L`Impresa_maggio 2014
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L`Impresa_maggio 2014
MERCATI ECOMMERCE. I numeri e i trend dei consumi digitali in Europa Cittadini più avanti delle imprese Nel 2013 siamo arrivati a 12 miliardi di euro di fatturato in Italia e continuiamo a crescere con un tasso del 20%, ma il saldo commerciale sul canale digitale è a sfavore: importiamo più di quanto esportiamo di Antonio Dini C ome si è evoluta la domanda e l'offerta dell'eCommerce? Quali sono le dinamiche che stanno trasformando questo settore? A che punto è il nostro paese? "L'Impresa" è andata a parlare con Roberto Liscia, che, oltre alla presidenza di Netcomm (Consorzio del Commercio Elettronico Italiano), ha da poco assunto in modo ufficiale la delega per l'Italia a seguire presso le istituzioni europee tutte le iniziative in tema di eCommerce. Si tratta di una nomina che avviene all'interno dell'associazione Ecommerce Europe (di cui Netcomm è socio fondatore), che nel corso degli anni è diventata il referente principale per le commis- t 24 LIMPRESAN°5/20U sioni dell'Unione europea su tutte le questioni legate al commercio elettronico. Come sta cambiando il mercato dell'eCommerce? Il mercato ha raggiunto il miliardo di acquirenti che a livello planetario comprano prodotti ordine. Questo miliardo è la parte attiva commercialmente dei due miliardi di persone che sono su Internet. Fanno circa mille miliardi euro di acquisti nel mondo: mille euro di acquisti in media. In Italia siamo a 850 euro, nei paesi nordici a 1.400, la media europea è di poco sopra i mille euro. L'Italia a che punto è? Bisogna inserirla nel quadro europeo: i tre paesi che crescono di più anche in questo settore sono Francia, Germania e Gran Bretagna. Da soli coprono il 60% delle vendite ordine europee. E l'Europa è arrivata a fare circa 340 miliardi di euro di fatturato superando gli Usa, perché ci sono più abitanti nei 28 paesi dell'Ile che non negli Stati uniti. Quindi l'Italia è un fanalino di coda? C'è un dato interessante: emerge dai dati certamente che alcuni paesi sono molto evoluti, come Giappone, Corea del sud, Gran Bretagna. Però alcuni osservatori hanno individuato i paesi con più alto potenziale di crescita: tra questi c'è la Cina, la Russia, la Turchia e anche l'Italia. Secondo la ricerca annuale del Politecnico, nel 2013 siamo arrivati a 12 miliardi di euro di fatturato dell'eCommerce contro una Gran Bretagna che sta a 107 miliardi, una Francia e una Germania sui 50 miliardi ciascuna. Con quale velocità stiamo crescendo? L'Italia continua a crescere con un tasso del 20% sia per l'offerta che per la domanda. Malgrado questo tasso di crescita, il saldo commerciale sul canale digitale è a sfavore; importiamo un miliardo di merci in più di quante ne esportiamo. Nonostante la fortissima crescita in termini di consumi digitali, a dimostrazione che gli italiani sono più avanti delle imprese italiane, si importano più merci di quanto non se ne esportano. Quali sono i parametri più significativi della crescita in Italia e in Europa? Cominciamo dall'Europa. Cresce di più il commercio attraverso le frontiere che non quello interno, in media. Più 20% contro il +9 per cento. Noi facciamo poco crossborder. Mentre il 25% dei retail europei fa crossborder, da noi è solo il 15 per cento. E poi non dobbiamo dimenticare che a vendere ordine in Europa sono in media complessivamente il 15% delle aziende di un paese, da noi meno del 5 per cento. Per questo gli italiani, quando acquistano, si rivolgono spesso a imprese estere e il saldo import-export sul canale digitale è in negativo. Quali settori crescono di più in l'Italia? In particolare l'abbigliamento, che cresce del 30 per cento. Se togliamo da quel che si vende ordine il turismo e le assicurazioni, che da soli valgono sei miliardi di euro, cinque miliardi sono gli acquisti di prodotti fisici. Di questi, 1,3 sono per l'abbigliamento. E il 27% degli acquisti ordine: gli altri settori rilevanti sono informatica ed editoria. Si dice che l'italiano abbia paura a fare pagamenti ordine. È vero? Certo. L'Italia è il paese più arretrato del mondo occidentale per l'uso della moneta elettronica, dopo Grecia e Polonia. È un ritardo nei processi digitali, che deriva dalla paura non solo dei furti ma anche di essere identificati. Gli italiani preferiscono PayPal e carte ricaricabili, sistemi che non fanno mettere dati anagrafìci ordine. Il 65-70% Un Forum per fare il punto "Internazionalizzazione-Mobile-Multicanalità" è questo il titolo della nona edizione del Netcomm e-Commerce Forum, l'appuntamento annuale promosso dal Consorzio Netcomm e dedicato al commercio elettronico, di cui quest'anno "L'Impresa" è media partner. L'evento, che nel tempo si è consolidato come il principale momento di incontro per il settore e l'intera filiera, si tiene il 20 maggio a Milano, dalle ore 9.00, presso MiCo (Gate 14, via Gattamelata, 5). Una giornata in cui si alterneranno conferenze plenarie, presentazioni, tavole rotonde, seminari, workshop per dare voce ai protagonisti del settore. Una ricca area espositiva accoglierà più di 3.000 ospiti e consentirà ai partecipanti di acquisire gli ultimi dati di mercato sull'evoluzione della domanda e dell'offerta, le ricerche più recenti e le tendenze più importanti, messe a confronto con i principali operatori del settore italiani e internazionali. L'IMPRESA N°5/20U : 25 Top 10 e-commerce countries around thè worid, in billion of euros Leading e-commerce countries around thè world 1 billion Global number of e-shoppers in 2012 Usa Uk Japan 277 96 mm <0 China 889 billion Germany >u,*m France Total global B2C e-commerce sales in 2012 Australia 27 Brazil .'P; 25 Canada >*17 ; South Korea .:H 75 150 300 225 Fonte: Ecommerce Europe, 2013 Trend acquirenti online Acquirenti online attivi nei tre mesi precedenti il mese di rilevazione (in milioni) Apr Jun. Aug. Od. Dee. Feb. Apr. Jun. 2011 Aug. Oct. 2012 Dee 2013 Numero degli acquirenti online attivi negli ultimi tre mesi (in milioni], da aprile 2011 a novembre 2013. Si nota un chiaro trend crescente, al netto delle fluttuazioni statistiche del dato campionario e della componente stagionale. Fonte: Human Highway delle transazioni online è fatta così. Però c'è un dato anche molto positivo. Quale? Il settore smartphone, che il nostro paese adora. Da fine 2011 a fine 2013 gli utenti smartphone, che fanno acquisti online nel nostro paese, sono passati da 9 a 15 milioni. E non è solo la tecnologia mobile che ha aiutato, ma anche la nascita di fenomeni come le flash sales, molto diffuse da noi: saldi privati, vendite private ecc. Le transazioni su telefonino sono passate dal 5% al 10% del totale e la cosa interessante è che il settore che più è 26 LIMPRESAN-5/20U cresciuto è quello degli acquisti di abbigliamento, che ha raggiunto il 18 per cento. Lo smartphone e la casa sono il camerino degli italiani. Anche se spesso si va in negozio, si prova e poi si compra in saldo online. La logistica nel nostro paese funziona? Sicuramente i pacchi stanno aumentando molto. Nel 2013 poco più di un terzo degli acquisti a distanza era un servizio o un bene digitale, come una app. I beni fisici sono il 65% del totale. E siamo arrivati a 9-10 milioni di consegne al mese: 120 milioni di pacchi all'anno. Il tasso di crescita è lo stesso, cioè circa il 20 per cento. Il 60% degli acquisti viene consegnato in ufficio o a casa, solo il 5% viene consegnato in negozio o nei nuovi sistemi di consegna presso punti di raccolta protetti. La soddisfazione della clientela online? E molto alta. A fronte di 40 milioni di italiani che hanno una forte diffidenza per questo canale, c'è un gruppo di 15 milioni di persone che fanno acquisti e sono molto felici. Siamo al 90% di soddisfazione, superiore a 7 in una scala da 1 a 10 per chi fa gli acquisti ordine: e questa percentuale cresce da due anni, mese su mese. Non esiste un canale fisico che abbia un record del genere. Quanto pesano i big stranieri, che sono naturalizzati italiani adesso? Apple, Amazon ed eBay fanno il 20% del mercato. Li consideriamo italiani a tutti gli effetti, anche se poi da un punto di vista fiscale seguono un regime molto particolare. E questo riguarda, ad esempio, anche i marketplace dove, tramite queste piattaforme, alcuni italiani vendono sia all'estero che in Italia. Sono relativamente pochi, ma cresceranno sempre di più. Qual è il ruolo dei social media? E molto importante. Siamo passati dalla fase pionieristica delle vendite di tecnologia a un pubblico molto specializzato e attento a un mercato sempre più aperto, con strumenti di mobilità, che permettono di fare acquisti dove si vuole, quando si vuole, come si vuole. E a questo si aggiunge il cambiamento introdotto dai social. Ci spieghi meglio. La relazione tra il venditore e il cliente cambia. Prima era orientata alla vendita, adesso è orientata all'ingaggio, alla condivisione e alla reputazione. Il social non è necessariamente una piattaforma per vendere, ma accompagna il reclutamento e l'impegno del cliente verso una marca prima, durante e dopo l'acquisto. Il social diventa parte dell'esperienza dell'acquisto, che a sua volta è diventata molto importante. Il social garantisce il valore della relazione in un modo che è impossibile per il canale commerciale tradizionale. Le aziende italiane comprendono questo snodo? Con difficoltà. Si passa dalla marginalità sulla vendita alla marginalità sul lifehme value del cliente. E c'è di più. Perché le piattaforme social sono diverse, da Facebook a Google, e funzionano con modelli diversi. E soprattutto stanno diventando sempre più costose. Questo come si riflette nelle nostre imprese? Dal momento che siamo afflitti da nanismo delle imprese nazionali, è difficile competere in ambiti in cui contano le economie di scala, in cui gli investimenti devono essere ingenti. Eppure, adesso è la gestione del ciclo di vita lungo del cliente a fare il successo o l'insuccesso di un'azienda. Siamo in ritardo? Le faccio un esempio: in Gran Bretagna una catena di negozi che produce e distribuisce prodotti di moda ha una presenza capillare di centinaia di punti vendita. Con i social, ha capito che deve cambiare strategia. Non butta però il bambino con l'acqua sporca: non chiude i negozi, ma li ridimensiona radicalmente. Perché ha capito che può gestire la multicanalità: i clienti vanno in negozio, guardano, provano, e poi comprano ordine. Cambia il rapporto con la vendita, che oggi non è più in mano al venditore, ma è passata in mano al compratore: è lui che decide cosa comprare, quando comprare, dove comprare, come comprare. Dalla spedizione ai resi, un processo da migliorare il polso degli acquirenti ordine: cosa cercano, come lo cercano, cosa fanno al momento dell'acquisto, e poi cosa succede dopo, dalla spedizione sino alla gestione dei resi. La ricerca è stata realizzata da comScore e il colosso della spedizione Ups. «Capire i nostri clienti - afferma Aylin Bumin, marketing manager Ups Italia — è una necessità per stare sul mercato». La ricerca ha coinvolto 5.500 acquirenti ordine in sei paesi europei (Belgio, Francia, Germania, Italia, Olanda e Regno Unito), analizzandone i comportamenti, tra cui oltre mille acquirenti ordine italiani. Il nostro paese ha una monetica particolare, le carte di credito e di debito sono meno usate ordine che negli altri paesi. «La diffusione nel vostro paese è ancora bassa», dice Bumin. Eppure l'allineamento è chiaro: i consumatori dei sei paesi Italia inclusa vogliono più scelta ordine, maggiore controllo su dove e quando verranno consegnati gli acquisti e un processo più comodo per la restituzione dei beni che non interessano, non soddisfano o sono danneggiati. Dalla ricerca emerge che il 58% degli italiani che fanno acquisti in rete usa lo smartphone, e il 75% di quelli che usano un tablet fanno acquisti da questo dispositi- E vo. «Gli strumenti della mobilità sono sempre più importanti», conferma Bumin. Sono cifre alte, perché in Europa i numeri medi sono rispettivamente 50% e 60 per cento. Inoltre, il 70% degli italiani Aylin Bumin, marketing intervistati ha mes- manager Ups Italia so un "like" sulla pagina Facebook di un marchio e tra questi l'87% rimane in contatto per seguire gli aggiornamenti pubblicati sul wall di Facebook. Ma la cosa più importante per tutti gli acquirenti del nostro paese o quasi (il 97%) è tenere sotto controllo lo stato del proprio acquisto: gli italiani vogliono essere avvisati di tutti. Vogliono conoscere fin dall'inizio il prezzo del bene e le spese di spedizione, vogliono essere avvisati via email dei differenti passaggi e avanzamenti della consegna, vogliono poter vedere sul sito web del venditore dove si trova il loro pacchetto. Lo studio di comScore e UPS mette infine in evidenza il ruolo che tocca anche al processo di eventuale restituzione, che deve essere reso più facile sia come procedura che come modalità di riconsegna. S Chi garantisce il cliente? C'è una normativa europea complessa, barocca, sulla quale varrà la pena riflette e lavorare. In più, noi stiamo attenti alla qualità nei negozi. Abbiamo introdotto il Sigillo Netcomm: un sigillo di qualità del sito che vende. Siamo partiti da pochi mesi, abbiamo già 120 siti in Italia. In Olanda sono più di duemila, altri duemila in Gran Bretagna, altri 600 in Francia, altri 700 in Germania. La distanza del- le dimensioni rispetto all'Italia fa impressione, ma è anche un buon indicatore per capire il lavoro che c'è da fare. Le aziende stanno forse capendo che la tecnologia non è un elemento di efficientamento delle loro aziende, ma uno strumento per il cambiamento competitivo. Hanno paura di cannibalizzare gli altri canali, ma il digitale non è una moda passeggera, è qui per restare. • Twitter @antoniodini LIMPRESA N°5/20U ' 27