f.1 scarica - Comune di Cabras

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 Studio di Compatibilità Idraulica
(r.1.0 – 11/12/2011)
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Indice
1 PREMESSA.
5 2 INTRODUZIONE
6 3 DESCRIZIONE DELLE AREE DI STUDIO
7 4 IL PAI E LE LINEE GUIDA
9 5 CARATTERISTICHE GEOLOGICHE
12 6 METODOLOGIA DI ANALISI
13 6.1 ANALISI DESCRITTIVA DEI COMPARTI IDROGRAFICI
13 6.2 ANALISI DELLE CRITICITA MANIFESTE
14 6.3 ANALISI IDROLOGICA
14 6.3.1 Descrizione del fenomeno
15 6.4 Determinazione della portata di progetto – metodi indiretti
18 6.4.1 Altezza di pioggia critica
20 6.4.2 Valutazione del coefficiente di deflusso Φ
24 6.4.3 Coefficiente di ragguaglio areale r
24 6.4.3.1 Durata della pioggia critica
25 6.4.4 Scelta del tempo di ritorno
6.50.1. 26 Analisi idraulica e determinazione delle superfici di allagamento 27 6.5.1 Ipotesi di condizioni di moto permanente o in particolar i casi uniforme 27 6.5.1.1 Ipotesi di condizioni di moto permanente
27 6.5.1.2 Ipotesi di condizioni di moto uniforme
30 6.5.2 Considerazioni di tipo euristiche
30 6.5.3 Valutazioni su volumi invasabili
31 7 RETICOLO PRINCIPALE
33 7.1 Rio Mar’e Foghe – Tanui - Stagno di Cabras
33 7.1.1 Analisi descrittiva del comparto idrografico;
33 7.2 Sistema Tirso
35 7.2.1 Analisi descrittiva del comparto idrografico;
35 7.3 Minori occidentali del Sinis
37 7.3.1 Analisi descrittiva del comparto idrografico;
37 7.4 Minori orientali del Sinis
38 7.4.1 Analisi descrittiva del comparto idrografico;
38 7.5 Analisi delle criticità manifeste;
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8 LA COMPATIBILITÀ DELLA ZONIZZAZIONE PROPOSTA NEL PUC
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1 PREMESSA.
Il presente documento sintetizza e consegna un quadro riepilogativo delle
elaborazioni effettuate in ottemperanza a quanto disposto dagli articoli 8 e 26 delle Norme
Tecniche di Attuazione del P.A.I., secondo cui:
“ARTICOLO 8 Indirizzi per la pianificazione urbanistica e per l’uso di aree di costa
2. Indipendentemente dall’esistenza di aree perimetrate dal P.A.I., in sede di
adozione di nuovi strumenti urbanistici anche di livello attuativo e di varianti generali agli
strumenti urbanistici vigenti i Comuni […] assumono e valutano le indicazioni di appositi
studi di compatibilità idraulica geologica e geotecnica, predisposti in osservanza dei
successivi articoli 24 e 25, riferiti a tutto il territorio comunale o alle sole aree interessate dagli
atti proposti all’adozione.
5. In applicazione dell’articolo 26, comma 3, delle presenti norme negli atti di
adeguamento dei piani urbanistici comunali al P.A.I. sono delimitate puntualmente alla
scala 1: 2.000 le aree a significativa pericolosità idraulica o geomorfologica non
direttamente perimetrate dal P.A.I.”
“ARTICOLO 26 Aree pericolose non perimetrate nella cartografia di piano
1. Possiedono significativa pericolosità idraulica le seguenti tipologie di aree
idrografiche appartenenti al bacino idrografico unico della Regione Sardegna:
a. reticolo minore gravante sui centri edificati;
[..]
3. Per le tipologie di aree indicate nei commi 1 e 2 le prescrizioni applicabili valgono
all'interno di porzioni di territorio delimitate dalla pianificazione comunale di adeguamento
al P.A.I., ai sensi dell’articolo 8, comma 5. […].
4. Alle aree elencate nei precedenti commi 1 e 2, dopo la delimitazione da parte
della pianificazione comunale di adeguamento al P.A.I., si applicano le prescrizioni
individuate dalla stessa pianificazione comunale di adeguamento al P.A.I. tra quelle per le
aree di pericolosità idrogeologica molto elevata, elevata e media.”
Il presente documento, unitamente alle elaborazioni cartografiche , attinge dallo
studio generale le informazioni legate alle particolari condizioni dell’assetto idrogeologico
del territorio comunale.
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In ottemperanza a quanto disposto assume inoltre le indicazioni legate agli elementi
idrografici già mappati e vigenti nel territorio, cui si sommano ulteriori aree ritenute
Possedere significativa pericolosità idraulica.
L’intera elaborazione si è avvalsa, oltre che delle informazioni necessarie allo
svolgimento dello studio stesso, anche dell’esame delle criticità emerse in occasione di
eventi meteorici di rilevante entità.
Mappa – Il settore di studio sulla Carta del La Marmora
Le finalità dello studio sono quelle di predisporre un’analisi dettagliata delle
interazioni tra il reticolo idrografico, l’attività antropica esistente e le ipotesi di successive
attività di pianificazione urbanistica.
Questo elaborato costituisce lo Studio di Compatibilità Idraulica del Piano
Urbanistico di Cabras, nell’ambito dell’adeguamento del Piano Urbanistico Comunale di
Cabras al PPR ed al PAI.
2
INTRODUZIONE
Il territorio del Comune di Cabras, è parte integrante del sistema agricolo del
preSinis e del Sinis.
Il suo territorio, sostanzialmente immutato come indirizzi d’uso sin dagli anni ’30 è
pervenuto ad oggi con tutto il suo sistema agricolo, è caratterizzato da una alta qualità e
stabilità ambientale.
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Nel presente studio sono stati esaminati gli aspetti di maggiore interesse ai fini della
del processo di pianificazione territoriale nell’ambito dell’adeguamento del PUC al PPR.
Modello del rilievo – La posizione del territorio di Cabras nella Sardegna
3
DESCRIZIONE DELLE AREE DI STUDIO
L’area di riferimento è quella del territorio del Comune di Cabras, ricadente nel
bacino idrografico del Rio di Mar’e Foghe adducente lo Stagno di Cabras ed il Golfo di
Oristano ed in parte a bacini idrografici minori con foce a mare.
Il territorio comunale di Cabras è costituito da un'area omogenea distribuita sulle
formazioni terziarie e quaternarie.
Lo studio idraulico è composto di una relazione analitica, di 4 tavole grafiche al
1:25.000 e di 3 tavole grafiche alla scala 1:10.000 e 2 al 1:2.000.
Alla scala 1:10.000:
•
Tavola 1)
Pericolosità idraulica A, B, C) del territorio comunale
Alla scala 1:2.000:
•
Tavola 2)
Pericolosità idraulica del settore urbano
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Mappa – La posizione del territorio di Cabras nell’arco del golfo di Oristano
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IL PAI E LE LINEE GUIDA
Nelle more della redazione di un Piano di Bacino unitario, la RAS, in ossequio al D.L.
180 (Sarno) convertito in legge con il n° 267, ha richiesto l’operatività per stralci operativi
per la pianificazione tematica dei bacini idrografici, definendo nell’immediato la necessità
della mappatura delle aree pericolose sulle quali impostare interventi di urgenza finalizzati
alla messa in sicurezza e riduzione del rischio e interventi strutturali finalizzati alla riduzione
del pericolo.
Parallelamente definisce la trasformabilità del territorio evitando di istituire nuovo
rischio con l’attivazione di nuovi insediamenti e nuove infrastrutture in zone definite
pericolose.
Il Piano Stralcio di Bacino per l'Assetto Idrogeologico, redatto dal coordinamento
unificato e basato sulle perimetrazioni di pericolosità operate da un diverso gruppo di
lavoro per ogni singolo sottobacino regionale, approvato dall’Amministrazione Regionale
con Decreto della Giunta Regionale del 30.12.2004 n° 54/33e reso esecutivo con Decreto
Assessoriale n° 3 del 21.02.2005, è stato pubblicato sul BURAS n° 8 del 11.03.2005.
Nelle more dell'istituzione dell'Autorità di Bacino, sono state poste in capo ai Servizi
del Genio Civile le competenze all'approvazione degli studi di compatibilità idraulica e
geologica, che tuttora svolge.
Associate al PAI e peraltro costituenti le Linee Guida su cui è stato redatto il PAI
stesso, sono state redatte delle Linee Guida di supporto all’attività di perimetrazione delle
Aree di pericolosità di Frana (Hg) e di Inondazione (Hi), di definizione degli Elementi a rischio
(E), nonché delle aree a conseguente Rischio di Frana (Rg) e di Inondazione (Ri).
Tali Linee Guida, costituiscono altresì fonte di definizione delle Linee Guida di
Adeguamento dei Piani Urbanistici al PAI, redatte e diffuse dall’Assessorato dell’Urbanistica
e degli Enti Locai della Regione Autonoma della Sardegna.
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La presente analisi mira a proporre all’estensore del Piano Urbanistico le indicazioni
e i vincoli di carattere idrogeologico fondamentali per un corretto utilizzo del territorio nella
fase di pianificazione.
In ottemperanza a quanto disposto dalle normative l’analisi consta delle seguenti
fasi:
recepimento della mappatura del PAI nella prima stesura;
recepimento di quanto predisposto nelle successive analisi di revisione;
individuazioni di ulteriori criticità emerse in occasione di eventi meteorici intensi
e riconducibili ad un’analisi di dettaglio relativa ai compluvi minori non ancora analizzati.
Contestualmente all’attività di cui sopra, fondamentale nella fase di adeguamento
del PUC al PAI, l’estensore del presente documento effettuerà una fase di ulteriore analisi
delle aree già mappate individuate al fine di verificare l’eventuale alterazioni in aumento o
diminuzione delle aree critiche.
L’esame del territorio e l’interazione con il reticolo idrografico ha condotto
all’individuazione delle situazioni di maggiore problematicità sulla base degli eventi storici e
dell’assetto idraulico e morfologico.
Lo sviluppo dei punti di cui sopra conduce a tre ulteriori aspetti:
nel primo caso si valutano le situazioni considerate nel PAI e nel PSFF ed
esamina le aree di allagamento e conseguentemente l’apposizione di un vincolo di
modulata intensità in funzione del livello di pericolosità. Il vincolo cesserà di esistere al
momento della mitigazione della pericolosità.
il secondo caso porta a predisporre, nell’ambito dei progetti di sviluppo,
adeguati impianti progettuali finalizzati alla regimazione e al controllo del deflusso
superficiale per garantire una migliore fruibilità delle aree di interesse o alla eliminazione
nelle aree già compromesse dalle situazione di disagio.
Il terzo caso conduce ad un potenziamento della rete di dreno o
all’adeguamento delle opere di intersezione con la viabilità al fine di garantirne la
funzionalità anche in situazione di eventi meteorici intensi.
Il quarto caso pone l’attenzione sulla eventuale necessita di interventi puntuali, i
cui effetti mirano evidentemente ad eliminare situazioni di pericolosità non rilevanti dal
punto di vista areale.
A supporto dell’analisi e consegnata una documentazione cartografica riportante:
• L’inquadramento cartografico territoriale dell’area in esame;
• Un estratto della cartografia storica rappresentante l’evoluzione del territorio;
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• L’individuazione dei bacini idrografici con un quadro delle valutazioni delle
portate;
• La carta della pericolosità idraulica e delle criticità potenziali.
E da notare che il processo di antropizzazione va visto non solamente come atto
esclusivamente edificatorio ma anche legato alla pratica agraria che ha in alcuni casi
stravolto il reticolo idrografico originario eliminando qualunque traccia di alveo inciso e
che, evidentemente, produce delle superfici di allagamento anche per eventi meteorici
non rilevanti con bassissimi tiranti idrici e ridotta velocità di scorrimento.
Lo studio terra inoltre conto delle analisi emerse in fase di elaborazione del Piano
Stralcio delle Fasce Fluviali
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CARATTERISTICHE GEOLOGICHE
Per gli aspetti geologici e geologico tecnici si rinvia alla Relazione di Compatibilità
geologica e Geotecnica associata.
Mappa – La geologia dell’area dalla Carta Geologica d’Italia
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METODOLOGIA DI ANALISI
Nel proseguo della trattazione verranno analizzati puntualmente e con livelli di
approfondimenti successivi gli elementi del reticolo idrografico principale ricedenti
all’interno del territorio comunale e le superfici drenanti tra essi compresi.
Nel dettaglio, ogni comparto del territorio verrà analizzato con una metodologia
così strutturata:
1. Analisi descrittiva dei comparti idrografici;
2. Analisi delle criticità manifeste;
3. Analisi idrologica;
4. Analisi idraulica e determinazione delle superfici di allagamento.
6.1 ANALISI DESCRITTIVA DEI COMPARTI IDROGRAFICI
Il paragrafo consegna una descrizione qualitativa del comparto in esame,
precedendolo da analisi l’evoluzione storica subita a seguito degli interventi realizzati e a
seguito delle interazioni del processo antropico.
In
particolare
le
valutazioni
legate
alle
interazioni
con
il
processo
di
infrastrutturazione richiama l’attenzione sulla eventuale insufficienza delle opere di dreno e
sulla necessità di valutare gli effetti di eventuali azioni di adeguamento delle stesse.
Le valutazioni espresse attingono dalle informazioni derivanti oltre che dall’esame
cartografico e dall’analisi insitu dalle risultanze degli accadimenti storici.
La cartografia sulla quale si è valutata l’evoluzione storica dei luoghi è definita dalla:
- Carta d’Italia 1:25.000 del 1885;
- Cartografia catastale del 1930;
- Ortofoto del 1954;
- Carta Tecnica dell’Italia Meridionale 1974;
- Ortofoto del 1977, 2000, 2003, 2006, 2008;
In linea generale, le alterazioni subite dal reticolo idrografico riguardano interventi
riconducibili ad opere di regolarizzazione delle sezioni e del tracciato planimetrico ed azioni
di sistemazione delle aree focive.
I primi sono legati a due aspetti fondamentali:
•
la necessità di ridurre gli spazi di pertinenza fluviale con sconfinamento delle portate
ordinarie e di piena entro sezioni ben definite a favore delle aree di interesse
edificatorio in senso esteso ;
•
la necessità di concentrare i deflussi interagenti con le linee di transito su strada e
ferrovia Per quanto attiene invece gli interventi in area fociva si rileva la naturale
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propensione dei rii che sfociano in aree lagunari ad un processo di interrimento con
conseguente riduzione delle portate di deflusso; evidente che quanto sopra può
ritenersi del tutto ininfluente in aree prive di elementi a rischio, diventa invece fonte di
rischio in virtù della presenza di contesti abitati o con forte infrastrutturazione.
Per quanto sopra si è progressivamente indotto il deflusso intervenendo
artificialmente con realizzazione di canalizzazione a marea dei rii principali.
Di seguito è quindi consegnata un’analisi puntuale per ogni elemento del reticolo
idrografico con definizione dell’evoluzione storica, della situazione attuale in termini di
deflusso e conseguente inquadramento delle criticità locali.
Nell’ambito della stessa trattazione sono inserite le valutazioni esposte per i tratti già
mappati in occasione delle varie fasi indicate dal Piano di Assetto Idrogeologico.
6.2 ANALISI DELLE CRITICITA MANIFESTE
Saranno qui calate su un ambito più dettagliato le considerazioni emerse dalla
trattazione precedente.
Sulla base delle informazioni acquisite a livello locale in ordine agli effetti indotti
dagli eventi meteorici intensi degli ultimi anni, sono state individuate situazioni locali e
diffuse di criticità internamente al comparto idrografico analizzato.
La loro rappresentazione e illustrazione sarà rappresentata in questo paragrafo
anche attraverso documentazione fotografica.
6.3 ANALISI IDROLOGICA
In questa fase sarà consegnata una descrizione analitica delle portate di piena
drenate dai bacini idrografici con sezione di interesse prossime ai tratti definiti critici
In particolare calcolo della portata è stato effettuato conformemente a quanto
previsto nelle Linee Guida del PAI. In esse si rileva che, in mancanza di dati osservati, si
dovrà far ricorso alle metodologie di calcolo disponibili, che possono essere inquadrate in
due grandi sottoinsiemi: la prima è nota sotto la generale definizione di Metodi Diretti, la
seconda come Metodi Indiretti, in cui l’aggettivo diretto o indiretto specifica se la portata
al colmo in qualunque sezione è ricavata direttamente da valori di portate calcolati,
ovvero indirettamente tramite trasformazione afflussi–deflussi.
I metodi diretti hanno applicabilità per bacini di estensione superiore a 60 Km2; viste
le dimensioni dei bacini si applicherà il solo metodo indiretto.
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6.3.1
Descrizione del fenomeno
La definizione "trasformazione afflussi-deflussi" raggruppa l'insieme di quei diversi processi
idrologici che concorrono alla formazione del deflusso, a partire dalla precipitazione
meteorica, prima ancora che il deflusso stesso si incanali nella rete idrografica.
Figura 1 Elementi che concorrono al bilancio idrologico
Il deflusso è quindi generalmente la risultante di un bilancio di massa che prevede
come dato in ingresso l’evento meteorico misurato al suolo; tale quantità d’acqua viene in
parte intercettata dalla massa vegetale presente, in parte si infiltra nel suolo, in parte
ancora va ad accumularsi in piccoli invasi naturali e/o artificiali (pozzanghere, avvallamenti
del terreno, impluvi artificiali). La parte rimanente, infine, va a costituire il deflusso
superficiale che scorrerà verso la rete idrografica secondo le linee di massima pendenza
del terreno.
Il suddetto fenomeno si articola secondo modalità e tempi differenti sulla base delle
caratteristiche dell’evento meteorico che lo genera, sugli aspetti legati alla copertura
vegetale del suolo e sulla base delle condizioni del suolo sia per effetto delle caratteristiche
generali, sia per effetto delle caratteristiche contingenti (grado di umidità, tipo di
lavorazione).
Il sistema suolo - vegetazione, quindi, costituisce una naturale capacità di invaso, che
tende a decurtare la quantità di acqua precipitata che arriverà alla rete idrografica
(precipitazione efficace).
Tale decurtazione dipenderà, istante per istante, dalla capacità complessiva di tali
invasi che varierà nel tempo, sia a causa del loro progressivo riempimento durante
prolungati eventi di pioggia, sia a causa di altri importanti processi di trasferimento
dell'acqua che agiscono nel sistema suolo atmosfera.
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Parte dell'acqua intercettata e trattenuta dalle superfici fogliari e nelle pozzanghere si
disperderà di nuovo nell'atmosfera per evaporazione. Analogamente, una piccola parte
dell'acqua infiltrata nel suolo evaporerà direttamente ed una parte più consistente verrà
assorbita dalle radici della vegetazione e quindi riimmessa nell'atmosfera per evaporazione
dagli stomi delle foglie (traspirazione). Ancora, parte dell'acqua infiltrata negli strati
superficiali del suolo proseguirà il moto di filtrazione verso gli strati più profondi e le falde
(percolazione), mentre una parte, tanto maggiore quanto più elevata è la pendenza del
terreno, filtrerà verso la rete idrografica mantenendosi negli strati superficiali (deflusso
ipodermico).
L'acqua infiltrata, contribuirà al deflusso nella rete idrografica, ma con tempi di ritardo
rispetto alla corrivazione superficiale, sensibilmente maggiori (per il deflusso ipodermico) o
notevolmente maggiori (per il deflusso dagli strati profondi e dalle falde, detto anche
deflusso di base).
La realizzazione di modelli di piena passa necessariamente attraverso ulteriori
semplificazioni del fenomeno, trascurando alcune grandezze possono che considerarsi
ininfluenti, infatti:
a)
l'evapotraspirazione risulta essere modesta o nulla in relazione ai deflussi
superficiali, che assumono importanza preponderante rispetto agli altri;.
b)
i diversi tipi di deflusso (superficiale, ipodermico, profondo o di base) assumono
una importanza relativa che varia in funzione del tempo caratteristico di risposta
del bacino in esame. Intendendo come tempo di risposta l'intervallo trascorso
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fra l'inizio dell'evento di precipitazione e l'arrivo del colmo di piena alla sezione di
chiusura del bacino, questo dipende in maniera sensibile dalla superficie, dalla
pendenza, dalla copertura del manto vegetale, dalla forma del bacino, dalla
lunghezza del corso d'acqua principale, nonché dal regime di quest'ultimo
(torrentizio, fluviale, ...) e da altre condizioni.
c)
il deflusso di base, ovvero quello che può ritenersi costante e determinato dalle
portate di magra del corso d'acqua, risulta in genere essere di uno o più ordini di
grandezza inferiore alle portate di piena, e quindi in buona approssimazione
trascurabile. Analogamente, nei casi di bacini di medie e piccole dimensioni
con tempi di risposta inferiori alle poche ore, il deflusso ipodermico può essere
considerato trascurabile in quanto andrà a contribuire alla sezione di chiusura in
tempi successivi al transito del colmo.
Dal punto di vista globale il deflusso originato da un evento meteorico intenso, può
avvenire attraverso la sovrapposizione di due fenomeni:
a) il trasferimento della massa liquida;
b) la laminazione della massa liquida;
Partendo da tale schematizzazione si possono avere tre tipi di modelli:
a) modelli che simulano solo il primo tipo di fenomeno e quindi i cosiddetti modelli
cinematici o della corrivazione, trascurando il secondo (gli effetti di laminazione);
b) modelli che simulano solo il secondo fenomeno e quindi i cosiddetti modelli
dell'invaso, trascurando l’effetto di trasferimento di piena;
c) altri modelli che tentano di rappresentare il processo di trasformazione afflussi-deflussi
tenendo conto di ambedue i fenomeni.
Calando sul territorio le considerazioni generali su esposte si ravvisa un comportamento
del bacino che ben si allontana dalle condizioni che inducono il deflusso repentino degli
afflussi meteorici di rilevante intensità; in particolare dalle informazioni che derivano dalle
indagini geomorfologiche emerge che:
la rete di dreno superficiale è estremamente modificata a seguito degli
interventi di bonifica che dai primi anni del secolo si sono susseguiti. Conseguentemente, il
deflusso dalle superfici a quota superiore verso le zone a quota inferiore è compromesso
per effetto di un’alterazione delle linee di deflusso.
Il deflusso che avviene all’interno delle sezioni non necessariamente segue linee
di compluvio, peraltro spesso inesistenti, ma si articola all’interno della rete drenante,
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realizzata evidentemente non con finalità di difesa del suolo in ottica di problemi di
carattere idrogeologico, ma con finalità di bonifica agraria;
la mancanza di pendenza
connaturata alla quasi totale assenza di dislivelli
riduce le velocità di ruscellamento superficiale, favorendo da un lato l’infiltrazione e la
formazione di condizione di idromorfismo diffuso con effetti di laminazione, dall’altro
aumentando i tempi di trasporto con incremento della durata della pioggia critica;
Il recapito finale delle acque drenate avviene per mezzo di una stazione di
sollevamento, in quanto la parte terminale della rete idraulica è, in alcune situazioni, al di
sotto del livello idrico del corpo recettore.
6.4 Determinazione della portata di progetto – metodi indiretti
Partendo dalle condizioni semplificate con le quali si descrive il processo di deflusso di
piena di un corso d’acqua, il metodo razionale indica la modalità di valutazione della
portata di piena prodotta per effetto del trasporto liquido.
Le condizioni semplificative che permettono l’applicabilità del metodo mutuano le
condizioni assunte sin dalla formulazione originaria del metodo risalente alla metà dell’800
(Mulvany), nella quale veniva definito il valore della portata al colmo Q per un assegnato
periodo del tempo di ritorno per effetto di una precipitazione ricadente in un bacino
assegnato.
Nella sua formulazione, vengono assunte le seguenti semplificazioni:
il valore della portata al colmo Q relativo ad un evento meteorico costante,
è il maggiore tra tutti i valori di portata definiti per lo stesso bacino e per lo
stesso tempo di ritorno T;
per un preassegnato tempo di ritorno, l’evento meteorico che genera il
valore massimo di portata ha una durata pari al tempo di corrivazione;
che la portata al colmo Q per un evento causata da una precipitazione
ragguagliata di intensità costante sia proporzionale all’intensità della
precipitazione, alla superficie del bacino e a un coefficiente C legato alle
caratteristiche del bacino e al suo grado di impermeabilità.
La prima semplificazione può ritenersi abbastanza aderente alla realtà, le altre due
risentono invece di semplificazioni eccessive che evidentemente collidono con il
manifestarsi del fenomeno.
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In particolare la seconda assunzione equivale a dire che la curva tempi-aree sia
rettilinea e che il tempo impiegato dalla goccia per giungere alla sezione di chiusura del
bacino sia essenzialmente legata alla distanza idraulica. Si è invece osservato che il tempo
di scesa dell’idrogramma è più breve del tempo di corrivazione.
Tuttavia la curva di variabilità della portata al colmo non varia sensibilmente con la
durata dello ietogramma , si può ritenere quindi che le ipotesi di base del metodo razionale
risulta quindi del tutto accettabile anche se a rigore non vera (Moisello).
Anche l’approccio cinematico cui si fa affidamento per la determinazione della
portata introduce delle semplificazioni che tendono a schematizzare il deflusso sempre
assumendo delle condizioni che tendono a eliminare le interazioni tra le grandezze che
concorrono; in particolare, le ipotesi di base sono che:
il trasferimento della piena sia affidata al trasferimento di massa liquida;
che ogni goccia percorra sempre la stessa traiettoria anche con
l’evoluzione del processo di pioggia, e che quindi le linee di corrivazione
siano immutabili;
che il tempo di corrivazione, e quindi la velocità di ruscellamento dell’acqua
sia immutabile con il livello di saturazione del terreno e con il formarsi del velo
idrico superficiale;
che la velocità della goccia non sia influenzata dal moto delle altre gocce;
che la portata di piena sia data dalla somma delle portate provenienti dalle
altre parti di bacino che si presentano alla sezione di chiusura allo stesso
istante.
Le ipotesi di cui sopra diventano di fondamentale importanza in relazione al contesto
territoriale entro cui si opera, a cui vanno evidentemente sommate le semplificazioni legate
alla
distribuzione
spaziale
dell’evento
meteorico,
alla
sua
stazionarietà
e
alla
determinazione del suo valore di intensità per quanto attiene i valori delle informazioni in
ingresso e la determinazione delle perdite per quanto attiene la risposta del bacino.
Nel proseguo dell’analisi, si cercherà comunque di applicare il metodo indiretto non
perdendo di vista le semplificazioni assunte e delle quali si dovrà tenere conto in sede di
analisi conclusiva.
La relazione per la determinazione della portata con la Formula Razionale proposta
nelle Linee Guida del PAI è:
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Q
= i [τ , T
P
R ,r
(τ
,A
)]
* Φ * A * ε (τ
)
espressione di un modello deterministico elementare a fondamento cinematico, con il
seguente significato dei simboli:
i
Intensità di pioggia
TR
Tempo di ritorno
r (τ , A)
Coefficiente di ragguaglio areale
A
Area del bacino
τ
Durata della pioggia critica
Φ
Coefficiente di deflusso
ε (τ )
Coefficiente di laminazione
Nella valutazione dell’intensità della precipitazione si è ritenuto di applicare sia la
metodologia classica proposta dal Puddu e successivamente aggiornata, sia il metodo di
più recente pubblicazione che prevede la definizione delle curve di possibilità
pluviometrica basate sul modello Tcev.
6.4.1
Altezza di pioggia critica
Formulazione classica
Nella trattazione proposta da Cao-Puddu, successivamente aggiornata nei
parametri, l’ambito territoriale isolano è stato suddiviso in quattro gruppi caratterizzati da
comportamenti “omogenei” nei riguardi degli eventi di pioggia; sulla base di questa
considerazione, l’espressione delle curve di possibilità pluviometriche assume la forma
seguente:
=
h
h
1
⋅ T
(
A
+
Bu
)
p
dove:
•
h1
è l'altezza di pioggia di durata unitaria data dalla relazione
log h1=C+Du
•
Tp
è la durata della precipitazione
•
u
è il frattile della distribuzione normale corrispondente alla probabilità di non
superamento assegnata
Rev.1 – agg. 16.12.2011
pag. 20/144
Studio di Compatibilità Idraulica
(r.1.0 – 11/12/2011)
•
A, B, C, D parametri dipendenti dal gruppo omogeneo di appartenenza, riportati nelle
seguente tabella:
GRUPPO
A
1°
0.305041
2°
0.359696
3°
4°
B
C
D
1.273178
0.179732
-0.01794
1.296212
0.167488
0.418212
0.009093
1.379048
0.164598
0.497207
0.041251
1.460774
0.191832
0.017147
Metodo TCEV
Più recentemente si è osservato, anche in ambito nazionale, che eventi di pioggia
particolarmente intensi sfuggivano alla capacità di previsione delle curve di possibilità pluviometriche
formulate come al punto precedente.
Si è reso pertanto necessario sviluppare una trattazione capace di interpretare più fedelmente
eventi di breve durata, anche utilizzando curve di distribuzione con un maggior numero di parametri.
In detta recente trattazione si è riscontrata l’impossibilità di adottare, per
tempi di ritorno
superiori ai 10 anni, un unico tipo di funzione monomia; si è invece reso necessario separare la
casistica in due tipologie di eventi: piogge di durata inferiore a un’ora e piogge di durata superiore a
un’ora.
Le equazioni elaborate sono:
h(T, t ) = ( a1 a 2 ' ) * t
( b1 + b2 ' )
h(T, t ) = ( a1 a 2 ' ' ) * t
( b1 + b2 '')
t ≤ 1 οra
t > 1 οra
dove
a1 =
μg
0.886 * 24 b1
b 1 = − 0 . 493 + 0 . 476 * Log μ
g
avendo indicato con μg il valore medio giornaliero della pioggia il cui valore è rilevabile
nella seguente carta. I parametri a2’, a2’’ e b2’, b2’’ contraddistinguono invece la sottozona
di appartenenza.
Rev.1 – agg. 16.12.2011
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Studio di Compatibilità Idraulica
(r.1.0 – 11/12/2011)
Figura 2 – Distribuzione spaziale dell’altezza di pioggia giornaliera in Sardegna
(da Deidda ed Al., Quad. Ricerca n°9 dell’Università di Cagliari, 1997).
Rev.1 – agg. 16.12.2011
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Studio di Compatibilità Idraulica
(r.1.0 – 11/12/2011)
Figura 3 – Sotto Zone Omogenee per le piogge brevi e intense
in Sardegna. In
ciascuna zona I parametri del modello TCEV sono riportati in Tabella 8. (da Deidda ed. al.,
1993)
Rev.1 – agg. 16.12.2011
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6.4.2
Valutazione del coefficiente di deflusso Φ
Per la valutazione del coefficiente di deflusso, si fa ricorso al metodo CN del Soil
Conservation Service, che secondo gli autori trova impiego ottimale nell’ambito dei piccoli
bacini.
Si intende per pioggia netta la grandezza:
h netta =
(h lorda
− Ia )
+ S − Ia
h lorda
2
dove
⎛ 100
⎞
S = 254 * ⎜
− 1⎟
⎠
⎝ CN
Il valore dell’infiltrazione iniziale è dato dalla:
Ia=0.2*S
Il valore del CN è tabellato per differenti combinazioni di suolo e copertura vegetale; il
parametro S, rappresenta la quantità d’acqua immagazzinabile neI bacinI, e quindi nel
terreno, ed è legato alla possibilità di infiltrazione, e alle condizioni di umidità precedenti
(AMC Antecedet Misture Condition).
La valutazione del CN è stata inizialmente condotta in ambiente GIS utilizzando la
carta dell'uso del suolo. In questa maniera è stato possibile individuare in esso le porzioni
che afferivano a diversi usi; successivamente per le semplificazioni assunte all’inizio del
paragrafo
e
per
le
considerazioni
emerse
dall’analisi
geologica
si
è
valutato
cautelativamente di assumente un valore pari a 100 in tutto il comparto, cui corrisponde un
valore del coefficiente di deflusso pari a 1.
6.4.3
Coefficiente di ragguaglio areale r
Per il coefficiente di ragguaglio areale si assumono le seguenti espressioni:
r = 1 – (0.0394 A0.354) d(-0.40+0.0208 ln(4.6-ln(A)))
r = 1 – (0.0394 A0.354) d (-0.40)
per A < 20 km2
per A > 20 km2
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(r.1.0 – 11/12/2011)
6.4.3.1 Durata della pioggia critica
Per la valutazione della durata della pioggia critica si è assunto il modello utilizzato
nella procedura VAPI Sardegna; si è quindi ammesso che la durata della pioggia
corrisponda alla somma del tempo necessario per la formazione del deflusso superficiale e
del tempo di corrivazione del bacino:
τ = τc +τ f
dove
τc
è il tempo di corrivazione
τf
è il tempo necessario per la formazione del ruscellamento superficiale
La valutazione del tempo di corrivazione viene fatta attraverso un confronto critico
delle seguenti formule empiriche:
1
Ventura
⎛ S ⎞2
τ c = 0.127⎜⎜ ⎟⎟
⎝ Jm ⎠
Jm la pendenza media dell'asta
S superficie del bacino
1
Giandotti
τc =
4S 2 + 1.5L
0.8(H m − H S )
Hm la quota media del bacino in m s.l.m.
1
2
Hs la quota della sezione di
controllo in m s.l.m.
Pasini
τc =
0.108(S * L )
Jm
1
3
Jm la pendenza media dell'asta
L la lunghezza in Km della stessa
1
2
S superficie del bacino
L la lunghezza in Km dell’asta
Viparelli
τc =
V la velocità media di scorrimento
L
3.6V
da assumersi su valori compresi
tra 1 m/s e 1.5 m/s.
VAPI
Sardegna
⎛H
⎝ Jm
τ c = 0.212 * A 0.231 ⎜⎜
Rev.1 – agg. 16.12.2011
Hm la quota media del bacino in m s.l.m.
Jm
la pendenza media del reticolo
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Studio di Compatibilità Idraulica
(r.1.0 – 11/12/2011)
Il tempo di formazione del ruscellamento superficiale, viene calcolato mediante la
seguente espressione:
τf =
Ia
i[(τ c +τ f ),r ]
dove
Ia
l’assorbimento iniziale
i
l’intensità di pioggia relativa alla durata critica
La pendenza media dell’asta principale è invece valutata mediante la relazione:
Jm =
L
n
∑
1
li
ii
dove :
L
è la lunghezza dell’asta
li
lunghezza del tratto i-esimo a pendenza omogenea
ii
la pendenza del tratto i-esimo a pendenza omogenea
6.4.4
Scelta del tempo di ritorno
I tempi di ritorno adottati sono conformi alle indicazioni del PAI, in particolare sono
stati adottati 50, 100, 200, 500 anni.
Rev.1 – agg. 16.12.2011
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6.5 0.1. Analisi idraulica e determinazione delle superfici di allagamento
L’analisi idraulica è finalizzata alla capacità di trasporto del reticolo idrografico e
alla determinazione di eventuali tratti di insufficienza e conseguente determinazione delle
aree di allagamento. Quanto sopra sarà determinato attraverso metodologie riconducibili
a:
1. ipotesi di condizioni di moto permanente o in particolar i casi uniforme;
2. considerazioni di tipo euristiche;
3. valutazioni su volumi invasabili
6.5.1
Ipotesi di condizioni di moto permanente o in particolar i casi uniforme
6.5.1.1 Ipotesi di condizioni di moto permanente
Il modello idraulico utilizzato in questo studio, denominato HEC-RAS, nella sua versione
4.0, è stato sviluppato dall’Hydrologic Engineering Center dell’U.S. Army Corps of Engineers;
il modello è in grado di effettuare simulazioni di tipo monodimensionale del fenomeno di
propagazione dell’onda di piena su corsi d’acqua in condizioni di moto stazionario e non
stazionario.
Questa scelta è stata fatta per ragioni di coerenza con il PAI che ha individuato e
perimetrato le aree a rischio idraulico e utilizzando questo codice di calcolo. Il modello
presuppone che siano fornite tutte le informazioni necessarie, ed in particolare la geometria
di un numero sufficiente di sezioni trasversali, la scabrezza che metta in conto le resistenze
idrauliche, le condizioni al contorno e le portate.
Il programma consente di inserire sezioni trasversali fittizie, interpolando quelle
rilevate, in modo da assicurare che il passo di discretizzazione spaziale non ecceda un
assegnato valore limite ed è in grado di modellare il comportamento di canali naturali e
artificiali tenendo conto dell’influenza sul moto di manufatti di vario tipo quali ponti, briglie,
paratoie che influenzano le caratteristiche della corrente ecc.
Per l’analisi in moto permanente HEC-RAS determina il profilo del pelo libero tra una
sezione e la successiva mediante la procedura iterativa denominata standard step,
risolvendo l’equazione del bilancio energetico,
Y2 + Z
2
+
α 2V 2
2g
2
= Y1 + Z 1 +
α 1V 1
2g
2
− he
dove:
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(1)
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Y1 e Y2 sono le altezze d’acqua riferite al fondo dell’alveo;
Z1 e Z2 sono le altezze del fondo rispetto ad una quota di riferimento;
V1 e V2 sono le velocità medie della corrente nelle due sezioni estreme del
tronco fluviale considerato;
α1 e α2 sono coefficienti di ragguaglio delle potenze cinetiche;
he è la perdita di carico tra le due sezioni considerate.
Il termine he dipende sia dalle perdite per attrito che da quelle per contrazione ed
espansione. Si può valutare mediante la seguente relazione:
he = L ⋅ S
f
+ C ⋅
α 2V 2
2
2g
−
α 1V 1
2g
2
(2)
dove:
L è la lunghezza del tronco considerato;
Sf
è la cadente media tra le due sezioni;
C è il coefficiente di perdita di carico per contrazione o espansione.
Il primo termine rappresenta la perdita di carico totale per attrito, prodotto tra le due
sezioni dalla cadente media. Il programma prevede diverse possibilità di calcolo della
cadente, che viene determinata presupponendo una suddivisione della sezione d’alveo in
sottosezioni all’interno delle quali la velocità possa ritenersi con buona approssimazione
costante.
Il secondo termine della equazione per il calcolo delle perdite di carico rappresenta
invece il contributo dovuto alla contrazione ed espansione dell’area bagnata; tali perdite
sorgono nel momento in cui si abbia un allargamento o restringimento della sezione che
determini una situazione di corrente non lineare. Il coefficiente C varia in un intervallo
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compreso tra 0.1 e 1 per correnti subcritiche, mentre in caso di correnti veloci
generalmente si assumono valori inferiori.
L’altezza del pelo libero, in riferimento ad una assegnata sezione, viene determinato
mediante una risoluzione iterativa delle equazioni (1) e (2). Il modello fornisce inoltre i valori
dell’altezza critica nelle diverse sezioni fluviali. Qualora si verifichino transizioni da corrente
lenta e veloce o viceversa, in tali segmenti di asta fluviale l’equazione di bilancio
energetico è sostituita dall’equazione globale di equilibrio dinamico.
Il modello HEC-RAS consente di modellare l’effetto indotto sulla corrente dalla presenza
di attraversamenti fluviali, nel caso che il deflusso attraverso il ponte avvenga a pelo libero
ma anche in pressione. La perdita di energia causata dal ponte è divisa in tre parti: in primo
luogo le perdite che si hanno nella zona immediatamente a valle del ponte dove,
generalmente, si ha un’espansione della corrente. Sono poi considerate le perdite di
energia che si verificano durante l’attraversamento del ponte, nonché le perdite che si
hanno immediatamente a monte, ove la corrente subisce una contrazione.
Per lo studio del deflusso attraverso un ponte HEC-RAS fa riferimento a quattro sezioni
fluviali trasversali: sezione a monte del ponte, sezione di ingresso al ponte, sezione in uscita
al ponte e sezione a valle del ponte. Il calcolo può essere effettuato utilizzando diverse
soluzioni.
Il metodo del bilancio energetico (metodo standard step), tratta la sezione in cui è
presente il ponte esattamente come le altre, ad eccezione del fatto che l’area occupata
dalla struttura viene sottratta dall’area totale e che il perimetro bagnato risulta
incrementato per via del contributo dato dal ponte stesso. Poiché le perdite totali sono
funzione delle perdite per attrito e delle perdite per contrazione ed espansione, occorre
definire in questa fase i coefficienti necessari per il calcolo. In particolare, essendovi
variazioni di velocità anche notevoli, il coefficiente di contrazione e soprattutto quello di
espansione risulteranno sensibilmente maggiori dei valori assunti per i normali tronchi fluviali.
Il metodo del bilancio della quantità di moto si basa invece sull’applicazione
dell’omonima equazione tra le quattro sezioni fluviali in precedenza descritte. Il modello
permette all’utente di utilizzare, per lo studio di ogni ponte, ciascuno dei metodi sopra citati
o eventualmente di selezionarli entrambi; il software provvede a restituire il profilo che
prospetta la situazione caratterizzata da maggior criticità.
Condizioni al contorno in moto permanente
Assegnato il valore di portata di moto permanente, nel caso di corrente lenta occorre
specificare una condizione al contorno di valle; viceversa, per correnti veloci, è richiesta la
definizione di una condizione al contorno di monte. Per un regime misto, invece, si rende
necessaria la specifica di entrambe le condizioni, ovvero a monte e a valle. HEC-RAS
ammette la definizione delle condizioni al contorno attraverso la specifica di un valore di
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altezza assegnato, oppure imponendo il passaggio del profilo per l’altezza critica, oppure
per l’altezza di moto uniforme.
6.5.1.2 Ipotesi di condizioni di moto uniforme
Questa ipotesi di calcolo verrà assunta in particolari situazioni, soprattutto in
corrispondenza di brevi tratti in pressione.
La verifica sarà eseguita con la nota formula di Chezy, secondo la quale
v = χ • Ri
dalla quale mediante la
Q= A v
si può ricavare il valore della portata.
Il coefficiente C è calcolato con la formula di Bazin
87
χ=
(1 +
γ
)
R
Dove m indica la scabrezza, R il raggio idraulico.
Nel caso in esame, si è assunto un valore della scabrezza γ= 0.35 relativo ”pareti in
cemento in non perfette condizioni”
6.5.2
Considerazioni di tipo euristiche
In alcune situazioni, soprattutto all’interno dell’edificato, laddove il quadro
informativo e gli strumenti di calcolo in possesso non permettono l’individuazione analitica
degli scenari di piena, si farà ricorso ad un approccio di tipo euristico.
In sostanza, quando le portate risultano non particolarmente elevate, ma il contesto
nel quale si opera risulta di rilevante sensibilità, saranno utilizzate le informazioni disponibili
attraverso un analisi qualitativa fondata principalmente attraverso una interpretazioni delle
forme e delle quote del contesto in cui si opera, e attraverso una “calibrazione” della loro
interpretazione con le informazioni storiche legate ad eventi passati.
Per l’entità delle grandezze in gioco non si ritiene che modellazioni matematiche
possano offrire soluzioni più aderenti alla realtà.
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(r.1.0 – 11/12/2011)
6.5.3
Valutazioni su volumi invasabili
In ottemperanza a quanto indicato nelle linee guida Art. 1.8 secondo cui Si rileva,
peraltro, che la metodologia suggerita1 tende a sovrastimare le aree inondabili perchè non
viene considerata la propagazione di un idrogramma di assegnata forma, ma bensì uno
rettangolare il cui picco è il valore di portata ad assegnato tempo di ritorno. Il volume di
allagamento così ottenuto è maggiore di quello effettivamente esondato. Per tale ragione,
soprattutto per i tratti di pianura, è consigliabile verificare che le aree definite esondabili
siano congruenti con i volumi dell'idrogramma di piena.
L’approccio proposto verrà nei paragrafi successivi applicato ai comparti drenanti
identificati; in particolare l’analisi verrà effettuata in due fasi successive: una prima fase
nella quale vengono analizzati gli elementi principali del reticolo idrografico e quindi,
procedendo da nord a sud verranno sviluppate le analisi sul :
1. Rio Mar’e Foghe – Stagno Cabras;
2. Fiume Tirso;
3. Rio Tanui;
In un secondo momento, si è proceduto ad estendere l’analisi sui rimanenti elementi
del sistema drenante interno al territorio comunale, l’estensione dell’analisi su bacini
decisamente inferiori ha indotto le seguenti considerazioni:
la ricerca di un reticolo minuto che fungesse da sistema drenante anche di
bacini di pochi ettari. Stante le piccole dimensioni dei bacini individuati,
spesso il sistema drenante risultava privo di qualunque riferimento
cartografico, ed inoltre, non era evidente sul terreno per mancanza anche
di una pur minima sezione d’aveo.2
il sistema definito, segue sostanzialmente il talweg, ma è spesso una
forzatura interpretativa del modello numerico del terreno, in quanto
l’andamento quasi pianeggiante delle aree attraversate e la mancanza di
pendenza lungo le perpendicolare al moto fa si che il deflusso delle acque
possa non necessariamente avvenire secondo la direttrice definita ma
secondo percorsi che istantaneamente possono delinearsi per effetto di
impedimenti locali;
il sistema drenante legato a bacini di piccole dimensioni risente fortemente
delle alterazioni legate alla pratica agraria e alla stagione nella quale si
sviluppa l’evento, gli esigui dislivelli talvolta rilevati lungo la perpendicolare
1
Ipotesi di condizione di moto permanente
2
È notorio che spesso anche per bacini di qualche chilometro quadrato con comportamento effimero
non è definibile l’asta fluviale o una sezione d’alveo univoca.
Rev.1 – agg. 16.12.2011
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Studio di Compatibilità Idraulica
(r.1.0 – 11/12/2011)
alle linee di deflusso, possono facilmente essere alterati dalle lavorazioni del
terreno agricolo
la forte antropizzazione di alcune aree, sia legata all’inteso reticolo stradale,
e sia per effetto della realizzazione di aree produttive, comportato una
modifica delle linee drenanti e un diverso funzionamento in relazione alle
portate defluenti. In particolare si è osservato che, gli accessi ai loti attigui
alla viabilità è spesso affidata a cavalcafossi in precarie condizioni di
manutenzione; le portate transitanti nelle canalette stradali, sono spesso
indotte ad abbandonare il regolare deflusso, andando ad occupare il piano
viario.
In via preliminare sono stati definiti i quattro comparti seguenti:
1. Sistema Foghe – Tanui – Stagno di Cabras;
2. Sistema Tirso;
3. Minori occidentali del Sinis;
4. Minori orientali del Sinis.
Pur avendo spinto l’analisi su tutto il territorio comunale nella sua interezza, la fase
espositiva ha incentrato l’attenzione sviluppando su ogni singolo comparto l’analisi relativa
al comportamento idraulico definibile sulla base del territorio.
Si ritiene che in un contesto privo di un reticolo definito o, ove esistente, con un
andamento estremamente alterato e privo di continuità nel suo sviluppo, sia inadeguato
sviluppare una modellazione idraulica secondo le metodologie proposte per i corsi
d’acqua di maggior rilevanza.
Si è quindi assunto un approccio che desse maggiore aggio ad un approccio
interprettativo del contesto nel quale ogni singolo comparto drenante si sviluppa, tenendo
quindi conto di ogni situazione puntuale legata per esempio alla mancanza di una sezione
d’alveo incisa, alla presenza di manufatti di varie dimensioni, come opere di
attraversamento, cavalcafossi, pozzetti, cunettoni, strade, siano esse campestri, comunali o
statali.
Di seguito si consegna un analisi relativa al reticolo principale e al reticolo minore.
Rev.1 – agg. 16.12.2011
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(r.1.0 – 11/12/2011)
7 RETICOLO PRINCIPALE
7.1 Rio Mar’e Foghe – Tanui - Stagno di Cabras
7.1.1
Analisi descrittiva del comparto idrografico;
Il rio Mar’e Foghe è il principale immissario dello Stagno di Cabras.
Mappa – Il bacino del Foghe – Cabras e l’abitato di Solanas e Cabras in arancio
Rev.1 – agg. 16.12.2011
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Studio di Compatibilità Idraulica
(r.1.0 – 11/12/2011)
Il bacino del Riu di Mare Foghe, che prende il nome dal fiume principale che
attraversa la piana, si estende nell’entroterra per circa 532 kmq.
La sua idrografia è fortemente differenziata in conseguenza delle caratteristiche
geolitologiche e idrogeologiche delle aree che attraversa.
Il suo reticolo idrografico si sviluppa quasi interamente su formazioni vulcaniche nella
sua parte superiore e quasi interamente su litologie sedimentarie su quella inferiore.
L'escursione altimetrica va dai 1050 m s.l.m del Monte Urtigu, fino al livello del mare.
Negli anni ha subito una progressiva alterazione del suo corso terminale
trasformandosi da palude di recapito finale del Bobolica, del Mannu di Bonarcado, del
Mannu di Milis e del sas Iscas – Maistu Impera.
Il Riu di Mare Foghe ha origine dall’unione di più corsi d’acqua che, con diverse
denominazioni, scendono, con andamento breve e ripido, dalle pendici del Monte Ferru
ed in particolare si tratta del Rio Cispini, del Rio Cannargia e del Flumini de Susu, che
sottendono, alla loro confluenza in un’asta principale, un bacino imbrifero di 115 Kmq.
Il tratto vallivo del bacino del Mare Foghe accoglie il suo più grosso affluente, il Rio
Mannu di Milis e un gruppo di piccoli affluenti.
Nel bacino ricadono alcuni importanti stagni di cui quelli di Cabras, Mar'e Pauli, Pa'e
Sali e sa Mardini.
Le sue acque dello stagno di Cabras sono salmastre, con caratteristiche intermedie
tra quella dolce del fiume (Riu di Mare Foghe), che in esso sfocia, e quella salata del mare.
La concentrazione del sale non è la stessa in tutto lo stagno ma è bassa vicino alla foce del
fiume e aumenta verso il mare.
Lo specchio acqueo è costituito da due bacini: il primo, nella parte sud-orientale,
ha una salinità piuttosto elevata, mentre il secondo, nella parte ovest, presenta una salinità
meno elevata perché riceve le acque del “Riu Sa Praia”, emissario dello stagno di “Mare
Foghe”, nel comune di Riola.Il punto di sfocio del Foghe nel Cabras avviene in testa allo
stagno a NE, mentre il Tanui perviene in adiacenza all’abitato di Cabras.
In una prima fase , individuabile nella cartografia del 1885 e peraltro ancora visibile
nelle foto aeree del 1954 lo stagno di Cabras sfociava attraverso una serie di bracci che
confluivano nello Stagno di sa Mardini e poi a mare.
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(r.1.0 – 11/12/2011)
7.2 Sistema Tirso
7.2.1
Analisi descrittiva del comparto idrografico;
Il bacino idrografico del Tirso corrisponde con la U.I.O. del Tirso descritta nel Piano di
Tutela delle Acque e nel Successivo PGDI ed ha un’estensione di circa 3365,78 Kmq.
Il bacino idrografico è caratterizzato da un’intensa idrografia con sviluppo
prevalentemente dentritico dovuto alle varie tipologie rocciose attraversate lungo la parte
centrale ed è delimitata a Ovest dal massiccio del Montiferru, a Nord-Ovest dalle Catene
del Marghine e del Goceano, a Nord dall’altopiano di Buddusò, a Est dal massiccio del
Gennargentu, a Sud dall’altopiano della Giara di Gesturi e dal Monte Arci.
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Studio di Compatibilità Idraulica
(r.1.0 – 11/12/2011)
L’altimetria dalle vette del versante settentrionale del Gennargentu (Bruncu Spina
1829 m s.l.m.) fino al livello del mare.
Il fiume Tirso nasce dall’altopiano di Buddusò e sfocia nel Golfo di Oristano dopo un
percorso di 159 km circa. L’andamento del suo corso si differenzia notevolmente
procedendo dalla sorgente alla foce, anche se è possibile individuare tre tratti connotati
nella maniera seguente:
• Il primo tratto, compreso tra le sorgenti e la confluenza col Rio Liscoi, il corso del
fiume presenta un percorso tortuoso con notevoli pendenze;
• Il secondo, tra la confluenza con il Rio Liscoi e il lago Omodeo, la pendenza si fa
via via più dolce e il corso del fiume assume un’andamento regolare;
• L’ultimo, attraverso la piana di Oristano, il corso del fiume presenta pendenze
minime ed è caratterizzato dalla presenza di grossi meandri.
I principali affluenti del fiume ricadono tutti nella parte alta e media del corso, e
drenano talvolta dei sottobacini particolarmente significativi tra cui possono citarsi:
• Fiume Massari (840 kmq)
• Fiume Taloro (505 kmq)
• Rio Mannu di Benetutti (bacino 193 kmq)
• Rio Liscoi (204 kmq)
• Rio Murtazzolu (267 kmq)
Affluenti di minore importanza sono quelli che drenano i versanti occidentali del
monte Arci, caratterizzati da una rete idrografica piuttosto lineare, poco ramificata e quasi
perpendicolare alla linea di costa.
Anche sulle pendici meridionali del Monti Ferru sono intestati alcuni affluenti minori,
caratterizzati dapprima da aste fluviali ad andamento lineare parallelo alla linea di costa
che poi ripiegano bruscamente nella piana quasi ad angolo retto.
Uno degli elementi di maggiore importanza di questa U.I.O. è sicuramente la
presenza di numerosi invasi artificiali, tra cui si citano gli invasi del lago Omodeo, di Gusana
e del Cucchinadorza.
Tra questi, particolarmente rilevante dal punto di vista della quantità d’acqua
invasabile è il lago Omodeo con capacità massime d’invaso di 792 milioni di metri cubi.
Questo è diventato con la costruzione della nuova diga (Tirso a Cantoniera) l’invaso
artificiale più grande dell’isola.
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(r.1.0 – 11/12/2011)
7.3 Minori occidentali del Sinis
7.3.1
Analisi descrittiva del comparto idrografico;
Il sistema dei Bacini minori occidentali del Sinis è costituito da una serie di impluvi
originantisi dal pianoro basaltico e costituenti immissari minori di alcuni piccoli specchi di
retrospiaggia (p.e. Mari Ermi..) o comunque sfocianti direttamente a mare dopo un breve
percorso.
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7.4 Minori orientali del Sinis
7.4.1
Analisi descrittiva del comparto idrografico;
Il sistema dei Bacini minori orientali del Sinis è costituito da una serie di impluvi originantisi dal
pianoro basaltico e costituenti immissari minori o comunque superfici sottese dallo stagno di
Mistras.
Lo stagno di Mistras, posto interamente nel territorio di Cabras; è in realtà una laguna
essendo costantemente collegato al mare attraverso numerosi canali.
Lo specchio acqueo è disposto nella parte settentrionale del golfo di Oristano
parallelamente alla costa, è di forma stretta ed allungata.
Originariamente era eccezionalmente alimentato anche dalle piene eccezionali del Tirso,
oggi arginato e comunque separato da esso dallo scolmatore del Cabras e da alti
topografici artificiali costituiti da colmate delle risulte dello scavo dello scolmatore stesso.
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7.5 Analisi delle criticità manifeste;
L’intervento di costruzione del Canale Scolmatore, operato tra la fine degli anni ‘70
ed i primi anni ’80 ha prodotto positive variazioni nel funzionamento idraulico dello stagno
di Cabras, consentendo una superiore capacità di smaltimento di acque verso lo stagno di
sa Mardini ed il mare, prima operata dai soli bracci di collegamento tra Cabras e Pontis.
La definizione delle aree di allagamento è derivata in gran parte dalla definizione della
quota di recapito a mare, posta a 1.80 m s.l.m.m. che produce automaticamente una
inondabilità di tutte le parti che sono in diretta comunicazione con la foce ed al loro
virtuale livello.
Mappa – Il sistema delle aree inondabili del territorio di Cabras
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8 LA COMPATIBILITÀ DELLA ZONIZZAZIONE PROPOSTA NEL PUC
Il territorio, è mappato dal progetto AVI, dal PAI e dal PSFF, ed è interessato solo
limitatamente all’area orientale da significative problematiche morfologiche, costituite da
fenomeni di varia natura.
Sono presenti numerosi fenomeni storici originati dallo Stagno che portarono alla
tradizionale denominazione del settore dell’abitato di Cabras in fronte allo stagno
omonimo di “Veneziedda” poi sostanzialmente cessati con la messa in opera del Canale
Scolmatore dello Stagno.
I fenomeni significativi sono connessi al sistema Tirso.
Gli accadimenti recenti hanno entità non significativa.
In particolare, comunque, non si riconoscono eventi significativi potenziali nel
settore urbano di Cabras e di Solanas.
Il settore di Cabras è interessato nel suo margine meridionale, verso la
Circonvallazione.
Il settore dell’area artigianale di is Cortillaris è invece interessato più marcatamente
dalle zone di inondabilità connesse alle piene del Tirso.
In ogni caso la trasformabilità del PUC non può non prevedere altro se non il rispetto
delle limitazioni derivanti da tale livello di pericolosità Hi salvo che non vengano eseguiti
interventi di mitigazione della pericolosità peraltro poco significativi.
Il PUC è quindi compatibile con la pericolosità idraulica riscontrata.
Geologo Fausto Alessandro Pani
Collaboratore:
Geologo Roberta Maria Sanna
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