Leggi le prime pagine

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Paul Vacca è nato nel 1961 a Silver Spring, nel Maryland. Romanziere,
sceneggiatore e saggista, ha pubblicato due romanzi, La Petite cloche
au son grêle (2008) e Nueva Kőnigsberg (2009). Dopo il saggio La
Societé du hold-up (2012) ha ritrovato i superpoteri della fiction con
questo Fulmine Tom, suo primo libro tradotto in italiano.
Gare du Nord
La frenesia e la multiculturalità della parigina Gare du Nord raccontano il
carattere composito della collana di narrativa contemporanea di Edizioni
Clichy, dedicata alla scrittura di stampo letterario, principalmente
francofona ma non solo: storie, esseri umani, vite, colori, suoni, silenzi,
tematiche forti, autori dal linguaggio inconfondibile, senza timore di
assumere posizioni di rottura di fronte all’establishment culturale e sociale o
di raccontare abissi, sperdimenti, discese ardite ma anche voli e flâneries.
«Comment Thomas Leclerc 10 ans 3 mois et 4 jours
est devenu Tom l’Éclair et a sauvé le monde»
de Paul Vacca
© 2015 Belfond, un département de Place des Éditeurs - Paris
Per l’edizione italiana:
© 2015 Edizioni Clichy - Firenze
Edizioni Clichy
Via Pietrapiana, 32
50121 - Firenze
www.edizioniclichy.it
Isbn: 978-88-6799-204-1
Paul Vacca
Come accadde che Thomas Leclerc
10 anni 3 mesi e 4 giorni
divenne
Fulmine Tom
e salvò il mondo
Traduzione di Tania Spagnoli e Federico Zaniboni
Edizioni Clichy
Come accadde che Thomas Leclerc
10 anni 3 mesi e 4 giorni divenne
Fulmine Tom e salvò il mondo
Alla Super-Petite-Laurence e Wonder-Anne
A Oncle Carlo, il supereroe della mia infanzia
Sommario
1. Come Thomas Leclerc scopre di essere Fulmine Tom
2. Prima missione
3. Palma la Piovra
4. Primo incontro con la Fine del Mondo
5. Il raggio x del pensiero
6. In aiuto della nonna
7. In aiuto di Selfmademan
8. Il mistero della macchina bianca
9. L’astro nero
10. Il nemico esterno
11. Salvare l’amore
12. Riaccendere una stella morta
13. Il volo
14. La prima lacrima del supereroe
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Da dove si trova adesso, in una sorta di candore tranquillizzante in cui tutto gli giunge come un mormorio ovattato, ritmato
solo da qualche bip a intervalli regolari, capisce che ce l’ha fatta.
Sì, lui, il piccolo Thomas Leclerc, il bambino diverso dagli
altri, che ha appena compiuto undici anni, un puntolino quasi
insignificante nell’immensità del mondo, è riuscito in un’impresa
impossibile.
Sorvola Montigny sulle note di A Day in the Life...
Adesso, finalmente, può prendersi il tempo di assaporare quel
che ha fatto.
Sole Nero liberato dalla sua vita da cani... Serge, il self-made-man di suo padre, che alla fine ha trovato la sua strada... La
nonna finalmente riconciliata col passato... Matthieu liberato dal
fantasma dell’auto bianca... Jean-Luc sbarazzatosi dei suoi demoni interiori e delle sue catene invisibili...
E poi Palma, il suo sorriso sereno di fronte all’onore salvo...
E infine, accanto a lui, le mani di Pauline e Serge di nuovo
intrecciate. Ma anche i loro sorrisi inquieti, gli occhi arrossati e i
bisbigli affettuosi.
Manca solo un happy end.
Per questo, Tom lo sa, deve svegliarsi.
Adesso.
Ma una grande stanchezza lo invade.
E se fosse al di sopra delle sue forze?
Anche per un supereroe...
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1.
Come Thomas Leclerc scopre
di essere Fulmine Tom
Eppure all’inizio, quel 14 ottobre 1968, fu un giorno come
tanti altri.
Identico sotto tutti i punti di vista ai giorni trascorsi lì, da
quando Thomas è arrivato a Montigny, una cittadina vicino a
Parigi.
- Tom, Piccolo Tom, è ora!
7.14. Come ogni mattina, Thomas si alza al suono del richiamo materno. Afferra a tastoni gli occhiali dalle lenti spesse, si mette al polso l’orologio al quarzo, si infila il maglione
a collo alto di acrilico, i pantaloni corti, le Kickers e scende i
diciotto scalini che lo conducono in cucina.
A tavola lo aspettano la sua scodella riempita di cereali fino
alla prima linea rossa e sulla destra la bottiglia del latte. Sua
madre, Pauline, lo bacia, passa la mano tra i suoi capelli per
appiattire il ciuffo ribelle, e versa il latte nella scodella fino alla
seconda linea rossa... Tom ingurgita la colazione scrutando la
scatola di cereali che ha letto più di trecentocinquanta volte,
scovando le e e le a e le linee che le uniscono, così come le
lettere mancanti dell’alfabeto.
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Paul Vacca
- Tutto bene, giovanotto?
Suo padre, Serge, fuma bevendo il caffè e ascoltando la radio. Finite le notizie, è l’ora del meteo.
Thomas esce dalla cucina, afferra la cartella, se la mette sulle spalle mentre sua madre ci infila dentro un oggetto cilindrico avvolto nella carta stagnola.
- La tua merenda, tesoro.
Pane, burro e quattro quadratini di cioccolato fondente.
Con la faccia assonnata e il ciuffo ritto, Thomas esce di
casa. Ha così inizio il balletto mattutino, un lungo piano sequenza perfettamente orchestrato che lo conduce fino alla
scuola media. Thomas richiude il cancello, imbocca il vialetto
del complesso residenziale, poi si avventura in una stradina
costeggiata di ville che arriva fino al centro della città.
Monsieur Delattre esce con la sua ventiquattrore, piega la
giacca e la posa sul sedile posteriore della sua Dauphine; madame
Dupuis, la signora col cappotto beige, cerca il suo gatto; i gemelli,
una volta fuori dalla vista dei familiari, si prendono a calci...
Una coreografia regolata quasi al millimetro: il passaggio
del gatto dalla coda lunga che si avventura nel campo, la lieve
brezza del vento mattutino che agita il ciuffo di Tom, la 2CV
che tossicchia inghiottendo il pendio, il treno dietro i boschi e
l’aereo a media percorrenza che fende il cielo.
Poco dopo, Thomas si ritrova davanti a un muro. Il suo
muro magico. Tappezzato di innumerevoli «Sì» e «No» che si
accavallano e si contraddicono. Thomas gli si para davanti e gli
pone la solita domanda quotidiana, quella che lo ha tormentato prima di addormentarsi. Un modus operandi immutabile.
Gli si piazza davanti, chiude gli occhi, si ripete mentalmente la
domanda, fa una giravolta, poi riapre gli occhi. E a quel punto
avviene una magia, ottiene una risposta chiara e netta alla sua
domanda: «Sì» o «No».
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Fulmine Tom
Una volta raggiunto il cancello della scuola media, tutto
appare altrettanto prevedibile. Il ritornello delle lezioni, delle
campanelle, delle ricreazioni, della mensa. Unico campo di
incertezza la matematica: ci sarà un problema di vasche che
perdono o di treni che si incrociano?
Thomas, seduto accanto alla finestra con gli occhi rivolti
allo zenit, segue la linea descritta dal Caravelle delle 09.14 che
lascia dietro di sé una lunga scia di cotone...
- Leclerc?
A che velocità andrà? Tom ha letto che può raggiungere la
velocità di 805 km/h. E pensare che nel 2000 tutti gli aerei
saranno supersonici e i futuri studenti, seduti al suo posto,
potranno osservare i missili andare sulla Luna o su Marte.
- Thomas Leclerc!
Una scena classica. Una pellicola consumata. Vista e rivista.
Il momento in cui la professoressa di matematica gli porge il
gesso illustrandogli il problema che lo attende alla lavagna.
Mentre si avvicina, Tom scorre l’enunciato con lo sguardo:
La distanza tra Parigi e Lione è di 512 km. Un treno parte
da Parigi alle 06.00. Viaggia a 56 km/h. Un altro parte da Lione
alle 08.00. Viaggia a 69 km/h. A che ora e a che distanza da
Parigi si incontreranno?
Come sempre gli appare la soluzione. Evidente. In matematica Thomas non cerca, trova.
È così.
Non ci può fare niente.
Allora scrive sotto la soluzione. Poi torna al suo posto, accanto alla finestra, gli occhi immersi nella luna pallida che
tarda a fondersi nel cielo azzurro del mattino.
Anche la conclusione della prof. sembra essere già scritta.
- Ah! Finalmente qualcuno che sa risolvere i problemi in
questa classe! Che faremmo senza Thomas?
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Paul Vacca
Eppure, questa giornata non sarà affatto come le altre.
*
Fiiiiiiiiiiiii! Il prof. di ginnastica fischia il calcio d’inizio
della partita.
Tutti i ragazzi esultano. Tranne Thomas. Come due squadre che corrono dietro a un pallone possano suscitare un simile fascino rimane per lui un mistero insondabile. Ma tira
via, il problema è che non sopporta il contatto con la palla o
con i suoi compagni. Il contatto fisico. Di solito Tom riesce
a tenersi in disparte, perché tutti gli studenti si contendono i
posti, durante le selezioni, per entrare in una delle due squadre. Ma quel giorno non ha scelta. Eccolo arruolato di forza
nella squadra dei blu.
Inizia la partita e i giocatori si agitano come della limatura di ferro calamitata dalla palla. Tranne Thomas. Lontano
dall’effervescenza dell’azione, sta scrupolosamente attento a
non entrare in contatto con nessuno. Inoltre non ha gli occhiali. Improvvisamente, tutto il fermento intorno a lui assume contorni sfumati, impressionisti. Così in disparte, Thomas
finisce per farsi notare, e intorno a lui scoppiano varie grida.
- Ehi, che cazzo fai?
Anche il prof. gli ordina di prendere parte all’azione.
- Forza, forza, Leclerc, dacci dentro!
Thomas tenta di dirigersi verso quello che intuisce essere
il pallone, le cui traiettorie restano completamente imprevedibili. Quando, per una botta di fortuna, riesce finalmente ad
avvicinarsi, il pallone è già altrove.
Le due squadre sono pari, 3-3, quando il prof. annuncia
che manca un minuto alla fine della partita. Continua a tenere
Thomas sott’occhio.
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Fulmine Tom
- Muoviti, Leclerc!
La tensione sale tra le due squadre. Per uscire dalla visuale del prof., Thomas vede un’unica soluzione: avvicinarsi alla
porta, nascondersi dove si ammassano e si agitano i suoi compagni di squadra. Proprio nel momento in cui la sua squadra
tira un corner. Suo malgrado, Thomas si ritrova in mezzo alla
ressa. Tenta di sottrarsi alla massa umana e di evitare le gomitate quando la sua testa si ritrova sulla traiettoria della parabola
perfetta che il pallone sta disegnando in aria. A rallentatore,
Thomas la vede abbattersi contro di lui come un meteorite. Per
istinto di sopravvivenza, cerca di evitarlo con un colpo di reni.
Invano. Il pallone lo colpisce in piena fronte e la sua mossa
lo proietta in fondo alla rete della porta.
Gol!
Nel momento esatto in cui il prof. fischia la fine della partita.
Vittoria della squadra blu, che salta di gioia e si accalca
attorno a Thomas, rischiando di soffocarlo.
Thomas riesce a sottrarsi. Nel tragitto verso gli spogliatoi,
riceve alcune gomitate. Il prof. di ginnastica gli passa accanto e
gli rifila una bella pacca sulla schiena. Gli occhiali che Thomas
ha appena rindossato scivolano sul naso.
- Ben fatto piccolo! Vedi che quando vuoi!
Il suo orologio al quarzo indica le 11.53. Thomas è riuscito
con le sue sole forze a segnare il primo gol della sua vita.
*
Woooosh! Appena varcata la soglia del corridoio che porta
alla mensa, l’odore paralizza Thomas. Mentre gli altri studenti
sparano ipotesi su quello che sarà il menu del giorno, Thomas
ha già indovinato di cosa si tratta.
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Paul Vacca
Allerta, pericolo.
Come sempre, Thomas si ritrova relegato in fondo al tavolo, nell’ultimo posto rimasto libero. Una volta terminato
l’antipasto - carote grattugiate - si toglie gli occhiali, chiude gli
occhi, e si tappa mentalmente le orecchie. Il sangue gli pulsa
nelle tempie coprendo il rumore della mensa.
Thomas percepisce lo schiocco delle lingue di bue nei piatti
degli studenti come una minaccia che si avvicina inesorabilmente.
Si concentra ancora di più, al punto da avvertire dei lampi
dietro le palpebre chiuse.
Nel frattempo, in cucina, Maria, una delle inservienti, è alle
prese con un piatto bollente che le sta sfuggendo di mano. Lo
riacchiappa in extremis, ma una lingua di bue cade dal recipiente e scivola come una lumaca sul pavimento. Per un attimo, Maria è tentata di rimetterla sul piatto, ma la sua etica
professionale glielo impedisce: la lingua di bue ha mangiato la
polvere sotto gli enormi fornelli a gas. La butta nella spazzatura.
Thomas ha ancora gli occhi chiusi, concentrato al massimo, quando sente una mano posarsi sulla sua spalla. Sussulta.
Maria si china su di lui, con un’aria abbattuta. Perfino desolata. La lingua di bue è finita, piccolo mio. L’ultima è caduta per
terra in cucina. Ti andrebbero dei ravioli?
Thomas annuisce. Non soltanto adora i ravioli, ma adesso
sa che funziona.
Quel lunedì alle 12.17 è riuscito con la forza del pensiero a
sfuggire al crudele supplizio della lingua di bue.
*
Driiiing! Fine delle lezioni. Thomas si dirige verso lo scuolabus. Si lascia avvolgere dai gas di scarico, di cui adora l’o18
Fulmine Tom
dore. Lascia passare gli altri bambini che prendono posto nel
veicolo e schiacciano il naso contro il vetro. Thomas si ritrova
solo sul marciapiede. Il conducente lo guarda di traverso.
- Allora, sale o non sale?
Thomas si volta senza rispondere.
L’autista scrolla le spalle brontolando. Le porte si richiudono con un fischio furioso.
Thomas stringe le bretelle della sua cartella.
Il pulmino parte ruggendo.
Allora Thomas si lancia. Qualche metro dopo, viene raggiunto dal pulmino che prende velocità. Poi Thomas taglia
per i boschi imboccando un sentiero. I rami gli fischiano nelle
orecchie.
Attraversa di nuovo una strada e si infila nel bosco. Tutto
teso verso il suo obiettivo, ci mette tutte le sue energie; e più
avanza, più si sente leggero. Ma la parte più dura sta per arrivare, è preparato. Deve affrontare la salita.
Nel frattempo, sulla strada, il pulmino è fermo. L’autista
tamburella sul volante con impazienza: deve lasciar passare dei
cavallerizzi della vicina scuola di equitazione che attraversano
la strada, alteri sui loro cavalli.
Per Thomas arriva il momento della discesa. Scivola su una
radice, ma si riprende in extremis. Davanti a lui si estende l’ultimo rettilineo. La cosa fondamentale è non rallentare. Mancano solo pochi metri.
Eccoci! È di nuovo in strada. Posa i piedi sull’asfalto.
Ci siamo. È arrivato.
E nessuno scuolabus. Riprende fiato, aspetta qualche secondo. Alcuni lunghi secondi. Si prepara a esultare. Piegato
in due, sfiancato.
Ma gli viene un dubbio: e se fosse già passato? Eppure è
convinto di aver battuto il suo record.
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Paul Vacca
È in quel momento che lo scuolabus spunta da dietro
un tornante, lanciandogli un lungo colpo di clacson astioso.
Thomas si lancia sul ciglio della strada. Un paio di glutei si
dimena sul lunotto posteriore.
Poco importa. Ce l’ha fatta: quel lunedì 14 ottobre 1968
alle 17.16, Thomas ha finalmente battuto lo scuolabus.
E su tutta la linea, per giunta.
*
Quel 14 ottobre 1968, alle 17.16, mentre Thomas Leclerc
sta tornando a casa, tutto si illumina.
Improvvisamente capisce perché è sulla Terra.
Tutte le domande che si poneva da sempre riguardo alle
ragioni della sua presenza nel mondo o allo scopo ultimo della
sua esistenza trovano quindi una risposta.
Con straordinaria chiarezza gli appare il filo che lo lega ai
genitori, alla casa, al complesso residenziale, alla città, al suo
paese, al continente, al mondo, al sistema solare e all’intero
universo.
Sì, quel giorno, quel 14 ottobre 1968, alle 17.16, diventa
tutto chiaro.
Thomas Leclerc scopre di non essere Thomas Leclerc.
Né Piccolo Tom come lo chiama sua madre, né Tom la Pulce come lo hanno soprannominato per via della sua statura, né
Tommy...
Thomas Leclerc sa di essere Fulmine Tom.
Sì, lo sa perfettamente.
Fulmine Tom, più veloce di un fulmine!
*
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Fulmine Tom
I Leclerc sono arrivati da tre mesi a Montigny.
La prima volta che Pauline ha calpestato il suolo del complesso residenziale, percorrendo il vialetto centrale che passa in
mezzo alle villette tutte uguali, ha provato un senso di panico.
Non si vedeva proprio a vivere lì.
All’inizio aveva pensato a un posto più isolato. Ma le case
cha aveva visto erano lontane da tutto.
E suscitavano altrettanto panico.
Avevano dovuto decidere rapidamente, perché avevano già
dato il preavviso ai proprietari del bilocale che occupavano nei
pressi di Parigi.
Lei aveva chiamato Serge al lavoro e aveva accettato senza
entusiasmo.
Eppure, una villetta con un giardinetto in una piccola città
non era il sogno di milioni di persone?
*
Una settimana dopo, è arrivato il camion dei traslochi. Pauline ha stabilito subito nuove abitudini nel loro nuovo spazio
vitale. Tutto in casa è regolato, cronometrato. Gli orari della
sveglia, dei pasti, delle commissioni, delle pulizie.
E delle passeggiate. Ogni giorno Pauline, mano nella mano
col suo Piccolo Tom, percorreva il tragitto che quest’ultimo
avrebbe fatto da solo una volta cominciata la scuola. Ora che
stava per iniziare le medie, ora che il suo Piccolo Tom stava
diventando grande, doveva andarci da solo.
Una passeggiata che formava un cerchio. L’andata passando
per il piccolo centro storico, il panificio, la macelleria, la posta,
poi il ritorno prendendo la strada che costeggia il bosco e che
passa accanto al campo da calcio.
Quando giungevano davanti a un muro imbrattato in tutti
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Paul Vacca
i sensi di «Sì» e di «No» - graffiti, adesivi e locandine - Pauline
spiegava a Thomas che era per il referendum del generale de
Gaulle, che si sarebbe svolto a breve. È una questione complicata, preferiva dire invece di scendere nei dettagli, che tra
l’altro la interessavano molto poco.
*
Da qualche giorno, durante la loro passeggiata quotidiana, Pauline e Thomas incrociano una madre e suo figlio, della
stessa età di Thomas, che si tengono anche loro per mano.
La giovane donna cerca di attirare l’attenzione di Pauline, ma
quest’ultima fa in modo di evitare il suo sguardo. Un giorno, si imbatte in lei entrando nel panificio, mentre la giovane
donna si appresta a uscire.
Un effetto speculare sorprendente.
Un attimo di oscillazione.
La donna ne approfitta per presentarsi a Pauline, che non
memorizza il suo nome.
L’indomani, sebbene Pauline abbia di proposito variato
leggermente il tragitto, le due donne e i loro figli si incontrano
di nuovo. La giovane donna si avvicina, fa scivolare con uno
sguardo d’intesa un bigliettino nel palmo di Pauline: l’indirizzo di un medico che lavora all’ospedale americano, il dottor
Morrison.
È sicura che sia il medico giusto per suo figlio.
*
Il dottor Morrison ascolta Pauline mentre mordicchia
un’asta dei suoi occhiali. Con fare sicuro, ausculta rapidamente Thomas, gli pone qualche domanda, lo ringrazia.
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Fulmine Tom
Gli chiede se può pazientare gentilmente nella sala d’attesa,
giusto il tempo di parlare con sua madre.
Dopo che Tom è uscito, il dottore giunge le mani curate
sotto il mento, strizza gli occhi, si schiarisce la voce.
- Cara signora...
Pauline non ha bisogno di ascoltare altro, sa già che le snocciolerà le stesse sciocchezze degli altri, che lui, come gli altri,
e malgrado la decina di diplomi altisonanti che tappezzano la
parete alle sue spalle, non capisce assolutamente nulla del suo
Piccolo Tom.
Certo che questi medici non le sono affatto di aiuto.
*
Da solo, nell’attigua sala d’attesa, Thomas se ne sta seduto
buono buono e lascia fluttuare le gambe nel vuoto. Osserva
con occhio distratto le smorte riproduzioni di quadri appese
alla parete.
Annoiato, salta giù dalla sedia e va alla finestra. Il cielo è
carico di grosse nuvole scure. Per un attimo i cumuli paffuti
si scostano lentamente lasciando filtrare un raggio di sole tagliente che acchiappa le particelle di polvere nella stanza e si
insinua in un angolo della sala.
Il raggio di luce si illumina di colori sotto la sedia.
Thomas segue il raggio di sole, attirato dal riflesso cangiante dei colori vividi. Si china, tende il braccio. La sua mano
entra in contatto con un quaderno cartonato ruvido al tatto.
Thomas si arrampica di nuovo sulla sedia e sfoglia la rivista,
incuriosito...
*
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Paul Vacca
Pauline ha un unico desiderio: andarsene il prima possibile. Ormai non ascolta più il medico. Sa già che non tornerà
più a consultarlo. Tira fuori il libretto degli assegni e si affretta
a scrivere nervosamente la tariffa della visita.
Il medico accompagna Pauline alla porta e posa una mano
paternalista sulla sua spalla, scuotendo pesantemente la testa,
con gli occhi chiusi.
- Coraggio.
Come può la parola «coraggio», pronunciata con un simile
sospiro, infondergliene davvero?? Pauline prende il figlio per
mano ed entrambi lasciano la sala senza prendersi neanche la
briga di salutare il medico.
Nel frattempo, un ragazzino dai capelli rossi fa irruzione
nella sala d’attesa, con gli occhi in agguato, curiosando in tutti
gli angoli, sollevando le riviste sul tavolino basso.
- Where is my comic book!
Ripete la frase più e più volte, con tono sempre più acuto.
Le sue grida stridule risuonano nell’ospedale. Fino al parcheggio, dove Thomas sta salendo in macchina, con il suo bottino
nascosto sotto il maglione a collo alto di acrilico.
Alla fine, le grida del ragazzino vengono coperte dal tuono
che rimbomba.
*
Boooom!
Uno choc. I riquadri dai colori sparati, i fumetti esplosivi,
le onomatopee sferzanti, lo scenario futurista, le coreografie
aeree, le galassie lontane... A Thomas si apre un nuovo mondo.
Anche se la rivista è in inglese, ne coglie subito le dinamiche: la
lotta tra il Bene e il Male, l’infinitamente grande e l’infinitamente
piccolo, la scienza onnipotente, i superpoteri, le missioni...
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Fulmine Tom
Incredibile! Sotto i suoi occhi si dispiega un mondo favoloso. Un nuovo universo dalle dimensioni inedite.
Ma, al tempo stesso, lo invade una curiosa sensazione.
Una sensazione di déja-vu.
Come se, ancor prima di incontrarli, Thomas sapesse che
quei supereroi e quelle galassie esistevano.
Come se, ancor prima di sfogliare il suo primo comic book,
li conoscesse già.
Come se sapesse già che un giorno sarebbero venuti a cercarlo.
*
Nel corso delle settimane, sono affluiti in massa a popolare
la sua stanza.
Sopra il letto, l’adorabile neonato spuntato da una navicella spaziale scampata all’esplosione del pianeta Krypton e
schiantatosi su un campo di mais sotto gli occhi stupiti di Jonathan e Martha Kent che lo adottano e lo chiamano Clark...
Si tratta di Superman, il capostipite dei supereroi. Dotato di
forza erculea, di una corazza impenetrabile, di sensi ultra sviluppati e di un soffio super potente, è capace di raggiungere
velocità tali da lanciarsi in cielo e invertire il corso del tempo...
Alle sue spalle, sopra il comodino, spunta l’ombra di Batman, alias Bruce Wayne, dandy miliardario che si trasforma
in cupo eroe mascherato da pipistrello - mantello nero e tuta
color antracite - per sconfiggere il crimine a Gotham City. Un
modo di vendicare i genitori assassinati sotto i suoi occhi da
un malvivente quando aveva otto anni.
Di fronte a questi, sopra l’armadio, in posa di sfida, Steve
Rogers, un giovane orfano del Lower East Side, Manhattan,
che, indignato dalle atrocità commesse dalla Germania nazi25
Paul Vacca
sta, avrebbe voluto arruolarsi nell’esercito. Ma viene giudicato
troppo esile e viene riformato. Che c’entrava questa mezza cartuccia in mezzo ai palestrati soldati americani? Tuttavia, la sua
intelligenza e il suo coraggio attirano l’attenzione del generale
Chester Phillips che lo usa come cavia per l’operazione Rinascita. È così che il siero e i raggi del dottor Erskine trasformeranno il gracile Steve nel super potente Capitan America, che
si spingerà fino a sfidare Hitler e la barbarie nazista...
Appuntati sulla porta, rivolti verso di lui, i Fantastici Quattro, quattro giovani il cui destino verrà cambiato per sempre
dai raggi cosmici assorbiti durante un infruttuoso viaggio sperimentale sulla Luna. Reed Richards diventa quindi Mister
Fantastic; Jane Storm - la sua fidanzata - si trasforma nella
Donna invisibile, che si rende invisibile creando un campo di
forza attorno a sé; suo fratello Johnny Storm, che diventa la
Torcia umana e può infiammare a richiesta il suo corpo, e infine Ben Grimm, che si trasforma in un mostro orrendo dalla
forza colossale, detto La Cosa... Uniti come le quattro dita di
Topolino, sventano, tra le tante missioni, i piani machiavellici
dell’infame Dottor Destino.
Poi, appeso sul soppalco sopra il letto di Thomas, a strapiombo su tutti gli altri, c’è Spider-Man, l’Uomo Ragno. Orfano di padre e di madre, Peter Parker è stato cresciuto da suo
zio Ben e sua zia May. Studente occhialuto, vittima di un ragno radioattivo che gli conferisce superpoteri aracnei, sviluppa
una forza sovrumana, la capacità di arrampicarsi sui muri, di
sparare getti di ragnatela appiccicosa per aggrapparsi dappertutto e sorvolare la città di grattacielo in grattacielo... Dopo un
inizio titubante, decide un giorno di lanciarsi nella lotta contro il Male combattendo gli innominabili Dottor Octopus,
Lizard, Rhino, l’Avvoltoio, Venom e Goblin...
Dall’altra parte del letto, sospettoso verso tutti gli altri, c’è
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Fulmine Tom
Daredevil. Diventato cieco a causa delle scorie radioattive, ha
ereditato in compenso delle capacità psichiche sovrumane: un
udito ipersensibile, una forza muscolare fuori dal comune e
una conoscenza enciclopedica degli sport da combattimento.
Con il suo bastone che gli serve da manganello o da rampino,
combatte il Male con spavalderia ovunque si trovi...
E infine, un po’ dappertutto nella stanza, che si intrufola
tra i suoi simili, c’è Silver Surfer. Proveniente da un’altra galassia, è sbarcato sulla Terra sulla sua indistruttibile tavola da
surf. Fatto di una sostanza argentea inalterabile, diffonde nel
cosmo il suo spleen di fronte all’infinito, i suoi dubbi metafisici e i suoi tormenti esistenziali...
*
E lui, Thomas Leclerc, ragazzino dal ciuffo ribelle e dalle
lenti spesse, capace di risolvere problemi di matematica in un
lampo e di viaggiare nelle galassie più remote con la forza del
pensiero, sarà Fulmine Tom?
Se sua madre è disperata per la sua incapacità di trasmettere
le proprie emozioni, la sua inattitudine a sorridere o a piangere, la sua impossibilità a comunicare con gli altri umani che
nessun medico riesce a curare, adesso, da quel famoso settembre 1968, lui sa che è perché è un supereroe.
Non è forse, come tutti quei supereroi, un essere gettato in
un mondo che non sembra fatto per lui?
Perché non dovrebbe essere come loro, i cui superpoteri
sono anche il rovescio di un handicap segreto? Le cui azioni
nascondono spesso una profonda solitudine?
Ma per quali imprese? Per quali missioni? Per quali superpoteri?
Thomas ancora non lo sa.
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