indagini geologiche e
idrogeologiche che prevedono l'istallazione di piezometri e pozzi di monitoraggio del sito. Per la
caratterizzazione qualitativa e quantitativa della contaminazione vengono condotte campionamenti
e analisi delle matrici ambientali.
La strategia di campionamento e funzione delle conoscenze che si hanno sulla distribuzione delle
sorgenti di contaminazione e sulla tipologia di contaminanti.
I piani di campionamento casuale, costituiti da griglie quadrate, vengono utilizzati per zone del sito
per cui si hanno poche informazioni. In queste zone i piani di campionamento discrezionale sono
successivamente applicati alla luce dei risultati acquisiti. Allo stesso modo la perimetrazione delle
sorgenti di contaminazione note viene effettuata mediante il posizionamento arbitrario di punti di
campionamento. Le matrici ambientali normalmente campionate e analizzate sono:
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Terreno, sedimenti e fanghi di perforazione;
Acque superficiali, acque di falda e percolati;
Gas e vapori
Su questi campioni ambientali vengono condotte una serie di analisi chimiche, fisiche e biologiche
per la determinazione delle sostanze inquinanti presenti e delle caratteristiche della matrice in modo
da definire l'applicabilità della tecnologia di risanamento. I parametri più frequentemente analizzati
sono:
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densità del suolo;
Permeabilità del suolo;
Umidità;
pH;
Potenziale di ossido riduzione;
Carbonio organico e carbone totale;
Domanda chimica Di ossigeno (COD);
Domanda biochimica di ossigeno (BOD);
Presenza di composti elettron-accettori.
Analisi di rischio sanitario assoluta
La valutazione di rischio o analisi di rischio (AdR) è una procedura che fornisce la stima delle
conseguenze sulla salute umana dell'evento potenzialmente dannoso, in termini di probabilità che le
stesse conseguenze si verifichino. L’analisi di rischio sanitario (AdR) assoluta conduce la
valutazione del rischio connesso a un sito, in termini di potenziale danno alla salute umana che può
essere esposta alle conseguenze derivanti dalla contaminazione e tale determinazione è in funzione
delle caratteristiche della sorgente dell'inquinamento, dei meccanismi di trasporto e dei bersagli
della contaminazione.
Oltre alla stima del livello di rischio, tale procedura permette di definire i valori di concentrazione
dei contaminanti accettabili per il sito specifico. La procedura di analisi di rischio può essere
condotta in modalità diretta (foward mode) o indiretta (backward mode). La modalità diretta
permette di stimare il rischio sanitario per il recettore esposto, sia posto in prossimità del sito (onsite) che ad una certa distanza (off-site) conoscendo la concentrazione in corrispondenza della
sorgente di contaminazione. Avendo invece fissato il livello di rischio per la salute ritenuta
accettabile per il recettore esposto, la modalità inversa permette il calcolo della massima
concentrazione insorgente compatibile con la condizione di accettabilità del rischio.
Il modello concettuale del sito.
Per la stima della portata dell'esposizione agli inquinanti dei bersagli umani potenzialmente
coinvolti, la procedura di analisi di rischio utilizza equazioni matematiche che modellano i
fenomeni di trasporto e destino ambientale che definiscono l'entità dei contaminanti che, dalle
sorgenti di contaminazione, possono raggiungere bersagli. Nell'ambito dell'analisi di rischio
sanitario connessa alla contaminazione di un sito è necessario definire un modello concettuale del
sito (MCS). La sua definizione comprende essenzialmente la ricostruzione dei caratteri delle tre
componenti principali che costituiscono l'analisi di rischio:
Sorgente → Trasporto → Bersaglio
Devono essere quindi definite le sorgenti di contaminazione, le vie di migrazione e i bersagli della
contaminazione. Per quanto riguarda i bersagli della contaminazione, l'analisi di rischio sanitario
prende in considerazione unicamente recettori umani. Tali recettori e le loro caratteristiche sono
identificate in funzione della destinazione d'uso del territorio potenzialmente coinvolto dagli effetti
del sito contaminato. Le tipologie d'uso del territorio normalmente considerate sono residenziale
(bersagli: adulti e bambini), ricreativo (bersagli: adulti e bambini), industriale/commerciale
(bersagli: adulti).
Tecniche di bonifica biologica.
L'abilità di microrganismi di trasformare/degradare composti inquinanti deriva dall'elevata
versatilità metabolica di questi organismi che hanno sviluppato, nel corso dell'evoluzione, sistemi
enzimatici adatti alla trasformazione di tutti composti chimici presenti sulla terra. Nel caso di
composti xenobiotici, recentemente introdotte dall'uomo nei siti di biogeochimici, la loro capacità
degradativa deriva dalla loro coevoluzione con composti naturalmente presenti che hanno struttura
chimica analoga.
Il microrganismi possono favorire il recupero di ambienti contaminati tramite numerosi
meccanismibiochimici che possono comportarela degradazione completa dell'inquinante
(mineralizzazione) oppure la sua bioconversione verso intermedi che possono persistere nella
matrice sottoposta a bonifica, legarsi a costituenti della matrice, o allontanarsi dalla matrice per
volatilizzazione. C'è un notevole interesse nella possibilità di sfruttare questi processi nel
Bíorisanamento dei siti contaminati perché questa tipologia di intervento è potenzialmente più
semplice, ambientalmente, economicamente e socialmente sostenibile rispetto all'applicazione di
tecniche di Bonifiche di tipo fisico e chimico.
Va precisato che queste tecniche sono applicabili con successo prevalentemente nella Bonifiche di
suoli e sottosuoli contaminati da idrocarburi di norma biodegradabili. In questi casi, la regione
contaminata può essere tipicamente suddivisa in due componenti: la prima, immediatamente
prossima alla sorgente di contaminazione costituita dalla fase liquida non solubile in acqua NAPL,
immediatamente a valle,il pennacchio di acque sotterranee contaminate, in avanzamento della
direzione del flusso delle acque di falda. Il fenomeno di biorisanamento si esercita con maggiori
effetti sulla seconda componente, il pennacchio contaminato, attraverso processi di biodegradazione
per effetto della popolazione batterica naturalmente presente.
Lo spettro di applicazione delle tecniche biologiche può essere in qualche caso ampliato attraverso
l'aggiunta di microrganismi (batteri, funghi) alloctoni specializzato (Bíoaugmentation); l'efficacia di
questo approccio è argomento di dibattito nella comunità scientifica perché molti ricercatori non
hanno evidenziato sostanziali effetti derivanti dall'impiego di inoculi microbici selezionati; c'è
quindi una larga propensione a ritenere che la popolazione microbica autoctona del terreno, una
volta stimolata attraverso una corretta gestione del processo, sia ampiamente in grado di
promuovere processi di degradazione.
Va sempre ricordato che le strategie di risanamento biologiche sono sito-specifiche e spesso i
processi biotecnologici risultati efficaci in laboratorio non sono facilmente trasferibili su piena scala
oppure possono non avere successo in campo; un altro fattore che limita l'implementazione di
tecnologie di risanamento è la scarsa conoscenza dei meccanismi che controllano la crescita,
coesistenza l’attività finale di diversi microrganismi che popolano gli ambienti contaminati.
Idealmente le strategie di risanamento vanno definite sulla base delle conoscenze riguardo a:
•
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I microrganismi presenti negli ambienti contaminati;
Le loro capacità metaboliche;
Il loro adattamento ai cambiamenti ambientali.
Biorisanamento: studi di fattibilità.
Nonostante la selezione delle modalità di applicazione di tecnologie di bonifica siti contaminati
debbano essere assolutamente sito-specifici e che studi preliminari, al livello di laboratori di campo,
trovano scarsa applicazione soprattutto in Italia. Obiettivo di tali studi è l'individuazione delle
modalità di applicazione della tecnologia di risanamento che risulti essere più adatta e sostenibile
sia economicamente, sia per il suo impatto ambientale.
Spesso, il ricorso allo smaltimento in discarica di grandi quantità di suolo è conseguenza di
un’affrettata analisi delle tecnologie esistenti e della loro scarsa sperimentazione preliminare, con
conseguente incremento dei costi, anche ambientali e sociali, senza peraltro fornire una soluzione
definita al problema di partenza.Gli studi di fattibilità in laboratorio per tecnologie di risanamento
sono condotti in vari livelli che possono essere raggruppati in:
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•
Caratterizzazione della comunità microbica;
Studio di intrattabilità biologica della matrice;
Selezione della tecnologia;
Impianto pilota in campo.
Pianificazione dell'intervento di bonifica.
La progettazione dell'intervento di bonifica biologica di un sito contaminato richiede la stima dei
quantitativi complessivi (rapportati alla massa di contaminante presente) di accettore di elettroni e
nutrienti da fornire microrganismi per favorirne l'attività degradativa nonché la definizione delle
nuove modalità (calcolabili in termini di velocità) con le quali somministrarli al terreno da
bonificare.
Tali determinazioni si rendono necessarie per una stima dei costi e tempi di bonifica, e per il
dimensionamento dei dispositivi di processo (pozzi, tubazioni, pompe, reattori, serbatoi di
stoccaggio di sostanze chimiche, sistemi di depurazione delle eventuali emissioni gassose, ecc.).
Tecniche di bioremediation.
Esistono molte tecniche di trattamento biologico. I trattamenti ex-situ presentano il grande
vantaggio di essere facilmente gestibili e ottimizzabili ma hanno lo svantaggio di richiedere
l'escavazione e la movimentazione del terreno, che comporta costi elevati, rischi per l'uomo e per
l'ambiente (diffusione dell'inquinamento) i trattamenti in-situ non prevedono questa operazione per
questo sono meno costosi; tuttavia essi sono meno gestibili e prevedibili e ciò rende difficile
assicurare che gli stessi siano veramente efficaci.
Trattamenti in situ.
Le tecnologie disponibili si possono suddividere in funzione della porzione di sottosuolo
contaminata dalla quale intervengono (zona nodosa o insature del terreno, acquifero ozono di
terreno saturo, zona rossa più acquifero).
Bioventilazione
La bioventilazione viene applicata nella bonifica della zona insatura del terreno, consiste nel fornire
ossigeno ai microrganismi presenti in questa zona attraverso l'immissione di aria, la quale è un
ottimo mezzo di trasporto per l'ossigeno dato che sono sufficienti appena 4/5 g diaria per trasferire 1
g di ossigeno ai microrganismi. Il sistema prevede l'impianto in-situ di uno o più pozzi di estrazione
(collegati a pompe del vuoto) che garantiscono la circolazione dell'aria nel terreno insaturo
contaminato, processo che può essere incrementato attraverso l'inserimento nella stessa zona di uno
o più pozzi di iniezione d'aria.
L'obiettivo dell'intervento è la stimolazione della biodegradazione aerobica degli inquinanti,
direttamente in sito, e non la volatilizzazione dei contaminanti pertanto è fondamentale ottimizzare
la fornitura di ossigeno minimizzando i rischi di volatilizzazione dei contaminanti, quest'obiettivo
può essere raggiunto insufflando portate basse di aria e massimizzando il tempo di residenza
dell'aria entro il volume di terreno inquinante (questo si fa attraverso un'attenta disposizione dei
pozzi di estrazione). In questo caso l'impianto può prevedere anche il sistema di irrigazione
superficiale dell'area contaminata per la fornitura Di acqua necessaria al mantenimento dell'unità
ottima (75%).
Una buona progettazione di un sistema di Bioventilazione prevede l'esecuzione di testrespirometrici
in-situ che consentono di determinare la velocità di consumo microbico dell'ossigeno e quindi la
velocità di rimozione del contaminante; noto questo parametro per il sito in esame, e una volta
fissato l'obiettivo di risanamento, si stima il tempo di intervento che si renderà necessario per la
decontaminazione biologica del terreno nonchè la velocità e la quantità complessiva della fornitura
di ossigeno essenziali per il dimensionamento dei pozzi di estrazione.
La bioventilazione è stata applicata con successo nella bonifica di zone di sono insaturo
contaminate da benzene, toluene, di benzene e xilene; inoltre fenoli e prodotti pretroliferi
commerciali come olio grezzo, benzina, gasolio e olio combustibile.
Perché praticabile con successo, la zona interessata al trattamento deve mostrare elevata
permeabilità all'aria e quindi una modesta umidità, inoltre è necessarioche lo spessore dello stato di
terreno insaturo (soggiacente di falda) sia sufficiente per l'istallazione dei pozzi di ventilazione
(almeno 24 m).
Processi in terreno saturo.
Per la bonifica biologiche di zone sature (acquiferi) contaminate si possono impiegare tecniche di
trattamento attivo (Presenza di sistema di pompaggio delle acque come il processo a ricircolazione
d'acqua) e di trattamento di passivo (assenza di sistema di pompaggio delle acque come ad esempio
le biobarriere)
Processo convenzionale a ricircolazione d'acqua nel terreno saturo.
Consiste nell'estrarre l'acqua di falda contaminata avalle del sito tramite pozzi di estrazione e
trattarla in superficie (con colonne si strippaggio, colonne di carbone attivo, bioreattori dedicati);
arricchirla con accettori di elettroni e nutrienti e reimmetterla amonte del pennacchio contaminato
mediante pozzi di iniezione.
Sono possibili diverse disposizioni planimetriche dei pozzi di iniezione/estrazione.
L'aggiunta di nutrienti nell'acqua di ricircolo deve essere oculata in particolare si develimitare l’uso
di sali che possano causare il rigonfiamento delle argille o la formazione di precipitati che
potrebbero creare intasamento nell’acquifero.
L'arricchimento di ossigeno nell'acqua di falda riciclata è un’operazione complessa e da condurre
con attenzione perché se da un lato questo composto dev’essere somministrato a concentrazioni
elevate dall'altro è molto reattivo e potrebbe indurre alla formazione di composto insolubili.
Biobarriere permeabili.
Si tratta di zone confinate all'intensa attività biodegradativa, intercettantiil pennacchio di
contaminazione che viene fatto fluire attraverso uno strato permeabile (barriera) costruito
perpendicolarmente alla direzione del flusso della falda stessa; i contaminanti presenti nell'acqua
interagiscono con i microrganismi adesialla matrice contenuta nella barriera e sono trattenuti,
degradati o convertiti in specie chimiche innocue. Le biobarriere sono quindi finalizzate non tanto
al risanamento della sorgente di contaminazione, quanto alla prevenzione e al controllo della
migrazione della contaminazione verso possibili ricettori.
Questa tipologia di trattamento di acque sotterranee sta diventando sempre più diffusa in ragione dei
diversi vantaggi che presenta. Prima di tutto queste barriere sono un metodo di intervento in-situ e
perciò non sussiste la necessità di allontanare gli inquinanti dalla falda per inviarli a trattamento
(ovvero di rimuovere intera matrice contaminata dalla giacitura originaria, come ad esempio
avviene nel pompaggio in superficie delle acque). Inoltre una volta installate le biobarriere
presentano costi di esercizio e manutenzione significativamente più bassi rispetto a quelli richiesti
da altri metodi di trattamento anche biologici. Infine funzionano in presenza del gradiente idraulico
naturale nella falda e quindi non hanno bisogno di un rapporti di energia.
Vengono allestite attraverso lo scavo di una trincea perpendicolarmente al flusso del pennacchio di
contaminazione. Spesso si ha la necessità di rigenerare il biofilm Microbico che può sfaldarsi a
causa di fenomeni di inibizione o tossicità esercitate dai contaminanti. di trascinamento del film
biologico con l'acqua. Le biobarriere sono impiegate con successo nel risanamento di acquiferi
contaminati da solventi clorurati e altri composti idrosolubili recalcitranti.
Trattamenti Ex-situ
I trattamenti ex-situ vengono operati sul suolo contaminato previamente escavato e accomulato in
prossimità della piattaforma di trattamento, che può essere in prossimità del sito da bonificare (onsite) o altrove (off-site). Prima di operare il trattamento di bonifica occorre raccogliere campioni
significativi del terreno contaminato e verificare la loro trattabilità biologica. In caso di risposta
positiva, il primo passaggio nella preparazione del suolo consiste nella separazione, tramite
vagliatura, delle componenti dello scheletro come ghiaia pietre o frazioni inerti (con granulometria
maggiore di 50 mm) dalla matrice contaminata vera e propria. Questa operazione serve a ridurre
drasticamente il volume del materiale da sottoporre al trattamento, tenendo conto che generalmente
ghiaia e pietre non sono contaminate come la frazione fine del terreno (perché meno porose).
Le frazioni grossolane possono essere riutilizzate direttamente, a seguito di un opportuno lavaggio
in grado di rimuovere gli inquinanti adesi sulla superficie. Il terreno vagliato viene sottoposta una
efficace omogeneizzazione al fine di raggiungere un grado di contaminazione media su tutta la
matrice.
Landfarming
Il landfarming è una tecnica di bonifica dei suoli contaminati che consiste nella stesura di uno
strato di terreno contaminato al di sopra di un letto drenante e di un manto impermeabile che viene
poi irrigato con acqua, arricchita di ossigeno, nutrienti ed eventualmente altri additivi. Il percolato
prodotto viene in seguito ricircolato direttamente o dopo essere stato depurato.
I microrganismi utilizzano le sostanze inquinanti come nutrienti e fonte di energia per i processi di
riproduzione e moltiplicazione cellulare. Nel momento in cui un determinato sito viene contaminato
da idrocarburi, la popolazione microbica subisce notevoli modificazioni di tipo qualitativo e
quantitativo, per cui la bonifica biologica di terreni contaminati, detta landfarming, prevede
sostanzialmente due diverse tipologie di intervento:
•
Moltiplicazione della popolazione microbica indigena presente sul terreno;
•
Immissione di popolazioni microbiche selezionate.
Il primo caso, definito biostimulation, prevede un arricchimento localizzato dei livelli di nutrienti e
delle concentrazioni di ossigeno in modo da favorire le cinetiche fisiologiche dei ceppi microbici
residui. Nel secondo, bioaugmentation, si cerca di immettere nel suolo degli starter microbici
costituiti da ceppi selezionati per l’attività di biodegradazione dei composti organici inquinanti.
La tecnica può avvenire sia on site sia off site.
Si realizza un bacino di trattamento, confinato da opportuni margini, la superficie del fondo
presenta una pendenza del 1-2%. Su tale superficie vengono predisposti alcuni strati di materiale, la
cui successione in genere è la seguente:
•
•
•
•
Strato impermeabilizzante, in genere costituito da argilla compattata (utilizzata anche per
costituire gli argini perimetrali di contenimento)
Geomembrana in polietilene ad alta densità
Letto di sabbia con rete drenante in tubi fessurati per la raccolta del percolato prodotto
Strato di 20-60cm di terreno contaminato da trattare (pendenza 2% per contenere
l’infiltrazione delle acque meteoriche che sommergerebbero il bacino impedendo la
fornitura di ossigeno ai microrganismi)
Le acque di ruscellamento superficiale vengono raccolte e allontanate tramite apposita canaletta
posta al piede del letto (raccolte poi in vasca di stoccaggio e ricircolate poi nel medesimo letto), al
fine di permettere di somministrare mediante l’irrigazione a spruzzo i nutrienti (e regolare l’umidità
del suolo).
Biopile.
Il fondamento delle tecnologie di landcomposting o biopile è rappresentato dalla capacità di
numerosi ceppi microbici sia batterici che fungini di attaccare, in ambiente controllato, un largo
spettro di molecole chimiche trasformandole in energia e nutrimento.
Il principio applicativo si riferisce alla rimozione ed al trattamento on site o in situ delle frazioni di
terreno contaminate in apposite strutture funzionali denominate “pile” nelle quali vengono
ottimizzati tutti i parametri fisici (T, pH, potenziale redox ) e nutrizionali (macro e micronutrienti,
fattori di crescita). In particolare, l’utilizzo di ceppi fungini, si è dimostrato particolarmente efficace
per il trattamento di composti aromatici e alogenati, mentre l’inoculo nei pile di ceppi batterici
mesofili e/o termofili presenta una maggiore attività catabolica nei confronti degli idrocarburi a
catena aperta.

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