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LA PROTEZIONE DEL VIAGGIATORE
Gli oltre 700 milioni di viaggiatori che si muovono ogni anno sul pianeta hanno buone opportunità
di contrarre malattie trasmissibili e di infettare altri individui. Per questo negli ultimi anni le autorità
sanitarie di tutto il mondo hanno cercato di sottolineare l’importanza di tutelare la salute da possibili
focolai di infezioni o dalle precarie situazioni igienico-sanitarie dei Paesi visitati. Molti rischi infatti
possono essere minimizzati da opportune precauzioni, profilassi e vaccinazioni, prese prima della
partenza. D’altra parte, l’identificazione e il trattamento tempestivo di una malattia importata sono
fondamentali per evitare che, se infettiva, la malattia si trasmetta ad altri fino a diventare un serio
problema di salute pubblica, come ha dimostrato la vicenda della Sars. I numerosi cambiamenti
incontrati nel corso dei viaggi, possono aumentare i rischi del viaggiatore di contrarre malattie,
soprattutto se costui non è consapevole prima della partenza di quali siano le situazioni più a rischio
e come eventualmente prevenirle. In particolare, fonte di rischio sono soprattutto gli alimenti e
l’acqua, spesso non accuratamente depurata in molti paesi del mondo. Possono però presentarsi
anche rischi derivanti da: - condizioni ambientali cui l’organismo non è abituato (altitudine, siccità,
temperature troppo elevate); - presenza di parassiti nell’ambiente e negli animali con cui si può
venire a contatto, da insetti a diversi invertebrati, fino al pollame; - comportamenti sessuali che
possono aumentare il rischio di trasmissione di infezioni. Infine, lo stesso mezzo del viaggio può
rappresentare un rischio, come dimostrato dalla letteratura che ultimamente ha analizzato i problemi
associati a frequenti viaggi aerei, soprattutto se intercontinentali. I rischi associati con il viaggio
variano non solo in base alla destinazione ma anche alle caratteristiche del viaggiatore, che a
seconda dell’età, del suo stato di salute, del sesso, della condizione in cui viaggia, si espone a rischi
a volte anche molto diversi pur visitando lo stesso Paese. Il motivo del viaggio, infine, a sua volta
differenzia il tipo di rischio che si può incontrare: dal villaggio vacanze alla missione umanitaria, il
tipo di condizioni e quindi anche di parassiti che si possono incontrare variano notevolmente.
Risulta quindi evidente la necessità di predisporre, prima della partenza, una strategia che permetta
di valutare realisticamente i rischi che il viaggiatore può incontrare e mettere a punto azioni di
prevenzione, profilassi ed eventualmente di trattamento.
La medicina di viaggio, una branca della medicina che sta recentemente acquisendo sempre
maggiore importanza, coinvolge quindi una serie di competenze e di professionalità nel tentativo di
contenere la diffusione di malattie infettive e minimizzare i rischi per la salute del viaggiatore.
Nata negli anni ’80, la medicina di viaggio si prefigge di: aiutare il viaggiatore a valutare i rischi
connessi al tipo di viaggio, scegliere misure di profilassi, mantenere un sistema di sorveglianza
per identificare prontamente l’eventuale comparsa della malattia importata nel paese di origine del
viaggiatore al suo ritorno. E’ necessario quindi che il medico che ha a che fare con pazienti che
viaggiano abbia familiarità con le malattie potenziali alle quali il viaggiatore può essere esposto.
CONSIGLI PRIMA DEL VIAGGIO
Preparazioni per il viaggio
Occorrono precauzioni speciali per coloro che hanno allergie, problemi gastrointestinali, diabete,
malattie cardiovascolari o polmonari. Prima del viaggio è consigliabile una regolare visita presso il
dentista. Se si portano occhiali o lenti a contatto si dovrebbe portarne un paio in più. Provvedere
eventualmente ad una polizza assicurativa per le cure mediche.
Provviste di farmaci necessari
I pazienti con malattie croniche dovrebbero portarsi una provvista sufficiente di farmaci.
Componenti del kit medico del viaggiatore potrebbero comprendere termometro, garze, cerotto,
soluzioni di sapone antisettico battericida, aspirina, antiacidi, un leggero lassativo o supposte per la
stipsi, un decongestionante nasale, un antistaminico per le allergie. Da evitare antibiotici a largo
spettro perché se i viaggiatori sono così malati da richiedere questi farmaci, sarebbe meglio
consultare un medico a meno che non ci si trovi in aree remote prive di assistenza immediata.
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Immunizzazioni
E’ possibile consultare paese per paese la lista delle vaccinazioni richieste e la situazione della
malaria. Medici e viaggiatori devono essere avvertiti che le richieste dei paesi di arrivo si
riferiscono non soltanto alle infezioni presenti nel paese di partenza, ma anche alle condizioni dei
paesi in cui il viaggiatore può sbarcare durante il viaggio. I certificati internazionali di vaccinazione
sono certificati individuali e non possono essere usati collettivamente. Così, per i bambini, devono
essere rilasciati certificati separati e le informazioni non possono essere incorporate nel certificato
materno. I viaggiatori che non sono in possesso delle vaccinazioni richieste all’ingresso in un paese
possono essere assoggettati a vaccinazione, follow up medico e/o isolamento e in alcuni paesi
possono ottenere il rifiuto di ingresso.
Vaccinazione durante la gravidanza
La gravidanza è una controindicazione teorica a tutti i vaccini con virus vivi a meno di rischio
sostanziale di esposizione all’infezione naturale. Gravidanza ed alimentazione al seno non
costituiscono controindicazioni alla somministrazione dell’immunoglobulina sierica, dei vaccini
tossoidi o di vaccini uccisi o inattivati.
CONSIGLI DURANTE IL VIAGGIO
Volo. Il viaggiatore deve essere preparato contro gli effetti del jet lag dovuti al disturbo nel ritmo
circadiano del corpo. Il viaggiatore medio richiede circa un giorno per riprendersi da un
cambiamento di 1-2 ore. Possono essere richiesti lievi sedativi per aiutare il sonno nella prima notte
o due dopo l’arrivo a destinazione. Evitare di stare seduti a lungo perché ciò può portare a
ipotensione posturale, distensione addominale o a stasi venosa.
Acclimatazione. Le elevate altitudini richiedono tempo per acclimatarsi ed è meglio evitare
bevande alcoliche, eccessiva introduzione di cibo, esercizio fisico e concedersi riposi piuttosto
frequenti nei primi giorni in quota. Simili adattamenti e restrizioni sono necessari all’arrivo in
un’area tropicale.
Acqua. Una grande minaccia per il viaggiatore di alcuni paesi sono l’acqua e il ghiaccio
contaminati. A meno di essere assolutamente certi che l’acqua corrente è potabile, è necessario
bollire l’acqua o trattarla chimicamente. Tavolette di iodio o ipoclorito di sodio sono soddisfacenti
nella maggior parte delle condizioni ma possono essere meno efficaci in caso di acqua torbida o
molto fredda e può essere richiesta una maggior quantità di disinfettante o di tempo di contatto.
Alimenti e bevande. Alimenti caldi ben cotti evitano la maggior parte delle infezioni di origine
alimentare. Gli alimenti freddi possono essere più facilmente contaminati dagli operatori o per l’uso
di acqua contaminata. La frutta cruda dovrebbe essere mangiata solo quando ha la buccia integra e
sbucciata da chi la mangia. Vegetali crudi e insalata verde sono spesso contaminati da batteri,
protozoi o uova di elminti. Creme, maionese, molluschi poco cotti dovrebbero essere sempre evitati.
Vettori. Tra le malattie emergenti e riemergenti che destano preoccupazione a livello nazionale ed
internazionale, molte sono le malattie che riconoscono una trasmissione di tipo vettoriale .
Le malattie a trasmissione vettoriale, che possono avere un’eziologia di tipo virale, rickettsiale,
batterica, protozoaria, parassitaria, rappresentano oltre l’80% delle patologie infettive.
Molte di queste malattie sono endemiche in regioni tropicali e sub-tropicali, in cui le condizioni
climatiche sono particolarmente favorevoli alla vita dei vettori, ma malattie vettoriali sono presenti
anche in aree caratterizzate da climi temperati e freddi. Nell’accezione comune del termine, i vettori
sono artropodi, in cui gli agenti eziologici delle malattie svolgono una parte del loro ciclo vitale
(vettori obbligati) prima di essere trasmessi all’uomo o ad altri ospiti. In effetti gli insetti sono senza
dubbio i vettori di malattie infettive maggiormente diffusi (zanzare, flebotomi, mosche, cimici,
pidocchi, pulci); sempre appartenenti al Phylum Arthropoda sono le zecche ed altri acari.
Assolutamente non trascurabile, soprattutto in climi tropicali, è però il ruolo di vettore svolto da
crostacei (anche questi del resto sono artropodi). Nella stragrande maggioranza dei casi i vettori
necessitano, per la loro vita e/o per la riproduzione della presenza abbondante di acqua; a questa
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necessità si sottraggono le zecche, che possono vivere anche in ambienti molto secchi, e i flebotomi,
diffusi anche in territori aridi e semi-aridi. Gli habitat favoriti dai vettori di malattie infettive sono
quindi per lo più zone umide e ricche di vegetazione. Molti vettori sono peraltro in grado di
sfruttare, quali siti per la riproduzione, anche minuscole raccolte d’acqua quali quelle che si
formano nel cavo degli alberi o nei fiori, o in contenitori artificiali che consentano la permanenza di
acqua piovana . E’ a causa di questa capacità che, ad esempio, sono stati introdotti vettori di
malattie infettive in zone in cui essi non erano presenti naturalmente, ma che offrivano condizioni
climatiche favorevoli per la loro colonizzazione. L’emergenza e la riemergenza di molte malattie a
trasmissione vettoriale, ed in generale delle malattie infettive, è sempre in qualche modo
riconducibile a comportamenti umani: la deforestazione di ampie aree di foresta pluviale ha
comportato alterazione climatiche ma anche la possibilità di entrare in contatto con specie di vettori
prima confinate esclusivamente in ambiente silvestre; fattori sociali, lavorativi, comportamentali
sono ugualmente alla base della possibilità del contatto con vettori e di una maggiore facilità di
trasmissione di malattie diffusive; lo stesso impiego di mezzi per controllare le popolazioni di
vettori o per combattere infestazioni in agricoltura, ha portato allo sviluppo di fenomeni di
resistenza ai pesticidi con conseguenti cambiamenti nelle popolazioni di vettori.
Come sopra accennato, un certo rischio vettoriale è presente anche nei climi temperati, ma sono
soprattutto i viaggi ed i soggiorni in aree a clima tropicale e sub-tropicale a comportare il rischio
maggiore di contrarre malattie in seguito al contatto con vettori .
Alcune di queste malattie sono prevenibili per mezzo di vaccinazione (febbre gialla), altre per
mezzo di chemioprofilassi (malaria), molte per mezzo dell’attuazione di semplici ma validissime
misure di profilassi comportamentale per evitare la puntura degli insetti vettori, mediante indumenti
adeguati (colori chiari, maniche e pantaloni lunghi), l’applicazione di prodotti repellenti, l’uso di
zanzariere impregnate di insetticidi ad azione residua, l’impiego di elettroemanatori ed insettifughi.
Altre misure preventive, per i vettori che vivono in ambiente acquatico, consistono nell’evitare i
bagni o anche le semplici passeggiate a piedi nudi in acqua dolce e stagnante
Le malattie che si possono contrarre viaggiando sono molto numerose. Tra queste:
Diarrea del viaggiatore
Dengue
Malaria
Febbre gialla
Malattie sessualmente trasmissibili
Epatite A e B
Febbre tifoide
Colera
Diverse zoonosi (rabbia, brucellosi, leptospirosi e febbri emorragiche)
Malattie trasmesse per via aerea (influenza, meningite, tubercolosi)
Profilassi della malaria
Uno dei maggiori rischi per i viaggiatori in molte parti del mondo è la malaria per cui, se si va in
una zona endemica, bisogna sempre prendere farmaci utili per la profilassi.
La malaria è senza dubbio la malattia a trasmissione vettoriale più diffusa nel mondo; rischio
elevato di malaria da P. falciparum è presente nell’Africa sub-sahariana, in Estremo Oriente, in
gran parte dell’America Latina e dell’America Centrale, mentre un rischio limitato di infezioni da
P. ovale, vivax e malariae esiste anche in Oriente.
Vettori della malattia sono zanzare del genere Anopheles; queste zanzare, che pungono di notte,
oppure nelle ore dell’alba e del tramonto, prediligono acque chiare e non contaminate per la loro
riproduzione e temperature minime di 18° C. Il rischio di malaria è quindi maggiore nelle zone a
clima caldo; in alcune aree a clima relativamente temperato il rischio di malaria è presente soltanto
in alcuni periodi dell’anno.
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Il volo delle Anopheles è silenzioso, e la loro puntura è indolore e non pruriginosa; anche se una
singola puntura è in grado di trasmettere l’infezione, il rischio di contrarre la malaria aumenta con il
numero delle punture.
Non esiste ancora un vaccino efficace nei confronti di questa malattia, la cui prevenzione, a livello
individuale, risiede quindi nella chemioprofilassi e nell’adozione di idonee misure
comportamentali; poiché i fenomeni di resistenza da parte dei plasmodi ai farmaci usati
abitualmente per la profilassi farmacologica della malaria sono sempre più frequenti, queste misure
acquistano un significato ancora maggiore, d’altra parte, la profilassi farmacologica può essere
eseguita per un periodo di tempo limitato (soltanto la clorochina ha dimostrato di essere ben
tollerata anche dopo anni di assunzione) e non da tutti coloro che ne avrebbero bisogno, per i
possibili effetti indesiderati e l’interferenza con altri farmaci. Del resto il Plasmodium falciparum
resistente alla clorochina è presente in numerose zone del mondo e, al momento, non c’è un
farmaco disponibile o una associazione di farmaci con provata efficacia o sicurezza nella
prevenzione di tutte le infezioni malariche. E’ stato, inoltre, dimostrato che i farmaci impiegati
comunemente per la profilassi antimalarica (clorochina, meflochina) determinano una risposta
anticorpale meno efficiente di vaccini eventualmente inoculati contemporaneamente, che
dovrebbero pertanto essere somministrati almeno 15 giorni prima dell’inizio della profilassi
antimalarica e, in caso di stretta necessità, al più tardi 3 giorni prima dell’avvio di questa.
La profilassi antimalarica, del resto, deve essere iniziata una o due settimane prima della partenza
ma è soprattutto importante che essa venga prolungata per non meno di 5-6 settimane dopo il
ritorno; essa quindi, può essere differita fino all’ultimo momento “utile” prima del viaggio.
La malaria è stata eliminata dal nostro Paese negli anni ’50, in seguito all’attuazione di una lotta
sistematica al vettore. Da alcuni anni, in seguito all’aumento di viaggi in zone endemiche per
turismo o lavoro, e anche in seguito all’inizio di flussi migratori provenienti dall’Africa e dall’Asia,
vengono registrati casi di malaria importata, con tendenza all’aumento; attualmente i casi di malaria
notificati al Sistema Informativo delle malattie infettive sono circa 700.
Dal continente africano il 79,8% dei casi ha importato P. falciparum; le forme da P. Vivax hanno
interessato l’82,5% dei casi provenienti dall’Asia ed il 72,3% dei casi provenienti dalle Americhe.
Profilassi Febbre gialla
La febbre gialla è una malattia virale, trasmessa da zanzare del genere Aedes; serbatoi
dell’infezione sono primati non umani. L’area di endemia della febbre gialla è in parte
sovrapponibile a quella della malaria; essa è infatti presente nell’Africa sub-sahariana, dal Senegal
all’Angola, con un ciclo sia urbano che silvestre, e in Sud-America, nei Paesi che si “affacciano”
sul bacino del Rio delle Amazzoni, con un ciclo prevalentemente urbano. La febbre gialla è assente
invece dall’Asia, anche se nelle regioni tropicali e sub-tropicali di questo continente sono presenti
sia il vettore che i serbatoi animali. Per prevenire il rischio di importazione dell’agente patogeno,
pertanto, in molti Paesi asiatici è richiesta la vaccinazione per i viaggiatori provenienti dalle zone
endemiche o che vi abbiano transitato.
Nei confronti della febbre gialla è disponibile un vaccino estremamente efficace (efficacia ≥95%);
l’immunità conferita dalla vaccinazione è di lunga durata, probabilmente per tutta la vita; ai fini di
profilassi internazionale, tuttavia, il periodo di validità della vaccinazione è stato fissato in 10 anni,
con inizio 10 giorni dopo l’inoculazione.
Il vaccino è a base di virus viventi attenuati prodotto su uova embrionate di pollo; si tratta di un
vaccino molto ben tollerato, il cui uso è comunque controindicato durante la gravidanza ( a meno
che un rischio grave ed immediato di infezione ne consigli comunque la somministrazione) e nei
bambini di età inferiore ad 1 anno.
Le zanzare Aedes pungono nelle ore diurne; in assenza di vaccinazione, pertanto, le misure di
profilassi comportamentale debbono essere seguite scrupolosamente anche durante il giorno, con
applicazione di prodotti repellenti per gli insetti e di indumenti che coprano la maggior parte della
superficie corporea.
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Profilassi per la dengue e la dengue emorragica
Le misure sopra indicate, diventano, se possibile, ancora più importanti nel caso della dengue, altra
malattia virale trasmessa da zanzare del genere Aedes (A. aegypti e albopictus o zanzara tigre) e per
la quale non è ancora disponibile un vaccino.
La dengue, o febbre spaccaossa, è provocata da quattro distinti virus appartenenti, come quello della
febbre gialla, al gruppo dei Flavivirus. L’infezione con uno dei virus della dengue conferisce
un’immunità tipo-specifica, non protettiva nei confronti degli altri tipi. Ripetute infezioni con
diversi tipi di virus della dengue aumenta il rischio di dengue emorragica, cui sono associate gravi
complicazioni e non trascurabile letalità. Almeno 50 milioni di persone vengono colpite ogni anno
dalla dengue o dalla più pericolosa dengue emorragica .
Nei confronti di questa malattia non esiste neanche la possibilità di attuare una profilassi
farmacologica; peraltro, la possibilità di complicazioni di tipo emorragico impone estrema cautela
nella somministrazione, in caso di febbre in aree endemiche o interessate da epidemie di dengue, di
antipiretici a base di acido acetilsalicilico o di altri farmaci con effetto antiaggregante piastrinico.
La dengue sta diventando un serio problema di sanità pubblica in aeree (America Centrale, zona
caraibica) che, fino a pochi anni, ne erano totalmente indenni e che sono ora colpite da epidemie in
seguito all’introduzione di un vettore che ha dimostrato di avere notevolissime capacità di
adattamento anche in zone a clima temperato o relativamente freddo.
Sono in questo momento in fase di sviluppo e di sperimentazione diversi vaccini candidati per la
dengue; un vaccino a base di virus viventi attenuati è attualmente nella fase di sperimentazione
clinica.
Il periodo di incubazione della dengue, è simile sia per la dengue classica che per la dengue
emorragica, e può variare da 3 a 14 giorni, con una media di 5-7 giorni. La dengue classica, forma
benigna della malattia, può presentare una sintomatologia più o meno spiccata a seconda dell’età:
nei bambini piccoli si manifesta sotto forma di affezione febbrile lieve, accompagnata da una
eruzione cutanea di tipo maculo-papuloso (macchie e bolle poco sporgenti sul piano della cute,
mentre nei ragazzi più grandi e negli adulti si presenta come un’affezione di tipo simil-influenzale,
con febbre, cefalea, dolori osteo-articolari e muscolari (viene chiamata anche febbre rompiossa),
disturbi gastrointestinali, con o senza comparsa dell’esantema maculo-papuloso. A volte nella
dengue classica possono aversi lievi manifestazioni emorragiche, sotto forma di perdita di sangue
dal naso e dalle gengive, e di emorragie sottocutanee puntiformi (petecchie).
La forma di dengue emorragica (DE) è particolarmente frequente nelle regioni del Sud-Est Asiatico
e del Pacifico, ma epidemie di questa forma sono state segnalate, in tempi recenti, anche dalle
regioni caraibiche e dall’America meridionale. La DE si manifesta con un andamento a due fasi.
Nella prima fase si ha comparsa improvvisa di febbre, arrossamento del viso, inappetenza, lievi
disturbi a carico dell’apparato gastrointestinale e delle vie aeree superiori. Segue un periodo di
sfebbramento, in concomitanza del quale le condizioni del paziente possono improvvisamente
peggiorare, con comparsa di profonda debolezza, irritabilità, pallore, colorito cianotico, soprattutto
intorno alla bocca, abbassamento della pressione sanguigna, polso rapido e debole, eruzioni
cutanee. In questa seconda fase sono frequenti i fenomeni emorragici, dalle petecchie, alle
ecchimosi (macchia emorragica sulla cute o sulle mucose, non rilevata, bluastra o violacea), alle
epistassi (perdita di sangue dal naso), alla perdita di sangue dalle gengive, alle emorragie a carico
dell’apparato gastrointestinale (presenza di sangue nel vomito e nelle feci). Sono possibili
complicazioni a carico del fegato e del sistema nervoso centrale. Nei casi gravi si può arrivare allo
stato di shock. La letalità della DE nei casi non trattati o trattati in modo improprio può arrivare al
40-50%; nei casi trattati adeguatamente, invece, la letalità è inferiore al 2%. In caso di febbre di
qualsiasi natura, soprattutto se al ritorno da un viaggio in una zona a rischio, è necessario rivolgersi
immediatamente ad un medico o ad una struttura ospedaliera qualificata, per effettuare gli esami di
laboratorio che confermino o escludano la diagnosi.
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La conferma diagnostica viene effettuata sulla base della presenza di anticorpi specifici; la ricerca
degli anticorpi è utile anche a distanza di tempo (settimane o mesi) dall’attacco febbrile, per chiarire
una diagnosi altrimenti dubbia.
Se non trattata o trattata in modo improprio, la Dengue emorragica, o con sindrome da shock, ha un
alto tasso di letalità; la gestione clinica appropriata del caso può ridurre il tasso di letalità sotto al
5%.
Le forme emorragiche colpiscono prevalentemente bambini in Asia e in Oceania mentre vengono
riferite raramente nei turisti (al contrario della Dengue classica). La profilassi si identifica con la
lotta ai vettori e con le misure di protezione meccanica nei confronti delle zanzare; i tentativi di
immunizzazione attiva con vaccini viventi attenuati non hanno dato finora risultati conclusivi.
COLERA
È una enterite acuta causata da Vibrio Cholerae, endemica in Asia ed epidemica in Europa.
L’infezione si trasmette per via oro-fecale attraverso l’acqua ed i cibi contaminati o per contatto
diretto con il materiale fecale infetto. In particolare la trasmissione avviene tramite i frutti di mare
mangiati crudi.
Il periodo di incubazione è di 2-3 giorni.
Il Vibrio Colerae è sensibile al pH gastrico perciò è necessaria una alta concentrazione di Vibrioni
perché questi possano superare la barriera gastrica e raggiungere l’intestino tenue (individui con
acloridria sono maggiormente suscettibili).
I vibrioni si moltiplicano nella superficie della mucosa intestinale dell’ileo (talvolta anche del
colon) senza penetrare nell’epitelio non sono cioè invasivi.
L’azione patogena viene svolta esclusivamente da una enterotossina la tossina colerica costituita
da due subunità A-B legate covalentemente. Le subunità B si legano ai recettori degli enterociti
costituiti dai gangliosidi GM1 permettendo alla subunità A di penetrare nel citosol.
Dalla subunità A si libera il frammento A1 che si lega alla proteina G che attiva l’adenilato ciclasi
innalzando i livelli intracellulari di cAMP che determina una ipersecrezione di elettroliti da parte
degli enterociti. Gli elettroliti provocano per richiamo osmotico l’afflusso di un gran volume di
acqua che nei casi più gravi può anche raggiungere i 14 litri al giorno con più di 10 scariche l’ora
(diarrea secretiva).
La tossina inoltre determina vasodilatazione dei capillari con trasudazione di liquidi. Non essendo il
batterio invasivo le alterazioni della parete intestinale sono minime e rappresentate da lieve
infiltrato infiammatorio della lamina propria e piccole lesioni all’apice dei villi.
Clinica
Clinicamente il colera si presenta bruscamente con numerose scariche diarroiche (anche 50-100 al
giorno), non precedute né accompagnate da febbre o dolori addominali ma da vomito.
Le feci si presentano acquose e biancastre e possono contenere fiocchi di muco assumendo l’aspetto
ad acqua di riso, peraltro hanno un odore dolciastro contrariamente a quanto si potrebbe
immaginare. Esse sono praticamente isotoniche con il plasma, infatti le concentrazioni dei vari
elettroliti sono: [Na+]=130 mEq/l, [Cl-]=95 mEq/l; le concentrazioni di HCO3 - e di K+ sono
rispettivamente doppie e quadruple di quelle del plasma, motivo per cui la diarrea può portare ad
acidosi e spasmi muscolari.
La diarrea profusa provoca disidratazione (tachicardia, ipotensione, marcata emoconcentrazione,
oliguria, sudorazione, occhi infossati, guance scavate, naso affilato). L’exitus sopravviene nel 60%
dei pazienti non trattati.
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Diagnosi
Il vibrione è isolabile ampiamente dalle feci: provvisoriamente esse possono essere mescolate ad
acqua peptonata, poiché il pH alcalino favorisce il vibrione, poi in altri terreni selettivi.
Terapia
È imperativo innanzitutto reidratare il paziente, ma non con soluzione fisiologica semplice, poiché
questa provoca sovraccarico del cuore sinistro ed edema polmonare. Si usa una soluzione sostitutiva
bilanciata.
Visto che non è compromessa la capacità di assorbimento è stato definitivamente provato che la
soluzione si può dare x os.
Gli antibiotici servono ad abbassare la carica vibrionica più rapidamente: i più efficaci sono le
tetracicline e i fluorochinoloni (ciprofloxacina)
Profilassi: isolamento del paziente e denuncia del caso.
La vaccinazione anticolerica non viene più richiesta ufficialmente da nessuno dei Paesi aderenti
all’Organizzazione Mondiale della Sanità.
D’altra parte, la stessa OMS da tempo ne sconsiglia la somministrazione a causa della scarsa
efficacia protettiva e per il falso senso di sicurezza che esso potrebbe indurre nei vaccinati.
L’efficacia protettiva dei tradizionali vaccini anticolerici (iniettabili) è stata stimata nell’ordine del
30-50%; essi quindi non prevengono tutti i casi di malattia e non riescono a prevenire l’instaurarsi
di uno stato di portatore inapparente e quindi l’introduzione di V. cholerae in territori indenni.
Migliore efficacia protettiva nei confronti della malattia sembrano avere i nuovi vaccini anticolerici
prodotti per mezzo dell’ingegneria genetica e a somministrazione orale.
Il loro uso è, anche in considerazione del costo ancora piuttosto elevato, riservato a situazioni
particolari (militari, operatori sanitari, interventi di profilassi in campi profughi).
Poiché anche i vaccini anticolerici orali non riescono a prevenire l’instaurarsi dello stato di
portatore se non nella misura del 30-40%, il loro uso non è raccomandato per i viaggiatori
internazionali.
DIARREA DEL VIAGGIATORE
Alcune delle diarree che colpiscono i viaggiatori possono essere non infettive e autolimitantisi,
legate alla assunzione di alimenti insoliti, a tensione nervosa, ad affaticamento, altitudine o altri
fattori. Infezioni virali acute, causate principalmente da rotavirus sono altre cause comuni di diarrea
non diagnosticata. Si tratta di un quadro clinico, cui sono state assegnate anche pittoresche
definizioni popolari quali “la Vendetta di Montezuma”. Oltre ai fattori locali, socio-sanitari e
climatici, anche fattori propri dell’ospite (età, condizioni morbose pre-esistenti, maggiore o minore
scrupolosità ed attenzione nel seguire norme igieniche e comportamenti appropriati, caratteristiche
del viaggio) giocano un ruolo nella genesi della diarrea del viaggiatore. Sono state, comunque,
definite tre zone del mondo, cui corrispondono rispettivamente un rischio minimo (America del
nord, Europa occidentale, Australia), un rischio intermedio (Europa meridionale, isole dell’Estremo
Oriente) ed un rischio massimo (Africa, Asia, America meridionale e centrale, Medio Oriente) di
contrarre tale malattia.
Gli agenti patogeni riscontrati con maggiore frequenza in casi di diarrea del viaggiatore sono
comunque: Escherichia coli produttori di enterossina (ETEC), le Shigelle, le Salmonelle, il
Campylobacter jejuni, e anche i banali Escherichia coli non enterotossici, che sono ospiti abituali
del nostro intestino. Oltre ai batteri, una causa frequente di diarrea del viaggiatore sono i Rotavirus,
gli Enterovirus, i virus Norwalk, mentre tra i parassiti sono da ricordare la Giardia lamblia,
l’Entamoeba hystolitica, i Cryptosporidium.
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Il periodo di incubazione e la contagiosità della diarrea del viaggiatore sono strettamente dipendenti
dalla natura dell’agente eziologico; solitamente, però, il periodo di incubazione varia da qualche ora
a pochi giorni. La malattia si manifesta con diarrea con diverse scariche al giorno di feci liquide o
semi-formate.
Il trattamento si basa essenzialmente sulla reidratazione orale bevendo acqua, tè, brodo e bevande
con carbonati, per la reintegrazione dei liquidi e dei sali persi con le scariche diarroiche. La dieta di
accompagnamento dovrebbe essere blanda evitando soprattutto alcool e grassi.
Gli agenti patogeni responsabili di sintomatologia diarroica vengono trasmessi all’uomo per via
oro- fecale, in primo luogo attraverso il consumo di acqua e alimenti contaminati, ma anche
attraverso la balneazione, soprattutto se effettuata in acque dolci.
Il contagio diretto da uomo a uomo, attraverso contatto con mani sporche, è raro ma possibile; le
mosche possono fungere da veicoli degli agenti infettivi, trasportandoli meccanicamente da
superfici contaminate agli alimenti. Un’attenzione meticolosa nella preparazione di alimenti e di
bevande può ridurre la probabilità di andare incontro a questa malattia.
A rischio sono tutti i viaggiatori, con le dovute differenze riguardo le destinazioni e le
caratteristiche del viaggio ed il periodo dell’anno.
Farmacia da viaggio
Il viaggiatore va invitato a portare con sé scorte sufficienti dei farmaci che usa abitualmente
(antidiabetici, antipertensivi, antiepilettici, antianginosi, ecc.) per la difficoltà a reperirli all'estero.
Conviene viaggiare con una o più ricette con prescrizione dei medicamenti di cui si potrebbe aver
bisogno, insieme al nome commerciale del prodotto con il nome del principio attivo. Chi usa la
pillola antifecondativa dovrebbe portare scorte sufficienti a coprire l'intera durata del viaggio.
Se si viaggia in zone malariche si deve mettere in valigia scorte degli antimalarici prescritti in
quantità sufficienti ed eventualmente quelli per l'automedicazione (farmaci di riserva da usarsi nel
caso di comparsa di sintomatologia malarica ed impossibilità a raggiungere presidi medici).
Oltre ai farmaci suddetti, può essere conveniente portarsi in viaggio alcuni farmaci che potrebbero
essere utili. Essendo la diarrea del viaggiatore l'affezione più frequente nei viaggiatori, tra i farmaci
da mettere in valigia va senz'altro consigliata la rifaximina (Normix), antimicrobico che vanta uno
spettro particolarmente ampio (microrganismi aerobi, anaerobi e micobatteri) ed un assorbimento
inferiore all'1%. Oltre a tale prodotto, potrebbe essere utile portare con sé un antipiretico, un
analgesico, un disinfettante delle vie urinarie, sali per reidratazione orale, filtri antisolari, un
insetticida ed eventualmente zanzariere al piretro (se si va in zone malariche).
CONSIGLI RELATIVI AL RITORNO DAL VIAGGIO
Anche se apparentemente sano, il viaggiatore che ritorna da regioni esotiche dovrebbe sottoporsi ad
alcune procedure di screening routinarie per infezioni esotiche. Queste comprendono un esame
delle urine, test di funzionalità epatica, conta completa delle cellule ematiche per svelare anemia,
leucocitosi, leucopenia o eosinofilia. Quest’ultima è un indicatore di possibile infezione elmintica
intestinale o sistemica e raramente è causata da infezioni protozoarie. Nel ritorno febbrile,
importanti considerazioni sono malaria, epatite e ascesso amebico epatico. Siccome alcune infezioni
esotiche (malaria, epatite, parassiti intestinali) possono manifestarsi mesi o, raramente anni dopo il
ritorno a casa, è necessario sia per il viaggiatore che per il suo medico considerare il possibile
rapporto tra i sintomi e il precedente viaggio.
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