La questione della clonazione animale
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La questione della clonazione animale
Appunti per la relazione su LA QUESTIONE DELLA CLONAZIONE ANIMALE: I PIU’ RECENTI SVILUPPI DEL DIBATTITO COMUNITARIO. (Miriam Posillipo- Seconda Università degli Studi di Napoli) Sommario: 1. Premessa. La regolamentazione delle biotecnologie tra vantaggi da conseguire e rischi da evitare. 2. La clonazione animale nel quadro della normativa comunitaria e nazionale. Le ultime ipotesi applicative nel settore alimentare. 3. La clonazione animale e l’inderogabilità dei principi fondamentali. 1. Premessa. La regolamentazione delle biotecnologie tra vantaggi da conseguire e rischi da evitare. Ogni trattazione che prenda in esame il tema delle biotecnologie, muove necessariamente dalla considerazione che le applicazioni della ricerca biotecnologica recano in sé una certa ambivalenza1. Accanto agli incontestabili benefici per la salute dell’uomo persistono, infatti, nell’opinione pubblica profonde preoccupazioni per i rischi derivanti dall’introduzione di talune innovazioni scientifiche alla vita dell’ecosistema ed ai problemi di gestione dell’ambiente2. Anche se le incognite maggiori concernono l’applicabilità dell’ingegneria genetica nel settore umano, dubbi non mancano relativamente all’applicazione delle biotecnologie al settore alimentare. La creazione, la produzione alimentare ed il consumo di organismi geneticamente modificati - vegetali o animali che siano - potrebbero provocare, a lungo andare, forme di “inquinamento genetico”3 arrecando, in 1 Sull’ambivalenza delle novità apportate dalle biotecnologie cfr. H. JONAS, Sull’orlo dell’abisso. Considerazioni sul rapporto tra uomo e natura, tr. It., Torino, 2000, p.14, S. BARTOLOMEI, Etica e biocultura, Pisa, 2003, p. 53, L. CHIEFFI, Biotecnologie e valori costituzionali, in idem (a cura di), Biotecnologie e tutela del valore ambientale, Torino, 2003, pp. 9 ss., E. BONARIO, La protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche tra TRIPs, Convenzione sulla biodiversità e UPOV, in Rassegna di diritto pubblico europeo, 2004, pp. 107 ss., 2 L’ambivalenza dell’uso delle biotecnologie è sottolineata autorevolmente da J. RIFKIN, Il Secolo Biotech. Il commercio genetico e l’inizio di una nuova era, tr. It., Milano, 1998, in cui l’A. si interroga problematicamente sulle conseguenze che l’impiego delle biotecnologie possono generare. In tale prospettiva l’A. sostiene che “più la tecnologia è in grado di espropriare e di controllare le forze della natura, più alto è il prezzo che dovremo pagare in termini di sconvolgimento e di distruzione di ecosistemi e dei sistemi sociali che sostengono la vita”;e ancora in riferimento alle tecniche di ingegneria genetica applicate al corpo umano l’A. si chiede “Con la tecnologia genetica noi assumiamo il controllo del nostro patrimonio ereditario individuale, ossia del nostro programma genetico. Può una persona ragionevole pensare, anche solo per un momento, che un simile potere non comporti alcun rischio?” (p.71 ss.) 3 J. RIFKIN, Il Secolo biotech. Il commercio genetico e l’inizio di una nuova era, cit., p. 125. 1 tal modo, danni irreversibili alla biosfera e alla salute dell’individuo4. A ben vedere si tratta di rischi che hanno nell’imprevedibilità e nell’incontrollabilità delle conseguenze i loro caratteri principali e che destano un allarme sociale maggiore di quello proprio di altri settori dell’innovazione tecnologica5. Il pericolo di una deriva catastrofica di quello che è stato definito l’“ideale baconiano”6, ossia l’orientamento del sapere verso il dominio della natura, finalizzato a migliorare il destino umano attraverso tali tecniche innovative, è insito, quindi, nella “miopia” delle finalità umane e nella reale imprevedibilità delle dimensioni del successo. In questo contesto, dal mondo della bioetica7, proviene l’appello ad una <<coscienza ecologica>>, ovvero alla raggiunta consapevolezza, da parte dell’essere umano, dell’unità strutturale e funzionale del mondo vivente che lo circonda, e quindi l’accresciuta consapevolezza dell’esistenza di un dovere morale8 della specie umana nei confronti delle altre forme viventi e dell’ambiente nel suo complesso. Ne discende da questa impostazione la necessità di coniugare le esigenze della ricerca scientifica e del progresso con i mezzi di tutela finalizzati alla prevenzione dei rischi derivanti dall’utilizzazione di attività tali da pregiudicare valori giuridicamente tutelati quali la salute e l’ambiente9. E’ indubbio, che tale sintesi non è semplice in primo luogo perché forti sono i timori mostrati dall’opinione pubblica che porterebbero ad inaccettabili ed irrazionali forme di proibizionismo10 o, viceversa, ad inaccettabili liberalizzazioni incontrollate di attività di ricerca ed utilizzo di organismi 4 M. BUIATTI, Biotecnologie da ricovertire.......p. 13 5 S.D. MURPHY, Biotechnology and International Law, in 42 Harvard International Law Journal, 2001, p. 57, citato da M. RICOLFI, La brevettazione delle invenzioni relative agli organismi geneticamente modificati, in Rivista di Diritto Industriale, 2003, p. 6, ritiene che le biotecnologie, essendo inerenti alla materia vivente ed autoreplicante, implicherebbero rischi dotati di “gambe”, in quanto aventi la caratteristica di porsi “in contesti spaziali e temporali non preventivabili, i quali perciò sfuggono in larga misura agli strumenti di previsione e di misurazione che l’esperienza delle nostre società ha in precedenza collaudato”. Accanto alla caratteristica della imprevedibilità del rischio, G. WALD, in The case Against Genetic Engineering, Ed. Jackson and Stich, 1979, citato da V. SHIVA, Monocolture della mente, Biodiversità, biotecnologia e agricoltura <<scientifica>>, Torino, 1995, p. 100, fa riferimento alla caratteristica della “permanenza”, in quanto, contrariamente agli altri tipi di prodotto nocivi (come ad es. i pesticidi), quelli dell’ingegneria genetica non potrebbero essere ritirati dal mercato: i risultati della ricerca biotecnologia sarebbero, quindi, nuovi organismi che si autoriproducono in maniera naturale e rimarrebbero permanenti. Su tali problematiche s’interroga criticamente anche RIFKIN J., Il Secolo biotech, cit., p.126, il quale ritiene che il potere di trasformare, ricostruire e sfruttare la natura seguendo queste strade, garantisce una cosa sola: che “la rivoluzione biotecnologica lascerà sull’ambiente la sua personale e pericolosa impronta. Con ogni probabilità, l’inquinamento genetico procurerà almeno una significativa minaccia alla biosfera nel prossimo secolo, come quello petrolchimico, nel secolo corrente”. 6 JONAS H., Il principio di responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica,Torino, 1990, p.179. 7 L. BATTAGLIA La sfida al nostro operare, in Jacobelli (a cura), Scienza ed etica. Quali limiti?, Roma-Bari, 1990. L’Autrice considera la coscienza biologica, “il risultato di un processo unitario, scientifico e filosofico volto a pensare il futuro dell’uomo come inscindibile da quello della natura”, e viene sostanzialmente vista come una risposta alla sfida biotecnologica 8 WOLF S.M., I problemi ecologici sono problemi morali?,in Questioni di bioetica, S. Rodotà (a cura), Roma 1997, osserva che ci sono tre modi di considerare le pretese della cosiddetta etica ecologica: a)esse si fondono sul nostro stesso interesse, e quindi non rispettando l’ambiente arrecheremmo danno a noi stessi,; b) conseguono da un valore assoluto della natura;c) sono implicite nella morale interpersonale, facendo riferimento non solo a chi vive in questo momento, ma anche al bene degli esseri futuri. 9 Così L. CHIEFFI, Biotecnologie e valori costituzionali, cit., pp. 11 e ss., secondo cui “una riflessione sulle reali conseguenze sociali delle applicazioni del progresso tecnologico consentirebbe, quindi, ai soggetti interessati di guardare le problematiche tecnologiche ed ambientali, tipiche di una società del rischio, in una diversa prospettiva”. 10 Cfr. A GIDDENS, Modernità, ecologia e trasformazione sociale, in P. Ceri (a cura di), Ecologia politica, Milano, 1987, p. 38. Sui rischi connessi all’analfabetismo scientifico cfr. G. POLI-P. DALL’ARA, Biotecnologie innovative. Scienze del futuro, in B. Mantovani (a cura di), Biotecnologie. Profili scientifici e giuridico-sociali, Milano, 2000, p. 58. 2 geneticamente modificati11. In secondo luogo, sotto altro profilo, ulteriori difficoltà sono riconducibili al carattere spiccatamente “interdisciplinare” che presenta la materia delle biotecnologie12; quest’ultime, infatti, si situano al crocevia di una serie di valori tutti ugualmente tutelati dall’ordinamento giuridico e suscettibili di essere violati da un loro utilizzo indiscriminato. Nel più ampio dibattito “giuridico-scientifico” teso ad approfondire tali problematiche la riflessione si è incentrata, da ultimo, sulla clonazione animale, ambito in cui le questioni di carattere etico – giuridico assumono una dimensione preponderante, riproponendo il non mai risolto dibattito sui limiti della ricerca scientifica. In realtà sin dagli anni '30 la possibilità di clonare animali ha attratto l'interesse dei ricercatori13, fino ad acquisire consistenza concreta da quando, nel 1996, è stata annunciata da un gruppo di ricercatori dell'Istitute Roslin di Edimburgo la nascita della prima pecora clonata, Dolly14. Da quel momento si è acceso un dibattito molto animato che ha coinvolto, innanzi tutto, gli aspetti tecnici di quell’esperimento, sui quali i biologi non hanno cessato di proporre domande e che tutt’oggi risultano ancora non compiutamente chiariti, ma che ha finito per coinvolgere, di seguito, anche la questione della trasferibilità di quella tecnica riproduttiva agli individui umani, indirizzandosi sui vari aspetti di essa, principalmente su quelli etici e giuridici15. Tuttavia, mentre da allora si discute se tale tecnica di sperimentazione, in vista delle sue potenziali applicazioni biotecnologiche, debba essere considerata come un progetto da ampliare o piuttosto come un capitolo da chiudere immediatamente della scienza, quest'ultima quasi quotidianamente ci consegna esempi di mammiferi clonati nelle diverse parti del mondo. 2. La clonazione animale nel quadro della normativa comunitaria e nazionale. Le ultime ipotesi 11 G. COCCO, Biotecnologie e valutazione dei rischi. Questioni di metodo e di merito, in L. Chieffi (a cura di), Biotecnologie e tutela del valore ambientale¸cit, pp. 109 ss. 12 Così, M. MIOLA, La brevettabilità delle invenzioni biotecnologiche, in in L. Chieffi (a cura di), Biotecnologie e tutela del valore ambientale,cit., p. 194. 13 I primi studi che hanno posto le basi per la clonazione nascono nel 1936 con gli esperimenti di Hans Spemann. In questi e in successivi studi effettuati sugli anfibi, l'interesse dei ricercatori era rivolto a cercare di capire se il nucleo di cellule differenziate di individui adulti conservava, dopo il differenziamento in cellule muscolari, neurali o dell'epidermide, gli stessi geni presenti nell'uovo fecondato. In altri termini si cercava di comprendere se nuclei di cellule differenziate conservavano la capacità di dare origine a tutti i tipi cellulari presenti in un organismo adulto (totipotenza) così come la prima cellula di un individuo (zigote) è in grado di fare. Sulla storia della clonazione animale cfr. J.B. GURDON –J. BYRNE, Storia della clonazione, in A. MCLAREN, (a cura di), La clonazione. Uno sguardo etico, Roma, 2002, pp. 49 ss. 14 La clonazione animale consiste nel realizzare la copia di un animale essenzialmente uguale all'originale. La tecnica più comunemente usata è il cosiddetto trasferimento del nucleo di cellule somatiche o SCNT (somatic cell nucleus transfer). Essa consiste nel realizzare una copia di un animale sostituendo il nucleo di un ovulo (cellula uovo) non fecondato con il nucleo di una cellula del corpo (somatica) di un animale in modo da ottenere un embrione. L'embrione viene quindi impiantato in una madre surrogata nel cui grembo si sviluppa fino alla nascita. Per molti anni le piante sono state prodotte con la clonazione, prelevando una piccola parte da una pianta e riproducendo con tale parte una nuova pianta; per un certo periodo questo è stato fatto per alcuni tipi di frutta e di verdura, ad esempio le banane, su una scala commerciale più ampia. Questa tecnologia è stata più applicata per la nascita della pecora Dolly. Sul punto cfr., H.S. CAMPBELL, La clonazione di Dolly, A. MCLAREN, (a cura di), La clonazione, cit., p.71 15 Sul punto cfr. FROSINI, Clonazione: primi interventi d'emergenza in attesa di norme organiche sulla bioetica, in Guida dir., 1997, fasc. 10, pp. 11 3 applicative nel settore alimentare. La riflessione sul tema della clonazione animale è letteralmente riesplosa in tempi assai recenti, imponendosi con amplissima rilevanza politica di fronte alla ipotesi de iure condendo prospettata dalle istituzioni comunitarie di adottare una disciplina normativa con cui si autorizzi l'applicazione della clonazione per la produzione di animali d'allevamento a scopi alimentari16. L'Autorità 17 europea per la sicurezza alimentare (EFSA) , chiamata dalla Commissione Europea a fornire indicazioni relative alle implicazioni della clonazione animale sulla sicurezza alimentare, sulla salute e il benessere degli animali nonché sull’ambiente, ha elaborato, infatti, una bozza di parere scientifico18 con cui ha espresso un'opinione favorevole sulla clonazione di animali (limitatamente ai bovini ed ai suini), il che potrebbe aprire le porte all'utilizzo di questa tecnica negli allevamenti europei. Le motivazioni addotte dall'Autorità europea per legittimare il riconoscimento della clonazione animale per scopi alimentari sono riconducibili prevalentemente ad interessi economici e s'inquadrano nel tentativo di migliorare la qualità e la produttività degli animali da allevamento19. Secondo gli operatori scientifici, infatti, la clonazione potrebbe garantire una maggiore efficacia dei programmi di selezione del bestiame: partendo da un unico esemplare con caratteristiche ottimali si potrebbero ottenere piccoli gruppi di animali con le stesse proprietà. Lo scopo immediato di tale 16 Tecnicamente ciò avverrebbe attraverso il trasferimento del DNA di una cellula somatica di un individuo adulto all’interno di una cellula uovo allo scopo di creare un embrione, il cui patrimonio genetico sia qualitativamente identico a quello dell’individuo adulto dal quale è stato prelevato il DNA della cellula somatica.Lo stesso risultato può essere conseguito attraverso la tecnica del cosiddetto “embryo-split”, che consiste nella divisione di un pre-embrione nella fase in cui le sue cellule sono ancora totipotenti, hanno, cioè la capacità di originare un intero organismo, allo scopo di ottenere due o più embrioni geneticamente identici. Cfr. Pollo, op. cit. pag. 158 e ss. 17 L’Autorità Europea per la sicurezza alimentare è stata istituita con Regolamento CE 178/2002 in G.U.C.E L. 31 del 1/02/2002 con l’intento di fornire una maggiore sicurezza ai consumatori e viene abilitata a fornire pareri scientifici alla Commissione (cui spetta, invece, il compito decidere le azioni da intraprendere) sulle questioni che hanno impatto diretto o indiretto sulla salute e sicurezza dei consumatori in relazione al consumo di alimenti (Commissione C.E. , Libro bianco sulla sicurezza alimentare, Bruxelles 12/1/2000). Nel febbraio 2007, a seguito dell'annuncio da parte della Food and Drug Administration (FDA) statunitense della possibile autorizzazione all'immissione sul mercato di prodotti alimentari ottenuti da bovini, suini e caprini clonati, il Presidente Barroso ha chiesto al all'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) un parere sulle implicazioni per la sicurezza alimentare, il benessere degli animali e l'ambiente di animali vivi clonati tramite trasferimento di nucleo di cellule somatiche (SCNT), della loro progenie e dei prodotti derivati. Contemporaneamente trattandosi di una materia multidisciplinare al Gruppo europeo per l'etica delle scienze e delle nuove tecnologie (GEE) di esprimere un parere sulle implicazioni etiche della clonazione di animali a fini di produzione alimentare. 18 La clonazione animale, che viene effettuata per varie ragioni: a) produzione in serie di animali comuni per la sperimentazione; b) produzione in serie di animali transgenici, da utilizzare per la produzioni di organi da trapiantare nell'uomo o per la sperimentazione clinica di farmaci con animali che già sono prodotti con determinate patologie; c) produzione di animali per la biocultura, cioè produzione alimentare; d) per la produzione di animali da compagnia ("Pets"); e) per la produzione industriale di pellicce. La clonazione non costituisce attualmente una prassi commerciale in Europa e non esistono nell’UE specifiche procedure di autorizzazione per i prodotti alimentari ottenuti da animali clonati. Bozza parere EFSA-Q-2007-092 “DRAFT Scientific Opinion on Food Safety, Animal Health and Welfare and Environmental Impact of Animals1 derived from Cloning by Somatic Cell Nucleus Transfer (SCNT) and their Offspring and Products Obtained from those Animals”, reperibile al sito www.europa.eu. Su tale Bozza di parere l’EFSA ha avviato una procedura di consultazione con gli Stati membri dell’UE attraverso il proprio Foro consultivo. Il gruppo di lavoro e il Comitato scientifico esamineranno le osservazioni e i contributi emersi nel corso della consultazione. È probabile che a quel punto il Comitato scientifico sarà in grado di esaminare una bozza riveduta del parere in vista della sua possibile adozione alla riunione di aprile e della successiva pubblicazione a maggio 2008. 19 BUSNELLI-PALMERINI, Clonazione........p.161.ss; A. MCLAREN, La clonazione. Uno sguardo etico......p. 210 ss. 4 operazione è il miglioramento della qualità del latte e della carne prodotti, ma la stessa tecnica può spingersi anche in altre direzioni: costruire popolazioni resistenti a determinati agenti infettivi, oppure che si adattino a condizioni ambientali difficili o che, comunque, possiedano una caratteristica desiderabile e difficilmente trasmissibile attraverso la riproduzione sessuata. Un ulteriore vantaggio per gli allevatori è rappresentato dalla possibilità dì diminuire il numero degli animali necessari per compiere esperimenti; siano essi diretti ad analizzare il comportamento alimentare o a verificare l’efficacia di trattamenti veterinari, disporre di cloni garantisce la ripetibilità di ogni tipo di test su un animale di controllo identico, senza l’influenza di variazioni dipendenti dalle caratteristiche individuali. Ebbene la prospettazione degli sviluppi positivi della clonazione animale evidenziata dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare, in ordine alla possibilità di sviluppare metodiche per la produzione di animali transgenici da utilizzare per la biocultura (ossia per la produzione alimentare), testimonia come tale tecnica si stia avviando ad uscire dai “confini della semplice ricerca”, il che induce il giurista ad interrogarsi sulle possibili conseguenze che, a distanza di anni, potrebbero rilevarsi per la salute umana e per gli equilibri ecologici. Ovviamente nel trattare le implicazioni della clonazione animale e dell’utilizzo dei prodotti da essi derivati per scopi alimentari, compito dell'operatore giuridico non è quello di emettere un giudizio morale nei confronti di tale tecnica, bensì quello di definire con precisione i caratteri rilevanti per l’indagine giuridica attraverso una valutazione contemperata tra i vantaggi derivanti per il genere umano da una siffatta tecnica ed i potenziali rischi ad essa connessi alla luce dei diritti alla tutela della salute e della conservazione dell’ambiente, quali valori fondamentali di ogni sistema costituzionale. In questa prospettiva, dunque, il discorso s'incentra sulla liceità dei presupposti giustificativi e dei limiti di ammissibilità delle tecniche di clonazione animale in funzione degli scopi che con essa s'intende perseguire. Nello scenario giuridico europeo, il fondamento positivo della clonazione animale, è rinvenibile, sia pur indirettamente, nella Direttiva 98/44/CE sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche20. La normativa comunitaria, infatti, nell'estendere la tutela brevettuale alle invenzioni biotecnologiche, esclude dalla stessa brevettabilità per contrasto all'ordine pubblico e al buon costume solo : “a) i procedimenti di clonazione degli esseri umani; b) i procedimenti di modificazione dell’identità genetica germinale dell’essere umano; c) le utilizzazioni di embrioni 20 Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 98/44/CE del 6 luglio 1998 sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, in G.U.C.E. n. L 213 del 30 luglio 1998. Sul contenuto della direttiva cfr. L.ZAGATO, La tutela giuridica delle invenzioni biotecnologiche: la direttiva 98/44 del 6 luglio 1998, in Riv. Dir. Agr. 1999, p. 424; A BEGHÈ LORETI – L. MARINI, La protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, in Dir. Unione Europea, 1998, p. 773, B. GUIDETTI, La direttiva europea sulla protezione delle invenzioni biotecnologiche, in Contratto e imp./Europa, 1999, p. 482, P. RAMBELLI, La direttiva europea sulla protezione delle invenzioni biotecnologiche,in Contratto ed impr./Europa, 1999, p. 492. Sia, inoltre, consentito un rinvio a M. Posillipo, Brevettabilità delle biotecnologie e tutela dell'ambiente. Problemi etici e giuridici, in G. Cataldi – A. Papa (a cura di), Ambiente, diritti ed identità culturale,......p.73 ss. 5 umani a fini industriali o commerciali; d) i procedimenti di modificazione dell’identità genetica degli animali atti a provocare su di loro sofferenze senza utilità medica per l’uomo o l’animale, nonché gli animali risultanti da tali procedimenti”(art. 6). Ebbene il mancato riferimento alla clonazione animale tra le ipotesi di esclusione tassativamente previste dalla normativa comunitaria, induce a ritenere, a contrario, brevettabili i procedimenti di clonazione degli animali. Ad analoghe considerazioni si perviene se si considera l’ordinamento giuridico interno. Dopo gli iniziali divieti alle procedure di clonazione animale e umana imposti con provvedimenti amministrativi21 al diffondersi delle notizie del successo dell’esperimento scozzese22, l’ordinamento nazionale ha, infatti, gradualmente riconosciuto la liceità di siffatta pratica, anche perché il divieto normativo non era riuscito a fungere da deterrente per gli operatori scientifici nel realizzare forme di sperimentazione della clonazione animale 23. Sicché, accanto ad un generale e persistente divieto di clonazione umana, dapprima si sono previste delle eccezioni al generale divieto della clonazione animale riconducibili alla ipotesi di clonazione di animali transgenici utilizzati per la produzione di medicinali salvavita o attuata a salvaguardia di specie animali in via di estinzione24, successivamente si è e espunto completamente tale divieto dall’ordinamento considerandolo pregiudizievole per “il progresso della ricerca sanitaria e, conseguentemente, per il raggiungimento di più elevati livelli di tutela della salute umana”25 . Da ultimo il legislatore nazionale nel dare attuazione alla direttiva 98/44 con legge 78/200626, in conformità al dettato normativo comunitario, non prevede tra le ipotesi di esclusione della brevettabilità delle invenzioni biotecnlogiche la pratica della clonazione animale ammettendone, pertanto, implicitamente la liceità. Ebbene in tale quadro normativo di riconoscimento della clonazione animale - genericamente richiamato in questa sede - si inseriscono i profili di valutazione giuridica della proposta 21 Ministero della Sanità, ordinanza 5 marzo 1997, Divieto di pratiche di clonazione umana e animale (G.U. 7 marzo 1997 n° 55), art. 1: “E’ vietata qualsiasi forma di sperimentazione e di intervento, comunque praticata, fializzata anche indirettamente, alla clonazione umana o animale” 22 Mi riferisco alla clonazione della pecora Dolly avvenuta nel Roslin Institute di Edimburgo nel 1997. 23 Nel settembre del 1999, presso la fiera internazionale del bovino da latte di Cremona veniva presentato al mondo un toro clonato “Galileo”, il clone che il dott. Cesare Galli aveva prodotto presso il CIZ. L’evento ha dato origine ad un’intricata vicenda giudiziaria che ha investito la magistratura penale e quella amministrativa originata prevalentemente dalla incertezza giuridica che emergeva dal contrasto della normativa comunitaria con quella nazionale…..cfr. M. TALACCHINI, Cloni della scienza, cloni del diritto: il toro Galileo e l’ordinanza 5 Marzo 1997…..in Bioetica 1/2002, p. 105 ss. 24 Ministero della Sanità Ordinanza del 22 dicembre 1999 (GU n.12 del 17/1/2000). Proroga dell’efficacia dell’ordinanza del 5 marzo 1997 (GU n. 55 del 7 marzo 1997), relativa al divieto di pratiche di clonazione umana o animale. In tal senso anche il “documento sulla clonazione umana ed animale”, elaborato dal gruppo di lavoro sulla clonazione il 13 aprile del 1999, accanto ad un generale divieto di clonazione umana, si contrappone la previsione di una liceità limitata, per la sperimentazione in materia di clonazione animale. 25 Ministero della Salute, ordinanza 21 Dicembre 2001, “Proroga dell’efficacia dell’ordinanza concernente il divieto di clonazione umana ”……. “Ritenuto, invece, che ulteriori proroghe del divieto di sperimentazioni concernenti la clonazione animale possano pregiudicare il progresso della ricerca sanitaria e, conseguentemente, impedire il raggiungimento di più elevati livelli di tutela della salute umana”. 26 Legge n° 78 del 2006 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 3, recante attuazione della direttiva 98/44/CE in materia di protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche" pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 58 del 10 marzo 2006. In particolare il Governo nazionale ha provveduto a dare attuazione alla direttiva 98/44 con il D. L. n.3 del 10 gennaio 2006, pubblicato in G.U. n. 8 del 11 Gennaio 2006, a seguito della sentenza emessa dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 16 giugno 2005 nel procedimento c-456/03, emessa nei confronti dello Stato Italiano per inadempimento dell’obbligo di recepimento della direttiva 98/44 entro il 30 giugno 2000. 6 applicativa di siffatta tecnica per scopi alimentari avanzata da ultimo dalle Istituzioni comunitarie. Trattandosi, infatti, di una forma di manipolazione che finisce per incidere sull’ambiente circostante e sulle specie viventi, è necessario compiere una riflessione sulla compatibilità della clonazione animale per scopi alimentari con la tutela della salute umana, della conservazione dell’ambiente, nonché con il rispetto del benessere degli animali quali principi fondamentali riconosciuti da ogni ordinamento giuridico. In questa prospettiva occorre, dunque, valutare la proposta scientifica tenendo conto dei vantaggi e degli svantaggi che la sua accettazione comporta e tenendo conto anche del diritto inalienabile delle generazioni future alla conservazione delle diversità genetiche27. Se, infatti, la scienza e la tecnologia forniscono all’uomo gli strumenti per vivere meglio, allo stesso tempo lo obbligano ad assumere su di sé il peso della costruzione della convivenza e perciò anche della giuridicità28. L’esigenza di garantire un’adeguata protezione della vita e della salute umana, più volte richiamata negli atti comunitari29, induce cioè ad un’attenta valutazione del rapporto rischi/benefici che impedisca i formidabili interessi (essenzialmente di tipo economico), che si celano dietro queste scoperte, di avere il sopravvento sull’altrettanto indispensabile bisogno di sicurezza. Si tratta, in poche parole, di una valutazione che dovrà essere effetto di una “decisione politica, funzione del rischio accettabile della società che lo deve sopportare”30. L’imprevedibilità dei prodotti derivanti da cloni di animali, i cui effetti cumulativi sulla salute umana e sull’ambiente si potranno conoscere soltanto attraverso accurate indagini protratte nel tempo, lungi dall’indurre ad un’aprioristica 27 Chieffi L., Ricerca scientifica e tutela della persona, ESI, Napoli, 1993, pag.10. L’Autore rileva come siffatte “tragic choise” non debbano spingere a sterili, quanto inconcludenti, proposte verso tutto ciò che appare <<artificiale>>, sbarrando radicalmente l’ingresso alle novità, ricorrendo alla tecnica del divieto. D’altro canto un uso poco accorto delle tecnologie legate alla genetica sembra segnato dal rischio di effetti irreversibili, oltre che imprevedibili: un rischio,dunque, che dovrebbe essere ritenuto inaccettabile. “In effetti”, si chiede H. Jonas, Dalla fede antica all’uomo tecnologico, Bologna 1991, pag 225, “che cosa fare con gli incidenti inevitabili delle manipolazioni genetiche, con i fallimenti, con gli esseri deformi, la mostruosità?”. Sullo stesso punto cfr. Dulbecco R., Ingegneri della vita, Milano, 1988, pp. 13-14, secondo cui è urgente gettare le basi di un nuovo contratto tra scienza e società, poichè anche la scienza ha bisogno di regole, non può svilupparsi in modo selvaggio, o addirittura in aperta sfida alla morale corrente. Una grande rivoluzione tecnologica,come quella che si è venuta a delineare negli ultimi anni, rimette in gioco non soltanto gli aspetti materiali della nostra vita, ma la nostra cultura., la nostra visione del mondo, i nostri valori. Soltanto una discussione aperta, che coinvolga tutti i cittadini e tutti gli operatori interessati, può permettere di superare i contrasti che separano l’opinione pubblica dal mondo della ricerca. Anche Busnelli, Il diritto e le nuove frontiere della vita umana, in Scritti in onore di A. Falzea, I, Milano 1991, pag. 109, palesa la necessità di dare una regolamentazione all’interferenze dell’uomo sulla natura, ritenendo, però, che nella decisione “concernente l’ammissibilità e i limiti del ricorso ai nuovi strumenti di intervento sulla vita umana offerti dal progresso della scienza e della tecnica, sarebbe assurdo considerare contro natura l’intera gamma di tali strumenti per il solo dato della loro artificialità: rispetto della natura non vuol dire divieto indiscriminato di qualsiasi alterazione dei processi naturali; significa, piuttosto, selezione di fini conformi alla natura”. 28 Berti G., Interpretazioni Costituzionali, Padova, 1987, pag.66, ritiene che, l’uomo nel processo di evoluzione tecnologica, si trova a dover vivere fino in fondo la sua libertà, traendo da essa la razionalità dell’ordine e divenendone perciò protagonista e responsabile. Sul punto cfr. J. Wroblewsky, Dilemmi dell’età tecnologica: il diritto e l’omeostasi dell’esistenza umana, in “Nuovi diritti dell’età tecnologica”, Riccobono (a cura), Milano 1994, pag.197. Secondo l’Autore l’età tecnologica viene considerata come una sfida per l’uomo, che deve valutare le sue promesse e i suoi pericoli. Sotto questo aspetto l’età tecnologica rileva una sua ambivalenza e richiede all’uomo di compiere alcune scelte basilari che tengano conto delle sue latenti possibilità sia nel bene che nel male per lui e per le generazioni future. 29 Regolamento C.E. 178/2002 (sull’Autorità per la sicurezza alimentare) in G.U.C.E. L. 31 del 1/2/2002 e art 174 CE. 30 Comunicazione della Commissione Europea sul principio di precauzione, Bruxelles, 2/2/2000, riportata da G. TAMINO, Il bivio genetico. Salute e biotecnologie tra ricerca e mercato, 2001, p.151. 7 demonizzazione dell’impiego spinge, piuttosto, ad un atteggiamento di estrema prudenza, in modo da valutare attentamente tutti i possibili rischi e quindi la probabilità e gravità di un effetto nocivo per la salute, conseguente alla presenza di un pericolo. Ora, ripercorrendo brevemente i contenuti della bozza di parere stilata dall’Autorità Europea per la sicurezza alimentare, con cui la stessa giunge ad una valutazione positiva in ordine al riconoscimento della clonazione animale per scopi alimentari, sono molteplici i punti che giustificano un certo scetticismo e riguardano, per l’appunto, i modi con cui viene effettuata la valutazione e la gestione dei rischi. Nella bozza di parere si riconosce, infatti, che la tecnica del trasferimento del nucleo di cellule somatiche (SCNT) è una tecnologia relativamente nuova e che i dati a disposizione per valutare le ripercussioni che la clonazione possa avere sull’ambiente e sul benessere degli stessi animali clonati sono limitati. Inoltre l’Autorità, nel mentre ammette che i tassi di mortalità e le patologie riscontrabili nei cloni sono significativamente più elevati rispetto a quelli del bestiame riprodottosi in maniera tradizionale, ritiene probabile che la proporzione dei cloni malati diminuisca con il miglioramento della tecnologia31. Tuttavia, nonostante l’assenza di una prova certa offerta dalla scienza sulle reali dimensioni del rischio derivante dalla creazione, produzione e consumo alimentare di cloni di animali e di prodotti da essi derivati, l’Autorità perviene ad una valutazione positiva in ordine all’ammissibilità di siffatta tecnica. Ebbene da più parti è stato evidenziato32 come il vizio principale che emerge dallo studio condotto dalla Autorità Europea è l’evidente mancanza di dati scientifici dietro ad esso. L’assenza di dati scientifici sulla innocuità della clonazione animale in biocultura, dovrebbe indurre l’Autorità a 31 Nella bozza di parere si riconosce che la SCNT è una tecnologia relativamente nuova e che i dati a disposizione per valutarne i rischi sono limitati. La maggior parte degli studi esistenti si riferisce ad un numero ridotto di campioni e i dati attualmente disponibili consentono solamente una valutazione dei cloni bovini e suini e della relative progenie. Inoltre la SCNT è una tecnologia in corso di evoluzione, pertanto i dati su animali allevati e sopravvissuti per periodi prolungati sono limitati. Va aggiunto che l’attuale metodo di valutazione del benessere si basa in gran parte sull’interpretazione di dati limitati. Si riportano di seguito le conclusioni cui perviene l’EFSA: • Sebbene i tassi di mortalità e malattia riscontrati nei cloni siano notevolmente superiori a quelli osservati negli animali ottenuti per riproduzione sessuale, i cloni sani e la relativa progenie dimostrano che la tecnica del trasferimento del nucleo di cellule somatiche (SCNT)può essere usata con successo a fini riproduttivi nei bovini e nei suini. In base ad una serie di parametri, tra cui parametri fisiologici e clinici, i cloni sani e la loro progenie sana non mostrano differenze significative rispetto ai loro omologhi ottenuti con metodi convenzionali. • La salute e il benessere di una quota rilevante di cloni sono risultati compromessi. È probabile che la quota dei cloni non sani diminuisca con il perfezionarsi della tecnologia. • I valori relativi alla composizione e al valore nutritivo dei prodotti alimentari, come carne e latte, ottenuti da cloni bovini e suini sani e dalla relativa progenie, rientrano nella norma riferita a prodotti analoghi provenienti da animali allevati in modo convenzionale. In considerazione di tali risultanze e assumendo che ai cloni non sani sia impedito di entrare nella catena alimentare, come avviene anche per gli animali allevati in modo convenzionale, è altamente improbabile che esistano differenze in termini di sicurezza alimentare tra i prodotti alimentari provenienti da cloni e loro progenie e quelli provenienti da animali allevati in modo convenzionale. • Non si prevede che la clonazione possa avere ripercussioni sull’ambiente, tuttavia i dati a disposizione sono limitati. 32 Avverso tale bozza di parere c’è stata, infatti, una vera e propria levata di scudi da parte delle categorie rappresentative degli allevatori e consumatori. 8 ricorrere al principio precauzionale33 proceduralmente finalizzato a salvaguardare la primazia di quei “valori sostanziali” considerati inderogabili in ogni ordinamento giuridico. 3. La clonazione animale e l’inderogabilità dei principi fondamentali. Nessuna applicazione biotecnologica, per quanto proiettata ad incrementare le conoscenze umane e a realizzare il benessere economico del Paese, potrebbe rappresentare una minaccia per la salute dell’individuo34 o per la conservazione dell’ambiente che lo circonda, di cui è generalmente riconosciuta la primazia in quanto “diritto fondamentale della persona ed interesse della collettività”35. Proprio in vista di queste finalità sono state sollevate preoccupazioni sugli effetti biologici e sociali della clonazione animale per scopi alimentari riconducibili alla possibile erosione della “diversità genetica” dell’ecosistema: tale tecnica ostacolerebbe, infatti, quella stessa selezione naturale che presuppone il mantenimento di una variabilità genetica all’interno della specie animale36. In altre parole ciò che potrebbe uscirne compromessa dall’introduzione di siffatta tecnica è la salvaguardia dell’equilibrio tra le specie viventi nonché l’uso sostenibile della stessa “biodiversità”37, quali valori fondamentali di ogni sistema costituzionale. A ben vedere si tratta di “beni costituzionali”38 la cui valenza è comprovata dal frequente richiamo contenuto in importanti documenti internazionali39 e comunitari40, oltre che in numerose Carte costituzionali. Basti a titolo 33 A giudizio di G.F. FERRARI, Biotecnologie e diritto costituzionale, in Dir. Pubbl. comp. ed eur. 2002 IV, p.1571, il principio precauzionale segna la prevalenza dei “valori procedurali” sui “valori sostanziali”. Per questo A., infatti, il diritto costituzionale sembra conoscere periodicamente “fasi in cui, soprattutto, per le difficoltà di assestamento dei bilanciamenti assiologici in periodi di rapida ed intensa trasformazione del sistema politico o –come nella specie- del dato culturale e scientificotecnologico, la primazia dei valori sostanziali assume un ruolo più defilato e riprende ad accentuarsi la valenza procedurale della costituzione, in attesa del risaldarsi di nuovi equilibri valoriali in funzione dell’evoluzione della costituzione materiale” 34 Di cui la stessa Corte Costituzionale ne ha più volte richiamato l’irrinunciabilità ed essenzialità in quanto “prodotta dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana (sent. 509/2000, 309/1999, 267/1988, 247/1999) 35 Corte Cost. sentt. Nn° 210 e 641 del 1987, entrambe in Giur. Cost. 1987, p 1593 ss. P. 3799 ss. 36 La riproduzione sessuale, con i suoi risultati casuali garantisce una adattabilità biologica che un po' alla volta potrebbe andare perduta se molte copie di un genoma sono clonate. Sugli aspetti tecnici si rinvia a R.N. HUGHES, A functional biology of clonal animals, Chapman and Hall, London-New York 1989. Sul puntoBusnelli- Palmerini, op. cit., pag. 164, osservano che i rischi paventati per la biodiversità sono, d’altra parte, controbilanciati dalla possibilità di utilizzare la clonazione come strumento per garantire la conservazione delle specie animali in via d’estinzione. 37 A questo valore fa esplicito riferimento la convenzione sulla diversità biologica firmata a Rio de Janeiro, e la stessa Direttiva 98/44/CE sulla protezione giuridica dell’invenzioni biotecnologiche. La prima definisce la biodiversità come “la variabilità degli organismi viventi di qualsiasi fonte, comprendente la diversità all’interno di ogni specie, tra le specie e degli ecosistemi” (art. 2), ne riconosce l’importanza “per l’evoluzione e la conservazione dei sistemi vitali della biosfera”, e invita le parti contraenti a “creare o mantenere condizioni appropriate, a regolare, amministrare o controllare i rischi connessi all’uso e la diffusione di organismi modificati risultanti dalla ricerca biotecnologica che potrebbero avere un impatto ambientale negativo e potrebbe influenzare la conservazione e l’uso duraturo della biodiversità, nonché mettere in pericolo la salute dell’uomo” (art. 10, lett. b). La direttiva 98/44/CE, nel preambolo precisa, invece, che la protezione giuridica accordata alle invenzioni biotecnologiche, deve avvenire entro i limiti dell’uso sostenibile della diversità biologica. 38 Cfr. Comitato Nazionale per la Bioetica, Documento sulla sicurezza delle biotecnologie, a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento per l’informazione e l’editoria, Roma, 1991, p. 7. 39 Ci si riferisce al Rapporto Brundtland del 1987 il quale impegna gli Stati “…conservare gli ecosistemi e i processi ecologici essenziali per la funzionalità della biosfera, a preservare le diversità biologiche e ad osservare il principio del miglior uso 9 esemplificativo ricordare, in questa sede, la Costituzione spagnola in cui viene disposto che “tutti hanno diritto ad usufruire di un ambiente adeguato per lo sviluppo della persona, nonché il dovere di mantenerlo” (art. 45, co. I), nonché la Costituzione Portoghese che riconosce il “diritto ad un ambiente di vita umano, sano ed ecologicamente equilibrato” (art. 66), ed ancora la Legge Fondamentale Svizzera in cui è evidenziata la necessità di proteggere l’ambiente “dagli abusi dell’ingegneria genetica” (art. 120)41. L’importanza accordata alla tutela dell’ambiente emerge, inoltre, da alcune Costituzioni sudamericane, tra cui va annoverata soprattutto quella Brasiliana del 1988, la quale accanto al dovere di preservare la “diversità ed integrità del patrimonio genetico” e di proteggere gli ecosistemi naturali, riconosce un “diritto ad un ambiente ecologicamente equilibrato” (art. 225). Analoga attenzione alla salvaguardia dell’ambiente è dedicata dalla Costituzione Italiana la quale, in seguito della revisione del Titolo V, richiama espressamente l’esigenza di assicurare un elevato grado di protezione dell’ambiente che viene attualmente esteso alla conservazione dei sistemi ecologici (art. 117, co. II lett. S e co. III)42. L’introduzione nelle Carte fondamentali di un chiaro riferimento al valore ambientale verrebbe a manifestare, a giudizio della dottrina43, l’intenzione del costituzionalismo democratico contemporaneo di prendere le distanze dal “giuspositivismo (comportante una separazione tra valori e diritto) così da rimarcare l’essenzialità di taluni beni su cui andrebbe misurata la legittimità delle attività pubbliche e private, comprese le tecniche introdotte dalla ricerca biotecnologica44”. All’interno della Comunità europea ed internazionale si fa strada, cioè, la consapevolezza, per una sorta di giustizia e di solidarietà “intergenerazionale”, che la salvaguardia dell’ambiente costituisca un onere inderogabile volto a scongiurare una “crisi ecologica planetaria”45. Consegue, da questa impostazione, una spiccata attenzione per tutte le questioni connesse all’equità intesa come uguale sostenibile di risorse naturali viventi ed ecosistemi”, ed alla Convenzione di Rio de Janeiro sulla biodiversità del 1992 tra i cui obiettivi rientrano “la conservazione della diversità biologica, l’uso durevole dei suoi componenti e la ripartizione giusta ed equa dei benefici derivanti dall’utilizzazione delle risorse genetiche, grazie ad un accesso soddisfacente alle risorse genetiche ed un adeguato trasferimento delle tecnologie pertinenti in considerazione di tutti i diritti su tali risorse e tecnologie, e grazie ad adeguati finanziamenti” (art.1). Le problematiche concernenti il rapporto tra la protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche e la tutela della biodiversità sarà oggetto di riflessione nel successivo paragrafo. 40 Basti ricordare a titolo esemplificativo la Risoluzione del Parlamento Europeo del 15/5/2001 in cui si “reputa che la salvaguardia della biodiversità debba costituire un obiettivo comune per quanto concerne qualsiasi forma di utilizzazione del territorio”. 41 Per quanto concerne la tutela dell’ambiente nelle varie Costituzioni europee cfr. D. AMIRANTE, Diritto ambientale e Costituzioni. L’esperienza europea, Milano, pp. 24 e ss.., S. GRASSI, Costituzioni ed ambiente, in Costituzioni, razionalità ed ambiente, Torino, 1994., pp. 394 ss. 42 In verità, già precedentemente alla riforma del Titolo V, pur in assenza di uno specifico richiamo nella Costituzione Italiana, la tutela ambientale era stata inserita nella “tavola dei valori fondamentali” della Carta Repubblicana, ad opera della Corte Costituzionale. Il Giudice delle Leggi, infatti, in più occasioni ha sottolineato l’importanza della salvaguardia dell’ambiente per le sorti dell’umanità comprendendo al suo interno, “la esistenza e la preservazione dei patrimoni genetici, terrestri e marini, di tutte le specie animali e vegetali che in essi vivono allo stato naturale” (sent. n° 210 del 1987, in Giur. Cost., 1987, pp. 1593 ss.. 43 A. BALDASSARRE, Le biotecnologie e il diritto costituzionale….p. 30. 44 Comitato Nazionale per la Bioetica, Considerazioni etiche e giuridiche sull’impiego delle biotecnologie, sul sito internet www.palazzochigi.it 45 Comitato Nazionale per la Bioetica, Considerazioni etiche e giuridiche sull’impiego delle biotecnologie 1 opportunità di fruizione delle risorse del pianeta da parte di cittadini di una nazione, fra nazioni, fra generazioni. Alla luce di tali considerazioni risulta, pertanto, evidente che la primazia riconosciuta alla salvaguardia della salute dell’essere umano e dell’ambiente entro cui esplica la sua personalità, impone pertanto “un dovere di astensione dell’attività rischiosa”, indipendentemente dal “costo economico/sociale che ne potrebbe discendere”46. Per il Comitato Nazionale di Bioetica le invenzioni biotecnologiche debbono essere, infatti, funzionali alla tutela e “promozione dei principi etici comuni” e degli stessi diritti fondamentali dell’uomo”47. In questa prospettiva, “il carattere “pregiudiziale” riconosciuto al valore ambientale”48, dovrebbe indurre l’operatore giuridico ed economico, nella ricerca di un punto di equilibrio tra i molteplici valori coinvolti, a riservare a tale principio un elevato grado di protezione. Ecco, dunque, che le esigenze di mercato e di ricerca devono arrestarsi ogni qual volta dal riconoscimento della protezione giuridica ad una data invenzione biotecnologia, possano scaturire degli effetti pregiudizievoli ed irreversibili per la tutela della salute umana e dell’ambiente in cui l’ uomo vive49. Tali argomentazione inducono a considerare la valutazione positive operata dall’Autorità Europea per la sicurezza alimentare in ordine al rinascimento della clonazione animale per scopi alimentare, affetta da una certa superficialità considerata la scarsità di dati scientifici certi (peraltro ammessa dalla stessa autorità) in ordine alla sicurezza per l’ambiente e la salute umana dall’immissione e consumo di cloni animale e prodotti da essi derivati. Ad analoghe considerazioni argomentative si perviene se si considera la citata proposta sotto il profilo dei rischi che potrebbero derivare alla salute degli stessi animali clonati; rischi anche in questo caso avvolti da uno stato di incertezza riconducibile alla imprevedibilità degli effetti. A tal proposito è noto che le istituzioni comunitarie si sono mostrate sensibili a tali tematiche tanto da approntare gradualmente un quadro normativo finalizzato ad imporre il rispetto dei principi di base del benessere animale quali “essere senzienti”50. 46 M. CECCHETTI, Principi costituzionali per la tutela dell’ambiente, Padova, 2000, p.224. Nello stesso senso cfr. B. DE MARCHI – L. PELLIZZONI – D. UNGARO, Il rischio ambientale, Bologna, 2001, p. 27. 47 Comitato Nazionale per la Bioetica, Considerazioni etiche e giuridiche sull’impiego delle biotecnologie 48 L. CHIEFFI, Biotecnologie e valori costituzionali, cit., p. 15. 49 Il contemperamento tra la libertà di ricerca scientifica e la salvaguardia dei valori personalistici ed ambientali, non potrebbe, infatti, oltrepassare,a giudizio della Corte Costituzionale, il limite rappresentato dalla “tollerabilità per la tutela della salute umana e dell’ambiente in cui l’uomo vive” (sent. n. 127 del 1990, in Giur. Cost., 1990, pp. 726 ss.). In questa direzione, il già citato d.l. n. 3 del 2006, di attuazione alla direttiva 98/44, in conformità all’art. 27, par.2, dell’Accordo TRIPs, esclude dalla brevettabilità “le invenzioni il cui sfruttamento commerciale è contrario alla dignità umana, all’ordine pubblico ed al buon costume, alla tutela della salute e della vita delle persone e degli animali, alla preservazione dei vegetali e della biodiversità ed alla prevenzione dei gravi danni ambientali” (art. 4, lett. C). 50 Il Protocollo sulla protezione e benessere degli animali allegato al Trattato di Amsterdam (1997), ha riconosciuto gli animali come essere senzienti,. Tale protocollo è divenuto da ultimo parte integrante del Trattato di Lisbona sul Funzionamento dell'Unione Europea, sotto il Titolo II "provvedimenti aventi applicazione generale": "Nel formulare e implementare le politiche sull'agricoltura, pesca, trasporti, mercato interno e ricerca, l'Unione e gli Stati Membri devono, poiché gli animali sono esseri senzienti, porre attenzione totale alle necessità degli animali, sempre rispettando i provvedimenti amministrativi e legislativi degli Stati Membri relativi in particolare ai riti religiosi, tradizioni culturali ed eredità regionali."(art. 13). Altri dati normativi di 11 Sotto questo profilo, se è vero che dal mondo della scienza si sottolinea che la clonazione, come modalità riproduttiva in sé per sé considerata, risulti inidonea a provocare dolore e nell’animale clonato e nel donatore di nucleo, la liceità delle prospettate applicazioni della tecnologia in esame dovrebbe essere valutate alla luce della normativa comunitaria in materia, con riferimento alle patologie e alle sofferenze che a lungo andare si potrebbero manifestare negli animali clonati. Di tali considerazioni sembra aver tenuto conto il Gruppo europeo per l'etica delle scienze e delle nuove tecnologie (GEE), il quale, chiamato ad esprimere, contestualmente all’EFSA, un parere sulle implicazioni etiche della clonazione di animali a fini di produzione alimentare, esclude che esistono argomenti convincenti che giustifichino la produzione di alimenti da cloni o da loro figli, tenuto conto dell'attuale livello di sofferenze e malattie a cui gli animali clonati e le loro fattrici sono sottoposti51. Non sappiamo ancora molto della clonazione animale, dei rischi che essa potrebbe comportare per la salute dell’uomo, per la vita dell’ecosistema e per la salute degli stessi animali coinvolti. Le informazioni sulla morte di Dolly e sugli altri animali transgenici o clonati non sono sempre rassicuranti, o almeno mostrano un cammino ancora pieno di difficoltà e di molte incognite. Di fronte ad ogni nuovo passo della scienza occorre assumere delle decisioni politiche-giuridiche responsabili, fondate su un’adeguata ponderazione delle possibili ricadute di ogni azione umana sull’altrui esistenza. Di fronte a tali circostanze imprevedibili sarebbe allora sensato, secondo la riflessione di Hans Jonas, interrogarsi su cosa sia “lecito o non lecito fare, quanto avanti ci si può spingere o dove bisogna ancora trattenersi”52 riferimento in materia sono costituiti dalla Direttiva 98/44 che esclude la brevettabilità delle invenzioni biotecnologiche che arrecano sofferenze inutili all’animale; la Direttiva 98/58 sulla protezione degli animali d’allevamento; la Direttiva 86/609 sulla Sperimentazione animale….. 51 Parere del Gruppo Europeo per l’etica n° 23 del 16 Gennaio 2008, disponibile sul sito www.europa.eu. Nel loro documento sul tema, gli scienziati dell'EGE fanno notare che circa il 20% degli animali clonati appena nati non riescono a superare le prime 24 ore e un altro 15% non riesce a superare lo svezzamento. E conclude dicendo che "E' necessario analizzare e considerare le implicazioni di natura etica, legale e sociale a proposito della clonazione di animali per la produzione alimentare". 52 H. JONAS, Sull’orlo dell’abisso….p. 127. 1