Position Paper - The European House

Transcript

Position Paper - The European House
Position Paper
Modelli collaborativi tra PMI manifatturiere italiane e
sudafricane per crescere insieme sui mercati emergenti
South Africa – Italy Summit, Città del Capo, 1-2 ottobre 2015
La principale sfida per il Sudafrica è oggi ricostruire e rafforzare la base industriale del Paese per
garantire in futuro adeguati livelli di crescita economica ed occupazionale. La diffusione e lo
sviluppo di PMI manifatturiere sono centrali per accelerare tale processo.
La complementarietà tra le filiere industriali di Sudafrica e Italia (l’una specializzata
nell’assemblaggio di autoveicoli, l’altra nei servizi di ingegnerizzazione e design e nella produzione
di componentistica) può essere valorizzata attraverso la creazione di cluster tecnologicomanifatturieri (CTM), finalizzati ad aumentare i volumi e la qualità delle produzioni locali, da
destinare principalmente all’export.
Il modello che proponiamo – focalizzato su un settore-chiave e sulla filiera integrata di PMI
fornitrici e sub-fornitrici, e con particolare attenzione all’innovazione e allo sviluppo del capitale
umano e delle competenze – potrebbe essere applicato, come progetto-pilota, a partire dal settore
automobilistico, uno dei pilastri dell’industria sudafricana e italiana (rispettivamente 7,2% e
5,1% del PIL nazionale).
Altri possibili aree di cooperazione tra le imprese dei due Paesi potrebbero riguardare la
meccanica strumentale per il tessile-abbigliamento, l’alimentare e le materie plastiche – settori in
progressiva crescita nell’economia sudafricana e subsahariana.
La sfida della industrializzazione
1. L’area sub-sahariana comprende Paesi
con il più alto tasso di crescita dell’economia:
nell’ultimo decennio il suo Prodotto Interno
Lordo (PIL) è triplicato, i consumi sono
quadruplicati e nell’ultimo biennio gli
investimenti nella regione sono passati da $42
a $61 miliardi. I flussi di Investimenti Diretti
Esteri (IDE) verso il Sudafrica restano elevati:
il Paese è tra i maggiori beneficiari di IDE in
entrata nel continente (circa il 20% del totale e
con il maggior numero di progetti1). Tuttavia,
lo stock di IDE è diminuito negli ultimi anni
(-22% tra 2010 ed 2013, da $ 179 a $140 mld).
2. Il contributo del settore manifatturiero
sudafricano al PIL nazionale si è via via ridotto
(dal 19,2% del 2000 al 13,2% del 2013): i
disinvestimenti rischiano di accelerare il
processo di de-industrializzazione, incidendo
sullo sviluppo futuro e sulla stabilità
economico-sociale del Sudafrica. Inoltre, nei
settori maggiormente integrati, la chiusura di
alcuni stabilimenti produttivi potrebbe
compromettere l’intera filiera da monte a valle
e causare un “effetto domino”.
179,6
163,5
80,3
57,1
43,5
35,9
96,7
106,9
131,8
138,8
159,4
140,0
83,6
34,7
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013
116 progetti nel 2014 rispetto ai 57 del Kenya, ai 50 del
Mozambico e ai 43 della Nigeria. Fonte: FT, “FDI Report
2015”.
1
Figura 1 – Stock di Investimenti Diretti Esteri verso il
Sudafrica ($ mld, 2000-2013) (Fonte: The European
House - Ambrosetti su dati UNCTAD, 2015)
13,1%
13,2%
2012
2013
14,4%
13,3%
2011
2010
16,0%
2008
15,0%
2007
2009
16,4%
16,1%
2006
18,6%
18,1%
2004
2005
19,4%
19,0%
2003
19,3%
2001
2002
19,2%
2000
3. Il rafforzamento e la diffusione delle
Piccole
e
Medie
Imprese
(PMI)
sudafricane è una leva per la rapida
industrializzazione del Paese (il National
Development Plan prevede un aumento
dell’occupazione da 13 a 24 milioni di posti di
lavoro tra 2010 e 2030). Anche le PMI
manifatturiere
italiane,
specializzate
soprattutto su prodotti a media tecnologia,
sono messe sotto pressione dalle produzioni
delle aree emergenti e devono innovare sia i
prodotti /processi che il modo stesso di fare
manifattura.
Figura 2 – Valore Aggiunto manifatturiero sudafricano
(% del PIL, 2000-2013) (Fonte: The European House Ambrosetti su dati Banca Mondiale, 2015)
4. La collaborazione tra Italia e Sudafrica
può permettere ad entrambi i Paesi di cogliere
le opportunità dello sviluppo dell’Africa
Subsahariana:
- Il Sudafrica è la maggiore piattaforma
produttiva dell’Africa e in cerca di
upgrading tecnologico e qualitativo;
rappresenta
l’hub
logisticodistributivo per l’ingresso in altri
mercati africani; è un partner potenziale
capace di offrire prodotti di qualità e
dotato di servizi avanzati.
- L’industria italiana cerca partner per
crescere all’estero e per posizionarsi e
accelerare l’ingresso sui mercati
africani; il “Made in Italy” gode di una
ottima reputazione soprattutto in alcuni
settori e vi sono complementarietà con il
Sudafrica in termini di prodotti,
dimensioni aziendali e specializzazioni
tecnologiche.
Le potenzialità di collaborazione
nel settore automobilistico
5. Il settore automobilistico è uno dei
pilastri del manifatturiero sudafricano e
italiano. Il Sudafrica è un importante
protagonista nell’automotive, completamente
integrato nelle catene globali del valore:
-
Il Sud Africa rappresenta il 68% della
produzione di autoveicoli in Africa (2014).
- Il
settore
automobilistico
e
della
componentistica rappresenta il 7,2% del
PIL sudafricano, il 30% della produzione
manifatturiera del Paese e l’11,7% delle
esportazioni totali2.
- L’UE-28 è la principale destinazione
dell’export automobilistico sudafricano (€3
mld nel 2014, pari al 37,9%del totale).
- Molte multinazionali scelgono il Sudafrica
per acquistare componenti, assemblare i
veicoli per il mercato locale (ad es.,
44% della produzione di autovetture) o
per l’export, in particolare verso il SADC
(pari all’82% dell’export automotive
sudafricano verso l’Africa e al 22% del
totale)3.
6. Il
rafforzamento
del
settore
automobilistico in Sudafrica può contare su
diversi punti di forza, tra cui:
- La possibilità di approvvigionarsi di
materie prime (tra cui acciaio di qualità e
a prezzi competitivi) e semilavorati su
base locale.
- Una rete logistica multi-canale (trasporto
marittimo, ferroviario e stradale) e
collegata con i mercati dell’Africa SubSahariana ed internazionali.
- La previsione di agevolazioni fiscali per
l’industria (l’Industrial Policy Action Plan
2014-2017 del DTI sudafricano si
concentra sul sostegno ai settori
manifatturieri a maggior valore aggiunto,
ad alta intensità di lavoro e orientati
all’export).
7. Per realizzare la visione al 2020 di
confermarsi sui mercati internazionali come
primario fornitore di autoveicoli e componenti
– di elevata qualità e competitivi in termini di
costi (logistica, lavoro, ecc.) – il Sudafrica
deve intervenire sulle criticità interne alla
filiera dell’automotive ed aumentare le quote
dell’export 4 . Ad oggi, alcuni aspetti
scoraggiano gli investimenti esteri ed
impattano sul ciclo di produzione e
assemblaggio: l’instabilità delle forniture
elettriche, le tensioni sindacali (è tra i settori
più colpiti dagli scioperi, come quelli estrattivo
Fonte: Automotive Industry Export Council (AIEC), 2015.
I primi mercati africani sono Namibia, Botswana,
Mozambico, Zambia e Zimbabwe. Algeria, Nigeria e Angola
sono tra i primi 10 mercati per export di veicoli leggeri,
mentre camion e bus si indirizzano verso i Paesi limitrofi
(Zambia, Zimbabwe, Kenya, Tanzania, Mozambico e Angola).
Fonte: AIEC, 2015.
4 Principali evidenze emerse da una survey realizzata da The
European House - Ambrosetti con aziende della filiera
dell’automotive in Sudafrica.
2
3
e siderurgico), la mancanza di solide
competenze tecniche della forza lavoro lungo
la filiera (elettricisti, installatori, meccanici,
ecc.) e la qualità delle componenti auto (non
allineate agli standard globali e – anche
quando di livello qualitativo-tecnologico
adeguato – meno competitive in termini di
costo rispetto ai prodotti importati da altri
mercati emergenti).
8. In tale quadro, l’ambizioso obiettivo di
produrre 1,2 milioni di autovetture
all’anno entro il 2020 può essere raggiunto
tramite iniziative di settore per aumentare la
competitività (come l’Automotive Supply
Chain Competitiveness Initiative - ASCCI 5 ),
ma anche attraverso l’insediamento di nuovi
impianti produttivi e la collaborazione con
partner esteri specializzati.
1.200
472,0
2010
532,6
546,1
545,7
566,1
2011
2012
2013
2014
627,5
2015 (e)
2020 (e)
Figura 3 – Produzione di autovetture in Sudafrica, 20102030 (Fonte: The European House - Ambrosetti su dati
AIEC, 2015)
9. L’Italia può mettere a disposizione la
propria consolidata esperienza nelle fasi a
monte
(servizi
di
progettazione,
ingegnerizzazione e design) e nelle fasi
intermedie
e
a
valle
della
filiera
dell’automotive (produzione, assemblaggio e
distribuzione). Inoltre l’industria italiana
vanta esperienza nella produzione e
lavorazione
delle
materie
prime
o
semilavorate richieste dal settore (acciaio 6 ,
alluminio, polimeri e materie plastiche,
pelletteria e relativi macchinari). Si tratta di
una delle poche catene integrate del
valore al mondo, con marchi di importanza
globale: 2.539 aziende, 165.300 addetti (fino a
1,2 milioni con l’occupazione indiretta e la
distribuzione), un fatturato di €40 mld, circa il
70% della produzione per l’export e un’ampia
gamma di prodotti. Tale filiera rappresenta il
5,1% del PIL italiano7.
10. L’Italia
detiene
ancora
un
posizionamento marginale: 10° partner
L’ASCCI, promosso da industria, governo e sindacati,
coordina le iniziative per aumentare la competitività della
filiera automobilistica sudafricana.
6 L’Italia è 2° in Europa, dopo la Germania, per produzione di
acciaio (14% in UE-28) e 11° a livello mondiale. Fonte:
Federacciai, 2015.
7 Fonte: ANFIA, 2015.
europeo del Sudafrica per valore dell’export
nelle automobili e 11° nella componentistica8,
ma 11° partner globale del Sudafrica per
importazioni di componenti auto. Infatti,
una parte significativa del valore delle
importazioni automobilistiche comprende
componenti di apparecchiature originali, che
vengono poi esportate come parte di veicoli
finiti assemblati in Sudafrica. Oggi le
componenti ad maggiore intensità di capitale
(motori, cambi ed elementi elettronici interni)
sono importate dall’estero: la capacità di
produrre sul mercato interno tali parti sarà
quindi centrale per sviluppare la base
produttiva automobilistica in Sudafrica,
riducendo i rischi associati alla fluttuazione
del tasso di cambio e i costi logistici, e
specializzando la forza lavoro. Ad esempio, tra
2010 e 2014, l’import di componenti di
ricambio post-vendita è cresciuto in Sudafrica
ad un tasso medio annuo composto del 15%
annuo (+76% rispetto al 20109, con la Cina in
crescita).
Come integrare le PMI in cluster
tecnologico-manifatturieri
(CTM) specializzati
11. L’industria
manifatturiera
sta
attraversando a livello globale una profonda
trasformazione del proprio modello produttivo
e organizzativo. La diffusione di nuove
tecnologie applicate all’industria e la
riconfigurazione delle catene del valore globali
pongono una grande sfida per la manifattura
sudafricana.
12. Per promuovere la collaborazione tra le
PMI manifatturiere dei due Paesi – facendo
leva sulle competenze e tecnologie detenute
lungo le diverse filiere produttive - e
aumentare i volumi produttivi sul mercato
domestico, The European House – Ambrosetti
ha sviluppato, specificamente per il contesto
sudafricano, il concept CTM - Cluster
Tecnologico-Manifatturiero,
con
le
seguenti caratteristiche:
- Focalizzazione su un settore specifico,
importante per il Sudafrica e l’Italia.
- Raggruppamento di aziende integrate
sull’intera catena del valore in modo da
favorire schemi di fornitura e di subfornitura con PMI (locali e straniere).
5
Quasi il 70% dell’export verso l’Italia riguarda silenziatori e
scarichi (5% delle esportazioni globali nel 2014), convertitori
catalitici, cristalli auto e pneumatici.
9 Soprattutto per strumentazioni per l’automotive (+27%),
motori (+25%), cablaggi elettrici (+21%) ed alberi di
trasmissione (+15%). Fonte: AIEC, 2015.
8
-
-
Presenza di un centro di ricerca e
trasferimento tecnologico e attività di
formazione professionale e specialistica,
con uno schema PPP e facendo leva su
collaborazioni con (e fra) le università
italiane e sudafricane.
Creazione
di
un
incubatore
per
incoraggiare lo sviluppo di start-up
collegate alla produzione del cluster (ad es.,
componenti – prodotti, tecnologie, ecc. –
nel caso del settore automobilistico).
Manifattura
CLUSTER
Filiere di fornitura e di
servizio
Filiera principale
TECNOLOGICOMANIFATTURIERO
(CTM)
Centro di
formazione
professionale e
specialistica
Filiere collegate
Ricerca e Innovazione
Hub di innovazione e incubatore
Start-up
Sistema della Ricerca
Figura 4 – Schema esemplificativo di
cluster tecnologico-manifatturiero (CTM
(Fonte: The European House - Ambrosetti, 2015)
13. I CTM favoriscono: a) l’integrazione delle
catene del valore grazie alla collaborazione fra
imprese grandi e medio-piccole; b) la
riduzione dei costi operativi (in particolare,
logistici); c) l’aumento della produttività
dovuto alla condivisione di risorse, conoscenza,
capitale umano e infrastrutture; d) alta
flessibilità e facilità di accesso a capitale
umano qualificato; e) maggiore competitività
delle imprese e specializzazione; f) la
creazione di sinergie positive con centri di
ricerca applicata e università.
14. Tali distretti integrati potrebbero essere
insediati nelle Zone Economiche Speciali
(ZES), aree destinate allo sviluppo di
specifiche attività economiche (singoli settori
o più attività produttive). Inoltre, la
realizzazione di joint venture con aziende con
un buon ranking B-BBEE (Broad-Based
Black
Economic
Empowerment)
può
permettere di accedere a diversi incentivi ed
assicurarsi una migliore espansione nel
mercato domestico pubblico e privato.
15. Il progetto-pilota potrebbe partire
dalla filiera dell’automotive, coinvolgendo le
multinazionali che producono in Sudafrica,
aziende assemblatrici e le realtà della
componentistica (500 aziende, di cui 120
fornitori di primo livello). Infine, qualora la
revisione in corso dell’Automotive Production
and Develoment Programme 2013-2020
(APDP) da parte del Governo sudafricano
riducesse le barriere all’entrata per nuovi
entranti nel settore, numerosi player che oggi
importano auto già assemblate 10 potrebbero
valutare di produrre autovetture in loco.
16. La collaborazione tra PMI sudafricane e
italiane nei CTM può coinvolgere anche altri
settori di rilievo, secondo la logica per cui le
imprese dei due Paesi si focalizzano sul
segmento della filiera in cui sono
maggiormente specializzate.
17. L’Italia potrebbe apportare il proprio
contributo in termini di know-how nella
meccanica strumentale, producendo in
Sudafrica macchinari per la trasformazione/
lavorazione nei comparti del tessileabbigliamento, dell’alimentare e delle materie
plastiche – settori in progressiva crescita in
Sudafrica e sui mercati subsahariani.
Ad esempio, il Sudafrica è il 1° Paese
dell’Africa Subsahariana per importazione di
macchinari di trasformazione 11 . L’Italia
potrebbe mettere a disposizione la propria
competenza e tecnologia nel settore (3° Paese,
dopo Germania e Cina, per export di
macchinari per la lavorazione di materie
plastiche12 in Sudafrica) insediando PMI nelle
ZES, formando la forza lavoro locale e
trasformando materie plastiche di qualità per i
settori come automotive, edilizia e GDO.
18. I CTM possono accelerare le dinamiche di
cooperazione
aggregando
nello
stesso
territorio imprese manifatturiere, imprese ad
alto tasso di innovazione tecnologica, start-up,
centri di ricerca applicata e università in un
“ecosistema dell’innovazione” capace di
attirare capitale umano, investimenti e
infrastrutture.
Il
potenziale
della
collaborazione tra le PMI sarà infatti colto
pienamente se si riuscirà a promuovere,
oltre ad un miglioramento qualitativo dei
prodotti, anche la crescita delle aziende
produttrici/fornitrici
sul
fronte
delle
competenze della forza lavoro e della R&S e
tecnologie impiegate.
Completely Built Units - CBU.
Estrusori,
stampanti
ad
iniezione,
soffiaggio,
rotostampaggio e termoformatura.
12 Il settore italiano – 400 imprese, €4 mld di fatturato e
13.500 dipendenti – è 3° al mondo per fatturato dopo Cina e
Germania, 4° per valore dell’export e 3° per saldo.
10
11
Special thanks to: