Ho 53 anni e sono stato licenziato

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Ho 53 anni e sono stato licenziato
Ho 53 anni e sono stato licenziato...
Ho 53 anni e sono stato licenziato...
Lorenzo Fanoli
Una storia, individuale ma esemplare, di un lavoratore come tanti, alle prese con "nuovi
capi", incentivi alla produzione, tutele mancate e una sopresa finale
Con particolare soddisfazione alla fine di questo mese di gennaio si è conclusa la mia breve
carriera (un anno esatto) di lavoratore dipendente. La soddisfazione è stata reciproca. Per
l’azienda che si è liberata di un lavoratore indisciplinato e per me che ho ricevuto una lauta
buonuscita. Effettivamente non credo di essere portato per le rigidità e la disciplina che vengono
richieste dalle grandi organizzazioni ai lavoratori dipendenti. L’esperienza è stata comunque
interessante e per certi versi anche un po’ emblematica. Non mi è stato risparmiato nulla.
Vediamola per tappe
1. L’azienda per la quale lavoravo in precedenza (sempre con contratti a partita Iva per una
ventina d’anni di fila) è stata acquistata assieme ad altre da una cordata capitanata da Bain
capital (uno dei più grossi fondi internazionali).
2. La direzione è stata presa da un gruppo di giovani leoni della consulenza (mc Kinsey…e chi se
no?!) che avevano fatto la due diligence e che sono entrati in azienda.
3. I giovani leoni ci hanno detto che avrebbero fatto grandi cose e ci avrebbero portati a un
grandissimo successo: dovevamo fidarci e seguire le loro direttive.
4. I giovani leoni ci hanno fatto corsi e riunioni durante i quali ci hanno spiegato che non
capivamo niente e che loro sì che sono capaci di fare i soldi.
5. Ci hanno sorbettato consigli di ogni genere da come svegliarci al mattino a come vestirci (
dress business code) a come presentarci ai clienti (dovevamo dire buongiorno e grazie e non
magiare aglio ma mentine).
6. Ci hanno detto “dovete essere spontanei, essere voi stessi e perciò credere obbedire e
combattere”.
7. Poi a metà dell’anno 2011 il più capo dei giovani capi mi ha convocato e detto che il mio
contratto era una bomba ad orologeria per l’azienda e che dovevo decidere se volevo fare la
triste vita del lavoratore dipendente o scegliere il radioso futuro dell’Agente di commercio.
8. Il discorso del giovane capo mi ha ispirato talmente tanta fiducia che dopo mezz’ora ero dal
mio avvocato, che mi ha detto che se dovevano cacciarmi rischiavano una brutta causa e che
avrebbero dovuto rimetterci centinaia di migliaia di euro perché per anni avevo svolto di fatto un
lavoro dipendente senza che loro pagassero oneri e contributi assistenziali.
9. Ho risposto al mio giovane capo che sarei stato felice di essere un lavoratore dipendente.
10. Dopo un mesetto il mio giovane capo mi ha detto che potevo fidarmi di lui e che mi dava la
sua parola che entro fine anno mi avrebbero assunto.
11. Ho cominciato a mettere assieme le prove per prepararmi alla causa…
12. Ma verso fine dicembre il capo del personale mi ha convocato proponendo e mi un contratto
di assunzione e un discreto stipendio (per intenderci 2500 euro al mese).
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13. Ho accettato e dovuto firmare una conciliazione nella quale rinunciavo a qualsiasi
rivendicazione sul passato, ho chiesto e ottenuto che non ci sarebbe stato periodo di prova.
14. Alla fine di dicembre hanno licenziato il mio vecchio capo perché non era riuscito a
trasformasi in un giovane capo (pensare che lui ci aveva anche provato a credere e cercato
anche di diventarlo).
15. Dopo una settimana di lavoro mi sono iscritto al sindacato.
1. Dopo 10 giorni ci è stato distribuito il budget con gli obiettivi individuali e il mio era del 300% o
superiore a quello dell’anno precedente. Nella riunione in cui ci è stato presentato il budget il
giovane capo ha detto “abbiamo obiettivi ambiziosi, dobbiamo essere un gruppo unito e quindi
se c’e’ qualcuno che non ci crede si alzi e lo dica subito. Io con chi non crede al progetto non
voglio lavorare” .
2. Io ho pensato che era un minchione e sono stato zitto, altri hanno fatto la stessa cosa, altri
ancora hanno pensato che era un minchione ma hanno detto “ ce la faremo di sicuro!!”,
qualcuno ci ha creduto davvero e ha cominciato a ridurre le ore di sonno e disattendere ai propri
doveri (a volte sarebbero dei piaceri) coniugali.
3. Sono passati un paio di mesi e sono stato convocato per sapere come mai non si
raggiungevano i fantastici risultati che mi erano stati assegnati e che cosa si doveva fare. Ho
spiegato che l’obiettivo era troppo ambizioso e che comunque per ottenerlo si potevano fare
alcune cose che in genere si fanno in queste situazioni (investire in tecnologie, provare a fare
nuovi prodotti più adeguati al mercato, avere un po’ di umiltà e di fronte a situazioni critiche
essere anche capaci di “andare a Canossa”) Una giovane capa della cordata dei capi mi ha
chiesto “ma che location è Canossa?”. Il giovane capo ha commentato: “bando alla geografia,
qua bisogna darsi da fare, ci vuole più sforzo di volontà”.
4. Mi hanno fatto un programma di lavoro che prevedeva azioni commerciali a tutto spiano.
5. Nei mesi successivi ho girato l’Italia in lungo e in largo da Gela a Bolzano, Trieste, Torino,
Genova, Bologna, Parma, Regio Emilia, Piacenza e… Canossa (molte volte)
6. Naturalmente nella mia posizione era prevista un’auto aziendale che non mi è stata mai
neanche proposta ma l’autonoleggio era ben fornito e quindi ho avuto l’opportunità provare
diverse marche e modelli.
7. Siccome c’erano in programma le elezioni per la RSU verso aprile ho presentato la mia
candidatura. Ma le elezioni si sono svolte a fine gennaio.
8. A ottobre uno dei miei giovani capi (un po’ meno capo) mi ha convocato per chiedermi come
mai i risultati non andavano bene, gli ho ribadito che il budget non era ragionevole e che
comunque essendo al 130% rispetto a quello che avevo fatto l’anno precedente non
consideravo negativi quei risultati, gli ho anche detto che, con tutta tranquillità, se non era
contento del mio lavoro poteva pure chiedere un mio trasferimento ad altra mansione e mettere
qualcuno più bravo di me…non mi sarei offeso. Mi ha risposto che non poteva accettare questa
situazione e che se io avessi ribadito il mio discorso nella riunione di fronte a tutti gli altri avrei
fatto una figura di merda. Gli ho risposto che la realtà era questa e che se non riusciva ad
adeguarsi io non avrei potuto farci niente. Mi ha ribadito che non poteva accettare la realtà. Gli
ho riposto che potevamo anche continuare a parlare per ore ma che non sarebbe cambiato nulla
e me ne sono uscito dal suo ufficio.
9. Tre settimane dopo mi ha convocato il direttore del personale con una lettera di sanzione
disciplinare perché avevo avuto un comportamento intollerabile col mio giovane capo. Il direttore
del personale non è un giovane capo ed era un po’ imbarazzato con quella lettera.
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10. Ho risposto alla lettera spiegando le circostanze e le mie ragioni e rammaricandomi per il
modo con cui si era conclusa la discussione.
11. Il direttore del personale mi ha comminato il minimo della pena e siamo anche un po’
diventati amici.
1. Nel mese di dicembre i nostri giovani capi hanno stabilito che tutti i giorni i funzionari
commerciali tra le 19 e le 20,30 dovevano a turno connettersi in call conference per 20 minuti per
raccontare al nostro coordinatore come era andata la giornata e cosa avremmo fatto il giorno
dopo.
2. Il 20 dicembre, dopo avere salutato alle 18 il mio coordinatore, raccontatogli che non era
successo niente di speciale, sono uscito dall’ufficio e sono andato a cena da amici. Alle 20 ho
trovato un suo messaggio che mi aspettava in call conference. Gli ho scritto che mi scusavo ma
che ero andato di corsa alla partita e che non ero riuscito a chiamarlo.
3. Siamo cosi arrivati alla fine dell’anno: ho raggiunto un risultato pari al 160% rispetto all’anno
precedente e al 55% del budget.
4. Il 12 gennaio mi ha convocato il direttore del personale dicendomi che le cose non andavano
bene e che l’azienda avrebbe preferito che mi dimettessi incentivandomi con qualche mese di
buona uscita.
5. Ho risposto che io stavo benissimo dove stavo e che avevo anche raccolto la fiducia dei miei
colleghi che mi stavano per eleggere rappresentante sindacale.
6. Il capo del personale mi ha proposto due anni di buona uscita.
7. Ho considerato che in due anni di lavoro avrei guadagnato come 4 e che avendo una rete
sociale di protezione e appartenenza collettiva potevo accettare di buon grado.
8. Alla fine del colloquio il capo del personale mi ha chiesto “com’e’ andata la partita che hai
visto?”
9. Il giorno dopo la firma avevo un altro lavoro, stavo sollevato e un pochettino più ricco.
Dedicato a tutti quelli che parlano dell’articolo 18 e non sanno a cosa serve. Io sono fortunato
perché l’ho imparato piuttosto bene.
P.S. Nella Spagna di Rajoy io avrei ricevuto un mese di buona uscita a prescindere e mi sarei
indignato. Oggi sto sereno e ringrazio tanto la Cgil di esistere (anche se non è il massimo).
Questa storia è racconta anche qui:
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Sì
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