Rassegna Stampa 2 Ottobre 2016

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Rassegna Stampa 2 Ottobre 2016
Centro Studi C.N.I. 2 ottobre 2016
INDICE RASSEGNA STAMPA
Centro Studi C.N.I. 2 ottobre 2016
REGOLAMENTO EDILIZIO
Corriere Della Sera
02/10/16 P. 22
Il regolamento edilizio che ancora non c'è da recepire in 180 giorni
Sergio Rizzo
1
02/10/16 P. 35
Autostrade, duemila posti a rischio nelle concessionarie Codice degli appalti, è rebus
Fabio Savelli
2
02/10/16 P. 1
Occupazione precaria, segnale a due facce
Luca Ricolfi
3
02/10/16 P. 5
La dura vita delle riforme 20 anni di fallimenti tra lobby e opposizioni
Mattia Feltri
5
02/10/16 P. 1
Mediterraneo, le opportunità
Maurizio Molinari
7
«Pronti a mettere soldi pubblici per il ponte sullo Stretto»
Lorenzo Salvia
9
AUTOSTRADE
Corriere Della Sera
MERCATO DEL LAVORO
Sole 24 Ore
RIFORME
Stampa
ESTERI
Stampa
PONTE SULLO STRETTO
Corriere Della Sera
02/10/16 P. 5
Indice Rassegna Stampa
Pagina I
La riforma beffa
n regolamento edilizio
che ancora non e e
da recepire in 180 giorni
di Sergio Rizzo
ualcuno ora dovrà spiegare. La
spiegazione è dovuta a tutti gli italiani
costretti a subire il sadismo di un
sistema per cui in un Paese con ottomila
Comuni ci sono ottomila regolamenti edilizi
differenti, con stravaganze capaci di
allungare all'infinito i tempi della burocrazia: 258 giorni per avere una licenza qui,
97 in Germania. Qualcuno dovrà spiegare
perché la riforma che finalmente avrebbe
imposto un regolamento unico uguale per
tutti i municipi, approvata dal Parlamento
due anni fa, è allo stato attuale miseramente
naufragata. Tutto quel tempo c'è voluto solo
per decidere le definizioni comuni: che le
parole «edificio» o «superficie utile» hanno
lo stesso significato a Ragusa come a Cuneo.
Anziché in due anni si poteva risolvere in
dieci minuti consultando un dizionario di
italiano. Il bello è che poi ci si è fermati lì. Il
regolamento edilizio unico si limita a
questo: i nomi delle cose siano uguali
ovunque. Per il resto, ogni Comune potrà
continuare a stabilire proprie regole per
ognuna di quelle cose. Dalle norme
igieniche ai rivestimenti dei muri. Non
basta. Perché le Regioni dovranno recepire
l'inesistente regolamento unico in i8o giorni
(sei mesi!) e a loro volta dovranno farlo allo
stesso modo anche i Comuni. Peccato che
non sono previste sanzioni per gli
inadempienti. Qualcuno ora deve spiegare
perché le burocrazie regionali e locali
presenti nel gruppo di lavoro incaricato di
fare il regolamento hanno remato contro,
fino a spuntarla, e il governo le ha lasciate
fare. Anche se un sospetto l'abbiamo:
semplificando la vita a imprese e cittadini
avrebbero perso troppo potere. Ma la storia è
sempre la stessa. Chiedere di fare una
riforma a coloro che la dovranno subire
equivale a non fare nessuna riforma.
1
IL
© RIPRODUZIONE RISERVATO
Regolamento edilizio
Pagina 1
Le società di manutenzione
Autostrade, duemila posti
a rischio nelle concessionarie
Codice degli appalti, e rebus
MILANO Duemila posti di lavoro a rischio. Le prime lettere di licenziamento sono partite in questi giorni provocando gli strali dei sindacati.
Che si sono mobilitati congiuntamente (Feneal
Uil , Filca Cisl e Fillea Cgil) proclamando uno
sciopero di otto ore per il prossimo 19 ottobre. I
nomi delle società che stanno immaginando
una riduzione di taglia del personale sono sconosciute ai più, ma sono tutte direttamente
controllate dalle concessionarie autostradali. Si
chiamano Itinera, Abc, Sicogen, Sea, Interstrade, Sina per il gruppo Gavio e Pavimentai e
Spea per Atlantia (la capogruppo di Autostrade
per l'Italia). Si occupano dei lavori di manutenzione delle principali arterie del Paese.
La nuova normativa del codice degli appalti
pubblici prevede una quota più bassa (dal 4o al
20%) degli affidamenti in-house dei lavori direstyling delle strade. La ratio della legge - che è
in attesa dei decreti attuativi del ministero delle
Infrastrutture e si giova anche del controllo dell'Anac, l'authority anti-corruzione - ha un alflato liberale. Vuole aprire definitivamente il
mercato dei lavori di riqualificazione e manutenzione delle autostrade a società terze.
Peccato che non sia espressamente prevista
alcuna clausola di salvaguardia per le maestranze che lavorano per le controllate delle
concessionarie. Che così rischiano di dover restare a casa (con impoverimento anche del parco macchine delle società) senza essere ricollocate nelle società subentranti per i lavori affidati con gare ad evidenza pubblica. Barbara Cerut-
La vicenda
• In alto
Raffaele
Cantone, alla
guida dell'Anac,
l'authority
anticorruzione
• L'Anac
sovrintende
alla regolarità
degli
affidamenti
e delle gare
• I lavori di
manutenzione
di tratte
autostradali
seguono le
regole dei
codice degli
appalti
ti di Filca Cisl ravvisa la necessità di una
correzione di rotta per evitare ricadute sociali.
In un settore strategico per il Paese. In cui ci sono ancora arterie autostradali senza alcuna
concessione. E dove alcune tratte sono ancora
ferme ai box per mancanza di investimenti .
• La nuova
legge riduce dal
40% al 20%
i lavori di
manutenzione
in-house
Un esempio è la Asti-Cuneo (controllata al
6,5% dal gruppo Gavio, il 35% è in capo all'Anas)
in attesa di essere realizzata con una spesa prevista di 1,5 miliardi di euro.
Fabio Savelli
@fabiosavelli
e liberalizza
il settore
C RI PRODU71ONE RISERVATA
Autostrade
Pagina 2
Occupazione precaria,
segnale a due facce
di Luca Ricalfi
dati del mercato del lavoro
uscitivenerdì, essendo relativi a un mese speciale come
agosto,nonpotevano enonpossono dirci granché. L'incremento di occupazione rispetto a
luglio (+13mila addetti) è allimite della significatività statistica,
e non basta a compensare il calo
registrato a luglio (-63mila); anche il numero di disoccupati è
sostanzialmente stazionario, e
così il numero degli inattivi.
In questa situazione di calma
piatta, quello su cui possiamo
Mercato del lavoro
ragionare sono le tendenze di
fondo del mercato del lavoro
negli ultimi 2-3 anni aldilà delle
fluttuazioni dei singoli mesi.
Ebbene, se proviamo aripercorrere i circa30 mesi che ci separano dalperiodo più buio dellaerisi, quello che emerge sono soprattutto tre grandi movimenti.
Ilprimo è la ripresa dell'occupazione degli italiani che, a differenza degli stranieri, fino al 2013
avevano visto ogni anno ridursi
il numero dei posti di lavoro.
Pagina 3
Occupazione precaria, segnale a due facce
Questo dato in Italia ha sempre avuto una forte tendenza prociclica
di Luca Ricolfi
el corso degli ultimi due anni, finalmente, sono aumentati non solo i posti di lavoro
degli stranieri ma anche
quelli degli italiani.
Il secondo movimento è l'aumento
del tasso di occupazione complessivo,
che da un paio d'anni è in costante anche se assai lento aumento. Fatta loo la
popolazione di età superiore ai15 anni il
tasso di occupazione era 46 nel 2007,
era sceso a circa 42 nel 2013, è risalito a
livello 44 negli ultimi 12 mesi. Siamo ancora lontani dai livelli precrisi (manca
circa i milione di posti di lavoro), ma il
trend positivo dura ormai da oltre due
anni, e produce effetti benefici sui bilanci familiari. Le famiglie in difficoltà,
che a fine mese devono ricorrere ai risparmi o indebitarsi, sono ancora a un
livello preoccupante (20%, contro il
15%io degli anni pre-crisi), ma sono molto
diminuite rispetto al picco raggiunto
nel 2012-2013. Everosimile che la boccatadi ossigeno che datempo siregistra
nei bilanci familiari sia l'effetto di una
serie di fatti concomitanti: il bonus da
8o euro, l'aumento dei posti dilavoro, la
diminuzione dei prezzi e la conseguente dinamica positiva dei salari reali.
Il terzo movimento è l'evoluzione del
tasso di occupazione precaria. Comunque lo si calcoli, ovvero includendo o
escludendo le collaborazioni, prendendo o no in considerazione il lavoro accessorio (ossia i voucher), la tendenza
prevalente, soprattutto nell'ultimo anno e mezzo, è all'aumento della quota di
lavoratori precari. Se il tasso di occupazione precaria viene calcolato sui soli
Mercato del lavoro
lavoratori dipendenti, siamo addirittura al massimo storico (da quando esistono i dati necessari per il calcolo, ossia dal 2004): nel corso del 2o16 il tasso
di occupazione precaria ha superato il
picco che aveva toccato ai tempi del governo Monti. Se, più correttamente, includiamo nel lavoro precario anche le
collaborazioni (che il Jobs Act ha disincentivato), e calcoliamo iltasso sultota-
le degli occupati, la dinamica è un po'
più lenta, ma restiamo comunque vicinissimi al massimo toccato circatre anni fa. Se poi nel calcolo includiamo anche ivoucher, che hanno visto una vera
e propria esplosione negli ultimi due
anni, il quadro si fa ulteriormente preoccupante. Ci si potrebbe chiedere come mai, nonostante l'intenzione di
sconfiggere il precariato, le cose stiano
andando nella direzione opposta a
quella auspicata. Una ragione è certamente la fine della decontribuzione totale, che hareso assaimeno convenienti
dell'anno scorso le trasformazioni dei
rapporti di lavoro da tempo determinato atempo indeterminato. Una seconda
ragione, spesso dimenticata, è che del
pacchetto di provvedimenti del governo Renzi sul mercato del lavoro ha fatto
parte anche il decreto Poletti (marzo
2014) che, permettendo varie iterazioni
dei contratti a tempo determinato, ha
reso assai più appetibile il ricorso ad essi da parte delle imprese.
C'è però, forse, anche un'ultima ragione, questameno inquietante delle altre: storicamente, in Italia, l'andamento
del tasso di occupazione precaria ha un
forte profilo pro ciclico. La quota di lavoratori precari tende adespandersi quando l'economia vabene, perché le imprese, nel timore che la ripresa possa rivelarsi effimera, preferiscono ricorrere a
contratti di lavoro reversibili; e viceversa tende a contrarsi quando l'economia
va male, perché solo i lavoratori stabili
riescono a difendere il posto di lavoro.
Da questo punto di vista l'aumento
del tasso di occupazione precaria èuntipi co segnale double face, o ambivalente:
negativo perché segnala un peggioramento della qualità dei posti di lavoro,
positivo perché tende ad associarsi a
una congiuntura favorevole.
E in questo momento?
In questo momento, ovvero negliultimissimi mesi, il tasso di occupazione
precaria sta dando segni di stabilizzazione, a riprova che la breve stagione di
ripresa conosciuta nella prima metà del
2016 volge al termine.
Pagina 4
La dura vita delle riforme
20 anni di fallimenti
tra lobby e opposizioni
Dalla giustizia alla scuola: il Paese che non cambia
T ntroduzione all'attitudine
italiana al cambiamento: secondo Renato Brunetta, la
riforma della pubblica amministrazione di Marianna Madia è
«un grande imbroglio»; secondo Marianna Madia, la riforma
della pubblica amministrazione di Renato Brunetta era pensata «contro i pubblici dipendenti»; per la sintesi della Cgil,
la riforma di Madia è «un aggiustamento di cosucce», quella di
Brunetta il prodotto di
un «megalomane paranoico». Lo schema è perfetto: l'opposizione di destra contro la maggioranza di sinistra, l'opposizione di sinistra contro la
maggioranza di destra, le
corporazioni in declinaProvince
II ddl Deirio
è legge
dal 2014
ma per
l'abolizione
degli enti
bisogna
zione sindacale contro tutti. In
calce il lamento globale: in Italia non cambia mai niente. Infatti le riforme sono tutte necessarie e tardive «purché», «a
patto che» e «a condizione
che», dove patto e condizione è
che riguardino gli altri.
cambiare la
Costituzione
La riforma/abolizione delle
province non piaceva alle province e ai sindacati dei lavoratori delle province perché racchiusa in «interventi legislativi
scoordinati», perché «un'anomalia in Europa», perché
«confusa, pasticciata,
sbagliata», perché «accentrerà la spesa pubblica», perché «produrrà
solo caos», perché «poco
coraggiosa» e soprattutto perché le province
erano indispensabili per
«rilanciare il valore di prossimità territoriale», qualunque
cosa voglia dire. La liberalizzazione dei taxi ha inquietato i
tassisti («riforma omicida»),
quella dei commercialisti ha inquietato i commercialisti medesimi («progetto scellerato»),
quella delle farmacie ha inquietato i farmacisti di città («a ri-
,-i stizia
Da sempre
il tema della
giustizia
è al centro
di dibattiti
aspri
tra giudici,
magistrati
e politica
Riforme
schio le farmacie nelle città») e
i farmacisti di montagna («a rischio le farmacie montane»). E
non è mai una questione egoistica, anzi, altamente sociale.
La riforma dei musei va a discapito «dei visitatori», quella
dei dentisti compromette la
«riabilitazione masticatoria
degli anziani», quella dei benzinai favorisce «la potente lobby
dei petrolieri».
Il nostro capitolo preferito è
sulle mille riforme della giustizia. Nel 1997 l'attuale segretario del sindacato dei magistrati
(Anni), Piercamillo Davigo,
spiegava che «non risolve i problemi, anzi li aggrava»; nel
2004 spiegava che «non aumenta la nostra professionalità, semmai la diminuisce». Per
Antonio Di Pietro, non erano
riforme ma «un colpo di mano», «una vendetta», «un inciucio», «una deformazione dello
stato di diritto», «una truffa
mediatica», «un provvedimento criminogeno». Per il sindacato, «inefficace», «un attentato», «punirà i giudici», «pericolo fascista», «gravissima», «regolamento di conti», «incostituzionale», «ingestibile», e per
fare sintesi se ne deve pensare
«tutto il male possibile» e «va
rivista tutta». In genere gli avvocati si limitano a scioperare,
ma soltanto se la riforma riguarda gli avvocati.
E non è male nemmeno la
storia delle riforme scolastiche.
Quella di sinistra di Luigi Berlinguer non piaceva a Gianfranco Fini: «Va restituita dignità ai
docenti», disse naturalmente a
un incontro coi docenti. Quella
di destra di Letizia Moratti aveva un obiettivo: «Si vogliono regionalizzare gli insegnanti».
Quella di Stefania Giannini
Pagina 5
l'obiettivo opposto: «Si vogliono deportare gli insegnanti».
Ogni santo autunno delle nostre vite è attraversato
da cortei di studenti che
protestano contro qualsiasi riforma perché
qualsiasi riforma fa della
scuola un'azienda, e «la
cultura non si commercializza». Seguono prese
di posizione di Cgil, Cisl e
Uil del comparto di pertinenza.
«Tutto sbagliato». «E' tutto da
rifare». «Riforma da abolire».
«Grosso pasticcio». «Si scommette sull'ignoranza». Perfino
un «si smantella lo stato nazionale» (e una riforma non piaceva al leghista Francesco Speroni «perché non è federalista »).
Ci siamo limitati a qualche
rapido virgolettato dei milioni
raccolti nel corso della Seconda
repubblica. Nemmeno osiamo
mettere gli occhi sulle riforme del lavoro, delle
pensioni, della sanità, del
welfare. Non abbiamo
dettagliato sulle sottocategorie cattoliche delle
varie corporazioni - tipo i
notai cattolici - che si sono opposte allo «stravolgimento della famiglia» in una
delle tante proposte di riforma
con risvolti etici. Forse è più
istruttivo dare qualche spazio
allo scandalo sollevato negli interessati dalla riforma del terzo
settore («è senza anima»), delle
guardie mediche («ha superato
ogni limite»), dell'editoria («incompleta»), della Rai («dalla
padella alla brace»), della tv
(«pasticciata»), della polizia
(«precipitosa e insensata»),
dell'università («effetti
devastanti»), dei porti
(«va nella direzione sbagliata»), dei produttori
di vino («inaccettabile»),
dei produttori di zucchero («occorre cambiare
tutto»), degli operatori
del settore del tabacco
Scuola
L'ex ministra
dell'istruzione
Letizia
Moratti
fu accusata
di «voler
regionalizzare
i professori»
Professk i
Ogni volta
che si prova
a toccare
il tema
delle licenze
insorgono
i farmacisti di
mezza Italia
(«effetti dirompenti») e, siccome tocca concludere, lo scandalo sollevato dalla riforma del
Coni nella Federazione autonoma pugili, che nel 1999 chiedeva
«più rappresentanza» per i suoi
iscritti. I pugili l'avranno spuntata, supponiamo.
Rìfom.,3
Il decreto
Madia è legge
dal 2015.
Per Renato
Brunetta
si tratta di
«un grande
O BYNC NDALCUNI DIRITTI RISERVATI
imbroglio»
Riforme
Una manifestazione dei comitati del «No» contro la riforma costituzionale nel 2006
Pagina 6
LINTERESSE NAZIONALE
MEDITERRANEO,
LE OPPORTUNITÀ
PER L'ITALIA
MAURIZIO MOLIINARI
La decomposizione degli
Stati arabo-musulmani, l'indebolimento dell'Ue, l'espansione della Russia a scapito degli Usa e il
prepotente affacciarsi della
Cina fanno del Mediterraneo
uno scacchiere in rapida trasformazione che pone interrogativi sulle possibili opportunità per l'interesse nazionale del nostro Paese.
Dalla conclusione del secondo conflitto mondiale alla fine della Guerra Fredda,
l'Italia ha sviluppato la propria politica estera e di sicurezza all'interno di alleanze
- la Nato e l'Unione Europea
- per tutelare i propri interessi in una cornice multilaterale, davanti a rischi e opportunità provenienti dall'Est dominato da Mosca e
dalla sponda Sud del Mediterraneo popolata da Stati
governati - salvo rare eccezioni - da leader autoritari.
Di tale cornice internazionale resta assai poco perché i
protagonisti di quanto sta
avvenendo non sono più alleanze e blocchi ma singole
nazioni e, in alcuni casi, entità non-statuali.
Basta guardare la carta
geografica per accorgersene.
Nel mondo arabo-musulmano Stati come Libia, Siria,
Yemen, Iraq e Somalia sono
polverizzati in realtà locali,
claniche, tribali e militari in
conflitto tra loro e altre nazioni come l'Egitto, il Libano
e l'Algeria temono di subire
analoga sorte non riuscendo
ad esercitare la piena sovranità su parte dei propri territori. Per affrontare i rischi
che provengono da tali regioni - migrazioni e terrorismo Nato e Ue stentano ad agire
come alleanze, lasciando
spazio a iniziative nazionali.
In Libia sono Gran Bretagna
e Francia ad appoggiare fazioni rivali.
CONTI NUA A PAGINA 21
Esteri
Pagina 7
MEDITERRANE Q,
LE OPPORTUNITA
PER L'ITALIA
MAURIZIO MOLINARI
SEGUE DALLA PRIMA PAGINA
n Siria e Iraq sono singoli
Paesi Nato ad impegnarsi
con modalità differenti contro lo Stato Islamico di Abu
Bakr al-Baghdadi, nei Paesi
del Golfo ed in Egitto la competizione fra Paesi europei e
Usa è disseminata di colpi bassi su investimenti energetici e
commesse militari. Ed il ritorno delle nazioni si registra an-
che dentro l'Ue: evidenziato
dall'uscita della Gran Bretagna, dai populismi che avanzano un po' ovunque e dalla raffica di dispute fra Berlino, Parigi
e Roma dove i rispettivi leader
agiscono più sulla base di
agende politiche nazionali che
di interessi comuni europei.
E' uno scenario che ripropone nel Mediterraneo la sta-
Esteri
gione delle medie e piccole potenze davanti ad un mondo
arabo frammentato ovvero la
riedizione contemporanea dei
precari equilibri fra nazioni rivali che dopo la formazione
degli ultimi Stati nazionali europei - Germania e Italia - distinsero quest'area dalla fine
dell'Ottocento alla Prima
Guerra Mondiale. E' tale processo regionale che spiega la
crescente influenza politicomilitare russa e commerciale
cinese. L'Occidente, incapace
di operare compatto, si trasforma in una moltitudine di capitali litigiose e dunque vulnerabili
davanti a Mosca
e Pechino abili
nell'operare in
maniera più rapida ed efficace
perché guidate
da governi autocratici, portatori di interessi
ben definiti: aumentare i propri
spazi di influenza al fine di alimentare la crescita delle rispettive economie. E' il ritorno
della stagione
delle piccole e
medie potenze a
a
consentire
Russia e Cina di
essere protagoniste nel Mediterraneo. Se a Mosca bastano
poche centinaia di militari in
Siria per diventare il principale attore del Medio Oriente è
perché l'Occidente non ha
un'idea comune su Damasco
così come se Pechino progetta
mega-porti in Israele e costruisce una via della Seta ferroviaria fino a Rotterdam è perché i concorrenti europei sono
troppo impegnati a bisticciare
su tasse e regolamenti per accorgersi che stanno perdendo
la sfida della globalizzazione.
La scelta di Erdogan di posizionarsi a metà strada fra Ue e
Russia si spiega proprio con il
fatto che, vista dal terreno,
Mosca è più credibile di Bruxelles quando si tratta di affrontare le crisi.
Da qui gli interrogativi su
come declinare l'interesse nazionale italiano. Se l'impasse
di Nato e Ue ci indebolisce è
anche vero che, almeno sulla
carta, ci si aprono opportunità
di rilievo. Ecco di cosa si tratta:
la posizione geografica ci assegna un ruolo strategico nel bel
mezzo dello scacchiere, la
competenza dei militari ci garantisce uno strumento per
operare nelle aree di crisi, l'intraprendenza degli imprenditori è quanto più serve per insediarsi nei nuovi mercati. Ciò
che occorre è l'armonizzazione di tali risorse in una politica
regionale organica ovvero
dandoci delle priorità. Le opzioni sono molteplici: possiamo ambire a diventare i protettori delle rotte navali del
Mediterraneo Centrale come
della sicurezza delle comunità
cristiane nel mondo arabo;
possiamo contribuire ad un
nuovo assetto energetico basato sul gas e a siglare accordi
con le tribù del Sahara per
bloccare i flussi migratori;
possiamo diventare il perno di
un'alleanza anti-jihadista come di una strategia di investimenti nel Sahel contro la povertà. Poiché anche le minacce
sono frammentate, le medie
potenze come l'Italia hanno
maggiori possibilità di intervento e di successo rispetto al
passato. A patto di sapersi dare una strategia per definire i
propri interessi. Se non saremo noi a farlo, saranno altri ad
anticiparci.
O —C NDPLCUNI DIRITTI RISERVATI
Pagina 8
_L M.I S4-1R0 DII I 1'RASI?ORT.I GRAZIANO DELRIO
«Pronti a mettere soldi pubblici
per il ponte sullo Stretto»
di Lorenzo Salvia
project financing, con il coinvolgimento di privati che poi finiscono per scaricare di nascosto i costi sul pubblico,
anche lo Stato potrebbe fare la sua parte in modo diretto».
Con quanti soldi?
«Vedremo. Ma non capisco dove sarebbe il problema se lo Stato ci dovesse
mettere delle risorse pubbliche. Stiamo mettendo 4 miliardi sul tunnel del
Brennero, 6 sull'alta velocità MilanoVenezia, altri 6 sulla Napoli-Bari».
I primi fondi saranno nella legge di
Bilancio in arrivo?
«No, per il ponte sullo Stretto siamo
ancora allo studio di fattibilità. E nella
legge di Bilancio ci concentreremo sulla casa. A partire dal rafforzamento del
bonus fiscale per la messa in sicurezza
contro il rischio sismico».
Come cambierà?
«Nell'immediato sarà esteso alle seconde case nelle zone a più alto rischio
sismico, la i e la 2. Al momento lo sconto fiscale, con la detrazione del 65% dei
lavori fino a Zoo mila curo, vale solo per
le prime case. Ma non ha senso se poi
sono le seconde case che cadono addosso alle prime».
Ma non avevate detto che, per ottenere lo sconto fiscale, ci sarebbe stato un controllo sull 'efficacia dei lavori?
«Già oggi i lavori che danno diritto
alla detrazione sono indicati in una lista precisa. Nel 2018 faremo un passo
in più. Avremo una nuova classificazione della vulnerabilità degli edifici, basata su sei livelli come oggi per il consumo energetico. Per ottenere il bonus
sarà necessario un certificato che dimostri come i lavori abbiano fatto guadagnare almeno una classe».
Ma il nuovo sistema non doveva
partire già all'inizio del 2017?
«Siamo quasi pronti ma cambiare le
ROMA Ministro Graziano Delrio, leggo
una sua frase di un anno fa: «A proposito di grandi opere sospese sugli
stretti, ho sempre sostenuto che abbiamo altre priorità». Sul ponte di
Messina ha dunque cambiato idea.
«No, non ho cambiato idea. Sulle altre priorità abbiamo fatto molto. Abbiamo stanziato un miliardo di euro
per la cura delle periferie, abbiamo un
piano per il dissesto idrogeologico,
sulle scuole...».
Ma nel Mezzogiorno non c'è prima
bisogno di altre infrastrutture?
«Anche su quello abbiamo fatto
molto. Solo per la manutenzione delle
strade in Sicilia abbiamo stanziato un
miliardo di euro nei prossimi cinque
anni. E nel 2018 la linea ferroviaria Salerno-Reggio Calabria avrà una velocità
media di 140 chilometri orari contro gli
8o di adesso. Il Ponte non è una cattedrale nel deserto».
Quindi adesso è una priorità?
«Come progetto isolato non ha senso. Ma all'interno del corridoio europeo Napoli Palermo ha molto senso. Il
mio non era un no alle grandi opere
ma alle opere inutili».
E il ponte sullo Stretto è utile?
«È necessario il corridoio Napoli Palermo di cui il Ponte è parte essenziale.
Oggi per andare in treno da Roma a Palermo ci vogliono dieci ore e mezza.
Con il Ponte e tutto il corridoio scenderemo a sei ore. Naturalmente si tratta
di coinvolgere i territori con il dibattito
pubblico, di limitare l'impatto ambientale e anche i costi».
Ecco, i costi. Solo per il Ponte, hanno detto pochi giorni fa le Ferrovie, ci
vorrebbero 4 miliardi di curo.
«Quei 4 miliardi diventano 8 se conregole all'ultimo momento creerebbe
tiamo anche gli interessi che i privati
incertezza. E l'incertezza non aiuta le
dovrebbero pagare alle banche. Io penpersone a spendere. Proprio per queso che invece di avventurarsi in finti
Ponte sullo Stretto
sto saranno resi stabili, e non più rinnovati anno dopo anno, tutti i bonus fiscali sulla casa, sia perle ristrutturazioni normali sia per quelle sull'efficienza
energetica. E ne aggiungeremo due
nuovi».
Per cosa?
«Per le ristrutturazioni delle parti
comuni nei condomini. E per la permuta degli immobili. Ci sono famiglie
giovani che cercano una casa più grande e anziani che vogliano lasciare il
vecchio appartamento diventato troppo grande. Non è giusto che paghino le
tasse due volte, quando vendono e
quando comprano».
Scusi ministro , ma non è il solito
libro dei sogni che poi evapora quando si fanno i conti della legge di Bilancio? Quanto costano tutte queste
misure?
«Il costo secco è di 5 miliardi. Ma i
bonus attivano lavori che porterebbero
nelle casse dello Stato 4,7 miliardi di
euro come Iva aggiuntiva. Padoan lo
sa».
Lo sa anche Bruxelles , che ci deve
dare un po' di flessibilità in più?
«Certo, anche Bruxelles: questi meccanismi ci sono in tutta Europa».
Ultima cosa, il referendum. Se vince il no il governo va a casa?
«È un'ipotesi che non prendo nemmeno in considerazione. Gli italiani
voteranno sul merito, come hanno fatto sul divorzio e sul nucleare. Il 4 dicembre non si decide sul governo o
sulla legge elettorale ma sul futuro dei
rapporti fra le istituzioni, per costruire
una stagione più ordinata di federalismo. Farò un tour per incontrare i sindaci italiani sulle ragioni del sì».
In moto, come Alessandro Di Battista?
«Porterebbe via troppo tempo ma se
potessi lo farei in bicicletta. Lo sa che,
da quando sono a Roma, in bici ho fatt0 2 mila chilometri?».
Pagina 9
Invece
di avventurarsi
in finti «project
financing»,
anche lo Stato
potrebbe fare
la sua parte
in modo diretto
Gli incarichi
Graziano Delrio, 56 anni,
è ministro delle
Infrastrutture e dei
trasporti dall'aprile 2015.
Prima ha ricoperto
l'incarico di
Diventeranno
stabili tutti i bonus
fiscali sulla casa
E aggiungeremo
quelli per le
ristrutturazioni
delle parti comuni
nei condomini
sottosegretario alla
presidenza del Consiglio.
Nel governo Letta è stato
ministro per gli Affari
regionali. È stato sindaco
di Reggio Emilia dal
2004 al 2013 e
presidente dell'Anci dal
2011 al 2013
Oltre duemila anni di storia
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Ponte sullo Stretto
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