lavoro e sm: i diritti di chi assiste

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lavoro e sm: i diritti di chi assiste
Titoli in collana:
- Gravidanza e sclerosi multipla
- Sessualità e sclerosi multipla
- Alimentazione e sclerosi multipla
- Fatica e sclerosi multipla
- Terapie complementari
alla riabilitazione e sclerosi multipla
- Aspetti psicologici e sclerosi multipla
- Lavoro e sclerosi multipla
- Lavoro e SM: i diritti di chi assiste
- ABC della ricerca nella SM
- La Sclerosi Multipla
- Patente e sclerosi multipla
In Italia si stima che la quasi totalità delle
persone con disabilità vivano in famiglia,
alla quale spetta l’onere dell’assistenza.
Quando l’impegno a carico di un familiare, sovente donna, si traduce implica in
molte ore giornaliere di assistenza, è importante conoscere le norme che aiutano
a conciliare lavoro e cura dei propri cari.
lavoro e sm: i diritti di chi assiste
Uno dei diritti fondamentali di ogni uomo è quello
al lavoro ma per chi ha un familiare con disabilità
grave può diventare difficile conciliare l’impegno
di cura con le esigenze del proprio lavoro.
Conoscere e utilizzare i diritti che la legge riconosce
a chi assiste è il primo passo per una migliore qualità
di vita per tutti.
lavoro e sm:
i diritti di chi
assiste
Mantenere una vita attiva, lavorare,
mettere su famiglia e avere dei figli, scegliere il proprio stile di vita, sono i temi
che vengono affrontati dalla Collana
“Giovani oltre la sclerosi multipla”, con
l’obiettivo di offrire uno strumento di
informazione alla portata di tutti i giovani con SM e loro familiari.
La collana editoriale rientra nell’ambito
delle attività del programma “Giovani
oltre la SM”, promosso dall’AISM e
rivolto ai ragazzi con sclerosi multipla
per fornire loro gli strumenti utili per
affrontare e vincere le difficoltà della
malattia, al momento della diagnosi, sul
lavoro, in famiglia e nella vita di coppia.
si ringrazia:
per la concessione gratuita
dell’immagine di copertina
Associazione Italiana
Sclerosi Multipla – Onlus
Sede Nazionale
Via Operai, 40
16149 Genova
Numero Verde 800 80 30 28
www.aism.it
[email protected]
La struttura editoriale della Collana
vuole fare di questi volumi uno strumento quanto più fruibile possibile e per
questo alterna la forma discorsiva che
affronta in maniera ampia e dettagliata
il tema, a contenuti sotto forma di
domanda e risposta per informazioni
immediate sul tema.
si ringrazia,
giovani oltre la SM
“Dedico molte ore alla cura di mio marito
che ha la SM e desidero anche continuare a lavorare.
Come posso fare? Quali sostegni mi offre la legislazione?”
- GG -
Lavoro e SM: i diritti di chi assiste
Introduzione
1 Come conciliare i tempi di lavoro
con i tempi di cura dei propri cari
In base alle stime ottenute dall’indagine ISTAT del 20042005 sulle condizioni di salute e il ricorso ai servizi sanitari emerge che in Italia le persone con disabilità che vivono in famiglia sono 2 milioni e 600 mila, pari al 4,8% circa
della popolazione. A queste persone, poi, vanno aggiunte
le 190.124 residenti nei presidi socio-sanitari. Si giunge
così a una stima complessiva di poco meno di 2 milioni e
800 mila persone con disabilità1. E la gran parte di loro
vive, appunto, in famiglia.
Anche nell’indagine conoscitiva sulle condizioni
sociali delle famiglie italiane, pubblicata dalla
Commissione Affari Sociali della Camera si riconosce come la famiglia e la donna in particolare continuano ad
1 Vedi www.disabilitaincifre.it
3
Lavoro e SM: i diritti di chi assiste
4
2 Quando un familiare ha la SM
esercitare una intensa attività di assistenza agli anziani, ai
figli minori e ai disabili e risulta sempre più difficile far
convivere impegni lavorativi e domestici con i compiti di
cura” 2.
Ecco il punto, dunque: in Italia la presa in carico
dell’assistenza a persone con disabilità è un fenomeno
socialmente rilevante, che riguarda sostanzialmente i
familiari e soprattutto le donne; per tutti costoro è difficile conciliare l’impegno di cura alla persona disabile con il
lavoro. Se lo sguardo si allarga all’orizzonte europeo, la
sostanza si conferma: secondo le più recenti stime di
Eurostat, l’80% delle persone con disabilità vive in famiglia e il 90% di costoro fruisce dell’assistenza di un familiare, quasi sempre donna.
Il 95% dei tre miliardi di ore dedicate all’assistenza alle persone disabili proviene dalla rete familiare. In
sette casi su dieci un familiare deve rinunciare al posto di
lavoro; il 7% lavora a part-time, rinunciando a prospettive di carriera. E si calcola che la famiglia con una persona non autosufficiente spenda circa 12.000 euro all’anno
per assistenza, farmaci e ausili terapeutici.
L’indagine CENSIS del 2000, basata su dati Indagini
Multiscopo ISTAT, ha classificato la sclerosi multipla tra le
prime tre malattie a più forte impatto assistenziale. Secondo
lo studio, il fatto che la sclerosi multipla colpisca fasce di
popolazione in età già attiva “crea enormi problemi di carico assistenziale e di revisione dell’approccio dell’assistenza
(non ultimo il problema dell’inserimento lavorativo)”3.
Sempre secondo i dati di una ricerca finanziata da
AISM nel 2000, il 95% delle persone con SM vive insieme ai familiari e il 76% dichiara di avere bisogno di assistenza domiciliare; di questi il 73% rivela di essere assistito dai familiari (costretti a modificare la propria attività
lavorativa nell’8% dei casi). E, da un impegno minimo di
un’ora di assistenza familiare, si può arrivare, nei casi di
totale perdita dell’autonomia della persona con SM, fino
a oltre 18 ore giornaliere di assistenza 4.
Quando la perdita dell’autonomia è grande, quindi,
il “caregiver” – ossia colui che assiste, che spesso è un familiare – si trova a dover sostenere l’assistenza per molte ore al
2 Vedi www.superabile.it, La famiglia ai raggi X, 4 maggio 2007
3 Bilancio sociale 2006, Ed. AISM 2007, pag. 10.
4 Libro Bianco “Sclerosi multipla in Italia, Ed. AISM 2000, pag. 13-18
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Lavoro e SM: i diritti di chi assiste
giorno e, di conseguenza, è costretto a modificare la propria
vita e, in particolare, si trova a dover ridurre la propria stessa attività lavorativa.
Un costo indiretto della SM, quindi, è sicuramente
quello del reddito che viene a mancare, o perché la persona
con SM perde il lavoro o perché il familiare che l’assiste deve
rinunciare a tempi propri di lavoro e agli annessi redditi.
A partire dagli anni ‘90, grazie alle sopravvenute
possibilità di diagnosi precoce e alla migliore efficacia delle
terapie, si è verificato un progredire più lento della disabilità nelle persone con SM e, di conseguenza si sono aperti scenari più confortanti sia in merito alla possibilità, per i giovani con sclerosi multipla, di mantenere più a lungo il proprio
lavoro sia, congiuntamente, rispetto alla possibilità che gli
stessi familiari non siano costretti a lasciare il lavoro per farsi
carico delle necessità di assistenza della persona con SM 5.
Rimane, tuttavia, il problema serio delle tante persone che
hanno da parecchi anni ricevuto una diagnosi di SM e che,
avendo nel tempo accumulato una crescente disabilità,
richiedono oggi, di conseguenza, un alto impegno di assistenza, che incide fortemente sulla vita dei familiari.
5 Vedi al riguardo i dati presentati nel Libro Bianco: “Disabilità e lavoro: il caso della
3 Il quadro dei sostegni legislativi in Italia
In questo quadro complessivo, la presente pubblicazione
si rivolge a tutti i familiari che assistono persone con disabilità, cercando di mostrare con precisione quali siano i
sostegni che la legislazione italiana va man mano offrendo.
Questa pubblicazione, in altri termini, prova a
entrare nello specifico e a individuare e proporre in forma
il più possibile esatta e completa tutti i sostegni che la legislazione mette a disposizione di chi, insieme, voglia lavorare e debba assistere un familiare con disabilità.
Per partire nel nostro viaggio all’interno della legislazione vigente, faremo prima di tutto riferimento alla “storica” Legge 104 del 1992: fu la prima legge-quadro dedicata alle persone con handicap in Italia. Essa delinea gli elementi fondamentali per i diritti, l’integrazione sociale, l’assistenza e la tutela delle persone con disabilità. Per esempio,
indica anche forme concrete di inserimento nel campo della
formazione professionale e nell’ambiente di lavoro.
In particolare la Legge 104/92 prevede il diritto ad
alcune significative agevolazioni lavorative per le persone
delle quali sia riconosciuto lo stato di handicap grave e
per i familiari, parenti e affini entro il terzo grado che pre-
sclerosi multipla”, Ed. AISM 2006, pag. 13-15.
6
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Lavoro e SM: i diritti di chi assiste
stino loro assistenza. Questo, dunque, sarà il primo punto
fermo: esplorare i diritti riconosciuti, anche a livello lavorativo, già dal 1992, alle persone in situazione di handicap
grave e a chi di loro si prenda cura.
A partire da qui cercheremo di mostrare in maniera il più possibile esaustiva e insieme semplice il quadro
legislativo attuale.
4
Aspetti problematici e nodi irrisolti
Sicuramente – e questo è un approdo che è ancora un
punto di partenza – si scoprirà come insieme ai sostegni e
alle opportunità offerte dalla normativa vigente, permangano aspetti irrisolti.
Ci sono diritti che solamente da poco sono stati
riconosciuti anche al coniuge o ai fratelli e alle sorelle
delle persone con disabilità; però non c’è ancora una
estensione di questi diritti alle persone che convivano
“more uxorio” – come si dice – o ad altri familiari. Questo
è un terreno delicato, ma, forse, su di esso abitano oggi
molte persone che, pur non essendo sposate né essendo
8
genitori, si prendono cura di una compagna o di un compagno di vita, di un cugino o di un amico che abbia anche
incontrato la SM o un’altra forma di malattia invalidante.
Anche per loro sarebbe importante che fossero riconosciute forme di sostegno sancite dalle normative.
Inoltre i familiari, oltre ai loro normali impegni di
lavoro, si trovano a dover gestire uno stress psico-fisico
notevole per assistere al meglio le persone care. Nessuna
disposizione normativa prende in considerazione, al
momento, l’ipotesi di offrire forme di prepensionamento
per le situazioni più complesse di assistenza continuativa
a familiari con handicap grave. Sarebbe utile, dunque, una
equiparazione dell’assistenza resa a familiari con situazioni di handicap in gravità ai lavori usuranti (il cui trattamento è regolato dal Decreto Legislativo 374/1993): questo è quanto chiedono anche FISH e AISM, come ribadito in occasione della Conferenza nazionale della famiglia
tenutasi nel maggio 2007. Ecco, dunque, un’altra conquista cui giungere: vedersi riconosciuto il diritto ad andare
in pensione in anticipo, dopo anni passati nella cura di un
familiare con grave disabilità.
L’equiparazione comporterebbe la possibilità (non
l’obbligo) di anticipare il pensionamento fino a un massi9
Lavoro e SM: i diritti di chi assiste
mo di 60 mesi (5 anni), per i lavoratori e le lavoratrici che
si prendono cura della persona con disabilità all’interno
della famiglia, purché l’assistenza sia rivolta a un inabile al
100% di gravità.
Sull’argomento sono stati presentati numerosi progetti di legge, sostenuti anche da FISH e AISM, sia alla
Camera come al Senato.
Più ampiamente, anche su questo terreno, FISH e
AISM ritengono essenziale la piena applicazione della
logica dell’inclusione che sostiene la Convenzione ONU
sui diritti delle persone con disabilità e si impegneranno
per rendere concreti i principi della Convenzione tramite
una riconfigurazione complessiva del sistema normativo
ordinario.
Il desiderio con cui nasce questa guida informativa,
quindi, è nel paradosso di diventare presto obsoleta: vorrebbe dire che ci sarebbero nuove norme da far conoscere
e che si dovrebbe riscrivere, in fondo, la mappa di una
società più civile, dove anche chi si trovasse in condizione
di debolezza sarebbe un po’ più libero di vivere come tutti.
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Domanda
&Risposta
11
domanda
Lavoro e SM: i diritti di chi assiste
risposta
D
R
1 La situazione di handicap grave
1. Cosa si intende per stato di handicap grave?
Per la Legge 104/92 si intende “persona con handicap”
chi presenti una minorazione fisica, psichica o sensoriale,
stabilizzata o progressiva, che sia causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e
che sia tale da determinare un processo di svantaggio sociale 6. La situazione di handicap assume la connotazione
di gravità quando la minorazione di cui sopra, singola o
plurima, abbia ridotto l’autonomia personale al punto da
rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo o globale, nella sfera individuale o in
quella di relazione 7.
3. Per ottenere il riconoscimento dello stato di handicap
grave, occorre una seconda visita, dopo quella
per il riconoscimento dell’invalidità civile?
Occorre fare domanda alla ASL locale. Una apposita com-
Presso ogni ASL sono istituite apposite Commissioni che
rilasciano varie tipologie di certificazione finalizzate all’accertamento dell’invalidità e dello stato di handicap. Dal
2006 9 lo Stato ha previsto che “le Regioni, nell’ambito delle proprie competenze, adottano disposizioni dirette a
semplificare e unificare le procedure di accertamento sanitario.. per l’invalidità civile... e per l’accertamento dell’handicap grave, effettuate dalle apposite Commissioni in sede,
forma e data unificata per tutti gli ambiti nei quali è previsto un accertamento legale”.
Ciò significa che, dal 2006, si può chiedere che la visita
per l’accertamento dell’invalidità civile e quella per la cer-
6 Legge 104/92, articolo 3, comma 1
7 Legge 104/92, articolo 3, comma 3
8 Come previsto dall’articolo 33 della Legge 104/92
9 Legge 80/2006, articolo 6, comma 1
2. Come si ottiene il riconoscimento dello stato
di handicap grave?
12
missione visita la persona e rilascia il certificato di handicap nel quale viene indicato se sussiste la connotazione di
gravità 8. Sul certificato viene barrato il quadrattino che richiama l’articolo 3, comma 3, legge 104/1992
13
domanda
Lavoro e SM: i diritti di chi assiste
risposta
D
R
tificazione dello stato di handicap avvengano contestualmente, ossia nello stesso momento.
Non è, tuttavia, detto che la ASL sia organizzata in modo
da poter far svolgere le due visite contestualmente.
4. Cosa si può fare se, dopo la presentazione della
domanda, passa molto tempo prima che si venga
chiamati alla visita di accertamento
Se la Commissione medica non si pronuncia entro 90
giorni dalla presentazione della domanda per l’accertamento dell’handicap, è possibile chiedere un accertamento – provvisorio – di un medico specialista nella patologia
denunciata, in servizio presso la ASL da cui è assistito l’interessato 10.
della gravità dello stato di handicap, l’eventuale certificazione provvisoria è valida sino all’accertamento definitivo
da parte della commissione dell’INPS. Per questo sarà cura
delle sedi INPS verificare periodicamente l’esito dell’accertamento definitivo, per evitare l’eventuale indebita fruizione di permessi o congedi in caso di mancato riconoscimento finale della condizione di gravità dell’handicap da parte
della preposta commissione.
6. La Legge 104/1992 si applica solo ai cittadini italiani?
No. Si applica anche agli stranieri e agli apolidi, residenti, domiciliati o aventi stabile dimora nel territorio
nazionale.
5. La validità dell’accertamento provvisorio della gravità
della situazione di handicap ha un limite di tempo?
Una recente circolare dell’INPS 11 ha stabilito che non c’è
più limite di tempo per la validità dell’accertamento provvisorio. Per evitare ai cittadini danni a causa di eventuali
ritardi nella conclusione del procedimento di accertamento
10 Legge 423/1993, articolo 2
11 Circolare INPS n.53 del 29 aprile 2008, punto 5
14
15
domanda
Lavoro e SM: i diritti di chi assiste
risposta
D
R
2 I permessi retribuiti previsti
dall’articolo 33 della Legge 104/92
per chi assiste una persona
con handicap grave
1. Quanti sono i giorni di permesso cui si ha diritto?
Secondo la Legge 104/92, ai familiari che, essendo lavoratori, assistano una persona in stato di handicap grave,
spettano mensilmente tre giorni di permessi retribuiti.
2. Chi ha diritto ai permessi retribuiti
previsti dalla Legge 104/92?
16
3.
Cosa si intende per parentela e cosa per affinità?
4.
Quali sono i parenti entro il terzo grado?
Per parentela si intende il vincolo che lega le persone che
discendono da un comune capostipite. Per affinità, invece,
si intende il legame tra il coniuge e i parenti dell’altro coniuge 13.
Padre – o madre – e figlio sono parenti di primo grado;
così anche i fratelli e le sorelle. Nonno e nipote sono parenti di secondo grado. Zii e nipoti (figli di un fratello o di
una sorella) sono parenti di terzo grado. I cugini sono parenti di quarto grado e non possono utilizzare i benefici in
oggetto.
Hanno diritto ai permessi lavorativi retribuiti:
• i lavoratori stessi che siano eventualmente in situazione
di handicap grave;
• i parenti e gli affini entro il terzo grado, con diverse modalità, criteri e condizioni. Tra i genitori hanno diritto ai
permessi anche i genitori adottivi o affidatari.
Fra gli aventi diritto, inoltre, è incluso anche il coniuge 12.
5. Chi sono gli affini entro il terzo grado?
12 Come indicato dal Parere del Consiglio di Stato n.1611/92
13 Queste definizioni sono previste dalla circolare INPDAP n.34/2000
Il suocero, il genero e la nuora sono affini di primo grado.
Sorella e fratello della moglie o del marito sono affini di secondo grado. La zia o lo zio della moglie o del marito sono
affini di terzo grado. Il cugino della moglie o del marito è
affine di quarto grado e non ha diritto ai permessi.
17
domanda
Lavoro e SM: i diritti di chi assiste
risposta
D
R
6. Quali sono le condizioni per ottenere i permessi?
6.1 Le disposizioni per i dipendenti del settore privato
2000 14
La Legge 53 del
ha soppresso l’obbligo della convivenza e ha introdotto le condizioni dell’esclusività e della
continuità dell’assistenza. Data la genericità di questi concetti e i problemi operativi sorti, nel 2007 l’INPS 15 ha ulteriormente eliminato i requisiti dell’esclusività e della continuità.
Non conta più, quindi, che la persona che fruisce dei permessi sia l’unica in famiglia che possa prendersi cura della
persona disabile (esclusività): è possibile che i permessi
vengano utilizzati anche se nel nucleo familiare vivano altri
familiari non lavoratori idonei a fornire l’aiuto necessario
alla persona con disabilità.
Allo stesso modo è venuto meno il requisito della continuità: non è più ritenuto necessario che l’assistenza sia quotidiana; essa deve comunque assumere i caratteri della sistematicità e della adeguatezza al bisogno della persona con
disabilità.
14 Con gli articoli 19 e 20 della Legge 53 dell’8 marzo 2000
15 Circolare INPS n.90 del 23 maggio 2007
18
6.2 Le disposizioni per i dipendenti pubblici?
Nel febbraio 2008 il Dipartimento per la Funzione pubblica ha emanato un Parere più restrittivo 16, che riguarda tutti
i dipendenti pubblici.
In base a tale Parere i permessi non vanno concessi a genitori non conviventi con la persona con disabilità se non
preesiste la continuità dell’assistenza, sistematica e globale
al di fuori dall’orario di lavoro. La condizione della continuità va autocertificata dal lavoratore e valutata di volta in
volta dall’amministrazione competente.
Tale Parere è al momento valido per tutti i dipendenti
pubblici, anche se si è in attesa di un pronunciamento da
parte del Consiglio di Stato, che potrà apportare ulteriori
modifiche.
16 Dipartimento per la Funzione Pubblica, Parere n.13 del 18 febbraio 2008
19
domanda
Lavoro e SM: i diritti di chi assiste
risposta
D
R
7. Chi ha la funzione di verificare se il lavoratore ha
diritto a fruire dei permessi retribuiti previsti dalla
legge 104/92?
Nell’aprile 2008, l’INPS, recependo in una sua circolare 17
una precedente sentenza della Corte di Cassazione 18, ha
chiarito che vige il principio in base a cui è il datore di lavoro il destinatario dell’obbligo di concessione dei tre giorni
di permesso mensile e, pertanto, anche del dovere di verificare in proprio se, oltre alla certificazione di handicap
grave, sussistono concretamente i requisiti di sistematicità e
adeguatezza dell’assistenza, necessari per la fruizione dei
permessi. L’INPS ha solamente una funzione di controllo
formale dell’adeguatezza della domanda. Nel caso il datore
di lavoro rilevi che non siano rispettati i requisiti di legge
necessari, la questione dovrà comunque essere risolta all’interno del rapporto di lavoro e non riguarderà l’Istituto
Previdenziale.
17 Circolare INPS n.53 del 29 aprile 2008, punto 3
18 Sentenza 5 gennaio 2005, n.175 della Corte di Cassazione - Sezione Lavoro
20
8. Come avviene la scelta del familiare che può beneficiare
dei permessi?
L’INPS ha di recente precisato 19 che è la stessa persona in
stato di handicap grave (o l’amministratore di sostegno o il
tutore legale) a poter scegliere liberamente chi, all’interno
della sua famiglia, debba prestare l’assistenza prevista dai
termini di legge.
Per questo occorre allegare alla domanda per la fruizione
dei permessi una dichiarazione in carta semplice in cui la
persona con grave disabilità accetta l’assistenza da parte di
quel familiare lavoratore.
9. Come ci si regola con i permessi qualora la persona
in situazione di handicap grave venga ricoverata?
Nell’articolo 33, la Legge 104/1992 20 specificava che i permessi lavorativi non possono essere concessi se la persona
disabile è ricoverata a tempo pieno presso istituti specializzati.
Nel 2007 21 l’INPS ha introdotto le seguenti precisazioni:
• il ricovero è considerato a tempo pieno nel caso in cui si
19 Circolare INPS n.90 del 23 maggio 2007
20 Articolo 33, comma 3, legge 104/1992
21 Circolare INPS n.90 del 23 maggio 2007
21
domanda
Lavoro e SM: i diritti di chi assiste
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svolga nelle 24 ore;
• sono esclusi i ricoveri in day hospital e in centri diurni
con finalità assistenziali o riabilitative o occupazionali.
10. Ci sono casi in cui, nonostante il ricovero a tempo pieno
della persona con handicap, il familiare ha comunque
diritto ai permessi retribuiti?
Sì, il diritto ai permessi vale:
• in caso di ricovero a tempo pieno, finalizzato a un intervento chirurgico oppure a scopo riabilitativo, di un
bambino di età inferiore ai tre anni con disabilità in situazione di gravità, per il quale risulti documentato dai
sanitari della struttura ospedaliera il bisogno di assistenza da parte di un genitore o di un familiare (parente o affine entro il 3° grado);
• quando, indipendentemente dall’età, la persona con
handicap grave, ricoverata a tempo pieno, si trovi in coma vigile o in stato terminale. In questo caso l’accertamento di tali condizioni sanitarie e la necessità di assistenza devono essere accertate dal dirigente responsabile del Centro medico legale della Sede INPS.
11. I tre giorni di permesso si possono frazionare? Come?
Al riguardo vi sono circolari diverse. L’INPDAP 22 ammette il frazionamento dei tre giorni in ore per un massimo di
18 ore mensili. L’INPS nel 2006 aveva previsto la frazionabilità in mezze giornate, fino a un massimo di sei 23. Di recente 24, però, ha precisato meglio le modalità, consentendo
a coloro che svolgono attività a tempo pieno di poter frazionare le assenze fino ad un massimo di 18 ore. Va rilevato, però, che questo limite non è applicabile ai genitori di bambini con handicap di età inferiore ai tre anni, qualora gli stessi genitori abbiano optato per le due ore di permesso giornaliere (in alternativa al prolungamento dell’astensione facoltativa). Infine, in un ulteriore messaggio 25, l’INPS specifica che il limite massimo di ore vale esclusivamente quando
i tre giorni vengano frazionati, anche parzialmente, in ore.
Inoltre è scritto che il limite di 18 ore è riferito ai casi in cui
l’orario di lavoro sia di 36 ore suddiviso in sei giorni. Per tutti gli altri casi il monte ore massimo va ricalcolato con una
formula diversa. La formula più utilizzata è questa: dividere
22 Circolare INPDAP n.34 del 10 luglio 2000
23 Circolare INPS n.211 del 31 ottobre 1996
24 Messaggio INPS n.15995 del 18 giugno 2007
25 Messaggio INPS n.16866 del 28 giugno 2007
23
domanda
Lavoro e SM: i diritti di chi assiste
risposta
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l’orario di lavoro per il numero dei giorni lavorati ogni settimana e moltiplicare per 3. Per esempio: se si lavora 40 ore
alla settimana suddivise in cinque giorni, allora le ore massime sono: (40/5)=8 x 3(giorni); ossia, in questo caso, si ha diritto a 24 ore al mese di permessi. Nel caso l’orario di lavoro sia stabilito su base plurisettimanale, il calcolo va fatto
considerando (l’orario di lavoro fissato su base plurisettimanale):(orario di lavoro medio settimanale o numero medio dei
giorni lavorativi settimanali) x 3.
con cui calcolare il numero di giornate a cui si ha diritto. Se,
per esempio, in un mese si lavora per 8 giorni su un totale di
26 giorni lavorativi teoricamente eseguibili, bisogna eseguire
la seguente proporzione: x:8=3:26. Il numero dei giorni cui
si ha diritto (x) sarà pertanto =(3x8):26, ossia 0,9 giorni di
permesso, da arrotondare all’unità più vicina; in questo caso
si avrà pertanto diritto a un giorno di permesso.
12. Quanti sono i giorni di permesso retribuito nel caso
che il contratto di lavoro sia a tempo parziale?
Prima il Consiglio di Stato 28 ha dato parere positivo e poi sia
l’INPS 29 sia l’INPDAP 30 hanno recepito tale parere. Da ultimo anche il Ministero del Lavoro 31 ha fatto proprio il
contenuto del parere sopracitato evidenziando che: “la
commisurazione del beneficio da parte del legislatore all’esigenza di assistenza di una persona in tali condizioni
comporta che quando le persone da assistere siano più di
una, debbano essere riconosciuti, pure allo stesso lavorato-
Nel caso del part-time orizzontale, ossia di giornate di lavoro con orario ridotto, ad esempio di 4 ore, il permesso mensile sarà sempre di tre giornate, ciascuna della durata prevista dal contratto. Nell’esempio usato sarebbero tre giornate
di quattro ore ciascuna. In caso di part-time verticale, che
prevede, cioè, un numero ridotto di giornate di lavoro per
mese, l’INPDAP 26 ha stabilito che il permesso mensile venga ridotto proporzionalmente alle giornate effettivamente lavorate. L’INPS 27 ha anche fornito una formula matematica
26 Circolare INPDAP n.34 del 10 luglio 2000, punto 8
27 Circolare INPS n.133 del 17 luglio 2000
24
13. Una persona che assista due familiari disabili
può cumulare i permessi?
28 Parere n.785 del 14 giugno 1995
29 Circolare INPS n.211 del 31 ottobre 1996, punto 1
30 Circolare INPDAP n.34 del 10 luglio 2000, punto 5
31 Risposta del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale del 28 agosto 2006 all’interpello della Regione Liguria sul caso di permessi per più persone disabili da assistere
25
domanda
Lavoro e SM: i diritti di chi assiste
risposta
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re, una pluralità di permessi”; “il cumulo dei benefici non
potrà essere riconosciuto quando altre persone possano
fornire l’assistenza o quando lo stesso lavoratore possa, per
la natura dell’handicap, sopperire congiuntamente alle necessità assistenziali nel corso dello stesso periodo. Quando
invece la presenza del lavoratore sia disgiuntamente necessaria per l’assistenza di più persone con handicap, il cumulo dei permessi deve ritenersi garantito dalla citata norma”.
Si ha assistenza disgiunta quando ricorrono i seguenti requisiti essenziali:
• la particolare natura dell’handicap, tale da richiedere
l’assistenza continua ed esclusiva;
• l’assenza di altri soggetti che possano accudire il disabile;
• la conseguente necessità di assistere i disabili con modalità e tempi diversi.
13.1 È possibile cumulare i giorni di permesso
per un dipendente pubblico che assista due familiari?
Di recente il Dipartimento per la Funzione Pubblica ha diramato, per tutti i dipendenti pubblici, un parere più restrittivo 32, che limita questo diritto all’assistenza di una so32 Dipartimento per la Funzione pubblica, Parere numero 13 del 18 febbraio 2008
26
la persona, poiché si ritiene che non si possa assistere con
continuità più di una sola persona. In attesa di un pronunciamento del Consiglio di Stato, per i dipendenti pubblici
ha validità questa indicazione.
14. Un lavoratore non disabile può chiedere i permessi
se assiste una persona disabile che a sua volta
già richieda per se stessa i tre giorni di permesso?
L’INPS 33 ammette questa possibilità, purché:
• il lavoratore disabile, pur beneficiando per sé dei tre
giorni di permesso, abbia un’effettiva necessità di essere
assistito da parte del familiare convivente non disabile (e
questa necessità deve essere valutata dal medico della sede INPS);
• nel nucleo familiare non sia presente un altro familiare
non lavoratore in grado di prestare assistenza.
Se sussistono queste condizioni, i due soggetti in questione potranno fruire dei giorni di permesso nelle stesse giornate 34.
33 Circolare INPS n.37 del 18 febbraio 1999
34 Circolare INPS n.128 dell’11 luglio 2003
27
domanda
Lavoro e SM: i diritti di chi assiste
Secondo l’INPS 35, il lavoratore con grave disabilità che già
beneficia per se stesso dei permessi previsti ex Lege 104/92
può anche cumulare il godimento dei tre giorni di permesso mensile per assistere un proprio familiare, senza che
debba essere acquisito alcun parere medico legale sulla capacità del lavoratore di soddisfare le necessità assistenziali
del familiare anch’esso in situazione di disabilità grave.
risposta
D
R
15. Un lavoratore disabile può chiedere i permessi per sé e
per assistere un altro familiare con handicap grave?
3 Permessi per i genitori di figli
con handicap in situazione di gravità
3.1 Per minori di 3 anni
1. Cosa prevede la legge se il figlio con disabilità
ha meno di tre anni?
Entro i primi tre anni di vita del figlio con handicap in situazione di gravità, accertato dalla Commissione dell’Azienda
Usl prevista dalla Legge 104/1992, la lavoratrice madre, o in alternativa - il padre lavoratore (anche adottivi o affidatari) hanno diritto a prolungare il periodo di astensione facoltativa già prevista dalla legge di tutela della maternità. Tale
periodo di prolungamento è coperto da contribuzione figurativa utile ai fini dell’anzianità di servizio, oltre all’indennità giornaliera pari al 30% della retribuzione. Se si sceglie di
non usufruire di questa possibilità, si può optare per l’utilizzo di due ore giornaliere di permesso retribuito fino al compimento del terzo anno di età del bambino, purché non sia
ricoverato a tempo pieno in un istituto specializzato.
35 Circolare INPS n.53 del 29 aprile 2008, punto 6
28
29
domanda
Lavoro e SM: i diritti di chi assiste
risposta
D
R
Dal 2007 l’INPS 36 ha precisato che i permessi di cui stiamo parlando possono essere concessi anche in caso di ricovero a tempo pieno, se questo è dovuto a un intervento
chirurgico oppure è a scopo riabilitativo. Per ottenere il
riconoscimento di questo diritto occorre una documentazione prodotta dalla struttura ospedaliera, che certifichi il
bisogno di assistenza del ricoverato da parte di un genitore o di un familiare. Con il messaggio n. 22912 del 20 settembre 2007, l’INPS ha precisato che il congedo straordinario per l’assistenza del figlio gravemente disabile può
essere concesso a un genitore nello stesso periodo in cui
l’altro genitore fruisce del congedo di maternità o del congedo parentale per il medesimo figlio.
l’INPS nel 2007 38 ha ammesso la cumulabilità dei due benefici per lo stesso bambino in relazione alla speciale gravità dell’handicap e all’effettiva necessità di cure che non possono essere garantite durante le sole ore di allattamento previste per tutti i neonati. Anche in questo caso la necessità di
assistenza è valutata dal dirigente responsabile del Centro
medico legale della Sede INPS. Gli stessi permessi della
Legge 104/92, poi, sono compatibili coi permessi per allattamento di un altro figlio. C’è, inoltre, compatibilità se un
lavoratore fruisce per sé dei permessi previsti dalla Legge
104/92 art. 33 e dei permessi per allattamento del figlio.
2. Si possono cumulare i permessi giornalieri “ex Legge
104” con i permessi di allattamento previsti dalla
Legge di tutela della maternità e, quindi, per esempio,
avere quattro ore al giorno di permesso
(due per Legge 104/92 e due per l’allattamento)?
Nel corso del primo anno di vita del minore è possibile che
un genitore fruisca dei riposi orari per allattamento anche
mentre l’altro gode della normale astensione facoltativa ancora spettantegli. Sono esclusi da questi permessi le lavoratrici e i lavoratori autonomi, quelli che svolgono la propria attività a domicilio o svolgono lavori domestici 39.
Di norma i due tipi di permesso sono incompatibili: se si
fruisce degli uni non si può fruire degli altri 37. Tuttavia
36 Circolare INPS n.90 del 23 maggio 2007
37 Circolare INPS n.128 dell’11 luglio 2003
30
3. Un genitore può utilizzare i riposi per l’allattamento
mentre l’altro genitore è in maternità?
38 Messaggio INPS n.11784 del 9 maggio 2007
39 Circolare INPS n.80 del 24 marzo 1995, punto 4; Circolare INPS n.64 del 15 marzo
2001, punto 2. Circolare INPDAP n.49 del 27 novembre 2000
31
domanda
Lavoro e SM: i diritti di chi assiste
risposta
D
R
4. Come i genitori di bambini con handicap possono
prolungare il periodo di congedo?
È riconosciuto 40 il diritto di astenersi dal lavoro a titolo di
congedo parentale:
• alla madre, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi trascorso il periodo di congedo di maternità;
• al padre, per un periodo continuativo o frazionato non
superiore a 6 mesi elevabili a 7 dalla nascita del figlio;
• al genitore solo , per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 10 mesi.
Ne deriva che il prolungamento del congedo parentale 41 è riconoscibile, indipendentemente dal diritto dell’altro genitore:
• alla madre, trascorsi 6 mesi dalla fine del congedo di maternità;
• al padre, trascorsi 7 mesi dalla data di nascita del figlio;
• al genitore solo, trascorsi 10 mesi decorrenti:
• in caso di madre “sola”, dalla fine del congedo di maternità;
• in caso di padre “solo”, dalla nascita del minore o dalla
fruizione dell’eventuale congedo di paternità 42.
40 In base al citato articolo 32 del D. Lgs 151/2001
41 A partire dall’articolo 33 del D. Lgs 151/2001
42 Messaggio INPS - Direzione Centrale Prestazioni a sostegno del reddito, 17 settem-
bre 2007, n.22578 “Chiarimenti in merito alla decorrenza del prolungamento del
congedo parentale di minore con handicap ex articolo 33, D. Lgs. 151/2001”.
32
3.2 Per figli con età compresa fra 3 e 18 anni
1. Quali disposizioni sono previste se il figlio ha un età
compresa fra i 3 e i 18 anni?
Dopo il compimento del terzo anno di vita del figlio con
handicap grave, la madre, o in alternativa il padre, ha diritto non più alle due ore di permesso, ma ai tre giorni di
permesso mensile, che possono essere fruiti in via continuativa ed utilizzati nel corso del mese di pertinenza. La
concessione dei permessi spetta solo nel caso in cui il disabile non sia ricoverato a tempo pieno. È importante sottolineare che, a partire dal 2000 43, lo Stato ha precisato
definitivamente che i permessi lavorativi spettano al genitore anche nel caso in cui l’altro non ne abbia diritto (es.
perché disoccupato, lavoratore autonomo o casalinga).
Non spettano nel caso il richiedente sia impegnato in lavoro domestico o presso il proprio domicilio. I giorni di
permesso posso essere utilizzati da un genitore anche
quando l’altro genitore fruisce dell’astensione facoltativa
o del congedo per malattia del figlio.
L’INPS 44 prevede il cumulo dei benefici se nel nucleo fa43 Legge n.53 dell’8 marzo 2000, articolo 53
44 Circolare INPS n.211 del 31 ottobre 1996
33
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Lavoro e SM: i diritti di chi assiste
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D
R
miliare ci sono soggetti disabili di età superiore ai tre anni. Questo purché non vi siano altre persone disponibili a
prestare assistenza, oppure nel caso in cui il lavoratore
non sia in grado – per la natura dell’handicap – di assistere i minori disabili in soli tre giorni.
3.3 Per figli maggiorenni
1. Cosa è previsto dalla normativa quando il figlio
ha raggiunto la maggiore età?
Tanto l’INPS, quanto l’INPDAP hanno confermato che la
lavoratrice madre o - in alternativa - il lavoratore padre
hanno diritto ai tre giorni mensili 45.
45 Come previsto dal citato articolo 33 della Legge 104/92
34
4 Part-time
1. Quali leggi consentono di ottenere il part-time
da parte di chi assiste un familiare con handicap grave?
Il riferimento normativo per il part-time è la Legge del 25
febbraio 2000, numero 6146, così come modificato con la
recente Legge del 24 dicembre 2007, numero 247.
2. Cosa prevede l’attuale normativa sul part-time?
È prevista la priorità della trasformazione del contratto di
lavoro da tempo pieno e parziale solo nel caso in cui il lavoratore o la lavoratrice assista una persona:
• convivente;
• con connotazione di gravità (art.3, comma 3, legge
104/1992)47;
• con il riconoscimento del 100% di invalidità civile,
con necessità di assistenza continua, in quanto non in
grado di compiere gli atti quotidiani della vita48.
È comunque bene verificare sempre nel proprio CCNL se
ci sono disposizioni maggiormente favorevoli.
46 Articolo 12 bis
47 Come previsto dall’articolo 3, comma 3 della Legge del 5 febbraio 1992 n. 104
48 Articolo 3, comma 3
35
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Lavoro e SM: i diritti di chi assiste
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D
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5 Rifiuto al trasferimento
per il familiare che assiste
e priorità nella scelta della sede
1. Può un familiare che assiste rifiutare un eventuale
trasferimento?
Il genitore o il familiare lavoratore, con rapporto di lavoro
pubblico o privato, che assiste con continuità una persona
disabile che sia parente o affine entro il terzo grado, non può
essere trasferito senza il suo consenso presso altra sede 49.
In questo caso il diritto al rifiuto è stato sancito, infine,
dalla Suprema Corte di Cassazione, con due decisioni importanti, la n. 11597/2003 e la n. 1396/2006 50.
2. Un familiare che assiste può anche scegliere
la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio?
La stessa norma sopra citata stabilisce che questo familiare 51 ha diritto di scegliere - ove possibile - la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio. Questa disposizione ha
fatto emergere un’ampia serie di problemi nell’applicazione concreta. Infatti l’inciso “ove possibile” indica che
questo diritto di scelta non è assoluto o illimitato. La
Cassazione, in merito, ha stabilito che sia il datore di lavoro pubblico 52 come quello privato 53 possano opporre rifiuto alla scelta della sede di servizio ove vi siano motivazioni comprovate, definite nelle sentenze citate. Infine la
Corte Costituzionale richiede, per poter esercitare tale diritto, anche la necessità dell’attualità dell’assistenza 54.
49 Legge 104/1992, articolo 33, comma 5
50 In caso di trasferimento il datore di lavoro , qualora possa far fronte alle ragioni tecniche e organizzative avvalendosi di differenti soluzioni organizzative, per lui paritarie, è tenuto a preferire quella meno gravosa per il dipendente, soprattutto nel
caso in cui quest’ultimo deduca e dimostri la sussistenza di serie ragioni familiari
ostative al trasferimento (Cass. n.11597/2003). Nel caso del pubblico impiego la
Cassazione ha negato che il diritto al trasferimento possa assumere a suo esclusivo
presupposto la vacanza del posto a cui il lavoratore richiedente aspira, poiché tale
condizione esprime una mera potenzialità, che assurge ad attualità solo con la decisione dell’Amministrazione di coprire talune vacanze, ragion per cui è necessario
che i posti, oltre che vacanti, siano anche “disponibili” (Cass. n.1396/2006)
36
51 Legge 104/1992, articolo 33, comma 5
52 Cass. n.12692/2002: per il pubblico impiego quando l’esercizio del relativo diritto
vada a ledere, in misura consistente, le esigenze economiche e organizzative del
datore di lavoro, in modo che ciò si traduca in un danno per la collettività
53 Cass. n.8436/2003: per il lavoro privato quando vi sono motivate esigenze economiche ed organizzative del datore di lavoro, intese non come esigenze di mero profitto, ma tali da incidere sulla gestione ordinaria dell’attività produttiva
54 C. Cost. n.406/1992 e n.325/1996
37
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Lavoro e SM: i diritti di chi assiste
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D
R
6 Congedo retribuito di due anni
per assistenza a persona con handicap
in situazione di gravità
1. Da quando è prevista la possibilità di avere
un congedo retribuito di due anni?
La persona con disabilità non deve essere ricoverata a
tempo pieno in istituto.
Con la pubblicazione della Legge 328/2000 55.
4. Da quando è stato sancito che anche il coniuge
possa usufruire del congedo di due anni?
2. Chi può beneficiare oggi del congedo retribuito
di due anni?
5. Il coniuge ha una priorità di diritto sugli altri parenti?
I genitori, anche adottivi o affidatari, delle persone in situazione di handicap grave; i fratelli 56; il coniuge 57; i figli58.
55 Legge 328/2000, articolo 80, comma 2; poi ripreso nell’articolo 42, comma 5, del
D. Lgs. 151/2001
56 La Corte Costituzionale ha dichiarato, con la sentenza n.233 del 8 giugno 2005, l’illegit-
timità del D. Lgs. 151/2001 nella parte in cui non prevedeva il diritto di uno dei fratelli
o sorelle conviventi con la persona in situazione di handicap grave a fruire del congedo
57 La Corte Costituzionale con la sentenza n.158 del 18 aprile 2007 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 42, comma 5, del D. Lgs. 26 marzo 2001,
n.151 (Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della
maternità e della paternità) nella parte in cui non prevede la concessione del congedo retribuito di due anni anche al coniuge della persona con handicap grave
58 La Corte Costituzionale, con la sentenza n.19 del 26 gennaio 2009, ha stabilito l’illegittimità costituzionale della norma anche nella in cui non prevede la concessione
dei congedi ai figli che assistono i genitori conviventi in assenza di altri soggetti idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave
38
3. Ci sono altre condizioni per poter fruire
del congedo retribuito di due anni?
Questa estensione del diritto è avvenuta nel 2007 59.
Nell’agosto del 2007 l’INPS60 ha precisato che il congedo
spetta prioritariamente al coniuge convivente con la persona in stato di handicap grave. Solo se il coniuge, che
convive con la persona in stato di handicap grave, rinunci
espressamente a questo diritto, allora tale diritto potrà essere fruito dai genitori della persona con handicap. Se il
coniuge della persona con handicap grave non lavora o è
lavoratore autonomo, i congedi possono essere richiesti
dai genitori. Lo stesso vale in riferimento a fratelli o sorel-
59 Si fa riferimento alla sentenza della Corte Costituzionale n.158 del 18 aprile 2007
60 Circolare INPS n.112 del 3 agosto 2007
39
domanda
Lavoro e SM: i diritti di chi assiste
risposta
D
R
le della persona con handicap grave sposata: i congedi
possono essere richiesti da loro solo se il coniuge della
persona con handicap ci rinunci espressamente o non
possa fruirne.
gli istituti previdenziali63. Inoltre, nell’indennità mensile
che verrà corrisposta, si calcolano, per l’INPS64, anche il
rateo per la tredicesima mensilità, quello per altre eventuali mensilità, le gratifiche, le indennità e i premi.
6. A quali condizioni il figlio può fruire del congedo
per assistere il genitore in stato di handicap grave?
8. Il congedo può essere anche frazionato o deve essere
preso un’unica volta nella carriera lavorativa?
L’INPS ha fornito chiarimenti sul concetto di “convivenza”
si deve fare riferimento, in via esclusiva, alla residenza, luogo in cui la persona ha la dimora abituale, ai sensi dell’art.
43 cod. civ., non potendo ritenersi conciliabile con la predetta necessità la condizione di domicilio né la mera elezione di domicilio speciale previsto per determinati atti o affari dall’art. 47 c.c. 61.
7. Come viene calcolata la retribuzione?
I congedi devono62 essere retribuiti con un’indennità corrispondente alla retribuzione percepita nell’ultimo mese
di lavoro e devono essere coperti da una contribuzione figurativa ai fini pensionistici. L’indennità è corrisposta da-
61 INPS, Messaggio 2 settembre 2009, n. 19583
62 D. Lgs. 151/2001, articolo 42, comma 5
40
Il congedo può essere frazionato al bisogno anche a giorni interi65. Secondo le indicazioni INPS66, tra un periodo
e l’altro di fruizione occorre una effettiva ripresa del lavoro. Pertanto non si può, per esempio, interrompere il
computo nei giorni di sabato e domenica, se non si riprende effettivamente a lavorare il lunedì successivo67.
L’INPS68 ha precisato che, qualora si riprenda a lavorare
dopo un periodo di ferie o di malattia, l’ultimo sabato
(qualora i turni di lavoro siano su cinque giorni) e l’ultima
domenica o giorno festivo prima delle ferie o della malattia non vadano computati in conto del congedo parentale.
63 Circolare INPDAP 10 gennaio 2002, n.2
64 Circolare INPS n.64 del 15 marzo 2001
65 D. Lgs. n.151 del 26 marzo 2001, articolo 42, comma 5
66 Circolare INPS n.64 del 15 marzo 2001
67 Circolare INPS n.64 del 15 marzo 2001
68 Messaggio INPS n.28379/2006
41
domanda
Lavoro e SM: i diritti di chi assiste
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D
R
L’INPDAP69 a sua volta precisa che, quando si richiede di
fruire del congedo in modo frazionato, è necessaria l’effettiva ripresa del lavoro tra un periodo di assenza e l’altro.
9. Si può interrompere il periodo di congedo per fruire
dei tre giorni di permesso retribuito previsti
dalla Legge 104/92?
La normativa vigente70 prevede che durante il periodo di
congedo in esame non si possa fruire dei permessi lavorativi di tre giorni mensili previsti dalla Legge 104/92. Nel
2008, tuttavia, l’INPS71 ha precisato che questo divieto si
riferisce al caso in cui si richiedano per lo stesso disabile i
due benefici nelle stesse giornate e che non comprende, invece, il caso della fruizione nello stesso mese, ma in giornate diverse. Pertanto è possibile - restando il limite massimo
di due anni per i congedi straordinari retribuiti - che ogni
mese il periodo di congedo venga interrotto per fruire dei
tre giorni di permessi retribuiti previsti dalla Legge
104/92.
10. Cosa succede se durante il periodo di congedo si entra
in maternità o se si verifica un periodo di malattia?
In caso di malattia o maternità è sempre possibile interrompere la fruizione del congedo straordinario.
11. Ci sono altri motivi di incompatibilità con la richiesta di
fruizione dei congedi straordinari retribuiti?
Non è possibile fruire contemporaneamente del congedo
straordinario e di quello parentale ordinario.
Il congedo, inoltre, non può essere concesso quando il soggetto disabile svolga attività lavorativa.
12. Come si può fare domanda per ottenere il congedo
straordinario retribuito?
L’INPS ha chiamato Hand 6 (COD. SR64) il nuovo modulo per il congedo retribuito di due anni. I moduli sono
disponibili anche in Internet, nel sito dell’INPS, nell’area
«modulistica». Gli altri istituti, al momento in cui si scrive,
non hanno dato indicazioni specifiche.
69 Circolare INPDAP n.131 del 12 maggio 2004
70 Decreto Legislativo 151/2001, articolo 42
71 Circolare INPS n.53 del 29 aprile 2008, punto 7
42
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domanda
Lavoro e SM: i diritti di chi assiste
risposta
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7 Congedi parentali per il genitore
“solo”
1. Quando la legge riconosce il genitore come “solo”?
In una delle seguenti situazioni:
• decesso dell’altro genitore;
• abbandono del figlio da parte dell’altro genitore;
• affidamento in via esclusiva a uno solo dei genitori.
2. Cosa riconosce la legge a un genitore
che sia rimasto solo?
II genitore solo ha diritto a un periodo di congedo parentale pari al massimo a dieci mesi, entro i primi otto anni di
vita del bambino.
3. Se uno dei due genitori è affetto da grave infermità,
l’altro può godere dei diritti previsti per il genitore
“solo”?
Recentemente l’INPS 72 ha ritenuto che valesse la situazione di “genitore solo” anche là dove uno dei due coniugi
fosse – anche solo temporaneamente –affetto da un’infermità tale da non essere in condizione di occuparsi del figlio.
4. Come occorre certificare un’eventuale situazione
di grave infermità dell’altro genitore?
La condizione di infermità deve risultare da certificato
medico emesso da struttura pubblica, nonché essere oggetto di valutazione da parte del Centro medico legale
della sede INPS.
72 Messaggio INPS numero 22912 del 20 settembre 2007
44
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domanda
Lavoro e SM: i diritti di chi assiste
risposta
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8 Congedi per gravi motivi familiari
1. Cos’è il congedo non retribuito per gravi motivi
familiari?
II congedo per gravi motivi familiari è disciplinato dalla
Legge 53/2000 e può essere utilizzato tanto dai lavoratori
privati quanto dai dipendenti pubblici. Non è retribuito e
non è coperto da contribuzione.
2. Per quali familiari può essere richiesto il congedo?
Il congedo 73 può essere richiesto per:
• i componenti della famiglia anagrafica, che va intesa come “un insieme un insieme di persone legate da vincoli
di matrimonio, parentela, affinità, adozioni, tutela, oppure legate da vincoli affettivi, coabitanti e aventi dimora abituale nello stesso comune”;
• i familiari anche non conviventi per i quali, ai sensi dell’articolo 433 del c.c., si ha l’obbligo di prestare alimenti (coniuge; figli legittimi, naturali o adottivi e, in loro
mancanza, i discendenti prossimi, anche naturali; genitori naturali e adottivi e, in loro mancanza, gli ascenden-
ti prossimi; generi e nuore; suoceri; fratelli);
• i parenti e affini entro il terzo grado portatori di handicap anche non conviventi, quando non sono sufficienti
i permessi della Legge 104.
3.
Cosa si intende per “gravi motivi familiari”?
4.
Quali sono le patologie dei familiari per curare
le quali si può chiedere il congedo non retribuito?
Per gravi motivi familiari si intende:
• necessità familiari a seguito della morte di uno dei familiari sopra indicati;
• necessità della presenza e dell’impegno del lavoratore
per la cura e l’assistenza dei familiari;
• grave disagio personale del lavoratore stesso, al di fuori
della malattia;
• patologie dei familiari sopraelencati, a esclusione del richiedente il permesso.
Si può chiedere il congedo nel caso si debbano curare i
familiari per le seguenti patologie:
• patologie acute e croniche che comportano la perdita
73 Come indicato dal Decreto interministeriale del 21 luglio 2000
46
47
domanda
Lavoro e SM: i diritti di chi assiste
risposta
D
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permanente o temporanea dell’autonomia funzionale,
comprese le affezioni croniche di natura congenita,
neoplastica, infettiva, dismetabolica, post-traumatica,
neurologica, neuromuscolare, psichiatrica, derivante
da dipendenze, a carattere evolutivo o soggette a riacutizzazioni periodiche;
• patologie acute e croniche che richiedono assistenza
continuativa e frequenti monitoraggi periodici ematochimici e strumentali;
• patologie acute e croniche che richiedono la partecipazione attiva del familiare nel trattamento sanitario;
• patologie dell’infanzia e dell’età evolutiva per la cui terapia e riabilitazione necessita il coinvolgimento dei genitori.
5. Con quali modalità si può utilizzare questo congedo?
Il congedo può essere utilizzato, per un periodo frazionato o continuativo fino a due anni nell’intera vita lavorativa della persona. Al termine del rapporto di lavoro il datore di lavoro deve lasciare attestazione del periodo di
congedo fruito.
48
6. Come si regola la fruizione di questo congedo non
retribuito in rapporto all’altro congedo, retribuito,
per assistere un figlio con disabilità?
Il limite massimo individuale per i due congedi è sempre di
due anni in totale. Così se, per esempio, un lavoratore avesse già fruito per motivi personali, non legati al figlio disabile, di 8 mesi di congedo non retribuito, potrebbe al massimo usufruire del congedo straordinario retribuito solo per
16 mesi e non più per 24. Gli otto mesi restanti di congedo
straordinario retribuito potranno essere fruiti dall’altro genitore qualora ne abbia i requisiti. In sostanza il limite di
due anni del congedo straordinario retribuito è complessivo tra entrambi i genitori e tra tutti i fratelli in relazione a
ciascun soggetto con handicap grave. Se, quindi, i due genitori si dividono il congedo retribuito – ad esempio un anno per ognuno – ciascuno poi mantiene il diritto al proprio
congedo ordinario non retribuito per gravi motivi familiari
– nell’esempio citato, un altro anno per ciascuno –.
49
domanda
Lavoro e SM: i diritti di chi assiste
risposta
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9 Il congedo breve
1. Cos’è il “congedo breve”?
È previsto 74 per le lavoratrici e i lavoratori, dipendenti
pubblici come di datori di lavoro privati, il diritto a fruire
di tre giorni complessivi di permesso retribuito per anno,
in caso di morte o di grave infermità, debitamente documentata:
• del coniuge anche separato legalmente;
• di un parente entro il secondo grado (nonno e nipote,
fratelli e sorelle) anche non convivente;
• di un soggetto che faccia parte della famiglia anagrafica.
2. Come si può fruire di questi tre giorni
di “congedo breve”?
Bisogna comunicare al datore di lavoro il motivo e i giorni in
cui si intende utilizzarlo. Si può anche concordare congiuntamente, su proposta del lavoratore, una riduzione dell’orario di lavoro per un totale complessivo pari ai tre giorni.
3.
Che obblighi e che diritti ha l’azienda, in questo caso?
4.
Cosa succede se l’infermità del familiare viene meno?
L’azienda ha l’obbligo di consentirne l’utilizzo entro sette
giorni dalla morte o dall’accertamento della grave infermità
o «dalla necessità di provvedere a conseguenti specifici interventi terapeutici». Inoltre devono essere indicati i criteri
e la periodicità delle eventuali verifiche sulla persistenza dello stato di gravità della patologia, che va certificata dal parte del medico specialista del SSN o dal medico di medicina
generale o dal pediatra di libera scelta o dalla struttura sanitaria in caso di ricovero o intervento chirurgico. Il datore di
lavoro, infine, ha l’obbligo di comunicare alla Direzione
provinciale del lavoro l’elenco dei propri dipendenti in congedo entro cinque giorni dall’inizio del congedo stesso.
Qualora venisse meno l’infermità, la lavoratrice o il lavoratore devono riprendere l’attività lavorativa e possono utilizzare
l’eventuale periodo di congedo non fruito in altre occasioni.
5. I tre giorni annui del congedo breve sono cumulabili
coi tre giorni mensili previsti dalla Legge 104/92?
Sì, si possono cumulare.
74 Decreto interministeriale numero 278 del 21 luglio 2000
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domanda
Lavoro e SM: i diritti di chi assiste
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10 Esonero dal lavoro notturno
1. Chi non è obbligato a prestare lavoro notturno?
Tra i lavoratori che non possono essere adibiti al lavoro
notturno ci sono anche i lavoratori che abbiano a proprio
carico un soggetto disabile ai sensi della Legge 104/92 75.
2. Cosa significa essere a carico?
Il Ministero del lavoro, con la Risoluzione n. 4 del 6 febbraio 2009, ha precisato che il disabile va considerato “a
carico” quanto c’è assistenza (non necessariamente quotidiana, purché assuma i caratteri della sistematicità e dell’adeguatezza rispetto alle concrete esigenze della persona
come indicato nella Circolare INPS 23 maggio 2007 n. 90).
75 Così è previsto dal “Testo unico delle disposizioni legislative in materia e sostegno
della maternità e della paternità”, D. Lgs n.151 del 26 marzo 2001, articolo 53
52
3. Quando si viene considerati “lavoratori notturni”?
Quando si svolgono almeno tre ore del proprio orario giornaliero durante il periodo notturno, ossia nell’arco di tempo
di almeno sette ore consecutive che comprendano l’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino76. Inoltre possono essere considerati “lavoratori notturni” anche coloro che
svolgano, nell’arco dell’anno, almeno una parte del proprio
orario di lavoro durante il periodo notturno, secondo le norme definite dai singolo Contratti Collettivi Nazionali di lavoro. In assenza di disciplina collettiva viene considerato lavoratore notturno chiunque svolga lavoro notturno per almeno ottanta giorni all’anno.
76 In base al D. Lgs. 66/2003
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Siti di interesse
www.aism.it
www.handylex.org
www.superando.it
www.inps.it
www.inpdap.it
54
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A cura di
Silvia Bruzzone
Coordinamento editoriale
Silvia Lombardo, Area Comunicazione e ufficio stampa AISM
Progetto Grafico:
Michela Tozzini
Finito di stampare nel novembre 2009
1ª edizione giugno 2008, 2ª edizione ottobre 2009
Grafiche G7
via Marconi 18A - 16010 Savignone (GE)
AISM
Associazione Italiana
Sclerosi Multipla - Onlus
Sede Nazionale
Via Operai, 40
16149 Genova
Numero Verde 800 80 30 28
www.aism.it
[email protected]
© 2009 Edizioni SM Italia s. cons. ar.l.
ISBN 978-88-86318-21-1
Titoli in collana:
- Gravidanza e sclerosi multipla
- Sessualità e sclerosi multipla
- Alimentazione e sclerosi multipla
- Fatica e sclerosi multipla
- Terapie complementari
alla riabilitazione e sclerosi multipla
- Aspetti psicologici e sclerosi multipla
- Lavoro e sclerosi multipla
- Lavoro e SM: i diritti di chi assiste
- ABC della ricerca nella SM
- La Sclerosi Multipla
- Patente e sclerosi multipla
In Italia si stima che la quasi totalità delle
persone con disabilità vivano in famiglia,
alla quale spetta l’onere dell’assistenza.
Quando l’impegno a carico di un familiare, sovente donna, si traduce implica in
molte ore giornaliere di assistenza, è importante conoscere le norme che aiutano
a conciliare lavoro e cura dei propri cari.
lavoro e sm: i diritti di chi assiste
Uno dei diritti fondamentali di ogni uomo è quello
al lavoro ma per chi ha un familiare con disabilità
grave può diventare difficile conciliare l’impegno
di cura con le esigenze del proprio lavoro.
Conoscere e utilizzare i diritti che la legge riconosce
a chi assiste è il primo passo per una migliore qualità
di vita per tutti.
lavoro e sm:
i diritti di chi
assiste
Mantenere una vita attiva, lavorare,
mettere su famiglia e avere dei figli, scegliere il proprio stile di vita, sono i temi
che vengono affrontati dalla Collana
“Giovani oltre la sclerosi multipla”, con
l’obiettivo di offrire uno strumento di
informazione alla portata di tutti i giovani con SM e loro familiari.
La collana editoriale rientra nell’ambito
delle attività del programma “Giovani
oltre la SM”, promosso dall’AISM e
rivolto ai ragazzi con sclerosi multipla
per fornire loro gli strumenti utili per
affrontare e vincere le difficoltà della
malattia, al momento della diagnosi, sul
lavoro, in famiglia e nella vita di coppia.
si ringrazia:
per la concessione gratuita
dell’immagine di copertina
Associazione Italiana
Sclerosi Multipla – Onlus
Sede Nazionale
Via Operai, 40
16149 Genova
Numero Verde 800 80 30 28
www.aism.it
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La struttura editoriale della Collana
vuole fare di questi volumi uno strumento quanto più fruibile possibile e per
questo alterna la forma discorsiva che
affronta in maniera ampia e dettagliata
il tema, a contenuti sotto forma di
domanda e risposta per informazioni
immediate sul tema.
si ringrazia,
giovani oltre la SM