Case-Report: ulcerazioni cutanee dovute allo stravaso di un

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Case-Report: ulcerazioni cutanee dovute allo stravaso di un
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Scienza e Management
l’infermiere 6/2003
I risultati di una ricerca canadese
sul lavoro infermieristico
Quanto pesano
i piccoli/grandi fastidi
AMBIENTI DI LAVORO PICCOLI E RUMOROSI; ORARI CHE NON CONSENTONO IL COORDINAMENTO
TRA I SERVIZI; ORGANICI SEMPRE RIDOTTI ALL’OSSO. A DISTURBARE IL PROCEDERE ORDINATO
DELL’ATTIVITÀ DEGLI INFERMIERI CI SONO MILLE OSTACOLI, MA CIÒ CHE PESA DI PIÙ È IL MANCATO
RICONOSCIMENTO DELLA PROPRIA PROFESSIONALITÀ
DI
T
RICCARDO TOMASSETTI
e a coordinare o ripartire il lavoro con gli altri dipartimenti o con le altre figure professionali dell’ospedale, come quando si attendono le terapie dalla farmacia
ospedaliera o quando, per esempio di notte, è l’infermiere a doversi prendere carico di tutti i problemi.
Nella classifica delle seccature guadagnano invece il
secondo posto quelle di tipo operativo, quelle cioè
che influenzano il modo in cui è organizzato il lavoro
dell’infermiere. Soprattutto le difficoltà dovute a condizioni di lavoro non ottimali: le infermiere riportano
di essere sempre in corsa contro il tempo, di non riuscire neanche a dedicare la giusta attenzione a ogni
paziente. E non è una questione di soldi, lamentano
la scarsità di personale e tutte quelle piccole contrarietà che interrompono il regolare flusso del lavoro. E
se il gruppo di lavoro crea più seccature negli ambulatori che negli ospedali, entrambe le categorie professionali incontrano difficoltà a soddisfare le richieste e a fornire il supporto necessario con le apparecchiature tecnologiche.
Per quanto riguarda invece i problemi più strettamente
legati alla professione infermieristica, la mancanza di
un giusto riconoscimento del proprio lavoro è stata la
lamentela più riportata nelle interviste, dopo lo stress.
Rara la sensazione di mancanza di rispetto, riportata
ante. E toccano sempre agli infermieri. Sono le piccole (e non solo) seccature che ogni giorno, in qualunque momento della giornata, interferiscono con il
lavoro dell’infermiere, influenzandone la qualità della vita lavorativa. Perdite di tempo, richieste importune, situazioni di scompiglio e altre “scocciature” che
però in genere sfuggono agli usuali sistemi di misurazione del carico di lavoro professionale. E che ora
una ricerca condotta da due infermiere canadesi cerca di mettere in luce.
Ottantotto infermiere in rappresentanza di 18 diversi
dipartimenti di medicina e chirurgia hanno preso parte a 7 focus group organizzati, a partire da giugno 2000,
dal Comitato di ricerca infermieristica dell’ospedale
universitario di Montreal. A cui si sono aggiunte altre
33 infermiere impiegate in ambulatori clinici e specialistici, ripartite in altri 5 gruppi di discussione.
All’interno delle grandi categorie in cui le ricercatrici
hanno ordinato le segnalazioni delle infermiere, i più
riportati sono stati i problemi relativi all’ambiente di
lavoro e alle modalità in cui la professione si svolge.
Molte intervistate lamentano difficoltà a lavorare in
ambienti non adeguati, per esempio ambulatori rumorosi o con molta confusione. Ma anche a gestire le
relazioni con i pazienti (o gli utenti dell’ambulatorio)
LE “SECCATURE” DEGLI INFERMIERI
Ospedale
Problemi socio-ambientali
Comunicazione
Ambiente fisico
Organizzativi
Rapporto con gli utenti
Relazioni interprofessionali
Relazioni con altri dipartimenti
Totale
Problemi operativi
Personale
Orario
Condizioni di lavoro
Flusso di lavoro
Team
Training nuovo personale
Richiesta e supporto tecnologico
Equipaggiamento/materiale
Totale
Problemi professionali
Mancanza di sostegno/supporto
Mancanza di riconoscimento
Mancanza di rispetto
Stress
Totale
N
%
N
Ambulatorio
%
9
18
14
14
4
31
90
10
20
16
16
4
34
(100)
7
13
23
7
9
7
66
11
19
34
11
14
11
(100)
14
1
23
6
4
1
11
14
74
19
1
32
8
5
1
15
19
(100)
5
2
15
5
6
1
8
3
45
11
4
34
11
13
2
18
7
(100)
1
2
0
1
4
25
50
0
25
(100)
5
4
2
7
18
28
22
11
39
(100)
Numero delle segnalazioni (N) e relativa percentuale (%) riportate rispettivamente dagli infermieri dell’ospedale e dell’ambulatorio
Fonte: Nurs Econ©2003 Jannetti Publications, Inc.
comunque solo dalle infermiere impiegate negli ambulatori.
Molto meno sentite le contrarietà dovute alle politiche di organizzazione o ai problemi amministrativi in
genere, se non per la perdita generale di tempo e di
efficienza che possono comportare.
“Questi i risultati dell’indagine ma – precisano le due
ricercatrici nelle conclusioni del lavoro – le voci della lista non riescono a rendere quello che invece è apparso evidente all’interno di tutti i focus group: le scocciature costituiscono una gran parte del lavoro quotidiano dell’infermiere. Gli infermieri sono frustrati e
infastiditi a causa di questi disturbi vissuti da loro
stessi come tempo rubato alla cura dei pazienti. E quando non si riesce a fornire assistenza di alta qualità, ne
soffre la qualità della vita lavorativa fino ad arrivare
all’insoddisfazione, al burnout e all’abbandono della
professione”.
Diventa quindi importante rendersi conto del lavoro
effettivamente svolto dagli infermieri e di come le seccature possano rendere difficile svolgerlo con efficacia ed efficienza. Soprattutto per tentare di eliminare
queste contrarietà e riuscire così a migliorare le condizioni di lavoro della categoria. Le scocciature per
definizione possono essere rimosse, ricordano le due
ricercatrici.
“Un esame più approfondito delle specifiche difficoltà
riferite durante le interviste – commentano le due infermiere canadesi – rivela che la maggior parte di queste contrarietà sono il riflesso di come l’organizzazione
dell’ospedale vede il ruolo degli infermieri”.
Nonostante nella maggior parte degli ospedali rappresentino il gruppo professionale più numeroso, siano in
genere i primi a intervenire e sicuramente i più direttamente a contatto con i pazienti, “agli infermieri non
vengono fornite le risorse base fondamentali richieste
dal loro lavoro”. Le difficoltà con cui fare i conti vanno
infatti dall’ambiente di lavoro fisicamente inappropriato per svolgere al meglio i propri compiti alle scarse relazioni con gli altri gruppi, professionali e non, dell’ospedale. E in generale la difficoltà a veder soddisfatte
le proprie richieste professionali è una conseguenza
della scarsa rappresentatività della categoria nelle discussioni relative alla gestione dell’assistenza.
Ma perché le scocciature occupano tanta parte del lavoro degli infermieri? In tempi di tagli ai finanziamenti e di ristrettezze economiche, la riduzione del personale addetto al servizio spesso si traduce semplicemente
in maggior lavoro per gli infermieri. “Sono loro che ‘di
default’ si accollano tutte le mansioni non-infermieristiche e non desiderate”, commentano le ricercatrici.
Anche l’amministrazione dell’ospedale sembra assumere
che tali perdite di tempo siano parte del lavoro degli infermieri. A volte infatti le seccature sono compiti funzionali necessari per assicurare un’adeguata qualità dell’assistenza da prestare al paziente, ma spesso si tratta
di compiti che non sono ufficialmente assegnati agli infermieri. Sono faccende di cui non si occupa nessun altro (e che in genere l’amministrazione non ha neanche
previsto) e che, per consuetudine, ormai anche gli infermieri stessi li credono compiti imposti loro dal “sistema” e sui quali c’è ben poco controllo.
Alla ricerca di possibili soluzioni le due ricercatrici
propongono di tentare, quando possibile, di restituire le seccature a chi deve farsene veramente carico e
questo significa definire e riconoscere esattamente
quali sono le mansioni degli infermieri e migliorare la
qualità della comunicazione fra professionalità e settori diversi. All’interno di una struttura ospedaliera,
molte di queste perdite di tempo potrebbero essere
ridotte o addirittura eliminate con opportuni sforzi
dell’amministrazione ospedaliera, con il contributo
della categoria infermieristica che deve essere chiamata in causa per prendere decisioni che si riflettono sulla qualità dell’assistenza erogata.
Scienza e Management 17
STUDI
ED ESPERIENZE
professionali
LE GRIGLIE OSSERVATIVE:
UNO STRUMENTO
DI LAVORO
NELL'ASSISTENZA AL
PAZIENTE DEMENTE
S. Ghiglia, C. Capellino
(Villa Fiorita, Peveragno)
P.G. Zagnoni
(U.O.N.A. Neurologia territoriale Asl 15, Cuneo)
G.Carena, M. Peano
(U.O.A. Psicologia Asl 15, Cuneo)
Tel. 0171.338151; Fax 0171.338146
1. PREMESSA
Da quando nel 1959 l'Oms ha
dichiarato che lo stato di salute
negli anziani è meglio definibile in
termini di funzione, da allora una
particolare attenzione è rivolta allo
studio della funzione, basato sulle
performance delle attività
quotidiane o della risposta a
condizioni di stimolo.
La necessità di creare le griglie
osservative nasce dal bisogno
dell'équipe di trovare uno
strumento di lavoro più preciso
delle Adl per valutare l'indipendenza
o la dipendenza del soggetto in
cinque funzioni fondamentali della
vita quotidiana: la capacità di
lavarsi, di vestirsi, di utilizzare i
servizi igienici, di controllare
l'evacuazione di feci e di urine, di
deambulare e di alimentarsi. Il
nostro obiettivo è stato quello di
creare uno strumento di lavoro più
preciso e funzionale delle Adl ai fini
della descrizione dei bisogni e della
omogeneizzazione dell’intervento
degli operatori in pazienti affetti da
demenza nello stadio medio-grave.
2. MATERIALI E METODI
Nel 1999 sono stati istituiti 10 posti
letto a residenzialità temporanea
che mirano a un’intensa attività
terapeutica riabilitativa e di
diagnosi per pazienti dementi.
È stato creato un gruppo costituito
da: 1 neurologo, responsabile del
centro; 1 neuropsicologo; 1
infermiera professionale; 1
educatrice professionale; 1
fisioterapista e 10 Ad e St. e Ota.
Dall’attività quotidiana svolta da
questa équipe si è deciso di affinare
le modalità osservative descritte
nelle Adl e per questa ragione i vari
item sono stati adeguati a quella
che sembrava essere più
corrispondente alla pratica
quotidiana.
Il risultato di questo lavoro sono
le griglie osservative descritte in
Tab. 1.
La valutazione può essere fatta dal
medico, dall'infermiere,
dall'educatore, dall'operatore socioassistenziale, previa un'adeguata
preparazione, e la sua durata è di
Tab. 1 - La griglia osservativa: i gradi di autonomia
circa 5 minuti.
Le griglie osservative vengono
compilate due volte al giorno, nel
corso delle attività del mattino e del
pomeriggio.
Una forma visiva graficamente
immediata per valutare l’evoluzione
del singolo paziente è riportata in
Fig.1. È descritta la griglia
osservativa di un soggetto
totalmente dipendente e di un
soggetto totalmente indipendente.
La griglia osservativa mensile di un
paziente riferita ai bisogni rilevati
nel corso di un mese di ricovero è
riportata nella Fig.2.
3. I RISULTATI
Nella Fig. 3, 4, 5 sono riportate le
griglie osservative di un paziente
reale, rispettivamente nel corso del
1°, del 2° e del 3° mese di ricovero
in cui è rilevabile nel 1° mese un
miglioramento della deambulazione
e della continenza, mentre nel 2°
mese si osserva, dopo un episodio
di influenza, un peggioramento delle
cinque funzioni analizzate che
presentano un lento, progressivo e
non contemporaneo recupero a
partire dal 3° mese.
Nella Fig. 6 è riportata l’analisi e la
valutazione dei bisogni di un paziente
reale al momento dell’ingresso e al
momento della dimissione. Tale
figura viene comunemente utilizzata
nella comunicazione dell’evoluzione
del decorso clinico con altre
strutture e servizi.
A Igiene personale
B Abbigliamento
1. viene vestito totalmente dall’operatore;
2. viene vestito dall’operatore ma collabora nella vestizione;
3. indossa autonomamente i vestiti, solo se l’operatore glieli passa in mano e lo guida verbalmente;
4. indossa autonomamente i vestiti, lasciati in sequenza sul letto;
5. indossa autonomamente i vestiti, non lasciati in sequenza.
C Continenza
1. doppia incontinenza, utilizzo del pannolone;
2. continente se accompagnato in bagno ad intervalli regolari ;
3. necessita di cartelli che indicano la porta dei servizi igienici + bisogna ricordare;
4. necessita di cartelli che indicano la porta dei servizi igienici;
5. si reca autonomamente in bagno.
D Deambulazione
1. non deambula (in carrozzina);
2. deambula con aiuto dell’operatore + ausilio (girello, bastone,…);
3. deambula con aiuto dell’operatore;
4. deambula con minimo aiuto o con supervisione visiva;
5. deambula autonomamente.
E Alimentazione
1. deve essere imboccato, non vi è alcuna iniziativa;
2. tenta il movimento, ma è insicuro; bisogna continuamente guidare la sua mano;
3. si posiziona la posata nella mano, inizialmente gliela si guida e poi è in grado di continuare
autonomamente ma non per tutta la durata del pasto;
4. si posiziona la posata nella mano, inizialmente gliela si giuda e poi è in grado di continuare
autonomamente fino alla fine del pasto;
5. si alimenta spontaneamente da solo.
4. COMMENTI
L’ uso delle griglie osservative ha
dimostrato che:
• è necessario perseguire un
obiettivo per volta;
• negli stadi avanzati di malattia il
raggiungimento di un obiettivo in
relazione ad un determinato
bisogno può determinare la
perdita di autonomia in un altro;
• durante le ore serali ed in
presenza di malattie concomitanti
nel paziente vi è una riduzione
delle prestazioni funzionali.
È interessante, inoltre, evidenziare,
soprattutto per le conseguenze
assistenziali che ne derivano, che
generalmente vi è una perdita delle
funzioni esaminate secondo una
successione cronologica che va
dall'ultima funzione elencata (dal
lavarsi all'alimentarsi), mentre si
ottiene un eventuale recupero delle
funzioni secondo il percorso inverso
che prende avvio dalla capacità di
alimentarsi.
[SEGUE]
▼
1. viene lavato totalmente dall’operatore;
2. tenta di eseguire il movimento, ma è insicuro; bisogna guidare la sua mano;
3. si posiziona la spugna nelle mani del p. e si inizia il movimento, successivamente è in grado
di continuare da solo;
4. si lava autonomamente, ma necessita del comando verbale;
5. si lava autonomamente, ma necessita del controllo visivo.
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l’infermiere 6/2003
▼
Sulla base di tali osservazioni si è
potuto notare che le griglie
permettono:
• la valutazione funzionale del paziente
nel corso del tempo;
• l'uniformità d'intervento da parte
degli operatori Ad e St;
Figura 1 - Griglia osservativa
Paziente A totalmente autonomo
Paziente B totalmente dipendente
• l'individuazione degli obiettivi;
• la pianificazione degli interventi.
paziente come dimostrazione dell’efficacia,
o meno, degli interventi attuati;
Tale strumento può, inoltre, risultare
particolarmente utile nella valutazione:
a) dei bisogni di base al momento della
presa in carico e della dimissione di un
b) dell’efficacia della terapia
farmacologia, potendo essere utilizzata
in cieco dagli operatori rispetto allo
sperimentatore.
Figura 2 - Griglia osservativa mensile
Figura 3 - Griglia osservativa: I° mese di ricovero
A
5
5
5
4
4
2
GRADI DI AUTONOMIA
3
B
E
1
GRADI DI AUTONOMIA
4
3
2
1
0
D
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31
GIORNI DEL MESE
GIORNI DEL MESE
Alimentazione
Abbigliamento
Continenza
Figura 6 - Griglia osservativa: analisi e valutazione dei
bisogni al momento dell’ingresso e della valutazione
A
Paziente all'ingresso
Paziente alla dimissione
6
5
4
5
4
3
GRADI DI AUTONOMIA
GRADI DI AUTONOMIA
Igiene
Figura 5 - Griglia osservativa: III° mese di ricovero
episodio
influenzale
1
0
Deambulazione
5
2
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31
C
Figura 4 - Griglia osservativa: II° mese di ricovero
3
3
2
1
2
4
B
E
1
3
2
1
0
0
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31
GIORNI DEL MESE
GIORNI DEL MESE
Deambulazione
L’infermiere
ORGANO UFFICIALE
DELLA FEDERAZIONE NAZIONALE
COLLEGI IPASVI
Igiene
Alimentazione
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Scienza e Management 19
economici. Data la mancanza di segnalazioni e di allarmi
che avvertono di un eventuale stravaso, diventa
fondamentale l’impegno del personale medico e
infermieristico nel segnalare e identificare i pazienti a
rischio, così come è importante non sottovalutare le
possibili complicanze correlate allo stravaso dei mdc.
STUDI
ED ESPERIENZE
professionali
CASE-REPORT:
ULCERAZIONI CUTANEE DOVUTE ALLO
STRAVASO DI UN MEZZO
DI CONTRASTO PER TOMOGRAFIA
COMPUTERIZZATA.
EMANUELA BOSCHI ( IP FARMACIA INTERNA) , DANIA ZOCCHI (IP RADIOLOGIA), CINZIA
CARDUCCI (CAPOSALA UO MEDICINA DONNE), PAOLO ZOPPI (DAI)
AZIENDA SANITARIA DI FIRENZE, OSPEDALE DEL MUGELLO
TEL. 055/8451281-2-4; FAX 055/8451283
RIASSUNTO
Lo stravaso di un mezzo di contrasto (mdc) endovena non
ionico a bassa osmolarità ha provocato in una paziente una
severa reazione cutanea con ulcerazioni; per questo motivo
è stato necessario un trattamento prolungato e non
propriamente correlato con la patologia per cui la paziente
era ricoverata. Questo incidente ha evidenziato la
mancanza di indicazioni precise da seguire per un corretto
percorso assistenziale, ma è stato lo spunto per la ricerca e
la stesura di linee-guida per la prevenzione ed il
trattamento dello stravaso di mdc ed il miglioramento
della qualità assistenziale. Il buon rapporto di
collaborazione tra servizi e professionalità diverse ha
portato, comunque, ad un comportamento terapeutico ed
assistenziale corretto.
INTRODUZIONE
Lo stravaso dei mdc non viene generalmente riconosciuto
come particolarmente dannoso e spesso non riceve le
attenzioni necessarie come succede per lo stravaso di
antiblastici; questo è uno dei motivi per cui nel nostro
Ospedale non esistevano delle linee-guida per la
prevenzione ed il trattamento.
CASE- REPORT
La signora M.Y.H. di anni 62 viene ricoverata presso il
reparto di Medicina del Presidio Ospedaliero del Mugello
per accertamenti in seguito a problemi respiratori. Due
giorni dopo il ricovero viene inviata alla UO
Radiodiagnostica per eseguire una tomografia
computerizzata (TC) polmonare con mdc.
L’infusione di iomeprolo mdc non ionico a bassa osmolarità
(lomeron ®, Bracco), è effettuata tramite un ago cannula
della misura di 20 gauge in posizione radiale, utilizzando un
iniettore impostato alla velocità l,5ml/secondo.
Durante l’effettuazione dell’esame TC, il radiologo si
accorge della mancata visualizzazione contrastografica e
l’esame viene sospeso dopo che il volume di mdc infuso è
stato di circa 80-lOOml. La paziente a questo punto è
rinviata al reparto di degenza segnalando a voce che si era
verificato lo stravaso. Una prima medicazione era stata
effettuata in Radiologia con una pomata a base di
eparinoide, ma nel pomeriggio il braccio presenta
tumefazione e nella tarda serata la paziente accusa dolore.
Si ritiene necessario l’intervento del chirurgo che riscontra
ustioni di 1° e 2° grado, esegue l’asportazione di flittene e
toilette chirurgica e consiglia medicazioni con argento
sulfadiazina pomata. Viene chiesta la consulenza del
farmacista che, dopo una ricerca bibliografica
sull’argomento, suggerisce di eseguire medicazioni con
argento sulfadiazina pomata e lntrasyte® gel, un idrogel
che nelle indicazioni registrate all’estero, riporta
precisamente il trattamento delle lesioni da stravaso.
Determinante nella fase di evoluzione della problematica
iniziale è stato, secondo noi, il fatto che essendo una
paziente di colore questo può aver inciso nel sottovalutare
l’entità del danno tissutale, data l’oggettiva difficoltà nella
valutazione visiva della cute. Il trattamento viene eseguito
quotidianamente fino alla dimissione della paziente, sedici
giorni dopo lo stravaso. La durata del ricovero sembra sia
dovuta ai problemi polmonari, agli accertamenti necessari,
ma anche ai problemi dell’avambraccio. Al momento della
dimissione la paziente presenta un totale recupero
funzionale ed estetico dell’arto.
DISCUSSIONE
In molti ospedali non ci sono delle linee-guida per il
rilevamento, il trattamento ed il follow-up dello stravaso dei mdc
e ciò può essere dovuto anche al fatto di ritenere tali sostanze
non dannose, al contrario di quanto avviene con gli antiblastici.
In effetti sullo stravaso di antiblastici è disponibile una mole di
informazioni molto maggiore che non sullo stravaso dei mdc.
Infatti la stessa scheda tecnica che accompagna il prodotto
iniettato (Iomeron ®) riporta che “in caso di stravaso può
verificarsi raramente una reazione tissutale”.
La frequenza di stravaso di mdc durante TC in questi ultimi
anni è aumentata notevolmente e questo fatto viene messo
in relazione con il diffuso utilizzo della tecnica del bolo
dinamico per mezzo di iniettori automatici che utilizzano
flussi che vanno da 0.8 a 2.5ml/sec. Infatti questi sistemi
iniettano il mdc ad una pressione costante anche se il mdc
non entra nel circolo, poiché sono privi di sistemi di
segnalazione e allarme che sono ancora in fase di
sperimentazione. Da quanto risulta in letteratura la
percentuale di stravasi che hanno avuto conseguenze serie
è molto ampia e varia da 4.5% al 78%, ma sono scarsi i
casi che vengono riportati o segnalati. Anche se i dati sul
trattamento da seguire non sono concordi tra i diversi
autori (es. uso di antidoti, importanza del volume
stravasato, tempo trascorso dallo stravaso ecc.), esiste un
accordo generale su alcuni punti importanti come la
prevenzione e l’identificazione del rischio.
Un’utile fonte di informazione per questo caso sono stati
tre siti internet da noi consultati (The National
extravasation Information Service, RN Resource nurse
continuing education for nurses e World Wide Wounds)
che forniscono ampie indicazioni per il trattamento di
tutte le tipologie di stravaso dagli antiblastici alle soluzioni
per Nutrizione Parenterale Totale (TPN). Informazioni utili
sono state reperite anche sul sito della Bracco, ditta
produttrice del mdc stravasato.
CONCLUSIONI
Il caso presentato ha evidenziato nel nostro Ospedale una
carenza di linee-guida di comportamento nell’occasione di
un evento che, essendo infrequente, è stato sottostimato
nella sua gravità. D’altra parte il lavoro multidisciplinare e
la collaborazione tra servizi e professionalità diverse ha
dato una risposta soddisfacente nell’immediato ed è stato
il punto di partenza per implementare il sistema delle
linee-guida in caso di stravaso. Oltre alle linee-guida di
comportamento già esistenti nella nostra struttura per lo
stravaso di antiblastici, sono state aggiunte quelle per i
mdc. In collaborazione con la Direzione Sanitaria
Ospedaliera ci proponiamo di elaborare in breve le lineeguida per lo stravaso di antibiotici, soluzioni di elettroliti e
soluzioni per TPN. La ricerca bibliografica ci ha permesso
di seguire il migliore sistema di trattamento ed ha
evidenziato come nei paesi anglosassoni sia sviluppata
l’attenzione alla prevenzione e trattamento degli stravasi,
eventi che, anche se non gravi, rientrano in una cultura di
“patient-care” più attenta che nella nostra realtà. È
interessante infatti sottolineare che le indicazioni registrate
in Italia per Intrasite gel® non riportano le lesioni da
stravaso, ma più genericamente è indicato per ustioni
escoriazioni ulcere da terapia radiante.
Concludendo pensiamo che anche nel nostro paese debba
essere maggiormente sviluppata una attenzione ai
problemi legati al rischio di stravaso ed alle complicanze
perché tali eventi pesano sia in termini di salute che
LINEE-GUIDA PER LA PREVENZIONE,
RILEVAZIONE E IL TRATTAMENTO DELLO
STRAVASO DI MEZZI DI CONTRASTO
RADIOLOGICI
FATTORI RISCHIO
Danni da stravaso possono prodursi sia con i mezzi di
contrasto (mdc) ionici che non ionici.
I pazienti non coscienti, i bambini e gli anziani sono più a
rischio per lo stravaso in quanto hanno più difficoltà a
prendere coscienza del dolore nel sito di iniezione.
I pazienti con alterata perfusione delle estremità come
vasculopatie periferiche, trombosi o che hanno subito
trattamenti radioterapici, sono più a rischio perché tollerano
molto meno uno stravaso ed hanno danni più gravi.
La morbilità è più elevata anche quando lo stravaso avviene
in zone con poco tessuto sottocutaneo (dorso della mano).
Lo stravaso può essere più frequente se vengono utilizzati
aghi di metallo per l’infusione o cateteri a permanenza già
in sito da tempo.
Un ulteriore fattore di rischio sono punture multiple nello
stesso vaso (nel caso siano praticati più tentativi per
l’accesso venoso, inserire l’ago sempre più centralmente).
Il rischio di stravaso e la gravità del danno è incrementata
dall’infusione dei mdc in bolo con l’iniettore automatico a
causa dell’elevato volume infuso.
EFFETTI
Lo stravaso da mdc ionici produce una risposta infiammatoria
acuta con un effetto massimo 24-48 ore dopo l’evento,
seguita da una infiammazione cronica che perdura per
diverse settimane. Il meccanismo del danno tissutale da mdc
è imputabile, probabilmente, all’iperosmolarità ed alla
compressione meccanica del liquido sui tessuti.
Se da un lato non bisogna sottostimare i possibili danni da
mdc, contemporaneamente va considerata la possibilità di
una reazione dolorosa transitoria locale che spesso si
verifica anche in caso di ago ben posizionato.
TRATTAMENTO
1) Elevare l’arto al di sopra del livello del cuore, facendo
attenzione a non ostacolare o compromettere la
circolazione sanguigna.
2) Raffreddare la zona interessata con impacchi di ghiaccio
per 15-60 minuti tre volte al giorno per 1-3 giorni (con
attenzione al rischio di macerazione dei tessuti).
3) Tenere sotto osservazione il paziente per 2-4 ore per
stravasi superiori a 5 ml; per stravasi di piccoli volumi (<a 5
ml) avvertire il medico di base.
4) Se il volume dello stravaso è maggiore di 30 m1
iniettare Jaluronidasi (Jaluran®) nella cannula prima di
rimuoverla e sottocute nella zona circostante entro 1 ora
dallo stravaso, tempo in cui l’intervento esplica il massimo
dell’efficacia. Il dosaggio non è univoco: si consigliano da
150 a 300 UI (1,5-3 ml di liquido) e comunque è in
relazione al volume dello stravaso.
5) Contattare il chirurgo in caso di volume stravasato >30
ml di mdc ionico o 50 ml di mdc non ionico, in presenza di
vesciche e ulcere cutanee, alterazioni nella perfusione
fissutale, incremento del dolore dopo 2-4 ore,
modificazione della sensazione distale al sito di stravaso.
6) Applicare Argento sulfadiazina pomata ed Intrasite gel®
due volte al giorno nel caso comparissero vesciche o
ulcerazioni.
7) Controllare giornalmente la zona interessata, fino a
risoluzione di tutte le manifestazioni.
I riferimenti bibliografici sono pubblicati sul
sito www.ipasvi.it (sez. Aggiornamenti)