Ibridazione antropogenica come minaccia per le specie selvatiche:

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Ibridazione antropogenica come minaccia per le specie selvatiche:
LIFE10NAT/IT/265 IBRIWOLF
Azione A2 - Messa a punto delle migliori strategie per l’identificazione degli
ibridi
Documento di sintesi
della relazione tecnica “IBRIDAZIONE CON IL CANE COME
MINACCIA PER LA CONSERVAZIONE DEL LUPO: STATUS
DELLE CONOSCENZE E CRITERI PER L’IDENTIFICAZIONE
DEGLI IBRIDI” redatta nel Maggio 2012
da Paolo Ciucci (Dipartimento di Biologia e Biotecnologie
“Charles Darwin” Università di Roma “La Sapienza”)
Andrea Sforzi
Museo di Storia Naturale della Maremma
Responsabile scientifico delle azioni previste
all’interno del Parco Regionale della Maremma
Gennaio 2013
Progetto LIFE10NAT/IT/265 IBRIWOLF - Azione A2
Sintesi del documento: “IBRIDAZIONE CON IL CANE COME MINACCIA PER
LA CONSERVAZIONE DEL LUPO: STATUS DELLE CONOSCENZE E
CRITERI PER L’IDENTIFICAZIONE DEGLI IBRIDI”
Introduzione
Il testo che segue costituisce la sintesi del documento redatto da Paolo Ciucci
“Ibridazione con il cane come minaccia per la conservazione del lupo: status delle
conoscenze e criteri per l’identificazione degli ibridi”, al quale si rimanda per una
trattazione più ampia ed esaustiva degli argomenti. La necessità di un documento di
semplice consultazione che riportasse in forma sintetica i principali contenuti della già
citata relazione è emersa nel corso della riunione del Tavolo Tecnico del
LIFE10NAT/IT/265 IBRIWOLF tenutasi a Roma il 2 ottobre 2012.
La proprietà intellettuale delle osservazioni, nonché la terminologia utilizzata e la
trattazione generale degli argomenti sono da riferire all’autore del documento originale.
Nella indispensabile opera di sintesi e semplificazione sono state effettuate scelte che
hanno modificato l’impianto strutturale della relazione originale, pur cercando di non
alterarne i contenuti principali e l’esposizione dei concetti più rilevanti. Di questi aspetti
risponde l’autore del presente documento. Al fine di rendere più snella possibile la
consultazione del testo, sono stati eliminati tutti i riferimenti bibliografici, oltre che le
note esplicative che, solo in alcuni casi, sono state sintetizzate ed inserite nel testo.
Inquadramento della problematica
L’ibridazione tra il cane domestico ed il lupo, suo progenitore selvatico, non è
certamente un fenomeno recente e si è probabilmente verificato in più occasioni
durante la lunga storia della domesticazione del cane. È tuttavia a seguito della
frammentazione, rarefazione e riduzione delle popolazioni di lupo che il fenomeno
dell’ibridazione con il cane domestico viene visto come potenziale minaccia per
l’integrità genomica e quindi conservazionistica della specie, in particolare in quei paesi
dove popolazioni di lupo numericamente ridotte si trovano a convivere con un elevato
numero di cani vaganti.
L’ibridazione interspecifica porta spesso alla produzione di ibridi sterili per
incompatibilità cromosomica all’atto della produzione dei gameti. In questi casi si
riscontrano solo ibridi di prima generazione (F1). Nel caso in cui gli ibridi siano invece
fertili, questi possono accoppiarsi tra loro dando origine a generazioni successive di
ibridi (F2, F3, etc.), oppure reincrociarsi con individui di una o entrambe la popolazioni
parentali (B1, B2, etc.). Laddove specie o popolazioni parentali distinte, trovandosi in
condizioni di simpatria, si accoppiano e producono ibridi almeno parzialmente fertili, si
possono venire a creare zone di ibridazione, spesso in seguito ad un contatto
secondario tra taxa evolutisi come entità distinte in condizioni di allopatria. La fitness
degli ibridi può variare radicalmente rispetto a quella delle rispettive popolazioni
parentali: si può verificare una fitness superiore (eterosi, o vigore dell’ibrido) o inferiore
(depressione da esoincrocio). Nonostante gli ibridi siano spesso contro selezionati
rispetto alle popolazioni parentali, diversi meccanismi possono interagire per
assicurare la stabilità delle zone di ibridazione.
L’ibridazione può avvenire con o senza introgressione (flusso genico tra popolazioni
che si ibridano) e si verifica nei casi in cui gli esemplari ibridi fertili si reincrociano
all’interno di una od entrambe le popolazioni parentali. Nei fenomeni introgressivi le
varianti geniche degli ibridi si possono diffondere, con entità variabile, all’interno delle
popolazioni parentali. Se l’introgressione progredisce in maniera sostanziale, una o
entrambe le popolazioni parentali possono arrivare a contenere un’elevata proporzione
di individui ibridi e/o di loro reincroci di varie generazioni, rappresentando uno sciame
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ibrido. Quest’ultimo può essere causa di estinzione genomica, ovvero la perdita di tutte
le varianti genetiche accumulatesi a livello genomico nel corso dell’evoluzione.
Anche l’ibridazione senza introgressione può avere effetti demografici sostanziali a
livello delle popolazioni parentali, specialmente se il rapporto tra le due è fortemente
sbilanciato. Essa può generare infatti competizione per i riproduttori a livello della
popolazione parentale, riducendone quindi il potenziale riproduttivo ed il tasso di
accrescimento demografico nel lungo periodo, con effetti che possono essere
sostanziali specialmente nel caso di popolazioni parentali di dimensioni ridotte.
Se l’ibridazione, in quanto fenomeno naturale, è un meccanismo che va attentamente
tutelato, la prospettiva cambia radicalmente nei casi in cui essa viene di fatto
determinata e facilitata dall’attività dell’uomo. L’ibridazione antropogenica, con o senza
introgressione, rappresenta una grave minaccia per il mantenimento di specie o
popolazioni distinte. A differenza dell’ibridazione naturale, i rischi dell’ibridazione
antropogenica devono essere puntualmente affrontati in un’ottica di conservazione e
varie strategie gestionali devono essere messe in campo per contrastare le
conseguenze a livello demografico e genetico nelle popolazioni parentali.
Data l’elevata vagilità del lupo, la messa in pratica di interventi gestionali su scala
locale può risultare inutile nel medio-lungo periodo se non vengono parallelamente
adottate misure analoghe nel resto dell’areale su scala nazionale.
Ibridazione antropogenica tra lupo e cane
Il lupo viene oggi considerato con un buon margine di certezza l’unico progenitore
selvatico del cane. Ne consegue che, nonostante la variabilità morfologica delle
numerose razze canine sia di gran lunga superiore della variabilità riscontrabile
all’interno dell’intera famiglia dei Canidi, il cane è geneticamente molto affine al lupo,
con differenze a livello del DNAmt paragonabili a quelle che mediamente si riscontrano
tra le diverse razze di cane. Data l’elevata similitudine genetica, non è semplice
distinguere geneticamente individui ibridi o introgressi.
L’ibridazione tra lupo e cane può avere effetti particolarmente deleteri per la
sopravvivenza e l‘integrità genetica delle popolazioni del progenitore selvatico, con:
•
perdita di frequenze alleliche coadattate, presumibilmente responsabili di
adattamenti ecologici e comportamentali del lupo su scala locale;
•
aumento dei rischi di depressione da esoincrocio;
•
diffusione (tramite introgressione) di varianti geniche del cane domestico poco o
affatto adattative allo stato selvatico, con l’effetto di ridurre significativamente la
fitness delle popolazioni di lupo su scala locale.
L’introgressione da parte del cane avviene all’interno delle popolazioni selvatiche di
lupo e con frequenza e distribuzione tutt’altro che irrilevanti. Questo fenomeno è
caratterizzato da due aspetti particolarmente importanti in chiave gestionale:
•
la direzionalità dell’introgressione, che sembra essenzialmente procedere
per via paterna dal cane a lupo tramite accoppiamenti asimmetrici (femmina
di lupo e cane maschio) o sopravvivenza/reincrocio preferenziale degli ibridi
che scaturiscono da questi accoppiamenti;
•
le condizioni ecologiche e di antropizzazione che, più di altre, sembrano
facilitare insorgenza e diffusione del fenomeno.
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Fertilità e sopravvivenza possono essere ridotte negli ibridi rispetto alle forme parentali
selvatiche e gli ibridi possono mostrare uno sfasamento della stagione riproduttiva.
Questi e altri fattori possono contribuire a limitare l’introgressione, anche in presenza
di ibridazione sostanziale. È tuttavia anche vero che questi meccanismi potrebbero
non essere più sufficienti laddove le occasioni di ibridazione siano particolarmente
diffuse e frequenti, o laddove si verifichino interazioni tra condizioni che facilitino la
diffusione dell’introgressione.
Rispetto alla (scarsa) probabilità iniziale che un cane può avere nell’instaurare relazioni
affiliative e quindi accoppiarsi con un lupo, gli ibridi F1, una volta allevati in natura dalla
femmina di lupo, avranno maggiori probabilità di integrarsi all’interno della popolazione
parentale di lupo ed eventualmente riprodursi a loro volta. Rispetto a un cane, ci si
attende che gli eventuali ibridi allevati in natura siano dal punto di vista ecologico e
comportamentale molto più affini al lupo. Inoltre, mentre l’evento d’ibridazione iniziale
coinvolge essenzialmente una femmina di lupo ed un cane maschio, è presumibile che
la reintegrazione degli ibridi F1 all’interno della popolazione parentale lupina avvenga
indipendentemente dal sesso. Va inoltre considerata la possibilità che gli ibridi,
attraverso meccanismi di eterosi (o perché portatori di variazioni geniche selezionate
positivamente), possano mostrare vantaggi riproduttivi nella popolazione di lupo,
meccanismo che faciliterebbe ulteriormente il reincrocio e la diffusione
dell’introgressione
Tecniche per identificare gli ibridi e quantificare l’ibridazione
Alla luce delle importanti implicazioni di conservazione dei casi di ibridazione
antropogenica, l’identificazione degli eventuali individui ibridi all’interno delle
popolazioni parentali, la quantificazione e, possibilmente, il monitoraggio della
diffusione degli ibridi all’interno della popolazione sono elementi cruciali alla base di
qualsiasi strategia gestionale.
Mentre il riconoscimento degli ibridi si deve basare sull’adozione di criteri diagnostici
affidabili, la quantificazione dell’ibridazione a livello di popolazione dipende sia dalla
funzionalità dei criteri diagnostici utilizzati, sia dalle strategie adottate per campionare
gli individui all’interno di una o entrambe le popolazioni parentali.
I caratteri potenzialmente utilizzabili in questo senso si possono classificare in
marcatori morfologici, o più in generale fenotipici, e marcatori genetici. In realtà, la
maggiore parte dei marcatori ad oggi utilizzati non rispetta una o più delle
caratteristiche ideali che consentono loro di avere un potere discriminante che sottende
ad una elevata capacità diagnostica.
Identificazione degli ibridi lupo/cane
Sia nel caso vengano utilizzati criteri fenotipici o genetici, oppure una combinazione di
entrambi, esiste comunque la possibilità di commettere errori d’identificazione e quindi
di assegnazione alle tre categorie di base (lupo, cane, ibrido): da una parte, si può
assegnare erroneamente alla categoria degli ibridi un esemplare di lupo che ibrido non
è (errore di Tipo-I); dall’altra si può fare l’errore opposto, ovvero non riconoscere un
esemplare ibrido in quanto tale, assegnandolo erroneamente alla popolazione
parentale di lupo (Tipo-II).
I metodi di diagnosi dovranno essere selezionati e perfezionati in modo da ridurre
preferenzialmente l’uno o l’altro dei due possibili errori (che avranno conseguenze
gestionali differenti), in base al contesto e agli indirizzi gestionali.
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Ad esempio, se gli individui della popolazione parentale selvatica sono ridotti ai minimi
termini, risulta prioritario minimizzare il rischio per cui la rimozione erronea di un
individuo parentale potrebbe essere deleteria per la popolazione stessa (errore di Tipo
I). Di conseguenza non sarà necessaria un’elevata risoluzione d’indagine ed un elevato
potere diagnostico, in quanto è preferibile correre il rischio di non riconoscere un
individuo introgresso piuttosto che fare l’errore opposto, specialmente se la
popolazione parentale è ormai ampiamente introgressa (p. es., lupo etiope e cane).
D’altra parte, laddove la popolazione parentale è demograficamente più robusta e
l’obiettivo è eliminare il rischio di diffusione dell’introgressione è d’obbligo adottare un
sistema diagnostico a elevata efficienza, al fine di minimizzare l’eventualità di
commettere errori di Tipo-II (non essere in grado di riconoscere gli individui introgressi
come tali). Ciò potrà consentire di individuare gli ibridi, ai fini di una loro pronta
rimozione. Questo secondo approccio comporta il rischio di rimuovere dalla
popolazione individui non introgressi (o solo in minima parte), ma una simile
eventualità non avrebbe conseguenze sostanziali sullo stato della popolazione
parentale (p. es., lupo rosso e coyote).
Considerata la recente storia e lo status di conservazione del lupo in Italia, e a fronte di
un perdurante ed elevato numero di cani vaganti sul territorio, il fatto che la
popolazione di lupo sia tuttora in fase di espansione e che il fenomeno dell’ibridazione,
perlomeno su scala appenninica, sembra presentarsi con frequenza e diffusione
maggiori rispetto al recente passato, qualsiasi intervento gestionale deve essere
prioritariamente mirato ad eliminare o limitare fortemente il fenomeno su scala locale e
nazionale rispetto alle tendenze attuali. Quest’obiettivo si può ottenere solo attraverso
interventi realizzati su scala locale ed atti alla rimozione (effettiva o riproduttiva) e al
controllo sia dei cani che degli individui ibridi, introgressi o sospetti tali.
Lo status della popolazione di lupo in Italia suggerisce che l’approccio da perseguire
sia preferenzialmente quello di minimizzare un errore di Tipo-II, ovvero utilizzare
sistemi diagnostici ad elevata efficienza, al fine di aumentare le probabilità di
riconoscere gli individui introgressi e ridurre le possibilità di trascurare gli ibridi criptici.
È infatti forse preferibile assegnare erroneamente un lupo alla categoria degli ibridi
(con il rischio di rimuoverlo erroneamente dalla popolazione), piuttosto che assegnare
un ibrido alla popolazione parentale di lupo e non rispondere quindi con un intervento
di rimozione.
Una strategia ottimale per l’identificazione dei casi di introgressione si dovrebbe infatti
basare sull’uso integrato e concertato di strumenti genetici e fenotipici. I primi devono
essere diversificati e ad elevata efficienza diagnostica, mentre i secondi (anche se non
ancora formalmente validati da riscontri di natura genetica) devono individuare le
caratteristiche morfologiche che più di altre sono anomale nel lupo e di possibile
derivazione canina. Attraverso l’uso congiunto di criteri genetici e fenotipici è possibile
che nel prossimo futuro un numero maggiore di caratteri fenotipici possa essere
considerato un attendibile segnale di ibridazione tramite riscontri più oggettivi di natura
genetica. Ciò aumenterebbe il livello di confidenza con cui tali caratteristiche
fenotipiche potranno essere interpretate come segnali di ibridazione e, soprattutto, il
potere diagnostico dei casi sospetti mediante un approccio integrato.
Mentre un panel adeguato (tipo e numero) di loci biparentali ipervariabili o, se
possibile, l’impiego di SNP diagnostici permettono di evidenzare con una certa
affidabilità eventuali casi di ibridazione e/o introgressione e di stimare la classe
d’appartenenza degli ibridi, la caratterizzazione degli aplotipi a livello del DNAmt e del
cromosoma Y contribuisce a completare il quadro delle conoscenze, chiarendo il
contributo materno e paterno degli ibridi in questione. Questa, a sua volta, è una
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informazione critica in quanto permette si risalire ai meccanismi ed alla direzionalità
degli eventi di ibridazione riscontrati.
Tutti gli ibridi ad oggi rilevati in Italia mostrano l’aplotipo mitocondriale del lupo,
indicando la forte direzionalità dell’introgressione, nonché aplotipi Y rilevati ad oggi solo
nella popolazione di lupo, il che suggerisce non solo che gli individui ibridi identificati
sono in realtà tutti reincroci (B 1, B2, etc.), ma che il campionamento di individui ibridi
(F1, F2, etc.) è un evento particolarmente raro.
Conclusioni
Per facilitare l’attivazione di indagini e programmi di monitoraggio dell’ibridazione
efficienti, ben strutturati, affidabili e soprattutto informativi per gli interventi di gestione
che devono essere realizzati, è importante tenere presente i seguenti punti:
•
le analisi genetiche offrono i criteri di identificazione degli ibridi maggiormente
affidabili, ma il loro potere diagnostico può essere fortemente limitato, a livello
individuale, da vari fattori. Per ovviare ai limiti dei criteri genetici e rendere il
processo di identificazione degli ibridi e di quantificazione dell’introgressione a
livello popolazionistico sempre più affidabile, possono essere adottati i seguenti
accorgimenti tecnici e di campionamento:
o l’impiego di un numero (e tipo) di marcatori biparentali adeguato (≥ 4248) all’identificazione degli individui ibridi reincrociati all’interno della
popolazione di lupo (B1, B2, etc.) e non solo degli ibridi F1 e F2 (peraltro
rari); il numero dei marcatori dovrà tenere conto della qualità del DNA a
disposizione e delle recenti indicazioni bibliografiche e di analisi di
simulazione realizzate ad hoc per valutare quantitativamente il potere
diagnostico del sistema utilizzato;
o
l’uso integrato di marcatori genetici tra loro complementari, a sostegno
sia delle evidenze relative ai marcatori biparentali, sia della
interpretabilità e ricostruzione dei casi di introgressione identificati;
o
l’adozione di strategie di campionamento ben strutturate e stratificate,
sia geograficamente che temporalmente, della popolazione di lupo e di
cane, non solo al fine di aumentare l’efficacia dei test di assegnazione,
ma anche di permettere inferenze del fenomeno introgressivo a livello
dell’intera popolazione;
•
le analisi genetiche, così come ad oggi applicate alla popolazione italiana di
lupo, sono maggiormente suscettibili ad errori di Tipo-II, ovvero l’erronea
assegnazione alla popolazione di lupo di individui che in realtà sono ibridi; un
errore che ha importanti conseguenze in termini gestionali e che necessita
quindi di maggiore attenzione, in considerazione del contesto gestionale del
lupo in Italia;
•
sebbene i criteri fenotipici e morfologici per l’identificazione degli ibridi soffrano
di un elevato livello di soggettività, alle caratteristiche ad oggi riconosciute come
un’oggettiva indicazione di ibridazione (melanismo, sperone sulle zampe
posteriori, unghie depigmentate) se ne potrebbero identificare altre, attraverso
esami fenotipici attenti ed accurati, meglio se condotti su individui riconosciuti
ibridi su base genetica;
•
la valutazione fenotipica dei casi sospetti di ibridazione è ritenuta
un’integrazione critica ed essenziale dei criteri di identificazione genetici,
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specialmente laddove questi ultimi sono basati su un numero (e tipologia) di
marcatori con scarso potere diagnostico. L’integrazione di una valutazione
fenotipica appare peraltro giustificata nel caso in cui la strategia di gestione
dell’ibridazione introgressiva tra cane e lupo in Italia intenda perseguire una
logica conservativa (ovvero limitare il rischio di assegnare alla popolazione di
lupo individui ibridi o introgressi);
•
dal momento che il monitoraggio (e la gestione) dell’ibridazione introgressiva
nel lupo ha senso se realizzato su larga scala, è necessario ricorrere a strategie
di raccolta dei dati complementari e integrative. Tenendo inoltre conto che la
qualità e quantità del DNA differiscono tra campioni biologici non invasivi ed
invasivi (così come la possibilità di esaminare nel dettaglio i fenotipi individuali
varia dal foto-video trappolaggio alla cattura dal vivo) è opportuno tenere
presente che la complementarità di monitoraggio su scale e con tecniche
diverse corrisponde ad una differente affidabilità di identificazione degli individui
potenzialmente ibridi. Di conseguenza, laddove indicazioni genetiche e/o
fenotipiche su larga scala indichino la probabile presenza di casi di ibridazione
sarà necessario attivare, su scala locale, indagini intensive che possano
supportare analisi genetiche e fenotipiche di maggiore affidabilità.
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