Bioetica e laicità - Sintesi Dialettica

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Bioetica e laicità - Sintesi Dialettica
Roma, mercoledì 9 giugno 2010
Bioetica e laicità
Sintesi del colloquio con Francesco D’Agostino
di Vittorio V. Alberti
(la versione integrale in mp3 su www.sintesidialettica.it)
1. Professor D’Agostino, può definire la bioetica? Come si distingue dal biodiritto e dalla
biopolitica? Penso anche al biopotere.
La bioetica è una riflessione, razionale e critica, sulla vita biologica, in tutte le sue dimensioni
(vegetale, animale, umana) e sui problemi che nascono dalle nuove capacità manipolatorie del
vivente che caratterizzano la medicina, la biologica, la genetica contemporanee. All’interno della
riflessione bioetica possiamo distinguere una riflessione biogiuridica, che ha per oggetto le
ricadute normative delle questioni bioetiche, ed una riflessione biopolitica, che ha per oggetto il
nuovo conformarsi delle dinamiche di potere conseguenti alla mutata immagine dell’uomo e delle
relazioni interpersonali che sono prodotti dai progressi del sapere scientifico.
2. Professore, può definire ora la laicità? È corretto definire e distinguere tra bioetica
laica e bioetica cattolica? Su quali temi o argomentazioni la cultura, in Europa, si divide
o si accorda quando di discute di bioetica e laicità? Per quali ragioni?
La laicità è un concetto polivalente. Indica, in prima battuta, l’autonomia delle realtà terrene
rispetto a quelle sovrannaturali: sotto questo profilo essa è un esclusivo portato del cristianesimo,
che a differenza di ogni altra tradizione religiosa, non riferisce direttamente a Dio e a suoi
specifici comandamenti l’ordine delle cose umane, ma alla stessa ragione degli uomini, da essi
universalmente condivisa. Come concetto sociologico-culturale, utilizziamo laicità per indicare
tutte le dinamiche (epistemiche, politiche, sociali, valoriali, ecc.), tipiche dell’epoca moderna, che
pretendono di ridurre il religioso a dinamica strettamente privata, escludendone la rilevanza nella
sfera pubblica.
Di conseguenza la distinzione tra bioetica “cattolica” e bioetica “laica” è molto discutibile e
andrebbe propriamente tradotta nella distinzione tra una bioetica “oggettivistica”, che considera
la vita alla stregua di un bene umano universale ed oggettivo e una bioetica “soggettivistica”,
che, negando l’esistenza di un tale bene, riduce tutte le scelte che concernono la vita alle
risultanze dell’espressione di mere preferenze individuali.
3. Può spiegare la posizione fondante della Chiesa cattolica sulla legge naturale e come
si combina con la democrazia?
Per la dottrina della Chiesa con “legge naturale” dobbiamo intendere la “naturale” capacità
propria di tutti gli uomini di percepire il bene e di operare per realizzarlo. Si tratta quindi di una
dottrina specificamente filosofica, che si apre alla teologia solo nel momento in cui interviene la
riflessione sul peccato originale a spiegare quello che altrimenti resterebbe un enigma: come sia
possibile che gli uomini conoscano ciò che è bene e mettano in pratica ciò che è male: video
meliora proboque, deteriora sequor (Ovidio).
La dottrina della legge naturale è il principale fondamento della democrazia: se è vero che tutti gli
uomini hanno “per natura” la medesima dignità e possiedono “per natura” gli stessi diritti
fondamentali, ne segue che sono “per natura” eguali tra loro: l’eguaglianza sta alla base della
democrazia (così come la diseguaglianza alla base dei sistemi oligarchici di tutti i tipi).
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4. Le formulazioni religiose in materia di bioetica e laicità in che modo influiscono e
influiranno nel contesto multiculturale? In che modo tali argomentazioni sono fondate
su fede e ragione?
Da quanto detto segue che non esistono, propriamente parlando, “formulazioni religiose” in
materia bioetica: la Chiesa si batte per il bene umano in generale non per il bene dei soli
“credenti”. Questa del resto è l’unica strada che si può battere in un contesto multiculturale, che
tenderebbe di per sé a interrompere ogni comunicazione tra le etnie, se non si ipotizzasse una
comunicazione inter-etnica, basata appunto sulla legge naturale.
5. Per quali ragioni in Italia le argomentazioni di matrice cattolica su bioetica e laicità
sono spesso accusate di farsi portatrici di un’istanza, per così dire, teocratica o
impositiva di una visione totalizzante, a scapito del pluralismo delle posizioni?
Perché in Italia il pluralismo è pensato in genere in modo fallace: non come la corretta
giustificazione delle innumerevoli, diverse e legittime modalità di orientarsi verso il bene, ma
come la legittimazione dell’arbitrio soggettivo e dell’esclusione delle questioni etiche dal dibattito
pubblico. Esempio paradigmatico quello dell’aborto, che viene propagandato come un diritto
insindacabile della donna, nascondendone la tragica sostanza etica, quella della soppressione
intenzionale (e tranne in rari casi debolmente giustificata) della vita nascente.
6. Cosa ha voluto affermare J. Habermas con il noto saggio “I rischi di una genetica
liberale”? Ritiene che si tratti di un’impostazione coerente con il dialogo bavarese con
Joseph Ratzinger del 2004?
Habermas ha individuato correttamente il massimo rischio di una genetica manipolatrice del
vivente, capace di alterare alla nascita quell’eguaglianza tra i cittadini, che è in fondamento della
democrazia. Nel dialogo con Ratzinger questo tema è rimasto in sottofondo: in primo piano il
riconoscimento da parte di Habermas che quello della religione va considerato non come un
problema premoderno, bensì postmoderno.
7. Professore, da quale momento in poi si può parlare di persona e di vita? Qual è la sua
posizione su aborto, eutanasia e testamento biologico?
L’individuazione del momento in cui nasce la vita individuale (così come del momento in cui essa
cessa di esistere) è tema cruciale e terribilmente complesso e va lasciato alla libera discussione
filosofica e bioetica. Aborto, eutanasia e testamento biologico non sono però solo temi dottrinali,
ma rilevanti temi giuridici e politici. Sotto questo profilo io ritengo che una saggia legislazione
debba assumere come criterio generale di operatività quello del rispetto e della precauzione, per
evitare che ci si inoltri ulteriormente in quella burocratizzazione dell’esistenza, che è uno degli
aspetti più inquietanti della modernità. In altre parole, non ritengo che si possa parlare di diritti
della persona, né per l’aborto, né per l’eutanasia, né per il testamento biologico, ma (a volte) di
situazioni di grande tragicità, che la legge per sua natura non dovrebbe regolare, perché essa
esiste per le situazioni ordinarie, non per quelle eccezionali. Come ha scritto un grande giurista
americano, hard cases make bad laws. Sembra però che pochi, oggi, percepiscano quanto sagge
siano queste parole.
Sintesi Dialettica - per l'identità democratica
Rivista a carattere scientifico di cultura
Registr. Trib. di Roma N°162/2007
ISSN: 2037-2957
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