Caffarra: hanno de-costruito il matrimonio. Pezzo a

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Caffarra: hanno de-costruito il matrimonio. Pezzo a
Caffarra: hanno de-costruito il matrimonio. Pezzo a pezzo
Un processo pluridecennale e quasi secolare, fatto di leggi e di pubblicità, di gossip e di costume:
si comincia col «far credere che il matrimonio non ha nulla a che fare con il corpo delle persone
che si sposano, cioè con la persona che si esprime femminilmente e la persona che si esprime
mascolinamente. Questa strada ha avuto inizio quando si è separato il corpo dalla persona», e si
è giunti a conclusione che «la sessualità non ha un posto nella persona»
di Paola Belletti – La Croce, venerdì 29 maggio 2015
Riprendiamo l’intervista dal punto in cui l’abbiamo sospesa ieri, ovvero dopo aver detto dell’emergenza di
un modello educativo che riconosca la persona come individuo chiamato a rispondere alla verità del mondo,
e dunque che la responsabilizzi nella sua libertà.
In un’altra occasione della vita della Chiesa Bolognese ha invitato con forza e anche entusiasmo i genitori a
riprendersi il proprio formidabile compito educativo, di introduzione dei figli alla realtà intera secondo i
propri valori e secondo la propria identità, esercitando la propria autorità (Incontro con i genitori dei
cresimandi, S. Petronio, Bologna 15 marzo 2015).
«Consentitemi di terminare con una riflessione che avrei preferito non proporvi. Ho appena detto che la
famiglia non può abdicare alla responsabilità educativa. Anche nei confronti della scuola. Non nel senso che
il genitore debba insegnare..la matematica al professore di matematica. Ci sono competenze che vanno
rispettate.
Ma quando si impone la trasmissione o l’insegnamento di ideologie che i genitori giudicano non avere alcun
fondamento sulla realtà, essi hanno il diritto di dare o non il loro consenso.
Per uscire dal vago, sto pensando alla teoria del gender. Essa è semplicemente la distruzione dell’alfabeto
della comunicazione umana.
Dovete sapere che cosa si intende trasmettere con questa teoria ai vostri figli, e prendere l’iniziativa anche di
impedire un indottrinamento obbligatorio.
Il Signore vi protegga nella vostra mirabile missione di far fiorire l’umanità dei vostri figli ».
È un avvertimento forte quello che ha lanciato ai genitori.
In che senso questa ideologia minaccia le basi, i mattoni della comunicazione umana? Colpisce la
comunicazione tra gli uomini o anche quella tra l’uomo e Dio?
Parto proprio dall’ultima parte della sua domanda. Se noi guardiamo il linguaggio che Dio ha usato
quando ha rivolto la Sua parola all’uomo, ha sempre usato l’alfabeto che si radicava nella differenza
sessuale.
Israele è la sua sposa. Dio è il Padre. Di solito si dice l’espressione “viscere di misericordia”.
Nell’ebraico l’espressione è “l’utero di misericordia”. È immagine tipicamente, esclusivamente
femminile. La storia umana nella Bibbia comincia colla creazione della persona umana maschio e
femmina, e termina con l’invito ad un banchetto di nozze. È questo il linguaggio di Dio. Se noi lo
distruggiamo, la Parola di Dio ci diventa incomprensibile. Assolutamente incomprensibile.
Perché, chiediamoci, ha voluto usare questo alfabeto?
Per una ragione profonda e semplice: perché Dio ha creato la persona umana maschio e femmina.
L’atto creativo stesso di Dio ha posto, ha voluto che l’umano avesse la forma della mascolinità e della
femminilità. «Maschio e femmina li creò. A sua immagine li creò». Che vuol dire che l’immagine di
Dio nell’uomo la si ha nella relazione che esiste fra l’umano maschile e l’umano femminile. Questo è
detto nel primo capitolo che apre la Bibbia.
Nel secondo è detta la stessa verità in un modo ancora più suggestivo, laddove si narra la creazione
della donna. La ragione per cui il Signore Iddio crea la donna è perché «non è bene che l’uomo sia
solo».
Vale a dire: se tu prendi solo un’espressione dell’umanità, in quel momento tu riduci l’umanità stessa.
Nel momento in cui Dio crea l’uomo, lo crea per la comunione interpersonale, la quale trova il suo
archetipo basilare nel rapporto interpersonale uomo e donna.
E qui si vede come questa ideologia [ideologia gender, ndr] distrugge l’umano. Credo anzi che non ci
sia una ideologia più distruttiva di questa. Sono convinto di questo. Ne abbiamo conosciute altre; ma
per me erano aranciate in confronto a questa. In fondo è come se si dicesse «di metà del genere umano
io non ne ho bisogno, è un di più. Non so che farmene, basto a me stesso».
Perché uso il termine ideologia? Perché non è una teoria. La teoria è un tentativo di spiegare la realtà;
la ideologia prescinde dalla realtà. La teoria chiede di essere verificata dalla realtà e a seconda del
risultato della verifica diciamo di essa è vera o falsa.
L’ideologia non si richiama alla realtà; è solo l’esercizio di un potere politico che ti impedisce di
guardare alla realtà perché ha paura della realtà, come ne ha paura ogni potere. Ancora un’altra
riflessione su questo. Direi che è il segno, il punto d’arrivo di una disgregazione che è accaduta nella
coscienza umana occidentale: la separazione del corpo dalla persona. Posta questa separazione, l’esito
non poteva che essere questo: il corpo è insignificante.
Non è veicolo di nessun significato e quindi esso ha il significato che decido di dargli. Tutto ciò che in
qualche modo potrebbe essere pensato come radicato nel bios, nel corpo, in realtà è costruzione
artificiale della società. [Secondo questa separazione, ndr] Quando ho a che fare col corpo non ho a
che fare con la persona.
I primi a rendersi conto di questo errore, sono stati i medici. La medicina si è resa conto che non
poteva curare, avendo solo attenzione al corpo ammalato perché era la persona che era ammalata,
essendo ammalato il suo corpo. Oggi su questo i grandi medici sono tutti d’accordo. Ho anche fatto
una lunga lezione alla società medico-chirugica di Bologna proprio su questo tema, su questo sviluppo
che la medicina moderna – grandissima impresa scientifica – ha avuto.
Un fronte decisivo dove si giocano le sorti di questo nuovo modello che intende imporsi è proprio la lingua,
il linguaggio. Non più attaccato alla realtà ma dissimulatore, manipolatore della realtà. Siamo all’estremo
opposto della adaequatio rei et intellectus di s. Tommaso. Alcune cose non si possono più dire: guai a dire
“utero in affitto” in tv! È la GPA, Gestazione per Altri. E non è commercio, è altruismo. Guai a dire che due
persone dello stesso sesso non possono avere figli perché per procreare servono un uomo e una donna.. Molti
rispondono con un’arroganza pseudoscientifica: “non è vero bastano uno spermatozoo e un ovocita” e
soprattutto sembra che “basti l’amore”. (questo misconosciuto..) Guai a dire che esiste un mercato di gameti
maschili e femminili, che peraltro non si trovano in una teca ma bisogna estrarli dalle persone. Le donne che
si sottopongono all’estrazione (invasiva, aggressiva, fatta di bombardamenti ormonali, sedazione ,
aspirazione follicolare. Non è un intervento a cuore aperto ma è una pratica invasiva) di ovuli sono
“donatrici”.. Guai a ricordare che un neonato cerca naturalmente il seno materno... La pratica dell’utero in
affitto è orribile, aberrante. Ma ha un mercato!
I Vescovi europei (COMECE e KEK)a Bruxelles hanno firmato un appello in difesa delle vittime di nuove
schiavitù. Per il 16% sono bambini. In esse rientra anche la maternità surrogata dove a venire sfruttato non è
solo l’utero ma la donna intera, nella sua dimensione più intima e in un momento così cruciale come la
gravidanza! Insomma a noi non fanno dire utero in affitto ma addirittura, nell’ordine della verità, è
un’espressione troppo soft!
Guai addirittura a parlare di reali differenze tra maschi e femmine. Tutte vanno sacrificate sull’altare di una
raggelante uniformità, indistinzione. Guai a dire che l’eutanasia o l’aborto sono la soppressione di una
persona, trattasi di pietà o di non persone (Il tutto ricondotto nelle magnifiche carte di diritti sessuali e
riproduttivi, con tanto di obiettivi da perseguire entro precise date. Il 2015 per parità di genere ad esempio).
Io ho pagato sulla mia pelle questo costume diffuso, questo modo di pensare che ha un grande alleato nella
burocrazia (perché le leggi creano costume): mio figlio è gravemente ammalato e la cosa si sospettava già in
gravidanza. Fino a 22 settimane avrei potuto sopprimerlo. Non sono mancati mai i medici o il personale
sanitario che me lo abbiano ricordato, caldeggiato o addirittura rimproverato. Idem a posteriori: perché lo hai
fatto nascere?
Soffrire è brutto, come sono d’accordo... E allora che facciamo, eliminiamo la sofferenza eliminando il
sofferente?
Vorrei confessarvi una mia segreta ambizione: dimostrare dati alla mano che mio figlio – e le migliaia di
innocenti che soffrono – è anche una ricchezza materiale.
Non solo spirituale, o meglio: siccome ha un altissimo valore spirituale allora ha anche un effetto, una
ricaduta materiale. Sennò sembra che le cose dello spirito sia elementi evanescenti, strati gassosi senza
incidenza sulla realtà.
Una presenza positiva non solo per me, mio marito le nostre figlie ma per tutti. Un bene. Io credo che
strategicamente l’eliminazione di persone disabili o malate o apparentemente improduttive sia una colossale
sciocchezza. Insomma queste persone non sono scarto (come denuncia sempre il Papa), sono ricchezza! Non
nel senso di centri produttivi.. spero di essere riuscita a spiegarmi.
Forse sbaglio a piegarmi alla logica economica ma sono convinta che il Signore moltiplichi il bene fino ai
beni più materiali. Ludovico è un centro di ricchezza, noi diciamo che porta benedizioni. Ma voglio che si
possa vedere fino alle ricadute più materiali. Può essere ad esempio che la tenacia della nostra famiglia avrà
effetti formidabili sulle performance lavorative delle mie figlie. O che renda ancora più grande la loro
capacità affettiva, che contribuisca a consolidare i loro futuri matrimoni. E i matrimoni che durano sono
ricchezza sociale. Che dice, sbaglio?
Io ne sono molto convinto e ritengo che questa riflessione oltre che vera sia molto profonda. La
ricchezza spirituale alla fine per così dire fruttifica, ridonda anche sul benessere materiale delle
persone. Faccio un altro esempio meno personalizzato. Oggi, tutti i grandi economisti sono d’accordo
nel dire che un mercato senza etica alla fine non produce. Ma quando dicono “senza etica” non
intendono dire che di ciò che hai prodotto, non ne dai una parte in beneficienza. Ma dentro i
meccanismi del mercato deve dimorare un ethos vero! Un’etica intrinseca. Un mercato alla fine non
produce se non è intrinsecamente etico.
Volendo un po’ riflettere ancora su questo fatto... che è una delle mie preoccupazioni come pastore e
come uomo. Possiamo notare come ormai l’ordinamento giuridico degli Stati si stia sempre più
riducendo ad essere il nastro registratore dei desideri ingiudicabili delle persone. Questo non era mai
accaduto nella storia del diritto occidentale.
È significativo il cambiamento semantico. Quando si diceva diritto si intendeva ciò che è giusto. Ius era
lo Iustum! Oggi il diritto si è ridotto ad essere semplicemente la capacità soggettiva di esigere qualcosa
senza che nessuno possa dare un giudizio su questo che io desidero, sul mio desiderio. Questo
paradigma giuridico ha portato ad una società che è diventata la coesistenza più o meno regolamentata
di egoismi opposti, nella quale inevitabilmente il più debole sarà considerato scarto. Ecco la cultura
dello scarto della quale parla il Santo Padre!
Un’altra conseguenza è ciò che i giovani pensano di se stessi. Pensano di essere un di più!, “la società fa
a meno di me” [faccio notare a Sua Eminenza che la stessa osservazione l’ha fatta Franco Nembrini o
almeno simile. Come se i ragazzi si sentissero quasi in colpa di esserci… è contento, anzi no, non sono
contento – dice – di questa cosa! Ma mi conforta sapere che anche un educatore così di esperienza lo
dica] L’altra sera davanti alla Madonna di San Luca ho detto: «Ragazzi, diciamo il rosario perché
nessuno di voi si lasci derubare la speranza. Poiché questo è il vostro dramma: che voi guardate al
vostro futuro non con speranza, ma con paura».
Si sentono dei soprannumerari. È inevitabile. Chi ha, tiene ringhiosamente ciò che ha e non lo
condivide. Abbiamo sindacati che difendono a spada tratta il lavoro di chi ce l’ha. E chi non ce l’ha
ancora? Lei ha toccato un punto fondamentale su cui già Giovanni Paolo II ha scritto pagine mirabili.
Bisogna riflettere molto seriamente su questa problematica.
Sembra di parlare sempre delle stesse cose perché sono tutte intersecate. Figli, madri e padri, sposi, giovani...
Dobbiamo prendere atto che l’attacco di questa ideologia si concentra con particolare pervicacia sulla
famiglia e sull’istituto matrimoniale. Ho avuto modo di leggere una Sua lectio, riportata da Tempi il 13
marzo 2015, all’interno del Convegno “Matrimonio e famiglia. La questione antropologica e
l’evangelizzazione della famiglia” tenutosi a Roma il 12 marzo. Mi ha molto colpito la Sua analisi: spiegate
il processo di progressiva e imperterrita decostruzione di tutte le componenti del matrimonio (genitorialità,
coniugalità, sessualità, procreazione, relazioni intergenerazionali).
Lei afferma esplicitamente che in Occidente il matrimonio non è stato distrutto ma decostruito pezzo per
pezzo. Abbiamo ancora tutti gli elementi che lo costituiscono ma sono stati resi ambigui, non hanno più un
significato univoco e non sono più integrati tra loro. Da dove ha inizio questa de-costruzione e che scopo ha?
Dentro al senso della sua domanda si capisce bene l’ideologia del gender. Sono sempre più convinto
che la tirannia che si cerca di imporre al riguardo, significativamente partendo soprattutto dalle scuole
materne, abbia un obiettivo: la distruzione del matrimonio. Ritengo questa strategia un’opera
satanica. È l’ultima sfida che Satana lancia a Dio: «Io ti faccio vedere che do origine ad una creazione
alternativa alla tua e l’uomo seguirà me, e starà meglio nella mia che nella tua».
Leggendo la Genesi si vede che sono due i pilastri della creazione: il matrimonio uomodonna e il
lavoro. Ora noi vediamo anche l’attacco che oggi si fa al lavoro umano, negandone il primato. Si è
fatto credere che si possono produrre beni senza il lavoro. Poi si è visto che era tutta carta, ma l’idea è
rimasta. La distruzione del matrimonio che strada ha seguito? Nella lectio a cui fa riferimento l’ho
chiamata la de-biologizzazione del matrimonio. Cioè far credere che il matrimonio non ha nulla a che
fare con il corpo delle persone che si sposano, cioè con la persona che si esprime femmilmente e la
persona che si esprime mascolinamente.
Questa strada ha avuto un inizio ed è quando si è separato il corpo dalla persona. Si è detto che la
persona non è il suo corpo ma ha un corpo. La persona è altro dal corpo. Spersonalizzando il corpo, si
pone la premessa del pensiero che è matrimonio qualsiasi incontro fra due persone. Stesso sesso o sesso
diverso. La sessualità nella sua dimensione biologica non ha referenza con la persona.
Io avevo fatto questa riflessione, posso chiederLe se ha fondamento? È come se il processo di assimilazione
fosse al contrario. Sono le unioni eterosessuali che si vogliono fare assomigliare a quelle omosessuali: una
relazione con importante contenuto affettivo e sessuale, più o meno durevole e non intrinsecamente collegata
alla procreazione.
Certo, è vero. Infatti i figli si producono non si procreano. De-biologizzando l’amore coniugale non ha
più senso parlare della genealogia della persona, perché la persona è prodotta. Di questo è segno ed
esito la scomparsa progressiva della figura del padre – e su questo i più attenti lanciano da tempo
l’SOS – perché il padre è il simbolo più chiaro della linea genealogica, l’indicazione del destino, del
cammino. Questa è la paternità, come la maternità è custodia e cura. Anche senza essere esperti di
biologia, osservando come è conformato il corpo femminile, vediamo che è fatto per custodire, per far
rifiorire in sé la vita. È nella biologia della generazione che si iscrive la genealogia della persona.
L’inizio di questo evento culturale è stato pensare. Che il corpo non è un corpo personale, e che la
persona non è una persona corporale. In fondo l’ideologia del genere è il sogno di rendere tutte le
persone come degli angeli. È indifferente il corpo che hai. Pascal dice che l’uomo non è né angelo né
bestia, e quando vuol essere un angelo finisce per diventare una bestia. Il nostro difficile mestiere è
essere al confine tra l’universo della materia e l’universo dello spirito. La sapienza di Dio si è
veramente divertita! Creare puri essere spirituali e pura materia son capaci tutti (sic! Sorride..), ma
un essere spirituale e materiale insieme è una meraviglia, è una cosa di una bellezza straordinaria.
Come si esprime l’incontro tra le persone? Abbraccio, bacio, unione uomo e donna. Mai una donna
permetterebbe di essere baciata da un altro uomo come fa suo marito. E tutto avviene attraverso il
corpo, che però è corpo-persona.