lissone nella storia del mobile
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lissone nella storia del mobile
12 marzo 2014 LISSONE NELLA STORIA DEL MOBILE LISSONE NELLA STORIA DEL MOBILE 1 GLI ANTEFATTI: IL SEICENTO Il Seicento nel passato è stato definito da molti storici come il “Secolo di Ferro”. Anche se in seguito è stato fortemente rivalutato, non si può non dimenticare che esso fu percorso da eventi segnati da guerre, morte, povertà, carestie e pestilenze. L’Italia era sotto il dominio degli Spagnoli, che consideravano le nostre terre essenzialmente da depredare. Il nostro Paese era in piena decadenza; le cause erano molteplici: 1. ormai il grande traffico commerciale internazionale si svolgeva sull’Atlantico, e le navi italiane, tecnicamente arretrate, non potevano assolutamente entrare in competizione; 2. una fonte della ricchezza italiana veniva meno: i prodotti dell’artigianato, prima di tutto i tessuti, che un tempo gli italiani esportavano in ogni parte d’Europa, adesso non riuscivano a trovare più acquirenti. Costavano troppo cari rispetto a quelli prodotti altrove (specialmente in Olanda, dove la manodopera veniva pagata meno ed erano impiegate tecniche più moderne). Le attività artigianali e produttive scomparvero da molte regioni d’Italia e con esse le banche; 3. alla miseria si aggiunse la peste: una gravissima epidemia colpì l’Italia settentrionale nel 1630-31 (quella di manzoniana memoria); un’altra si abbatté nel 1656-57. Pochissimi sanno che un ricordo della peste del 1630-31 rimane a Lissone: sono due colonne, con sopra una piccola croce, erette a ricordo della fine (e dei morti) di quella epidemia; ora fanno bella mostra di sé, per chi le vuole vedere, una nella Piazza Giulio Fumagalli dietro la chiesa Prepositurale (dove è stata spostata, nel passato, dalla vecchia collocazione dell’attuale piazza Italia), l’altra nei pressi dell’incrocio tra la via Buonarroti e la via per San Giorgio (recuperata in un giardino privato e posta, a cura di alcuni Lissonesi che l’avevano ristrutturata, in una posizione vicino a quella originaria). Non giuro che le croci siano originali, le colonne certamente sì. Poi c’erano gli Spagnoli che, per il continuo bisogno di denaro, spremevano gli Italiani, imponendo tasse pesantissime. Il governatore di Milano, il cui ducato apparteneva direttamente al re di Spagna, come altri del suo ruolo debole e corrotto, non era in grado di riscuotere direttamente le tasse. Affidava, perciò, il compito ai cosiddetti “arrendatori”, i quali anticipavano le somme che il suddetto doveva ricevere attraverso le imposte, e in seguito pretendevano dalla popolazione, con mezzi violenti, molto più di quanto avevano versato allo Stato. 2 E Lissone faceva parte del Ducato di Milano. Il piccolo paese risentiva naturalmente della crisi. Basti pensare che, secondo dati parrocchiali, gli abitanti erano 1000 nel 1579, 1008 nel 1600 e 1120 nel 1700: in un secolo un aumento della popolazione di poco più dello 0,1% all’anno. Allora Lissone era divisa in due paesi: la Lissone propriamente detta e l’attuale Santa Margherita, il quartiere a nord denominato allora Cassina Aliprandi; l’ unificazione sarebbe avvenuta solo nel 1869. La popolazione era soprattutto agricola. Il territorio apparteneva a pochi grandi proprietari terrieri, alle cui dipendenze c’era la quasi totalità della popolazione. Il terreno, oltre che a cereali, era coltivato ad uva: molti erano i vigneti. L’agricoltura, però, non riusciva a dare la piena occupazione a tutti, provocando così una continua emigrazione. All’agricoltura era complementare l’artigianato tessile a conduzione familiare largamente praticato nel tempo reso libero dalla cura dei campi e nella stagione invernale. Centodieci erano i telai per i panni di lana a Lissone, come risulta da un documento del 1615: se pensate che le famiglie nel 1604 erano 150! L’ACQUA, LE VILLE Ed eccoci al Settecento, il secolo del dominio austriaco in Italia e con esso il secolo delle riforme e della buona amministrazione, pur in uno Stato accentrato e burocratico. Il governo austriaco (pensiamo solo all’imperatrice Maria Teresa) dà una svolta anche economica ai suoi possedimenti italiani, di cui Lissone fa direttamente parte. Gli effetti per il paese brianzolo cominceranno nell’ultima parte del secolo, ma non saranno indifferenti. Cosa fanno gli Austriaci anche per Lissone? Il primo segno è la stesura (1723) della prima mappa del paese, ordinata nell’ambito di un inventario generale dei poderi e delle abitazioni, voluto dall’imperatore Carlo VI d’Austria. L’opera trae spunto dalla necessità di conoscere le potenzialità economiche anche di Lissone, oltre che delle altre zone, allo scopo di regolare la determinazione delle tasse e delle imposte. L’opera (di una meticolosità tutta austriaca) viene portata a termine sotto il governo di Maria Teresa. Essa costituisce anche opera utilissima per gli stessi Lissonesi, in quanto viene fatto un po’ d’ordine nelle proprietà e nei poderi. 3 Il governo austriaco non si limita, però, solo alle tasse: dà impulso e sviluppo al commercio, favorendo il fiorire degli antichi mercati. Grazie al nuovo clima di pace ed attività che si é creato, anche Lissone ha modo di uscire dalla situazione di immobilismo e di decadenza: nel 1789 la popolazione è quasi raddoppiata rispetto all’inizio del secolo, 1826 abitanti. Prima di andare avanti, però, a questo punto è necessario fare un excursus, chiamiamolo geografico. Lissone fa parte della Brianza e questa, a sua volta, fa parte dell’alta pianura. Il terreno è ghiaioso, per cui l’acqua che piove dal cielo non rimane in superficie ma penetra in profondità, lì tocca il terreno argilloso, compatto, laddove si formano le falde freatiche, per poi riaffiorare a sud di Milano. Qui il terreno in superficie è argilloso e dà origine alle risorgive (o fontanili) ed è quindi molto più fertile. Le conseguenze? Da noi neanche a pensare alla praticoltura. Solo culture, come quelle dei cereali e della bachicultura, che non consentono cure particolari, ma a questo tipo di terreno sono limitate. Questa è la situazione. Si coltiva la terra a cereali ed a uva e nei tempi morti ci si dà alla tessitura. Niente di più. Che fare? Che fare per aumentare il reddito familiare? Monza e altri centri lombardi (Como soprattutto) hanno già raggiunto un livello qualitativo apprezzato nel settore della filature/tessitura. La concorrenza è spietata e tutta a sfavore dei Lissonesi. Però… Però… C’è un’antica consuetudine dei Milanesi più agiati di villeggiare nella bassa Brianza, e non altrove in Lombardia. Adesso, oltre ai nobili, anche i ricchi borghesi milanesi costruiscono la loro seconda casa nella verde Brianza. Sono così mobilitati, tra la fine del XVIII secolo e l’inizio dell’Ottocento, schiere di architetti, imprese edili, arredatori, giardinieri e falegnami per costruire nuove ville e restaurare le vecchie, e arredarle. Già è presente a Lissone l’attività di falegnameria, quasi sempre nelle ore e nei tempi morti dell’agricoltura. La produzione lissonese di mobili è, come negli altri paesi dove tale industria è fiorente (Cesano, Bovisio, Meda e Barlassina), qualitativamente piuttosto modesta e di uso popolare diretta, attraverso la mediazione dei commercianti milanesi, ai mercati rurali della Lombardia, del Veneto e del Tirolo. 4 Se la tessitura non riesce più a reggere la concorrenza, i mobili lo possono fare? Nel 1773 arriva la soppressione della “Università dei legnamari (falegnami)” di Milano, che favorisce il ritorno ai paesi d’origine ( e quindi anche a Lissone) di qualche “Magistro ad lignamine (falegname provetto)” in grado di organizzare la produzione in proprio ed all’esterno, e, soprattutto, di far scuola. Questo provvedimento, ad opera sempre di Maria Teresa d’Austria, si inquadra nella più generale opera di soppressione delle corporazioni (dette anche Università) allo scopo di favorire lo sviluppo del sistema economico. L’abolizione di queste istituzioni medioevali pone la base per una più libera attività economica e commerciale: l’artigianato brianzolo (e quindi anche lissonese) può accedere a mercati esterni – soprattutto quello milanese – senza dover più sopportare alcun onere per l’esportazione di propri prodotti. Quindi, le ville brianzole e, in particolare, la Villa Reale di Monza. Maria Teresa, per manifestare il prestigio e la magnificenza della sua corte e accrescerne il lustro, nel 1777 decide la costruzione di “una casa di campagna che serva di villeggiatura al Serenissimo Arciduca Governatore”, suo figlio Ferdinando, sposato con Maria Beatrice Este. La Villa Reale, con l’arredamento delle sue 700 e più stanze, invoglia molti contadini della zona – e in special modo, i nostri di Lissone - ad affiancare ancor di più ai tradizionali lavori dei campi e della tessitura quello del “lagnajolo”. Se si pensa che la costruzione della Villa Reale richiederà quasi settant’anni (dal 1780 al 1848), pensate quanto lavoro ci potrà essere per i falegnami brianzoli e anche lissonesi! NAPOLEONE E DOPO Alla fine del Settecento arriva Napoleone che stravolge E arriva anche in Italia. Che fine farà anche la piccola soprattutto, per quanto ci riguarda, la sua crescente mobiliera che ha cominciato a mettere le ali anche per governo” austriaco? l’Europa. Lissone e economia il “buon Intanto gli artigiani “legnamari” lissonesi sono aumentati di numero in breve tempo. In un documento del 1804 il “Cancelliere del Censo” del XIII Distretto di Monza, appartenente al Dipartimento dell’Olona scrive così: “ … si rileva che la sola comune di Lissone ha n. 44 famiglie che eserciscono l’arte di Falegname le quali travagliano in fabbricare mobili vendibili, ed eccone le indicazioni. 1)Li legnami occorrenti sono provveduti in 5 questo Dipartimento. 2) Il valore delle opere ridotte in merci non si può individuare, e tali manifatture si smerciscono nell’interno. 3) n.68 persone sono verosimilmente occupate nelle Manifatture. 4) Si servono dei soli istrumenti da falegname. 5) Dal 1769 in avanti tale manifattura si è accresciuta”. Melchiorre Gioia, giornalista, storiografo ed economista, vissuto tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, nella sua “Discussione economica sul Dipartimento dell’Olona” afferma che, per opera di Giuseppe Maggiolini (1738-1814), nativo di Parabiago, considerato il più ispirato maestro di intarsio ed ebanista del tempo, “… in varie ville principalmente, come Lissone… si diffuse l’arte, e andò vieppiù perfezionandosi, cosicché paragonando le nostre leggiere ed eleganti mobiglie con le rozze e materiali dei nostri maggiori, anche gli entusiasmi de’ bei tempi antichi sono costretti a darci la preferenza.”. Cosa c’entra Napoleone? A parte il fatto che, rimanendo sotto il suo potere due terzi della popolazione italiana, permette il formarsi di mercati che possono dirsi vastissimi per le attività economiche del tempo, avvezze al clima chiuso del campanile locale, un indizio ci porta di nuovo a vedere una possibilità per l’industria mobiliera locale. Nel 1804 Napoleone nomina il figliastro Eugenio Beauharnais viceré del neo costituito Regno d’Italia e costui sceglie come residenza la Villa di Monza, che da allora verrà chiamata Villa Reale. E tutto questo significa altro grande, febbrile lavoro per i nostri artigiani, che, per la seconda volta, partecipano all’arredamento della villa stessa. Parliamoci chiaro. L’industria del mobile a Lissone, come in tanti altri centri brianzoli, è ancora considerata secondaria rispetto a quella agricola, nella quale si continua a cercare un reddito certo. Scrivono Emilio Diligenti e Alfredo Pozzi nella loro “Brianza in un secolo di storia d’Italia (1848-1945)”: “… neppure tutto quello splendore, quel potere e quella ricchezza, potevano mutare in pochi anni come per incanto le miserevoli condizioni di vita e di lavoro dei borghi rurali della Brianza, né potevano fare sorgere e qualificare una nuova città produttiva. Evidentemente i contadini non potevano diventare fornitori di beni preziosi, di prodotti di classe, di oggetti rari, di vere e proprie opere d’arte, direttamente a contatto con quell’ambiente sfarzoso. I brianzoli del contado dovevano accontentarsi delle briciole, dei lavori modesti, magari per le cucine della reggia o per gli alloggi della servitù e della truppa.”. Però, “sia la villeggiatura dei patrizi milanesi (già ricordata, n.d.r.) sia i regnanti e la corte alloggiata nella Villa Reale di “Monza” – continuano i due – creavano un mercato locale 6 discretamente ampio, se non proprio per la produzione mobiliera, senz’altro per lavori più modesti di falegnameria e carpenteria, alla portata, almeno inizialmente, di quelle comunità rurali brianzole. Il resto, cioè gli arredamenti veri e propri richiesti per ville e palazzi, per il contado brianzolo funzionò come scuola d’apprendistato. E nell’arco di neppure mezzo secolo anche il povero contadino di questi borghi, in particolare di Lissone, Meda, Seveso, Cantù riuscì a diventare maestro in ebanisteria”. Insomma, anche a Lissone si impara il mestiere di artigiano del mobile, che soppianta a poco a poco la tessitura dei tempi morti lasciati dal lavoro agricolo. Il movimento emigratorio cessa e verso il 1820 Lissone comincia ad assorbire manodopera forestiera. Arrivano da tutte le parti ad imparare il mestiere del falegname, quello che i nostri a loro volta hanno appreso nell’arredamento delle ville patrizie brianzole e, in particolare, della Villa Reale. Stanno arrivando gli anni della svolta. GLI ANNI DELLA SVOLTA Agli inizi degli anni Trenta dell’Ottocento l’artigianato lissonese del mobile può essere considerato come una categoria produttiva vera e propria e, almeno in parte, questi artigiani hanno abbandonato totalmente il lavoro agricolo. E’ in questi anni, tra il 1830 e il 1840, che i nostri mobilieri affrontano il problema degli sbocchi commerciali oltre i confini brianzoli, in Lombardia e, in particolare, a Milano. Questa è una città in espansione con un forte potere d’acquisto. E Lissone dista pochi chilometri da essa. Già da prima i contatti fra i Lissonesi e questa città non mancavano. Il raccolto, ad esempio, veniva tutto portato sul mercato di Milano. La strada dei raccolti viene ora seguita nottetempo per portare nel capoluogo i mobili caricati su carri tirati da possenti cavalli da tiro. I protagonisti sono gli artigiani più intraprendenti e con qualche disponibilità di capitale; raccolgono la produzione locale per portarla a Milano, in una piazzetta, detta allora dei “resegoni”. Il significato della denominazione è, con tutta evidenza, certo che derivi da coloro che usano le seghe, e sono quasi sicuro che il luogo si riferisca all’attuale piazza Mentana. Qui si allestisce l’esposizione dei prodotti, assieme naturalmente ad altri mobilieri brianzoli. Il settore mobiliero assume, quindi, sempre maggior peso nell’economia lissonese, tanto da soppiantare gradualmente l’attività tessile, prendendo da questa, oltre ai capitali, i modi imprenditoriali che l’avevano caratterizzata alla fine del Settecento. 7 Nascono le prime ditte mobiliere, che cominciano a coordinare le “botteghe”, a programmare il tipo e la quantità di produzione, a garantire il lavoro agli artigiani cittadini, a propagandare il prodotto nelle grandi città, oltre ad assicurare l’approvvigionamento di materie prime e strumenti di lavoro. Il sistema di approvvigionamento della materia prima è ormai consolidato. E’ esclusivamente nazionale e localizzato nel Lodigiano, nel Cremasco, nella Lomellina e nelle vallate comasche per le essenze di noce e di castagno. La prima di queste aziende, a carattere e a dimensione industriali, nasce a Lissone del 1840: è la Meroni e Fossati, all’inizio, in vero, di Massimiliano Gatti. Nel 1848 poi verrà fondata la Paleari. Nel 1840 dai registri comunali risulta che la maggioranza della popolazione (69,1%) è dedita al lavoro agricolo, ma già il 17,1% di essa fa l’artigiano, in particolare nel settore mobiliero (47,7% di tutti gli artigiani). Da metà secolo in poi Lissone può essere considerata un centro del mobile con un’attrezzatura e un’organizzazione efficaci e con le capacità tecniche, artistiche, produttive e commerciali più complete. La produzione lissonese non solo può accontentare il cliente di ceto basso o medio, ma può permettersi di orientarsi verso la riproduzione perfetta degli stili, verso i mobili più pregiati. Nel 1849, sempre dai registri comunali della popolazione, gli artigiani sono ormai quasi un quarto (23,1%) della forza lavoro locale, e di essi più del 60% sono falegnami. Lissone deve essere considerato il più importante centro mobiliero d’Italia. E poi arriva l’Unità. LA SECONDA PARTE DELL’800: UN PERIODO D’ORO Questo periodo della storia del mobile è legata a eventi particolari, ognuno dei quali imprime un grande impulso all’attività economica mobiliera. Si inizia così il periodo d’oro del mercato mobiliero. Anni Settanta: Nasce l’idea di una scuola professionale di disegno e di intaglio. Un complesso produttivo come quello di Lissone non può trascurare questo settore, se vuole mantenere il suo primato nell’avvenire. Nel 1873 è stata fondata una Società di Mutuo Soccorso fra operai e contadini per opera di alcune lungimiranti personalità locali. 8 Per opera di questa società nel 1878 si inaugura la Scuola Serale di Disegno e Intaglio. La scuola prevede un corso preparatorio di due anni comune a tutte le professioni, e poi due corsi di tre anni, o per falegnami ebanisti o per intagliatori; infine un corso di specializzazione di due anni per falegnami ebanisti. Il percorso scolastico può, quindi, durare ben sette anni! Nel 1898 la scuola costruirà la sua sede definitiva in via Besozzi: un palazzo a tre piani con 14 aule, laboratorio e salone per copia dal vero. Nel 1900 saranno 73 gli allievi per poi aumentare in seguito. Anni Ottanta: Il 10 ottobre 1879 una delibera del Consiglio Comunale di Lissone, approvata all’unanimità dai quindici consiglieri presenti, chiede al Governo che sulla linea MilanoComo venga costruita “una stazione con scalo merci presso il cavalcavia soprastante la strada per Muggiò (attuale via Carducci), essendo il luogo più vicino ai due Comuni di Lissone e Muggiò e a distanza favorevole tra le due stazioni di Desio e Monza”. Anche il Comune di Muggiò, il dicembre dello stesse anno, delibera in tal senso. La stazione, denominata “Lissone-Muggiò” viene costruita tra il 1881 e il 1882. E’ evidente il notevole vantaggio che questa realizzazione porterà all’economia lissonese, in particolare a quella del mobile. Gli approvvigionamenti di materie prime sarà più veloce, la diffusione dei prodotti finiti potrà raggiungere, e più celermente, grandi distanze e, soprattutto, ci sarà la possibilità di far venire in loco tanti possibili acquirenti. Già nel 1880 la Meroni e Fossati ha costruito, proprio all’uscita della futura stazione, un palazzo di esposizione con annessa una fabbrica di mobili, per una superficie complessiva di circa 40.000 metri quadrati. Nel 1890 la Paleari farà altrettanto, sempre in prossimità della stazione. Sorgono rapidamente altre ditte e tutte di una certa importanza e con un giro di affari piuttosto rilevante; costruiscono le loro esposizioni, le loro fabbriche aumentano sempre di più la capacità produttiva del paese. Con tutto questo complesso mobiliero Lissone si fa conoscere in tutto il mondo, partecipando a molte mostre, fiere, esposizioni in Italia e all’estero: Milano, Nizza, Anversa, Napoli, Bordeaux, Besancon, Monaco, Chicago. Nel 1892 all’Esposizione Internazione di Chicago la ditta Paleari ottiene una medaglia d’oro. Brillante anche la figura all’Esposizione Universale di Parigi del 1900. Nella capitale francese gli artigiani lissonesi fanno concorrenza ai mobili locali già conosciuti dappertutto, assicurandosi fra l’altro un posto di primo piano nei mercati turco ed egiziano, imponendo la loro arte nel Medio Oriente. 9 Intanto, alcuni Lissonesi, almeno fino alla fine del secolo, continuano a lavorare per l’arredamento della Villa Reale, questa volta però per mobili di alto pregio. INIZI DEL NOVECENTO. L’INDUSTRIA “BELLE EPOQUE” ANCHE A LISSONE. DEL LEGNO. LA Agli albori del nuovo secolo a Lissone si comincia a pensare ad investire seriamente nella lavorazione della materia prima, il legno, in modo che poi possa essere utilizzato dai mobilieri. A dir la verità, già nel 1880 i fratelli Mussi avevano realizzato la prima trancia, interamente in legno: i primi fogli di tranciato erano stati ricavati da una radica di noce. L’invenzione, però, non aveva avuto successo, perché i mobilifici non avevano strutture e strumenti adatti a questa innovazione tecnologica. Sarebbero occorsi ancora vent’anni di ricerche e sperimentazioni per arrivare ad applicazioni di macchine collaudate per la lavorazione del legno. Ai primi del Novecento viene inventato un nuovo materiale derivato dal legno: il compensato, un prodotto fabbricato con alcuni strati di fogliato incollati tra di loro in modo incrociato. In futuro avrà grande successo, ma adesso non ha grande fortuna: il mercato mobiliero stenta ad assorbire un prodotto che non sia tutto di legno massiccio. La prima fabbrica italiana, la società italo-lettone “Luterna”, fondata a Lissone da Carlo De Capitani da Vimercate, avrà vita stentata. Nel 1910, comunque, apre un’altra fabbrica di compensati nel rione “Borgo”: è la “Sapoli”. Sono, però, maturi i tempi per la lavorazione meccanica del legno. In città vengono installate le prime macchine per la lavorazione pesante del legno, come i refendini per ridurre i tronchi in tavole. Vengono installate le prime seghe a nastro, le pialle, i torni, a disposizione degli artigiani, i quali, dietro compenso, li possono utilizzare per la loro produzione. Siamo all’inizio di una nuova tappa: l’artigiano lissonese, e non solo, comincia a rivoluzionare la tecnica della costruzione del mobile. I mobilieri lissonesi, che già hanno arredato il Vaticano, il Palazzo Reale di Alberto I di Monaco, il Casinò di Montecarlo, ora vengono chiamati ad arredare alberghi famosi in Italia ed Europa in tutte le città e centri di richiamo turistico, dove l’industria alberghiera conosce un primo grande sviluppo. Alcuni esempi di alberghi arredati: Quirinale, Milano, Continentale, Excelsior e Atlantico di Roma; Excelsior Gallia, Touring, Americano di Milano; Vesuvio, de Londres, Terminus di Napoli; Eden Paradiso di Capri, Delle Rose di Rodi. Lo stile che domina anche nell’arredamento, è 10 naturalmente il Liberty. Una curiosità: D’Annunzio, che nel 1910 abita alla Capannuccia, una villa sopra Firenze, fa scuola anche per l’arredamento. I suoi numerosi amici, desiderosi di imitarlo, arrivano a Lissone alla ricerca di botteghe d’arte capaci di assecondare il gusto del poeta. Altra nota: la realizzazione della linea tranviaria Monza-Cantù favorisce ancor di più l’accesso a Lissone di visitatori e compratori oltre che della manodopera per l’attività economica locale. In questo periodo cominciano a sorgere industrie sussidiarie, connesse con il mobile (lavorazione dei marmi, delle serrature, del vetro) o parallele (mobili in ferro): un altro capitolo da approfondire. La continua trasformazione economica, ed anche sociale, sta alla base di uno sviluppo rapido anche dal punto di vista urbanistico. L’area edificata dal comune è quintuplicata, mentre i vasti caseggiati con cortile (tipici dell’economia agricola) lasciano sempre più il posto a case a due piani: al piano terra la bottega dell’artigiano, al piano sopra l’abitazione della famiglia. Dal 1911, però, comincia a finire un’era, anche per Lissone. Un dato: la guerra libica fa cessare l’esportazione lissonese dei mobili in Medio Oriente. E poi siamo alla Grande Guerra. Anche il potenziale produttivo cittadino si mette al servizio dell’economia di guerra: si arriva a costruire cassette per munizioni. IL PRIMO DOPOGUERRA: SI RIPRENDE. Al termine della guerra i mobilieri lissonesi, nonostante la grave crisi successiva, riprendono a tessere le fila del lavoro. Bisogna, però, cominciare dall’industria del legno. Nel 1920 viene realizzata proprio a Lissone l’INCISA, la più grande fabbrica di compensati (che cominciano ad avere presa nel settore del mobile) e di tranciati d’Italia. Essa arriverà a dare lavoro a oltre 1.000 dipendenti e a trasformare giornalmente 1750 quintali di tronchi in 70 metri cubi di compensato. Negli anni Venti hanno inizio le spedizioni dei Lissonesi nelle foreste di tutto il mondo, alla ricerca di legnami pregiati e di quelli non ancora utilizzati nelle lavorazioni per arredamento. Alcuni esempi di mete alla ricerca di materia prima di ottima 11 qualità e a basso costo: Africa Equatoriale, Brasile, Venezuela, India, Afghanistan, Russia. Frattanto lo stile Liberty è al tramonto; anche se a fatica, si fa strada, anche nell’arredamento, quello razionale. A Lissone, però, ci si rifà allo stile dei neoclassici lombardi, tenuto a battesimo da un folto gruppo di architetti milanesi. In città si è ripreso a lavorare intensamente: le Nazioni alleate della prima guerra mondiale diventano i migliori clienti della produzione locale e si riapre una cospicua corrente di esportazione. E si aprono mercati come quelli dell’America Latina a del Sud Africa, assai reattivi nei confronti di quelle produzioni, appunto di stile classico, che Lissone fornisce in gran quantità. Anche l’arredamento dei grandi alberghi è ripreso su vasta scala, grazie alla nuova intensificazione del turismo. Nel 1926 alcune ditte lissonesi intraprendono fiorenti traffici con Londra, spiazzando la concorrenza belga e francese: in Inghilterra Lissone invia 120 camere alla settimana! Altri due esempi di presenza dei Lissonesi sui mercati internazionali: - viene fatta una fornitura di mobili all’ambasciatore del Libano a Parigi; - gli artigiani lissonesi realizzano una pregevole opera d’ebanisteria per l’organo della Chiesa di S. Vincenzo Ferrieri a New York. Per quanto riguarda il mercato interno, la cittadina brianzola diventa la meta preferita dei gerarchi del regime fascista: numerose sono le forniture di mobili per le nuove abitazioni dei capi e per le sedi federali. Fra questi clienti si trovano Arnaldo Mussolini, fratello del duce, e il duca d’Aosta. Alla fine degli anni Venti, esempio significativo della creatività e versatilità dei Lissonesi, Ambrogio Fossati, ebanista e scultore, futuro progettista della fontana di Piazza Libertà, disegna arredi per il “Rex”, il più grande transatlantico italiano dell’epoca, e per il suo gemello “Conte di Savoia”. A Lissone, nel frattempo, viene inaugurata la nuova grande chiesa prepositurale dedicata ai S.S. Apostoli Pietro e Paolo. E’ il 1926: i lavori sono durati più di due decenni, essendo iniziati nel 1904. E per gli arredi sono chiamati gli artigiani lissonesi, che offrono il loro grande contributo di creatività e originalità. Nel 1925 ha chiuso la Società di Mutuo Soccorso, ma ciò non significa la fine della Scuola Serale di Disegno ed Intaglio, perché essa viene prelevata dall’Amministrazione Comunale. Alla guida di essa,come Presidente, c’é Giuseppe Meroni, il quale penserà anche a una scuola professionale diurna: questa idea verrà definitivamente chiusa dall’inizio della seconda guerra mondiale. Il suo nome, però, lo ritroveremo più avanti. 12 Il primo censimento industriale italiano del 1927 permette di fare una fotografia anche sulle attività economiche lissonesi. Nel paese brianzolo su 4.800 posti di lavoro (34% della popolazione esistente), 2.638 sono quelli collegati alla produzione del mobile (il 55%). Le imprese mobiliere hanno mediamente 4 addetti ciascuna: sono chiaramente, in massima parte, aziende artigianali. Dal 1925 al 1935 si inizia e generalizza il fenomeno dello sganciamento della bottega artigiana dalle grandi case commerciali lissonesi, anche attraverso l’opera della Cooperativa di lavoro e produzione fra falegnami della Brianza, creata in Lissone da Alessandro Pennati, esponente del movimento cooperativo cattolico brianzolo e uomo politico. Forse l’arresto dell’esportazione nel 1931, dovuto in gran parte ai dazi protettivi imposti dai Paesi acquirenti, e la conseguente minor richiesta spinge l’artigianato a procurarsi da solo lo sbocco alla vendita dei suoi mobili. A Lissone, così come in tutta Italia, il mercato passa gradatamente dalle mani delle grosse ditte commerciali, che l’hanno tenuto per decenni, all’iniziativa diretta dell’artigianato. Si moltiplicano nelle città, come nel resto della Brianza, i laboratori specializzati nella piccola lavorazione del legno presso i quali, spesso a fare lunghe file di attesa, si recano i garzoni delle botteghe per far segare, piallare e sagomare le tavole di legno. Ecco, la grave crisi economica mondiale non può non avere un’influenza negativa anche su Lissone. Per esempio si bloccano le esportazioni di mobili in Inghilterra. Ma poi si riprende. Alla triennale di Milano del 1933 Lissone è presente con un buon numero di mobili. Nel 1934 sorge in Città la “Famiglia Artistica”, libera associazione con scopi culturali, che svolgerà la sua attività coordinando mostre d’arte, concorsi, concerti. Nel 1936 organizza, in collaborazione con l’Associazione Artigiani, la “Prima Settimana Lissonese” per far conoscere la produzione local. A fianco di una mostra del Mobile, nucleo centrale dell’iniziativa, sono allestiti momenti di carattere folcloristico (fuochi artificiali, convegni di corali) e culturali (mostre d’arte). Il grande successo di questa miscela tra cultura, arte, interesse economico e divertimento popolare, fa sì che l’iniziativa venga ripetuta ogni anno fino alla guerra. La manifestazione avrà un futuro ancora più luminoso nel dopoguerra. In questo periodo molti artigiani lissonesi si mettono al servizio dei “designer”, come li chiameremmo oggi, più affermati. Ordinazioni arrivano anche da ospedali, chiese, biblioteche. Un segnale della potenza dall’industria del legno. economica 13 mobiliera lissonese arriva Alla vigilia della seconda guerra mondiale Lissone dispone di 22 trance, 16 sfogliatrici, 18 presse e 82 gru. Per rifornire l’economia mobiliera locale di legname, sufficiente per una giornata, occorrono venti vagoni ferroviari. All’Incisa si è affiancata l’Alecta-Feltrinelli: sono le due più importanti industrie italiane di tranciati e compensati. Poi arriva il buio per più di cinque anni. DALLE BOTTEGHE ALLE MOSTRE. DALLE LISSONESI ALLE AFFINITA’ ELETTIVE SETTIMANE Alla fine della seconda guerra mondiale, per effetto delle attrezzature meccaniche potenziate in base alle esigenze della produzione bellica, Lissone si trova relativamente già preparata ad affrontare la nuova espansione della domanda di una vastissima clientela commerciale e privata che a causa della guerra aveva dovuto necessariamente limitare gli acquisti. Lissone fa naturalmente parte integrante del moto di ricostruzione iniziato in tutta la nazione, ponendo così le fondamenta allo sviluppo economico e sociale dei decenni seguenti. Al censimento del 1951 la popolazione lissonese supera abbondantemente i 18.000 abitanti e raggiunge in un decennio i 25.000. Effetto anche dell’immigrazione che comincia a diventare un fatto piuttosto rilevante. Dal ‘55 al ‘59 arriva a Lissone una media di oltre 300 immigrati all’anno, per ora per lo più delle regioni più vicine come il Veneto. Ciò che attira intere famiglie è la notevole offerta di lavoro da parte di tutta la struttura economica lissonese. La parte del padrone la fa naturalmente l’industria del legno e del mobile, anche se altri settori, come quelli meccanico, tessile, alimentare, mostrano una capacità di espansione superiore. Lo sviluppo del settore mobiliero mostra caratteristiche peculiari, anche se pare un po’ disordinato. Dalle vecchie botteghe artigianali si staccano congiunti ed operai che danno origine a un’altra unità produttiva. Alcuni studiosi hanno accusato quello che hanno chiamato processo di “discriminazione produttiva” di aver dato origine ad aziende piuttosto modeste, con scarsi capitali, a basso reddito, poiché l’organizzazione e le attrezzature sono approssimative. Altri hanno preferito parlare di “scomposizione di vecchie botteghe artigianali a tipo paternalistico” e hanno indicato che nella seconda metà degli anni Cinquanta “la maggior parte delle ditte artigiane… è dotatissima di attrezzature moderne e produce con criteri industriali anche per quanto riguarda la ricerca del basso costo”. 14 A disposizione dei vecchi e nuovi artigiani c’è una ricca biblioteca del settore, voluta nel lontano 1941 dalla Scuola Professionale attraverso il presidente Meroni ed il direttore Massimo Ronzoni. La biblioteca offre volumi e riviste usate per l’insegnamento nella scuola stessa e si è arricchita nel tempo con altri libri e disegni. Molto frequentata fino alla metà degli anni Sessanta, verrà donata all’Amministrazione Comunale e costituisce oggi, in Piazza IV Novembre, la Civica Biblioteca del Mobile e dell’Arredamento. Nel 1957 si valuta a circa 15 miliardi di lire il volume complessivo annuo d’affari: quasi un terzo del mercato nazionale mobiliero, il cui valore finanziario è stimato in circa 50 miliardi. D’altra parte si è cercato di coordinare e razionalizzare questa crescita. Già nel 1949 è stata creata in Via Matteotti, nei pressi della Stazione, l’E.P.A.M. – Esposizione Permanente Artigiana del Mobile – che raggruppa 200 aziende artigiane con un’esposizione di 100 ambienti. Nel 1997 viene inaugurata, con i suoi 250 ambienti, la Selettiva Artigiana del Mobile e dell’Arredamento; i suoi locali oggi sono la sede del Comune. Nel 1958 nasce, sulla nuova superstrada Vallassina, il Centro del Mobile, meglio conosciuto come Palazzo del Mobile: il biglietto d’ingresso, con 400 ambienti su cinque piani, a quella che ormai può considerarsi la capitale del mobile. Il Centro del Mobile è stato voluto dall’Ente Comunale per il Potenziamento del Mercato Mobiliero (poi Ente del Mobile) che è stato creato dall’Amministrazione Comunale nel 1951 e che ha iniziato la sua attività nel 1952. L’ente ha dato vita ad un giornale denominato “Attività” che, oltre alla propaganda, “si prefigge anche la elevazione del livello tecnico-mobiliero del mercato lissonese”. L’Ente del Mobile, già dal 1952 eredita la “Settimana Lissonese” dalla Famiglia Artistica. Questa manifestazione sposta sempre più l’attenzione sui problemi legati alla produzione e all’economia mobiliera, trascurando gli aspetti più folcloristici del passato. Le varie edizioni si succederanno fino al 1973 con una grande partecipazione di designer, produttori e consumatori, delle associazioni di categoria e delle istituzioni locali, regionali e nazionali. Accanto ad esse il Premio di Lissone di pittura. Il Premio di pittura è stato istituito sempre dalla Famiglia Artistica nel 1946 e dapprima ospita solo artisti italiani, ma dal 1952, quando si affianca alla ripresa della “Settimana Lissonese”, ripresa dopo sei anni di stop, diventa internazionale. 15 Fino al 1967, anno in cui chiuderà i battenti, il Premio Lissone vedrà partecipare i più famosi pittori italiani ed esteri e verrà accostato, per importanza e prestigio, alla Biennale di Venezia. La giuria che aggiudica il premio è internazionale e l’Amministrazione Comunale pensa bene di acquistare i quadri dei vincitori. Questi oggi costituiscono il patrimonio del Museo d’Arte Contemporanea di Lissone. Altra miscela fra cultura dell’altra: un mix vincente. e arte da una parte ed economia Nel 1956, tornando agli anni Cinquanta, apre i battenti l’Istituto Professionale di Stato per l’Industria e l’Artigianato in Via Alfieri. Esso sostituisce la vecchia Scuola Professionale di Disegno e Intaglio e viene intitolato a Giuseppe Meroni, che di questa era stato il mitico presidente dagli anni Venti agli anni Quaranta. Nato come succursale dell’I.P.S. “Cesare Correnti” di Milano, diverrà in seguito autonomo e formerà migliaia di mobilieri e arredatori, lissonesi e non. Nel frattempo Lissone deve reggere l’urto della crisi delle fabbriche di compensato che, di fronte alla concorrenza esterna, entrano in crisi. Alla fine del decennio, alcune delle più grosse ditte del settore (tra cui la storica I.N.C.I.S.A.) sono costrette a chiudere o a ridurre fortemente la propria attività, provocando la disoccupazione di oltre 500 lavoratori. Negli anni Sessanta e Settanta l’evolversi, anche convulso, del settore mobiliero, in conseguenza del boom economico italiano dei primi anni Sessanta e soprattutto del successivo ristagno, portano ad una vera e propria rivoluzione economica e sociale della cittadina. Tra gli aspetti essenziali di questa rivoluzione: 1. A causa della crisi della seconda parte degli anni Sessanta molti piccoli artigiani abbandonano il proprio lavoro, in fuga verso i salari di industrie come l’Autobianchi di Desio. In un primo momento il lavoratore che ha imboccato questa strada continua a lasciar aperta la propria bottega, ma in seguito è costretto a chiuderla per l’inevitabile impossibilità di lavorare su due fronti: l’artigiano si è trasformato in operaio. 2. Altri artigiani cercano spazi più confacenti alla loro attività, per cui si consolida un processo, già in atto negli anni Cinquanta, che vede i nostri occupare zone periferiche rispetto al centro, con il caratteristico edificio che presenta al pianterreno la bottega e al primo piano la residenza. 3. Le stesse aree periferiche sono occupate da piccole e medie industrie che nascono nel periodo. Esse presentano una tipologia 16 edilizia diversa: un vasto capannone rettangolare a scopo di lavoro, deposito ed esposizione con intesta un fabbricato con al piano terra gli uffici e al primo piano l’abitazione del proprietario. Ma è soprattutto la Vallassina che produce notevoli cambiamenti. Questa grande via di comunicazione è un chiaro invito a mettere in mostra la produzione mobiliera, e non solo quella lissonese. In questi anni si sono fatte strada sul mercato marchi mobilieri conosciuti a livello nazionale e internazionale. Molte famiglie artigiane scelgono la strada di aprire mostre sul lato orientale dell’arteria. In esse presentano ai possibili clienti la propria produzione (fin quando esisterà), ma anche, e con il tempo soprattutto, mobili non lissonesi, per cui si andrà a pescare, per esempio, dal Veneto o dalle Marche. Perché tutto ciò? Esprimo un mio parere personale. Gli artigiani mobilieri lissonesi hanno mandato a studiare i loro figli per allontanarli dalle fatiche che hanno dovuto essi stessi affrontare. Ora si trovano senza quegli eredi che possono continuare l’attività di famiglia. Non per tutti è così: alcuni ampliano la propria ditta, creando le piccole industrie di cui ho parlato. Ma per tanti è così come ho detto prima, per cui è giocoforza trasformarsi in commercianti. Nascono così le esposizioni sulla Vallassina: la “vetrina” di Lissone, un unico imponente negozio per il maggior mercato di consumo, Milano. Le mostre offrono ampie vetrate, nelle quali dalla strada si possono vedere i mobili esposti; l’abitazione con gli uffici è a fianco o sopra. Una nuova tipologia edilizia, dopo il cortile agricolo, le case artigiane a due piani e le fabbriche rettangolari. Questa nuova attività e questa nuova tipologia edilizia toccherà anche Via Carducci, strada di entrata a Lissone dalla Vallassina, e Viale della Repubblica, che collega Lissone a Monza. Negli anni Ottanta Lissone offre ai possibili clienti oltre 500.000 metri quadrati di esposizione di mobili: dai salotti ai mobili per bagno, alle camere da letto alle cucine e ai mobili per ufficio. Nel 1985 l’Amministrazione Comunale organizza, attraverso l’Ente Comunale del Mobile ed in collaborazione con la Triennale di Milano, “Le Affinità Elettive”. Ventun progettisti (architetti-designer) di fama internazionale vengono chiamati a sviluppare ricerche e proposte sperimentali d’arredo che poi sono consegnate a industrie e artigiani lissonesi per la loro realizzazione. I prototipi vengono esposti, tra febbraio e marzo, presso il Palazzo dell’arte di Milano nell’ambito della XVII Triennale. La mostra segna una svolta nella 17 cultura del design, ed è anche il solito connubio tra cultura ed economia che per tanto tempo ha segnato la storia mobiliera Lissonese. 18 Mi fermo qui. Non è facile presentare gli anni seguenti dell’evoluzione mobiliera lissonese. Gli anni a venire non sono più, per me, storia, si corre il rischio di cadere nella cronaca e di lasciarsi prendere oltremodo dalle passioni di parte. Non vedo, d’altra parte, a disposizione studi precisi dal punto di vista specifico sulla storia del mobile a Lissone. Una visione storica degli eventi e degli accadimenti ha bisogno che passi un certo lasso di tempo, perché si possa capire bene e fino in fondo ciò che è accaduto nel passato. Sono consapevole che tutto non ho detto, basti pensare al ruolo che hanno giocato nel secolo precedente le associazioni di categoria, come quelle degli artigiani e dei commercianti del mobile. Qualcuno nel futuro potrà prendersi la briga di fare, anche su ciò, una ulteriore ricerca storica. Se un giudizio posso trarre dalle vicende che ho ripercorso assieme a voi, posso dire, con convinzione, brevemente questo: la storia del mobile a Lissone è stata costruita da uomini coraggiosi. Nelle varie epoche hanno saputo, anche rischiando, scegliere strade diverse ed innovative: a partire dai pochi, all’inizio, che scelsero l’attività mobiliera al posto di quella tessile ed, in seguito, del tradizionale lavoro agricolo, per passare a quei mobilieri che decisero di portare i loro prodotti, su carretti, a Milano; a quelli che inventarono la Scuola Professionale e poi l’Istituto del mobile; a coloro che parteciparono a mostre e fiere internazionali per strappare nuovi mercati alla concorrenza; a chi impiantò e sviluppò l’industria del legno; a quelli che inventarono le Settimane Lissonesi ed il Premio Lissone di Pittura, e così via. Certo furono spesso favoriti, o spinti, dalle circostanze storiche, ma dovettero fare soprattutto appello appunto al proprio coraggio, oltre che al proprio ingegno, alla propria creatività e anche alla capacita di prevedere il futuro. E poi il Lissonese, tradizionalmente individualista, come credo tutti i Brianzoli, nei momenti decisivi ha saputo mettersi assieme agli altri: un esempio sono le mostre artigiane e l’Ente del Mobile dell’ultimo dopoguerra. Noi, come comunità, siamo quello che nel passato abbiamo costruito, non possiamo costruire bene il futuro senza sapere chi siamo e da dove veniamo. In questo momento di grave crisi economica e sociale, le lezioni che ci arrivano dai nostri avi, i valori profondi su cui questi hanno incanalato la loro attività e anche la loro vita possono essere un contributo decisivo per risollevare i destini della nostra terra. Renzo Perego 19 BIBLIOGRAFIA 1.AA.VV. 7^SETTIMANA LISSONESE Ente Comunale DEL MOBILE per il potenziamento del mercato mobiliero… 8^SETTIMANA LISSONESE Ente Comunale 2.AA.VV. LISSONE PRIMO del Mobile CENTRO DEL MOBILE 3.AA.VV. IX SETTIMANA Ente Comunale LISSONESE del Mobile PALAZZO DEL MOBILE, Palazzo del 4.Renato Tomasina 25 ANNI DI ATTIVITA’ Mobile 5.Renzo Perego CRESCITA ECONOMICA E Tesi di Laurea DEMOGRAFICA E GESTIONE URBANISTICA A LISSONE Chiesa 6.AA.VV. 50°ANNIVERSARIO CONSACRAZIONE CHIESA SS. Pietro e S.S.APOSTOLI PIETRO E Paolo PAOLO CENTO ANNI DI SCUOLA Comune Lissone 7.Sergio Missaglia SERALE 8.E.Diligenti, A.Pozzi LA BRIANZA IN UN Tedi Editore SECOLO DI STORIA (1848-1945) 9.Sergio Missaglia LISSONE RACCONTA Comune Lissone 10.Antonio Vismara MEMORIE E APPUNTI DI STORIA LISSONESE 11.Don Ennio Bernasconi LISSONUM (riedizione) Comune Lissone 12.Alberto Crespi AMBROGIO Comune Lissone FOSSATI,EBANISTA E SCULTORE (1887-1947) 13.Eugenio Mariani L’ANTICO COMUNE DI CASSINE ALIPRANDI 14.Renzo Perego 1904-2004.VIRTUS Polisportiva LISSONE.CENTO ANNI DI Virtus SPORT 15.Umberto Mariani LISSONEISMI 16.A cura delle classi A SPASSO PER LA Comune Lissone II e III A della Scuola VECCHIA LISSONE Secondaria di 1° grado dell’Istituto Comprensivo De Amicis Lissone 17.Silvano Lissoni Appunti sulla storia di Lissone 18.Silvani Lissoni Articoli sulla storia di Lissone 19.Documenti del sito Internet del Comune di Lissone 20.Documenti dal sito Internet dell’A.N.P.I. di Lissone 21.Altra documentazione non databile 20 Lissone 1953 Lissone 1955 Lissone 1957 Lissone 1973 Lissone 1975 Lissone 1976 Lissone 1978 Milano 1980 Lissone 1984 Lissone 1984 Lissone 1987 Lissone 1990 Milano 1999 Lissone 2005 Lissone 2005 Lissone 2009 Lissone 2014