La sorveglianza del cancro colo-rettale nelle malattie

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La sorveglianza del cancro colo-rettale nelle malattie
Introduzione
Le malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI),
quali la malattia di Crohn (MC) e la rettocolite ulcerosa
(RCU), predispongono allo sviluppo di cancro del colonretto (CCR). Secondo una recente metanalisi la RCU
aumenta tale rischio di circa 2.4 volte, corrispondendo
a circa 1.6% dei pazienti che sviluppano CCR in 14 anni
di follow-up (1). Similmente, 5.6% dei pazienti affetti da
MC ha sviluppato cancro o displasia in circa 30 anni di
follow-up in un altro recente studio (2). I pazienti affetti da MICI sviluppano il CCR ad un età più giovane e
hanno un lieve incremento di mortalità a 5 anni, rispetto
alla popolazione generale (3). Complessivamente sembra che ci sia comunque una riduzione del rischio di
sviluppo del CCR nelle MICI negli ultimi 30 anni (4). Alla
stessa conclusione arriva un’altra recentissima metanalisi, secondo la quale il rischio cumulativo di sviluppare
RL
Manol Jovani
Silvio Danese
Revisione della Letteratura
> rassegna biennale
I pazienti affetti da malattie
infiammatorie croniche intestinali sono
a maggior rischio di sviluppare il cancro
del colon-retto, soprattutto se la malattia
è estesa e di lunga durata. Ciò ha
portato allo sviluppo di programmi di
sorveglianza per diagnosticare e trattare
precocemente le lesioni displastiche/
neoplastiche in questi pazienti. La
tecnica endoscopica classica, a
luce bianca con biopsie random, è
insoddisfacente. L’evoluzione della
tecnologia ha portato allo sviluppo di
nuove tecniche che promettono di
incrementare l’efficacia dei programmi
di sorveglianza. La cromoendoscopia
ha già dimostrato notevole efficacia,
e pertanto è stata già incorporata in
alcune linee guida. Altre tecniche sono
al momento in fase di sperimentazione.
Questo articolo è una breve rassegna
sulla letteratura del biennio 2011-2013
sul ruolo di queste tecniche
nella sorveglianza delle malattie
infiammatorie croniche intestinali.
Gastroenterologia
ed Endoscopia Digestiva
Istituto Clinico Humanitas
di Rozzano (MI)
CCR nelle IBD è stato stimato essere del 1% dopo 10
anni, 2% dopo 20 anni e 5% dopo più di 20 anni di
malattia (5). Questo può essere dovuto al miglioramento
delle terapie delle MICI (6). Fattori di rischio di sviluppo
del CCR nelle MICI includono il sesso maschile, la familiarità, la giovane età alla diagnosi, il grande intervallo tra
le colonscopie, la durata, l'estensione e la severità della
malattia e la coesistenza della colangite sclerosante primitiva (4,5,6,32).
Diversamente dal CCR sporadico, che segue la sequenza adenoma-carcinoma, il CCR correlato con le MICI
segue la sequenza infiammazione-displasia-carcinoma
(7). La prevenzione dello sviluppo del CCR nelle MICI
consiste pertanto nella sorveglianza periodica per via
endoscopica in cerca di lesioni displastiche pre-cancerose e il loro trattamento. Seppur in mancanza di studi
prospettici randomizzati che ne dimostrino chiaramente
i benefici in termini di sopravvivenza, le evidenze indiret-
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colo-rettale nelle malattie
infiammatorie croniche
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te da studi retrospettivi suggeriscono una riduzione della
mortalità con questa strategia (15,32).
I programmi di sorveglianza nelle MICI di lunga durata
cominciano solitamente in tutti i pazienti a 10 anni dalla
diagnosi. Alcuni dati recenti sembrano tuttavia mettere in dubbio tale pratica. In un recente studio 38.6%
dei casi di displasia di alto grado si è verificato prima
di 10 anni di malattia. Nello stesso studio inoltre non
tutti i pazienti affetti da MICI avevano lo stesso rischio
di sviluppo di displasia. Il sottogruppo di pazienti affetti da malattia estesa e di lunga durata (definita come
malattia nota da più di 10 anni, con più del 50% del
colon coinvolto) avevano un rischio aumentato di circa
7 volte rispetto alla popolazione generale, mentre il resto dei pazienti con malattia meno estesa o di durata
minore aveva un rischio simile a quello della popolazione
generale (6). Similmente, nello studio di Jess et al solo
una sottopopolazione dei pazienti affetti da MICI era a
rischio maggiore della popolazione generale di sviluppare il CCR, mentre il resto dei pazienti aveva un rischio
simile (4). Altri ricercatori sono arrivati ad un analoga
conclusione in un recente grosso studio finlandese, in
cui solo un sottogruppo di pazienti affetti dalle MICI è
predisposto a sviluppare il CCR, e pertanto solo loro
potrebbero beneficiare dai programmi di sorveglianza
(9). Questi dati recenti potrebbero avere importanti conseguenze sul futuro dei programmi di sorveglianza per il
CCR nelle MICI. Nelle più recenti linee guida ECCO ad
esempio si consiglia di iniziare la sorveglianza per il CCR
nella RCU più precocemente, intorno ai 6-8 anni dalla
diagnosi, e successivamente ogni anno per i pazienti ad
alto rischio (32).
La metodica di screening endoscopico per la displasia/
CCR nelle MICI è stata tradizionalmente l'endoscopia
con luce bianca con biopsie random diffuse sui quattro
quadranti ogni 10 cm di colon e nelle aree sospette per
displasia/neoplasia, con una stima di circa 33-64 biopsie per ogni esame (32). Tale pratica, supportata per
lo più da evidenze che precedono i moderni strumenti
endoscopici, è stata criticata per diverse ragioni (8,15).
Primo, l’impegno di tempo e risorse per questo protocollo è tale che molti gastroenterologi endoscopisti non
si attengono strettamente ad essa.
Secondo, la maggior parte della mucosa colica non
viene comunque valutata nonostante il grande numero
di biopsie. Terzo, dato che il tasso di displasia nelle MICI sembra che sia in diminuzione, questo renderebbe
ancora più difficile la loro localizzazione con le biopsie
random. Infine, sembra che la resa diagnostica di questo protocollo sia comunque bassa e non modifichi la
gestione clinica nella maggior parte dei pazienti (10,11).
L'evoluzione tecnologica ha portato allo sviluppo di
nuove metodiche endoscopiche che rendono lo screening più efficace perchè migliorano notevolmente la vi-
sualizzazione della mucosa colica. Ciò potrebbe portare
alla modifica degli attuali programmi di sorveglianza.
Questo articolo vuole essere una breve revisione della
letteratura del biennio 2011-2013 sul ruolo di queste
metodiche nella sorveglianza per il CCR delle MICI.
Tecniche endoscopiche
di sorveglianza nelle MICI
L’endoscopia con luce bianca
ad alta definizione
L’avvento dell’endoscopia moderna con luce bianca ad alta risoluzione/definizione ha sensibilmente
migliorato la resa diagnostica nella sorveglianza delle MICI. Con tali strumenti moderni la maggior parte
delle lesioni neoplastiche nelle MICI sono visibili (8).
In un recente studio retrospettivo la colonscopia ad
alta definizione si è mostrata superiore a quella con
definizione standard nel rilevamento della displasia
sia nella RCU che nella MC (12). L’endoscopia con
luce bianca perciò, con lo sviluppo delle tecnologie
ad alta risoluzione/definizione, continuerà a giocare
un ruolo importante nella sorveglianza delle MICI.
Cromoendoscopia (CE)
La cromoendoscopia (CE) è una tecnica di imaging
endoscopico che si serve di coloranti applicati per
via topica durante la colonscopia. Diversi coloranti
sono stati utilizzati nei trial clinici, ma quelli più noti
sono il blu di metilene e l'indigo carminio. Il blu di
metilene è assorbito dalla mucosa normale ma non
da quella infiammata o neoplastica, e perciò le distingue, mentre l’indigo carminio non viene assorbito dai colociti ma si distribuisce tra le cripte del colon mettendo a risalto le alterazioni infiammatorie o
neoplastiche della mucosa. La distinzione delle aree
sospette permetterebbe l'esecuzione delle biopsie
mirate, limitando in tal modo il numero di biopsie
da eseguire e aumentando la resa diagnostica delle
lesioni displastiche.
Tutti i più importanti studi prospettici randomizzati passati hanno invariabilmente dimostrato la superiorità della cromoendoscopia sull'endoscopia
tradizionale, in termini di rilevamento delle lesioni
displastiche nelle MICI, cosi come nella loro differenziazione tra lesioni neoplastiche e non (8,15).
I studi più recenti confermano tali dati. Una recente
metanalisi ha dimostrato che la cromoendoscopia è
superiore all'endoscopia a luce bianca a definizione
standard in termini di rilevamento di lesioni displastiche nelle MICI (13). Secondo questa metanalisi,
che prendeva in considerazione 6 studi per un to-
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Cromoendoscopia virtuale
Il successo e i limiti della cromoendoscopia classica hanno portato allo sviluppo della cosiddetta
“cromoendoscopia virtuale o digitale”, ovvero di
tecnologie che cercano di ottenere una simile risoluzione e contrasto della mucosa colica, senza tuttavia ricorrere all'utilizzo di coloranti topici. Essendo
la procedura facilmente avviabile con un solo clic
su un tasto nello strumento, lo scopo è quello di
idealmente ridurre i tempi dell'esame endoscopico
ottenendo la stessa qualità di immagini e gli stessi
risultati in termini di rilevamento delle lesioni displastiche/CCR. Le tecniche di CE virtuale includono il
Narrow Band Imaging (NBI), Fuji Intelligent Chromoendoscopy (FICE) e i-Scan.
L'NBI è stata l'unica tecnica studiata fino ad ora per
la sorveglianza nelle MICI, e non sembra migliorare
la resa diagnostica rispetto alla luce bianca. Le altre
due tecniche virtuali sono state valutate solamente
nello screening dei pazienti non affetti da MICI, e
pertanto ad oggi, basandoci su questi dati, possiamo avere solo delle ipotesi sul loro possibile futuro
ruolo nella sorveglianza delle MICI.
a) Narrow-band Imaging (NBI)
Questa tecnologia, incorporata in molti endoscopi più
moderni, usa dei filtri speciali per emettere diverse lunghezze d’onda della luce bianca con diverse capacità di
penetranza, e di conseguenza diversa capacità di interazione con le strutture della parete colica. In tal modo si
riescono ad evidenziare in modo più specifico le strutture superficiali della mucosa e l’architettura vascolare del
colon, differenziando tra vasculatura superficiale e profonda. La capacità di questa tecnologia di poter distinguere tra pattern normale e patologico della mucosa,
unita alla sua diffusa disponibilità nei nuovi apparecchi,
hanno portato a postulare un loro possibile ruolo nello
screening per displasia/CCR nelle MICI. Sfortunatamente, tre recenti studi non supportano tale ipotesi. Uno
di essi non solo non ha visto una differenza significativa tra un NBI di nuova generazione e la luce bianca
ad alta definizione nel rilevamento della displasia/CCR
in pazienti affetti da RCU, ma ha anche trovato l’NBI
non soddisfacente nella differenziazione tra la mucosa
neoplastica e quella non-neoplastica (16). Un risultato
simile è stato trovato in uno studio prospettico multicentrico più recente che confrontava la luce bianca ad alta
definizione con l’NBI e non trovava nessuna differenza
significativa tra le due tecniche (11). La tecnologia NBI è
stata inoltre confrontata con la cromoendoscopia in un
recente studio prospettico (17). In esso l’NBI risultava
significativamente più vantaggiosa rispetto alla cromoendoscopia in termini di riduzione del tempo dell’esame, e aveva un tasso significativamente minore di falsa
positività delle biopsie mirate. Nessuna differenza statisticamente significativa tra le due braccia in termini di
rilevamento di displasia è stata constatata, con tuttavia
un tasso maggiore di lesioni displastiche o pazienti persi
con l’NBI, ragion per cui gli autori non raccomandavano
tale tecnica come standard per lo screening del CCR
nelle MICI (17). Infine, recentemente sono stati pubblicati in forma di abstract i risultati preliminari di uno studio
randomizzato nel quale l'NBI risulta essere equivalente
alla CE in termini di rilevamento delle lesioni displastiche
nella RCU (31).
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tale di 1277 pazienti, la differenza globale tra le due
metodiche nel rilievo di lesioni displastiche o cancerose era di circa 7% (95%; intervallo di confidenza
3.2-11.3). In particolare, la cromoendoscopia perdeva meno lesioni displastiche (40% in meno rispetto alla luce bianca), aveva un migliore rilevamento di
lesioni displastiche alle biopsie mirate (44% in più)
e, soprattutto, mostrava un incremento nella rilevazione delle lesioni piatte del 27%. Questi vantaggi
sono stati ottenuti al prezzo di un incremento della
durata dell'esame di circa 11 minuti (13).
Inoltre, l'associazione della CE con l'endomicroscopia confocale con laser (vedi sotto) incrementa notevolmente il numero di lesioni displastiche rilevate
(29,30).
A parte il limite temporale accennato prima, altre
questioni devono essere risolte prima che la cromoendoscopia entri a far parte della pratica clinica routinaria nella sorveglianza delle MICI. Primo, la tecnica non è stata confrontata con la luce bianca ad
alta definizione, che ormai è presente nella maggior
parte degli strumenti moderni, ma solo con quella
a definizione standard. Secondo, sono stati sollevati dubbi su un possibile danno al DNA indotto dal
blu di metilene, ma questo non è stato confermato.
Terzo, la cromoendoscopia è operatore-dipendente
e attualmente alla maggior parte degli gastroenterologi ospedalieri manca l'adeguata formazione in
questa tecnica. Quarto, non ci sono studi che confrontano i diversi coloranti in modo da poter definire
quello più efficace nel rilevamento delle lesioni displastiche/cancerose. Quinto, la cromoendoscopia
non riesce a distinguere bene tra le aree infiammate
e quelle neoplastiche in aree di severa infiammazione. Sesto, i coloranti non sono sempre equamente
spruzzati/distribuiti in tutta la superficie nella mucosa colica. Infine, non ci sono risultati a lungo termine dei pazienti sottoposti a sorveglianza con questa
tecnica. Indipendentemente da questi limiti comunque la cromoendoscopia sembra essere un'ottima
tecnica che viene sempre più consigliata nella sorveglianza del CCR nelle MICI (8,15).
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b) Fuji Intelligent Chromoendoscopy (FICE)
FICE non ha dimostrato nessun beneficio aggiunto
rispetto all'endoscopia a luce bianca, sia quella tradizionale che quella ad alta definizione, in termini di rilevamento delle lesioni adenomatose in pazienti non
affetti da MICI e aventi un rischio medio di sviluppo di
CCR (8). Un grosso studio prospettico multicentrico del
2009 ha randomizzato 871 pazienti a colonscopia con
FICE oppure colonscopia standard con biopsie mirate
dopo cromoendoscopia con indigo carminio. In questo
trial FICE non si è dimostrato diverso dalla colonscopia
standard in termini di rilevamento di adenomi/CCR, non
avendo migliorato né il numero totale di adenomi trovati
né il numero di pazienti a cui sono stati trovati gli adenomi, e non ha accorciato in modo significativo il tempo
di esame. FICE tuttavia si è mostrato equivalente alla
cromoendoscopia con indigo carminio nel classificare le
lesioni come neoplastiche o meno, e pertanto potrebbe
avere un ruolo futuro come predittore dell'istologia (18).
In base a questi dati in pazienti non affetti da MICI, al
momento FICE non può essere indicata nella pratica clinica per la sorveglianza nelle MICI, se non nel contesto
di studi clinici.
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c) i-Scan
I-Scan è stato similmente testato in pazienti non affetti
da MICI con rischio medio di sviluppo del CCR. Secondo i primi studi, i-Scan sembra essere superiore all'endoscopia a luce bianca e simile alla cromoendoscopia,
in termini di rilevamento di lesioni adenomatose/neoplastiche (8). Un recente studio ha dimostrato la superiorità
della luce bianca ad alta risoluzione associata all'i-Scan
rispetto all'endoscopia con luce tradizionale in termini
numero di lesioni, polipoide e non, rilevate (19). Inoltre
tale associazione incrementa l'efficacia di rilevamento
delle lesioni della mucosa colica anche da parte degli
endoscopisti non esperti (20). Questi dati vengono tuttavia contrastati da un recente studio prospettico che
valuta la stessa tipologia di pazienti, confrontando due
modalità diverse di i-Scan con l'endoscopia con luce
bianca ad alta definizione. Nessuna differenza significativa tra le due modalità di i-Scan e la luce bianca ad
alta definizione è stata osservata, né in termini di incremento del tasso di rilevamento degli adenomi, né come
riduzione del tasso di perdita dei polipi. Una delle due
modalità di i-Scan si è tuttavia dimostrata più efficace
della luce bianca nel predire l'istologia neoplastica o non
neoplastica (21). Quest'ultimo dato è a conferma di un
altro recente studio, nel quale l'i-Scan e l'NBI si sono
dimostrate ugualmente efficaci nel predire l'istologia
adenomatosa dei polipi diminutivi, entrambi superiori
alla luce bianca, con buona concordanza tra inter-eintra-osservatori (22). Simile buona concordanza interosservatori per la distinzione tra lesioni neoplastiche e
non, è stata osservata in due recenti studi con i-Scan
(23,24). Studi futuri sarebbero indicati per determinare il
possibile futuro ruolo di questa tecnica nella sorveglianza per displasie nelle MICI.
Autofluorescenza (AFI)
L’autofluorescenza è un fenomeno per cui i tessuti
esposti ad una luce a corta lunghezza d’onda emettono luce a lunghezza d’onda più lunga in base al
contenuto endogeno di sostanze biologiche chiamate fluofori.
Lo spettro d’emissione della mucosa colica normale, quella infiammata e quella displastica/neoplastica hanno un’autofluorescenza diversa in base alla
concentrazione di fluofori nelle singole cellule che
dipende dalla quantità di mitocondri, lisosomi e il
loro contenuto. La tecnologia che sfrutta questo
fenomeno per distinguere tra di esse è stata chiamata AFI (Autofluorescence Imaging). Questa tecnica prevede anche l'uso di foto-sensibilizzanti, quali
l’acido 5-aminolevulinico, applicati sia per via locale
che sistemica.
Studi iniziali con AFI hanno dimostrato che esso ha
un valore predittivo negativo per l’esclusione delle
lesioni displastiche molto alto (tra 89-100%) e un
alto valore predittivo positivo per neoplasia variabile tra i diversi studi (da 13% al 100%) (8). L’AFI
incrementa il tasso di rilevamento delle lesioni displastiche rispetto alla luce bianca in pazienti affetti
da RCU (25).
Recentemente gli effetti a lungo termine dell’AFI sono stati studiati in 41 pazienti affetti da RCU. I pazienti con AFI negativo al basale (31 pazienti) sono
stati seguiti con colonscopie regolari per 7.8 anni e
solo in 2 (6%) è stato scoperto una neoplasia durante questo periodo d’osservazione. Nei dieci pazienti
con AFI positivo, l’istologia (su pezzo chirurgico o
bioptico) ha sempre confermato il sospetto di neoplasia (valore predittivo positivo del 100%). Pertanto
i autori hanno concluso che l’AFI è una tecnica con
alto valore predittivo positivo per neoplasia e basso
tasso di perdita di displasia/neoplasia (alto valore
predittivo negativo) (26).
L’AFI è una tecnica molto promettente, ma avendo
molte limitazioni tecniche, economiche e formative,
attualmente è disponibile solo in alcuni centri terziari
di riferimento e può essere utilizzata solo all’interno
di studi clinici.
Istologia/citologia virtuale
Lo sviluppo di sofisticate tecniche di imaging endoscopico ad alta risoluzione permettono di ingrandire le
immagini fino a 1000-1400 volte, ottenendo in tal modo un analisi microscopica della mucosa colica in vivo
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endomicroscopia confocale con laser (EMCL)
Le immagini con l'EMCL vengono ottenute dopo l'illuminazione della mucosa colica con raggi laser a bassa
potenza previa l'applicazione, topica oppure sistemica,
di agenti fluorescenti. Ci sono due strumenti di EMCL:
uno incorporato sulla punta dell'endoscopio ad alta definizione e uno presente in una sonda che può passare
attraverso il canale operativo degli endoscopi standard
(27). Tale tecnica ha dimostrato una buona accuratezza
diagnostica in pazienti affetti da RCU in studi piloti iniziali
(28).
In un altro studio recente, l'EMCL in associazione alla
CE, si è mostrata superiore alla luce bianca in termini
di rilevamento di lesioni displastiche e veniva pertanto
consigliata dagli autori per la sorveglianza nelle MICI,
nonostante il tempo impiegato per l’EMCL fosse stato
quasi doppio (30). Infine, un altro studio più recente ha
confermato che l'uso dell'EMCL, soprattutto se combinata con la cromoendoscopia, incrementa notevolmente il numero di lesioni displastiche rilevate e riduce la
necessità di eseguire biopsie random in pazienti affetti
da RCU (29).
L'endomicroscopia confocale con laser è una tecnica
molto promettente per il futuro dei programmi di screening. Tuttavia, uno dei maggiori limiti di questa tecnica è
il fatto che analizza solo una piccola parte della mucosa
colica alla volta.
Una panendoscopia con EMCL è quindi praticamente
impossibile, e tale metodica deve sempre essere associata alle altre tecniche sopramenzionate e venire utilizzata in modo mirato su lesioni sospette.
Alcuni degli altri principali fattori che attualmente limitano questa tecnica al solo uso in trial clinici in centri
altamente specializzati sono il lungo tempo necessario
per eseguire gli esami, il costo degli apparecchi, l'alta
esperienza richiesta sia in endoscopia che in istologia
e gli aspetti medico-legali legati alla diagnosi istologica fatta da un gastroenterologo non confermata da un
anatomopatologo (8,27).
Endocitoscopia
L'endocitoscopia è una nuovissima tecnica endscopica che permette di visualizzare i strati più superficiali
della mucosa previa colorazione della mucosa con
coloranti assorbibili come il blu di metilene o il cristal
violetto.
L'endocitoscopo può essere integrato nello strumento
endoscopico oppure essere parte di una sonda che
può passare attraverso il canale operativo. Questa tecnica non è attualmente disponibile commercialmente in
Europa o negli Stati Uniti, ed è principalmente valutata dagli endoscopisti giapponesi per i polipi e il cancro
colo-rettale.
Al momento non ci sono studi sull'utilizzo dell'endocitoscopia nella sorveglianza delle MICI, ma avendo essa la
capacità di distinguere le cellule della mucosa colica e
il grado di infiammazione, potrebbe avere nel futuro un
ruolo in questo contesto clinico (27).
La sorveglianza secondo
le linee guide internazionali
Le due tecniche considerate attualmente accettabili
dalle maggiori società gastroenterologiche internazionali per la sorveglianza delle displasie nelle MICI sono
l'endoscopia a luce bianca (standard o ad alta definizione) con biopsie random e la cromoendoscopia con
biopsie mirate. Le altre tecniche sopramenzionate sono da considerarsi come sperimentali.
L'American College of Gastroenterology nelle loro linee guida del 2010 raccomandano l'endoscopia a luce bianca con biopsie random dopo 8-10 anni dalla
diagnosi di malattia, come unico modo di sorveglianza,
mentre l'American Gastroenterologic Association nelle loro linee guida del 2010 considerano la CE come
una valida alternativa all'endoscopia a luce bianca con
biopsie random, ma solo se fatta da endoscopisti con
esperienza, a partire da 8 anni dalla diagnosi di malattia con intervalli di 1-3 anni. Le linee guida della British
Society of Gastroenterology invece raccomandano la
CE con biopsie mirate come la principale metodica
di screening a partire da 10 anni dalla diagnosi di
malattia e poi ad intervalli di 1-5 anni, mentre l'endoscopia a luce bianca con le biopsie random è considerata solo se la CE non è disponibile (8).
Nelle più recenti linee guida ECCO, la CE con biopsie
mirate da parte di endoscopisti adeguatamente formati in questa tecnica è il modo principale di sorveglianza
nella RCU. I tempi indicati sono a partire da 6-8 anni
dalla diagnosi e da allora ad intervalli di 1-4 anni a seconda del rischio personale del paziente, possibilmente durante la remissione clinica. L'endoscopia a luce
bianca con biopsie protocollate viene riconosciuta come una valida alternativa in caso di mancata possibilità
di eseguire la CE con biopsie mirate (32).
Nelle linee guida ECCO sulla malattia di Crohn del
2010 le stesse strategie utilizzate per la RCU venivano indicate avendo un rischio analogo di sviluppare il CCR. Questo viene ribadito anche nelle più
recenti linee guida ECCO-ESGAR sull'imaging nelle
MICI (33).
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durante l'endoscopia, acquistando delle vere e proprie
immagini istologiche/citologiche virtuali, un “istologia/
citologia in tempo reale”.
Due delle cosiddette tecniche di biopsia ottica (o biopsia
virtuale) sono l'endomicroscopia confocale con laser e
l'endocitoscopia (27).
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Conclusioni
L'endoscopia con luce bianca e biopsie random, incorporata in molte linee guida internazionali per lo più
per ragioni storiche, probabilmente dovrebbe essere
abbandonata. L'avvento della luce bianca ad alta definizione con biopsie mirate è un importante innovamento nella sorveglianza per displasia/CCR nelle MICI.
La cromoendoscopia ha costantemente dimostrato
ottimi risultati in termini di rilevamento di alterazioni
della mucosa colica, ed è stata incorporata come indagine di prima linea in alcune importanti linee guida
internazionali. Tale tecnica merita di essere diffusa di
più e dovrebbe entrare a far parte del curriculum formativo delle nuove generazioni di endoscopisti. Delle
altre metodiche menzionate, l'i-Scan, l'AFI e l'EMCL
promettono di acquistare un ruolo importante nel futuro della sorveglianza per CCR nelle MICI. I risultati di
futuri trial clinici, alcuni attualmente in corso, serviranno
a definire il loro ruolo in questo contesto clinico.
Corrispondenza
Silvio Danese
Centro IBD
Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva
Istituto Clinico Humanitas
Via Manzoni, 56 - 20089 Rozzano (MI)
Tel. + 39 02 82244771
Fax + 39 02 82242591
e-mail: [email protected]
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