Rassegna Stampa 2 Ottobre 2016
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Rassegna Stampa 2 Ottobre 2016
Centro Studi C.N.I. 2 ottobre 2016 INDICE RASSEGNA STAMPA Centro Studi C.N.I. 2 ottobre 2016 REGOLAMENTO EDILIZIO Corriere Della Sera 02/10/16 P. 22 Il regolamento edilizio che ancora non c'è da recepire in 180 giorni Sergio Rizzo 1 02/10/16 P. 35 Autostrade, duemila posti a rischio nelle concessionarie Codice degli appalti, è rebus Fabio Savelli 2 02/10/16 P. 1 Occupazione precaria, segnale a due facce Luca Ricolfi 3 02/10/16 P. 5 La dura vita delle riforme 20 anni di fallimenti tra lobby e opposizioni Mattia Feltri 5 02/10/16 P. 1 Mediterraneo, le opportunità Maurizio Molinari 7 «Pronti a mettere soldi pubblici per il ponte sullo Stretto» Lorenzo Salvia 9 AUTOSTRADE Corriere Della Sera MERCATO DEL LAVORO Sole 24 Ore RIFORME Stampa ESTERI Stampa PONTE SULLO STRETTO Corriere Della Sera 02/10/16 P. 5 Indice Rassegna Stampa Pagina I La riforma beffa n regolamento edilizio che ancora non e e da recepire in 180 giorni di Sergio Rizzo ualcuno ora dovrà spiegare. La spiegazione è dovuta a tutti gli italiani costretti a subire il sadismo di un sistema per cui in un Paese con ottomila Comuni ci sono ottomila regolamenti edilizi differenti, con stravaganze capaci di allungare all'infinito i tempi della burocrazia: 258 giorni per avere una licenza qui, 97 in Germania. Qualcuno dovrà spiegare perché la riforma che finalmente avrebbe imposto un regolamento unico uguale per tutti i municipi, approvata dal Parlamento due anni fa, è allo stato attuale miseramente naufragata. Tutto quel tempo c'è voluto solo per decidere le definizioni comuni: che le parole «edificio» o «superficie utile» hanno lo stesso significato a Ragusa come a Cuneo. Anziché in due anni si poteva risolvere in dieci minuti consultando un dizionario di italiano. Il bello è che poi ci si è fermati lì. Il regolamento edilizio unico si limita a questo: i nomi delle cose siano uguali ovunque. Per il resto, ogni Comune potrà continuare a stabilire proprie regole per ognuna di quelle cose. Dalle norme igieniche ai rivestimenti dei muri. Non basta. Perché le Regioni dovranno recepire l'inesistente regolamento unico in i8o giorni (sei mesi!) e a loro volta dovranno farlo allo stesso modo anche i Comuni. Peccato che non sono previste sanzioni per gli inadempienti. Qualcuno ora deve spiegare perché le burocrazie regionali e locali presenti nel gruppo di lavoro incaricato di fare il regolamento hanno remato contro, fino a spuntarla, e il governo le ha lasciate fare. Anche se un sospetto l'abbiamo: semplificando la vita a imprese e cittadini avrebbero perso troppo potere. Ma la storia è sempre la stessa. Chiedere di fare una riforma a coloro che la dovranno subire equivale a non fare nessuna riforma. 1 IL © RIPRODUZIONE RISERVATO Regolamento edilizio Pagina 1 Le società di manutenzione Autostrade, duemila posti a rischio nelle concessionarie Codice degli appalti, e rebus MILANO Duemila posti di lavoro a rischio. Le prime lettere di licenziamento sono partite in questi giorni provocando gli strali dei sindacati. Che si sono mobilitati congiuntamente (Feneal Uil , Filca Cisl e Fillea Cgil) proclamando uno sciopero di otto ore per il prossimo 19 ottobre. I nomi delle società che stanno immaginando una riduzione di taglia del personale sono sconosciute ai più, ma sono tutte direttamente controllate dalle concessionarie autostradali. Si chiamano Itinera, Abc, Sicogen, Sea, Interstrade, Sina per il gruppo Gavio e Pavimentai e Spea per Atlantia (la capogruppo di Autostrade per l'Italia). Si occupano dei lavori di manutenzione delle principali arterie del Paese. La nuova normativa del codice degli appalti pubblici prevede una quota più bassa (dal 4o al 20%) degli affidamenti in-house dei lavori direstyling delle strade. La ratio della legge - che è in attesa dei decreti attuativi del ministero delle Infrastrutture e si giova anche del controllo dell'Anac, l'authority anti-corruzione - ha un alflato liberale. Vuole aprire definitivamente il mercato dei lavori di riqualificazione e manutenzione delle autostrade a società terze. Peccato che non sia espressamente prevista alcuna clausola di salvaguardia per le maestranze che lavorano per le controllate delle concessionarie. Che così rischiano di dover restare a casa (con impoverimento anche del parco macchine delle società) senza essere ricollocate nelle società subentranti per i lavori affidati con gare ad evidenza pubblica. Barbara Cerut- La vicenda • In alto Raffaele Cantone, alla guida dell'Anac, l'authority anticorruzione • L'Anac sovrintende alla regolarità degli affidamenti e delle gare • I lavori di manutenzione di tratte autostradali seguono le regole dei codice degli appalti ti di Filca Cisl ravvisa la necessità di una correzione di rotta per evitare ricadute sociali. In un settore strategico per il Paese. In cui ci sono ancora arterie autostradali senza alcuna concessione. E dove alcune tratte sono ancora ferme ai box per mancanza di investimenti . • La nuova legge riduce dal 40% al 20% i lavori di manutenzione in-house Un esempio è la Asti-Cuneo (controllata al 6,5% dal gruppo Gavio, il 35% è in capo all'Anas) in attesa di essere realizzata con una spesa prevista di 1,5 miliardi di euro. Fabio Savelli @fabiosavelli e liberalizza il settore C RI PRODU71ONE RISERVATA Autostrade Pagina 2 Occupazione precaria, segnale a due facce di Luca Ricalfi dati del mercato del lavoro uscitivenerdì, essendo relativi a un mese speciale come agosto,nonpotevano enonpossono dirci granché. L'incremento di occupazione rispetto a luglio (+13mila addetti) è allimite della significatività statistica, e non basta a compensare il calo registrato a luglio (-63mila); anche il numero di disoccupati è sostanzialmente stazionario, e così il numero degli inattivi. In questa situazione di calma piatta, quello su cui possiamo Mercato del lavoro ragionare sono le tendenze di fondo del mercato del lavoro negli ultimi 2-3 anni aldilà delle fluttuazioni dei singoli mesi. Ebbene, se proviamo aripercorrere i circa30 mesi che ci separano dalperiodo più buio dellaerisi, quello che emerge sono soprattutto tre grandi movimenti. Ilprimo è la ripresa dell'occupazione degli italiani che, a differenza degli stranieri, fino al 2013 avevano visto ogni anno ridursi il numero dei posti di lavoro. Pagina 3 Occupazione precaria, segnale a due facce Questo dato in Italia ha sempre avuto una forte tendenza prociclica di Luca Ricolfi el corso degli ultimi due anni, finalmente, sono aumentati non solo i posti di lavoro degli stranieri ma anche quelli degli italiani. Il secondo movimento è l'aumento del tasso di occupazione complessivo, che da un paio d'anni è in costante anche se assai lento aumento. Fatta loo la popolazione di età superiore ai15 anni il tasso di occupazione era 46 nel 2007, era sceso a circa 42 nel 2013, è risalito a livello 44 negli ultimi 12 mesi. Siamo ancora lontani dai livelli precrisi (manca circa i milione di posti di lavoro), ma il trend positivo dura ormai da oltre due anni, e produce effetti benefici sui bilanci familiari. Le famiglie in difficoltà, che a fine mese devono ricorrere ai risparmi o indebitarsi, sono ancora a un livello preoccupante (20%, contro il 15%io degli anni pre-crisi), ma sono molto diminuite rispetto al picco raggiunto nel 2012-2013. Everosimile che la boccatadi ossigeno che datempo siregistra nei bilanci familiari sia l'effetto di una serie di fatti concomitanti: il bonus da 8o euro, l'aumento dei posti dilavoro, la diminuzione dei prezzi e la conseguente dinamica positiva dei salari reali. Il terzo movimento è l'evoluzione del tasso di occupazione precaria. Comunque lo si calcoli, ovvero includendo o escludendo le collaborazioni, prendendo o no in considerazione il lavoro accessorio (ossia i voucher), la tendenza prevalente, soprattutto nell'ultimo anno e mezzo, è all'aumento della quota di lavoratori precari. Se il tasso di occupazione precaria viene calcolato sui soli Mercato del lavoro lavoratori dipendenti, siamo addirittura al massimo storico (da quando esistono i dati necessari per il calcolo, ossia dal 2004): nel corso del 2o16 il tasso di occupazione precaria ha superato il picco che aveva toccato ai tempi del governo Monti. Se, più correttamente, includiamo nel lavoro precario anche le collaborazioni (che il Jobs Act ha disincentivato), e calcoliamo iltasso sultota- le degli occupati, la dinamica è un po' più lenta, ma restiamo comunque vicinissimi al massimo toccato circatre anni fa. Se poi nel calcolo includiamo anche ivoucher, che hanno visto una vera e propria esplosione negli ultimi due anni, il quadro si fa ulteriormente preoccupante. Ci si potrebbe chiedere come mai, nonostante l'intenzione di sconfiggere il precariato, le cose stiano andando nella direzione opposta a quella auspicata. Una ragione è certamente la fine della decontribuzione totale, che hareso assaimeno convenienti dell'anno scorso le trasformazioni dei rapporti di lavoro da tempo determinato atempo indeterminato. Una seconda ragione, spesso dimenticata, è che del pacchetto di provvedimenti del governo Renzi sul mercato del lavoro ha fatto parte anche il decreto Poletti (marzo 2014) che, permettendo varie iterazioni dei contratti a tempo determinato, ha reso assai più appetibile il ricorso ad essi da parte delle imprese. C'è però, forse, anche un'ultima ragione, questameno inquietante delle altre: storicamente, in Italia, l'andamento del tasso di occupazione precaria ha un forte profilo pro ciclico. La quota di lavoratori precari tende adespandersi quando l'economia vabene, perché le imprese, nel timore che la ripresa possa rivelarsi effimera, preferiscono ricorrere a contratti di lavoro reversibili; e viceversa tende a contrarsi quando l'economia va male, perché solo i lavoratori stabili riescono a difendere il posto di lavoro. Da questo punto di vista l'aumento del tasso di occupazione precaria èuntipi co segnale double face, o ambivalente: negativo perché segnala un peggioramento della qualità dei posti di lavoro, positivo perché tende ad associarsi a una congiuntura favorevole. E in questo momento? In questo momento, ovvero negliultimissimi mesi, il tasso di occupazione precaria sta dando segni di stabilizzazione, a riprova che la breve stagione di ripresa conosciuta nella prima metà del 2016 volge al termine. Pagina 4 La dura vita delle riforme 20 anni di fallimenti tra lobby e opposizioni Dalla giustizia alla scuola: il Paese che non cambia T ntroduzione all'attitudine italiana al cambiamento: secondo Renato Brunetta, la riforma della pubblica amministrazione di Marianna Madia è «un grande imbroglio»; secondo Marianna Madia, la riforma della pubblica amministrazione di Renato Brunetta era pensata «contro i pubblici dipendenti»; per la sintesi della Cgil, la riforma di Madia è «un aggiustamento di cosucce», quella di Brunetta il prodotto di un «megalomane paranoico». Lo schema è perfetto: l'opposizione di destra contro la maggioranza di sinistra, l'opposizione di sinistra contro la maggioranza di destra, le corporazioni in declinaProvince II ddl Deirio è legge dal 2014 ma per l'abolizione degli enti bisogna zione sindacale contro tutti. In calce il lamento globale: in Italia non cambia mai niente. Infatti le riforme sono tutte necessarie e tardive «purché», «a patto che» e «a condizione che», dove patto e condizione è che riguardino gli altri. cambiare la Costituzione La riforma/abolizione delle province non piaceva alle province e ai sindacati dei lavoratori delle province perché racchiusa in «interventi legislativi scoordinati», perché «un'anomalia in Europa», perché «confusa, pasticciata, sbagliata», perché «accentrerà la spesa pubblica», perché «produrrà solo caos», perché «poco coraggiosa» e soprattutto perché le province erano indispensabili per «rilanciare il valore di prossimità territoriale», qualunque cosa voglia dire. La liberalizzazione dei taxi ha inquietato i tassisti («riforma omicida»), quella dei commercialisti ha inquietato i commercialisti medesimi («progetto scellerato»), quella delle farmacie ha inquietato i farmacisti di città («a ri- ,-i stizia Da sempre il tema della giustizia è al centro di dibattiti aspri tra giudici, magistrati e politica Riforme schio le farmacie nelle città») e i farmacisti di montagna («a rischio le farmacie montane»). E non è mai una questione egoistica, anzi, altamente sociale. La riforma dei musei va a discapito «dei visitatori», quella dei dentisti compromette la «riabilitazione masticatoria degli anziani», quella dei benzinai favorisce «la potente lobby dei petrolieri». Il nostro capitolo preferito è sulle mille riforme della giustizia. Nel 1997 l'attuale segretario del sindacato dei magistrati (Anni), Piercamillo Davigo, spiegava che «non risolve i problemi, anzi li aggrava»; nel 2004 spiegava che «non aumenta la nostra professionalità, semmai la diminuisce». Per Antonio Di Pietro, non erano riforme ma «un colpo di mano», «una vendetta», «un inciucio», «una deformazione dello stato di diritto», «una truffa mediatica», «un provvedimento criminogeno». Per il sindacato, «inefficace», «un attentato», «punirà i giudici», «pericolo fascista», «gravissima», «regolamento di conti», «incostituzionale», «ingestibile», e per fare sintesi se ne deve pensare «tutto il male possibile» e «va rivista tutta». In genere gli avvocati si limitano a scioperare, ma soltanto se la riforma riguarda gli avvocati. E non è male nemmeno la storia delle riforme scolastiche. Quella di sinistra di Luigi Berlinguer non piaceva a Gianfranco Fini: «Va restituita dignità ai docenti», disse naturalmente a un incontro coi docenti. Quella di destra di Letizia Moratti aveva un obiettivo: «Si vogliono regionalizzare gli insegnanti». Quella di Stefania Giannini Pagina 5 l'obiettivo opposto: «Si vogliono deportare gli insegnanti». Ogni santo autunno delle nostre vite è attraversato da cortei di studenti che protestano contro qualsiasi riforma perché qualsiasi riforma fa della scuola un'azienda, e «la cultura non si commercializza». Seguono prese di posizione di Cgil, Cisl e Uil del comparto di pertinenza. «Tutto sbagliato». «E' tutto da rifare». «Riforma da abolire». «Grosso pasticcio». «Si scommette sull'ignoranza». Perfino un «si smantella lo stato nazionale» (e una riforma non piaceva al leghista Francesco Speroni «perché non è federalista »). Ci siamo limitati a qualche rapido virgolettato dei milioni raccolti nel corso della Seconda repubblica. Nemmeno osiamo mettere gli occhi sulle riforme del lavoro, delle pensioni, della sanità, del welfare. Non abbiamo dettagliato sulle sottocategorie cattoliche delle varie corporazioni - tipo i notai cattolici - che si sono opposte allo «stravolgimento della famiglia» in una delle tante proposte di riforma con risvolti etici. Forse è più istruttivo dare qualche spazio allo scandalo sollevato negli interessati dalla riforma del terzo settore («è senza anima»), delle guardie mediche («ha superato ogni limite»), dell'editoria («incompleta»), della Rai («dalla padella alla brace»), della tv («pasticciata»), della polizia («precipitosa e insensata»), dell'università («effetti devastanti»), dei porti («va nella direzione sbagliata»), dei produttori di vino («inaccettabile»), dei produttori di zucchero («occorre cambiare tutto»), degli operatori del settore del tabacco Scuola L'ex ministra dell'istruzione Letizia Moratti fu accusata di «voler regionalizzare i professori» Professk i Ogni volta che si prova a toccare il tema delle licenze insorgono i farmacisti di mezza Italia («effetti dirompenti») e, siccome tocca concludere, lo scandalo sollevato dalla riforma del Coni nella Federazione autonoma pugili, che nel 1999 chiedeva «più rappresentanza» per i suoi iscritti. I pugili l'avranno spuntata, supponiamo. Rìfom.,3 Il decreto Madia è legge dal 2015. Per Renato Brunetta si tratta di «un grande O BYNC NDALCUNI DIRITTI RISERVATI imbroglio» Riforme Una manifestazione dei comitati del «No» contro la riforma costituzionale nel 2006 Pagina 6 LINTERESSE NAZIONALE MEDITERRANEO, LE OPPORTUNITÀ PER L'ITALIA MAURIZIO MOLIINARI La decomposizione degli Stati arabo-musulmani, l'indebolimento dell'Ue, l'espansione della Russia a scapito degli Usa e il prepotente affacciarsi della Cina fanno del Mediterraneo uno scacchiere in rapida trasformazione che pone interrogativi sulle possibili opportunità per l'interesse nazionale del nostro Paese. Dalla conclusione del secondo conflitto mondiale alla fine della Guerra Fredda, l'Italia ha sviluppato la propria politica estera e di sicurezza all'interno di alleanze - la Nato e l'Unione Europea - per tutelare i propri interessi in una cornice multilaterale, davanti a rischi e opportunità provenienti dall'Est dominato da Mosca e dalla sponda Sud del Mediterraneo popolata da Stati governati - salvo rare eccezioni - da leader autoritari. Di tale cornice internazionale resta assai poco perché i protagonisti di quanto sta avvenendo non sono più alleanze e blocchi ma singole nazioni e, in alcuni casi, entità non-statuali. Basta guardare la carta geografica per accorgersene. Nel mondo arabo-musulmano Stati come Libia, Siria, Yemen, Iraq e Somalia sono polverizzati in realtà locali, claniche, tribali e militari in conflitto tra loro e altre nazioni come l'Egitto, il Libano e l'Algeria temono di subire analoga sorte non riuscendo ad esercitare la piena sovranità su parte dei propri territori. Per affrontare i rischi che provengono da tali regioni - migrazioni e terrorismo Nato e Ue stentano ad agire come alleanze, lasciando spazio a iniziative nazionali. In Libia sono Gran Bretagna e Francia ad appoggiare fazioni rivali. CONTI NUA A PAGINA 21 Esteri Pagina 7 MEDITERRANE Q, LE OPPORTUNITA PER L'ITALIA MAURIZIO MOLINARI SEGUE DALLA PRIMA PAGINA n Siria e Iraq sono singoli Paesi Nato ad impegnarsi con modalità differenti contro lo Stato Islamico di Abu Bakr al-Baghdadi, nei Paesi del Golfo ed in Egitto la competizione fra Paesi europei e Usa è disseminata di colpi bassi su investimenti energetici e commesse militari. Ed il ritorno delle nazioni si registra an- che dentro l'Ue: evidenziato dall'uscita della Gran Bretagna, dai populismi che avanzano un po' ovunque e dalla raffica di dispute fra Berlino, Parigi e Roma dove i rispettivi leader agiscono più sulla base di agende politiche nazionali che di interessi comuni europei. E' uno scenario che ripropone nel Mediterraneo la sta- Esteri gione delle medie e piccole potenze davanti ad un mondo arabo frammentato ovvero la riedizione contemporanea dei precari equilibri fra nazioni rivali che dopo la formazione degli ultimi Stati nazionali europei - Germania e Italia - distinsero quest'area dalla fine dell'Ottocento alla Prima Guerra Mondiale. E' tale processo regionale che spiega la crescente influenza politicomilitare russa e commerciale cinese. L'Occidente, incapace di operare compatto, si trasforma in una moltitudine di capitali litigiose e dunque vulnerabili davanti a Mosca e Pechino abili nell'operare in maniera più rapida ed efficace perché guidate da governi autocratici, portatori di interessi ben definiti: aumentare i propri spazi di influenza al fine di alimentare la crescita delle rispettive economie. E' il ritorno della stagione delle piccole e medie potenze a a consentire Russia e Cina di essere protagoniste nel Mediterraneo. Se a Mosca bastano poche centinaia di militari in Siria per diventare il principale attore del Medio Oriente è perché l'Occidente non ha un'idea comune su Damasco così come se Pechino progetta mega-porti in Israele e costruisce una via della Seta ferroviaria fino a Rotterdam è perché i concorrenti europei sono troppo impegnati a bisticciare su tasse e regolamenti per accorgersi che stanno perdendo la sfida della globalizzazione. La scelta di Erdogan di posizionarsi a metà strada fra Ue e Russia si spiega proprio con il fatto che, vista dal terreno, Mosca è più credibile di Bruxelles quando si tratta di affrontare le crisi. Da qui gli interrogativi su come declinare l'interesse nazionale italiano. Se l'impasse di Nato e Ue ci indebolisce è anche vero che, almeno sulla carta, ci si aprono opportunità di rilievo. Ecco di cosa si tratta: la posizione geografica ci assegna un ruolo strategico nel bel mezzo dello scacchiere, la competenza dei militari ci garantisce uno strumento per operare nelle aree di crisi, l'intraprendenza degli imprenditori è quanto più serve per insediarsi nei nuovi mercati. Ciò che occorre è l'armonizzazione di tali risorse in una politica regionale organica ovvero dandoci delle priorità. Le opzioni sono molteplici: possiamo ambire a diventare i protettori delle rotte navali del Mediterraneo Centrale come della sicurezza delle comunità cristiane nel mondo arabo; possiamo contribuire ad un nuovo assetto energetico basato sul gas e a siglare accordi con le tribù del Sahara per bloccare i flussi migratori; possiamo diventare il perno di un'alleanza anti-jihadista come di una strategia di investimenti nel Sahel contro la povertà. Poiché anche le minacce sono frammentate, le medie potenze come l'Italia hanno maggiori possibilità di intervento e di successo rispetto al passato. A patto di sapersi dare una strategia per definire i propri interessi. Se non saremo noi a farlo, saranno altri ad anticiparci. O —C NDPLCUNI DIRITTI RISERVATI Pagina 8 _L M.I S4-1R0 DII I 1'RASI?ORT.I GRAZIANO DELRIO «Pronti a mettere soldi pubblici per il ponte sullo Stretto» di Lorenzo Salvia project financing, con il coinvolgimento di privati che poi finiscono per scaricare di nascosto i costi sul pubblico, anche lo Stato potrebbe fare la sua parte in modo diretto». Con quanti soldi? «Vedremo. Ma non capisco dove sarebbe il problema se lo Stato ci dovesse mettere delle risorse pubbliche. Stiamo mettendo 4 miliardi sul tunnel del Brennero, 6 sull'alta velocità MilanoVenezia, altri 6 sulla Napoli-Bari». I primi fondi saranno nella legge di Bilancio in arrivo? «No, per il ponte sullo Stretto siamo ancora allo studio di fattibilità. E nella legge di Bilancio ci concentreremo sulla casa. A partire dal rafforzamento del bonus fiscale per la messa in sicurezza contro il rischio sismico». Come cambierà? «Nell'immediato sarà esteso alle seconde case nelle zone a più alto rischio sismico, la i e la 2. Al momento lo sconto fiscale, con la detrazione del 65% dei lavori fino a Zoo mila curo, vale solo per le prime case. Ma non ha senso se poi sono le seconde case che cadono addosso alle prime». Ma non avevate detto che, per ottenere lo sconto fiscale, ci sarebbe stato un controllo sull 'efficacia dei lavori? «Già oggi i lavori che danno diritto alla detrazione sono indicati in una lista precisa. Nel 2018 faremo un passo in più. Avremo una nuova classificazione della vulnerabilità degli edifici, basata su sei livelli come oggi per il consumo energetico. Per ottenere il bonus sarà necessario un certificato che dimostri come i lavori abbiano fatto guadagnare almeno una classe». Ma il nuovo sistema non doveva partire già all'inizio del 2017? «Siamo quasi pronti ma cambiare le ROMA Ministro Graziano Delrio, leggo una sua frase di un anno fa: «A proposito di grandi opere sospese sugli stretti, ho sempre sostenuto che abbiamo altre priorità». Sul ponte di Messina ha dunque cambiato idea. «No, non ho cambiato idea. Sulle altre priorità abbiamo fatto molto. Abbiamo stanziato un miliardo di euro per la cura delle periferie, abbiamo un piano per il dissesto idrogeologico, sulle scuole...». Ma nel Mezzogiorno non c'è prima bisogno di altre infrastrutture? «Anche su quello abbiamo fatto molto. Solo per la manutenzione delle strade in Sicilia abbiamo stanziato un miliardo di euro nei prossimi cinque anni. E nel 2018 la linea ferroviaria Salerno-Reggio Calabria avrà una velocità media di 140 chilometri orari contro gli 8o di adesso. Il Ponte non è una cattedrale nel deserto». Quindi adesso è una priorità? «Come progetto isolato non ha senso. Ma all'interno del corridoio europeo Napoli Palermo ha molto senso. Il mio non era un no alle grandi opere ma alle opere inutili». E il ponte sullo Stretto è utile? «È necessario il corridoio Napoli Palermo di cui il Ponte è parte essenziale. Oggi per andare in treno da Roma a Palermo ci vogliono dieci ore e mezza. Con il Ponte e tutto il corridoio scenderemo a sei ore. Naturalmente si tratta di coinvolgere i territori con il dibattito pubblico, di limitare l'impatto ambientale e anche i costi». Ecco, i costi. Solo per il Ponte, hanno detto pochi giorni fa le Ferrovie, ci vorrebbero 4 miliardi di curo. «Quei 4 miliardi diventano 8 se conregole all'ultimo momento creerebbe tiamo anche gli interessi che i privati incertezza. E l'incertezza non aiuta le dovrebbero pagare alle banche. Io penpersone a spendere. Proprio per queso che invece di avventurarsi in finti Ponte sullo Stretto sto saranno resi stabili, e non più rinnovati anno dopo anno, tutti i bonus fiscali sulla casa, sia perle ristrutturazioni normali sia per quelle sull'efficienza energetica. E ne aggiungeremo due nuovi». Per cosa? «Per le ristrutturazioni delle parti comuni nei condomini. E per la permuta degli immobili. Ci sono famiglie giovani che cercano una casa più grande e anziani che vogliano lasciare il vecchio appartamento diventato troppo grande. Non è giusto che paghino le tasse due volte, quando vendono e quando comprano». Scusi ministro , ma non è il solito libro dei sogni che poi evapora quando si fanno i conti della legge di Bilancio? Quanto costano tutte queste misure? «Il costo secco è di 5 miliardi. Ma i bonus attivano lavori che porterebbero nelle casse dello Stato 4,7 miliardi di euro come Iva aggiuntiva. Padoan lo sa». Lo sa anche Bruxelles , che ci deve dare un po' di flessibilità in più? «Certo, anche Bruxelles: questi meccanismi ci sono in tutta Europa». Ultima cosa, il referendum. Se vince il no il governo va a casa? «È un'ipotesi che non prendo nemmeno in considerazione. Gli italiani voteranno sul merito, come hanno fatto sul divorzio e sul nucleare. Il 4 dicembre non si decide sul governo o sulla legge elettorale ma sul futuro dei rapporti fra le istituzioni, per costruire una stagione più ordinata di federalismo. Farò un tour per incontrare i sindaci italiani sulle ragioni del sì». In moto, come Alessandro Di Battista? «Porterebbe via troppo tempo ma se potessi lo farei in bicicletta. Lo sa che, da quando sono a Roma, in bici ho fatt0 2 mila chilometri?». Pagina 9 Invece di avventurarsi in finti «project financing», anche lo Stato potrebbe fare la sua parte in modo diretto Gli incarichi Graziano Delrio, 56 anni, è ministro delle Infrastrutture e dei trasporti dall'aprile 2015. Prima ha ricoperto l'incarico di Diventeranno stabili tutti i bonus fiscali sulla casa E aggiungeremo quelli per le ristrutturazioni delle parti comuni nei condomini sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Nel governo Letta è stato ministro per gli Affari regionali. È stato sindaco di Reggio Emilia dal 2004 al 2013 e presidente dell'Anci dal 2011 al 2013 Oltre duemila anni di storia 1 : i ro'. Fudlra .doE -1I hìetel' .o <,pe!a 1: Ponte sullo Stretto ,idt,d' . aa i ro- I ,J ntó _JCcr I IIn V. r Fr itato2 . St zradi B^tili`IL(;t,tl prtgPlto artlcr, 1711 Ia c .i pt t, 1pCi- h.r rtrsullo dcfnltlvo drl ; z,rnJd' . L,asorc-itil uillo:J . dlu! r; , iarla1 t ,g r, tIlt[el_a t t' 'Jo r, Il ct,II ¡ no p_ro-rtu cIh`ì tato, Ptd! Iir ic i'' S( !j, c r1,,tii Il ¡ , Vr „cc' r c!an.ti _,t I ;ralL- ,' r=ara„incs, M sla r , .ernrh ovcírr .ol-rrr n In po,c;1 l' or- IIP it-ane: ?J). .nrrtovo nt =it, s . ' ,,utocanto pOntc iti, o slrr;, ic , -, .?G13 a ntn tn`tlo d a' .IS Earcllnk Pagina 10