Mondonotizie - Jean

Transcript

Mondonotizie - Jean
Mondo notizie
Lo studio danese 3XN ha inaugurato in aprile il
centro culturale The Arch (a sinistra) realizzato
nell’ambito della riqualificazione del waterfront
di Mandal (Norvegia) e vinto, in team con HKS
Architects, Arup, ME Engineers e Planit, il
concorso per la Copenaghen Arena (a destra),
che dovrebbe sorgere nel 2015 nell’area di
Orestad
Il Tribunale dell’Andalusia ha dichiarato che la Biblioteca del Prado
dell’Università di Siviglia, «illegalmente costruita» su progetto di
Zaha Hadid, dovrà essere demolita. L’intervento, iniziato nel 2008
a seguito di un concorso, era stato bloccato nel 2009 dagli
abitanti del quartiere che denunciavano l’occupazione di uno
spazio pubblico alberato. Secondo la sentenza non vi sono interessi
generali che giustifichino la trasformazione. L’Università, avendo
già speso 15 milioni, proponeva la riutilizzazione delle parti
costruite per realizzare un parco pubblico attrezzato
RECORD EUROPEO A 306 METRI
Su Londra l’ombra lunga della Scheggia di Piano
Viene inaugurato il 5 luglio «The Shard», il grattacielo commissionato a Rpbw da Sellar Property Group
di Piano è collocata a Southwark, oltre il Tamigi, sul fronte opposto rispetto all’area
terziaria della City, dove sorge il Gherkin di Norman Foster
(2004), globalizzato al punto
che distinguerlo dalla Torre Agbar di Jean Nouvel a Barcellona (2005) diventa complesso,
una volta estraniatisi dal contesto urbano.
Di là dagli importanti aspetti tecnici, ideativi e turistici,
lo Shard è un’architettura
dell’umanesimo? Il motivo
per cui si sente la necessità di
rivedere l’operato di Rpbw
scaturisce dalla constatazione
che, nonostante si tratti di un
programma imponente per
budget e dimensioni, non è
dato scorgere un progetto
sociale all’altezza delle attese, vista l’occasione difficilmente ripetibile. Piano stesso, parlando del Centro Pompidou a Parigi, aveva citato
quel «senso d’intimidazione»
che spesso caratterizza a vari
livelli l’universo dell’archi-
© ANNALISA SONZOGNI
zione per l’edificio sembrano essere stati diversi, a partire dai dipinti
impressionisti di Claude Monet: i pinnacoli
nella serie di oli su tela dedicati al Parlamento di Londra
(1900-1905) hanno
stimolato la creatività dell’architetto
genovese.
È innegabile che
lo Shard abbia una
spiccata personalità, aspetto che
lo rende identificabile insieme
alla condizione
privilegiata di
grattacielo
isolato. L’opera
Intanto a Parigi, una nuova generazione di torri alla Défense
La Défense sembra godere di una seconda ondata di costruzioni alte con
molti nuovi interventi. Creando nel 1958
l’Etablissement public d’aménagement
de La Défense (Epadesa), lo Stato francese lanciava quello che oggi è il primo
quartiere d’affari d’Europa, con un’identità forte legata alle sue icone, il Cnit e la
Grande Arche, alle sue torri e al suo impianto urbanistico su piastra. A breve il
quartiere sarà anche servito meglio dai
trasporti grazie al «Grand Paris Express»,
mentre sta partendo la concertazione sulla ristrutturazione del raccordo anulare.
In mezzo secolo, grazie ad architetti e
promotori illuminati, diverse generazioni di torri si sono succedute. La prima limitava l’impronta al suolo e l’altezza, la seconda era quella delle terrazze
paesaggistiche all’americana climatizzate e illuminate artificialmente attorno a
nuclei tecnologici in calcestruzzo. Nel
2001, Jean-Paul Viguier, artefice delle
cinque torri del Cœur Défense, il più grande progetto costruito sull’Esplanade,
inaugurava la terza generazione in cui la
scommessa era ridurre i consumi agendo
sulla climatizzazione, l’isolamento, i dispositivi termici e la luce naturale e riducendo tutti gli spostamenti. Se Cœur Défense e la torre Sofitel di Chicago hanno
lanciato la carriera internazionale dell’architetto francese che sta terminando anche la torre ecologica Telecom a Rabat
(Marocco), la sua torre Majunga (195
m) per Unibail Rodamco (insignita dei
Breeam Awards 2012 per le sue performance ambientali), trasformerà da gen-
naio 2014 la silhouette della Défense con
audaci giardini ai piani e aperture per la
ventilazione naturale. «Collocare locali
tecnici ai piani intermedi consente di ridurre i costi energetici e Majunga beneficia anche di nuovi regolamenti edilizi
che consentono maggiore libertà di facciata e di coronamento. Se Cœur Défense offriva 40 piani identici, Majunga integra variazioni di forma dei solai», precisa Viguier. Intanto prosegue il progetto
urbano delle Terrasses de Nanterre, il
cantiere della torre Carpe Diem (162
m), firmata dall’americano Robert Stern
per Aviva e Crédit Agricole, l’edificio Basalte di Jean Mas (Atelier 234) per Nexity, sospeso sui viali di trasporto, e la torre Phare di Tom Mayne per Unibail Rodamco. Appoggiata sulla stazione sotterranea con la quale comunicherà attraverso il Cnit, questa torre di 300 m e 147.000
mq formata da due edifici intrecciati sarà
consegnata nel 2017 se tutto va bene (i ricorsi depositati contro il progetto sono appena stati rigettati dal tribunale). Nel frattempo, sono in ristrutturazione le torri Eqho, Athena, Europe, mentre è scaglionata a partire dal 2013 la costruzione delle
torri Trinity di Cuno Brullmann JeanLuc Crochon, Ava di Manuelle Gautrand e Hermitage Plaza di Foster +
Partners. Quest’ultima, un complesso di
due edifici gemelli di 323 m previsto per
il 2016, si candida a record europeo rivaleggiando con lo Shard di Londra. Il
permesso di costruire è stato rilasciato a
marzo, ma ci sono ancora incertezze.
Christine Desmoulins
tettura (cfr. «Il Giornale dell’Architettura», settembre
2011): a Londra questa «intimidazione» è rappresentata da
una committenza spinosa per
i risultati speculativi richiesti
ai progettisti. Alla base dell’edificio le due piazze da 900
mq forse potranno assolvere
alla funzione sociale anche
senza essere inserite in una
logica più ampia. Supposizioni, perché solo il tempo potrà dare risposte certe.
Ci si sarebbe aspettati, dal
Piano che abbiamo imparato
a conoscere nella sua storia
fatta di brillanti successi (ad
esempio a Sydney, per un altro grattacielo), un progetto
paradigmatico per le generazioni future di architetti. Invece, si è prodotto quello che
l’architetto genovese ironicamente chiama «scarnificazio-
ne del progettista»: una pubblica enquiry che ha coinvolto tutti gli attori interessati al
progetto e che non permette di
distinguere chiaramente dove
cominciano e terminano le responsabilità delle parti. Questa scelta, operata dalla città e
non dall’architetto, è pericolosa perchè non rilancia la
funzione della committenza,
oggi davvero in crisi.
In ogni caso, secondo «The
Independent», non sarà semplice dare in locazione le superfici di Shard.
Il 5 luglio l’inaugurazione alla presenza dei finanziatori
del Qatar e del Principe Andrea, duca di York: il capitale
è stato tradotto in una bella architettura, con l’approvazione della corona e del suo artefice.
Marco Iuliano
La carta d’identità del progetto
Committente: Sellar Property Group Progettisti: Rpbw con Adamson Associates Piani: 87, di cui 72 per residenze, alberghi, ristoranti e uffici Superfici: piano terra 126.712 mq, uffici (4°-27° piano) 55.277 mq, ristoranti (31°-33° piano) 2.608 mq, hotel (34°52° piano con 200 camere per lo Shangri-La) 17.562 mq, residenziale (10 appartamenti tra 53° e 65° piano) 5.788 mq, galleria 1.391 mq (68°-72° piano) Parcheggi: 48 in silos meccanizzati Ascensori: 44 Scale mobili: 8 Web: http://the-shard.com
© RIPRODUZIONE RISERVATA
1
d’uso differenziate: uffici,
ristoranti e hotel (4-52), residenze (53-65), vista sulla
città (68-72, aperta al pubblico da febbraio 2013).
Sarà uno straordinario
osservatorio per guardare il paesaggio urbano a
circa 250 m d’altezza e
ruberà visitatori al London Eye, la ruota panoramica sul Tamigi che si
ferma, nel punto più alto,
a quota 135 m. La facciata è formata da otto
piani inclinati che non
s’incontrano in sommità: l’apice del grattacielo si assottiglia fino quasi a sparire.
In basso l’hub che
connette
l’edificio
alla scala
urbana e
alla rete
dei trasporti,
in particolare
alla stazione
ferroviaria
London Bridge
che è anche fermata della Tube
sulle linee Northern e Jubilee: mediamente qui transitano
200.000 passeggeri al
giorno. I motivi d’ispira© RPBW
SEGUE DA PAG.
Mondo 11
IL GIORNALE DELL’ARCHITETTURA, N. 107, LUGLIO 2012
LE OPERE DELLO STUDIO OMA/1
Rem Koolhaas adesso vuole conquistare Mosca
Lo studio olandese è impegnato su più fronti: dalla formazione presso l’Istituto Strelka al coinvolgimento in progetti
quali la trasformazione del Gorkij Park, la «città dell’innovazione» e il piano per la Grande Mosca
Quando lo Strelka ha ricevuto l’incarico di ricostruire il
famoso Gorkij Park (i lavori
non sono ancora ultimati, ma è
già un enorme successo), Oma
è stato contattato dal Centro
di cultura contemporanea Garage, che ha deciso di trasferirsi nel parco, con l’incarico di
convertire il ristorante degli
anni sessanta in uno spazio
espositivo. Koolhaas, da tempo affascinato dall’architettura
sovietica degli anni sessanta e
settanta, ha accettato con entusiasmo. Stavolta il suo lavoro
dovrebbe essere portato a termine: il Gorkij Park del Garage sarà inaugurato nel
2013 (Partner in Charge: Rem
Koolhaas, Associate in Charge:
Chris van Duijn; Project Architect: Ekaterina Golovatyuk).
L’incarico offre all’architetto l’opportunità di chiarire la
sua posizione sulla conservazione. La controversa mostra
«Chronochaos» della Bienna-
Oma per Mosca. In senso orario, il piano di sviluppo per l’agglomerazione della Città, il Garage Gorkij Park e la Guest zone di Skolkovo
E a Siracusa Rem è scenografo
© ALBERTO MONCADA (OMA)
Per il 48° Ciclo di spettacoli classici, fino al 30 giugno è allestito
l’impianto scenico (compensato
marino, vernice protettiva trasparente e pedane rivestite di
metallo dorato), poggiato dallo
studio Oma sui ruderi millenari
del teatro greco e adattabile alle
diverse rappresentazioni.
le di Venezia 2010 criticava le
affermate pratiche di tutela del
patrimonio e quando è stata
presentata in Russia (Koolhaas
ha tenuto una lezione allo
Strelka e i materiali della mostra sono stati pubblicati in russo dalla rivista moscovita
«Project International») è apparsa eccessivamente inappropriata, perché nel ventesimo
secolo questo paese ha perso
buona parte del suo patrimonio e continua a perderlo a
ritmo sostenuto. Quello a cui
Koolhaas invita è un approccio
più aperto alla conservazione
del patrimonio, e il Gorkij Park
del Garage è un’occasione perfetta per dimostrarlo.
Il ristorante Vremena Goda
(«le stagioni») era piuttosto in
voga, eppure fu chiuso subito
dopo il crollo dell’Unione Sovietica. Ora è un guscio di cemento senza finestre, senza
tetto e senza gran parte della facciata, ma è struttural-
mente solido e conserva alcune decorazioni interne: le pareti sono rivestite con mattoni decorativi e abbellite da mosaici
in ceramica, secondo il principio della «sintesi delle arti» essenziale per l’architettura sovietica dell’epoca. Sebbene il
ristorante non sia un monumento legalmente tutelato,
Oma conserverà tutto questo
valorizzandone la caratteristica composizione volumetrica di 5.400 mq con un nuo-
LE OPERE DELLO STUDIO OMA/2
Ma in Cina non tutti magnificano la sua «torre»
Il 16 maggio è stata ultimata a Pechino la sede della China Central Television (Cctv)
© OMA
tech, le immagini eccessive sono dannosi trucchetti da
Kung Fu, che battono gli avversari ma non hanno senso.
La sede della Cctv è l’edificio
culturale pubblico più grande
del paese. L’idea iniziale del
«loop» disegnato da Koolhaas è
stata realizzata con due torri che
tendono l’una verso l’altra per
fondersi in una struttura a sbalzo di 75 m. Dal punto di vista
strutturale, il progetto è tutt’altro che razionale. La lunga
struttura a sbalzo dalla forma irregolare rende spaventoso il
momento ribaltante dell’armatura, sebbene le forze siano
scomposte attraverso gli elementi metallici reticolari, apparentemente irregolari ma in realtà esito di calcoli ben precisi.
Con i suoi circa 473.000 mq
ospita studi televisivi, uffici e
spazi per le trasmissioni e la
produzione: il quadruplo della vecchia sede. Sebbene Koolhaas abbia fatto il possibile per
riempire l’enorme edificio di
umanità, le critiche ancora non
si placano. L’idea originaria di
«campus universitario» dovrà
essere verificata in futuro. Un
quarto dell’area è aperto per
dar vita a uno spazio pubblico; un parco collega la Cctv al
Television Cultural Center.
Questo grande edificio sarà in
grado di soddisfare le esigenze future? Forse nessuno ha
approfondito l’argomento. Prima della Cctv, Koolhaas era stato invitato a progettare una nuova sede per la Universal di
Hollywood. Grazie al rapido
sviluppo dell’informatica, la
gestione centralizzata della società è cambiata, le affiliate e gli
studi cominciano a spostarsi altrove. I dirigenti della Universal hanno riconosciuto che in
un’epoca di rapido sviluppo
economico non era saggio investire ingenti quantità di denaro nei grandi immobili e hanno
abbandonato il progetto. Speriamo che la sede della Cctv non
diventi in futuro un simbolo
culturale specioso.
Occorreva davvero un edifi-
cio per ospitare circa 250
emittenti? Con lo sviluppo della società l’aumento delle emittenti è comprensibile, eppure
affidarsi solo a un enorme edificio potrebbe non rappresentare la soluzione migliore. In
Gran Bretagna e in molti altri
paesi le principali emittenti televisive sono spesso a gestione
privata. I programmi sono appaltati a società di produzione
professioniste, riducendo enormemente i carichi. La Cctv è la
televisione di stato cinese, ma
l’eccessiva quantità di emittenti potrebbe essere un’espansione sconsiderata. Che senso ha
avere oltre 250 canali?
L’ultimo nodo critico riguarda il traffico generato dagli oltre 10.000 dipendenti. L’edificio è collocato nel lussuoso distretto degli affari che dovrebbe in futuro offrire varie potenzialità, concentrando uffici finanziari, commerciali e informatici. I media potranno così tastare il polso dell’intera economia cinese e trasmettere i mes-
saggi con efficacia. Gli esperti
hanno ribadito che per via dell’alta densità edilizia, con il
conseguente sovraccarico di
traffico, la Cctv è destinata a
causare maggiori tensioni. Alcuni pensavano che siccome le
trasmissioni avvengono 24 ore
su 24, il traffico sarebbe stato
distribuito equamente nel corso
della giornata, evitando le consuete ore di punta. La realtà, invece, è che intorno al ponte
Guomao, al ponte ferroviario
Pechino-Guangzhou e all’East
Bridge il traffico aumenterà anche a causa dell’esorbitante
numero di dipendenti della
Cctv e delle migliaia di agenzie pubblicitarie, tecnologiche e di produzione che faranno diventare la zona un immenso parco a tema. Nel frattempo, l’architetto olandese
racconta la costruzione della
Cctv in un video estratto dal documentario che il figlio Tomas
sta realizzando sulla sua vita
(http://vimeo.com/41335222).
Hanni Wang
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Dopo essere stata definita il progetto di architettura
più importante del XXI secolo
dal «New York Times» e aver
monopolizzato la pubblicistica
di architettura, tutti direbbero
che la sede della televisione di
stato cinese sia stata inaugurata anni fa. Invece, il cantiere
dell’inconfondibile grattacielo di 50 piani ripiegato a telaio
aveva subito una grave battuta d’arresto lo scorso anno
quando il suo vicino Tvcc ha
preso fuoco, forse a causa degli eccessivi festeggiamenti per
il Capodanno cinese. Ora la
Cctv è funzionante, pronta per
trasmettere le Olimpiadi di
Londra e la propaganda di stato. «Dopo anni sono lieto che la
sede della Cctv assolva finalmente al suo ruolo designato»,
ha commentato all’inaugurazione Rem Koolhaas, che a
maggio è apparso nella serie
televisiva americana dei
Simpson, realizzando un modello in Lego dell’edificio.
Malgrado le numerose critiche all’aspetto architettonico, i residenti sembrano però
più interessati al costo astronomico del progetto. Il professor Wu Liangyong dell’Università Tsinghua ha osservato:
«L’architettura non riguarda
soltanto l’estetica, ma anche i
costi necessari a ottenere l’estetica desiderata». Ha inoltre
criticato lo «spreco di denaro» stile Cctv. A suo avviso,
malgrado l’«audacia», gli architetti stranieri devono prendere in considerazione anche la
particolare situazione della Cina. Il trionfo vistoso degli stili
popolari internazionali, l’uso
estensivo degli strumenti high
© JIM GOURLEY
PECHINO.
vo rivestimento in policarbonato traslucido a due strati.
La nuova facciata, che sarà sospesa a 2,25 m dal suolo, collegherà l’interno al parco. Due
dei pannelli da 11 m saranno
scorrevoli: una volta alzati, riveleranno lo spazio destinato
alle grandi installazioni e movimenteranno il profilo del volume rettangolare. Dentro, su
due livelli, ci sarà lo spazio
espositivo trasformabile oltre a
un centro creativo per bambini, un auditorium, un negozio,
un caffè e degli uffici.
Il secondo progetto di Oma in
Russia è assai più ambizioso
e meno realistico. Con Kazuyo Sejima di Sanaa, cura la
Guest Zone (Z1) di Skolkovo,
la «città dell’innovazione» vicino Mosca, un progetto dell’ex presidente, ora premier,
Dmitrij Medvedev. Koolhaas e
il socio Reinier de Graaf hanno
disegnato The Rock, il complesso multiuso che comprende un albergo, un cinema, negozi, ristoranti e una galleria
d’arte. Se realizzato, sarà una
delle tre principali icone di
Skolkovo.
Infine lo studio olandese partecipa, con lo Strelka, Meganom e la Siemens, alla gara
per lo sviluppo edilizio dell’agglomerazione urbana
moscovita. Il progetto della
Grande Mosca è organizzato
sul modello del Grand Paris,
con le proposte che contribuiscono al futuro piano del territorio, ma con un calendario più
serrato. I dieci team (tra cui i
partecipanti del Grand Paris:
l’Auc e Antoine Grumbach et
Associes, lo Studio Associato
Secchi-Viganò, Ricardo Bofill, Urban Design Associates
di Pittsburg e molti altri) sono
stati selezionati a febbraio e i
risultati verranno presentati
a settembre. La gara era divisa in tre fasi e dopo la prima,
conclusasi ad aprile, Oma è in
testa. Lo studio propone
d’integrare all’attuale Mosca altri quattro centri, ciascuno con la propria specificità, che dovrebbero sorgere intorno a quattro aeroporti:
Sheremetievo, Domodedovo,
Vnukovo e Chkalovsky (l’ultimo è una base di addestramento per piloti, non un vero
aeroporto). I nuovi centri, collegati tra di loro tramite la ferrovia, alleggeriranno la pressione su Mosca. Fra alcuni mesi, quando sarà maggiormente
dettagliata, vedremo se la proposta è altrettanto promettente.
Anna Bronovitskaya
© RIPRODUZIONE RISERVATA
MOSCA. Rem Koolhaas è noto
per i suoi sforzi nell’espandere il raggio d’azione e le esperienze culturali della sua professione. Dall’elenco dei paesi
in cui lavora non poteva certo
escludere la Russia. La mancata realizzazione delle sue precedenti proposte per i clienti
russi non lo ha scoraggiato e
ora la sua perseveranza potrebbe produrre dei frutti. Finora, il
più riuscito è stato il coinvolgimento di Oma nella formazione: Koolhaas ha infatti
ideato il programma di studi
dell’Istituto di comunicazione, design e architettura
Strelka, aperto a Mosca due
anni fa e diventato subito un
importante centro di attività
culturale, fruttando a Oma
forti alleati russi quali lo stesso Strelka e lo studio di architettura Project Meganom, il cui
titolare, Yury Grigorian, è il direttore del programma formativo dell’Istituto.
12 Mondo
TRASFORMAZIONI URBANE A ZURIGO
Il fuoco dell’arte accende l’immobiliare svizzero
Il 31 agosto verrà inaugurato il nuovo polo artistico Löwenbräu Areal:
è l’esito di strategie immobiliari e culturali integrate
A Zurigo, la lunga tradizione nel sistema dei trasporti collettivi su rotaia, che caratterizza il territorio elvetico, risale al
1882. Nel frattempo il piano dei trasporti ha subito incrementi e modifiche da fine anni novanta all’approvazione pubblica
del 2001; seguendo la pratica della pianificazione integrata tra
trasformazioni urbane e sistema trasportistico vedrà, nel prossimo decennio, nelle aree d’influenza della stazione, lavori
edilizi e infrastrutturali che massimizzeranno gli investimenti e incentiveranno la qualità urbana lungo i corridoi infrastrutturali, favorendo ulteriormente l’uso del trasporto collettivo.
Tali lavori rappresentano anche degli esempi d’ingegneria ardita. Tra gli interventi spettacolari, lo spostamento di un
edificio industriale a Oerlikon, memoria storica per gli abitanti, che ne avevano votato la conservazione. L’edificio, alto
12 m e lungo 80, dal peso di 5.600 tonnellate, è stato traslato
di circa 60 m l’1 e 2 maggio, con un costo di oltre 10 milioni di franchi, per fare posto alle nuove rotaie, per mezzo di
binari e ruote montate alla base. È infatti in corso la realizzazione del nuovo passante, la cosiddetta Durchmesserlinie, attiva integralmente a partire dal 2014. La nuova linea
di transito (Altstetten-Zurigo-Oerlikon) comprende, oltre a
due ponti, un tunnel di 5 km in direzione della stazione di
Oerlikon e la nuova stazione sotterranea di Löwenstrasse
realizzata 16 m sotto i binari della stazione centrale e sotto i due fiumi: a quattro binari, sarà collegata attraverso un
passaggio con spazi commerciali (Gessnerallee) all’altra stazione sotterranea della Museumstrasse, del 1990, e avrà la stessa capacità di traffico della stazione centrale in superficie, dotata di 15 binari di testa. Nel cantiere si è dovuto tener conto
dello scavo sotto i due fiumi. L’intera operazione costerà oltre 2.000 miliardi di franchi. Quello della Durchmesserlinie
si accosta ad altri due grandi progetti che potenzieranno non
solo il traffico regionale e nazionale, ma anche internazionale: la ferrovia Mendrisio-Varese e il collegamento ferroviario
Ginevra Cornavin-Eaux Vives-Annemasse. Il tutto s’inserisce
in una generale strategia dei trasporti (Swiss Travel System)
che punta all’efficienza globale del sistema, all’interconnessione modale e alla valorizzazione delle linee storiche, anche
a scopo turistico. Laura Ceriolo
LONDRA
Sughero per la Serpentine «archeologica»
Memoria, passato e
archeologia sono le
parole chiave emerse dalla presentazione della Serpentine Gallery 2012
(in Hyde Park, fino
al 14 ottobre) firmata Herzog & de Meuron. Il duo svizzero
può ora aggiungere alla lista di riconoscimenti, dal Pritzker alla Medaglia del Riba, un altro prestigioso lavoro, con la consolidata collaborazione dell’artista cinese Ai Wei Wei. «Joyous peace of archaeology and inspiration», lo ha definito Ruth Mackenzie direttrice del
London Festival 2012. Il padiglione non ha l’ambizione di essere un
mero esempio di autocelebrazione, quanto una raccolta dei segni lasciati dai passati allestimenti, rivisitati dall’elegante design dei due
architetti. Un taglio nel terreno definisce un elemento di landscape
che dialoga con l’intorno e l’interno, scavando alla ricerca di segni e
preesistenze. Dodici colonne (ognuna a rappresentare i passati padiglioni) e come copertura un sottile specchio d’acqua che riflette il
capriccioso cielo londinese. Un gioco di linee e dislivelli che, a differenza di ciò che ci si aspetta da una struttura temporanea, non fa tabula rasa dei suoi predecessori. Lo studio delle fondazioni diventa
parte portante del progetto non solo dal punto di vista statico, ma
come riflessione formale. La geometria nasce, forse un po’ banalmente, dalla sovrapposizione degli schemi dei precedenti padiglioni,
comunque il risultato finale non delude. La scelta del materiale, come nella maggior parte dei progetti del duo svizzero, è sostanziale: il
cork, ottenuto dal riciclaggio del sughero, è stato utilizzato per la realizzazione della maggior parte del padiglione, fornito da gruppo Amorim. Caldo al tatto e dalle sfumature rossicce, il cork regala al padiglione quella sensazione di geometrie plasmate direttamente dal terreno. Eleonora Usseglio Prinsi
mento di stallo. Analizzati diversi modelli gestionali, nella
primavera 2011 la Città, la
Fondazione Kunsthalle e la
Federazione della Cooperativa Migros fondano la società per azioni LöwenbräuKunst AG, partecipando ciascuna per un terzo al capitale
azionario di 27 milioni di franchi e rilevano nella Löwenbräu
Areal gli edifici ristrutturati e
le nuove costruzioni. Lo statuto della Löwenbräu-Kunst AG
contempla la gestione per fini
artistici del distretto, la cui tutela a lungo termine (25 anni)
è garantita da patti parasociali.
L’intervento architettonico
prevede, entro il 31 agosto, la
sopraelevazione della Kunstalle (che acquista un’ulteriore sala di 650 mq alta 5 m) e,
nell’estate 2013, una nuova
torre residenziale da 60 appartamenti (di cui 50 già assegnati). Si aggiungono nuovi spazi
per archivio, atelier e uffici.
Una nuova fascia distributiva
connette tutti i settori espositivi, con la possibilità di mostre
comuni tra le istituzioni. Vecchie e nuove sale hanno pavimentazione continua in calcestruzzo, con pareti eteree e soffitti bianchi, realizzando un’unità volumetrica tra le parti storiche, caratterizzate dai mattoni a vista, e l’integrazione in cemento bianco, astratta rispetto
alle facciate storiche fortemente strutturate. La media annua
è di 22.000 visitatori: un ricco
programma di manifestazioni
con visite guidate pubbliche,
conferenze, un’offerta pedagogico-museale per bambini rendono meno elitaria la presenza
di questa prestigiosa istituzione
nella città.
Con più di 50 musei e oltre 100
gallerie, dopo Londra e New
York, Zurigo è nodo cruciale
del commercio mondiale di
opere d’arte. Nella casa natale del movimento Dada la promozione dell’arte contemporanea è un tema centrale dell’economia e della legislatura: «Kultur-und Kreativstadt Zürich»
(Zurigo città di cultura e creatività), l’obiettivo già fissato dal
2004 nelle «Leitbild der städtischen kulturförderung» (Direttive per la promozione della
cultura cittadina), è confermato nelle Strategie del Consiglio
comunale per il 2025.
Altri progetti completano
questa visione: il Festival Art
and the City, inaugurato il 9
giugno come piattaforma artistica ed espositiva nel cuore di
Zurich West, quartiere industriale riconvertito all’intrattenimento e alla cultura. Fino al
23 settembre comporranno installazioni d’arte e design in un
museo a cielo aperto: più di 30
opere di artisti da tutto il mondo. Il programma del curatore
Christoph Doswald punta su
personalità coinvolte nei temi
dello sviluppo urbano negli anni settanta, tra gli altri Yona
Friedman, assieme a esponenti
dell’attuale generazione artistica che si occupa di cultura urbana, quali Martin Creed,
Oscar Tuazon, Ai Wei Wei. In
corso fino al 2 settembre anche
la mostra «Deftig Barock. Manifeste des prekär Vitalen», curata da Bice Curiger alla Kunsthaus, il cui ampliamento è
previsto per il 2017 su progetto
di David Chipperfield Architects. La cittadinanza si pronuncerà in merito con una votazione popolare quest’autunno.
Caterina Pagliara
LA BARNES SPOSTATA DA UN PICCOLO SOBBORGO A PHILADELPHIA
Una collezione così bella in un edificio così insipido
Aperta il 18 maggio la nuova Barnes Foundation su progetto del duo Williams & Tsien
PHILADELPHIA (PENNSYLVANIA).
La Barnes Foundation ripropone il problema della copia,
in arte e in architettura. La
Fondazione nasce nel 1922
per raccogliere la collezione
di Albert C. Barnes, che deve
la sua fortuna alla scoperta della medicina contro la gonorrea,
l’Argyrol, e raccoglie la più ricca collezione di capolavori impressionisti, post-impressionisti e moderni, per un valore stimato dai 15 ai 23 miliardi di euro. L’eccentrico Barnes aveva redatto guide per
spiegare la sua visione dell’arte, aveva meticolosamente pensato la disposizione di
ogni dipinto e oggetto stipati
in 1.000 mq scarsi a Merion,
a 20 km da Philadelphia. Seguendo i precetti del grande
amico pedagogo John Dewey,
per la sua collezione aveva immaginato un edificio dall’accesso limitato, un centro di
educazione piuttosto che un
museo. La visita della collezione era regolata da norme
molto precise, e numerosi sono i racconti sui difficili rapporti tra Barnes, gli studiosi e i
membri dell’alta borghesia di
Philadelphia. Uno dopo l’altro
fallirono tutti i tentativi di stabilire collaborazioni durevoli
con altre istituzioni culturali.
Alla sua morte, nel 1951, Barnes lasciò un documento nel
quale spiegava dettagliatamente l’uso che si doveva fare della collezione. Due i punti principali: la collezione non
avrebbe mai dovuto lasciare
la sua originaria locazione,
men che meno avvicinarsi a
© 2012 TOM CRANE
Ma tutta la città è in trasformazione
Kunsthalle Zurich.
L’ampliamento
firmato Gigon-Guyer
e Atelier ww si apre
il 31 agosto
© 2012 THE BARNES FOUNDATION
chia fabbrica di birra, già nel
1996 sotto l’influsso di un
boom mondiale nel settore
sorge un centro integrato
d’arte contemporanea: Kunsthalle Zurich, Museo Migros
e altre gallerie private. Ma con
la PSP Swiss Property-AG,
proprietaria dell’area, i locatari
avevano solo contratti a tempo
determinato e il gruppo artistico rischiava di non sopravvivere nella formula originaria.
La Kunsthalle nel 2002 indice un concorso vinto l’anno
successivo ex aequo da due
studi zurighesi: Gigon-Guyer,
autori della Prime Tower (l’edificio più alto della Svizzera)
e Atelier ww, già impegnato
nel recupero di aree industriali come quartieri abitativi. Il
Consiglio comunale nel novembre 2005 delibera un piano per uso misto della Löwenbräu Areal, di cui almeno 4.500 mq a destinazione
culturale, ma la crisi finanziaria del 2008 produce un mo-
Philadelphia; l’accesso doveva
rimanere limitato per scopi
educativi. Negli anni successivi la Barnes Foundation ha continuato a funzionare rispettando rigorosamente le disposizioni del fondatore: non più di 200
visitatori al giorno, niente riproduzioni a colori delle opere, niente prestiti per mostre
temporanee. Ma nel 2004, dopo anni di chiusura e molte
controversie, proteste e un documentario dall’emblematico
titolo The Art of the Steal (L’arte del furto), un giudice ne ha
approvato il trasferimento a
Philadelphia; così, nessuna
delle due richieste di Barnes è
stata rispettata. Le motivazio-
ni: il vecchio edificio era considerato rischioso per la conservazione della collezione e il
suo restauro sembrava troppo dispendioso.
Motivazioni che suonano contraddittorie, considerato il fatto che il nuovo progetto dei
newyorkesi Tod Williams e
Billie Tsien è costato 120 milioni di euro, reperiti da tre organizzazioni no profit. Gli architetti sono stati selezionati
nel 2007, mentre il progetto è
stato reso pubblico nel 2009.
L’edificio, vicino al museo Rodin progettato da Paul Philippe
Cret, è quasi dieci volte più
grande dell’originale: 8.600
mq, con lo spazio extra dedica-
to a una grande corte centrale
(«il giardino all’interno della
galleria e la galleria all’interno del giardino», come spiegano gli architetti); inoltre uffici,
caffetteria, negozio di souvenir, auditorium e una speciale
galleria per mostre e aule. Il
progetto di stampo modernista non ha niente di particolare: un volume parallelepipedo realizzato in pietra arenaria
è interrotto da un volume traslucido a sbalzo al livello superiore che illumina lo spazio interno e una corte, e riflette la luce di notte. L’illuminazione interna è discreta per ridurre il bagliore e migliorare la visione,
problema annoso a Merion.
I responsabili sono pronti a
sottolineare che la Barnes rimarrà fedele alla missione
educativa concepita dal suo
artefice. Ma la previsione di
250.000 visitatori solo durante il primo anno, circa il quadruplo della sede originaria,
lascia qualche dubbio. D’altra
parte gli oppositori dicono che
rimuovendo la collezione dal
suo contesto originario si è
creata una sorta di «McBarnes», nonostante gli sforzi di replicare i vertiginosi assemblaggi, dal pavimento al soffitto, di
mobili e lavorazione dei metalli, che sottolineavano l’eccentrica filosofia di apprezzamento dell’arte da parte di Barnes.
Per precisa volontà del giudice le opere dovevano essere
esposte seguendo la medesima collocazione, ma il risultato è asettico. Una copia non
è mai il suo originale.
Daria Ricchi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
ZURIGO. Negli edifici della vec-
© RIPRODUZIONE RISERVATA
IL GIORNALE DELL’ARCHITETTURA, N. 107, LUGLIO 2012
Mondo 13
IL GIORNALE DELL’ARCHITETTURA, N. 107, LUGLIO 2012
IRAQ
SVIZZERA
Prove di democrazia a Baghdad
Un gruppo spagnolo si aggiudica il concorso internazionale per lo sviluppo
del quartiere di Adhamyia; terzo classificato un gruppo italiano
Nella difficile ricostruzione postbellica dell’Iraq,
il concorso internazionale
lanciato nel 2010 dalla Municipalità, per la rivitalizzazione
e lo sviluppo del quartiere Adhamyia, si pone come un primo passo importante verso il ritorno alla normalità all’indomani delle prime elezioni democratiche, e propone il riavvio di un dibattito culturale per
contribuire alla rinascita del
martoriato paese, culla di una
civiltà millenaria.
Nonostante un sistema democratico ai suoi primi vagiti e una
fragile struttura sociale, messa
a dura prova dai conflitti tra fedi religiose, la grande disponibilità di risorse economiche
internazionali rende interessante il concorso, incentrato
sul tema della riqualificazione
di un quartiere di circa
400.000 abitanti, cuore della
presenza sunnita nella capitale. Il quartiere, delimitato da
un’ampia ansa del Tigri, gode
di un affaccio sul fiume di
grande valore paesaggistico
ed è ricco di luoghi sacri, tra
cui uno dei più importanti santuari sunniti del mondo islamico. Da qui le potenzialità turistiche che richiedono adeguati
spazi di accoglienza per visitatori e fedeli.
Il concorso, sviluppato in due
fasi e concluso ad aprile, richiedeva la produzione di una serie
di documenti fra cui un masterplan, analisi, disegni e modelli.
Una commissione di 20 membri ha assegnato il primo premio al gruppo barcellonese
AV62 (Victoria Garriga, Toño
Foraster, Pedro García del Barrio e Pedro Azara), il secondo
agli iracheni Al-Qatif Engineering in collaborazione con
gli spagnoli Balam Consultores e QA Associats e il terzo al
gruppo milanese CALStudio,
guidato da Giuseppe Cinà e
composto da Maryam Alsaigh,
Luca Barello, Davide Ferrero,
Nahla Jajo, Paolo Mauro Sudano e Cæcilia Pieri; due rimborsi spese sono stati assegnati allo studio tedesco Uberbau
(Ali Saad e Thomas Stellmach)
e a quello iracheno di Sami alMusawi.
È forse improprio analizzare gli
esiti del concorso secondo i
parametri occidentali, senza tenere conto del delicato contesto locale. Inoltre è difficile entrare nel merito dei progetti presentati, a causa di un’informazione frammentaria che non
02
03
04
05
06
07
08
09
10
11
12
13
14
15
Il corridoio di mobilità del Tigri
Riqualificazione del ponte Adhamiya
Kadhamiyah
Recupero dell’eredità dell’asse civico
Collegamento con i quartieri a nord
Piscina pubblica e padiglioni sportivi
Strade irrigate
Parco sul fiume, servizi culturali
Moli
Servizi pubblici su chiatte galleggianti
Ruota d’acqua
Passeggiata sul lungofiume
Piazza Abu Hanifa
Sala per concerti all’aperto
Recupero del ponte
Adhamiya-Al Taifiya
Campus universitario
di Baghdad
STRASBURGO
Sopra, il masterplan del progetto
vincitore (gruppo AV62); a fianco
e sotto a sinistra, particolare
del piano di recupero della città
vecchia e sistemazione di piazza
Abu Hanifa con il Museo
delle Palme nella proposta
italiana (CAL-Studio); sotto
a destra, la sistemazione della
stessa piazza nella proposta
tedesca (gruppo Uberbau)
LOSANNA
usa appieno le potenzialità della rete. Tuttavia è possibile evidenziare l’insistenza del bando nel richiedere una soluzione capace di valorizzare le
molteplici espressioni, non solo architettoniche, della cultura locale. Un approccio non facile da mettere in pratica in Iraq,
dove l’immenso patrimonio
storico artistico è stato oggetto
di distruzioni e rapine, e che
soltanto ora inizia a riflettere
sulla necessità di proteggere l’heritage come strumento indispensabile per una ricostruzione non soltanto fisica ma anche
sociale. Il rischio è quello di
avviare operazioni «alla Dubai» dove i cittadini sono spettatori passivi di un disegno calato dall’alto, condotto da grandi operatori immobiliari e costruttori, nell’indifferenza del
contesto storico.
© ATELIER ARHITEKTI
I due spazi pubblici migliori d’Europa
Giunto alla settima edizione
dal 2000, il Premio europeo
per lo spazio pubblico del
Cccb (Centro di cultura contemporanea di Barcellona)
raddoppia, con un riconoscimento ex aequo. Guarda a est
con l’intervento di Boris Podrecca sulle rive della Ljubljanica, nella capitale slovena,
felice integrazione tra il fiume
e la struttura urbana (foto sopra). Ma premia anche un progetto locale (quello dello studio Jansana, de la Villa, de
Paauw per il monte Turò Rovira alla periferia di Barcellona)
che recupera con sensibilità
un luogo panoramico abbandonato svelando tracce di storia (foto sotto). Tra i quasi 350 progetti presentati, la giuria (presieduta da Josep
Llinàs) ha assegnato anche tre menzioni (Exhibition Road di Londra,
Memoriale all’abolizione della schiavitù a Nantes, un’installazione urbana a Malmo) e ha introdotto una categoria speciale per le manifestazioni degli indignados alla Puerta del Sol di Madrid, a ribadire il significato civile e sociale dello spazio pubblico. Michele Roda
Palagiustizia più grande
Il catalano Jordi Garcés firmerà l’intervento di riqualificazione e ricostruzione
parziale del Palazzo
di giustizia della città francese. Insieme
allo studio Serra-Vives-Cartagena si è
imposto sugli altri
tre finalisti del concorso ristretto indetto un anno fa. Previsto un nuovo volume sulla sommità dell’edificio, che ne amplia la
superficie di circa 2.000 mq e al contempo funge da copertura
senza alterare i fronti tardo ottocenteschi. Lavori previsti dal 2013
al 2016, con budget di 63,2 milioni. Francesca Comotti
© LORDES JANSANA
PREMI
01
Nel caso del progetto vincitore, la valorizzazione viene
perseguita con la scelta di recuperare la rete dei percorsi
storici, ma è anche proposta la
collocazione di alcuni servizi
pubblici su chiatte galleggianti, per evitare il rischio
connesso agli attentati sulle
strade. Inoltre sono ipotizzate
la realizzazione di zone d’ombra con pergole continue per
garantire spazi di ritrovo collettivo e il recupero delle facciate storiche attraverso incentivi fiscali, collegando operatori economici e cittadini. Infine, elemento centrale del progetto è l’idea di un secondo
ponte che colleghi anche simbolicamente il quartiere di
Adhamiya con quello sciita di
Kadhimiya.
Il progetto del gruppo Uberbau,
si dedica con attenzione alla sistemazione della piazza e dell’area circostante la moschea,
mentre quello di Sami al-Musawi, all’ostentato obiettivo di
conservare la centralità della
casa a corte tradizionale, fa se-
guire la completa sostituzione
del tessuto della città storica
con nuovi blocchi a corte.
Il progetto del gruppo italiano, per contro, si caratterizza
per lo studio rigoroso del tessuto storico e delle tipologie
tradizionali, come elementi da
ricomporre. Dalla lettura emerge un disegno urbano e un’attenzione agli spazi pubblici che
si radica fortemente nella storia
e si connota per l’attenzione alla socialità locale e alle forme
del suo coinvolgimento. La
proposta si articola su due livelli: inquadramenti metodologici
volti alla definizione di piani attuativi di recupero ed elaborazione progettuale di cinque luoghi centrali prescelti. Pur tenendo conto delle richiamate
difficoltà nel reperimento della
documentazione, quest’ultima soluzione è quella che più
convince e che, soprattutto per
gli aspetti metodologici, potrebbe porsi come riferimento
forte per ulteriori interventi nell’area.
Guido Montanari
Lavori in corso nel campus
Il 27 aprile è stato
piantato simbolicamente un albero all’interno dell’École
polytechnique federale, «prima pietra»
del nuovo bâtiment
BI, destinato ai servizi centrali e firmato
dallo studio di Dominique Perrault. Localizzato nell’ingresso
a sud-est, di fronte al
Rolex Learning Center di Sanaa, il padiglione rappresenta la prima tappa di un piano per ammodernare la viabilità interna e tre
edifici. L’intervento è frutto di un appalto-concorso bandito nel
2010. Il 24 gennaio 2011 i lavori sono stati affidati alla Steiner
SA, che ha battuto altre cinque imprese con progetti di
Itten+Brechbüln, Jean Nouvel, Lüscher Architectes, Devanthéry &
Lamuniére, Ferrari & Henning Larsen. Dall’aprile 2013 l’edificio
BI sostituirà la biblioteca centrale, di cui viene recuperata l’ossatura metallica, giustapponendovi una coloratissima facciata. Ad
agosto parte invece il cantiere del bâtiment ME, che oggi ospita
ingegneria meccanica: il progetto di Perrault prevede un grande
edificio, contraddistinto da brises-soleil scorrevoli e destinato a
centro ricerca per le neuro-protesi (fine lavori prevista, febbraio
2015). Per la costruzione dei due edifici, il Parlamento federale
ha destinato 45 milioni di franchi svizzeri. Altri fondi serviranno
per l’ultima parte del restyling: la realizzazione del Teaching Bridge nell’attuale Centre Midi, che ospita aule e auditorium. Nel frattempo, Perrault ha presentato il progetto di una torre di 300 m
che dovrebbe sorgere all’interno del futuro Centro degli affari internazionali a Seul, il cui masterplan è griffato Daniel Libeskind.
Alberto Bologna
FRANCOFORTE
La città della cultura
È una sorta di «micro-città» (16,5 ettari) il progetto di David Adjaye che raggrupperà nove istituzioni culturali in un unico complesso. Commissionato dal Forum Kulturcampus Frankfurt, l’intervento si svilupperà nel sito oggi occupato dall’Università (che
verrà liberato nel 2014) e contempla una serie di parallelepipedi
con tetto a giardino, organizzati intorno a un foyer comune quale elemento di connessione. La disposizione degli edifici permette di ricavare ampi spazi pubblici. Il progetto include uffici (13%),
appartamenti (33,7%), negozi, caffè e ristoranti (8,6%).
WASHINGTON
© RIPRODUZIONE RISERVATA
BAGHDAD.
Barozzi Veiga raddoppiano a Coira
Lo spagnolo Alberto
Veiga e l’italiano Fabrizio Barozzi costruiranno l’ampliamento
del Bündner Kunstmuseum (Bkm). Si tratta
del secondo concorso
che lo studio barcellonese vince in meno di
un anno in Svizzera
dopo il Musée Cantonal de Beaux Arts di
Losanna. L’intervento
(budget, 30 milioni di
euro) prevede 3.156
mq distribuiti su un
prisma di sette piani
(di cui tre sotterranei), staccato dalla
preesistenza, a cui si
collega nel primo interrato. In sintonia con la sede storica, la composizione è simmetrica a pianta centrale. Il trattamento dell’involucro ricorda la casa Ennis e altre opere californiane di Frank
Lloyd Wright: blocchi prefabbricati di cemento grigio con bassorilievi astratti reinterpretano i motivi che decorano la villa adiacente. Graziella Trovato
Nuovo look per Union Square
I paesaggisti Gustafson Guthrie Nichol (Seattle) e Davis Brody Bond (New
York) sono i prescelti per la riorganizzazione della piazza di
fronte al Campidoglio, visitata da più
di 25 milioni di persone all’anno. Il progetto prevede un grande spazio centrale definito da uno specchio d’acqua, con ai lati una serie di terrazze
connotate da diversi materiali. L’intero National Mall Plan costerà circa 700 milioni di dollari.