La dimensione lavorativa dell`esclusione: la disoccupazione
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La dimensione lavorativa dell`esclusione: la disoccupazione
La dimensione lavorativa dell’esclusione: la disoccupazione Adam Asmundo ECONOMIA SICILIANA L’analisi del mercato del lavoro fornisce numerose evidenze sullo stato di disagio sociale della Sicilia e sulla scarsa efficacia delle politiche pubbliche destinate al rilancio dell’occupazione...1 La situazione In tema di occupazione e disoccupazione esiste un “problema Mezzogiorno”, nel quale si iscrive la condizione di Palermo. Il Grafico 1 espone l’andamento dei tassi di disoccupazione italiani per area geografica. La tendenza alla riduzione della disoccupazione, associata alla fase espansiva del ciclo economico, aveva interessato tutte le regioni fino all’ultimo trimestre del 2006; da quel momento i tassi di disoccupazione sono notevolmente cresciuti nelle regioni del Centro-Nord, superando i livelli conosciuti in precedenza, mentre nel Sud il loro livelli, pur in crescita fino al primo semestre 2012, rimanevano comunque lontani dai massimi storici. 1 Il testo seguente rappresenta una sintesi dell’intervento di Adam Asmundo e Silvana Oliveri al convegno, organizzato a Palermo dal Centro Studi Livio Labor, su “L’esclusione sociale a Palermo”. Gran parte dei dati ai quali si fa riferimento, presentati nel corso dell’incontro del 19 dicembre, è stata pubblicata dagli stessi autori nel n. 1/2012 di CongiunturaRes, nel Focus dedicato all’occupazione nelle province siciliane. Nel momento in cui scriviamo, i dati provinciali relativi al 2011 e i più aggiornati dati regionali 2012 sono disponibili online anche presso l’Archivio dati dell’economia siciliana della Fondazione Res. StrumentiRes - Rivista online della Fondazione Res Anno IV - n° 4 – Ottobre 2012 Il differenziale fra i tassi regionali è notevole e oscilla storicamente per il Mezzogiorno fra i cinque e i sette punti base, segnalando sinteticamente un disagio sociale elevato, persistente, diffuso e variamente distribuito sul territorio. Va infatti ricordato che anche nel Sud esistono segmenti e aree produttive caratterizzate da buona produttività ed efficienza, associate a più diffuse condizioni di difficoltà. Anche in Sicilia le tendenze in atto dal 2007 sono caratterizzate da una lenta flessione dell’occupazione e un più rapido e marcato incremento del numero dei disoccupati (Grafico 2). 110 105 100 95 90 85 80 75 70 2004 2005 2006 2007 Occupati 2008 2009 2010 I Sem 2011 Disoccupati Grafico 2. Occupati e disoccupati in Sicilia (2004=100) L’articolazione territoriale, riportata nelle tabelle successive insieme agli estremi nazionali, vede tassi di occupazione mediamente – e stabilmente – inferiori di circa quattordici punti alla media italiana, con Palermo in condizioni leggermente migliori rispetto alla media dell’Isola (Tav. 1). In un confronto nazionale la dinamica discendente del dato è più lenta e meno critica di quanto si verifica a Crotone, ai minimi del dato italiano, mentre sul versante opposto sono quasi trenta i punti percentuali che separano Palermo da Bolzano, al top della media. La percentuale di donne che hanno un lavoro risulta particolarmente bassa e influenza la media regionale più di quanto non avvenga con lo stesso dato a livello nazionale. 1 - Tassi di occupazione 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 42,5 42,9 43,0 43,9 43,1 42,8 41,3 maschile 59,3 58,0 58,1 59,1 57,6 57,2 56,1 femminile 26,5 28,4 28,6 29,4 29,3 29,1 27,2 Sicilia 43,2 44,0 45,0 44,6 44,1 43,5 42,6 Mezzogiorno 46,1 45,8 46,6 46,5 46,1 44,6 43,9 Italia 57,4 57,5 58,4 58,7 58,7 57,5 56,9 Bolzano 69,3 69,1 69,6 69,8 70,5 70,5 71,1 Crotone 41,0 39,6 40,1 39,2 37,3 35,5 36,9 Palermo Fonte: Istat Schema analogo e speculare, a elementi invertiti, si registra nei dati sulla disoccupazione. StrumentiRes - Rivista online della Fondazione Res Anno IV - n° 4 – Ottobre 2012 2 - Tassi di disoccupazione Palermo 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 20,3 19,2 18,6 15,5 17,1 17,9 18,7 maschile 15,9 16,2 15,4 13,1 15,6 16,3 16,1 femminile 28,5 24,5 24,1 19,9 19,8 20,8 23,4 Sicilia 17,2 16,2 13,5 13,0 13,8 13,9 14,7 Mezzogiorno 15,0 14,3 12,2 11,0 12,0 12,5 13,4 Italia 8,0 7,7 6,8 6,1 6,7 7,8 8,4 Bolzano 2,7 2,8 2,6 2,6 2,4 2,9 2,7 20,4 17,7 13,3 16,7 16,8 17,6 19,2 Agrigento Fonte: Istat I dati siciliani risultano superiori, questa volta in negativo, alla media del Mezzogiorno (media che peraltro gli stessi dati influenzano in maniera consistente, dato il peso demografico dell’Isola nell’area) e ben lontani dalla media nazionale (Tav. 2). Palermo è vicina ad Agrigento, ai minimi della distribuzione nazionale, e nessun confronto è possibile con la posizione di Bolzano, provincia caratterizzata da una sostanziale condizione di piena occupazione. La caratterizzazione del disagio sociale associato alle statistiche che citiamo è immediatamente evidente nelle prime disaggregazioni dei dati. L’analisi dei tassi di disoccupazione per fascia di età e per genere indica infatti come siano soprattutto i giovani, e in particolare le donne, spesso dotati di istruzione superiore, a vivere con maggiore disagio la condizione di disoccupati (o di sotto-occupati, quando i dati ufficiali siano accompagnati da “sommerso” o attività economiche informali). 3 - Tassi di disoccupazione giovanile (15-24 anni) 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 51,4 52,1 48,5 46,0 49,2 54,3 50,6 maschile 47,3 50,2 45,4 39,7 44,1 53,7 48,1 femminile Palermo 56,4 55,0 53,1 55,2 57,7 55,4 54,2 Sicilia 42,9 44,8 39,0 37,2 39,3 38,5 41,3 Mezzogiorno 37,6 38,6 34,3 32,3 33,6 36,0 38,8 Italia 23,5 24,0 21,6 20,3 21,3 25,4 27,8 Bolzano Caltanissetta 5,4 7,3 7,2 5,3 6,0 8,9 6,4 62,7 61,0 49,4 45,2 33,9 34,4 60,4 Fonte: Istat All’insufficiente domanda di lavoro per le attività produttive si associa la persistenza strutturale del fenomeno nel lungo periodo: i tassi di disoccupazione di lunga durata oscillano in Sicilia intorno al 60 per cento, contro una media nazionale che solo nel 2011, in piena recessione, ha superato il 50 per cento. StrumentiRes - Rivista online della Fondazione Res Anno IV - n° 4 – Ottobre 2012 In tema di povertà e disagio sociale altre considerazioni analitiche, estese dalla psicologia dell’individuo all’analisi sociologica, sulla gravità della mancanza di lavoro o sulla persistenza di fenomeni di sottooccupazione, se non di economia sommersa ai limiti della legalità, vengono sviluppate da altri autori nel corso di questa giornata di studi. Le cause e le politiche Rintracciare le cause dei fenomeni appena descritti è relativamente semplice, alla luce della tradizionale letteratura economica. Si tratta infatti di cause che, sommate fra loro, innescano meccanismi complessi, che spesso tendono ad auto-riprodursi e sui quali è sempre più difficile intervenire. All’origine delle evidenze appena presentate possiamo comunque considerare tre principali fenomeni: - la modesta domanda di lavoro - la qualità dell’offerta di lavoro; - gli effetti delle politiche pubbliche. La scarsa domanda di lavoro da parte delle imprese è dovuta, a sua volta, alla debolezza delle strutture e alla modesta dinamica dell’attività produttiva. L’intero percorso storico di crescita dell’economia regionale è caratterizzato da un andamento duale: al tradizionale tessuto economico regionale, costituito soprattutto da piccole imprese, si è affiancato negli anni dell’intervento straordinario per il Mezzogiorno un insieme di grandi imprese industriali (energia, chimica, meccanica), concentrate territorialmente per poli che, dopo un iniziale forte assorbimento di manodopera, hanno poi risentito delle fluttuazioni della congiuntura internazionale. L’avanzamento tecnologico e la forte crescita della produttività, da un lato, e le pur positive ma modeste ricadute sul territorio (in termini di integrazione e di spillover) dall’altro, hanno rallentato i tassi di crescita regionali e le prospettive occupazionali in tali settori, riconducendo il paradigma del mercato del lavoro verso la sua precedente versione (emigrazione inclusa; anche se, questa volta, con connotati qualitativi molto diversi). La qualità dell’offerta di lavoro, intesa sia come qualità potenziale ed effettiva delle prestazioni, sia nel senso della varietà delle specializzazioni, è l’altro elemento che influenza fortemente l’andamento dell’occupazione. L’offerta di manodopera, infatti, in Sicilia rimane spesso caratterizzata da: 1. livelli scolastici o formativi non allineati alla domanda (lavoratori sovra o sotto-qualificati o in numero eccedente rispetto alla domanda di settore); 2. livelli formativi qualitativamente insufficienti a creare una nuova classe imprenditoriale o a potenziare l’esistente. Il tema della qualità dell’offerta si incrocia con quello dei reali fabbisogni formativi dei potenziali lavoratori e degli interventi necessari per favorire l’incontro fra domanda e offerta di lavoro. StrumentiRes - Rivista online della Fondazione Res Anno IV - n° 4 – Ottobre 2012 Da questo punto di vista, non può certo dirsi che siano mancate politiche pubbliche di intervento diretto e indiretto a favore dell’occupazione nell’Isola. Gli effetti di lungo periodo di tali politiche, tuttavia, come attestano i dati, sono stati modesti: - gli interventi diretti – ci riferiamo soprattutto alla creazione di occupazione attraverso imprese e cooperative sociali, piani di inserimento professionale, lavori socialmente utili e simili – da parte degli organi di governo regionale e locale hanno avuto scarso successo economico 2 e si sono rivelati di natura essenzialmente “compensativa” a fronte del disagio sociale che percorre l’economia regionale; in questo senso, la loro natura può considerarsi più assistenziale che economica; - gli interventi indiretti, come ad esempio quelli previsti – per decine e decine di milioni di euro – a valere sui fondi europei, nazionali e regionali, come le recenti leggi regionali 9/2009 e 11/2010, che prevedono sgravi contributivi e bonus per le imprese che assumono, benefici cumulabili con altri, fino al raggiungimento della metà del costo salariale complessivo, non sembrano neanche essi in grado di imprimere la svolta desiderata all’andamento delle sottostanti variabili occupazionali nell’Isola. “Le politiche attive incentivano, direttamente o indirettamente, la ricerca di lavoro e quindi aumentano le possibilità di trovare un lavoro, senza però concedere dei sussidi senza condizioni”: così recita il Piano per l’occupazione e l’inclusione sociale nella regione siciliana (2010a). È utile rileggere i dati in maniera critica, alla luce di questa affermazione. Oltre al riscontro oggettivo offerto – a livello aggregato – dalle statistiche ufficiali, dopo l’ISFOL (2006; 2008) la stessa Regione Siciliana (2010b), nel recente Rapporto di valutazione sugli esiti occupazionali dei percorsi formativi a supporto delle politiche del lavoro, esprime le difficoltà derivanti dall’alto costo del lavoro, che condiziona negativamente l’attrattività e la competitività territoriale, dall’influenza del ciclo economico (p. 29) e dall’elevato e crescente gap di produttività rispetto alle altre regioni. Nel valutare gli esiti dei percorsi formativi progettati per superare queste difficoltà, nelle indagini campionarie realizzate i giudizi critici o negativi nei confronti degli stessi percorsi formativi si sommano agli esiti sfavorevoli della ricerca di lavoro. Pur in presenza di giudizi positivi sull’utilità dei corsi erogati, il 40% dei corsisti, soddisfatti dei corsi, dichiara di nessuna attinenza l’offerta di lavoro con la formazione ricevuta (Tab. 5.9, p. 85). Su un piano diverso, considerazioni analoghe valgono per la stessa formazione universitaria: nell’ultima indagine occupazionale post-laurea sui laureati a Palermo nel 2010 (LAUREATI STELLA, 2012), tra le lauree triennali e quelle a ciclo unico risulta maggiormente efficace la formazione del “gruppo Medico”, al quale sembra assicurata una percentuale di successo molto alta: un tasso di occupazione del 59,7% a un anno dalla laurea, rispetto alla media generale di sistema del 20,8% (Tab. II.1.2.lt PAL); migliore appare la situazione per le lauree specialistiche (Tab. III.1.2.ls PAL), con una media di occupati al 35,5% sostenuta soprattutto dal “gruppo Ingegneria” (66,7%) e quello Scientifico (50,4%). L’intervento pubblico a sostegno dell’occupazione, realizzato ai diversi livelli di competenza dai governi nazionali, regionali e locali, non sembra dunque essere riuscito a influenzare o contrastare le spontanee tendenze del mercato. Al contrario, come le evidenze aggregate hanno evidenziato e come è stato chiarito da svariati studi di approfondimento tematico e settoriale, politiche assistenziali e politiche del lavoro incongruenti 1. hanno prodotto e alimentato il mismatching fra domanda e offerta di lavoro in termini attuali e potenziali (influenzando le aspettative, di entrata o di stabilizzazione delle forze di lavoro precarie); 2 Si tratta, infatti, di interventi che non hanno alimentato la produttività e la competitività del sistema nel suo complesso. StrumentiRes - Rivista online della Fondazione Res Anno IV - n° 4 – Ottobre 2012 2. hanno determinato una notevole dipendenza, diretta o indiretta, di parte della società e dell’economia dal settore pubblico. Le forme nelle quali l’azione pubblica si è realizzata hanno a loro volta determinato 3. problemi di efficacia ed efficienza della funzione pubblica, legati all’eccessivo allargamento degli organici (in presenza di rapidi avanzamenti tecnologici il rapporto fra mansioni e addetti genera per sua stessa natura produttività marginali decrescenti); 4. vincoli alla spesa, forti tensioni e crescenti difficoltà di bilancio per le AAPP. I fenomeni riportati ai punti 3 e 4 a loro volta hanno condizionato in maniera crescente, nel tempo, le evoluzioni delle successive scelte e delle politiche di spesa dei diversi organi di governo dell’economia regionale, determinando oggi una situazione in cui la spesa corrente delle amministrazioni è quasi interamente vincolata al funzionamento delle Amministrazioni stesse. Le politiche. Spezzare il circolo vizioso Gli obiettivi di Lisbona per la Strategia europea per l’occupazione (SEO), varati nel 1997 in un contesto decisamente meno problematico di quello attuale, prevedevano entro il 2010 per tutti gli Stati membri il raggiungimento di un tasso di occupazione totale del 70%, con l’occupazione femminile al 60% e quella della popolazione anziana (di età compresa tra 55 e 64 anni) al 50%. Per quanto riguarda il nostro Paese i divari interni, resi più evidenti dalla crisi economica, mostrano un quadro spiccatamente eterogeneo rispetto al territorio, all’età e alla condizione occupazionale delle donne. Gli indicatori previsti dalla SEO tracciano un profilo delle regioni del Nord sostanzialmente in linea, e in certi casi migliore, rispetto alla media comunitaria e confermano i gravi ritardi e il sottoutilizzo delle risorse nel Mezzogiorno d’Italia (cfr. Presidenza del Consiglio, 2009; Deidda, 2011). Rispetto al quadro appena delineato attraverso le statistiche ufficiali, le vie di uscita per lo sviluppo sembrano essere di duplice natura: culturale e politica. Il cambiamento culturale richiesto è innanzi tutto quello relativo alla separazione tra politiche di assistenza e politiche del lavoro. Troppo spesso, infatti, modelli e metodi della politica a fronte del diffuso disagio sociale di una regione in ritardo hanno comportato un sostegno diretto al reddito e all’occupazione. Tale sostegno è stato assicurato attraverso misure di spesa che, nel lungo periodo, si sono rivelate finanziariamente insostenibili e ben poco funzionali rispetto a forme di sviluppo autopropulsivo, basato sulle risorse e sulle reali potenzialità del territorio. Al contrario, appaiono ormai drammaticamente evidenti le ricadute negative di molte delle scelte effettuate, in termini di efficacia, efficienza, economicità dell’azione pubblica. Si è detto, inoltre, dell’effetto distorsivo che tali politiche hanno comportato sul mercato del lavoro, alimentando aspettative che ancora oggi diffusi strati di popolazione stentano a considerare infondate. Quello che sembra ormai necessario e possibile è la realizzazione di strategie di intervento di tipo normativo o di servizio, volte ad alimentare le opportunità e le tendenze positive che possono determinarsi nel mondo della produzione e sui mercati. Altra strategia vincente, di fondamentale importanza ai fini dell’acquisizione e del mantenimento di vantaggi competitivi sui mercati globali, nell’azione pubblica come in quella privata, dovrà essere quella di perseguire la qualità e l’innovazione, in ogni possibile forma: - qualità di processo e di prodotto; - innovazione di processo, di prodotto, di organizzazione e gestione delle risorse e delle produzioni. StrumentiRes - Rivista online della Fondazione Res Anno IV - n° 4 – Ottobre 2012 A questo scopo, è indispensabile una nuova relazione fra processi formativi e mercato del lavoro, nella quale, dal livello familiare a quello pubblico, il criterio di base sia quello di incoraggiare, motivare, incorporare e valorizzare il talento dei singoli e dei gruppi. Occorre dunque spezzare il circolo vizioso nel quale la bassa crescita economica e sociale è alla radice di un’elevata disoccupazione e, allo stesso tempo, quest’ultima determina bassi tassi di crescita e un insufficiente livello di sviluppo. Avviare un positivo percorso di crescita, coniugando tradizione e innovazione, è possibile, a patto che i diversi attori economici e sociali coinvolti svolgano correttamente il proprio ruolo. Riferimenti bibliografici Deidda M. (a cura di) (2011), Lisbona 2000-2010: rapporto di monitoraggio Isfol sulla Strategia europea per l'occupazione, ISFOL, Roma, I libri del Fondo sociale europeo, 151; disponibile all’URL http://sbnlo2.cilea.it/bw5ne2/opac.aspx?web=isfl&ids=18105 GURS (2009), Legge regionale n. 9 dell’8/8/2009, GURS 14/8/2009 n.38 S. O. GURS (2010), Legge regionale n.11 del 12/5/2010 in GURS 14/5/2010 n.23 ISFOL (2006), La valutazione degli interventi del Fondo sociale europeo 2000-2006 a sostegno dell’occupazione – Indagini Placement – Obiettivo 3, I libri del Fondo Sociale Europeo, Roma ISFOL (2008), Formazione e lavoro nel Mezzogiorno. Indagine sugli esiti occupazionali degli interventi finalizzati all’occupabilità cofinanziati dal Fondo Sociale Europeo 2000-2006 nelle Regioni Obiettivo 1. Rapporto finale, disponibile all’URL http://archivio.isfol.it/DocEditor/test/File/Isfol_Report_placement_Ob1_Formazione_e_lavoro_nel _Mezzogiorno.pdf LAUREATI STELLA (2012), Indagine occupazionale post-laurea - Laureati anno solare 2010, disponibile all’URL http://portale.unipa.it/home/attachments/comunicazioni/placement-2010.pdf Marchionne F. (2008), Indagini Placement e valutazione delle politiche per l’occupabilità, collana Focus Isfol, numero 2008/5, disponibile all’URL http://archivio.isfol.it/DocEditor/test/File/Focus_Isfol_Occupazione_n.5.pdf Presidenza del Consiglio dei Ministri (2009), Strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione, Dipartimento per le Politiche Comunitarie. 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