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Psycosmo n. 1/2016 22 giugno 2016, ed. Aspis, pag. 7-9 tutti i diritti sono riservati LA DIPENDENZA NON CREA AMORE LA DIPENDENZA AFFETTIVA Diletta Tuseo1 “Le persone mature in amore si aiutano a essere libere, si aiutano l’un l’altra a distruggere ogni tipo di legame. E quando l’amore fluisce nella libertà c’è bellezza. Quando l’amore fluisce nella dipendenza c’è bruttezza. Ricorda, la libertà è un valore più alto dell’amore. Quindi se l’amore distrugge la libertà, non ha alcun valore.” Osho “Senza di te non vivo” oppure “ti amo perché mi completi”, oppure ancora “non sono niente senza di te”... sono tipiche frasi che ci devono mettere in allarme.. si tratta infatti non di amore, ma di uno stato di dipendenza. Negli anni 70 Robin Norwood pubblicò il libro “Donne che amano troppo”, libro che mise in luce il delicato tema della dipendenza affettiva, scuotendo le donne da una pericolosa illusione. Nel libro l'autrice illustra la dinamica malata che porta le donne ad essere malate all'interno di una relazione. Una dipendenza che in qualche modo assomiglia ad una droga e che nasce da una profonda sofferenza interiore. Non si tratta di generosità, l'amare troppo è un'esperienza che comporta sofferenza e frustrazione, una malsana dipendenza verso chi non merita niente. Una relazione matura è contraddistinta infatti dalla sensazione di libertà; se viene a mancare tale libertà non c'è più una relazione sana, se manca l'individualità non può sussistere un sano legame. In una relazione contraddistinta da una dipendenza affettiva quello che salta subito agli occhi è un legame ossessivo. Legame e relazione nel quale, di solito, lei si annulla per lui, con l'idea che lui possa risolverle tutti i suoi problemi.. affetto, stima fiducia, felicità... Il più delle volte in una relazione disfunzionale la dipendente è la donna. Secondo la Norwood alla base di un amore eccessivo, spesso c'è un trauma infantile. Se una bambina è stata trascurata o abbandonata, tenderà a trovare un uomo che la abbandona o la trascura per “perpetrare” la sua esperienza dolorosa. È stato evidenziato come la dipendenza affettiva può essere paragonata ad una dipendenza da sostanza. I sintomi, infatti, sono gli stessi : • ebbrezza: il soggetto prova una sensazione di piacere quando sta con il partner, status che non riesce ad ottenere in altri modi e che gli è indispensabile per stare bene. • Tolleranza: il soggetto cerca dosi di tempo sempre maggiori da dedicare al partner, riducendo sempre di più il proprio tempo autonomo e i contatti con l’esterno. • Astinenza: il soggetto sente di esistere solo quando c'è l'altro, la sua mancanza lo getta in uno stato di allarme. Pensare la propria vita senza l'altro è inimmaginabile. 1 Psicologo, Psicoterapeuta, Consulente sessuale; Esperto in psicologia delle dipendenze. Psycosmo n. 1/2016 22 giugno 2016, ed. Aspis, pag. 7-9 tutti i diritti sono riservati L'altro è visto come l'unica fonte di gratificazione. Le attività quotidiane sono trascurate, l'unica cosa importante è il tempo trascorso con l'altro. • Incapacità di controllare il proprio comportamento: una riduzione di lucidità e capacità critica che crea vergogna e rimorso e che in taluni momenti viene sostituita da una temporanea lucidità, cui segue un senso di prostrante sconfitta e una ricaduta nella dipendenza, che fa sentire più imminenti di prima i propri bisogni legati all’altro. Dunque, ossessione verso l'altro da una parte e profondo disamore verso se stesse; è questo il duplice aspetto su cui si muovono le dipendenti affettive. Nutrono talmente tanta sfiducia in se stesse, da maturare una concezione fragile di se, e fanno dipendere dall'altro (l'uomo) la loro esistenza in termini psicologici, attribuendo all'altro anche la loro felicità. L'amore quindi, in questo caso, centra ben poco. Arrivano a perdere la loro autonomia, offrendo in cambio la loro dipendenza. Ma perché succede questo? Inseguire l'altro che non ci vuole, temere che senza di lui non valiamo nulla, accettare tutto anche i soprusi, assecondarlo in ogni comportamento, senza mai dire ciò che desideriamo: questi sono i tipici comportamenti di chi soffre di dipendenza affettiva. A differenza di una relazione sana dove l'altro viene scelto per “creare una nuova realtà insieme”, in una relazione di dipendenza affettiva, si altera l'equilibrio tra il dare e il ricevere e non c'è più un proprio spazio, perché la donna dipendente affettivamente si annulla e elimina qualsiasi confine. Chi è affetto da un rapporto di dipendenza, non appare autonomo, ma incapace di vivere l'amore nella sua totalità. Non esistono più bisogni e desideri personali, ma ci si annulla solo nell'altro. Ed è è proprio questa l'ottica perversa: temendo tanto l'abbandono del compagno e la solitudine che ne potrebbe derivare, qualsiasi gesto viene scambiato per affetto, qualsiasi cosa viene giustificata e accettata per farlo restare, assecondandolo in tutto e arrivando a subire e ad accettare passivamente i soprusi, le botte, le cattiverie. E quando si arriva alla violenza fisica, si è toccato il fondo. L'altro non è più una scelta, ma un obbligo, una questione di vita o di morte; senza di lui non c'è vita. Va bene tutto purché lui resti. A peggiorare la situazione, c'è anche un'attribuzione di colpe che non si hanno: “io sbaglio e per questo lui si comporta in questo modo”, “se solo fossi meno gelosa tutto questo non succederebbe”, “se ha urlato e mi ha offeso così è perché io l’ho fatto innervosire, ho tirato la corda”. Naturalmente questi processi non sono scevri da emozioni, ma anzi si colorano di forte e rabbia e sensi di colpa. Ma come si arriva a questo? Abbiamo detto che la persona dipendente, soffoca ogni desiderio e interesse personale al fine dell'altro, ma quando poi viene delusa, inevitabilmente, il risentimento e la delusione prende il sopravvento. Può capitare che in una relazione affettiva, ci si accorga che l'altro non è proprio come ce Psycosmo n. 1/2016 22 giugno 2016, ed. Aspis, pag. 7-9 tutti i diritti sono riservati lo aspettavamo. Questa triste consapevolezza potrebbe portare, una relazione sana, ad una rimessa in discussione del rapporto per farlo fondare su nuove basi. In una relazione perversa come quella dipendente la donna accetta la situazione dolorosa, deludente e distruttiva. La relazione diventa una gabbia dalla quale non si può uscire, senza prospettive di fuga e impregnata di dolore. Infatti, non si riesce ad interrompere la relazione, proprio perché “si ama troppo”, si continua a giustificare l'altro in un gioco perverso che toglie autonomia e indebolisce la donna dipendente. Si tratta di una forma patologica di amore, caratterizzata da assenza di reciprocità in cui il legame con l'altro, spesso problematico e sfuggente, diventa l'unico scopo della propria esistenza e il riempimento dei vuoti affettivi. Alla base manca la chiarezza per distinguere l'amore dalla dipendenza. Insomma, talmente dipendenti da non poter fare più nulla da solo, senza più dignità e autonomia. Se andiamo ad analizzare le caratteristiche della donna dipendente troveremo: − Profondo senso di colpa; − Rancore e rabbia nei confronti del partner; − Paura di perdere l’amore, − Paura dell’abbandono, della separazione, − Paura della solitudine e della distanza, − Terrore di mostrarsi per quello che si è, − Senso di inferiorità verso il partner, − Profonda gelosia, − Dedizione totale al partner e annullamento di se, − Abbassamento dell'autostima, − Senso di vergogna. Quali soluzioni? In un normale rapporto, ci si dovrebbe sentire sufficientemente autonomi da poter fare/dire quello che si vuole, senza sentirsi costretti ad “obbedire” all'altro, pena la paura di essere lasciati. Sentirsi arricchiti dallo scambio con l'altro è alla base di un rapporto sano. In un rapporto malato, invece, ci si sente dipendenti, impoveriti, deboli e fragili. Il primo passo importante è infatti comprendere quanto si vale e riconoscere la propria dignità per smettere di essere sopraffatti dall'altro. Curare i propri interessi, le proprie relazioni e le proprie amicizie, trovando alternative alla relazione malata. Importante dunque ritrovare la propria autonomia, che comporta ascoltare se stessi e i propri bisogni. Smontare l'immagine dell'altro vedendolo per quello che è: ossia un manipolatore affettivo. Un percorso lungo e difficile che spesso necessita dell'aiuto di uno psicoterapeuta ma che si pone come obiettivo quello di restituire autostima e dignità. Bibliografia: Psycosmo n. 1/2016 22 giugno 2016, ed. Aspis, pag. 7-9 tutti i diritti sono riservati Borgioni, M. (2015). Dipendenza e controdipendenza affettiva: dalle passioni scriteriate all’indifferenza vuota. Roma, Alpes Editore. Norwood R. (1989) “Donne che amano troppo” Feltrinelli.