Santino Palandi
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Santino Palandi
UN PAESE SENZA MEMORIA NON HA FUTURO Qualche mese fa, Tino Bino, ospite in uno dei dibattiti organizzati dal CENTRO DE GASPERI ha provocatoriamente accusato le nuove generazioni di non avere la volontà di testimoniare il passato, di scansare la memoria e la storia, non quella nazionale perché le date importanti se le ricordano un po’ tutti ma gli avvenimenti locali, le piccole storie. Partendo dall’affermazione che un paese senza memoria non ha futuro, Bino ci ha invitato a tornare a lavorare sulla storia locale per imparare a conoscerci. Ci ha suggerito di scrivere sui nostri bollettini la biografia dei nostri concittadini che con i loro patimenti, passioni, entusiasmi e sofferenze hanno contribuito a fare la storia dei nostri paesi così da ottenere al tempo stesso uno spaccato della società del novecento. SANTINO PALANDI Facciamo nostra questa idea e cominciando da questo numero della nostra rivista proponiamo la figura di SANTINO PALANDI che aveva profondamente radicato i sentimenti citati in precedenza e vissuto un’esperienza imprenditoriale poco comune per gli abitanti delle nostre terre. Santino Palandi nasce il 4/7/1929 a Meano, frazione del comune di Corzano. Il papà Francesco fa il sarto, professione che probabilmente stimola Santino, insieme agli studi di meccanica intrapresi all’istituto Moretto, a scegliere e dedicarsi alla prima attività imprenditoriale. Sono gli anni cinquanta, l’Italia era appena uscita malconcia dalla guerra, con industrie e città a pezzi e il commercio alimentare ancora in mano alla borsa nera. Sospeso tra i drammi della ricostruzione e l’entusiasmo di guardare avanti, Palandi si trasferisce a Castegnato e insieme a due soci apre in territorio di Gussago un calzificio, uno dei primi a produrre calze da donna con la cucitura dietro la gamba. La moglie Rosa lo ricorda in sella alla sua Lambretta con il portapacchi colmo di scatole di calze partire alla volta di Brescia e Milano per consegnare la merce ai clienti. Alla fine degli anni cinquanta lo sviluppo industriale è tale che spinge a una maggiore automazione e in breve tempo macchine e impianti diventano obsoleti di fronte al rapido evolversi della tecnologia. E’ così anche per le calze da donna che si mutano nei collant, cioè senza cuciture. Palandi si trova di fronte al calo degli ordinativi e alla necessità di cambiare gli impianti per adeguarsi al nuovo tipo di richieste, ma con costi troppo onerosi. Nel 1958 costruisce la nuova casa in via Franchi a Castegnato e a maggio del 1959 si sposa con Rosa Franzoni di Gussago. Decide di cambiare mestiere, sollecitato dalla sorella Petronilla coniugata con un albergatore romagnolo, per intraprendere lo stesso tipo di attività del cognato. Gli anni tra il cinquanta e il sessanta vedono l’ Italia attraversare una fase di intenso sviluppo. Una crescita produttiva che tocca l’industria e che vede crescere un nuovo e potentissimo mezzo di comunicazione, la televisione. Quest’ultima ha un ruolo fondamentale nel condizionare la vita e i modelli comportamentali e nell’instillare nuovi bisogni nella popolazione. Tra questi le vacanze. Pochi giorni dopo il matrimonio, con la solita Lambretta e la moglie sul sellino posteriore Palandi parte alla volta di Cesenatico per iniziare la nuova avventura nel campo alberghiero. Gestisce per tre anni una piccola pensione, “Rosetta”, per poi passare alla conduzione di una realtà più grande e di nuova costruzione che chiamerà con il nome della prima figlia che in quegli anni viene alla luce, Alessandra. La pensione è un edificio a due piani, che con gli anni diventeranno tre, subendo gradualmente ampliamenti e modifiche per renderlo sempre più funzionale. L’attività alberghiera si estende a quasi tutta la famiglia quando altri due fratelli di Santino, Aldina e Alfredo, gestiscono rispettivamente un hotel a Cesenatico e Sirmione. Palandi si occupa direttamente della gestione in ogni suo aspetto: - gli acquisti, che lo vedono presente sui mercati del pesce e della carne per scegliere i tagli migliori. - la scelta del personale di servizio, da cui pretendeva capacità, cortesia e solerzia. - il rapporto con i clienti, che dal momento del ricevimento e per tutta la vacanza cercava con discrezione di coccolare e mettere a proprio agio. Durante i mesi invernali, Santino si dedica alla manutenzione dell’immobile e degli arredi, alla scelta dei fornitori e di quella che adesso chiamiamo parte commerciale, fatta di prenotazioni, inviti, listini e contatti. Solo una parte gli era esclusa: la cucina, territorio incontrastato della moglie Rosa che sovraintendeva al lavoro delle cuoche. Un ottimo rapporto qualità/prezzo e una buona pubblicità fatta dal passaparola dei clienti soddisfatti, aumenta la domanda e ben presto la clientela annovera presenze di turisti tedeschi, austriaci e svizzeri. Negli settanta Palandi amplia la capacità ricettiva acquisendo la gestione dell’adiacente Hotel Lux affidando la direzione di quest’ultimo al fratello Alfredo. La maggior parte dei clienti arriva da Milano, Bergamo, Torino, Brescia e anche Castegnato fa la sua parte con la presenza ci circa 100 famiglie per stagione. I mesi estivi sono faticosi: poche ore per riposare, mille cose da fare, attenzione su ogni cosa, una parola per tutti. Ma il lavoro lo appassionava, era la sua vita e poco importava la stanchezza. Per un osservatore esterno quel ruolo gli sembrava cucito addosso come un abito su misura. L’attività prosegue fino al 1998, anno in cui vengono introdotte a livello legislativo delle normative di sicurezza sugli edifici e il proprietario dell’ immobile, nel quale Palandi era in locazione, non si adegua costringendo il nostro concittadino a cessare l’attività. A malincuore Palandi accetta questa situazione e la malinconia per il suo lavoro lo accompagnerà per il resto dei suoi anni. L’orto, la lettura e la cura del giardino lo distraggono ma rimarrà sempre quel rammarico di non aver potuto continuare. Allego una fotografia che lo ritrae sorridente con alcuni clienti e a tutti penso faccia piacere ricordarlo così. Franco Turelli