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MENSILE N.11 NOVEMBRE 2015 € 3,50
fondazione ente™
dello spettacolo
33
Un festival tra
sci-fi, horror e
autori
Il film su
Bengasi
che fa
paura alla
Clinton
I N T E R V I S TA
NEL MONDO
DI PAN
Hugh Jackman
racconta Barbanera.
Magnifico cattivo
007
ALFABETO JAMES BOND. DANIEL CRAIG E
I SUOI FRATELLI
Poste Italiane SpA - Sped. in Abb. Post. - D.I. 353/2003
(conv. in L. 27.02.2004, n° 46), art. 1, comma 1, DCB Milano
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QUALI SONO LE DIFFERENZE?
SENZA ABBONAMENTO
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MA SE CERCHI I FILM IN PRIMA VISIONE
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LA RISPOSTA È CHILI
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rivista del cinematografo
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Punti di vista
Nuova serie - Anno 85 n. 11 novembre 2015
In copertina Daniel Craig in Spectre
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Ecce homo
DIRETTORE RESPONSABILE
Ivan Maffeis
James Bond a Roma. Grande ritorno dell’agente 007 con
Spectre, cui la nostra rivista dedica una speciale copertina e
DSSURIRQGLPHQWR,OHSLVRGLRGHOODVDJDQDWDGDOODSHQQDGHOOR
scrittore britannico Ian Fleming è diretto ancora una volta da Sam
Mandes e interpretato da un sempre bravo Daniel Craig (per la
TXDUWDYROWD,ONRORVVDOqJLUDWRSHUJUDQSDUWHLQ,WDOLDD5RPD
ed è un’ottima occasione per rilanciare l’immagine della Capitale
e in generale per valorizzare il nostro territorio a livello globale,
grazie anche al lavoro di Roma Lazio Film Commission | Italian Film
Commissions.
CAPOREDATTORE
Marina Sanna
REDAZIONE
Gianluca Arnone, Federico Pontiggia, Valerio
Sammarco
CONTATTI
[email protected]
ART DIRECTOR
Alessandro Palmieri
HANNO COLLABORATO
Angela Bosetto, Orio Caldiron, Gianluigi
Ceccarelli, Andrea Chimento, Silvio Danese,
Alessandro De Simone, Alessandra De Tommasi,
Adriano Ercolani, Bruno Fornara, Giuseppe
Gariazzo, Gianfrancesco Iacono, Oscar Iarussi,
Marco Letizia, Massimo Monteleone, Franco
Montini, Mattia Pasquini, Luca Pellegrini, Manuela
Pinetti, Angela Prudenzi, Emanuele Rauco, Marco
Spagnoli, Chiara Supplizi
REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE DI ROMA
N. 380 del 25 luglio 1986
Iscrizione al R.O.C. n. 15183 del 21/05/2007
STAMPA
9DULJUD²FD9LD&DVVLDNP
Zona Ind. Settevene - 01036 Nepi (VT)
Finita di stampare nel mese di ottobre 2015
MARKETING E ADVERTISING
(XUHND6UO9LD/6RGHULQL0LODQR
7HO)D[
&HOO
HPDLOLQIR#HXUHNDLGHDLW
DISTRIBUTORE ESCLUSIVO
ME.PE. Milano
ABBONAMENTI
ABBONAMENTO PER L’ITALIA (10 numeri) 30,00 euro
ABBONAMENTO PER L’ESTERO (10 numeri) 110 euro
C/C 80950827 - Intestato a Fondazione Ente dello Spettacolo
PER ABBONARSI
[email protected]
Tel. 06.96.519.200
PROPRIETA’ ED EDITORE
PRESIDENTE
Davide Milani
DIRETTORE
Antonio Urrata
UFFICIO STAMPA
XI²FLRVWDPSD#HQWHVSHWWDFRORRUJ
COMUNICAZIONE E SVILUPPO
Franco Conta - [email protected]
COORDINAMENTO SEGRETERIA
Marisa Meoni - [email protected]
Roberto Santarelli - [email protected]
Ladri di
biciclette nella
grande mostra
dedicata al
Neorealismo
RdC Awards 20156LqFKLXVRDOOD²QHGLRWWREUHLO7HUWLR
Millennio Film Fest, Festival che abbiamo ripensato e rinnovato nel
2015 con il coinvolgimento dei rappresentanti delle
comunità religiose cattolica, protestante, ebraica
e islamica. Una scommessa vinta nel segno del
dialogo interreligioso e interculturale, dove cinema
e musica sono stati preziosa soglia d’incontro e
condivisione.
Evento speciale di chiusura del Festival è stato
il Gala degli RdC Awards, i premi che la Rivista
e FEdS assegnano ogni anno ai protagonisti del
nostro cinema. Tra i tanti riconoscimenti, ci piace
ULFRUGDUHLQSDUWLFRODUHLO0LJOLRU²OPD1DQQL
Moretti per Mia madre, dove “Tutto, dalla genuinità
della scrittura alla totale adesione al progetto
degli attori, concorre alla riuscita di un’opera che,
senza sconfessare la poetica dell’autore, rivela
uno sguardo più maturo, una sensibilità nuova
e un’insperata apertura al futuro, suggellata da quella parola,
domani”.
Nuovo umanesimo a Firenze. La Fondazione Ente dello Spettacolo
in collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema di Torino e
O¬8I²FLR1D]LRQDOHSHUOHFRPXQLFD]LRQLVRFLDOL&(,SURSRQHXQD
PRVWUDIRWRJUD²FDVXO1HRUHDOLVPRLQRFFDVLRQHGHO9&RQYHJQR
Ecclesiale Nazionale In Gesù Cristo. Il Nuovo Umanesimo,
appuntamento che vedrà riunita a Firenze la Chiesa tutta dal
9-13 novembre. Il Neorealismo ha saputo cogliere i germi di una
profonda amarezza storica, i residui di una delusione fatta di dolori
e di privazioni per rinvigorire la voglia di cambiamento emergente
dalla popolazione. Istantanee di un Paese povero e in affanno, ma
con la voglia di riscatto, di guardare all’orizzonte con rinnovata
speranza. Pronto a percorrere le vie del Nuovo Umanesimo.
DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE
9LD$XUHOLD5RPD
7HO)D[
[email protected]
Associato all’USPI
Unione Stampa - Periodica Italiana
Iniziativa realizzata con il contributo della
Direzione Generale Cinema - Ministero dei
Beni e delle Attività Culturali e del Turismo
La testata fruisce dei contributi statali diretti
di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250
novembre 2015
rivista del cinematografo
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5
in collaborazione con
LA BUSSOLA DEL CINEMA
Come girare film in Italia
Find your way shooting in Italy
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SOMMARIO
NOVEMBRE 2015
8 In vetrina
News e tendenze: 13 Hours di
Michael Bay, trema la Clinton
12 Brividi di genere
Che horror sarà senza Wes
Craven?
14 Ricordando Morandini
L’ultimo saluto a Morando
16 Assaggio di cinepanettone
Sul set di Natale col boss
20 Sulle tracce di Roma
14
Che Festa è stata la prima di
Antonio Monda?
24 Quel pirata di Hugh
MORANDO
MORANDINI
Intervista a Barbanera Jackman
27 Raccontare il Neorealismo
16
A Torino e Firenze due grandi
eventi
42
32 COVER STORY
Alfabeto 007: dentro i segreti di
Spectre, la nuova avventura di
Bond 36 James e i suoi fratelli
38 Pietro Marcello
NATALE
COL BOSS
Bella e perduta: “L’immagine
della nostra Italia”
42 Isabella Ferrari
32
DANIEL CRAIG:
SPECTRE
38
ISABELLA
FERRARI
24
HUGH
JACKMAN
FOTO: KAREN DI PAOLA
Non solo attrice. Incontro con
l’ambasciatrice di Save the
Children
46 Il TFF dice 33
Edizione polifonica del Festival.
La ricetta di Emanuela Martini
54 Ritratti
Ida Lupino, volto Nelle tenebre
55,²OPGHOPHVH
Recensioni, anteprime, colpi di
fulmine
72 Dvd, Blu-ray & Serie Tv
Amazon sceglie Philip K. Dick
78 Borsa del cinema
80 Libri
PIETRO
MARCELLO
82 Colonne sonore
novembre 2015
rivista del cinematografo
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7
a cura di Gianluca Arnone
Ultimissime dal pianeta cinema: news e tendenze
Le ore
di Hillary
Tra la Clinton e la Casa
Bianca c’è 13 Hours
GL0LFKDHO%D\LO²OP
sull’assalto all’Ambasciata
USA a Bengasi
8
rivista del cinematografo
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novembre 2015
0LFKDHO%D\VXOVHW
di 13 Hours. Sotto il
SURWDJRQLVWD-RKQ
Krasinski
UN’OMBRA ACCOMPAGNA la corsa
alla Casa Bianca di Hillary Clinton.
6LWUDWWDGHOQXRYR²OPGL0LFKDHO
Bay, +RXUV7KH6HFUHW6ROGLHUVRI
%HQJKD]LFKHULFRVWUXLVFHLGUDPPDWLFL
PRPHQWLFKHVFDQGLURQRO¬DVVDOWR
DOO¬$PEDVFLDWDDPHULFDQDLQ/LELD
GHOO¬VHWWHPEUHFXOPLQDWR
QHOO¬XFFLVLRQHGHOO¬DPEDVFLDWRUH
&KULVWRSKHU6WHYHQV8QDWUDJHGLDFKH
VFDWHQzXQ¬RQGDWDGLULSURYD]LRQHSHU
OHIDOOHGHOODVLFXUH]]D86$DOWHPSR
gestita proprio dalla Clinton in qualità
di Segretario di Stato. Le proteste
HEEHURXQ¬XOWHULRUHFRGDSROHPLFD
TXDQGRODSXEEOLFD]LRQHGLDOFXQH
mail private rivelarono il tentativo
da parte del Dipartimento di Stato
GLDPPRUELGLUHODSURSULDSRVL]LRQH
QHOODYLFHQGDFRQODGLIIXVLRQHGL
report epurati dagli interrogativi più
scomodi. I democratici allora tentarono
di smontare il caso, circoscrivendolo
allo scontro politico interno con i
repubblicani, ma la carriera politica
GHOOD&OLQWRQQHYHQQHPDFFKLDWD,O
²OPGL0LFKDHO%D\FKHXVFLUjQHJOL
States il prossimo 15 gennaio, quella
PDFFKLDULVFKLDRUDGLDOODUJDUOD
FRPSURPHWWHQGRLOODYRURIDWWR
²QRUDGDOOD&OLQWRQHGDOVXRVWDIISHU
ULVDOLUHQHOO¬LQGLFHGLJUDGLPHQWRGHO
popolo americano, dopo un periodo di
DSSDQQDPHQWR'¬DOWUDSDUWHODVWRULD
non perdona: in un maldestro tentativo
GLGHSLVWDJJLRO¬DOORUD'LSDUWLPHQWR
GL6WDWRIHFHFUHGHUHFKHO¬DVVDOWR
DOO¬$PEDVFLDWDQRQHUDVWDWRXQDWWDFFR
premeditato da parte di un gruppo
DI²OLDWRDGDO4DHGDFRPHSRLYHQQH
appurato, ma un moto spontaneo
GLSRSRORLQULVSRVWDDXQ²OPDQWL
islamico, ,QQRFHQFHRI0XVOLPV&KLGL
FLQHPDIHULVFHGLFLQHPDSHULVFH
novembre 2015
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
9
inVetrina
Gli RdC Awards 2015!
Consegnati lo scorso 30 ottobre a Roma i premi della Rivista del
Cinematografo: ecco tutti i vincitori
2
1
1. Premio della Fiction a Braccialetti rossi
2. Premio rivelazioneDOO¬DWWRUH0RLVq&XULD
3. Premio Navicella Cinema a 0LDPDGUHGL1DQQL0RUHWWL
4. Premio Colonna Sonora a Epsilon
Indi (Per amor vostro)
5. Premio Diego Fabbri a Racconti
di cinema, a cura di Emiliano
0RUUHDOHH0DULDSDROD3LHULQL
3
4
5
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2015
brividi di genere
I FESTIVAL
a cura di 0DVVLPR0RQWHOHRQH
Agenda del mese:
ecco gli appuntamenti
da non perdere
1 ARCIPELAGO
Località Roma, Italia
Periodo QRYHPEUH
Tel. (06) 39388262
Web DUFLSHODJR²OPIHVWLYDO
org
Mail info@
DUFLSHODJR²OPIHVWLYDORUJ
Resp. Stefano Martina
FESTIVAL
2 MEDFILM
Località Roma, Italia
Periodo 6-13 novembre
Tel. WebPHG²OPIHVWLYDORUJ
Mail LQIR#PHG²OPIHVWLYDO
org
Resp. Ginella Vocca
GUSTO DELLA
3 ILMEMORIA
CHE PAURA SENZA WES...
/¬KRUURUSHUGHXQRGHLVXRLLQWHUSUHWLSLSURIRQGL&UDYHQ
di*LXVHSSH*DULD]]R
es Craven faceva parte
di quella generazione
di cineasti che, praticando
l’horror ai più alti livelli, raccontava le mutazioni sociali
e politiche meglio di tanto
cinema “impegnato”. Senza
l’opera di Craven (e di Romero, Carpenter, Cronenberg e
tanti altri) gli anni Settanta e i
decenni successivi sarebbero
stati ben più poveri, privi della profondità di un discorso al
tempo stesso poetico e politico che l’horror, a quei livelli,
non avrebbe più raggiunto.
Nightmare - Dal profondo
della notte FRQ OD
W
VDJDFKHQHqVHJXLWDqLO²OP
al quale si associa immediatamente il nome del regista
di Cleveland (scomparso a
76 anni lo scorso 30 agosto
D/RV$QJHOHV8Q²OPFKHD
trent’anni di distanza, rimane
un capolavoro di inquietudini, un viaggio nei labirinti del
mondo onirico e nell’esplorazione della sessualità. E che è
riapparso nelle sale il 31 ottobre per contaminare ancora
oggi le notti di Halloween.
Craven non è però solo l’ideatore di Freddy Krueger e
dell’altra saga di culto Scream 1HOOD VXD ²OPRJUD²D FL
sono titoli altrettanto folgoUDQWL ,O ²OP G¬HVRUGLR L’ultima casa a sinistra (1972) e Le
colline hanno gli occhi (1977)
sono capisaldi di un horror
splatter e cannibale nel segno del massacro dei corpi.
Il serpente e l’arcobaleno
(1988) e La casa nera (1991)
sono i suoi testi più politici
ambientati tra il popolo oppresso di Haiti e negli Stati
Uniti al tempo della prima
guerra in Iraq. Sotto shock
qXQDUL³HVVLRQHVXOOD
televisione invasa da un seULDO NLOOHU IDWWR GL SXUD HQHUgia elettrica.
NIGHTMARE - DAL PROFONDO
DELLA NOTTE (1984)
SCREAM
Gli imperdibili
L’ULTIMA CASA A SINISTRA
(1972)
Wes Craven
LQL]LDLOVXR
viaggio nella
paura.
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2015
Gli artigli di
Freddy Krueger
invadono lo
VFKHUPR
Località Roma, Italia
Periodo 7-8 novembre
Tel. Web ilgustodellamemoria.it
Mail
associazionecomeravamo@
gmail.com
Resp. Cecilia Pagliarani,
Manuel Kleidman
USA 2015
4 N.I.C.E.
Località San Francisco-
:DVKLQJWRQ'&1HZ<RUN
)LODGHO²D6WDWL8QLWL
Periodo 11 novembre - 6
dicembre
Tel. (055) 290393
(riferimento a Firenze)
Web nicefestival.org
Mail [email protected]
Resp. Viviana del Bianco
FILMFESTIVAL
5 AS
Località Roma, Italia
Periodo QRYHPEUH
Tel. WebDV²OPIHVWLYDORUJ
Mail LQIR#DV²OPIHVWLYDORUJ
Resp. Giuseppe Cacace
FILM FESTIVAL
6 TORINO
Località Torino, Italia
Periodo 20-28 novembre
Tel. (011) 8138811
WebWRULQR²OPIHVWRUJ
Mail LQIR#WRULQR²OPIHVWRUJ
Resp. Emanuela Martini
(1996)
+RUURUFLQH²OR
e ironia. Nasce
un nuovo serial
killer.
KOLNO’A
7 PITIGLIANI
FESTIVAL
Località Roma, Italia
Periodo 21-26 novembre
Tel. (06) 5800539
WebSLWLJOLDQLNROQRDIHVWLYDOLW
Mail SNI#SLWLJOLDQLLW
Resp. Dan Muggia, Ariela
Piattelli
CON ARNOLD SHWARZENEGGER
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© 2015 Paramount Pictures.
L’ULTIMO ATTESISSIMO
CAPITOLO DELLA SAGA
senza Morando
I 10 COMANDAMENTI
“Un buon critico è politeista”. In ricordo di Morandini,
partendo dal suo irrinunciabile decalogo di Sivio Danese
P
rimo: leggere, di tutto. Secondo: vedere film, e
rivederli, al cinema s’intende, in sala. Terzo:
scrivere, prendere appunti, impara a raccontare i
film in quattro o quaranta righe. Quarto: scegli un
critico di fiducia, per confrontare. Quinto: ricordati
che nemmeno un romanzo nasce isolato nella testa
dell’autore. Sesto: impara ad amare - a conoscere - gli attori.
Settimo: il cinema è la somma di molte arti, va a teatro, ai
concerti. Ottavo: la recensione di un film è un (piccolo)
genere letterario. Nono: meglio sbagliare per generosità che
per avarizia. Decimo: non dimenticare mai che il critico è un
parassita, vive sul lavoro altrui.
Sto rileggendo la prima parte del (doppio) decalogo di
Morandini (poi si va in profondità, e si parla di doveri del
critico, di essere sociali, non socievoli, di rispetto per i film,
di cattiveria militante, di pazienza e di domande, e di sensi
all’erta). Non sulle pagine aforistiche del memorabile “Non
sono che un critico” (Il Castoro), ma sul dattiloscritto
Olivetti con cui, già negli anni ‘90, si presentava nei
convegni o alle lezioni, leggendo per evitare, a braccio,
l’imprecisione, e superare la balbuzie, e una timidezza
(“introverso com’ero, diventai un lettore vorace”) lavorata ai
fianchi da influenza, prestigio, autorevolezza nei decenni.
Ora che Morando non sarà più in sala, in mano la stilo-conpila su quadernetto nero, lasciandoci più poveri e soli, è
proprio quel decalogo a riportare l’ampiezza di risorse a cui
sapeva indirizzare l’azione, dieci comandamenti mai al
servizio del dio-cinema: “Un buon critico è politeista”. Con
buona pace di chi cercava schieramenti, Visconti o Fellini,
Antonioni o Rossellini, e poi Godard o Truffaut. Non bisogna
andare lontano a cercare prove e frutti della “cognizione del
sapere” di Morando: la sua rubrica in pillole, qui sulla Rivista,
Morando
Morandini
(21 luglio 1924 - 17
ottobre 2015) Foto di Francesca
Fago
14
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2015
fu ogni mese uno “speciale-mondo”, via letteratura, scienza,
musica, costume.
Si definiva critico di gusto, provando a limitare un
perimetro vastissimo tra le critiche (negli anni ‘60, con la
sua rivista “Schermi” fu guerra contro il settarismo di
“Cinema Nuovo”), ma accidenti, secondo principi kantiani su
cui accettiamo scommesse di pratica e risultati. Le
recensioni di Morando sono la prova costante, nei decenni,
nella storia del giornalismo italiano, nella popolarità del suo
dizionario (“Il Morandini” di Zanichelli), di un vero scrittore
“sacrificato” alla carta stampata fugace, e lì era insuperabile
la combinazione tra “sense and sensibilty”, la passione, il
gusto, l’intuito nel filtro di una ragione dinamica e
informatissima.
SANDRO PARENZO
PRESENTA
L’AMORE È UGUALE PER TUTTI
DA L LO S C E N E GGIATORE DI PH IL ADEL PH IA
IL PREMIO OSCAR ®
JULIANNE
MOORE
LA CANDIDATA OSCAR ®
ELLEN
PAG E
IL CANDIDATO OSCAR ®
MICHAEL
SHANNON
I S P I R AT O A U N A S T O R I A V E R A
FREEHELD
AMORE GIUSTIZIA UGUAGLIANZA
DAL 5 NOVEMBRE AL CINEMA
IN COLLABORAZIONE CON
Freeheld.libero.it
sul set
Come il
camorrista che
voleva somigliare
a Di Caprio
divenne… Peppino
Di Capri: scatta
l’operazione
Natale col boss,
con Lillo e Greg
allegri chirurghi
della nuova
commedia
Filmauro
di Alessandra De Tommasi
Qui e nella
pagina accanto
Lillo e Greg in
alcune scene
del film
ALLA FACCIA
DI GOMORRA
“Alla Gomorra”: basta aggiungere queste due
paroline a qualsiasi progetto per ottenere la
magia – o l’illusione - del successo. Funziona
persino con il cinepanettone o con i suoi eredi
in sala sotto il vischio, compreso Natale col
boss, prodotto da De Laurentiis e in uscita il
17 dicembre. Ne abbiamo avuto la conferma
durante la visita sul set, in un cantiere della
Capitale trasformato nel rifugio del mafioso
che dà il nome al film anche se inizialmente si
pensava appunto a “Natale a Gomorra”.
Ma d’altronde lo aveva predetto tempo fa
anche Boris – il film: iniziava con il ciak della
fiction “Il giovane Ratzinger”, quasi profetica
se pensiamo a Il giovane Papa di Paolo
Sorrentino attualmente in cantiere, e finiva
con un classico film delle vacanze, “Natale
co n l a c a st a ” , u n a d e r i va co m i c a d e l l a
pellicola d’autore che inizialmente si voleva
girare. Sulla scia del romanzo di Roberto
Saviano, appunto.
Prima di assistere ai ciak di Natale col boss è
d’obbligo la visita all’interno della villa-museo
del malavitoso. Si parte con un laboratorio in
stile Breaking Bad corredato di bilancina,
pacchetti di droga (finta), frullatore e ampolle
di misura varia oltre alla lavagna con i dettagli
d e l p i a n o d i f u g a . Tra u n a r i m e ss a
d’automobili e una discarica di computer si
passa al salotto e alla camera da letto del
capo: i mobili vantano rifiniture in oro, le
colonne in marmo sorreggono due leopardi e
i vasi sono rigorosamente maculati. Arazzi,
t a p p e t i , l a m p a d e e c a n d e l a b r i p re g i at i
riempiono ogni centimetro fino ad arrivare ad
un angolo spoglio, con la paglia per terra, la
“cella” dei prigionieri co
n materassi
di fortuna, brande malmesse, un divano
rovinato e un’altissima rete protettiva.
Sono tutte qui le due facce della medaglia di
questa commedia degli equivoci. Due sono i
chirurghi plastici coinvolti (interpretati da
Lillo e Greg) e rapiti dal boss per avere una
faccia nuova e irriconoscibile, due sono gli
agenti di polizia sulle sue tracce (prestano
l o ro i l vo l to Pa o l o R u f f i n i e F ra n ce s co
novembre 2015
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
17
sul set
A
‘‘
lla Gomorra”: basta aggiungere
queste due paroline a qualsiasi
progetto per ottenere la magia –
o l’illusione - del
successo. Funziona persino
con il cinepanettone o con i suoi eredi
in sala sotto il vischio, compreso Natale
col boss, prodotto da De Laurentiis e in
uscita il 17 dicembre. Ne abbiamo avuto
la conferma durante la visita sul set, in
un cantiere della Capitale trasformato
nel rifugio del mafioso che dà il nome
al film anche se inizialmente si pensava appunto a Natale a Gomorra.
Ma d’altronde lo aveva
predetto tempo fa anche Boris – il film: iniziava con il ciak della fiction “Il giovane Ratzinger”, quasi profetica se
pensiamo a Il giovane
Papa di Paolo Sorrentino
attualmente in cantiere,
e finiva con un classico
film delle vacanze, Natale con la casta, una deriva comica della pellicola
d’autore che inizialmente si voleva girare. Sulla
scia del romanzo di Roberto Saviano, appunto.
Prima di assistere ai ciak di Natale col
boss è d’obbligo la visita all’interno della villa-museo del malavitoso. Si parte
con un laboratorio in stile Breaking Bad
corredato di bilancina, pacchetti di droga (finta), frullatore e ampolle di misura
varia oltre alla lavagna con i dettagli del
piano di fuga. Tra una rimessa d’automobili e una discarica di computer si
passa al salotto e alla camera da letto
del capo: i mobili vantano rifiniture in
oro, le colonne in marmo sorreggono
due leopardi e i vasi sono rigorosamente maculati. Arazzi, tappeti, lampade e
candelabri pregiati riempiono ogni centimetro fino ad arrivare ad un angolo
spoglio, con la paglia per terra, la “cella” dei prigionieri con materassi di fortuna, brande malmesse, un divano rovinato e un’altissima rete protettiva.
Sono tutte qui le due facce della medaglia di questa commedia degli equivoci.
Due sono i chirurghi plastici coinvolti
(interpretati da Lillo e Greg) e rapiti dal
boss per avere una faccia nuova e irri-
conoscibile, due sono gli agenti di polizia sulle sue tracce (prestano loro il volto Paolo Ruffini e Francesco Mandelli).
Persino il camorrista si fa in due: quando chiede connotati diversi sussurra
all’orecchio dei medici l’artista a cui
vorrebbe somigliare, DiCaprio, ma i
dottori capiscono tutt’altro e si ritrova
ad essere la copia di Di Capri. Sì, Pep-
pino, che nel film veste il doppio ruolo
di mafioso e cantante. Arriva puntuale
per l’intervista, ancora in abiti di scena,
con pantofole, pigiama di seta e foulard: nell’ultimo ciak si è svegliato
dall’operazione per scoprire con orrore
il viso appena sbendato. Partono gli
spari, si sentono le urla e lo scalpiccio
di piedi dietro l’angolo preannuncia un
inseguimento vecchio stile in corso.
Serafico e rilassato, ha superato la fase
dei dubbi per l’accettazione del ruolo:
“Volevo vedere se fossi stato credibile
– ammette – con le parolacce in bocca,
proprio io che sono conosciuto per essere una persona perbene. E pensare
che inizialmente credevo di essere stato scelto
pe r c a n ta re, i nvece
niente. In fin dei conti
girare è come registrare
un disco in studio, con
due differenze: le attese
che per me sono stancanti e il fatto che di solito nella musica per me
è sempre “buona la prima”, perché di natura
sono timido e m’imbarazzo”. “Per farlo ci vuole coraggio – aggiunge
il regista Volfango De
Biasi, che ha anche curato soggetto e sceneggiatura, prima di passare alla pausa-kebab post riprese – sarebbe stato facile chiamarlo per cantare, un po’
come chiedere a Maradona di palleggiare. In fondo sembra che il film di
Natale ormai sia diventato avanguardista, sperimentale, dalle frontiere illimitate”. Sulla questione Gomorra non ha
dubbi: “Ormai il termine – conclude – è
diventato di uso comune, perché non
giocarci su?”.
“E PENSARE CHE INIZIALMENTE
CREDEVO DI ESSERE STATO SCELTO
PER CANTARE”
18
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2015
Giulia Bevilacqua, sopra Paolo
Ruffini e Francesco Mandelli.
A sinistra Lillo e Greg.
Nella pagina accanto, il regista
Volfango De Biasi
Lillo se hai coraggio!
Dopo una corsa forsennata per sfuggire al boss, con la
testa bendata, Lillo prende fiato: “Sono sudatissimo perché,
come faceva Luchino Visconti, mi fanno tenere la giacca
sotto il camice”. Una volta tolte le bende, continuano le
battute.
Cosa ci dobbiamo aspettare da questo film?
C’è un po’ di Beverly Hills Cop in questi inseguimenti,
quindi dire a metà tra gangster movie ed action, tra scene
che quasi fanno la parodia a Matrix nelle lotte sopra le righe
e cavi sospesi in aria in stile Nikita. Al concetto di
“cinepanettone” non ci pensiamo proprio: è vero, si svolge
a Natale, ma è una commedia che mette in scena il cinema
che ci piace, fedeli come sempre, al pop.
Ha aspetti da road movie?
Il rapimento iniziale avviene a Milano ma per essere
trasportati a Napoli, dove in effetti abbiamo girato gli
esterni. Per gli interni siamo un po’ dove ci pare, oggi infatti
siamo nel covo del boss, in provincia di Scampia sulla carta,
nella periferia romana di Tor Cervara nella realtà.
La malavita è anche al centro della vostra web series
Pupazzo Criminale…
Ormai siamo esperti di malavita… (ride, ndr) Ma che fatica
girare in casa, con le presine, sudati, sotto il tavolo! Da fan
del Muppet Show ci farei un film di soli pupazzi ma con noi
come guest star. D’altronde la canzone Manha Mahna è una
delle tre cose più divertenti al mondo!
settembre 2015
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
19
cine capitale
U
Una domanda, una sola: e ora che si
fa? Dopo dieci anni, di cui solo i
primi due baciati dal successo,
chiedersi che ne sarà di Roma,
dell’ex Festa, poi Festival, indi
“Festaval”, infine ancora Festa è
pleonastico: senza identità si muore.
Fu Festa nel 2006 e 2007, eppure,
già allora chiedere ai cittadini che
stesse succedendo in quella dozzina
di giorni all’Auditorium a soli
duecento metri di distanza (via
Tiepolo) non ebbe soddisfazione: il
festival di Roma non ha mai avuto
Roma. Dunque, che fare?
L’accanimento terapeutico è sempre
nocivo, ancor più quando si parla di
cultura: Roma, in termini festivalieri,
non è mai nata, lasciarla morire indi
non è aborto, bensì mera
constatazione. Bisogna intendersi, il
fallimento non dipende
dall’inettitudine dei direttori, e dei
presidenti, bensì va ascritto alla
natura stessa dell’ondivaga
manifestazione: non è amata dai
romani, è mal tollerata dai festival
nazionali, appena sopportata dagli
addetti ai lavori in loco o
transumanti ad hoc. In poche parole,
la Festa è tale solo per chi la fa.
Dopo dieci anni, e altrettanti di
stipendi, si può dire basta, o no?
Ovvio, fare un festival, un grande
festival, oggi è difficile, quasi
proibitivo: a Venezia non son rose e
fiori, tutt’altro; Berlino s’è separata
consensualmente dalla qualità, o
quasi; solo Cannes vive, e bene, di
rendita, che la politique des auteurs
paga, a prescindere dalla bontà dei
film dell’annata. Ma se i grandi
americani disertano sempre più la
stessa Croisette, come averli altrove,
come averli a Roma, s’intende, non
con lo ius primae noctis, bensì con il
fondamentale correlativo oggettivo
di talents, attori e registi? Una Festa
non si giudica forse dalla bontà
degli invitati? Già, ma è chimera, se
ROMA S’È
Buoni film, poco pubblico, zero red carpet: l'insostenibile
20
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2015
Il direttore della
Festa del Cinema
di Roma, Antonio
Monda. A lato,
The Walk 3D
FESTA?
leggerezza della creatura di Antonio Monda
sul Tevere si subisce pure la quasi
concomitanza del Tamigi
cinematografico, ovvero il London
BFI Film Festival. Antonio Monda,
che ha completato il primo dei tre
anni contrattuali da direttore, ha
compiuto, tra gli altri, un errore
principe: credere che passando da
Capri a Roma, dalla letteratura al
cinema, il modello delle
Conversazioni fosse
indifferentemente applicabile. No.
Alla vigilia Monda ha parlato,
improvvidamente, di alleanza tra
Roma e Londra: anziché farsi la
guerra, la Caput Mundi e quella della
Perfida Albione sarebbero scese a
compromessi, per il bene comune a
entrambe. Ebbene, più che alleanza
quella di Roma è stata resa:
incondizionata. Suffragette ha
aperto (lo farà anche a Torino),
Steve Jobs ha chiuso Londra, noi non
li abbiamo visti. E, soprattutto, non
abbiamo visto le star: per dirne una,
Cate Blanchett ha accompagnato a
Londra sia Truth che Carol, entrambi
in cartellone a Roma senza che lei vi
abbia messo piede. Il premio del
pubblico, l’unico rimasto per volontà
di Monda, è andato a Indian Angry
Goddesses di Pan Nalin, Alice nella
Città, ancora in ascesa, ha premiato
Four Kings e, opera prima, The
Wolfpack, ma ce ne importa
davvero? Da The Walk 3D a Lo
chiamavano Jeeg Robot, da Showbiz
a Hitchcock/Truffaut, i buoni film non
sono mancati, ma per il 90% - a parte
di Federico Pontiggia
gli italiani, in breve – di seconda o
terza visione: usato sicuro. Accanto a
un red carpet sguarnito – Monica
Bellucci e Ellen Page, le sole star – si
giustificano i 4 milioni di budget? No,
certo che no. Ma attribuire la colpa
della debacle, -21% di biglietti, -20%
di incassi e via dicendo, a Monda e al
presidente Detassis, sarebbe
sbagliato, e fuorviante: non sono loro
i responsabili del flop, non i soli
almeno. La grande colpa, il grande
boh, è di Roma: non s’ha da fare
questo Fest-qualcosa. Lo vogliamo
capire?
Con il quasi contemporaneo BFI
London Film Festival non un’alleanza,
ma una resa incondizionata
novembre 2015
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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fenomeni
PIRATA DA
PAURA
Da supereroe a magnifico
cattivo: l’attore australiano
nel prequel delle avventure
di Peter Pan
di Alessandro De Simone
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2015
Hugh Jackman
è Barbanera
fenomeni
stata una delle sceneggiature
più calde di Hollywood degli
ultimi anni, era destino che
prima o poi diventasse un film
dalle grandi speranze. Ma non
è Charles Dickens a essere stato scomodato, ma James Barrie, il creatore di
Peter Pan, il bambino che non è mai diventato grande. Lo script di Jason
Fuchs è finito nelle mani di un regista
rigorosamente British, Joe Wright, abituato a costruire grandi macchine in costume e a gestire cast stellari. Proprio
come questo, con Rooney Mara atletica
Tiger Lily, Garret Hedlund Capitan Hook
senza uncino e l’esordiente Levi Miller
nei panni di Peter prima di essere il Pan.
Tutti e tre dovranno vedersela con uno
strepitoso Hugh Jackman, elegante e
cattivissimo Pirata Barbanera, personaggio ben diverso dal suo Wolverine, ma a
cui sembra essersi affezionato molto in
fretta. Ne abbiamo parlato con lui a
Londra, in occasione dell’anteprima
mondiale di Pan, che arriverà nelle sale
italiane il 12 novembre distribuito da
Warner Bros. Italia.
Mr. Jackman, quanto di suo c’è in Barbanera?
Quando ho detto a mio figlio che lo
L’isola che non c’era
Neverland secondo Joe Wright: "Mi affascina pensare la
sua contemporaneità con Freud"
avrei interpretato mi ha detto: “Intendi
BarbaBianca&Nera”. Una bella iniezione di fiducia. A parte questo, mi ha anche aiutato molto, grazie al suo abbonamento al Junior National Geographic, dove c’è una sezione dedicata
“Il mago di Oz è il primo film di
cui ho memoria, mi spaventò
moltissimo. Poi Hannibal Lecter”
24
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2015
al leggendario pirata, in particolare
questo fantastico aneddoto in cui si dice che prima di andare in battaglia si
mettesse dell’incenso nella barba e poi
vi si desse fuoco per terrorizzare gli avversari. Ho detto a Joe “Che ne pensi?”. Risposta: “No.” E aveva ragione, la
sua idea di un corsaro tra l’Elisabettiano, Maria Antonietta e Luigi XIII è molto più efficace.
In effetti è un magnifico cattivo. Lei
ne ha uno preferito nella storia del
cinema?
La Strega Cattiva dell’Ovest, prima di
tutto. Il mago di Oz è il primo film di
cui ho memoria, mi spaventò moltissimo. Poi Hannibal Lecter, Alan Rickman in Trappola di cristallo, questo è
il genere di cattivi che amo. Joe mi
aveva detto prima di iniziare: “Ricorda
che Neverland nasce dall’immaginazione di un bambino, i cattivi sono visti attraverso i suoi occhi, paurosi e ridicoli. Ma Barbanera è il più pauroso.
Avute queste indicazioni, poi ti puoi
divertire.
Com’è stato fare la sua entrata cantando i Nirvana?
È stato il mio giorno preferito sul set,
centinaia di ragazzi che cantano all’unisono Smells Like Teen Spirit è un momento che non si dimentica. Joe im-
“La cosa che mi ha affascinato di più del
rileggere Peter Pan è stato pensare che sia
stato scritto quando Freud iniziò a pubblicare
le sue ricerche”. Parola di Joe Wright, regista
di Pan, prequel coraggioso sin dall’idea di
uno dei romanzi per ragazzi più amati della
storia. Coraggioso per molti versi, dato che
Wright si toglie lo sfizio di inserirvi un pezzo
dei Nirvana (“Kurt Cobain è stato l’ultimo dei
ragazzi perduti, un poeta maledetto”) e di
scegliere la diafana Rooney Mara nel ruolo di
Tiger Lily, con polemiche a rimorchio sul suo
non essere nativo americana, come
tradizione vuole. “Cosa in realtà non vera” ci
ha tenuto a precisare proprio l’attrice. “Quella
è l’iconografia disneyana, ma non è
specificato nel romanzo. Lily è nativa di
Neverland, tutto qui”. Anche il personaggio
di James Hook normalizzato e amico di Peter
è una bella gatta da pelare, ma che potrebbe
essere risolta nella maniera più semplice.
“L’idea di un sequel per raccontare come
Hook diventa Capitan Uncino c’è, Jason
Fuchs ha anche molte idee in merito. Ma
tutto dipenderà da come il pubblico
accoglierà questo film”. Come si suole dire, ai
posteri l’ardua sentenza.
provvisa molto sul set. L’idea è nata così, aveva dato a tutti il testo della canzone e poi ha detto “Proviamo, se funziona sarà la tua entrata”. Ero al settimo cielo.
Sembra che fare il pirata fosse il sogno della sua vita.
Lo era! Quando ero a scuola di recitazione adoravo le lezioni di scherma e
per l’esame finale preparai la scena del
duello da La sposa fantastica. Immaginatemi mentre dico la meravigliosa
battuta “Yo soy Iñigo Montoya, tu hai
ucciso mio padre, preparati a morire”.
E anche a casa non mi ha detto male,
mia moglie mi ha detto che è il ruolo
più sexy che abbia mai fatto.
In effetti è un personaggio affascinante. Avete pensato all’ipotesi di uno
spin off?
Un prequel di un prequel, sarebbe interessante solo per questo. Ci sono comunque degli elementi del film che potrebbero essere sviluppati per una storia precedente, ma a parte questo, ciò
che ho davvero amato di questo personaggio è stato esplorare la sua solitudine e la sua tristezza. E in fondo, la sua
voglia di essere liberato dal suo desiderio di potere una volta per tutte.
Levi Miller è il piccolo Peter, a sinistra in basso Rooney Mara nei panni di Tiger Lily
novembre 2015
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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in mostra
A settant’anni da
Roma città aperta,
il Neorealismo torna
a esercitare il suo
ruolo centrale nei
fatti e nelle arti.
A Torino e Firenze
due grandi eventi lo
raccontano per
immagini e inediti
IERI
OGGI
DOMANI
di Silvio Danese27
novembre 2015
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
in mostra
N
Bellissima (MNC,
E. Invernizzi), sotto
Paisà (CSC). Nella
pagina precedente Il
tetto (MNC, G.P.
Bellini). A destra
Riso amaro
(MNC)
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
on fu soltanto per economia di definizione che,
da De Sica a Visconti, da Rossellini a Zavattini, sollecitati in diverse occasioni ad andare all’“osso”
del ripensamento neorealista del cinema, oltre l’estetica, le poetiche e le pratiche derivate dai film,
ricorresse un lancio univoco: ritorno all’uomo.
L’uomo, e il ritorno. Storicizzando, era il richiamo a
un bisogno dopo l’anestesia dei fascismi e l’orrore
della guerra. In una più ampia visione filosofica,
che allarga l’influenza del neorealismo a una condizione e una prospettiva dell’arte oltre l’appezzamento di un’epoca, proprio il ritorno sembra il bisogno di un richiamo costante a ciò che è facile
perdere per strada, e oggi, nel regno della ragion
tecnologica, ma anche “appena sempre”, nel regno eterno (ieri oggi e domani) dell’opportunismo
dei poteri e dei profitti, sembra la necessità di una
vigilanza.
E’ antichissima, in realtà, l’irruzione della centralità dell’uomo nella storia del pensiero speculativo. E’ Socrate (non a caso “filmato” da Rossellini)
che impone alla cultura occidentale la sterzata: ai
presocratici, concentrati nello studio del cosmo,
del numero, dell’atomo, impone la virtù dell’uomo
(il raggiungimento del bene attraverso la conoscenza della virtù, che coincide con la verità, per
una liberazione dal male, chi compie il male non
novembre 2015
conosce il bene, non ci si può rendere schiavi di
ciò che non ha valore, eccetera). Che cosa dice
Zavattini (era il 1953), sul suo compito di narratore, preso in onere come una missione (e chiediamoci, nel nostro cinema, e nella nostra cultura,
quanto sia ancora viva questa preoccupazione...):
“Io devo concentrare tutta la mia attenzione sull’uomo d’oggi. Il fardello storico che ho sulle spalle e che non vorrei e non potrei scrollarmi brutalmente dalle spalle, non deve impedirmi di essere
tutto nel desiderio di liberare quest’uomo e non
altri dalla sua sofferenza servendomi dei mezzi
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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in mostra
ECCE HOMO
La rivoluzione neorealista in occasione del V Convegno Ecclesiale
A settant’anni dalla folgorante
apparizione di Roma città
aperta di Roberto Rossellini, il
Neorealismo continua a essere
la stagione più conosciuta,
amata e influente della storia
del cinema italiano. Attraverso
fotogrammi e sequenze di film,
la mostra “Lo splendore del
vero nell’Italia del dopoguerra
(4 giugno - 29 novembre
2015)”, nata da un progetto di
Alberto Barbera e realizzato in
collaborazione con Grazia
Paganelli e Fabio Pezzetti, al
Museo Nazionale del Cinema,
ha individuato un’originale
rilettura di quell’esperienza
seminale, ripercorrendone le
tappe più significative,
accompagnando il visitatore in
un viaggio che parte dai
prodromi di questa
“rivoluzione” estetica, ben oltre
il periodo specifico della sua
attinenza. In contemporanea
con Torino, uno spinoff
dedicato all’umanesimo
neorealista prosegue a Firenze
per 4 giorni (Nuovo
Umanesimo, 9-13 novembre), in
occasione del 5°Convegno
Ecclesiale Nazionale, a firma
congiunta del Museo Nazionale,
della Fondazione Ente dello
Spettacolo e dell’Ufficio
Comunicazione della CEI.
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2015
Roma città aperta (MNC). Sotto, da
sinistra: Miracolo a Milano (MNC,
G.P. Bellini); Non c'è pace tra gli
ulivi (MNC, E. Invernizzi); Il cammino
della speranza (CSC)
che ho a disposizione. Quest’uomo ha un nome e
un cognome, fa parte della società in un mondo
che mi riguarda senza equivoci e io sento il suo
fascino, lo devo sentire così forte, che voglio parlare di lui, proprio di lui e non attribuirgli un nome
finto, perché quel nome finto è pur sempre un velo fra me e la realtà, è qualcosa che mi ritarda.”
Dieci anni prima fu Visconti a dare un orientamento, nel celebre articolo su “Cinema” a proposito di Ossessione: “Al cinema mi ha portato soprattutto l’impegno di raccontare storie di uomini
vivi; di uomini vivi nelle
cose, non le cose per
se stesse. Il cinema che
mi interessa è un cinema antropomorfico”.
Non è difficile immaginare la calamita neorealista che aggancia,
come schegge sparse,
o amanti inevitabili, e li
accatasta disordinatamente, autori e film
dei decenni seguenti,
proprio nel nome di
quel bisogno di luce
antropomorfica, e nel
concentrato impegno
a trovare proprie strade: Fellini, sempre lui,
tutto, comunque, Olmi,
fino all’ultima ora, Pasolini, Rosi, Loy, Scola, Bolognini, Zurlini, e quanti altri, ma anche Leone, perfino Pupi Avati nell’onesta concentrazione sul suo
occhio privato, mentre una vera forma attiva di
neorealismo evoluto, o se vogliamo ripetuto e in
vario modo reinventato, ricorre all’estero, nel cinema iraniano senz’altro, cioè in società dove agli
artisti, ai narratori, è chiaro l’irriducibile legame
“di uomini vivi nelle cose”. Qualcosa poi si rompe
quando il vizio del presente, nella disgregazione
di una società vetrinistica, di generi e modelli,
forzata all’esposizione invece che alla compren-
sione, disabile, e mai diversamente abile, all’ascolto e alla restituzione della sofferenza umana
per quel bene irriducibile, induce a cancellare
certe radici, che da noi finiscono celebrate,
omaggiate, cioè sepolte, invece che riconosciute
come profezie per il futuro che siamo noi. Ancora
dopo Umberto D, due anni prima che Senso decretasse per le storie del cinema la fine del neorealismo, Zavattini dichiarava tutta la sua insoddisfazione: “Non siamo ancora al neorealismo. Il
neorealismo è oggi come un esercito pronto a
mettersi in marcia.
Non c’è niente da fare,
bisogna riconoscere
che siamo ancora tutti
allo start”. Togliamo
l’anelito del Grande
Matto e sostituiamo
“uomo” a neorealismo,
e si fa svelto a tirare le
somme sulle scritture
per il cinema dei nostri
ultimi decenni. O forse
l’uomo è finito? Temo
sia vero quel che dice
Nicola Lagioia (su “Internazionale”) sull’attualità drammatica,
drammaturgica, del
“cinereo” mondo di
Faulkner, con un perfetto post-it del discorso al Nobel, nel 1950: “Mi
rifiuto di accettare la fine dell’uomo, è fin troppo
facile dire che l’uomo è immortale perché destinato a resistere: che quando l’ultimo din don del
giudizio universale risuonerà svanendo dall’ultima inutile rupe sporgentesi sull’assenza di mare,
nell’ultima sera rossa e morente, anche allora un
suono resterà: quello della sua flebile ma inesausta voce che continua a parlare. Mi rifiuto di accettarlo. Io credo che l’uomo non si limiterà a resistere: egli prevarrà... Il compito del poeta, dello
scrittore, è di scrivere di queste cose”.
Faulkner:
"L'uomo non si
limiterà a
resistere. Egli
prevarrà"
Senza pietà (MNC, F. Franci); Germania anno zero (MNC); e ancora Il cammino della speranza (MNC, E. Invernizzi)
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fondazione ente dello spettacolo
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COVER STORY PASSIONE 007
NOME IN CODICE:
S.P. E.C.T. R.E.
Dalla S di Sciarra alla E di
(The) End, passando per
la R di Roma: guida
ragionata al 24esimo film
di James Bond
di Angela Bosetto
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rivista del cinematografo
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FARE DA SEQUEL a Skyfall non è facile,
ma Spectre punta a ripagare con incassi
da capogiro il fatto di essere il film più
lungo e caro della saga di 007: due ore e
mezza costate 300 milioni di dollari.
Stavolta, insieme ai nuovi M (Ralph
Fiennes), Q (Ben Whishaw) e
Moneypenny (Naomie Harris), James
Bond (Daniel Craig) deve affrontare il
suo nemico supremo: l’organizzazione
internazionale S.P.E.C.T.R.E. L’acronimo
ideato da Ian Fleming sta per SPecial
Executive for Counter-intelligence,
Terrorism, Revenge and Extortion,
tuttavia, se scandito in maniera
alternativa, può anche svelare sette
aspetti della pellicola.
S come Swann e Sciarra
Ossia i cognomi delle due nuove
Bond girl: la psicologa Madeleine (figlia del criminale Mr. White/Jesper
Christensen, sfuggito all’MI6) e la vedova Lucia (il cui marito, membro
della SPECTRE, muore per mano di
007), interpretate rispettivamente da Léa Seydoux e Monica Bellucci. La “francesizzazione” del personaggio di Madeleine ha messo da parte (almeno per il momento) l’idea
di inserire un’attrice scandinava, mentre il cameo femminile
iniziale è andato alla messicana Stephanie Sigman.
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rivista del cinematografo
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COVER STORY PASSIONE 007
P come Pericolo
A minacciare 007 e l’MI6 sono in particolare due membri della SPECTRE:
il misterioso Franz Oberhauser (Christoph Waltz), figlio di Hannes
Oberhauser (padre putativo del giovane Bond), e il suo braccio destro
Mr. Hinx (Dave Bautista). E il nuovo
membro dei servizi segreti Max Denbigh (Andrew Scott, il Moriarty televisivo) da che parte sta? Lo scopriremo solo alla fine.
C come Canzone
Dopo il trionfo e l’Oscar ottenuti da
Adele con Skyfall, tutti scommettevano sul fatto che il 24° tema di 007 sarebbe stato nuovamente affidato a un
cantante inglese. Il favorito Ed Sheeran ha però preferito non legarsi a
un’altra saga dopo Lo Hobbit, facendo così salire le quotazioni prima
dell’americana Lana Del Rey e poi
della britannica Ellie Goulding. Alla fine l’ha spuntata il londinese Sam
Smith, vincitore di quattro Grammy e
tre BRIT Awards. La sua Writing’s On
The Wall ha debuttato in patria direttamente al primo posto: nessuna canzone bondiana ci era mai riuscita.
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rivista del cinematografo
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E come El Día de los
Muertos
Nella routine di 007, ogni giorno è
buono per lasciarci le penne, ma
nessuno quanto il 2 novembre, data
in cui l’America Centro-Meridionale
celebra la “Festa dei Morti”. Ed è
proprio a Città del Messico, durante
la tradizionale sfilata di carri, scheletri e maschere, che si svolge l’adrenalinica sequenza iniziale di
Spectre. Per realizzarla sono occorsi
sei mesi di lavoro preparatorio e
1500 comparse (il cui trucco e parrucco personalizzato richiedeva 75
minuti ogni mattina), ciascuna con
un costume diverso fatto interamente a mano. Niente moltiplicazione
digitale per quella che la produzione assicura essere “l’intro più elettrizzante di sempre!”
R come Roma
Sette anni dopo Quantum of Solace, l’Italia
torna nella rosa delle location bondiane insieme ad Austria, Marocco, al già citato Messico e
alla sempreverde Inghilterra. In Spectre il ruolo di portabandiera nazionale tocca alla Città
eterna, ma nemmeno l’Aston Martin è immune
alle crepe tra i sampietrini. Una buca più grande delle altre ha fatto saltare l’auto, sbalzando
Daniel Craig contro il tettuccio e regalandogli
un bel bernoccolo. Un’altra botta (metaforica)
è giunta dalla confraternita religiosa dei Trapassati, che ha proibito alla troupe l’uso del cimitero del Verano. Alla produzione non è rimasto che trasformare in camposanto il Museo
della Civiltà Romana all’Eur.
T come Team
Nella squadra tecnica del regista Sam Mendes (nella foto) entrano
il montatore australiano Lee Smith, sodale di Christopher Nolan, e
il direttore della fotografia Hoyte Van Hoytema, olandese, La talpa
e Interstellar in carnet. Confermati da Skyfall lo scenografo Dennis
Gassner, il compositore Thomas Newman, la costumista Jany Temime, il supervisore degli effetti speciali Chris Corbould e gli sceneggiatori John Logan, Neal Purvis e Robert Wade. A questi ultimi si è
unito Jez Butterworth, penna di Edge of Tomorrow e Black Mass –
L’ultimo gangster.
E come End
Se la fine dell’era Craig si avvicina (il biondo Daniel darà ufficialmente l’addio alla saga con il prossimo film), il felice connubio fra
James Bond e Sam Mendes termina qui. “Girare un capitolo di 007
è un’esperienza esaltante, ma purtroppo non ti permette di fare
nient’altro per tutto il tempo”, spiega il regista britannico, che già
pensava di fermarsi a Skyfall. “Ho accettato e vissuto Spectre come
una sfida personale. Ora, però, vorrei tornare al teatro”.
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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COVER STORY PASSIONE 007
Cognome ENGLISH
Nome JOHNNY
Interprete ROWAN
ATKINSON
Nato il 11 APRILE 2003
(JOHNNY ENGLISH, FILM)
Cittadinanza
BRITANNICA
Professione AGENTE
MILITARY INTELLIGENCE
SECTION 7 (MI7)
Segni particolari
INETTO
Migliore performance
JOHNNY ENGLISH REBORN
JAMES
E I SUOI
FRATELLI
In principio era Bond, ma
i suoi servizi non sono più
segreti: da Jason Bourne
a Ethan Hunt (e Johnny
English), è licenza di
copiare...
di Federico Pontiggia
Cognome BOURNE
Nome JASON
N
Interprete MATT DAMO
(ET ALII)
0
Nato il 1° FEBBRAIO 198
(THE BOURNE IDENTITY,
ROMANZO)
Cittadinanza
AMERICANA
Professione
EX BERRETTO VERDE
Segni particolari
SMEMORATO
Migliore performance
THE BOURNE ULTIMATUM
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2015
Cognome HUNT
Nome ETHAN
Interprete TOM CRUISE
Nato il 22 MAGGIO 1996
(MISSION: IMPOSSIBLE,
FILM)
Cittadinanza
AMERICANA
Professione AGENTE THE
IMPOSSIBLE MISSIONS
FORCE (IMF)
Segni particolari
INDOMITO
Migliore performance
MISSION: IMPOSSIBLE ROGUE NATION
Cognome BOND
Nome JAMES
Interprete SEAN CONNERY
(ET ALII)
Nato il 13 APRILE 1953
(CASINO ROYALE,
ROMANZO)
Cittadinanza BRITANNICA
Professione AGENTE
MILITARY INTELLIGENCE
SECTION 6 (MI6)
Segni particolari
IRRESISTIBILE
Migliore performance
GOLDFINGER
Cognome BAUE
R
Nome JACK
Interprete KIEF
ER
SUTHERLAND
Nato il 6 NOVE
MBRE 2001
(24, SERIE TV)
Cittadinanza
AMERICANA
Professione
AGENTE ANTITE
RRORISMO
(CTU)
Segni particolari
H24
Migliore perform
an
24 MINUTES (T ce
HE
SIMPSONS, SEAS
ON 18)
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personaggi
38
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novembre 2015
Pulcinella e il bufalo, la fiaba per leggere la realtà
nell’Italia Bella e perduta del regista napoletano:
“Un film non per dirsi sconfitti, semmai un monito
di Luca Pellegrini
per risollevarsi”
Pietro Marcello
Giù la maschera
PIETRO MARCELLO È UN REGISTA VISIONARIO.
I suoi occhi vedono oltre. Il suo spirito cerca altrove. Il suo cinema declina in modo personalissimo la realtà, anche cruda, iniettando sprazzi di
poesia, nella quale si trova tutta la personalità di
un regista atipico, fuori dal coro, capace di rischiare. Come ha fatto nel 2009 con La bocca del
lupo, da tutti applaudito. Bella e perduta è un film
diverso, anche se immerso nella medesima tensione morale.
Si è molto parlato di un’immagine: quella di Pulcinella a stretto colloquio con un bufalo campano, chiamato Sarchiapone.
Io sono cresciuto in quelle terre abitate dai bufali.
Il film è stato anche il modo per riavvicinarmi al
mio passato. Gli animali erano allora amici degli
uomini, oggi sono degli oggetti, dei numeri. Erano rispettati, l’uomo se
ne prendeva cura, una
vacca in famiglia aveva
un valore enorme perché era di aiuto nei campi, nel lavoro. Volevo dare dignità a questi animali e alla natura.
Il bufalo nel film parla a
Pulcinella, l’unico al
mondo che riesce a capirlo, almeno fino a
quando indossa la maschera. Poi, in un mo-
mento intenso e bellissimo, decide di liberarsene. Perché?
Pulcinella, figura alquanto magica, si libera della
maschera e della sua immortalità, che lo rendevano servo. Sceglie di essere uomo e così si assoggetta al destino e al libero arbitrio. La libertà ti
permette di fare delle scelte per la tua vita, ma è
il destino che ti segna la strada. Pulcinella diventa
un uomo che sa amare gli animali.
Un segno soltanto di natura ecologista?
Pulcinella è il seme, la speranza. E’ l’uomo nuovo,
diverso e consapevole, che può cambiare le sorti
della terra che attraversa. Come ha fatto l’ex ministro dei Beni Culturali Massimo Bray, l’unico che
si è interessato realmente della Reggia di Carditello, acquistandola e sottraendola al suo abbandono, dopo che per secoli aveva rappresentato la
malasorte di quella regione.
Politica ed ecologia,
realtà e fiaba. Quello
che doveva essere solo
un documentario si è
trasformato in altro.
Il cinema ti permette di
reinventare linguaggi e
ottenere forme nuove. È
come una montagna, che
riesce a prendere acqua
da tutti i suoi fiumi. Trasformare questa storia
novembre 2015
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
39
personaggi
Gesuino Pittalis alias
Pulcinella, nelle
pagine precedenti il
bufalo e accanto il
regista Pietro Marcello
“La libertà ti permette di fare
delle scelte, ma è il destino che
ti segna la vita”
è stata poi una necessità. Il documentario
ti insegna come riuscire a cambiare strada,
ad affrontare gli imprevisti, come per noi è
stata la morte del custode Tommaso, al quale la nostra storia si era ancorata. Il film nasceva come un viaggio in Italia sulle tracce di
Piovene, anche per raccontare la temperatura del Paese. Ma abbiamo sentito una sorta
di responsabilità morale a non abbandonare
la Reggia di Carditello e il bufalo, che era rimasto solo, di nuovo orfano. Il film da quel
momento è continuato come una sorta di
fiaba contemporanea.
Bella e perduta è anche l’Italia.
La maschera, sia per me che per lo sceneggiatore Maurizio Braucci, è l’immagine anche
della nostra nazione, bella e perduta. Purtroppo oggi è rappresentata, soprattutto
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2015
all’estero, dalle maschere che indossano certi
politici, mentre dimentichiamo che è fatta di
personaggi straordinari come Carlo Levi che mi ha ispirato questo percorso -, Pasolini, Sciascia, Anna Maria Ortese, presente nel
film, Elsa Morante. Vorrei che chi ci rappresenta non indossasse più una maschera. Abbiamo bisogno di uomini e donne di azione,
di fede e di spirito. Il film non dice che l’Italia
è destinata ad essere bella e perduta, ma
che un’Italia bella e perduta ha le risorse per
trasformarsi.
incontri
Attrice, ma anche ambasciatrice per Save
the Children. Esperienza che l’ha segnata
profondamente: “In Nepal vivono nella totale
di Angela Prudenzi
indigenza”
Isabella Ferrari
Una donna appassionata
LONTANA DAI RIFLETTORI che troppo spesso
restituiscono di lei un’immagine di donna complicata, Isabella Ferrari si mostra per quella che
è: sensibile, appassionata, tenace quando un
progetto le sta a cuore. È stata da poco in Nepal
come ambasciatrice di Save the Children, ruolo
cui tiene particolarmente. Un’esperienza che l’ha
inevitabilmente segnata, così anche se l’occasione dell’incontro è l’uscita (26 novembre) di Uno
per tutti di Mimmo Calopresti, è anche del Nepal
che desidera parlare. “Molte famiglie vivono per
strada nella più completa indigenza - racconta -.
A una madre ho chiesto quanti anni avesse, ha
risposto che non lo sapeva perché non usano
festeggiare i compleanni. Una bella lezione per
chi, come noi, fatica ad accettare il tempo che
passa. I viaggi con Save the Children mi hanno
insegnato a non lamentarmi troppo e aiutato la
trasformazione dei miei rapporti con gli altri, soprattutto con i figli.
Ora so quanto siamo
fortunati”.
E rispetto al lavoro?
Da anni non è più al
centro della mia esistenza, forse perché
avere tre figli ti costringe a pensare meno alla professione per
concentrarti su di loro.
Non mi ritengo un’attrice in carriera, nel
senso che non mi bat-
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2015
to per lavorare continuamente, ma preferisco
aspettare pur di avere un ruolo vicino alla mia
natura d’interprete.
Qualche no di cui si è pentita?
Pentita mai, però in passato ho rifiutato una
commedia che è stata un grande successo. Forse ho perso un treno. Non mi dispiace più di
tanto non essere diventata un volto della comicità, piuttosto mi rammarico di non aver potuto
far conoscere il mio lato giocoso. Al cinema mi
affidano solo ruoli drammatici, fortuna che a
teatro l’ho messo a frutto in Doppia partita e Il
catalogo e recentemente mi sono davvero divertita a recitare nella serie tv Una grande famiglia.
A che punto della carriera sente di essere?
In un momento di grande evoluzione. Come attrice sto cambiando pelle e sono in attesa di una
nuova fase. Senza ansie, però. Non sento la
pressione, semmai la
necessità di lasciarmi
andare a nuove esper i e n ze. U n a r t i st a ,
chiunque esso sia, deve essere aperto alle
trasformazioni.
Recentemente ha prodotto La vita oscena
di Renato De Maria,
tra le novità anche un
Fabrizio
nuovo impegno di
Ferracane e
Isabella Ferrari in
questo tipo?
Uno per tutti
Sinceramente? Non
novembre 2015
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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incontri
fa per me. Ma vorrei poter aiutare dei giovani
registi, ce ne sono tanti bravi che immaginano
un cinema lontano dallo stereotipo della commedia e per questo faticano a trovare finanziamenti. Sogno un cinema italiano più sfaccettato,
sono felice quando un titolo come Non essere
cattivo riesce a farsi notare. Ecco, quello è esattamente il film per cui mi batterei.
E in Uno per tutti per cosa si batte? Che tipo di
donna interpreta?
Una donna del Nord, ricca grazie ai soldi sporchi
del marito. Niente riesce davvero ad appagarla,
né la ricchezza né la continua ricerca spirituale,
infatti resta incapace di apprezzare la vita che
osserva attraverso le grandi vetrate della villa
come da un acquario.
Una madre peggiore del figlio di cui si è rifiutata di
vedere i difetti, contribuendo a portarlo alla rovina.
“In Uno per tutti sono una
donna del Nord, ricca grazie ai
soldi sporchi del marito”
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2015
Se potesse scrivere un ruolo per se stessa,
quale potrebbe essere?
Al momento non saprei, la risposta credo sia legata al cambiamento in arrivo. Dipingo da sempre e amo trascrivere sensazioni e pensieri, ecco
forse come attrice devo ancora esprimere una
parte di creatività. Non ho fretta, c’è tempo.
FOTO: KAREN DI PAOLA
Mimmo Calopresti
con la Ferrari e
Thomas Trabacchi
TFF33
TORINO
CHE MOSSE!
Festival polifonico, molto british e proiettato
al… passato: la ricetta semplice (e vincente) di
Emanuela Martini
di Gianluca Arnone
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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S
Se è vero che ogni casa finisce per somigliare al suo
inquilino, il Torino Film Festival (20-28 novembre) è
sempre più a immagine e somiglianza di Emanuela
Martini, deus ex machina della rassegna da quasi un
decennio: all’ombra di nomi altisonanti (Moretti, Amelio, Virzì) prima, da direttore oggi. Dieci anni in cui l’identità del TFF si è rafforzata, centrata sull’idea (vincente) che il cinema – come il pubblico - sia uno ma
vario, che possa tranquillamente combinare cioè l’arte
e l’industria, la sperimentazione e l’intrattenimento,
l’autorialità e il genere, il presente e il passato. Mantenendo sempre come rotta il confronto con la città e le
sue diverse anime: c’è l’élite industriale, la vecchia
borghesia, gli studenti del Dams, la Torino operaia
oramai in pensione cresciuta a dopolavoro e cineforum sindacali. Non ci sono rotture da registrare in
questa 33ma edizione. Rispetto a Venezia non c’è ambizione che tormenti, diversamente da Roma storia e
identikit hanno un contenuto. La parola d’ordine è
continuità. Nella proposta, nella struttura. Persino nel
budget: 2.200.000 euro come lo scorso anno, ma con
il reintegro delle tre sale del Lux. La narrazione del festiva come sempre affidata ai film, veri portavoce della rassegna. Una ricetta semplice, in tre mosse. Vediamole.
L’ARTE DEL MASH UP
Il festival da anni ha una struttura pressoché invariata,
che gioca con la pluralità dei linguaggi, ciascuno affidato in teoria a una sezione ad hoc e tutte suonando
lo stesso spartito. Torino è polifonica e collegiale. La
Martini ha preteso maggiore armonia tra le varie proposte del Festival, evitando l’effetto Babele. Il concorso in particolare sembra la summa delle diverse anime
della kermesse. Dedicato anche quest’anno alle opere
prime e seconde (“e qualche opera terza”, ammette il
direttore), è tanto lo spazio della sperimentazione
quanto delle narrazioni forti, dell’autore e del testo. Il
suo tratto distintivo? Il mash-up di stili e di temi. Il medio proporzionale tra le sezioni “popolari” (Festa Mobile e After Hours) e quelle di ricerca (TFFdoc e Onde). Il segreto di Torino è che non esclude nessuno,
come il cinema. Che è arte popolare. Nessuno dei due
termini potrebbe descriverlo adeguatamente senza
l’altro. Così le nuove proposte di intrattenimento garantite da Festa Mobile – dove troviamo tra gli altri La
felicità è un sistema complesso di Gianni Zanasi e il
vincitore dell’ultimo Sundance, Me and Earl and the
Dying Girl (vedi intervista al regista di pag. 50), insieme ai più impegnativi The Assassin di Hou Hsiao
Hsien e Under Electric Clouds di Aleksei German Jr. -
Una scena di Mr. Arkadin. Sopra Hadas Yaron e
Mastandrea in La felicità è un sistema complesso
fanno il paio con la riscoperta dei grandi classici del
cinema, con gli omaggi a Orson Welles (rivedremo
Quarto potere, L’infernale Quinlan e Mr. Arkadin), gli
eventi speciali legati al 50° di Giulietta degli Spiriti di
Fellini e di Terrore nello spazio di Mario Bava e ovviamente la retrospettiva di cui parleremo più sotto.
SUFFRAGETTE E NON SOLO DAL
REGNO DI SUA MAESTÀ
Il colpo grosso del TFF 33. Direttamente dal London
Film Festiva – dov’era l’opening title – un film d’apertura che combina l’attitudine progressista del buon cinema inglese con un tema caldo (l’emancipazione
femminile) e un cast da urlo (Meryl Streep, Helena
Bonham-Carter, Carey Mulligan): “La cosa sorprendente – afferma la Martini – è che nessuno aveva ancora raccontato la loro storia per il grande schermo.
novembre 2015
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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TFF33
Suffragette. In
basso a destra
2022: I
sopravvissuti e
Blade Runner
Se penso a Suffragette mi viene in mente il pezzo musicale di Mary Poppins o la canzone di David Bowie.
Questo film è un vero inedito”.
Parla inglese, pardon scozzese, anche il Gran Premio
Torino che quest’anno verrà assegnato a Terence Davies. Il regista porterà a Torino il suo capolavoro, Voci
lontane… sempre presenti, e il suo ultimo film, Sunset
Song, “un racconto di formazione ambientato in Scozia ai primi del ‘900, con protagonista la figlia di un
contadino”.
Inglese infine è anche il guest director, Julian Temple,
che si è intestato una sezione assai coraggiosa quest’anno, "Questioni di vita e di morte", dedicata al tema della fine: con classici del calibro di Scala al Paradiso di Michael Powell e Il settimo sigillo di Ingmar
Bergman troviamo proposte meno scontate, a iniziare
dal doc di Temple stesso, The Ecstay of Wilko Johnson, una sorta di Nick’s Movie al contrario ricco di
energia e di accostamenti stravaganti.
PAURE, DISTOPIE E RITORNI
AL FUTURO
Bistrattato dai principali festival internazionali e spesso considerato genere di serie B, l’horror è invece uno
dei filoni prediletti di Torino e del suo direttore. Tanto
da riprendersi la scena con gli interessi, colonizzando
quasi per intero la selezione di mezzanotte (After
Hours). Da non perdere The Nigthmare, il film sul film
di Wes Craven, diretto da Rodney Ascher, lo stesso di
Room 237, il doc su Shining presentato sempre qui a
Brividi sotto la Mole con il gran ritorno
dell’horror, la fantascienza d’autore e la
sezione "Questioni di vita e di morte"
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2015
Torino nel 2012; tre film di Sion Sono (autore amato
dal TFF, il primo festival al mondo a dedicargli una retrospettiva completa), tutti girati nel 2015; e la maratona horror di Sabato 21 novembre, con proiezioni
ininterrotte dalla notte alla mattina.
Mette i brividi anche la retrospettiva voluta dalla Martini per il biennio 2015-2016 e dedicata alla fantascienza distopica: “Tutto il cinema – spiega - che tra gli anni ’60 e gli anni ’80 ha cercato di immaginare, spesso
indovinando, gli scenari che ci saremmo trovati a vivere oggi. In fondo questa retrospettiva è una sorta di
verifica delle distopie e delle utopie che hanno accompagnato i film di tre generazioni. Se pensiamo
agli scenari urbani immaginati da Blade Runner e li
mettiamo a confronto con il décor di alcune città metropolitane, come Londra o la stessa Milano, ci rendiamo conto di quanto Scott ci avesse visto lungo. Blade
Runner è solo uno dei titoli di culto della rassegna.
Abbiamo anche il primo Terminator, il primissimo Pianeta delle scimmie e un classico dimenticato come
2022: I sopravvissuti di Richard Fleischer. Non manca
poi la fantascienza d’autore di Godard (Alphaville),
Truffaut (Fahreneit 451), Ferreri (Il seme dell’uomo),
Tarkovski (Stalker). Senza dimenticare chicche più introvabili, come le opere di Peter Watkins”. Trenta titoli
quest’anno e trenta il prossimo, in ordine sparso. Per
un futuro che Torino ha già messo in cineteca.
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TFF33
ME AND EARL
AND SCORSESE
Vincitore al Sundance,
Quel fantastico peggior anno
della mia vita ha rivelato il
talento di Alfonso Gomez-Rejon.
E lui non si nasconde: “Martin
è la mia Bibbia”
di Alessandro De Simone
Alfonso GomezRejon. Sopra il
regista con
Scorsese. A destra
Thomas Mann e
Nick Offerman
I TEENAGER STANNO TORNANDO
sul grande schermo, anche se durano
il tempo di un film. “Colpa delle
stelle”, dei romanzi di John Green e
di un genere, il cancer movie, che
emoziona i giovani neoromantici del
XXI secolo. Niente a che vedere con
gli adolescenti sociopatici degli anni
Ottanta, da cui tutto ebbe inizio e la
cui eredità ancora non si è estinta. La
dimostrazione è proprio Me and Earl
and the Dying Girl (dopo il passaggio
a Torino, in Italia uscirà il 3 dicembre
con Fox e il titolo Quel fantastico
peggior anno della mia vita, ndr),
opera prima di Alfonso Gomez-Rejon, messicano e come molti suoi
connazionali dal grande talento. Una
lunga gavetta alle spalle, lavorando
sui set dei più grandi, da Scorsese a
Mann, come assistente, e poi palestra
televisiva con tante puntate di Glee.
L’esordio lo deve a Jesse Andrews e
settembre 2015
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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TFF33
Magnifico esordio in chiave teen
per il regista messicano, dopo una
lunga gavetta televisiva
Olivia Cooke. Sopra e a
destra con il resto del cast
di Quel fantastico peggior
anno della mia vita
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
alla sceneggiatura che ha tratto dal suo
stesso romanzo di grande successo, una
storia di formazione sempre perfettamente
in bilico tra melò e commedia, con una coppia di giovani attori eccezionale, Olivia
Cooke e Thomas Mann, due nomi che sentiremo spesso. Abbiamo parlato del film –
che ritroveremo in Festa Mobile al TFF 33 con Alfonso al 68. Festival di Locarno, dove
ha avuto la sua prima europea.
Mr. Gomez-Rejon, difficile non pensare a
John Hughes quando si parla di teenagers.
Ho visto Breakfast Club quando avevo dodici anni e non riuscivo a credere quanto quel
film fosse in grado di parlare a una generazione con tale sincerità. Il personaggio di
Anthony Michael Hall ero io, mi identificavo
completamente in lui.
Quante volte le sono venuti in mente i suoi
film durante le riprese?
Molte, senz’altro, ma è anche vero che ho
rispettato enormemente il lavoro di Jesse e
ho cercato di immedesimarmi in lui e nei
suoi personaggi. Credo che come per il cinema di Hughes, in questi casi la cosa più importante sia essere sincero con i personaggi
che stai raccontando. Se lo fai, loro lo saranno con il pubblico. In questo ho cercato di
non dimenticare la lezione del cinema teen
degli anni Ottanta.
Oggi il genere sta avendo grande successo, ma con la variante mélo della malattia.
novembre 2015
Cosa ne pensa di questo trend?
Colpa delle stelle è un bel film, come il romanzo, non ho ancora visto Paper Town e
La risposta è nelle stelle, ma in ogni caso Me
& Earl and the Dying Girl non rientra in
questo trend. Quando abbiamo saputo della
produzione di Colpa delle stelle stavamo nel
bel mezzo delle riprese del nostro film, quindi era impossibile seguire una moda che ancora non era cominciata.
C’è una cosa che si evince inequivocabilmente dal suo film: lei è un nerd cinematografico.
Assolutamente sì, e in un periodo in cui era
difficile esserlo, perché non c’era internet e
neanche i DVD, parliamo dell’alba del VHS in
un paesino sperduto al confine con il Messico. Poi un giorno, finalmente, aprì un
videonoleggio e la mia vita cambiò. Guardavo tre film al giorno, onnivoro di generi, poi
nel 1989 uscì Scorsese on Scorsese, edito
dalla Faber & Faber, e diventò la mia Bibbia.
Ricorda un po’ la storia di Quentin Tarantino.
Sì, con la differenza che quando lui vinse la
Palma d’oro a Cannes con Pulp Fiction io
ero sul set come assistente di produzione
per Casino di Scorsese.
Un’ultima domanda. Mantenere l’equilibrio
emotivo in un film come questo non era
facile. Lei ci è riuscito purtroppo per esperienza.
Quello che succede in un ragazzino di diciassette anni quando si perde qualcuno non è
semplice. Avevo quell’età quando è morto
mio padre e ho superato tutte le tappe
dell’elaborazione del lutto. Greg, il protagonista del film, lo fa nel corso della narrazione, raccontando la sua storia, ed è
quello che in fondo ho fatto anche io. E ha
funzionato. Adesso mio padre è in tutto
quello che mi ha lasciato.
UN EVENTO SPECIALE - SOLO 10 E 11 NOVEMBRE AL CINEMA
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PRODUZIONE SHINCHOSHA ANIMAZIONE STUDIO GHIBLI PRODUTTORE ESECUTIVO RYOICHI SATO TRATTO DAL ROMANZO “HOTARU NO HAKA”(LA TOMBA DELLE LUCCIOLE) DI AKIYUKI NOSAKA (PUBBLICATO DA SHINCHOSHA) CHARACTER DESIGN E DIREZIONE DELL’ANIMAZIONE YOSHIFUMI KONDO
DIREZIONE ARTISTICA NIZO YAMAMOTO MUSICHE MICHIO MAMIYA LAYOUT YOSHIYUKI MOMOSE COLOR DESIGN MICHIYO YASUDA FOTOGRAFIA NOBUO KOYAMA SOUND DESIGN YASUO URAGAMI PRODUTTORE TORU HARA REGIA E SCENEGGIATURA ISAO TAKAHATA
© Akiyuki Nosaka / Shinchosha ,1988 All Rights Reserved.
RITRATTI
di Orio Caldiron
Inquieta,
caparbia, mai
davvero star.
Ma capace di
tenere testa
agli Studios:
Ida Lupino
DIVA NELLE
TENEBRE
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2015
In apertura il ritratto
di Ida Lupino
firmato da Marco
Letizia. Qui l’attrice,
sceneggiatrice,
regista e produttrice
con la cinepresa
S
Senza mai diventare una star, Ida Lupino è
uno dei temperamenti d’attrice-autrice più
inquieti e originali della stagione del noir, la
sola in grado di tener testa alle formule stereotipate degli Studios. Nata a Londra il 4
febbraio 1918 da un’antica famiglia di attori
di origine italiana – scomparirà il 3 agosto
1995 a Los Angeles, California – studia alla
Royal Academy of Dramatic Art per esordire
giovanissima in teatro. Scoperta da Allan
Dwan, si trasferisce presto a Hollywood dove
appare in una ventina di titoli prima di imporsi accanto a Humphrey Bogart in Una
pallottola per Roy (1941) di Raoul Walsh col
personaggio della donna del bandito, bocca
dura ma cuore tenero, che le assicura la notorietà.
Sin dalla gelida governante di Tenebre
(1941) di Charles Vidor, la galleria delle sue
eroine coriacee ma fragili mette a fuoco la
figura della donna volitiva con una propria
morale, decisa a andare fino in fondo. Dalla
disillusa pianista che nel bar di I quattro rivali (1948) di Jean Negulesco canta con voce inconfondibile la struggente “Again”,
mentre Richard Widmark e Cornel Wilde si
battono per lei, all’ambigua Lilli Marlowe di
Dollari che scottano (1954) di Don Siegel,
pronta a fuggire in Messico con il poliziotto
corrotto Steve Cochran, senza dimenticare il
malloppo. Ma la sua performance migliore
resta quella di Neve rossa (1951) di Nicholas
Ray, il noir tra urbano e rurale dove la sorella
cieca dell’omicida insegna a vedere al violento Robert Ryan.
Nel frattempo con il secondo marito Collier
Young fonda The Filmmakers, diventando
produttrice, sceneggiatrice, regista. Nei suoi
film a basso costo, non esita ad affrontare
temi scomodi come ragazze madri, stupro,
polio, bigamia, senza indulgere alle convenzioni del mélo e allo schematismo della tesi.
La preda della belva (1950) esorcizza con
partecipe tenerezza il trauma della protagonista stuprata alla vigilia del matrimonio. La
belva dell’autostrada (1953) ricostruisce con
toni dimessi l’inquietante disavventura di
due piccoli borghesi che danno un passaggio a un serial killer scambiandolo per un innocuo autostoppista. La grande nebbia
(1953) è il più fenomenologico nel raccontare con sobria asciuttezza la vicenda del
commesso viaggiatore che ha una moglie a
San Francisco e un’altra a Los Angeles, illuminando con la sensibilità di uno sguardo
altro l’assoluto anonimato del bigamo e la
femminilità ferita delle due donne.
Se, popolare come attrice, in vita è sottovalutata come regista, le sue quotazioni sono
oggi in rialzo anche grazie a estimatori d’eccezione come Martin Scorsese che la considera una delle voci più significative del cinema classico americano: “C’è una sensazione
di dolore, di panico e di crudeltà che colora
ogni inquadratura di questi film, ma vi si trova anche la mescolanza di precisione e compassione dell’attrice. Le sue eroine hanno
sempre una grande dignità, così come la sua
opera cinematografica. Contrassegnata dallo
spirito di resistenza, con una straordinaria
empatia per gli esseri fragili e per i cuori
spezzati”.
NON ESITA AD AFFRONTARE TEMI
SCOMODI: STUPRO, POLIO E BIGAMIA
novembre 2015
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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I TOP 5
58
al Cinema
OTTIMO BUONO SUFFICIENTE MEDIOCRE SCARSO
Tutto può accadere a
Broadway
62
61
A Bigger Splash
Le ricette della signora
Tokue
65
64
Dobbiamo parlare
63
62
Dio esiste e vive a Bruxelles
The Visit
Una tomba per le lucciole
67
El club
68
Rams - Storia di due
fratelli e otto pecore
58 Tutto può accadere a
Broadway
60 In fondo al bosco
60 Bella e perduta
61 A Bigger Splash
62 Le ricette della signora
Tokue
62 Dio esiste e vive a
Bruxelles
63 The Visit
64 Dobbiamo parlare
65 Una tomba per le lucciole
65 Fantasticherie di un
passeggiatore solitario
66 Mr. Holmes
66 45 anni
67 El club
68 Rams
69 Preview
Regression
Il professor
Cenerentolo
Star Wars: Il risveglio
della Forza
Il ponte delle spie
Vacanze di Natale ai
Caraibi
Irrational Man
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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i film del mese
Che cosa
siamo realmente
nella vita? E cosa
raccontiamo
agli altri?
TUTTO PUÒ
ACCADERE
A BROADWAY
La freschezza del giovanissimo (75enne) Bogdanovich.
Che rinnova con passione la screwball comedy
In sala
Regia Peter Bogdanovich
Con Imogen Poots, Owen
Wilson
Genere Commedia (93’)
B
iondissima, svampita,
attrice, ex prostituta:
arriva a Broadway e
sconvolge la vita degli
uomini che incontra. Un
regista teatrale e il suo
drammaturgo si
innamorano di lei, anche se
entrambi impegnati: il
primo con la protagonista
dello spettacolo e l’altro
con la propria analista.
Potrebbe essere anche un
paragone riduttivo, ma per
dare un’idea di massima si
pensi al miglior Woody
Allen alle prese con quei
meccanismi di commedia
“
“ad orologeria” che ne
hanno caratterizzato le
opere più riuscite. Parliamo
di un altro “giovanissimo”, il
75enne Peter Bogdanovich
che dopo 13 anni torna al
grande schermo – la
premiere mondiale è stata a
Venezia, Fuori Concorso,
nel 2014… – con un film
spumeggiante, una
screwball comedy insieme
classica e postmoderna,
omaggio dichiarato a
Lubitsch (attenzione agli
“scoiattoli teste di rapa”
di Fra le tue braccia), a
Broadway e al cinema tutto,
rispolverando in parte le
atmosfere di …e tutti risero,
diretto dallo stesso
Bogdanovich nel 1981.
A portarci dentro la storia è
proprio la Buffa così
com’è del titolo originale
(She’s Funny That Way), la
giovane Isabella/Izzy/Glo
Stick (Imogen Poots),
mentre si racconta ad una
giornalista: regista di
successo, Arnold Albertson
(Owen Wilson) arriva a New
York per mettere in scena la
sua nuova pièce teatrale.
Protagonista dello
spettacolo sua moglie
(Kathryn Hahn) e accanto a
lei il divo del cinema Seth
Gilberg (Rhys Ifans). La
prima sera che Arnold si
trova a New York, chiede la
compagnia di una escort:
arriva una giovane e
affascinante ragazza,
Isabella. Al quale l’uomo
regala 30.000 dollari, a
patto che lei però
abbandoni il suo lavoro e
faccia di tutto per
intraprendere la carriera dei
suoi sogni, ovvero quella di
attrice. Che cosa siamo
realmente nella vita? E che
cosa raccontiamo agli altri?
Bogdanovich, autore anche
della sceneggiatura insieme
a Louise Stratten, mette a
punto un congegno
narrativo che tende a
risolvere gli “equivoci” nel
momento stesso in cui si
presentano, alimentandone
poi degli altri. Aiutato, e
non poco, da un cast
pressoché perfetto (da non
dimenticare una esplosiva
Jennifer Aniston nei panni
della psicologa isterica e
autoritaria…), il film sprizza
divertimento e libertà da
tutti i pori, si preoccupa
poco del politically correct
e riesce nella non facile
impresa di coniugare la
commedia sofisticata a
quella dei nostri
Montagnani e Banfi (verso il
finale, quella girandola di
personaggi nelle camere
d’albergo…), regalando
spassosissimi cammei
anche a Michael Shannon e
Quentin Tarantino.
L’ultimo spettacolo? Non
scherziamo, la freschezza di
questo Bogdanovich è mille
volte più frizzantina di tanti
cineasti la cui giovinezza è
provata solamente dalla
data di nascita.
VALERIO SAMMARCO
novembre 2015
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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i film del mese
BELLA E PERDUTA
Il lirismo di Marcello si fa allegoria della Penisola
TRA FIABA e documentario, Bella e
perduta è la storia minuta di piccoli
uomini e silenziosi animali, calata nella
drammatica realtà di un’Italia dilaniata e
coraggiosa. Il suo film doveva essere
una cosa, poi ne è diventata altra.
cemento e malaffare. Tommaso
Cestrone ne è stato l’indomito
guardiano-pastore fino alla sua
improvvisa morte, avvenuta nel 2013. Il
film ha intercettato questa scomparsa e
si è trasformato anche in una fiaba,
quella di Pulcinella - mediatore tra la
terra e l’al di là - e del bufalo
Sarchiapone, testimoni entrambi di una
perduta bellezza. Il viaggio della
maschera inizia nella Terra dei Fuochi,
dove le architettura borboniche sono
macinate dalla camorra, dai veleni e
dall’insipienza di chi governa. Patrimoni
alla deriva, come il bufalo che, portato
al macello, alla fine si rifiuta di parlare
mentre Pulcinella, fattosi uomo per
amore del nostro mondo, perde la
capacità di comprenderlo. La sua,
sembra però dire con disarmato lirismo
Marcello, non è una sconfitta. Ma un
possibile inizio.
Marcello voleva raccontare la sua terra,
la Campania e il casertano, espandendo
il viaggio a tutta la Penisola. Punto di
partenza: la devastata reggia di
Carditello, in provincia di Caserta,
stretta d’assedio da discariche,
LUCA PELLEGRINI
dal doppio immaginario del
paganesimo e dei dark tales per
riadattarlo a casa nostra, tra le valli del
Trentino. C’è il villaggio tranquillo con i
segreti terribili, il bosco che bubola e il
bambino che sparisce per tornare anni
dopo, dal nulla. Ci sono quelli che si
mascherano e quello che lo sono per
davvero, diavoli. Tutto confezionato ad
arte, come in un prodotto da
esportazione. Peccato che la regia di
Lodovichi sia scolastica, i personaggi
di contorno appena abbozzati e allo
script manchi il coraggio di osare. Al
registro allegorico/esoterico preferisce
la psicanalisi familiare e addio horror.
La prova però dei due protagonisti
(Camilla Filippi e Filippo Nigro)
convince e la sparizione del materno –
nel paese delle Franzoni - è un
sottotesto che inquieta davvero.
in uscita
Regia Pietro Marcello
Genere Documentario (87’)
IN FONDO AL
BOSCO
Horror in famiglia: ecco la
via italiana al genere
In uscita
Regia Stefano Lodovichi
Con Filippo Nigro, Camilla Filippi
Genere Thriller (90’)
LA COMMEDIA boccheggia,
l’autorialità non fa testo: tocca ai
nuovi attori dell’audiovisivo provare a
cambiare scenario. A Netflix e ai suoi
fratelli, a quella tv “all’americana” che
lentamente, a fatica, senza fare
sistema, prova a rimodellare il cinema
italiano sul paradigma dei generi.
Riecco il mélo (Alaska, che però è di
Rai Cinema), il noir (Suburra), persino
il thriller e l’horror. Atmosfere
quest’ultime di In fondo al bosco
(produzione Sky Cinema), che pesca
60
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2015
GIANLUCA ARNONE
A BIGGER SPLASH
Gruppo di happy few in un dammuso: Guadagnino fa tutto bene, tranne il finale
Anteprima
Regia Luca Guadagnino
Con Ralph Fiennes, Tilda Swinton
Genere Drammatico (125’)
SOSTIENE LUCA GUADAGNINO che
solo alla terza richiesta del francese
Studio Canal ha accettato di dirigere il
remake de La piscina di Jacques Deray,
con Delon, Schneider e Birkin, anno di
grazia 1969. Ha fatto bene: per tre
quarti è un grande film, ma il quarto è
ferale, inconsulto. Nella nostra recente
produzione, non abbiamo mai
riscontrato un (m)andare in vacca così
palese, evidente, masochista. Viene da
chiedersi, ma Guadagnino non ha un
amico, qualcuno capace di farsi
ascoltare e dunque dirgli che cosa non
va? La piscina 2.0 – film che
Guadagnino dice di non amare,
viceversa, il titolo A Bigger
Splash rimanda al docufilm ’70s
omonimo di David Hockney – è a
Pantelleria, in una villa bella assai, con i
biacchi, la domestica, il dammuso e
una vista superba: vi alloggiano
Marianne (Swinton), rockstar afona, e
Paul (Matthias Schoenaerts), direttore
della fotografia. Sono belli, magri, alti e
si amano, di un amore estetico. Passo a
due, ma a pestare i piedi arriva Harry
(Fiennes), produttore di grandi quali i
Rolling Stones, bisessuale, affamato,
vitale e vivace: è stato per sei anni con
Marianne e non è arrivato sull’isola per i
capperi. Con sé ha una bella e bionda
ragazza, riservata, di poche parole: la
gatta morta si chiama Penelope
(Dakota Johnson), e non è l’amante
bensì sua figlia. Guadagnino percorre,
circoscrive e fende questo quartetto
d’archi: regia calibrata, close-up
“incongrui” a evocare la tensione
thriller, mood internazionale, andante
con brio. Non è una novità, il regista sa
il fatto suo, e sa tratteggiare con
empatia personaggi – vedi Io sono
l’amore – che empatici non sono,
piuttosto stronzi e variamente parassiti.
Problema, fuori dal quadrato è il
disastro: la “gestione” moralistica ma
disinteressata degli immigrati e,
soprattutto, il maresciallo dei
Carabinieri interpretato da Corrado
Guzzanti, una macchietta irritante – e
non tirate in ballo il gusto degli
stranieri, per carità. Fatto sta, il film si
consegna alla farsa, alla pantomima.
Anzi, al suicidio: peccato capitale.
FEDERICO PONTIGGIA
Remake de La piscina di Deray,
che il regista dice di non amare
novembre 2015
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
61
i film del mese
DIO ESISTE E VIVE A BRUXELLES
Il Vangelo secondo Van Dormael? Visionario e freak
sciagure. Finché la secondogenita non
ne manomette il programma spedendo
a ogni povero sventurato sulla terra un
sms con la propria personale deadline.
E si scatena il caos. Un caos in cui il
regista belga conferma di stare a suo
agio, sfoggiando la classica stravaganza
formale - ora visionaria, ora solo kitsch e la solita irritante fumosità di scrittura.
Dalla letteratura alla musica, l’idea di
riscrivere i Vangeli di per sé non è
originale ma il modo in cui Van
Dormael, regista senza mezze misure, la
mette in scena è stravagante e a tratti
balorda. Peccato che questa teologia
interamente orizzontale non si stacchi
da terra nemmeno per senso e
ambizioni. Il profluvio di invenzioni, il
bel cast e il sotterraneo credo
femminista tengono in piedi un film che
procede sgonfiandosi.
GIANLUCA ARNONE
CHE COSA FAREMMO conoscendo il
giorno e l’ora esatti della nostra morte?
La domanda ultima viene assunta come
ipotesi di realtà dall’eccentrico Jaco van
Dormael e dal suo Dio esiste e vive a
Bruxelles (candidato dal Belgio per
l’Oscar) Una commedia freak e
sconclusionata, in cui l’onnipotente è un
misantropo che tiene famiglia – una
moglie e due figli: una femmina e il
maggiore, Gesù – e scherza con
l’umanità inviando dal suo pc dolori e
Anteprima
Regia Jaco Van Dormael
Con Benoît Poelvoorde, Yolande Moreau
Genere Commedia (113’)
LE RICETTE
DELLA SIGNORA
TOKUE
Il gioiello della Kawase.
Vecchiaia e avvicinamento
alla fine, progresso civile
vs. regresso umano
In uscita
Regia Naomi Kawase
Con Kirin Kiki, Masatoshi Nagase
Genere Drammatico (113’)
UN PICCOLO COLPO al cuore quello
sferrato dalla regista giapponese Naomi
Kawase. Il suo nuovo film, An il titolo
originale, a un anno di distanza da Still
the Water che Cannes ospitò in Un
Certain Regard, è un gioiello, forse il
suo film migliore: racconta il rapporto
tra il proprietario di un chioschetto di
dolci tipici e una vecchietta malandata,
ma eccellente nella preparazione di
quei dolci e molto desiderosa di lavoro
62
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2015
e contatto umano. Un rapporto che la
scoperta del passato della signora
renderà ancora più stretto. Guarda al
cinema classico del Sol Levante Kawase,
agli insegnamenti di Ozu, e realizza una
commovente riflessione sulla vecchiaia
e l’avvicinamento alla morte, ma anche
su quanto il progresso civile e sociale
possa essere direttamente
proporzionale al regresso umano:
Kawase mostra una vicinanza ai suoi
personaggi stupefacente che si amplia
fino a diventare empatia prima con le
materie prime necessarie per la
preparazione dei dolci (la pasta di fagioli
rossi che dà il titolo al film) e poi con la
natura. Forte di una straordinaria
delicatezza di respiro, la regista tira fuori
dagli attori, Kirin Kiki in primis, una
verità sorprendente. E dagli spettatori
più di una lacrima sincera.
EMANUELE RAUCO
THE VISIT
Rivisitazione di Hansel & Gretel in chiave Paranormal Activity: Shyamalan è tornato
Anteprima
Regia M. Night Shyamalan
Con Olivia DeJonge, Ed Oxenbould
Genere Horror (94’)
IN THE VISIT, una banalissima vacanza
dai nonni di due ragazzini si trasforma
in qualcosa di inaspettatamente
eccitante. La location, una fattoria della
Pennsylvania, è tutto un programma
con i suoi spazi da scoprire, le cascine
abbandonate, il bianco che ogni cosa
copre, la neve che fa dappertutto
silenzio. Classica e minacciosa No
Man’s Land americana, l’Ovest dei film
dell’orrore. Ma per i nostri due giovani
protagonisti, armati di camera digitale,
non è che il set di un film
documentario, che ha in nuce un
elemento drammaturgico interessante:
loro quei due nonni lì non li hanno mai
conosciuti. Sarebbe stato meglio
informarsi. Rivisitazione della favola di
Hansel & Gretel in chiave Paranormal
Activity: Claustrofobico, artigianale,
(quasi) interamente costruito con la
tecnica del found footage, è il tentativo
di M. Night Shyamalan di tornare al
territorio congeniale del thriller, dopo le
ultime deludenti prove mainstream. Si
affida perciò al Re Mida del low-budget
Jason Blum, per confezionare un
prodotto sicuro, allineato agli standard
della Blumhouse ma non avulso dalla
poetica del regista. La paura è come
altre volte figlia di dinamiche familiari
sbagliate; la suspense un disagio,
un’improvvisa spaccatura tra reale e
razionale; il colpo di scena l’apice e il
movente implicito di tutta la
narrazione. La creatività ancora
boccheggia, ma l’impasse è almeno
camuffato da una ritrovata facilità di
racconto e dal ricorso all’ironia: questi
ragazzini che riprendono tutto e il
contrario di tutto alla fin fine non
vedono ciò che dovrebbero. Licenza
metalinguistica con cui Shyamalan
rilancia la partita con lo spettatore –
stai osservando bene? – e liquida al
contempo l’ottusa scopofilia amatoriale
del nuovo millennio (che, letteralmente,
ricopre di m….). Già che c’è, ci butta
dentro anche qualche falso indizio (gli
alieni), a ricordo di antiche, insuperate
passioni. Salutare la leggerezza
produttiva, azzeccato il décor, ispirato
ai quadri di Andrew Wyeth, bene il
cast. Il cammino è ripreso. Fiducia fino
al prossimo step.
GIANLUCA ARNONE
Claustrofobico, artigianale, costruito
interamente con il found footage
novembre 2015
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
63
i film del mese
FANTASTICHERIE DI UN
PASSEGIATORE SOLITARIO
Interessante incursione nostrana nella stop motion
CHE COSA hanno in comune uno
scrittore francese dell’ottocento che
vive rinchiuso in uno scantinato, uno
studente di filosofia dei giorni nostri,
imbranato e sognatore, e infine un
bambino sperduto in un bosco che
solitario che, a metà fra romanzo di
formazione e ricettario fantastico,
sembrerebbe poter spalancare le
porte a un luogo magico di nome
Vacuitas... Al suo esordio nel
lungometraggio, il regista Paolo
Gaudio mescola recitazione in carne e
ossa e animazione in stop motion,
moltiplica piani narrativi e temi
affrontati, citazioni letterarie e
filmiche, realizzando un’interessante
incursione tutta italiana nel mondo del
fantastico puro. Incertezze
interpretative, eccezion fatta per
l’ottimo Luca Lionello qui nei panni
dello scrittore, e qualche caduta di
ritmo non inficiano tuttavia il risultato
finale che trova la sua ragion d’essere
nella voglia di sperimentare, di
accostare stili e idee e di realizzare,
infine, un appassionato elogio al
mondo dell’immaginario.
sembra uscito dritto da una fiaba
gotica? La risposta risiede all’interno
di un libro scritto dal primo, ritrovato e
letto dal secondo e vissuto in prima
persona dal terzo protagonista, quel
Fantasticherie di un passeggiatore
GIANFRANCESCO IACONO
tutta la sua disumanità: l’infanzia
distrutta dalla follia della guerra.
Paradossalmente, ciò che fa più male è
la delicatezza con cui Takahata narra gli
ultimi mesi di vita dei due fratelli, dal
bombardamento di K be (5 giugno
1945) al dramma inesorabile della fame.
Uscito in patria nel 1988 (in Italia arrivò
in home-video), Una tomba per le
lucciole è una pellicola tanto straziante
quanto necessaria, al pa ri delle grandi
opere antimilitariste create affinché simili
tragedie non si verifichino mai più. Il 10 e
l’11 novembre giunge per la prima nei
nostri cinema in qualità di evento Koch
Media con nuovo doppiaggio (come in
ogni riedizione Ghibli, a cura di Gualtiero
Cannarsi). Non perdetevelo, ma lasciate
a casa i bambini: è emotivamente arduo
da reggere persino per i grandi,
soprattutto se genitori.
In uscita
Regia Paolo Gaudio
Genere Animazione (87’)
UNA TOMBA PER
LE LUCCIOLE
Il capolavoro di Isao
Takahata per la prima
volta al cinema
In uscita
Regia Isao Takahata
Genere Animazione (90’)
“LA SERA DEL 21 SETTEMBRE 1945 io
morii.” Sulla sorte dei due protagonisti il
regista Isao Takahata (co-fondatore
dello Studio Ghibli con Hayao Miyazaki)
elimina ogni dubbio e inizia il film
mostrando l’adolescente Seita, che si
accascia in una stazione ferroviaria fra
l’indifferenza generale per
ricongiungersi alla sorellina Setsuko in
forma di spettro. Nessun film
d’animazione ha mai osato infrangere
con ta le potenza un tabù che solo
Rossellini o Tarkovskij avevano svelato in
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rivista del cinematografo
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ANGELA BOSETTO
DOBBIAMO PARLARE
Quattro personaggi in cerca d’amore. Un “tutto in una notte” di grande recitazione
In uscita
Regia Sergio Rubini
Con Fabrizio Bentivoglio, Maria Pia Calzone
Genere Commedia (98’)
IN UNA COPPIA c’è sempre il
momento nel quale qualcuno invoca o
minaccia: “Dobbiamo parlare”. Lei, di
solito, considerando la pigrizia e la
viltà maschili. E lì le cose si
complicano invece di chiarificarsi, il
gioco si fa duro al posto di
ammorbidirsi. “Le parole per dirlo”,
come suonava un magnifico titolo di
Marie Cardinal, sono infatti spesso
logore o insufficienti, mentre il
melodramma è in agguato al pari del
comico. Se poi le coppie sono due, il
confronto/scontro all’interno di
ciascuna e fra l’una e l’altra può
diventare esilarante nelle
pieghe/piaghe della tragicommedia
quotidiana. Dobbiamo parlare
s’intitola il nuovo film di Sergio Rubini,
che arriva in sala dopo l’anteprima
ottobrina alla Festa di Roma,
sceneggiato dal regista con l’ottima
Carla Cavalluzzi e con lo scrittore
napoletano Diego De Silva reduce
dalla vulcanica trilogia dell’avvocato
Malinconico (nomen omen). Prima del
film, Rubini ha fatto un sapiente
“rodaggio” teatrale allestendo uno
spettacolo con i medesimi interpreti:
se stesso e Isabella Ragonese (la
coppia più giovane), Fabrizio
Bentivoglio e Maria Pia Calzone
(quella più matura e apparentemente
più in crisi). I personaggi in cerca
d’amore sono rispettivamente uno
scrittore di successo e la sua
compagna/collaboratrice trentenne;
un famoso cardiochirurgo fedifrago e
la moglie che lo ha appena colto in
flagrante a causa dei soliti
benedettissimi sms. Il classico “tutto
in una notte” va in scena nell’attico
romano in affitto dello scrittore
politicamente corretto e un po’
“Struzzo” (in una figurazione fa
capolino il direttore editoriale di
Einaudi Stile Libero, Paolo Repetti),
L’unità di tempo, di luogo e di azione
costituisce il sostrato essenziale del
meccanismo narrativo che si dispiega
fra recriminazioni e rivelazioni,
ambizioni e agnizioni. Approdando a
un dubbio atroce: “dobbiamo
parlare”, certo, ma in fondo non era
meglio restare “muti come pesci”?
Bravi tutti. Superlativo il “prof”
Bentivoglio, una faccia disincantata e
delusa dell’Italia d’oggi, uno dei
nuovissimi mostri.
OSCAR IARUSSI
Superlativo Bentivoglio, faccia
disincantata dell’Italia di oggi
novembre 2015
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i film del mese
45 ANNI
Anniversario tormentato per una coppia di attori divini
sin da subito, nella vita della coppia,
ripensamenti e rimpianti che
porteranno Kate e Geoff a considerare
sotto una luce diversa i lunghi anni
vissuti insieme. Girato con una
compostezza e con una sobrietà (un
rigore, verrebbe da dire) tipicamente
inglesi, 45 Years mostra la maturità
del suo autore, il britannico Andrew
Haigh, e la sua destrezza nel muoversi
nelle atmosfere intimistiche della
middle-class, affrontando l’incapacità
di esprimere i propri sentimenti e il
tema del passato che torna e non fa
sconti a nessuno. Bravissimi, infine,
Charlotte Rampling e Tom Courtenay
nel ruolo dei coniugi Mercer, premiati
giustamente con l’Orso d’Argento per
la migliore interpretazione alla
Berlinale 2015.
GIANFRANCESCO IACONO
KATE E GEOFF MERCER stanno per
tagliare il traguardo dei
quarantacinque anni di matrimonio. In
attesa della festa d’anniversario, la
vita d’entrambi i coniugi scorre
tranquilla tra le campagne sonnolente
della provincia inglese, almeno finché
non giunge una notizia inattesa: un
ghiacciaio della Svizzera ha restituito
il corpo di Katya, la prima fidanzata di
Geoff, dispersa durante un’escursione
negli anni sessanta. L’evento innesca
In sala
Regia Andrew Haigh
Con Charlotte Rampling, Tom Courtenay
Genere Drammatico (95’)
MR. HOLMES
L’investigatore è vecchio e
in pensione, McKellen no
Anteprima
Regia Bill Condon
Con Ian McKellen, Milo Park
Genere Thriller (104’)
IN MR. HOLMES di Bill Condon, il
celebre investigatore nato dalla penna
di Sir Arthur Conan Doyle è in pensione
e passa le sue giornate in una tenuta di
campagna, coltivando il suo hobby per
l’apicoltura che sta trasmettendo anche
al piccolo Roger, il figlio della padrona
di casa. Presentato fuori concorso
all’ultimo Festival di Berlino, è un film
che funziona a metà: se il copione,
firmato da Jeffrey Hatcher ma ispirato a
un romanzo di Mitch Cullin, soffre di
eccessiva ridondanza e di qualche
momento di stanca, di tutt’altra
caratura è la notevole caratterizzazione
66
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2015
del protagonista. Distante dall’immagine
classica con cui è stato solitamente
rappresentato, Holmes viene qui
descritto in tutta la sua umanità, fatta di
paure comuni e vicissitudini quotidiane,
lontana dagli stereotipi che hanno reso
leggendaria la sua figura. Efficace, in
questo senso, la bella sequenza in cui va
al cinema e scuote la testa di fronte al
se stesso riflesso sulla pellicola: alla pipa,
dice lui stesso, preferisce un buon sigaro
e il cappello che porta il “suo
personaggio” gli appare soltanto buffo e
inadeguato. Condon svolge il suo
compitino senza rischiare troppo,
mentre Ian McKellen risulta
semplicemente perfetto.
ANDREA CHIMENTO
EL CLUB
In Cile senza pietà: Pablo Larraín non risparmia vittime, carnefici e spettatori
Anteprima
Regia Pablo Larraín
Con Alfredo Castro, Antonia Zegers
Genere Drammatico (98’)
FIN DAGLI ESORDI, il cileno Pablo
Larraín ha dimostrato di essere uno dei
registi più interessanti del panorama
internazionale. In Tony Manero, durante
la dittatura di Pinochet, il protagonista
(Alfredo Castro, attore feticcio) è
talmente ossessionato dal personaggio
di John Travolta nella Febbre del sabato
sera, da mettere in scena uno
spettacolo di danza in un locale di
periferia ogni sabato, mentre come
secondo lavoro fa il serial killer.
In Post mortem, Larraín immaginala
vicenda di un impiegato all’obitorio di
Santiago del Cile, che al momento del
golpe si ritrovava tra le mani il cadavere
di Salvador Allende. Con No, torna di
nuovo a parlare del suo paese. Quando,
nel 1988, l’opposizione ha affrontato il
referendum che Pinochet pensava di
vincere e riconfermarsi al potere per un
altro decennio. Specializzato nello
scandagliare zone buie, angoli remoti
mai esplorati, senza risparmiare orrori
di nessun tipo, con una cifra stilistica
personalissima, racconta con El Club
un’altra vicenda scottante e dolorosa.
Siamo sulla costa cilena, in una casa
senza pretese vivono un gruppetto di
uomini e una donna, Monica.
Potrebbero essere amici, pensionati,
terroristi, rivoluzionari. L’arrivo di un
nuovo coinquilino spezza gli equilibri e
la verità viene a galla: sono tutti preti,
nascosti, confinati, perché hanno
commesso gravi abusi. La donna è una
suora, dal vissuto turbolento, che ha
trovato il modo di espiare facendo loro
da badante e un po’ da carceriera. La
situazione precipita: uno dei due perde
la ragione di fronte a un uomo che lo
accusa di averlo molestato da
bambino. La Chiesa manda un
emissario. Un giovane elegante che ha
il compito di stabilire i fatti e chiudere
questi rifugi sparsi per il mondo.
Persone che hanno perso la fede,
hanno paura e vogliono essere
dimenticate. Larraín procede nella sua
indagine spietata, senza ombra di
speranza negli uomini e nelle
istituzioni, e il cammino verso quella
trasparenza invocata da Benedetto XVI
e perseguito da papa Francesco,
sembra più impervio che mai.
MARINA SANNA
Uno tra gli autori più interessanti
del panorama internazionale
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i film del mese
RAMS - STORIA DI DUE FRATELLI
E OTTO PECORE
Ineluttabilità e morte oltre i confini del diegetico: il film di Hákonarson ruba il cuore
In sala
Regia Grímur Hákonarson
Con S. Sigurjónsson, T. Júlíusson
Genere Drammatico (92’)
ISLANDA: i fratelli Gummi e Kiddi
(Sigurjónsson e Júlíusson, teneri e
magnifici), isolati in una vallata a pochi
metri di distanza l’uno dall’altro,
condividono la medesima passione,
l’allevamento di pecore e montoni, pur
non rivolgendosi da anni la parola. La
loro è un’attività premiata e fiorente,
fino al giorno in cui un’epidemia di
scrapie (la “mucca pazza” degli ovini)
infetta i loro greggi. Le regole delle
autorità sono chiare: le pecore vanno
abbattute. Ma i due fratelli, che alle
pecore hanno dedicato la loro vita a
scapito della propria (e del loro
reciproco rapporto), hanno altre idee...
Il secondo film di Grímur Hákonarson
(dopo Summerland del 2011), vincitore
68
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2015
della sezione Un Certain Régard
all’ultimo festival di Cannes, impiega
poco a rubare il cuore. Rischia di non
ricevere le attenzioni che merita, ma
sottovalutarlo sarebbe un errore: a
stupire (probabilmente anche la giuria
presieduta da Isabella Rossellini, che
ha preferito Rams a concorrenti del
calibro di Naomi Kawase e Brillante
Mendoza) è la straordinaria leggerezza
nell’evocare ineluttabilità e morte oltre
i confini del diegetico. Ciò che sembra
una commedia resa appena più
sofisticata dal setting e dai suoi
burberi protagonisti, diventa
gradualmente un dramma familiare a
tutto tondo, dove il quotidiano,
armonico conflitto contro l’ostilità
della natura circostante lascia il posto
a quello ben più impari (e pertanto
destinato alla sconfitta) contro una
società ferrea, insensibile a
compassione e ripensamenti.
Seguendo con coerenza unica questo
percorso dalla commedia al dramma, il
film non si rifugia nel facile
sentimentalismo (la tensione tra
Gummi e Kiddi si scioglie nel modo più
naturale possibile), approdando tra
lampi di umorismo straniante a un
finale assolutamente tragico, che se
può spiazzare per l’improvviso cambio
di registro, dall’altro si conferma unico
epilogo possibile per due “ribelli” che
non hanno mai smesso di opporsi
all’uomo e alla natura. Decidendo, da
eroi, per mano di chi soccombere.
GIANLUIGI CECCARELLI
L’Islanda, la natura, i montoni:
vincitore di Un Certain Regard
i film del mese preview
a cura di Manuela Pinetti
REGRESSION
IL PROFESSOR
CENERENTOLO
STAR WARS: IL RISVEGLIO
DELLA FORZA
LA COLPA, il soprannaturale e la
paura secondo Amenábar, che con
Regression narra una storia dalle
atmosfere purgatoriali, ambientata
negli anni novanta in un paesino del
Minnesota. Le indagini su un caso di
abuso su una diciassettenne
spalancano un abisso di perversione:
un’intera comunità dedita a orge e
rituali indicibili su bambini e animali.
Satanismo? Complotto? E,
soprattutto: sarà tutto vero?
UMBERTO (Pieraccioni) lavora nella
biblioteca della piccola isola di
Ventotene e proprio come la
Cenerentola della favola deve
rientrare entro mezzanotte. Non c’è
però alcun incantesimo: l’uomo è un
detenuto-lavoratore, e la notte torna
in carcere. Come spiegarlo alla bella
Morgana (Chiatti) con cui è iniziata
una storia d’amore? Umberto crede di
aver trovato la soluzione perfetta: non
dirle nulla…
È UN NATALE molto atteso dai fan di
Star Wars: a ridosso delle festività
uscirà nei cinema (in 3D, 2D, IMAX) il
settimo film della saga e primo
episodio della terza trilogia,
ambientata trent’anni dopo gli eventi
narrati ne Il ritorno dello Jedi.
Insieme a nuovi personaggi, ritornano
Luke, Han Solo e Chewbacca, che
hanno già commosso il pubblico con
la loro apparizione nell’emozionante
trailer.
Regia Alejandro Amenábar
Con Ethan Hawke, Emma Watson
Regia Leonardo Pieraccioni
Con Leonardo Pieraccioni, Laura Chiatti
Regia J.J. Abrams
Con John Boyega, Daisy Ridley
IL PONTE DELLE SPIE
VACANZE DI NATALE
AI CARAIBI
IRRATIONAL MAN
GLI ANNI della Guerra Fredda tornano
al cinema in un intenso dramma
d’autore: Steven Spielberg ci racconta
una storia ispirata alla vera vita
dell’avvocato statunitense James
Donovan (Tom Hanks), ingaggiato per
negoziare il rilascio di Francis Powers,
un pilota americano catturato nel
1960 durante una ricognizione
segreta nei cieli sovietici. A
sceneggiare ci sono Matt Charman,
Ethan Coen e Joel Coen.
“FAREMO IL CINEPANETTONE,
quello vero”: parola di Christian De
Sica. A quattro anni da Vacanze di
Natale a Cortina, il filone ritorna con
Vacanze di Natale ai Caraibi: al
timone, il veterano Parenti comanda
la rodata ciurma De Sica, Finocchiaro,
Ghini, Bandiera e la nuova coppia
Luca Argentero-Ilaria Spada, in due
episodi che, come ai vecchi tempi,
calcheranno la mano sulla comicità
più esagerata.
UN PROFESSORE brillante ma
depresso accetta di insegnare in una
piccola università. Le cose non
migliorano nemmeno quando
intreccia una relazione con una
collega e poi con una studentessa. Ma
un evento casuale ridarà forza e
fiducia all’uomo. Il Woody Allen degli
ultimi tempi, più filosofo e riflessivo, si
affida al fascino e all’intensità di Stone
e Phoenix per riflettere sulla vita e
sulla morte.
Regia Steven Spielberg
Con Tom Hanks, Amy Ryan
Regia Neri Parenti
Con Christian De Sica, Massimo Ghini
Regia Woody Allen
Con Emma Stone, Joaquin Phoenix
novembre 2015
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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Dvd /// Blu-ray /// SerieTv /// Borsa del cinema /// Libri /// Colonne sonore
TELE
IN QUESTO
NUMERO
Le fantasmagorie
di George Méliès. E
la libertà, pagata a caro
prezzo, di Pier
Paolo Pasolini
A CURA DI VALERIO SAMMARCO
DA NON PERDERE
La filmografia di Miyazaki.
Fringe in cofanetto,
anniversario Goonies
La classe dei classici
Tutto Star Wars
Philip K. Dick seriale
Social Surfing
73
75
77
79
Frank Sinatra 82
Il racconto
dei racconti
In alta definizione, backstage
e interviste negli extra
TELECOMANDO
/// Dvd e Blu-ray ///--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Miyazaki
per sempre
L’opera omnia del grande
regista nipponico. In un’imperdibile
edizione steelbook
11 novembre non potete
mancare l’appuntamento.
Per celebrare i 30 anni dalla
nascita dello Studio Ghibli, l’opera
completa del Maestro Hayao
Miyazaki sarà disponibile in tutti i
negozi in una nuova versione
steelbook. Un’edizione limitata
caratterizzata da una nuova veste
grafica e dal prezioso box metallico
che esalta l’aspetto iconico dei
celebri protagonisti dei film del
maestro giapponese. Un prodotto
imperdibile che per la prima volta
presenta sia il Blu Ray che il DVD
del singolo film. L’uscita della
’
L
72
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2015
collana, composta da 10 titoli, sarà
inoltre l’occasione per presentare al
pubblico il primo film scritto e
diretto da Hayao Miyazaki: Nausicaä
della valle del vento, mai uscito
prima in home video. Da Porco
rosso a Si alza il vento, passando
per La città incantata e Il castello
errante di Howl, Il mio vicino Totoro
e Kiki consegne a domicilio, Ponyo
sulla scogliera, Principessa
Mononoke e Il castello nel cielo,
ogni disco presenta anche numerosi
contenuti extra. Da non perdere.
DISTR. LUCKY RED
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Laclasse
deiclassici
a cura di Bruno Fornara
I milioni della
manicure
La manicure Regi Allen,
una splendida Carole
Lombard, lavora in un
grande albergo ed è una
gold digger, una
cercatrice d’oro, in cerca
di un marito che sia
ricco. Povertà e
ricchezza: Regi (povera)
fa la manicure al triste e
ricco Allen, ex pilota in
sedia a rotelle,
interpretato da Ralph
Bellamy. Poi incontra nei
corridoi dell’hotel il
ricchissimo (a quanto
sembra...) Theodore
Drew III, un Fred
McMurray giocherellone
che si diverte a saltare
da una piastrella nera
all’altra, il che è un
ottimo segno perché
nelle commedie
classiche i ricchi sono
sempre eccentrici. Regi
va a fargli le unghie: si
emoziona, gli massacra
le dita... Lui la porta a
cena. E viene fuori che
lui non è quello che
sembra che sia. La
commedia si trasforma
in mélo, lei in una fallen
woman. Bellissima
commedia sofisticata e
molto tenera, con una
monetina tirata per aria
per decidere cosa fare,
se pranzare o sposarsi. E
come cade la moneta...?
Regia Mitchell Leisen
Con C. Lombard, F. McMurray
Genere Commedia (Usa, 1935)
Distr. Flamingo
novembre 2015
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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TELECOMANDO
/// Dvd e Blu-ray ///--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Collezione Star Wars
I sei film leggendari tornano singolarmente con packaging commemorativi in Blu-ray
Si chiude una generazione, ne inizierà a breve
un’altra. Prima dell’avvento del Capitolo VII (Il
risveglio della forza), tornano singolarmente i sei
film che hanno creato la leggenda di Star Wars,
disponibili dal 12 novembre con packaging unici
da collezione dedicati ai singoli personaggi.
I personaggi disponibili sono: Darth Maul – La
Minaccia Fantasma; Yoda - L’attacco dei Cloni;
Generale Grievous - La Vendetta dei Sith; Darth
Vader - Una nuova speranza; Soldati Imperiali –
L’impero colpisce ancora; e Darth Sidious - Il
Il racconto dei racconti
Making of e dietro le quinte: i segreti fantasy
di Matteo Garrone tratto da Basile
Arriva in homevideo (Blu-ray e Dvd)
il film di Matteo Garrone, tratto da
Lo cunto de li cunti di Giambattista
Basile e in concorso all’ultimo
Festival di Cannes. Nei ricchissimi
extra il making of, il backstage
(diviso in numerosi capitoli, dal “drago marino” a
“la Regina”) e varie interviste agli attori del
nutrito cast internazionale, da Vincent
Cassel a Stacy Martin, da John C.
Reilly a Toby Jones (nella foto).
DISTR. 01 DISTRIBUTION
74
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2015
ritorno dello Jedi.
In aggiunta ai nuovi packaging da collezione,
ogni Blu-ray include il commento audio di
George Lucas e della troupe del film, così come
il commento audio del cast e della troupe,
estratto da interviste d’archivio.
Già disponibile, invece, il cofanetto Star Wars: La
Saga Completa: i sei film in Blu-ray insieme a tre
dischi aggiuntivi con oltre 40 ore di extra.
DISTR. 20TH CENTURY FOX HOME ENTERTAINMENT
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30° anniversario
per i Goonies
Edizione ricordo per il cult movie
Nato dall’immaginazione di Spielberg (autore
del soggetto e produttore) e diretto da
Richard Donner (Superman), I Goonies
festeggia 30 anni. Riviviamo (in Blu-ray) le
gesta della banda di piccoli eroi alle prese
con un’avventura piratesca piena di sorprese
che supera i loro (e i nostri) sogni più audaci.
Un’edizione da collezione, negli extra:
commento del regista e degli attori, il making
of, scene inedite, video musicale di Cyndi
Lauper e molto altro.
Trilogia Lo Hobbit
L’ultimo capitolo e la saga completa di Peter Jackson
Avete già i primi due capitoli de Lo Hobbit? Dal 18 novembre
è disponibile il terzo, conclusivo episodio della saga di Peter
Jackson, La battaglia delle cinque armate, con 20 minuti di
scene inedite e 10 ore di extra.
Se invece volete collezionare l’intera opera (con Un viaggio
inaspettato e La desolazione di Smaug), dallo stesso giorno
potrete fare vostro il cofanetto con la Trilogia completa, in
extended edition: 58 minuti di scene inedite e oltre 28 ore di
extra (un viaggio unico e immersivo nella Terra di Mezzo),
oltre all’esclusivo packaging in cartoncino. In Blu-ray, Blu-ray
3D e Dvd.
DISTR. WARNER BROS. HOME ENTERTAINMENT
DISTR. WARNER BROS. HOME ENTERTAINMENT
Fuoriserie
Tutto Fringe, poi Gotham e The Flash
Finalmente in Blu-ray la serie
completa creata da J.J. Abrams:
in cofanetto (5 stagioni, 20
dischi) arriva Fringe, sempre in
bilico tra fantascienza e realtà.
Ricche di extra, invece, le
edizioni Blu-ray delle prime
stagioni di Gotham e The Flash:
la prima, creata da Bruno Heller
(The Mentalist), racconta le
origini del commissario Gordon
prima dell’incontro con Batman;
la seconda, spin-off di Arrow, è
naturalmente incentrata sul
supereroe protagonista della
serie a fumetti targata DC
Comics.
DISTR. WARNER BROS. HOME ENTERTAINMENT
Wild
Il libro della vita
Dal 26
novembre, in
Blu-ray e Dvd, il
film di JeanMarc Vallée
basato sul
bestseller di Cheryl Strayed,
con Reese Witherspoon
protagonista (candidata
all’Oscar), che racconta la
storia vera di una donna che
decide di intraprendere un
difficile trekking attraverso il
Pacific Crest Trail. Senza
alcuna esperienza al riguardo,
Cheryl si prefigge di compiere
un’escursione di più di mille
miglia completamente da
sola, attraverso quello che
diventerà un viaggio di
trasformazione e redenzione.
Tra gli extra, le scene tagliate,
la vera Cheryl Strayed e la
mappa interattiva del Pacific
Crest Trail.
Prodotto da
Guillermo del
Toro,
praticamente
invisibile in sala,
arriva in Dvd il
film d’animazione scritto e
diretto da Jorge Gutierrez.
Ispirato alla cultura messicana
legata al giorno dei morti, Il
libro della vita segue il
giovane Manolo, che parte per
una missione attraverso tre
mondi magici, per
ricongiungersi al suo unico
grande amore e difendere il
suo villaggio. Non è la solita
fiaba, ma un’avventura fantasy
ricca di magia, musica e
divertimento. Con tanti
contenuti speciali, su tutti la
versione latina delle celebri
canzoni di Mumford & Sons,
Radiohead, Elvis Presley, Rod
Stewart.
DISTR. 20TH CENTURY FOX H.E.
DISTR. 20TH CENTURY FOX H.E.
novembre 2015
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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TELECOMANDO
/// Serie Tv ///
Quantico
[CANALE 112 DI SKY]
In prima visione assoluta, ogni mercoledì, dal 18 novembre alle 21.00
U
n gruppo eterogeneo di
giovani reclute arriva
all’Accademia dell’FBI a
Quantico, in Virginia, per le 21
settimane di addestramento che
faranno di loro i prossimi agenti
speciali d’America. Sembra
impossibile che uno di loro sarà
sospettato di essere la mente del più
grande attacco terroristico dopo l’11
settembre. Obiettivo: la stazione
centrale di New York. Il gruppo non
potrebbe essere più composito: la
piccolo schermo
76
figlia di immigrati indiani Alex Parrish
(Pryanka Chopra), un mormone,
un’ispanica e una musulmana con il
velo, due ragazzi gay, l’ex reginetta di
bellezza e un reduce di guerra. Chi è
il traditore?
È Quantico, che Fox (canale 112 di
Sky) trasmette in prima visione
assoluta ogni mercoledì, dal 18
novembre, alle 21.00. Descritta come
un incrocio tra Grey’s Anatomy e
Homeland (“una sexy romance che
incontra il thriller politico”) la serie è
stata creata da Joshua Safran
(Gossip Girl e Smash) mentre uno
dei suoi produttori esecutivi, Mark
Gordon, è famoso per il suo
contributo alla serie di successo
Criminal Minds, oltre che alla stessa
Grey’s Anatomy.
Nel cast spicca Priyanka Chopra, “la
donna più bella d’Asia”: attrice,
modella e cantante indiana (ha
all’attivo collaborazioni con will.i.am
e Pitbull), già Miss Mondo nel 2000
e stella di Bollywood.
a cura di Federico Pontiggia
Boyhood
Studio Ghibli
Whoopi Goldberg
Premium Cinema
Premium Cinema
Studio Universal
Il 27 novembre, in prima
tv, il film-vita di Richard
Linklater: 12 anni di
riprese, poetica
umanissima.
20 film della factory del
sommo Hayao Miyazaki:
si parte il 18 con La città
incantata, il 25 c’è
Principessa Mononoke.
Whoopi fa 60 anni il 13,
SU la festeggia con Il
colore viola, Una
moglie per papà e
L’agguato.
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2015
WORLDWIDE
Amazon pigliatutto
La battaglia con Netflix prosegue: è il turno
della trasposizione del celebre romanzo di
Philip K. Dick, La svastica sul sole
a cura di Angela Bosetto
Flesh and Bone
(Première: 8 novembre)
Vuoi diventare una ballerina
classica? Lungo la tua strada,
fatta di rinunce e sacrifici,
non aspettarti favori, né
pietà. Dimenticate le varie
serie accademiche sulla
danza e pensate invece a una
sorta di Whiplash sulle punte
perché a creare questa
miniserie targata Starz è stata
Moira Walley-Beckett,
tostissima sceneggiatrice e
produttrice di Breaking Bad.
Tutti i giovani ballerini sono
professionisti anche nella
vita, mentre a dirigere il pilot
c’è l’australiano David Michôd
(Animal Kingdom).
Into the Badlands
(Première: 15 novembre)
The Man in the High Castle
(Prima stagione disponibile dal 20 novembre)
Dopo aver riscattato Ripper Street, essersi aggiudicata Bosch e aver sbancato gli Emmy con Transparent, Amazon
continua la partita a scacchi contro
Netflix mettendo in campo una nuova,
potente pedina: The Man in the High
Castle, trasposizione del celebre romanzo ucronico scritto da Philip K. Dick
e pubblicato in Italia nel 1965 con il titolo La svastica sul sole. Hitler e il Giappone hanno vinto la seconda guerra mon-
diale e si sono divisi gli USA, lasciando
le Montagne Rocciose come stato cuscinetto. In questo universo distopico
agiscono la giovane americana Juliana
Crain (Alexa Davalos), il suo fidanzato
ebreo Frank Frink (Rupert Evans), la
spia nazista Joe Blake (Luke Kleintank), l’obergruppenführer John Smith
(Rufus Sewell) e l’ufficiale nipponico
Nobusuke Tagomi (Cary-Hiroyuki Tagawa).
Oltre a essere un classico della
letteratura cinese, Il viaggio in
Occidente ha generato film,
manga e anime (da Dragon
Ball a Saiyuki): poteva mancare
la serie tv sci-fi? Se
l’ispirazione è labile,
l’importante è che rimangano
intatte le caratteristiche alla
base del testo originale:
avventura, fantasia, umorismo
e combattimenti. Si spera
quindi che i creatori Alfred
Gough e Miles Millar non
abbiano privilegiato la
“componente Smallville” a
discapito delle arti marziali.
AMC, sorvegliali tu.
novembre 2015
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
77
TELECOMANDO
/// Borsa del cinema ///-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
PROVVEDIMENTI A
CONFRONTO
Un DDL ipotizza la creazione di un Centro Nazionale. Dario
Franceschini spinge invece per la tassa di scopo di Franco Montini
N
ei primi nove mesi dell’anno
in Italia si sono staccati 69
milioni di biglietti, il 9,2% in
più rispetto allo scorso anno. Ma
mentre il mercato è complessivamente in crescita, la produzione nazionale è in recessione. Quest’anno la
quota del cinema italiano è scesa di
quasi dieci punti percentuali: dal
27,3% al 17,8%, nonostante i 332 film
in distribuzione, che rappresentano
oltre il 30% dei titoli apparsi in sala
da gennaio a settembre 2015.
Probabilmente proprio questi numeri
hanno convinto l’esecutivo e il parlamento della necessità di rimettere
mano alla legislazione cinematografica affinché possa essere in grado di
fornire nuovo ossigeno ed un soste-
gno adeguato alla nostra industria,
governata da una legge che risale
esattamente a 50 anni, quando il panorama audiovisivo era profondamente diverso dalla realtà odierna.
Sta di fatto che in un breve lasso di
tempo sono emersi due progetti: un
disegno di legge di iniziativa parlamentare sottoscritto da una quarantina di senatori PD, primo firmatario
Rosa Maria Di Giorgi, e un testo messo a punto dalla Direzione Cinema
del Ministero dei Beni Culturali e dal
Ministero dello Sviluppo Economico,
sostenuto dal titolare del Mibact Dario Franceschini.
Pur partendo dalle medesime analisi
e accomunati dalla volontà di risolvere alcuni nodi strutturali che frenano lo sviluppo del settore, i due
provvedimenti presentano alcuni
punti di convergenza e molte differenze. Sul modello della legislazione
francese, nel DDL dei senatori PD si
ipotizza la creazione di un Centro
IL PROGETTO DEL MINISTRO VORREBBE CHE SIANO I
A FINANZIARE LA NOSTRA INDUSTRIA AUDIOVISIVA
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2015
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Surfing
Jamie Dornan e Dakota
Johnson
in Cinquanta
Nazionale
del Cinema, che dovrebbe
sfumature di grigio
assorbire una serie di competenze,
oggi disperse fra Ministero dei Beni
Culturali, Sviluppo Economico, Istruzione. Suddetto Centro verrebbe finanziato con uno stanziamento pubblico di 5 milioni annui, ma soprattutto, esattamente come accade in
Francia, con i proventi di un prelievo
di scopo applicato sul biglietto, ma
esteso anche agli editori e distributori di servizi televisivi che utilizzano
il cinema, con quote percentualmente graduate in relazione alle entrate
di ciascuna impresa. Per l’esercizio, il
prelievo ipotizzato è del 10% sul
prezzo del biglietto; per le televisioni
del 3% sul fatturato annuale al netto
dell’Iva; per i distributori di servizi
dello 0,5% per importi fra i 10 e i 250
milioni di euro; del 2,10% fra i 250 e i
500 milioni; del 2,80% fra i 500 e
750 milioni; del 3,50% per importi
superiori ai 750 milioni. Il provvedimento Franceschini, che non prevede la creazione di un Centro Nazionale del Cinema e non precisa le
quote dei prelievi, sostiene ugualmente la necessità di introdurre una
tassa di scopo, ispirandosi a quanto
in discussione in Germania, dove è
previsto che i giganti della rete versino allo Stato una parte del fatturato
che realizzano nel paese. Proprio
queste risorse, dovrebbero consentire di sganciare l’intervento pubblico
a sostegno del cinema dalla legge di
bilancio annuale e dalla legge di stabilità, l’attuale FUS. L’importo destinato al sostegno del comparto audiovisivo deriverebbe invece dal gettito erariale e Iva che il settore stesso
genererebbe. Di fatto il progetto ipotizza che dovrebbero essere principalmente i giganti della rete Internet,
Google, Amazon, Netflix, i finanziatori della nostra industria audiovisiva.
Facile prevedere che non sarà semplice applicare concretamente il
provvedimento.
GIGANTI DELLA RETE
@marco_spagnoli
Il Fantacasting
007 insegna: far circolare voci su nuovi protagonisti
aumenta l’interesse sul prodotto
U
na volta i cast
dei film
venivano decisi
negli studi di
produzione. Oggi, un
po’ per ragioni di
marketing, un po’ per
testare il pubblico, gli
annunci o le proposte
vengono lanciate sui
Social Media come
inizio di una
campagna
promozionale e come
barlume di una pseudo
“democrazia” digitale
in cui sono i fan e i
possibili spettatori a
suggerire questo
nome oppure
quell’altro. L’ultimo
film su 007, Spectre,
non era ancora uscito
nelle sale e già si
parlava di un prossimo
James Bond nero che
potesse sostituire
Daniel Craig con il
nome di Idris Elba che
rimbalzava da un capo
all’altro del globo
suscitando commenti
positivi, qualche sterile
polemica ma,
soprattutto,
stimolando
l’awareness (la
consapevolezza) degli
spettatori rispetto ad
un possibile film.
Anche se, va detto, da
sempre la produzione
dei film di 007 ha
sfruttato il casting
come occasione di
publicity al punto che
l’annuncio del nuovo
Bond è stato sempre,
di per sé, un evento in
grado di influenzare la
pop culture di
un’epoca. Diverso il
caso di altri titoli come
il recente film su Steve
Jobs, in cui l’arrivo di
Michael Fassbender è
stato salutato con
entusiasmo dopo la
dipartita della prima
scelta e lo scarto di
altri nomi, anche in
base alle indicazioni
provenienti dalla Rete.
Il problema è che, oggi
come oggi, risulta
difficile capire quanto
il ‘buzz’ su Internet sia
reale o montato ad
arte. Agenzie digitali
con migliaia di fake
iniziano campagne
contraddittorie su
nomi di attrici ed attori
celebri in modo da
favorire, piuttosto, i
veri nomi rimasti
nell’ombra. Un gioco
perverso e non del
tutto ‘pulito’ che
sebbene innocuo per il
pubblico, gioca con le
illusioni degli spettatori
di potere vedere
alcune scelte insolite
diventare realtà. Ma il
Fantacasting,
comunque, non è un
esercizio sterile
necessariamente
vittima di agenti e
agenzie senza troppi
scrupoli: registi più
illuminati hanno più
volte ascoltato il
sentire dei fans, non
per motivi
commerciali, bensì per
qualità scoperte
attraverso Interrnet.
Possibile? Pare proprio
di sì: la Casting
Director Amy
Joberman su Internet
tiene addirittura un
corso su come avere
Fotomontaggio
con Idris Elba nei
panni del nuovo
007
novembre 2015
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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TELECOMANDO
/// Libri ///-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Fantasmagoria
Enrico Giacovelli
La bottega delle
illusioni. Georges
Méliès e il cinema
comico e
fantastico francese
(1896-1914)
Grazie a Hugo Cabret anche le
nuove generazioni hanno scoperto le incredibili magie di
Georges Méliès, primo autore a
capire che, grazie alla pellicola,
la realtà si può non solo riprodurre (alla maniera dei fratelli
Lumière), ma modificare e persino ricreare da zero secondo
la propria fantasia, trasportando così gli spettatori in un’altra
dimensione: un mondo incantato a cui lui credeva sul serio.
Se il film di Martin Scorsese è
un omaggio volutamente fiabesco, questo è il vero ritratto
di Monsieur Méliès (dall’infanzia alla scomparsa, dai trionfi al
declino), sia come artista unico, sia in relazione al cinema
francese dell’epoca. Poi arrivò
Walt Disney e si prese tutto.
(Bietti, pagg. 482, € 22,00)
La Méliès
gioventù
Altro che Hugo Cabret: il vero
ritratto di un regista magico, “scippato”
da Walt Disney
ANGELA BOSETTO
Femme fatale
Michelangelo
Capua
Kim Novak. La
bionda che
visse due volte
Chi era la bionda Kim Novak, la
donna-ossessione del capolavoro hitchcockiano? La seducente femme fatale o la ragazza che si nascondeva allo
sguardo dei fan dietro parrucche e trucchi vistosi? La diva
capricciosa o la ragazza semplice che scelse di abbandona-
80
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
re il successo per ritirarsi circondata da animali? Dall’infanzia trascorsa a fantasticare tra i
rami di un ciliegio ai primi
amori al college; dai racconti
fantasiosi sul suo arrivo a Hollywood al successo degli anni
’50 e ’60, il libro tratteggia un
personaggio multiforme e incantevole. La ragazza ribelle si
fonde alla star dal fascino magnetico, all’animalista e femminista attaccabrighe, ma anche
alla donna semplice e verace
incapace di superare la propria
timidezza e un profondo senso
di solitudine.
(Eracle, pagg. 242, € 18,00)
CHIARA SUPPLIZI
novembre 2015
Non solo Ceylan
Giovanni Ottone
Nuovo Cinema in
Turchia
Nel 2014 il cinema in Turchia ha
compiuto un secolo. Un felice
centenario, festeggiato a Cannes con la Palma a Winter
Sleep di Nuri Bilge Ceylan. Non
è l’unico riconoscimento attribuito al regista, il capostipite
della terza generazione, né il
solo piovuto sulla cinemato-
grafia anatolica, basti pensare
all’Orso d’Oro 2010 a Bal di Semih Kaplanoglu. Alta qualità,
fertile quantità, effervescenza
autoriale: nella prefazione, Giovanni Spagnoletti parla di
“Nuovo Cinema Turco”, e ha
ragione. A inquadrarne “Nuri
Bilge Ceylan e gli altri autori” è
il critico Giovanni Ottone, con
una panoramica avvertita e
premurosa, che mette a confronto filmografie, stili e visioni
senza tralasciare il contesto
politico. Un agile strumento
per illuminare un cinema più
premiato che conosciuto.
(Falsopiano, pagg. 166, € 18,00)
FEDERICO PONTIGGIA
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Il regista francese
Georges Méliès
dine, senza il confronto”. Chi
scrive, purtroppo, non è un politico: nel caso, avrebbe il mio
voto, e pure il vostro. Chi scrive
è Giorgio Diritti, regista e sceneggiatore: in un centinaio di
pagine ci mette a parte di
aneddoti, impicci, gioie e accadimenti dei set dei suoi tre film,
Il vento fa il suo giro, L’uomo
che verrà, Un giorno devi andare. Tre titoli che vanno, vengono e fanno il giro: cinema di
moto a luogo, complemento
umano. (Editori Laterza, pagg.
104, € 12,00)
Teorema
Pasolini
Gattopardo
“Non sono un pensatore, né vi
aspiro”: il romanzo esistenziale di
PPP. A 40 anni dalla morte
di Angela Bosetto
FEDERICO PONTIGGIA
Occhio non duole
Bruno Zambardino
Dal possesso
all’accesso.
L’industria
audiovisiva ai
tempi dello
streaming
Ciak si muove
Giorgio Diritti
L’uomo fa il suo
giro
“La condivisione è la sede della
forza della vita, perché è proprio dall’incontro con l’altro,
dalla relazione affettiva, che
nasce la vita. Ed essa è anche
matrice di creatività dal punto
di vista artistico e imprenditoriale: difficile che i grandi progetti si sviluppino nella solitu-
Uno scenario in trasformazione; un’industria dell’audiovisivo che si trova a fronteggiare
sfide difficili sperimentando
nuove strategie commerciali e
distributive; un pubblico sempre più esigente e diversificato; un sistema di politiche
pubbliche che si trova a dover
stimolare la creatività e assecondare l’innovazione linguistica in divenire. Un passaggio
per nulla indolore che comporta una ridefinizione dei
modelli e un riposizionamento
dei diversi player all’interno
del mercato. Queste le premesse su cui poggia il volume
di Zambardino, che tratteggia
un quadro delle componenti
della filiera produttiva e distributiva e propone chiavi di lettura per interpretarne i cambiamenti.
(FEdS, pagg. 260, € 12,90)
CHIARA SUPPLIZI
Pier Paolo
Pasolini sul set
di Teorema
(1968)
Pier Paolo
Pasolini Vivere e
sopravvivere
“Pier Paolo Pasolini credeva di vivere
in Italia ma viveva altrove. Nel Paese
che cominciava a non essere più lo
stesso. Un Paese che si dissolveva a
poco a poco, sotto gli occhi di tutti,
occhi spesso ciechi, senza voglia di
vedere”. Inizia così il “romanzo
esistenziale” con cui, a 40 anni dalla
misteriosa morte, Italo Moscati punta
a restituirci il Pasolini uomo e artista,
rifuggendo la trappola dell’idolo
intoccabile o del guru spirituale. “Io
non sono un inventore di ideologie”,
affermava il regista di Accattone.
“Non sono un pensatore e non ho mai
aspirato a esserlo”. Invece fu
testimone e voce unica di un’epoca
che tollerava i personaggi
culturalmente e politicamente
impegnati solo a patto che fossero
ben allineati. Pasolini rifuggiva
qualunque fazione e pagò quella
libertà a caro prezzo, a livello sia
umano, sia professionale. Frutto
rinnovato della fusione fra altre due
opere di Moscati (Pasolini e il
teorema del sesso... 1995, e Pasolini
passione. Vita senza fine di un artista
trasparente, 2005), questo volume
non si rivolge né ai complottisti, né ai
cacciatori di scandali, bensì a coloro
che continuano ad approfondire la
figura dello “scrittore corsaro”, in
particolare a quei ragazzi che ancora
oggi studiano Pasolini con passione,
“cercando quella voglia di conoscere
che il poeta chiama gioia.”
TELECOMANDO
/// Colonne sonore ///--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
A BIGGER SPLASH
Può un film “sul rock” essere rock?
Domanda oscura, eppure il nuovo di
Luca Guadagnino può dire
qualcosa, di certo rincarare la
questione: in colonna sonora c’è
Verdi, e il Falstaff con “Tutto il
mondo è burla” è poeticamente
centrale, ma il rock è cosa dell’Harry
Hawkes di Ralph Fiennes, già
produttore dei Rolling Stones. E se
di Mick Jagger & Co. sentiamo
Moon Is Up ed Emotional Rescue,
assordante è il silenzio della
rockstar afona Marianne Lane (Tilda
Swinton), che si fa prestare da
Jovanotti il pubblico di San Siro:
insomma, è un film rock o lento? F.P.
THE VISIT - SOUNDTRACK
UNA MANCIATA DI CANZONI, non una vera e
propria colonna sonora (non è prevista uscita su
disco): ma non canzoni a caso. A M. Night
Shyamalan, per il suo The Visit, interessa - come
sempre, nel suo cinema perennemente in bilico tra
il mostrare e il suggerire - la fonte diegetica del
suono, la sua capacità di evocare orrore tramite la
decontestualizzazione, la sua distanza
“temporale”: brani datati, polverosi agli occhi di
bambini protagonisti di una favola nera, evocano
l’orrore per contrasto, non appena l’accogliente
casa che li ospita rischia di rivelarsi una trappola
mortale. In un simile contesto, la Possession di
Revell diretta da Les Baxter (che pure, ai suoi
tempi collaborò con Bava e Corman...) mette i
brividi, come pure i gorgheggi di Mary Schneider
in Mocking Bird Yodel e gli acuti lontani di Enrico
Caruso, sporcati all’estremo dalla puntina del
giradischi sul vinile (Non t’amo più, Una furtiva
lacrima). Ben poco rassicurante, al buio, è il piano
solo della Berceuse tchaikovskiana. La tensione si
stempera a tratti con l’hip hop dei Warchild, gli
ottimi Sat.Nite Duets (The Three Wisemen) e il
pop-rock ballabile degli East Coast Connection
(Generation), ma non bastano a restituire
tranquillità, specialmente quando inizi a dubitare
che niente sia ciò che sembra.
GIANLUIGI CECCARELLI
82
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
novembre 2015
CANTALA ANCORA
FRANK!
The best is yet to come? Il
premio Oscar Alex Gibney
firma un bel ritratto di The
Voice: Sinatra All or
nothing at all. Interviste,
ricordi, inediti,
soprattutto, le canzoni che
Frank, nato 100 anni fa il
12 dicembre, scelse per il
concerto “d’addio” a L.A.
nel 1971.
F.P.
007 AL MURO...
Spectre sta per arrivare sugli
schermi, ma all’orecchio ha già detto
male, almeno parzialmente. La
theme song composta ed eseguita
da Sam Smith è moscia assai:
Writing’s On the Wall lascia sul muro
un grosso punto interrogativo. Il
londinese classe 1992 Smith non ha
ugola e carisma per una Bond song:
senza scomodare classici quali
Goldfinger e interpreti del calibro di
Tina Turner e Shirley Bassey, il
confronto è già impietoso con la
Skyfall cantata da Adele. Al bis, il
compositore Thomas Newman
(American Beauty, Wall-E) saprà
metterci una pezza?
F.P.