*****SUDAN: PERSECUZIONI (29
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*****SUDAN: PERSECUZIONI (29
Pubblicazione speciale realizzata in occasione della visita al Papa dei vescovi del Sudan Città del Vaticano, 8-13 marzo 2010 A cura del SeDoc – Servizio Documentazione della Radio Vaticana INDICE La Repubblica del Sudan Cenni storici e quadro socio-politico La struttura della Chiesa - Le diocesi Cronologia della Chiesa Una Chiesa missionaria impegnata sul fronte della pace La visita di Giovanni Paolo II del 1993 Le visite ad limina 1 p. p. p. p. p. p. p. 2 3 7 8 11 66 79 Sudan (As-Sūdān - Al-Jumhūrīyat as-Sūdān) Superficie 2.503.890 kmq Confini e territorio. Il Sudan è il più grande Stato dell‟Africa. Confina a Nord con l‟Egitto, a Ovest con Libia, Ciad e Repubblica Centrafricana, a Sud con Uganda, Kenya e R.D. del Congo, a Est con Etiopia, Eritrea e Mar Rosso. A Nord si trovano le distese desertiche della Nubia, a Sud vaste zone sono occupate da stagni e paludi. Il clima è ovunque caldissimo con differenze per il variare della piovosità e dell‟escursione termica. Capitale Al Khartūm = Khartoum Popolazione 37.223.000 ab. Gruppi etnici La popolazione è divisa in più di 50 gruppi etnici. Il Nord è abitato in gran parte da arabi, che rappresentano il 45% della popolazione totale del Sudan, mentre rimangono solo piccole minoranze delle antiche tribù nubiane. Nel Nord-Est vivono i Beja, un consistente gruppo etnico di pastori nomadi, non di stirpe araba, ma di origine camitica. Sui Monti Nuba, vive la popolazione omonima, l‟unica del Nord Sudan che segue ancora la religione tradizionale pagana. I popoli del Sud sono di stirpe nilotica (Nuer, Dinka, Shilluk), nilo-camitica (Bari) e Bantu (Azande). Nel Darfur vivono i Fur dal quale la regione trae il nome. I Fur, che costituiscono il 13% degli abitanti della regione, sono i discendenti degli abitanti originari della zona (fonte: Fides). Lingua L‟arabo è la lingua ufficiale ed è parlato dalla maggior parte della popolazione, anche in diverse varianti dialettali. Abbastanza diffuso anche l‟inglese. Al Sud, vi è una maggiore varietà linguistica: l‟idioma più diffuso è il Dinka, seguito dal Nuer e dallo Zande (fonte: Fides). Religione Maggioranza musulmana sunnita (70% circa - Rapporto 2008 ACS). Cristiani: 17% circa, di cui cattolici 15,5% (5.771.000 Annuario Statistico della Chiesa 2007); religioni tradizionali africane: circa 10%. Forma di Governo Repubblica presidenziale Presidente e capo del Governo Omar H. A. el Bashir (NCP), dal 1989, eletto nel 1996 e rieletto nel 2000. Dopo gli accordi del 2005 al Presidente sono stati affiancati due Vicepresidenti (uno dei quali del SPLM). 2 Unità monetaria sterlina sudanese (100 piastre) Indice di sviluppo umano 0,516 ( 141 ° posto) Membro di Lega Araba, OCI, ONU e UA, associato UE Cenni storici e quadro socio-politico Erede dell'antica Nubia e di una tradizione di Stati prima cristiani e poi musulmani, condominio anglo-egiziano (dal 1899), il Sudan è diventato indipendente il 1° gennaio 1956. Soggetto alle dittature del gen. Ferik Ibrahim Abboud (1958-1964) e del gen. Jafaar al-Nimeiry (1969-1985), il Paese è tornato sotto un regime militare con il colpo di stato di Omar Hassan el Bashir (30 giugno 1989), trasformato in governo civile nel 1993 sotto la guida del National Congress Party (NCP). Il prossimo 11 aprile si terranno le prime elezioni multipartitiche dopo 24 anni. A contendere la presidenza dell‟attuale Capo dello Stato uscente Omar H. A. Hassan, sarà Yasser Arman, alto esponente del Movimento popolare per la liberazione del Sudan (SPLM). Rispetto al suo immenso territorio, il Sudan è sotto-popolato. La densità media è di circa 9 abitanti per chilometro quadrato, ma la maggior parte degli abitanti vive nella regione della Gezira, situata tra i due rami del Nilo, nella parte più fertile del territorio. Port Sudan è l‟unico porto del Paese fin dall‟inizio del „900, quando ha preso il posto del vecchio porto Suakin. Lo sfruttamento petrolifero garantisce circa tre quarti delle esportazioni del Paese. Nonostante tutto il 60% della forza lavoro è impiegato nell‟agricoltura, che contribuisce al 40% del Pil. I campi più sviluppati sono quelli della produzione del sorgo, del cotone e dell‟allevamento. Solo il 12-13% dei sudanesi si dedica attualmente alla pastorizia nomade e all‟allevamento dei dromedari, attività principale della popolazioni arabe nei secoli passati. Le terre più fertili del Paese sono proprio quelle situate nella parte meridionale. I conflitti in Sudan La convivenza di diversi gruppi etnici, linguistici e religiosi è una delle cause dei molteplici conflitti che hanno sconvolto e continuano, almeno in parte, a sconvolgere il Sudan. Le regioni meridionali, a maggioranza cristiana, sono state per 3 decenni teatro di una sanguinosa guerra civile, animata dapprima (1955-72) dal movimento Anya Nya e, dal 1983, dall‟Esercito popolare di liberazione del Sudan (SPLA), braccio armato dell‟SPLM (Movimento popolare di liberazione del Sudan). Un accordo di pace (Comprehensive Peace Agreement, CPA) tra governo centrale e lo SPLA, firmato il 9 gennaio 2005 a Nairobi (Kenya), ha riconosciuto il governo autonomo del Sudan meridionale, prevedendo un referendum sull‟indipendenza della regione entro il 2010 (data poi rinviata al 2011) e l‟organizzazione di elezioni presidenziali, legislative e regionali fissate poi per l‟11 aprile 2010. È stata concordata inoltre la suddivisione tra governo centrale e SPLA delle entrate petrolifere prodotte dai giacimenti del centro-sud. A Rumbek hanno sede l‟Assemblea e il Governo di transizione del Sudan meridionale previsti dal CPA. La nuova Costituzione firmata il 5 luglio 2005 dalla NCRC (la speciale Commissione nazionale per la revisione costituzionale) configura lo Stato come Repubblica federale, con un Presidente e un Parlamento bicamerale eletti a suffragio universale. Intanto, sulla base del CPA del 2005, è stata creata un‟Assemblea Nazionale di 450 membri nominati dal Presidente (appartenenti per il 52% al NCP, per il 28% al SPLM e per il 20% agli altri partiti), con un governo di unità nazionale formato secondo le stesse quote. Al Presidente in carica sono stati affiancati due Vicepresidenti (uno dei quali del SPLM). Nel Darfur dal 2003 è in atto la lotta di due movimenti autonomisti - il Movimento per la giustizia e l‟uguaglianza (JEM) e l‟Esercito di liberazione sudanese (SLA) - contro i miliziani arabi “Janjaweed” a lungo protetti dal governo centrale. Nell‟aprile 2006 il Consiglio di sicurezza dell'ONU ha imposto sanzioni ai responsabili dei massacri del Darfur. Il governo sudanese ha rifiutato l‟invio di una forza di pace delle Nazioni Unite in sostituzione dei militari dell‟Unione Africana presenti nella zona dal 2004. Nel maggio 2006 il governo ha firmato un accordo di pace con un‟importante fazione del principale gruppo ribelle, l‟Esercito di liberazione sudanese (SLA), mentre nel febbraio 2009 il JEM ha firmato un‟intesa con l‟obiettivo di creare le condizioni necessarie a un accordo di pace formale. Il 23 febbraio 2010 Amin Hassan Omar, capo dei negoziatori del governo sudanese, e Ahmed Tugud, leader della delegazione del JEM hanno firmato a Doha (Qatar), il cessate-il-fuoco, entrato in vigore il 24 febbraio, e un accordo quadro che spiana la strada ad un‟intesa di pace definitiva tra le due parti che dovrebbe 4 essere firmata entro il 15 marzo. Alla cerimonia di firma dell‟accordo erano presenti il Presidente sudanese Omar Al-Bashir, il Presidente ciadiano Idriss Deby, e quello dell‟Eritrea, Issaias Afeworki, oltre all‟Emiro del Qatar Sheikh Hamad bin Khalifa Al Thani. L'accordo quadro prevede la costituzione da parte del gruppo ribelle di un partito politico dopo la firma dell'accordo finale, che potrà partecipare alla condivisione del potere “a tutti i livelli (esecutivo, legislativo) secondo modalità da stabilire ulteriormente tra le due parti”. L‟intesa prevede inoltre l‟integrazione dei combattenti ribelli nell‟esercito e nella polizia, la liberazione dei prigioni di guerra, l‟amnistia per i membri civili e militari del JEM, e la revoca di più di 100 condanne a morte. Altri punti salienti dell‟accordo sono il versamento di un indennizzo, ancora da definire, per le vittime del conflitto nel Darfur, lo sviluppo della regione e delle misure per facilitare il “ritorno volontario” dei 2,7 milioni di sfollati del conflitto, che ha provocato dai 200mila ai 300mila morti, secondo l‟ONU (le vittime sarebbero solo 10mila per il governo sudanese). L‟Emiro del Qatar ha promesso la creazione di una banca, con un fondo di un miliardo di dollari, per la ricostruzione del Darfur. L‟accordo siglato a Doha rasserena sia il quadro politico interno sudanese, sia le relazioni tra gli Stati della regione, anche alla luce del recente accordo di “normalizzazione” dei rapporti tra Ciad e Sudan e del protocollo di sicurezza delle frontiere (a gennaio) che hanno impresso una svolta decisiva al negoziato con il JEM, perché questo gruppo ha le sue retrovie strategiche in territorio ciadiano. Nei giorni successivi alla firma dell‟accordo di Doha almeno 140 persone sono rimaste uccise in Darfur in scontri tra l‟esercito e il Sudan Liberation Army-Abdelwahid, uno dei gruppi che non ha aderito alle intese. Le nuove violenze non dovrebbero tuttavia minacciare il negoziato per raggiungere una pace definitiva. In riferimento alla campagna di violenza, stupri e sfollamento forzato della popolazione del Darfur, va ricordato dal 14 luglio 2008 sul Presidente Omar Hassan Ahmed el Bashir pende un‟incriminazione del Tribunale Penale Internazionale (TPI) per crimini di guerra, crimini contro l'umanità e genocidio. Nelle regioni al confine con l’Eritrea è inoltre attivo il Fronte Orientale, movimento autonomista che si batte per la difesa dei Beja e dei Rashaida, nomadi non arabi. Dopo alcuni scontri di confine, il 3 maggio 2007 Sudan e Ciad hanno firmato a Riyadh un accordo di pace che dovrebbe garantire il reciproco rispetto 5 della sovranità territoriale. Altro punto caldo in Sudan è l‟Equatoria Occidentale, in Sud Sudan, dove imperversano i guerriglieri ugandesi dell'Esercito di Resistenza del Signore (LRA), che compiono atrocità contro la popolazione inerme. A questo si aggiungono gli scontri tra le comunità negli Stati meridionali di Jonglei, Upper Nile e Lake. Diversi attacchi da parte dell'LRA negli Stati equatoriali hanno costretto alla fuga migliaia di persone. (Fonti Fides, De Agostini; Sapere.it; agenzie - lz) 6 LA CHIESA IN SUDAN Struttura Conferenza episcopale: Sudan Catholic Bishops’ Conference (SCBC) Presidente: Mons. Rudolf Deng MAJAK, vescovo di Wau Nunzio apostolico: Mons. Leo BOCCARDI, arciv. tit. di Bitetto Per venire incontro alle necessità dei fedeli del Nord e Sud Sudan, la Conferenza episcopale, pur mantenendo l‟unità come ente, si è sdoppiata nelle funzioni. I vescovi delle diocesi nel territorio settentrionale si sono associati come Conferenza episcopale sudanese (Sudan Catholic Bishops Conference, North - SCBC). I vescovi delle diocesi meridionali, in territorio autonomo, si sono associati come Conferenza regionale dei vescovi cattolici del Sudan (Sudan Catholic Bishops Regional Conference, SCBRC) 7 Le diocesi La Chiesa cattolica in Sudan conta nove circoscrizioni ecclesiastiche, cinque nelle zone del nord (Khartoum, Malakal, Juba, Wau e una parte di el Obeid) e quattro nell‟area meridionale (Rumbek, Tambura-Yambio, Torit, Yei, più la restante porzione della diocesi di el Obeid). Arcidiocesi metr. di Khartoum: cardinale Gabriel Zubeir WAKO Diocesi di El Obeid Mons. Macram Max GASSIS, M.C.C.I. Arcidiocesi metr. di Juba Mons. Paulino Lukudu LORO, Diocesi Diocesi Diocesi Diocesi Diocesi Diocesi di di di di di di Malakal vacante Rumbek Mons. Cesare MAZZOLARI, M.C.C.I. Tombura-Yambio Mons. Dward Hiiboro KUSSALA Torit Mons. Akio Johnson MUTEK Wau Mons. Rudolf Deng MAJAK Yei Mons. Erkolano Lodu TOMBE Cronologia schematica della Chiesa in Sudan La prima evangelizzazione della parte settentrionale di quella che oggi è chiamato Sudan, ebbe luogo tra gli anni 543 e 580 d.C. ad opera del clero monofisita e cattolico di Bisanzio. Si sviluppò allora la Chiesa con i vescovi passati tutti in seguito sotto il Patriarca Copto di Alessandria. Dal 1275 al 1325, con il crollo del Regno cristiano di Nubia, seguì la sparizione quasi completa del cristianesimo. Nel territorio rimase solo qualche comunità francescana. Nel secolo XIX iniziarono i tentativi delle missioni moderne occidentali. 1842 Apertura della prima scuola cattolica a Khartoum ad opera del missionario italiano padre L. Montuosi. 1846 Istituzione del Vicariato Apostolico dell‟Africa Centrale affidato a mons. A. Casolari. I confini del Vicariato non sono però molto ben definiti. 1848-1862 Missionari del clero regolare e secolare tentano l‟evangelizzazione del Sud Sudan: viene iniziata la costruzione di chiese a Gondokoro, vicino a Juba (1853), ad Abu Koka (1854) e 8 a Kakà, nell‟Alto Nilo (1862). A questi anni (1857) risale la prima visita di Daniele Comboni in Sudan. L‟impresa di evangelizzazione si interrompe bruscamente nel 1862 con la chiusura della Missione dell‟Africa Centrale che riaprirà nel 1872. Durante questo decennio rimane solo qualche missionario francescano a Khartoum. 1871 Iniziata la costruzione di una nuova chiesa a El-Obeid 1872-1881 Mons. Daniele Comboni, come Pro-Vicario Apostolico, ritenta, con parziale successo, l‟evangelizzazione del territorio, un‟opera bruscamente interrotta dalla sua morte il 10 ottobre 1881. 1881-1898 La rivoluzione Madhista (regime islamico-escatologico-teocratico) distrugge tutte le missioni. 1890 Viene battezzata in Italia Giuseppina Bakhita (1869-1947), la prima santa sudanese beatificata da Giovanni Paolo II nel 1992 e canonizzata nel 2000. All’inizio del XX secolo i Missionari Comboniani ricominciarono l’evangelizzazione diretta del Sud e indiretta del Nord con aperture di scuole cattoliche. L’originario Vicariato apostolico dell’Africa Centrale venne diviso diverse volte nel periodo dal 1913 al 1960. 1905 Introdotta la prima legge che regolamenta la presenza della Chiesa in Sudan: il governo coloniale divide il territorio sudanese in diverse zone di influenza religiosa, assegnando il Nord all'Islam e il Sud alle Chiese cristiane. 1913 Erezione la Prefettura apostolica di Wau (poi Vicariato apostolico dal 1917) 1927 Erezione della Prefettura apostolica di Juba (poi Vicarialo apostolico dal 1951) 1928 A Okaru (Bahr el Gebel), viene aperto il primo seminario minore del Sudan. 1929 A Khartum il Catholic Church School dei missionari comboniani viene riorganizzato in due scuole: il “Comboni College” (per ragazzi) e la “Sisters' School” (per ragazze). 1933 Istituzione della Missio sui iuris di Malakal (dal 1938 Prefettura Apostolica e diocesi dal 1974) 1944 Vengono ordinati i primi tre sacerdoti sudanesi autoctoni. 1949 Erezione della prefettura apostolica di Mupoi (diocesi dal 1974). 1955 Consacrazione del primo vescovo sudanese, Ireneo Dud 9 Wien. Erezione del Vicariato Apostolico di Rumbek (diocesi dal 1974). 1956 Apertura del primo Seminario maggiore nazionale del Sudan 1957 Dopo l‟indipendenza del Sudan (1956) vengono nazionalizzate tutte le scuole delle missioni del sud, mentre inizia la guerra civile. Viene introdotta la “Societies Registration Act” (in seguito più volte emendata) che regolamenta la presenza della Chiesa in Sudan. Erezione del Vicariato apostolico di El Obeid (diocesi dal 1974) 1962 Varata una nuova legge sull‟attività missionaria delle Chiese in Sudan (“Missionary Act”). 1964 Espulsione di tutti i missionari dal Sud Sudan. 1969 Stabilimento delle relazioni diplomatiche tra Sudan e Santa Sede. 1974 Istituzione della Gerarchia con la creazione di sette diocesi. Le diocesi di Khartoum e Juba elevate al rango di arcidiocesi. 2 maggio 1983 Erezione della nuova diocesi di Torit. Nello stesso anno in Sudan viene introdotta la Sharia, la Legge islamica. 1984 Primo Congresso Eucaristico Nazionale. 21 marzo 1986 Erezione della nuova diocesi di Yei. 1992 Beatificazione di Giuseppina Bakhita. 1993 Visita pastorale di Giovanni Paolo II in Sudan 1994 Secondo Congresso Eucaristico Nazionale. 1996 Beatificazione di mons. Daniele Comboni. La Chiesa sudanese celebra l'Anno Comboniano in preparazione al Giubileo del 2000. 2003 Canonizzazione del Beato Daniele Comboni. 2003 Mons. Gabriel Zubeir Wako, arcivescovo di Khartoum, viene elevato al cardinalato. Febbraio 2006 Visita in Sudan del Card. Crescenzio Sepe, Prefetto della Congregazione per l‟Evangelizzazione dei Popoli. 17 dicembre 2009 Presentazione in Vaticano delle Lettere Credenziali del nuovo ambasciatore del Sudan, Sulieman Mohamed Mustafa. (Fonti principali: Guida delle Missioni Cattoliche, www.eglisesoudan.org - lz) 10 Una Chiesa missionaria attivamente impegnata sul fronte della pace e della riconciliazione La Chiesa del Sudan è nata con i missionari che in molte aree sono ancora un elemento fondamentale della Chiesa locale. I missionari e le missionarie comboniane, in particolare, continuano a svolgere un ruolo centrale nell‟animare la Chiesa sudanese e nelle attività di promozione umana. Ogni parrocchia e comunità comboniana ha almeno una o due scuole o un centro sanitario. Oltre ai Comboniani e alle Comboniane nel Paese operano, tra gli altri, le religiose della Congregazione di Santa Giovanna Antida Thouret (Suore della Carità) presenti nel Darfur, a El Kasher, a Nyala e nella capitale Khartoum. Le religiose operano essenzialmente in tre campi: sanità, educazione e pastorale. Di fronte alla piaga dei minori ridotti in schiavitù e costretti a diventare bambini soldato, sono inoltre molto attivi i Padri Trinitari e l‟Ordine dei Mercedari. Il principale fronte di impegno della Chiesa in questo martoriato Paese resta naturalmente quello della pace. Ripetuti e incessanti sono stati in questi anni di guerra le denunce e gli appelli dei vescovi alle parti in conflitto e alla comunità internazionale per la pacificazione e la riconciliazione. Appelli che sono ripresi nei mesi scorsi con l‟avvicinarsi delle delicate scadenze elettorali dei prossimi mesi che decideranno il futuro del Paese. Per rendere più incisiva questa azione di riconciliazione in seno alla Conferenza episcopale è stata rafforzata la Commissione Giustizia e Pace che oggi ha sedi in tutte e nove le diocesi sudanesi. In questa opera di pacificazione alla Chiesa sudanese non è mancata la grande solidarietà delle Chiese di altri paesi, a cominciare da quelle africane, tra cui si segnala quella sudafricana. Sempre sul fronte della pace, una particolare attenzione è stata data dall‟Episcopato anche alla promozione del dialogo interreligioso, che tuttavia non ha dato sinora grandi frutti. Insieme alle altre Chiese cristiane sudanesi, i vescovi continuano poi ad essere attivamente impegnati nell‟assistenza alle popolazioni colpite dalla guerra e nelle attività di sviluppo e promozione umana. La Chiesa cattolica gestisce ospedali, ambulatori, lebbrosari, case per invalidi e anziani, giardini d‟infanzia e orfanotrofi, ma anche scuole di ogni ordine e grado. Le strutture sanitarie rivestono una particolare importanza perché 11 nel Sud Sudan vi è una forte incidenza di malattie come la tubercolosi e la lebbra. (Fonti: agenzie cattoliche - lz) 12 La vita della Chiesa Mons. Taban denuncia la drammatica situazione in Sud Sudan 29 set 94 - "Il Governo di Khartoum lascia alla nostra gente solo la libertà di morire. Nessuno può parlare o protestare nelle zone controllate dal governo. solo noi da Nairobi possiamo far conoscere cosa sta succedendo in Sudan. ci vogliono eliminare tutti". È la drammatica denuncia di mons. Paride Taban, vescovo di Torit, che richiama l'attenzione sulla situazione in Sudan, dove per la guerra civile, iniziata nel 1983, la siccità e le politiche etnocide del governo di Khartoum sono già morte oltre un milione e trecentomila persone. In Sudan la violazione dei diritti umani è all'ordine del giorno, mentre si moltiplicano gli episodi di intolleranza religiosa. La giunta militare del generale El Bashir, infatti, ha più volte accusato di apostasia i musulmani convertiti al cristianesimo e si conoscono casi di cristiani frustati e crocifissi. tutto questo nell'indifferenza piu' totale della comunita' internazionale. I Superiori Provinciali dei Missionari Comboniani, insieme ai membri della loro direzione generale, hanno ancora una volta lanciato appelli a favore della popolazione sudanese. Nell'appello rivolto ai ministri degli esteri di diverse nazioni chiedono un intervento concreto ed efficace da parte dei governi richiamandosi ai principi di salvaguardia dei diritti umani. Essi si sono inoltre rivolti alle conferenze episcopali, chiedendo ai vescovi di fare il possibile "per spronare i cattolici ad un'azione di giustizia, come prova della loro fede nella dignità e nei diritti di persone e popoli". La Chiesa sudanese si sta impegnando attivamente per sottrarre alla schiavitù diversi bambini del Sudan meridionale 31 ott 94 - La Chiesa sudanese si sta impegnando attivamente per sottrarre alla schiavitù diversi bambini del Sudan meridionale, destinati ad essere "venduti" nei paesi del Medio Oriente e del Golfo Persico. La notizia, pubblicata il 6 ottobre dall'agenzia di stampa cattolica Cip, è stata confermata da mons. Konrad Lachermayer, presidente dell'organizzazione cattolica "Missio", con sede in Germania. Per riscattare alcuni bambini vittime di questa pratica secolare i vescovi sudanesi hanno accettato di pagare fino a quattrocento dollari per ogni "schiavo". E' questo infatti il prezzo preteso dai rapitori per restituire i bambini ai loro genitori. Anche se non esiste "ufficialmente", la pratica della schiavitù è molto diffusa in Sudan e nel continente africano. Ogni anno in Africa vengono venduti 45 mila schiavi. La maggior parte sono donne, spesso costrette alla prostituzione. 13 Nuova denuncia di mons. Taban 7 dic 94 - La politica del governo del Sudan è peggiore della segregazione razziale, perché è una politica di "conquista, sfruttamento, schiavitù, islamizzazione e guerra". Lo scrive mons. Paride Taban, vescovo della diocesi sudanese di Torit, nella sua lettera pastorale d'Avvento. Mons. Taban rileva infatti come il Sudan sia diventato il centro del fondamentalismo islamico con piani di espansione in tutta l'africa. ecco perché Karthoum è in guerra nel sud del paese dove la popolazione e' in maggioranza cristiana o seguace delle tradizionali religioni africane. quanto alla chiesa essa "combatte duramente e coraggiosamente per eliminare ingiustizia, crudelta', torture, limitazioni alla liberta', cattivi comportamenti dei soldati di tutte le parti in conflitto, e denuncia, insieme a molti altri gruppi, gli abusi dei diritti umani. Essa - aggiunge mons. Taban - rimane con il popolo e lo accompagna in tutti gli spostamenti all'interno e all'esterno del Sudan". Il vescovo di Torit parla poi dell'impegno della chiesa accanto alle organizzazioni non governative nei servizi sanitari e in quelli educativi: "Prima di tutto scrive- la chiesa assiste il popolo pregando e soffrendo con esso e poi divenendo compagna nella sua lotta per la riconciliazione e la pace". Facendo riferimento all'incontro interreligioso di Khartoum, lo scorso ottobre, mons. Taban parla di una "cortina impenetrabile", di una totale incomunicabilità cioè tra chiesa e governo. Cristiani e musulmani usano le stesse parole, però l'uso pratico di queste parole è completamente diverso. mons. Taban aggiunge nella sua lettera pastorale che i vescovi si impegnano da diversi anni a collaborare con i musulmani nella scuola, nella sanità e nell'alleviare la fame, "ma il nostro lavoro - scrive - viene ristretto e il nostro appello alla pace muore in orecchie sorde". La lettera pastorale per l'Avvento del vescovo di Torit si conclude con una serie di proposte per porre termine a 30 anni di guerra civile e per restaurare un clima di pace e di dialogo. Per la prima volta in Sudan una Bibbia stampata in lingua araba 13 gen 95 - Per la prima volta in Sudan una Bibbia è stata stampata in lingua araba. ne ha dato notizia il bollettino della conferenza episcopale sudanese. si tratta dell'edizione del nuovo testamento tradotto in arabo dai gesuiti libanesi nel 1989, con le note della famosa bibbia di Gerusalemme. L'edizione è stata curata dal centro pastorale, liturgico e catechetico della arcidiocesi di Khartoum previo nulla osta delle autorità governative, che hanno posto come limite soltanto l'invendibilità all'estero del libro. Del Nuovo Testamento in arabo sono state stampate a Khartoum già 5 mila copie in grande formato, mentre altre 25 mila copie in formato tascabile saranno stampate entro quest‟anno per venire incontro alle richieste dei catechisti, degli studenti e degli operatori pastorali. 14 I cristiani contro la nuova legge che regola la presenza missionaria in Sudan 31 gen 95 - I cristiani in Sudan criticano la nuova legge che regola la presenza missionaria in Sudan. Il "New Missionary Societies Act" questo il nome originale del documento- viene ritenuto infatti piu' limitante e pericoloso del precedente, che risale al 1962. In sostanza il decreto equipara la chiese cristiane ad organizzazioni di volontariato delle quali è competente un ministro e la cui registrazione e' affidata ad un funzionario. Tale equiparazione viene interpretata dai vescovi cattolici come un controllo e un limite all'azione evangelizzatrice. L'arcivescovo di Kharthoum, mons. Gabriel Zubeir Wako, ha gia' espresso le sue riserve non accettando le regole per la iscrizione nello speciale registro. Gli altri vescovi sudanesi, riuniti in sessione speciale, condividono la posizione di mons. Wako, e presto renderanno contatto con le altre confessioni cristiane presenti in Sudan. Lo scopo è quello di giungere alla pubblicazione di un documento comune. Nella lettera per la Pentecoste mons. Taban denuncia ancora le violenze in Sud Sudan 1 mag 95 - Nel Sudan meridionale violenze, crudeltà e bombardamenti contro la popolazione civile ad opera delle forze governative continuano ad essere all'ordine del giorno. lo scrive il vescovo della diocesi di Torit, mons. Paride Taban, nella sua lettera per la Pentecoste, che richiama ancora una volta l'attenzione sulla drammatica situazione del paese nordafricano, dove la guerra civile e la politica etnocida del governo di khartoum hanno fatto oltre un milione di morti. Mons. Taban si è recato in questi giorni in Francia per incontrare i responsabili delle organizzazioni umanitarie, ma soprattutto per chiedere al governo francese di interrompere gli aiuti economici al governo sudanese. la politica "razzista" e di islamizzazione forzata condotta da quest'ultimo contro la popolazione del Sudan meridionale (in maggioranza cristiana o seguace delle tradizionali religioni africane) - ha affermato il presule, nel corso di una conferenza stampa - si sta di fatto trasformando in un vero e proprio genocidio. Attacchi della stampa sudanese contro mons. Gabriel Zubeir Wako 6 mag 98 - La stampa araba di Khartoum ha sferrato, lunedi' scorso, un attacco contro l'arcivescovo mons. Gabriel Zubeir Wako, che oggi si trova a Nairobi. Nella capitale kenyana, mons. Zubeir prende parte ai colloqui di pace fra il governo di Khartoum e lo SPLA, l'Esercito Popolare di Liberazione del Sudan. Secondo i giornali della capitale, l'arcivescovo si sarebbe reso colpevole di oltraggio alla corte non avendo pagato i 664 mila 280 dollari della penale recentemente comminatagli dalla corte distrettuale di Omdurman. La condanna, come e' noto, e' stata emessa al termine di un procedimento giudiziario dovuto al mancato 15 pagamento da parte della arcidiocesi di Khartoum di 30.136 dollari di derrate alimenentari, di cui non sono state ritrovate le ricevute. gli attacchi della stampa araba sono stati, nello stesso giorno, rintuzzati da un comunicato della stessa arcidiocesi nel quale viene riassunta l'intera vicenda compreso l'arresto dell'arcivescovo, poi scarcerato. Intanto, domani, il sacerdote Ilario Loswot boma dovrà presentarsi alla sicurezza pubblica per rispondere all'accusa "di aver invitato i cristiani radunatisi di fronte al luogo di detenzione dell'arcivescovo a liberarlo con la forza, qualora non fosse stato rilasciato entro le ore 18", del 1° maggio. L'indipendenza del Sudan meridionale da quello settentrionale, musulmano, è l'unica soluzione oggi possibile per porre fine alla guerra civile afferma mons. Mazzolari 6 nov 98 - L'indipendenza del Sudan meridionale da quello settentrionale, musulmano, è l'unica soluzione oggi possibile per porre fine alla guerra civile che da oltre 40 anni insanguina questo paese. E' l'opinione espressa da padre Cesare Mazzolari, amministratore apostolico di Rumbek nel sudan meridionale, in un'intervista all'agenzia cattolica svizzera Apic. Nell'intervista padre Mazzolari denuncia ancora una volta le persecuzioni e discriminazioni attuate dal governo fondamentalista di Khartoum contro le martoriate popolazioni del sud del paese, prevalentemente animiste e cristiane. In Sudan - ha detto – è in atto un vero e proprio genocidio: "le milizie governative assalgono i villaggi di notte e uccidono innocenti" e "tutti i non musulmani sono discriminati sul piano politico e religioso". Tutto questo nella completa indifferenza della comunità internazionale: "Il mondo - ha aggiunto - ha le mani sporche in Sudan". Egli ha quindi lanciato un appello alla solidarietà con le popolazioni sudanesi colpite dalla fame, provocata oltre che dalla guerra, dalla siccità di quest'estate e adesso dalle inondazioni che fanno marcire i raccolti. Due sacerdoti sudanesi sotto processo a Khartoum rischiano la crocifissione KHARTHOUM, 14 dic 98 - Due sacerdoti sudanesi sotto processo a Khartoum rischiano di morire crocifissi, qualora venissero ritenuti colpevoli del delitto di complotto contro il regime. La denuncia viene da Solidarietà Cristiana Internazionale (CSI, in sigla), un gruppo per i diritti umani, che ha sede a Ginevra. I due sacerdoti si chiamano Hilary Boma e Lino Sebit e sono accusati, insieme ad altri 28 fedeli, di aver pianificato e condotto una serie di attentati, nel giugno scorso, per appoggiare gli indipendentisti del Sud Sudan. Il gruppo di CSI si e' gia' rivolto alla signora Mary Robinson, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, mettendo in dubbio la linearita' del processo in corso e la fondatezza delle accuse. L'arcivescovado di Khartoum, infatti, afferma ripetutamente, fin dall'inizio, che i due sacerdoti sono 16 innocenti. Nel messaggio alla Robinson, CSI rammenta che la propria azione si svolge dietro una " minaccia di crocifissione, che gettera' orrore sui cristiani di tutto il mondo e sulla comunita' internazionale". "Noi ci riferiamo - aggiunge il messaggio di CSI - alla sorte incerta dei due sacerdoti sudanesi che presto potrebbero essere crocifissi se il tribunale riconoscerà le accuse di aver partecipato in un complotto contro il regime, che detiene il potere dal 1989". L'organizzazione, con lo stesso messaggio. Chiede la liberazione di 137 donne e bambini, parte di quelle migliaia di donne e di bambini africani usati come schiavi dai soldati del Fronte Nazionale Islamico nelle regioni sudanesi di Darfur e Kordofan. La lista include anche neonati di qualche mese. A quattro confratelli, che sono andati a visitarlo in prigione, don Boma ha detto di essere stato torturato e costretto a firmare una confessione di crimini contro lo Stato. Don Boma ha rivelato che anche don Sebit era sotto tortura. Il messaggio di mons. Zubeir per la Pasqua 1999 KHARTOUM, 7 apr 99 - "La Pace sia con te" è il titolo scelto da Mons. Gabriel Zubeir, arcivescovo di Khartoum per il suo tradizionale messaggio pasquale. E la pace è stato significativamente il tema centrale intorno al quale hanno ruotato le celebrazioni pasquali nell'arcidiocesi. Il venerdì precedente la Settimana Santa tutte le parrocchie di Khartoum hanno celebrato una giornata di preghiera e di digiuno per invocare il ritorno della pace nel martoriato paese. Nel suo messaggio Mons. Zubeir invita i fedeli a rivolgersi a Gesù, l'unico che può restituire la pace al Sudan. "La pace - scrive - non è quello che ci aspettiamo in questa Pasqua. Eppure è il saluto e il dono con il quale Gesù si presenta a Pasqua. Egli è Colui che ha patito grandi sofferenze... Per i suoi discepoli la Sua pace era riconciliazione e perdono.... Possa Gesù offrire a tutti noi il suo dono di pace". Programma educativo dei JRS in Sudan NIMULE, 4 giu 99 - Comincia a dare i suoi frutti uno speciale programma educativo avviato due anni fa dal JRS, il Jesuit Refugee Service, a favore degli sfollati a Nimule, nel sud del Sudan. Il progetto prevede una serie di corsi di aggiornamento per maestri elementari per migliorare la qualità dell'insegnamento. Come spiega infatti Mike Foley, un responsabile del JRS che ha visitato recentemente Nimule, quando esso fu avviato nel 1997 molti insegnanti avevano perso anche le più elementari capacità di insegnamento a causa dei disastri provocati da 15 anni di guerra civile e dalla mancanza dei più semplici strumenti didattici, come giornali o libri da leggere. Il programma ha posto questi insegnanti davanti alla sfida di portare la propria preparazione ad uno standard accettabile per potere offrire un'efficace educazione ai ragazzi a loro affidati. Una sfida accolta con entusiasmo, come dimostra il numero dei partecipanti ai corsi organizzati dal JRS. Gli insegnanti sono 17 riusciti a trasmettere questo entusiasmo alle proprie classi, con il risultato che molti bambini che avevano smesso di frequentare regolarmente le lezioni per la bassa qualità dell'insegnamento impartito hanno fatto ritorno a scuola, sforzandosi di recuperare il tempo perduto. Così gli studenti sono passati dai 3.400 della fine del 1998 agli oltre 4.000 di quest'anno. Il successo del programma è stato reso possibile anche dal cambiamento della politica dello SPLA, l'Esercito di Liberazione del Popolo Sudanese, che controlla la regione e che non ha sinora ostacolato il progetto stesso. Progetto dei Trinitari per la costruzione di centri di accoglienza e si formazione per bambini liberati dalla schiavitù in Sudan ROMA, 21 giu 99 - L'Ordine della Santissima Trinità sta preparando un progetto per la costituzione di centri di accoglienza e si formazione per bambini liberati dalla schiavitù in Sudan. Per realizzare il progetto è stata avviata una campagna di raccolta di fondi e 5 trinitari si stanno già preparando alla missione studiando l'arabo a Il Cairo. Fino ad ora i fondi raccolti sono stati messi a disposizione dell'arcivescovo di Khartoum e di quello di El Obeid perché vengano utilizzati per liberare ed assistere i bambini schiavi. Probabilmente entro l'anno prossimo, come ha detto a Fides padre. Isidoro Murciego, direttore del progetto, i trinitari entreranno all'opera direttamente sul territorio sudanese con istituzioni adatte al recupero dei bambini riscattati. I Trinitari furono fondati nel 1198 da San Giovanni Matha, con la collaborazione di San Felice di Valois. A 800 anni dalla fondazione, l'ordine, che per secoli ha contribuito alla liberazione di migliaia di schiavi cristiani e musulmani, intende rivitalizzare il suo antico carisma perché "in molti Paesi la missione trinitaria è ritornata ad essere tristemente attuale". L'ordine è affiancato da una Famiglia trinitaria presente in 32 paesi. Conta 600 religiosi, 300 monache, 2500 religiosi dei vari istituti di Trinitarie di Valence, Siviglia, Roma, Maiorca, Madrid Valencia, le Oblate dell'Istituto Secolare; della Famiglia religiosa fanno parte anche 15.000 laici organizzati in diverse associazioni e circa 250mila amici e collaboratori. Confiscato dalle autorità di Khartoum il "Comboni Playground" KHARTOUM, 2 set 99 In Sudan è stato confiscato dalle autorità di Khartoum il "Comboni Playground", il campo sportivo della scuola cattolica "Comboni College -Khartoum". L'arcidiocesi ha ricevuto la notifica della confisca del campo, domenica scorsa 29 agosto, da parte di un ufficiale di polizia. L'ufficiale ha affermato che l'ordine di confisca risale al 1992, allo stesso anno cioÞ in cui venne il Club Cattolico, confinante col campo sportivo. La disposizione Þ provata da una lettera scritta dal governo, ma mai consegnata all'arcidiocesi o al Comboni College. Lunedý scorso 30 agosto, una delegazione di cattolici ha incontrato il ministro per gli affari economici Ismail. Questi ha spiegato 18 che la confisca si Þ resa necessaria, perchÚ il contratto di affitto del terreno utilizzato per il campo sportivo è scaduto e che il governo non intende rinnovarlo. Il governo, tuttavia, Þ disposto a concedere l'uso di un altro sito, qualora ne venisse fatta richiesta al governatore di Khartoum. Al termine dell'incontro un esponente del comitato ha dichiarato: "╚ stata la confisca pi¨ amichevole fatta dal governo in questi ultimi 40 anni. Ma si tratta sempre di confisca. La prossima di cosa si tratterà?". La delegazione era guidata da mons. Daniel Adwok, ausiliare di Khartoum, in rappresentanza dell'arcivescovo, mons. Gabriel Zubeir Wako, attualmente a Nairobi in Kenya per partecipare all'Assemblea generale dei Vescovi per l'Africa Orientale (Amecea). Veglia di preghiera e ringraziamento per la liberazione di padre Hilary Boma e p. Lino Sabit KHARTOUM. - Si è svolta, ieri sera, 6 dicembre, nella cattedrale di Khartoum (Sudan), una veglia di preghiera e ringraziamento per la liberazione di padre Hilary Boma e p. Lino Sabit, rilasciati lunedì dalle autorità locali. Nella chiesa, affollata di fedeli, oltre all'arcivescovo, mons. Gabriel Zubeir, erano presenti i due sacerdoti sudanesi. Il presidente Omar Hassan El Bashir ha dichiarato che la scarcerazione dei sacerdoti è stata adottata in vista del Ramadan, il mese di digiuno e preghiera del mondo islamico, come segno di pace. Dal punto di vista giudiziario, i due imputati sono stati prosciolti. Padre Boma, 57 anni Cancelliere arcidiocesano di Khartoum era stato arrestato il 28 luglio del 1998, mentre p. Sabit, 31 anni vice-parroco di Hellat Mayo, aveva subito la stessa sorta il 1 agosto ‟98. I due preti cattolici, in associazione con altri 18 cittadini sudanesi, erano accusati di aver causato degli attentati dinamitardi nella notte tra il 29 e 30 giugno 1998 nella capitale sudanese. Va ricordato la vicenda è stata molto controversa. Infatti il processo, iniziato davanti a un tribunale militare, fu poi trasferito, su istanza del collegio difensivo, al tribunale civile, dove si arenò. Gli altri 18 prigionieri, accusati dello stesso reato imputato ai sacerdoti, lasceranno il carcere questa mattina. Annuale incontro con i giovani dell’arcidiocesi di Khartoum KHARTOUM, 7 dic 09 - Presso il centro “Emmaus” di Khartoum si è tenuto nei giorni scorsi l‟ annuale incontro con i giovani dell‟arcidiocesi di Khartoum. L‟evento si è concluso con una notte di preghiera e di veglia nella Cattedrale di San Matteo e con la celebrazione eucaristica durante la quale dieci giovani sono stati ordinati diaconi. Lo slogan dell‟incontro è stato “Aiuta i giovani a conoscere meglio se stessi”. Il convegno è iniziato con la Santa Messa celebrata dall‟arcivescovo mons. Gabriel Zubeir, che ha incoraggiato i giovani a studiare la Bibbia e a pregare regolarmente. L‟arcivescovo ha detto ai partecipanti che Dio ama realmente le sue creature. Egli ha, inoltre, incoraggiato i giovani e ha chiesto loro di non sentirsi frustrati dai problemi della vita, ma di 19 credere nel potere della resurrezione del Signore. Egli ha inoltre ricordato ai giovani che stanno camminando verso un anno di speranza e di santità e ha chiesto loro, entrando nel nuovo Millennio, di diventare un tutt‟uno con Cristo e i suoi insegnamenti, così che essi possano gioire di una vera e piena vita cristiana. Dopo l‟arcivescovo, due sacerdoti, una suora e un genitore hanno illustrato l‟importanza dell‟autocoscienza alla luce del Vangelo. Si sono succeduti i gruppi di lavoro e di discussione e la conclusione, espressa in una piccola relazione, è stata letta durante l‟Eucarestia. I partecipanti si sono impegnati a condividere i contenuti delle giornate di lavoro con i loro vicini e con parrocchiani. Le linee guida per la loro formazione sono state riassunte ne “La Guida Giovane”. Mons. Giancarlo Ramanzini, vicario generale dell'arcidiocesi di Khartoum racconta il grande clima di incertezza che regna nella capitale dopo l'annuncio dello stato d'emergenza KHARTOUM, 14 dic 99 - "Sarà un Natale pieno di gioia anche se è stato proclamato lo stato d'emergenza. Spero che questa crisi si risolva per il bene dell'intero paese, in tutte le sue componenti sociali e religiose". Lo ha detto, in una intervista a Fides, mons. Giancarlo Ramanzini, vicario generale dell'arcidiocesi di Khartoum. Il prelato ha testimoniato il grande clima di incertezza che regna nella capitale dopo l'annuncio televisivo dello stato d'emergenza avvenuto nella notte tra domenica e lunedì da parte del presidente Omar Hasan Bachir. Dopo l'annuncio la televisione ha sospeso le trasmissioni. L'esercito ha circondato la casa di Hassan El Tourabi, presidente del parlamento e leader del Partito del Congresso Nazionale. Le linee telefoniche dell'abitazione sono state tagliate e Tourabi è praticamente agli arresti domiciliari. Tourabi, che ha studiato anche ad Oxford, è considerato il massimo ideologo dell'integralismo islamico sudanese, contrario ad ogni apertura all'occidente e ad una maggiore democratizzazione del sistema politico sudanese. Alla vigilia della proclamazione dello stato d'emergenza il presidente ha lanciato un segnale positivo nei confronti della Chiesa cattolica sudanese che da tempo soffriva per la spinta integralista del regime islamico. Bachir ha fatto liberare i due sacerdoti Hilary Boma e Lino Sebit, accusati assieme ad altre 18 persone di aver partecipato ad una serie di attentati dinamitardi verificatisi a Khartoum il 20 giugno del 1998. Il gesto, anche se accolto con riserva dall'arcivescovo di Khartoum, ha spinto la Chiesa ad offrire alle autorità perdono e riconciliazione. "Anche a quanti ci hanno perseguitato assicuriamo il nostro perdono e la nostra volontà di riconciliazione", ha detto mons. Gabriel Zubeir Wako, domenica 12 dicembre, nel corso della messa per il 25 della costituzione della gerarchia autoctona in Sudan. L'offerta, secondo quanto riferito a Fides da uno dei partecipanti, era "evidentemente rivolta alle autorità". Alla celebrazione liturgica, che si è tenuta sul campo sportivo del Comboni College di Khartoum, hanno 20 partecipato oltre 10mila fedeli. Nel 1974, Paolo VI nominò e consacrò tre vescovi sudanesi, vale a dire i monsignori Joseph Gasi di Tombura-Yambio, Pius Yokwan di Malakal e Gabriel Zubeir Wako di Wau. Mons. Gabriel Zubeir, arcivescovo di Khartoum, apre ufficialmente l’Anno Santo KHARTOUM, 4 gen 00 - Mons. Gabriel Zubeir, arcivescovo di Khartoum, ha aperto ufficialmente l‟Anno Santo con una veglia di preghiera tenutasi presso l‟Istituto Comboni. La cerimonia ha avuto inizio alle 23 del 31 dicembre ed è continuata fino alla mezzanotte, quando il presule ha celebrato la Santa Messa animata dai cori e dalle preghiere dei fedeli. “Il Duemila deve essere l‟anno della pace per la nostra nazione - ha detto nell‟omelia mons. Zubeir - per questo invito tutti i cristiani ad offrire una viva testimonianza di fede. Così come è accaduto nei primi tempi del cristianesimo, quando i Romani assistevano meravigliati alle prime comunità che si riunivano in preghiera, così tutti i discepoli di Cristo sono chiamati e promuovere la pace nei luoghi in cui vivono. Le difficoltà e gli ostacoli non devono scoraggiarci - ha continuato l‟arcivescovo di Khartoum -, dobbiamo essere convinti che ciò che ieri era impossibile, oggi è diventato possibile grazie alla fede. Ne è testimonianza l‟esempio della Vergine Maria”. Una delegazione della Conferenza episcopale dell’Africa Meridionale (Sacbc) visita il Sudan PRETORIA, 10 apr 04 – Una delegazione della Conferenza episcopale dell‟ Africa Meridionale (Sacbc) ha visitato il Sudan dal 20 al 31 marzo. Lo ha reso noto oggi la stessa Conferenza, che raccoglie gli episcopati del Botswana, del Sudafrica e dello Swaziland. La visita è stata fatta su invito del vescovi del paese. La delegazione della Sacbc era composta dal Presidente mons. Wiflfred Napier, arcivescovo di Durban, dal Vicepresidente mons. Michael Coleman, vescovo di Port Elizabeth, da mons. Patrick Mvemve del Comitato esecutivo e da Ashley Green-Thompsono, coordinatore di Giustizia e Pace Sudafrica. La delegazione ha visitato Nairobi, Khartoum e le diocesi di Torit, di Rumbek, di Yei e di Yambio. Il comunicato della Conferenza episcopale dell‟Africa Meridionale ricorda i 17 anni di oppressione e di guerra del governo islamico di Karthoum contro le popolazioni cristiane ed animiste del Sudan Meridionale. Sinora sono state 2 milioni le persone uccise, mentre altri milioni di sudsudanesi hanno dovuto abbandonare la loro terra. La delegazione episcopale si dice allarmata per le condizioni disastrate in cui sono costretti a vivere questi senza più patria, soprattutto nei campi per rifugiati attorno alla capitale Khartoum e in quelli di Jebel Aulia, di Jabarona e di Dar el Salaam. In questi campi manca l‟acqua, non vi è assistenza sanitaria né scuole. Le uniche sono gestite da cattolici, ma vengono distrutte. L‟arcidiocesi di Khartoum è 21 stata, negli ultimi due anni, nella imposibilità di avere dalla amministrazione locale l‟autorizzazione a costruire nuovi locali per scuole, per ambulatori, per insegnare un lavoro. Al contrario si moltiplicano le costruzioni di moschee con aiuti governativi. Il regime chiama tutto ciò “libertà di religione sotto la legge islamica”. Il comunicato della Confeenza episcopale dell‟Africa Meridionale rimarca anche i bombardamenti aerei subiti a ripetizione da chiese, scuole ed ospedali cattolici. La morte, ripresa in video, di 40 scolari di una scuola sui Monti Nuba colpita dalle bombe ha scosso l‟opinione pubblica. “Il popolo del Sudan agogna la pace – rileva il comunicato. Per un paese ricco di ogni risorsa, è inaccettabile che la comunità internazionale non dedichi una più grande attenzione per dare la pace al Sudan. I vescovi dell‟Africa Meridionale sollecitano a collaborare tutte le parti dell‟Igad, l‟Autorità intergovernativaper lo Sviluppo, coinvolte nel processo di pace, compresi il governo sudanese e l‟Esercito/Movimento di liberazione Popolare del Sudan (Splm/A), perché si impegnino seriamente a trovare quanto prima una soluzione al conflitto”. “La Sacb – conclude il comunicato – invita la comunità internazionale, specilamente il governo del Sudafrica, a premere sul governo di Khartoum perché cessi di bombardare le popolazioni del Sud e perché si impegni in seri colloqui di pace. L‟instaurazione di un‟area interdetta al volo è una immediata misura per efficaci colloqui. La Chiesa dell‟Africa Meridionale continua a pregare per il popolo del Sudan e continuerà il proprio sostegno alla Chiesa in Sudan nei suoi sforzi per raggiungere una pace giusta”. Dichiarazione congiunta dei vescovi del Sudan sulla drammatica situazione del Paese PESARO 12 set 00 - I dodici vescovi del Sudan rilasceranno presto una dichiarazione congiunta sulla drammatica situazione del Paese, lacerato dal conflitto esploso nel 1983 tra il governo di Khartoum e lo Spla (Esercito di liberazione popolare del Sudan). Il documento sarà elaborato nei prossimi giorni all'interno dell'Assemblea 2000 della Conferenza episcopale del Sudan, iniziata ieri presso la comunità dei Missionari Comboniani di Pesaro. Al momento sono presenti undici presuli, perché il vescovo ausiliare di Torit, monsignor Hkio Johnson, ha avuto dei contrattempi che gli hanno impedito d'essere presente all'apertura dei lavori. Pare comunque imminente il suo arrivo. L'assemblea è iniziata con un breve discorso del nunzio apostolico a Khartoum, monsignor Marco Dino Brogi, il quale ha incoraggiato l'episcopato sudanese a proseguire con zelo nel ministero apostolico "per quanto estremamente difficile". Ha poi preso la parola l'arcivescovo di Juba, monsignor Paulino Lukudu Loro il quale presiede i lavori. "Siamo ancora all'inizio della nostra riflessione - ha detto alla agenzia Misna mons. Cesare Mazzolari, vescovo della diocesi di Rumbek (Sudan meridionale) - e stiamo rileggendo le minute dell'ultimo 22 incontro, avvenuto nell'agosto 1999 a Nairobi, per discernere sul cammino percorso". L'assemblea dovrebbe durare circa otto giorni. Secco no dei vescovi sudanesi alla nomina del Sudan a membro del Consiglio di Sicurezza KARTHOUM, 18 set 00 - "La nomina del Sudan a membro del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite è inaccettabile fino a quando il governo di Khartoum resta la causa principale dell'insicurezza della popolazione". Così la Conferenza episcopale sudanese reagisce all‟eventualità che il Sudan sia chiamato, nella rotazione annuale dei membri aggiunti, a far parte del Consiglio di Sicurezza. I vescovi sudanesi hanno espresso la loro opinione nell'atteso documento reso pubblico il 16 settembre, al termine dei lavori della loro Assemblea 2000. Come è noto, i 12 vescovi sudanesi, vista l'impossibilità di farlo in patria, si sono riuniti in Italia e, a partire dall'11 settembre, hanno tenuto la loro assemblea presso la comunità dei Missionari Comboniani di Pesaro. Il documento in 8 punti auspica anche che "I Paesi e le multinazionali devono fermare immediatamente il loro coinvolgimento nella produzione petrolifera in Sudan. Quelle rimesse provocano la continuazione della guerra che inevitabilmente annienterà le genti del Sud, delle montagne Nuba e del Nilo Blu meridionale". In Sud-Sudan dal 1983 il governo islamico di Khartoum combatte contro l'Esercito Popolare di Liberazione Sudanese (SPLA) che si batte per l'autodeterminazione del Sudan meridionale a maggioranza nera e cristiano-animista. Ma il conflitto non ha soltanto caratteristiche etniche e religiose: è sempre più chiaro che Khartoum vuole il controllo del Sud per assicurarsi lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi. "Il Sud è ricco di petrolio e per favorire le compagnie di Canada, Malaysia e Cina, il governo di Khartoum ripulisce sistematicamente le aree dei giacimenti dalla presenza di popolazione civile". Questa denuncia è venuta dai vescovi del Sudafrica che, prima dell'estate, hanno visitato il Sudan. Nel documento del 16 settembre i vescovi sudanesi esprimono anche la loro "profonda ed unanime preoccupazione per i continui bombardamenti ad obiettivi civili operati dal governo del Sudan". Essi chiedono che ogni parte si impegni a rispettare un cessate il fuoco e che siano aperti dei corridoi vietati ai voli militari, in modo da facilitare le operazioni umanitarie nel Sud. La richiesta dei vescovi è motivata dalla serie di bombardamenti avvenuti negli ultimi mesi nelle zone di Torit, di Rumbek, di Yei e di Yambio, "Gli obiettivi delle bombe - si segnala - sono le chiese, le scuole e gli ospedali tenute dai religiosi". Altre città colpite negli ultimi mesi sono Lui, Yirol, Nimule, Kaya and Yomcir. I vescovi chiedono che le Nazioni Unite controllino il cessate il fuoco e garantiscano la proibizione dei voli militari nel sud. Nel documento c'è, infine, una richiesta al governo di Khartoum: che riconosca la legittimità delle operazioni umanitarie delle organizzazioni non governative e delle Chiese, e non faccia di esse degli obiettivi militari da colpire. 23 Le Chiese cristiane del Sudan protestano per la requisizione di parte del cimitero cristiano di Khartoum KARTHOUM, 20 set 00 - Il Consiglio delle Chiese cristiane del Sudan (Scc), che comprende la comunità cattolica, ha protestato formalmente per la requisizione di parte del cimitero cristiano di Khartoum, l'"Al Sahafa", recentemente compiuta dal governo. In una lettera alle autorità, redatta il 12 settembre scorso e divulgata oggi, l'Scc definisce l'esproprio e la successiva distruzione di alcuni sepolcri "un insulto" e una "violazione dei nostri diritti di cristiani in Sudan". Le motivazioni date alla requisizione, intrapresa senza consultare le Chiese interessate, non sono inoltre ragionevoli perchÚ "non c'era alcun bisogno di costruire una recinzione" né di offrire i servizi previsti dal progetto. A meno che non esistano "programmi segreti", prosegue il Consiglio, perché non tendere una mano ai cristiani rinunciando all'esproprio? L'Scc ricorda quindi la recente presa di possesso, da parte del governo, della sede della Chiesa episcopale di Omdurman definendola "una lezione che non vogliamo venga ripetuta". Nella parte conclusiva rileva quindi la "mancanza di umanità" mostrata dalle autorità "nell'arrecare disturbo ai cristiani sia da vivi che da morti". L'assemblea dei vescovi statunitensi vota un comunicato di denuncia della situazione in Sudan WASHINGTON, 16 nov 00 - L'assemblea dei vescovi statunitensi ha votato un comunicato di denuncia della situazione in Sudan, lamentando "schiavitù, torture, esecuzioni, persecuzioni religiose" da parte del governo. Il documento approvato dalla Conferenza episcopale statunitense chiede "ai capi politici e militari di abbandonare la strada percorsa finora, che ha portato morti e distruzioni". Nel corso del dibattito, mons. Thomas Kelly, domenicano, vescovo di Louisville, ha rilevato l'importanza del lavoro svolto dai Comboniani "sia come missionari che come operatori di pace e anche, soprattutto, come testimoni" delle atrocità che vengono commesse. Un altro religioso, mons. John Ricard, vescovo di Pensacola, della Società di S. Giuseppe del Sacro Cuore, presidente del Catholic Relief Service, l'agenzia per gli aiuti umanitari, ha sottolineato che diritti umani e sviluppo sociale nel paese africano "costituiscono un problema assai serio". Infine, mons. Curtis Guillory, Verbita, vescovo di Beaumont, ha messo in evidenza che il documento di denuncia approvato dai vescovi è "una risposta al grido" che viene dal popolo sudanese. "Nel corso della missione compiuta in Sudan il mese scorso - ha spiegato il vescovo - un uomo mi ha raccontato delle violenze ai danni della sua famiglia, dicendo che gridavano ma nessuno li aiutava. Ecco, la nostra presa di posizione è una risposta a quel grido". 24 Congresso Eucaristico delle diocesi situate nei territori controllati dal governo nord-sudanese KHARTHOUM 28 nov 00 - Una solenne celebrazione eucaristica, presieduta da mons. Gabriel Zubeir Wako, arcivescovo di Khartoum, ha chiuso nella stessa capitale le celebrazioni del Congresso Eucaristico delle diocesi situate nei territori controllati dal governo nord-sudanese. Per quelle situate, invece, nei territori controllati dallo Spla, l‟Esercito di Liberazione Popolare del Sudan, il Congresso Eucaristico è stato celebrato contemporaneamente a Rumbek. Con mons. Zubeir hanno concelebrato l‟ausiliare mons. Daniel Adwok e l‟Amministratore apostolico di El Obeid, mons. Antonio Menegazzo. Al termine della celebrazione eucaristica, l‟arcivescovo di Khartoum ha consacrato il Sudan alla Vergine Maria ricordando l‟analoga consacrazione che, nel 1868, fece il grande vescovo missionario Daniele Comboni nel santuario de La Salette. "Continuano ininterrotti i bombardamenti sulla popolazione in Sud Sudan”: la denuncia di mons. Cesare Mazzolari 28 nov 00 - "Continuano ininterrotti i bombardamenti sulla popolazione sudsudanese e undici persone sono morte solamente nelle ultime 72 ore a Ikotos e a Naurus, nell'Equatoria orientale". È la denuncia fatta oggi alla agenzia Misna da monsignor Cesare Mazzolari, vescovo di Rumbek, nel Sud Sudan. L'aviazione del governo sudanese aveva distrutto, la settimana scorsa, una scuola gestita da una missione nel villaggio di Panlit, nello Stato di Bahr el-Ghazal. In tutto sono state lanciate quattordici bombe, di cui una ha distrutto due classi della scuola di Panlit senza fare vittime. Un'altra bomba ha sfiorato un gregge di 73 mucche. Sabato era stato bombardato il villaggio di Anyiel,. Anche le organizzazioni umanitarie operanti al sud del Sudan denunciano i bombardamenti del governo su bersagli civili. "Il totale delle vittime dei raid effettuati dagli aerei di Khartoum negli ultimi 30 giorni - prosegue il presule con grande dolore - è così salito ad oltre 60 morti, per la maggior parte donne e bambini". Le bombe, così come accaduto a Yei il 20 novembre scorso, "sono state sganciate sulle zone di mercato delle due località e le persone rimaste ferite sono decine e decine" ha spiegato il presule. Tali bombardamenti sono, secondo il vescovo di Yei monsignor Erkolano Lodu Tombe, veri e propri crimini di guerra per i quali dovrebbe essere perseguito il presidente sudanese, Omar el Beshir. In una vibrante denuncia diffusa oggi da Nairobi, monsignor Lodu Tombe ha in proposito ricordato il bombardamento subito una settimana fa dalla sua comunità con un bilancio di 40 morti. Ha poi condannato l'ipocrisia della comunità internazionale nei confronti di quanto accade nel Sud Sudan e paragonato l'atteggiamento manifestato nei confronti di el Beshir a quello adottato verso il leader ribelle sierraleonese Foday Sankoh. "Sankoh ha crudelmente troncato gli arti ai civili con i 'machete' - ha osservato il presule, - mentre el 25 Beshir sta facendo a pezzi i civili con le bombe". "La condanna nei confronti dei raid governativi viene pienamente condivisa dagli altri vescovi del Sud Sudan" ha poi precisato alla Misna monsignor Mazzolari. "La situazione diventa di giorno in giorno più grave e - ha continuato il presule di origine bresciana, - pochi sono i conforti che abbiamo. Tra questi c'è stata la grande partecipazione e il successo del Congresso Eucaristico tenuto la scorsa fine settimana a Rumbek". Dal 1983, anno d'inizio delle ostilità tra governativi e ribelli per una maggiore autonomia del sud, hanno perso la vita più di 2 milioni di persone. La Chiesa, con gli aiuti umanitari, non favorisce indirettamente l'estensione del conflitto in Sudan, affermano i vescovi del Sudan NAIROBI - I vescovi del Sudan hanno manifestato il proprio disappunto per alcune delle affermazioni contenute nel recente comunicato dei missionari Comboniani che operano in Sud Sudan, in cui viene ancora una volta denunciata la drammatica situazione in cui versa la popolazione di questa regione a causa della guerra. Come si ricorderà, il documento era stato diffuso il 19 gennaio, al termine di un loro incontro a Nairobi. In esso i Comboniani avevano tra l'altro espresso le proprie riserve sull'operato delle organizzazioni non governative in Sud Sudan, comprese quelle cattoliche, perché con i loro aiuti esse favorirebbero inconsapevolmente le parti in lotta. Ed è proprio su questa affermazione che i vescovi del Sud Sudan, riuniti nei giorni scorsi in assemblea a Nairobi, si dicono perplessi. "Ci dispiace che non ci abbiano consultato prima di pubblicare questa dichiarazione," ha commentato Mons. Macram Max Gassis, vescovo di El Obeid, per il quale la dichiarazione "non riflette l'opinione dei vescovi" sudanesi. Anche il Presidente della Conferenza episcopale del Sudan, Mons. Joseph Gasi, vescovo di Tombora-Yambio, ha criticato l'affermazione dei Comboniani secondo la quale la Chiesa, con gli aiuti umanitari, favorirebbe indirettamente l'estensione del conflitto. Mons. Gasi ha peraltro osservato che molte affermazioni contenute nel comunicato esprimono quanto i vescovi sudanesi vanno dicendo da anni e se non altro ha il merito di avere rotto il silenzio sulle sofferenze del popolo sudanese. Rispondendo a queste critiche, padre Michele Stragapede, coordinatore della Commisione Giustizia e Pace dei Comboniani, ha affermato che i missionari sono "con i vescovi nel loro appello per la pace" e che scopo del comunicato era di convincere i leader politici a mettersi intorno ad un tavolo per elaborare insieme un piano che ponga fine alla guerra. Egli ha peraltro ribadito la convinzione espressa dai Comboniani che aiutare persone che poi andranno a combattere è controproducente: "La nostra presenza lì ha detto - diventa così uno specchietto per le allodole". 26 Il portavoce della Commissione Giustizia e Pace denuncia a Fides la grave situazione in cui è costretta la popolazione del Sud KHARTOUM 3 feb 01 - "Non si tratta più di una guerra di liberazione, ma in nome della liberazione tanti soprusi sono perpetuati. Come si può parlare di liberazione a un popolo che soffre da sempre per l'assenza di assistenza sanitaria, di scuole, e soffre per una fame come quella che si avvicina ?". Padre Michele Stragapede, portavoce della Commissione Giustizia e Pace e coordinatore da Nairobi di 30 missionari comboniani nelle aree liberate del Sudan meridionale, denuncia a Fides la grave situazione in cui è costretta la popolazione del sud, dove la maggioranza cristiana ed animista combatte da quasi vent‟anni contro il regime musulmano di Khartoum. Come è noto, questa triste situazione di crisi è stata denunciata nei giorni scorsi, sempre a Nairobi, dai 30 missionari comboniani coordinati da padre Stragapede. I religiosi, a nome di tutti i missionari in Sudan, hanno dichiarato come “Le Ong e le chiese contribuiscono a perpetuare la guerra con gli aiuti umanitari che, anche se non intenzionalmente, finiscono per approvvigionare le fazioni in guerra". “Non è possibile – continua il messaggio dei missionari - che dopo due milioni di morti, quattro milioni di profughi all'interno del paese e seicentomila profughi all'estero, un milione e mezzo di dollari spesi quotidianamente dai belligeranti e altrettanti dalle organizzazioni internazionali di soccorso per mantenere in vita la tormentata popolazione della zona di conflitto, la guerra civile del Sudan possa protrarsi per diciotto anni senza che se ne intravveda la fine. Viene il dubbio che le grandi risorse finanziarie in gioco siano un elemento per la continuazione del conflitto”. E allora è lecito chiedersi se non è meglio giocare la carta del "tanto peggio tanto meglio": bloccare gli aiuti, tagliare il flusso vitale che alimenta la guerra, forzare i belligeranti a trattare per la pace. Tanto più che nel Sudan è già in atto un'altra campagna, quella della formazione a una mentalità di pace, di coinvolgimento della popolazione negli affari sociali. Da alcuni anni Chiesa Cattolica e alcune comunità protestanti hanno imbroccato una strada che stimola la gente a riscoprire e attuare i metodi tradizionali non violenti per la soluzione di conflitti e tensioni etniche; a impegnarsi nello sviluppo facendo a meno di aiuti esterni, traendo ispirazione dalla Dottrina Sociale della Chiesa. Dai primi anni novanta nel seminario maggiore nazionale di Khartoum si danno corsi di formazione alla soluzione pacifica dei conflitti, alla resistenza passiva non violenta, alla difesa dei Diritti Umani e alla organizzazione di comitati di "giustizia e pace". In tal modo gli stessi sudanesi ridiventano protagonisti nella storia, creando le condizioni per arrivare al tavolo delle trattative per aprire un dialogo di pace coraggioso e risolutivo. 27 Appello delle le Pontificie Opere Missionarie per un intervento immediato che ponga fine alla guerra in Sudan AQUISGRANA, - Dopo le recenti denunce e i reiterati appelli dei missionari Comboniani e in questi giorni dei vescovi statunitensi, anche le Pontificie Opere Missionarie (Pom) d'Europa tornano a chiedere alla comunità internazionale un intervento immediato che ponga fine alla guerra civile che da 45 anni insanguina il Sudan. Riuniti nei giorni scorsi ad Aquisgrana, i direttori delle Pom hanno accusato il regime islamico di Khartoum, ma anche le forze ribelli dell'Esercito di Liberazione del Popolo del Sudan (Spla) di affamare il sud del paese e di commettere gravissime violazioni dei diritti umani. "Il Governo bombarda sistematicamente bersagli civili nel sud del paese e la fame è usata come arma crudele e silenziosa", mentre "i movimenti di liberazione abusano della parola 'libertà' e antepongono il potere e la logica tribale al benessere delle persone che soffrono", denunciano i responsabili delle Pom in un comunicato. "Come la Guerra dei Trent'anni, il conflitto in Sudan sta divenendo fine a se stesso. La religione è usata come uno strumento per accedere al potere". Secondo le Pom la vera causa del conflitto in Sudan è la discriminazione religiosa: le persone sono private della loro dignità e del loro diritto all'autodeterminazione in nome della loro razza e della loro appartenenza religiosa. Di qui l'appello pressante alle parti in conflitto a fare tacere le armi, all'Unione Europea e agli Stati Uniti perché sostengano concretamente le iniziative a favore della pace e, infine, alle compagnie petrolifere, affinchè cessino di sostenere il governo di Khartum nello sfruttamento dei giacimenti di petrolio nel sud del Sudan, finché non venga ristabilita la pace. I vescovi sudanesi presentano un memorandum a una delegazione della Conferenza cattolica degli Stati Uniti WASHINGTON, 12 apr 01 – Fermare i bombardamenti, bloccare le estrazioni petrolifere, porre fine alla schiavitù e alla politica della carestia, assicurare la libertà di religione e l'autodeterminazione. Sono questi i punti principali del memorandum consegnato dalla Conferenza regionale dei vescovi cattolici sudanesi (Sudan Catholic Bishop's Regional Conference, SCBRC) alla delegazione del Conferenza cattolica degli Stati Uniti (USCC) nel corso della sua visita del marzo scorso. Il documento dei vescovi sudanesi è stato divulgato dalla stessa Conferenza Cattolica degli Stati Uniti. La Conferenza, come è noto, vede la partecipazione anche degli organismi caritativi. I rappresentanti della Conferenza regionale dei vescovi cattolici sudanesi hanno chiesto ai vescovi statunitensi di formare un comitato ad hoc per sostenere le richieste avanzate. 28 I vescovi sudafricani criticano il governo di Pretoria per l’accordo petrolifero siglato con il governo di Khartoum PRETORIA, 21 lug 01- La Chiesa Cattolica sudafricana critica con forza gli accordi di cooperazione fra compagnie petrolifere sudafricane e il governo di Khartoum. In un comunicato ufficiale pubblicato il 20 luglio si dice che "Data la nostra esperienza sotto l'apartheid, vorremmo essere gli ultimi a sostenere un governo che è in guerra con la sua stessa popolazione". Soekor, una compagnia parastatale per esplorazioni petrolifere è ad uno stadio avanzato per negoziare un'espansione delle sue attività in Sudan. Nel comunicato il Presidente della Conferenza Episcopale Sudafricana (SACBC), card. Wilfrid Napier, arcivescovo di Durban, afferma: "Attraverso questi negoziati per nuove concessioni, il governo sudanese offre come 'disponibili', aree che non sono state ancora 'liberate' dalla popolazione del luogo. Siamo preoccupati che il Sudafrica contribuisca all'escalation del conflitto in Sudan. Questo è contrario alle intenzioni dichiarate dal nostro governo di voler promuovere giustizia, democrazia e pace in quel paese". "La nostra preoccupazione è confermata dalla dichiarazioni fatte dal vice-primo ministro Susan Shabangu da Khartoum all'inizio di luglio. In esse si afferma che il governo sudafricano si impegna a sviluppare relazioni con Khartoum nel campo dell'estrazione petrolifera e mineraria. Il petrolio è fondamentale per la guerra in Sudan. Durante la nostra visita in Sudan abbiamo visto noi stessi i risultati della migrazione forzata e dello sradicamento di decine di migliaia di sudanesi del sud per proteggere i campi petroliferi e gli oleodotti da attacchi violenti. Migliaia sono stati uccisi o sono morti di fame o malattia". "Siamo convinti che il petrolio è la causa maggiore della guerra e un mezzo usato da Khartoum per aumentare le sue capacità militari" continua il card. Napier. "Gli accordi della Soekor con Khartoum sosterranno solo uno degli interlocutori del conflitto sudanese, andando ad aumentare le sofferenze della popolazione del sud. Tutto ciò viene ad inficiare il ruolo di mediatore che il governo sudafricano ha rivestito sinora. In più, organizzazioni internazionali hanno domandato da tempo alle compagnie petrolifere di sospendere le attività in Sudan per sostenere il processo di pace." "La SACBC è perciò profondamente preoccupata: le compagnie sudafricane che comprano petrolio dal Sudan stanno lavorando contro lo stabilirsi di un effettivo processo di pace". Il card. Napier ha chiesto a Phumzile Mlambo-Ngcuka, Ministro per gli Affari Minerari e dell'Energia, di intervenire per fermare questo aperto sostegno a una delle parti del conflitto sudanese, che è anche accusato di serie violazioni ai diritti umani. La prossima settimana una delegazione sudanese guidata da Osman Ismail, Ministro degli Esteri, si recherà in Sudafrica. La SACBC ha ottenuto di incontrare la delegazione per chiarimenti. 29 L’impegno della Chiesa sudanese contro la schiavitù KHARTOUM, 5 dic 01 – Liberare dalla schiavitù è possibile e dopo il riscatto, i giovani vanno instradati insegnando loro la cultura della solidarietà e della pace. È lo sforzo che sta compiendo mons. Cesare Mazzolari, comboniano, vescovo della diocesi di Rumbek in sud Sudan, che ha già liberato dalla schiavitù circa 150 ragazzi. La schiavitù è una delle piaghe del nord musulmano del Sudan: accettata dallo Stato, è anche uno strumento di oppressione contro la minoranza cristiana del sud. La liberazione dei ragazzi di cui si è personalmente occupato mons. Mazzolari “è stata possibile – spiega all‟agenzia Vidimus Dominum dando i fondi ad una persona che aveva conoscenza di questi luoghi, una persona di estrazione araba, la quale compera questi giovani ragazzi, queste giovani donne e li riconduce liberi alle loro proprie famiglie. Noi ultimamente andiamo in cerca di ragazzi e ragazze redente dalla schiavitù, comperati però da altri, non da noi, e per loro cerchiamo di iniziare piccole scuole per riorientarli ad una vita normale”. Ed insegnando “la cultura della libertà e anche della pace”. “Il mercato della schiavitù in Sudan si sviluppa soprattutto nella zona tra nord e sud. Su questa striscia lunghissima – precisa il vescovo - vengono i membri della milizia favorita dal Governo di Khartoum e portano via bambini, bambine, ragazze, giovani donne. Questa gente viene portata al nord, finché trovano dei mercanti più ricchi di loro che li comprano e questi di nuovo li portano ancora più a nord dove li mettono o nelle scuole coraniche oppure li portano ad essere venduti come schiavi in zone come Khartoum e l'Arabia Saudita”. Quanto alle cause, vanno ricercate nella “avidità di commercio umano”. Un'altra “potrebbe essere la continuazione della stirpe islamica perché giovani donne sono usate sessualmente per procreare altri bambini che, secondo loro, potranno andare ad accrescere il numero degli islamici ”. I cattolici in Sud Sudan continuano a soffrire una brutale persecuzione ad opera del regime di Khartoum, denuncia mons. Akio Johnson Mutek, ausiliare di Torit BALTIMORA, 6 dic 01 - I cattolici in Sud Sudan continuano a soffrire una brutale persecuzione ad opera del regime di Khartoum controllato dai "fanatici" fondamentalisti musulmani arabi del Nord. E' la denuncia fatta da mons. Akio Johnson Mutek, ausiliare di Torit, durante una visita nei giorni scorsi a Baltimora presso la sede dei Catholic Relief Service, la Caritas statunitense. La denuncia si aggiunge alle decine, che stanno pervenendo in questi mesi dal martoriato paese africano. "Stanno bombardando i nostri villaggi nel sud", ha dichiarato il vescovo al giornale diocesano "The Catholic Review". "Dicono al mondo che non bombarderanno. Ma noi sul campo sappiamo cosa significa quando dicono che non bombarderanno: attaccano il giorno successivo". La frequenza degli attacchi varia da settimana a settimana e alcuni villaggi possono subire anche più di un bombardamento al giorno. Una 30 situazione che paralizza l'attività della diocesi di Torit, dove il vescovo e l'ausiliare sono costretti a vivere fuori dal centro cittadino: essa non può costruire strutture che vengono sistematicamente distrutte dai bombardamenti e anche fissare il calendario delle liturgie è diventato un'impresa difficile. L'afflusso di profughi da altre regioni del Sud Sudan ha fatto nettamente aumentare il numero di cattolici nella diocesi: oggi essa ne conta circa 620mila contro i 450mila di qualche anno fa. La guerra civile che da quasi vent'anni insanguina il Paese ha causato due milioni e mezzo di morti e la scoperta di giacimenti petroliferi nel Sud nella seconda metà degli anni Novanta ha solo portato ad una drammatica escalation del conflitto. Il regime di Khartoum, infatti, usa i proventi del petrolio per bombardare il sud. Per questo il vescovo ha ribadito l'assoluta urgenza di fermare l'esportazione di petrolio e ha chiesto l'invio di osservatori delle Nazioni Unite che garantiscano l'approvvigionamento di generi alimentari alla popolazione civile. Da parte sua, mons. Mutek ha espresso parole di apprezzamento per l'opera svolta dalla CRS impegnata in diversi programmi umanitari e di promozione della pace e della riconciliazione nel Sud Sudan. Messaggio pastorale di sei vescovi sudanesi sulla situazione nel Sudan meridionale alla luce del Messaggio del Papa per la Giornata Mondiale della Pace NAIROBI, 23 gen 02 - La situazione nel Sudan meridionale alla luce del Messaggio del Papa per la Giornata Mondiale della Pace. Questo in sostanza il contenuto del recente messaggio pastorale dei sei Vescovi del Sud del paese, isolato de facto dalla guerra civile. I presuli, riunitisi a Nairobi dal 15 al 19 u.s., lamentano il bombardamento e gli attacchi di militari governativi contro le popolazioni civili costrette alla fuga, la distruzione di villaggi, il rapimento di bambini ridotti in schiavitù, la violenza sessuale contro le donne, il tutto finalizzato allo sfruttamento del suolo e l'estrazione del petrolio. Il messaggio invita il clero, i fedeli e tutte le persone di buona volontà, a unirsi alla preghiera del 24 gennaio ad Assisi, per la pace, per le vittime del terrorismo negli Stati Uniti, in Afghanistan e in Sudan. I vescovi del Sud Sudan esortano a offrire le vite di queste vittime innocenti e la sofferenza dei loro familiari a Dio per ottenere la solidarietà tra le varie etnie e fedi religiose. Il messaggio pastorale si conclude con un invito a tutti i capi religiosi nel mondo a dare la priorità nel loro insegnamento alla dignità della persona umana, alla promozione del bene comune e alla condanna dell'uccisione di persone innocenti. Il messaggio reca la firma dei vescovi di Torit, di Yei, di Tombura-Abangite, di El Obeid, e di Rumbek. La Conferenza episcopale regionale sudanese (Scbrc) è presieduta da mons. Paride Taban, vescovo di Torit. 31 La Conferenza episcopale sudanese (Scbc) chiede maggiori garanzie al governo di Omar Hassan el Beshir nell’ambito delle difficili relazioni tra Stato e Chiesa KARTHOUM, 23 feb 02 - La Conferenza episcopale sudanese (Scbc) chiede maggiori garanzie al governo del presidente Omar Hassan el Beshir, nell‟ambito delle difficili relazioni tra Stato e Chiesa. L‟iniziativa ha come obiettivo la revisione delle normative che impongono – almeno formalmente – uno stretto controllo da parte del governo di Khartoum sulla vita ecclesiale. Con l‟approvazione del “Miscellaneous Amendment Act” nel 1994 - un provvedimento concernente l‟inquadramento del lavoro volontario – la Chiesa è stata di fatto equiparata alle organizzazioni non governative. La misura è stata subito definita inaccettabile dai presuli sudanesi. La legge venne a regolamentare il settore, abrogando il “Missionary Act” del 1962, presentato all‟epoca della dittatura militare del generale Ibrahim Abboud, arrivato al potere con un colpo di Stato nel 1958 e rovesciato da una sollevazione popolare nel novembre del 1964. In seguito, centinaia di religiosi furono espulsi dal Paese da un decreto legge appositamente preparato, confluendo in buona parte nelle vicine diocesi dell‟Uganda e dell‟ex Zaire. Ora la Scbc – la cui ultima assemblea plenaria si è tenuta a Khartoum tra il 14 e il 19 gennaio scorsi – sta valutando la possibilità di costruire un‟Università cattolica nel Paese e, allo stesso tempo, di coinvolgere maggiormente le donne sudanesi nella vita ecclesiale. Si tratta di un fatto „rivoluzionario‟ per una nazione come il Sudan, dove la sharia (Legge islamica) è il fondamento della vita civile. La Chiesa cattolica conta dieci diocesi in Sudan, cinque nelle zone del nord controllate dal regime (Khartoum, Malakal, Juba, Wau e una parte di el Obeid) e altrettante nell‟area meridionale sotto il dominio dei ribelli dello Spla (Esercito di liberazione popolare del Sudan): Rumbek, Tambura-Yambio, Torit, Yei e la restante porzione della diocesi di el Obeid. Proprio per venire incontro alle necessità dei fedeli delle due aree, la Conferenza episcopale, pur mantenendo l‟unità come ente, si è sdoppiata nelle funzioni. I vescovi delle cinque diocesi nel territorio settentrionale controllato dal regime musulmano sono associati come Conferenza episcopale sudanese (Sudan Catholic Bishops Conference, Scbc, North). I vescovi delle altre cinque diocesi meridionali in territorio sudanese non controllato dal regime sono associati come Conferenza episcopale sudanese regionale (Sudan Catholic Bishops Regional Conference, Scbrc), che ha la propria sede a Nairobi in Kenya. Dei vescovi del Nord è presidente mons. Paolino Lukudu Lore, arcivescovo di Juba. Presidente dei vescovi nel Sud Sudan è invece mons. Paride Taban, vescovo di Torit. 32 “Solo un negoziato di pace può dare speranza alle martoriate popolazioni del Sud Sudan, afferma mons. Mazzolari RUMBEK, 12 mar 02 - “Solo un negoziato di pace può dare speranza alle martoriate popolazioni del Sud Sudan”. Lo ha dichiarato stamane monsignor Cesare Mazzolari, vescovo di Rumbek (Bahr el Ghazal), commentando la visita ufficiale iniziata 48 ore fa a Washington (Usa) da parte dello storico leader dello Spla (Esercito di liberazione popolare del Sudan), John Garang. Il presule ritiene, infatti, che l‟attuale situazione bellica verificatasi sul terreno richieda urgentemente l‟applicazione di un „cessate il fuoco‟ e l‟invio di una forza di interposizione militare che possa vigilare garantendo l‟incolumità della popolazione, provata da 19 anni di guerra civile. "La superiorità militare dell‟esercito governativo – ha commentato monsignor Mazzolari – è un dato di fatto. La cronaca di queste settimane ne è la conferma, se si pensa ai numerosi raid perpetrati dall‟aviazione di Khartoum contro obiettivi civili”. Secondo il presule, “il viaggio di Garang negli Usa avrà degli effetti positivi dal punto di vista negoziale perché rilancia l‟azione diplomatica statunitense. Finora, infatti, l‟Unione Europea (UE) non pare che sia riuscita ad ottenere risultati sostanziali”. Il vescovo ha poi sottolineato come la Chiesa cattolica abbia ripetutamente offerto una chiave di lettura convincente nell‟interpretare la crisi che insanguina il Paese africano. “Fin quando il business del petrolio continuerà ad alimentare la spesa bellica del governo di Omar Hassan el Beshir – ha aggiunto monsignor Mazzolari – sarà difficile ipotizzare una cessazione delle ostilità”. La presenza di imprese canadesi in Sudan per estrarre petrolio “contribuisce ad alimentare la guerra in questo paese”: la denuncia del presidente della Commissione episcopale per gli affari sociali della Conferenza episcopale canadese OTTAWA, 10 apr 02 – La presenza di imprese canadesi in Sudan per estrarre petrolio “contribuisce ad alimentare la guerra in questo paese”. Lo rileva mons. Jean Gagnon, presidente della Commissione episcopale per gli affari sociali, in una lettera al ministro canadese degli esteri e del commercio internazionale, Bill Graham. Mons. Gagnon cita esplicitamente il caso dell‟impresa Talisman Energy alla quale – è l‟auspicio della Commissione episcopale – il Governo farebbe bene a non devolvergli i fondi pensione, come ha già deciso la Conferenza episcopale canadese per quanto attiene ai fondi pensione del clero e dei religiosi. “I membri della Commissione per gli affari sociali – scrive mons Gagnon – chiedono che tutti gli investimenti di fondi del Rpc (il Regime di pensioni del Canada) rispondano, da oggi in poi, a rigorosi criteri deontologici, e che il governo canadese elabori ed adotti misure per impedire ad ogni impresa canadese di trarre profitti dalle guerre civili che imperversano nel mondo”. 33 Indignazione della comunità cattolica di Torit per l’uccisione di centinaia di civili in Sud Sudan, per mano dei ribelli ugandesi dell’Esercito di resistenza del Signore (Lra), KHARTOUM, - L‟uccisione di centinaia di civili in Sud Sudan, per mano dei ribelli ugandesi dell‟Esercito di resistenza del Signore (Lra), ha suscitato sgomento e indignazione nella comunità cattolica di Torit (Equatoria). Il portavoce diocesano, Jervasio Okot, parla di 470 morti e di almeno 500 persone costrette alla fuga dai sei villaggi messi a ferro e fuoco dagli uomini di Joseph Kony, leader dello Lra. Si tratta di Idiefe, Oboyok, Kubaya, Lotele, Lohui e Isuhak, piccoli centri abitati nella zona delle montagne Imotong. I ribelli, in fuga dall‟offensiva delle forze regolari ugandesi (Updf), già da diversi giorni avevano commesso atrocità, ma la mattanza è culminata mercoledì scorso, con la morte di centinaia di donne, vecchi e bambini nel centro di Katire, 60 chilometri a nord del confine con l‟Uganda. Le truppe ugandesi sono impegnate da settimane nella regione sudanese dell‟Equatoria, al confine con l'Uganda, per dare la caccia al movimento di Kony, che per oltre un decennio ha seminato il terrore nei distretti acholi dell‟Uganda settentrionale. L‟Updf è stato autorizzato dal governo di Khartoum a restare nel Sudan meridionale fino al 18 maggio. "Chiedo alla comunità internazionale di venire in soccorso di questa povera gente, costretta ad abbandonare le proprie case durante la stagione dei raccolti", ha dichiarato il vescovo ausiliare di Torit, monsignor Johnson Akio Mutek. La Chiesa cattolica in Sud Sudan ha urgente bisogno di più personale religioso e laico per potere svolgere la sua missionelamentano i vescovi della regione NAIROBI, 16 mag 02 - La Chiesa cattolica in Sud Sudan ha urgente bisogno di più personale religioso e laico per potere svolgere la sua missione. Lo hanno lamentato i vescovi della regione durante un incontro nei giorni scorsi a Nairobi con una delegazione dei Catholic Relief Services (Crs), l'organizzazione caritativa della Conferenza episcopale degli Stati Uniti. "Abbiamo bisogno di più evangelizzatori" per formare i fedeli ad una fede più radicata, ha detto alla delegazione Mons. Cesare Mazzolari, vescovo di Rumbek. "Il primo compito della Chiesa in Sudan è di essere presente, di fare sapere alla gente che siamo con loro, che lottiamo con loro" e tuttavia la maggior parte delle cinque diocesi del Sud Sudan sono a corto di sacerdoti, religiosi e personale laico. Nella diocesi di Rumbek, ad esempio, "alcune persone non vedono un sacerdote da 25 anni". Il rischio, ha evidenziato il presule, è che la gente provata da anni di guerra, dalla fame e dalla malattia si allontani dalla Chiesa, come dimostra il numero crescente di cattolici sudanesi attirati dalle sette protestanti. Mons. Mazzolari si è quindi soffermato sulla drammatica situazione dei diritti umani nella regione, denunciando ancora una volta le multinazionali del petrolio 34 che continuano a foraggiare la guerra combattuta dal regime di Khartum nel sud del Paese contro i guerriglieri dello Spla. Mons. Paride Taban, vescovo di Torit e Presidente della Conferenza regionale dei vescovi cattolici del Sudan (Scbrc), ha confermato le difficoltà segnalate da Mons. Mazzolari, lamentando la pesante situazione economica della sua diocesi che si trova a sostenere con pochi mezzi l'emergenza umanitaria prodotta dalla guerra che da 19 anni affligge il paese. Oltre al Kenya e al Sudan, la delegazione dei Crs ha visitato anche l'Uganda. La visita rientrava nell'ambito della "Campagna per l'Africa", un'iniziativa promossa dai Crs per raccogliere fondi per progetti umanitari e di sviluppo nell'Africa sub-sahariana. I Catholic Relief Services sollecitano un più incisivo intervento degli Stati Uniti e dell'Onu a sostegno del Sudan WASHINGTON, 18 lug 02 - I Catholic Relief Services, l'organizzazione caritativa della Conferenza episcopale statunitense, sollecitano un più incisivo intervento degli Stati Uniti e dell'Onu a sostegno del Sudan, dove la situazione di emergenza deteriora di giorno in giorno e la guerra, la fame e la malattia stanno mettendo a repentaglio la vita di quasi due milioni di persone. L'appello è contenuto in una relazione presentata alla Commissione Affari esteri del Senato in cui la situazione nel martoriato paese africano viene definita "il disastro umanitario più disperato del pianeta". La guerra civile che da 19 anni insanguina il paese ha causato più di 2 milioni di morti per lo più civili, vittime soprattutto della fame e delle malattie che ne sono una diretta conseguenza. Di questa situazione, rileva il rapporto presentato da uno dei dirigenti dell'organizzazione, Paul Townsend, è in gran parte responsabile il governo di Khartum che ostacola in tutti i modi la distribuzione degli aiuti umanitari in sud Sudan. La relazione denuncia però anche le responsabilità delle compagnie petrolifere straniere che foraggiano la guerra condotta dal regime di Khartum nel sud del Paese contro i guerriglieri dello Spla. Di qui l'esortazione ad un'azione più incisiva da parte del governo statunitense e delle Nazioni Unite, da un lato per assicurare l'accesso agli aiuti umanitari delle popolazioni vittime del conflitto, dall'altro per consentire una soluzione politica dello stesso. “Il vero problema del Sudan è la mancanza di volontà e cultura di pace”, afferma Mons. Paulino Lukudu Loro ROMA, 3 set 03 - “Il vero problema del Sudan è la mancanza di volontà e cultura di pace. Da un lato, assistiamo al paradosso che il governo di Khartoum e i ribelli del Sud Sudan dichiarano di voler raggiungere un accordo facendosi la guerra. E, dall‟altra parte, dobbiamo ammettere che nel nostro Paese ci sentiamo tutti „guerriglieri‟: occorre trasformare questo atteggiamento". E‟ il duro giudizio espresso da 35 Mons. Paulino Lukudu Loro, comboniano, da vent‟anni arcivescovo di Juba nel Sud Sudan, nel corso di una lunga intervista all‟agenzia Misna. Nel colloquio il presule denuncia le debolezze dei colloqui che dovrebbero portare alla fine del conflitto che da vent‟anni insanguina il Paese e "di cui il popolo sudanese non sa nulla", deplora "l‟Islam fanatico che usa il Sud del Paese come porta d‟ingresso nell‟Africa nera" e rilancia l‟urgenza di garantire "la libertà di espressione per formare la coscienza dei sudanesi". Definisce inoltre "un segno di Dio" il miracolo compiuto dal beato Daniele Comboni - fondatore della sua congregazione e primo arcivescovo di Khartoum, che il Papa canonizzerà il prossimo 5 ottobre -, di cui ha beneficiato una musulmana. Secondo Mons. Lukudu l‟ennesimo rinvio della firma dell‟accordo di pace ai colloqui di quest‟estate in Kenya, conferma che “manca l‟intenzione di realizzare una pace vera, sia da parte delle autorità che dei ribelli”. L‟arcivesccovo denuncia inoltre il “fanatismo” oggi prevalente nella parte araba del Paese, a maggioranza musulmana, e la corruzione e la lotta di potere dell‟attuale regime di Khartum, senza peraltro risparmiare critiche altrettanto dure ai leader dei ribelli dello Spla e al loro scarso spirito democratico. Il presule rivendica quindi il diritto del popolo del Nord e del Sud Sudan “di scegliere liberamente il proprio futuro”. “I sudanesi sono i soli proprietari di questa pace”, afferma. “E‟ ora che tutto il popolo partecipi alla sua ricostruzione”. Preoccupazioni di mons. Cesare Mazzolari per l’evoluzione dei colloqui di pace in Sudan RUMBEK, 6 set 03 - “Siamo estremamente delusi dai colloqui di pace tra il governo di Khartoum e i ribelli del Sud Sudan: l‟impressione è che ci si stia preparando di nuovo alla guerra. A fine settembre scadrà il cessate-il-fuoco: c‟è il rischio che non sia rinnovato e che la parola passi di nuovo alle armi”. Sono le preoccupazioni espresse da monsignor Cesare Mazzolari, comboniano, vescovo di Rumbek, nel Sudan meridionale, che in questi giorni si trova in Italia. Il prossimo 10 settembre dovrebbero riprendere in Kenya i colloqui tra i delegati governativi e i rappresentanti dell‟Esercito di liberazione popolare del Sudan (Spla), che da vent‟anni si combattono nel sud del Paese. “Da alcuni mesi c‟è stato un grande „silenzio‟ anche da parte dell‟Spla, che non si preoccupa di far sapere alla gente del sud come procedono le trattative con Khartoum, che starebbe preparando un grande attacco contro il Sud del Paese” aggiunge monsignor Mazzolari. “Invece di pensare alla pace, anche i ribelli dell‟Spla, nei giorni scorsi, si sono riuniti proprio a Rumbek, la città della quale sono vescovo, dove i comandanti militari hanno incontrato il leader della guerriglia John Garang. Sembra che si stiano preparando a un nuovo conflitto, di difesa, in vista di un possibile attacco in grande stile di Khartoum”. Il presule denuncia la profonda preoccupazione che scuote le 36 popolazione che da anni nel Sud Sudan attendono un accordo di pace, un traguardo apparso vicino nelle scorse settimane ma poi allontanatosi di nuovo tra le accuse reciproche di ribelli e governo. “Alla metà di agosto il regime di Kharthoum ha festeggiato la produzione di mezzo milione di barili di greggio al giorno – dice ancora il vescovo -. Questo significa che l‟élite di governo ha enormi guadagni a cui non intende rinunciare. Queste ingenti somme consentono l‟acquisto indiscriminato di armi per far fronte alle guerriglia”. Monsignor Mazzolari spiega che il regime del presidente Omer el Beshir non è in lotta solo con l‟Spla, ma deve fronteggiare anche altre ribellioni, tra cui quella del Darfur. Proprio ieri è stata annunciata una tregua tra l‟esercito sudanese e gli insorti di questa remota regione occidentale del Paese. “Non conosco i termini dell‟accordo – precisa il presule – ma ho l‟impressione che sia solo una manovra del governo. E‟ ormai chiaro al mondo che il regime di Khartoum non ha fomentato le ostilità solo contro i nilotici del Sud Sudan, africani, ma anche verso contro gruppi arabi e musulmani. La violenza è parte del sistema fondamentalista del governo sudanese”. Speranze? “Sono affidate ai mediatori di Stati Uniti, Gran Bretagna, Italia, Norvegia e Unione Europea: il loro aiuto è determinante per fermare questa guerra”. I tempi per la pace saranno più lunghi del previsto afferma mons. Mazzolari RUMBEK, 2 ott 03 - "L'ottimismo sul raggiungimento di un accordo di pace per il Sudan è fondato, ma i tempi saranno più lunghi del previsto e una firma non arriverà prima del prossimo anno. Ma è bene chiarire che dal momento della firma inizierà un cammino ancora più difficile". A parlare è mons. Cesare Mazzolari, comboniano, vescovo di Rumbek, nel Sudan meridionale, che ieri in un'intervista rilasciata alla agenzia Misna si è detto soddisfatto del buon esito verso cui sembrano ormai avviati i colloqui di pace organizzati dalla comunità internazionale per mettere termine al conflitto sudanese: una guerra che da oltre venti anni vede impegnati i ribelli dell'Esercito di liberazione popolare del Sudan (Spla) e il governo di Khartoum. "Il cammino verso la pace è ancora lungo - commenta mons. Mazzolari - c'è grande soddisfazione per l'accordo che le parti hanno raggiunto sulla sicurezza, ma restano ancora da chiarire definitivamente la divisione del controllo di tutte le aree petrolifere e dei relativi proventi". Non è questo, però, l'unico aspetto del processo di pace che sembra non convincere il vescovo di Rumbek e con lui tutta la Chiesa sudanese. "Secondo gli accordi presi finora dalle parti, - chiarisce il vescovo - il Sud Sudan si avvia a diventare una sorta di Stato militarizzato. La presenza fittissima, su vaste zone del territorio, di una imponente forza militare mista, migliaia di uomini dell'esercito sudanese ed altrettanti dei ribelli, rischia di non essere accettata dalla popolazione civile che è stanca di vedere combattenti dappertutto". 37 Una delegazione del Congresso nazionale del popolo visita il cardinale Gabriel Zubeir Wako KHARTUM, 4 nov 03 - Una delegazione del Congresso nazionale del popolo (Pnc), presieduta dall‟ex presidente del parlamento sudanese Hassan El Turabi, ha fatto visita al cardinale Gabriel Zubeir Wako, arcivescovo di Khartoum. La visita ha avuto luogo, sabato scorso, nell‟ufficio arcivescovile presso la cattedrale di San Matteo. La rappresentanza del partito islamista era composta da cristiani e musulmani, tra cui Sheik Abrahim Al-Sanossi, Abrahim Abd Haffis Dr. Bashir Adam Rahama, Mohamad Al-Amin Khalifa, Johannes Ngang and Musa Almaq Kur. Il leader dell‟opposizione islamica, scarcerato a ottobre dopo due anni di prigionia, si è congratulato con l‟arcivescovo per la sua nomina a cardinale e per il suo impegno a favorire il dialogo interreligioso nel Sudan, mettendo poi in risalto la necessità per i cristiani e i musulmani di lavorare incessantemente per la pace attraverso il dialogo e la coesistenza. Un concetto che El Turabi ha anche ribadito al termine dell‟incontro rispondendo affermativamente alla domanda del corrispondente di „Al Jazira Tv‟ che chiedeva se la Chiesa non potesse essere il miglior intermediario per il dialogo con i sudanesi del Sud. Il porporato, nella sua risposta, ha ricordato che il Sudan è rimasto indelebilmente impresso nella mente e nel cuore del Papa, Giovanni Paolo II, specialmente per la calorosa accoglienza ricevuta a Khartoum nel 1993. Ha poi spiegato quale sia il suo ruolo di cardinale nei riguardi del Sudan, dell‟Africa e della Chiesa Universale, facendo notare che la voce del Sudan può raggiungere tutti gli angoli del mondo, ma ha chiesto anche di pregare affinché Dio lo aiuti a capire quale ruolo specifico egli possa svolgere a favore del Paese e di tutta la chiesa.[ Congresso dei giovani cattolici della diocesi di Khartoum KHARTOUM, 25 nov 03 - Il Congresso dei giovani cattolici della diocesi di Khartoum è forse uno degli appuntamenti più importanti per la Chiesa sudanese. Non solo per la presenza di tantissimi giovani, religiosi e sacerdoti, provenienti dalle 29 parrocchie della diocesi (si calcola la partecipazione mezzo milione di persone), ma anche per il futuro di questo paese. Con questo Congresso si chiude un lungo periodo di riflessione per la Chiesa sudanese, i cui temi principali sono stati la diffusione dell‟AIDS e la moralità giovanile. Altri fenomeni negativi diffusi tra i giovani sudanesi in questi anni sono stati l‟alcolismo e il tribalismo. Molti di questi giovani vivono condizioni molto difficili: sono sfollati, sono costretti ad emigrare, manca il lavoro. Il Congresso si terrà nella Cattedrale di San Matteo, dove si celebrerà (il 23 novembre) una veglia notturna per la solennità di Cristo Re 38 La Chiesa nel Sudan ha intenzione di partecipare attivamente al processo di pace affermano i vescovi sudanesi in una lettera pastorale NAIROBI, 28 gen 04 - La Chiesa nel Sudan ha intenzione di partecipare attivamente al processo di pace in corso nel Paese africano, impegnandosi a essere voce della società civile e a collaborare alla ricostruzione della nazione. È il messaggio contenuto nella Lettera pastorale elaborata dalla Conferenza episcopale del Sudan in un recente incontro straordinario sulla pace tenutosi a Nairobi, la capitale del Kenya. Diffuso ieri da mons. Cesare Mazzolari, comboniano, vescovo di Rumbek nel Sudan meridionale, il documento ricorda l‟umanità martoriata dal ventennale conflitto tra governativi ed „Esercito di liberazione popolare del Sudan‟ (Spla) nel sud del Paese, e sottolinea come la comunità ecclesiastica in Sudan chieda di giocare un ruolo attivo nel dopoguerra sudanese. “Chiesa, Stato e tutte le persone di buona volontà - si legge nel testo - devono unirsi per porre fine alla illegalità, alla criminalità e all'anarchia se vogliamo che la pace perduri in Sudan”. Per garantire ordine e sicurezza, i presuli suggeriscono il “disarmo di tutto il personale non militare”, “misure di prevenzione del crimine”, comportamenti morali corretti da parte dell‟intera popolazione e eventuali concessione di amnistie esclusivamente “nel rispetto di coloro che hanno subito ingiustizie”. I vescovi riuniti a Nairobi sostengono inoltre che la Chiesa “intende partecipare con lo Stato alla formulazione, nello spirito e nella lettera, della nuova costituzione e al rinnovamento del sistema legale”. Restando determinata ad essere “voce del popolo”, la Chiesa sudanese intende anche “avere la possibilità di elaborare decisioni nell‟ambito delle strutture governative” insieme ad altri gruppi della società civile. In particolare i presuli si impegnano a collaborare con le autorità statali “nella riabilitazione di persone e servizi” e a fornire prestazioni in campo “educativo, sanitario e dell‟assistenza umanitaria complementare, soprattutto a sostegno dei più deboli ed emarginati”. Tra questi ci sono gli sfollati e i rifugiati, che i presuli invitano ad accogliere nel migliore dei modi, sollecitando la comunità internazionale a occuparsene in stretta collaborazione con il governo ad interim e con la Chiesa stessa. La Chiesa statunitense interviene per chiedere un urgente intervento della comunità internazionale nella martoriata regione del Darfur WASHINGTON, 6 mag 04 - Anche la Chiesa statunitense interviene per chiedere un urgente intervento della comunità internazionale nella martoriata regione del Darfur, nel Sudan occidentale, in modo da evitare il ripetersi di una “ennesima catastrofe umanitaria”. Nella 39 regione al confine con il Ciad, come è noto, è in atto una vera campagna di atrocità contro le popolazioni locali da parte di milizie arabe appoggiate dal governo di Khartum. Un nuovo “esempio di depravazione umana e di pulizia etnica”, denuncia in una dichiarazione Mons. John H. Ricard, presidente della Commissione per la politica internazionale della Conferenza episcopale degli Stati Uniti (Usccb) che esorta la comunità internazionale a garantire l‟incolumità e aiuti alle centinaia di migliaia di sfollati fuggiti dai combattimenti e il governo del Ciad, che ospita più di 100mila rifugiati sudanesi, ad attivarsi per mediare il conflitto. Un pressante appello per aiuti umanitari per il Darfur è stato lanciato anche dai Catholic Relief Services (Crs), la Caritas statunitense. Intanto, in Kenya procedono a rilento i difficili negoziati di pace tra il governo sudanese e gli indipendentisti dell‟Esercito di liberazione popolare del Sudan (Spla), in lotta dal 1983 per l‟autonomia dei territori meridionali. Negoziati sui quali cresce lo scetticismo, come ha riferito all‟agenzia Misna il vescovo ausiliare di Torit, Mons. Akio Johnson Mutek. La Caritas elvetica stanzia 100mila franchi svizzeri a favore del Darfur LUCERNA, 11 mag 04 - La Caritas elvetica ha stanziato 100mila franchi svizzeri a favore dei migliaia di rifugiati sudanesi che continuano a fuggire dai combattimenti nella martoriata regione del Darfur, nel Sudan occidentale. In un comunicato l‟organizzazione caritativa cattolica conferma che alle frontiere tra il Sudan e il Chad è in atto “una tragedia umanitaria di dimensioni enormi”. Nei soli tre campi gestiti dalla Caritas, il numero dei rifugiati è passato in pochi giorni da 18 a più di 30mila persone. Mancano acqua, viveri, mentre la situazione igienico-sanitaria è sempre più critica, con per giunta temperature superiori ai 40 gradi. La cifra stanziata dalla Caritas elvetica servirà innanzitutto all‟approvvigionamento di viveri che saranno distribuiti prioritariamente ai più eboli e vulnerabili: bambini e donne incinte. Sono inoltre previste misure di prevenzione come la vaccinazione dei rifugiati e del bestiame che hanno portato con sé, nonché la distribuzione di semenze e attrezzature agricole. Nei campi saranno infine allestite scuole per i bambini. Anche la Caritas si appella alla comunità internazionale per ulteriori aiuti di emergenza. “Un deciso passo avanti, ma su un terreno minato e pieno di insidie”. Così Mons. Cesare Mazzolari, vescovo della diocesi sudanese di Rumbek, definisce l’intesa raggiunta mercoledì in Kenya tra il governo di Khartoum e i secessionisti del Sud Sudan RUMBEK, 29 mag 04 - “Un deciso passo avanti, ma su un terreno minato e pieno di insidie”. Così Mons. Cesare Mazzolari, vescovo della 40 diocesi sudanese di Rumbek, definisce l‟intesa raggiunta mercoledì in Kenya tra il governo di Khartoum e i secessionisti del Sud Sudan. In un‟intervista all‟agenzia Misna, il presule comboniano non nasconde un certo scetticismo sull‟accordo che dovrebbe preludere alla pace definitiva di un conflitto iniziato nel 1983. Una pace che, a suo avviso, potrebbe “non risolvere le vere cause della guerra”. Il vescovo afferma di non capire “perché la comunità internazionale abbia fatto pressioni per far firmare in fretta e furia un accordo che, tra l‟altro, non risolve per niente la questione del Darfur” (la regione occidentale che, pur non coinvolta nel ventennale conflitto tra indipendentisti e governo islamico, da un anno è teatro di un sanguinoso scontro tra le truppe governative – appoggiate da milizie arabe – e due movimenti armati, che ha provocato una gravissima crisi umanitaria). Mons. Mazzolari ricorda che nelle zone meridionali del Paese sono attivi più di 96.000 combattenti dell‟Esercito di liberazione popolare del Sudan (Spla), che andrebbero disarmati. Egli si appella quindi alla comunità internazionale perché accompagni il processo di pace avviato con aiuti concreti: “Sarebbe un atto criminale – sottolinea - se dopo sollecitato questo accordo venissimo lasciati a noi stessi, scatenando appetiti di gruppi illegali. Aiutateci anche a costruire la mutua fiducia tra il Nord e il Sud del Sudan, che non si realizza con la firma di un documento”. Messaggio del card. Gabriel Zubeir Wako, arcivescovo di Khartoum sulla firma dell’accordo di pace tra governo e ribelli KHARTUM, 17 mag 04 - "Consapevole di quanto possano essere difficili gli ulteriori passi verso una vera pace, rivolgo questo appello a tutti voi, cristiani, e a tutto il popolo sudanese: abbiamo deciso di uscire dalla guerra in direzione della pace". Sono le parole contenute nel messaggio rivolto ai connazionali dal Cardinale Gabriel Zubeir Wako, arcivescovo di Khartoum, all‟indomani della firma dell‟accordo, firmato il 26 maggio scorso, tra il governo e i ribelli del Sud Sudan. Una firma, come è noto, definita „storica‟ da alcuni, ma da altri considerata solo interlocutoria in vista di un‟intesa globale. Nel testo, diffuso lunedì, l‟arcivescovo scrive che: "Ora ci aspettiamo che i protocolli di pace siano trasformati in un preciso accordo di pace". Il drammatico passato del Paese, teatro in questo ventennio di una sanguinosa guerra nel Sud, "sta di fronte a noi sulla via della riappacificazione, perché contiene memorie di sofferenza, di lutti, di preoccupazioni e anche testimonianze di crudeltà, oppressione e sofferenze ingiustamente inflitte". Dopo avere ricordato che "non tutti i sudanesi erano presenti alla firma dei protocolli di pace", dalla quale sono stati esclusi molti movimenti politici, la società civile e altri gruppi, il Cardinale Wako sottolinea che: "E‟ venuto il momento della pace. Non dobbiamo dimenticare la guerra, ma ricordare i danni che ha provocato a noi e al Paese ". Il conflitto, iniziato nel 1983, conclude, è stato "il simbolo di quanto irresponsabile e debole possa diventare 41 l‟essere umano. Ora dobbiamo dire: no alla guerra!". Progetto di una università cattolica in Sudan dedicata a San Daniele Comboni KHARTOUM, 13 lug 04 - Il progetto di una università cattolica in Sudan dedicata a San Daniele Comboni è sempre all'attenzione dell'arcivescovo di Khartoum, il cardinale Gabriel Zubeir Wako. Lo ha ribadito nei giorni scorsi incontrando un gruppo di religiosi e di laici ai quali ha voluto ricordare lo sforzo ormai ventennale che la Chiesa sta facendo in Sudan per istituirvi una università cattolica. Ma il progetto di tale istituzione fu già intuito da San Daniele Comboni due secoli fa. "Comboni - ha detto il cardinale Wako - voleva che le persone fossero devote e competenti, sia i religiosi che i laici, ed è questo quello che ci aspettiamo oggi dai laureati di una università cattolica: essere persone devote e competenti in grado di contribuire alla rigenerazione dell'Africa". Per la realizzazione di una università cattolica in Sudan i nodi sono molteplici, ha ricordato l'arcivescovo. Essi sono rappresentati dal reperimento dei fondi, da come preservare l'identità cattolica degli studi in un contesto culturale prevalentemente islamico, dalle garanzie di libertà da parte del regime islamico stesso. Ma questo progetto, ha ribadito il cardinale Wako "potrà essere realizzato se lo vogliamo e se Dio lo vuole. La nostra missione è quella di piantare un seme". “Alcuni passi in avanti sono stati fatti in questi anni”, afferma mons. Mazzolari, in riferimento all’accordo di pace tra il governo e i ribelli del Sud RUMBEK, 27 giu 05 - “Alcuni passi in avanti sono stati fatti in questi anni”, ha dichiarato mons. Mazzolari, in riferimento all‟accordo di pace tra il governo sudanese e i ribelli dell‟esercito di liberazione popolare del Sudan, siglato nel gennaio scorso a Nairobi. E a questo riguardo, mons. Mazzolari ha spiegato che il processo di ricostruzione necessita comunione e solidarietà. Le tensioni ancora presenti nell‟est del Paese, il dramma del Darfur e la carestia nel sud dimostrano che la sofferenza della popolazione civile non è affatto terminata. Riguardo poi alla nuova costituzione in fase di elaborazione nel Sudan meridionale, i leader cristiani hanno invocato il diritto di esprimere una propria valutazione, essendo il messaggio evangelico il vero antidoto contro ogni forma di violenza e di divisione. “Le Chiese cristiane hanno il compito di educare il popolo sudanese al bene comune”, ha detto mons. Mazzolari, “un bene calpestato per decenni dai fautori della guerra”. Ricorrenze importanti per la Chiesa in Sudan nel 2006 KARTHOUM, 3 feb 06 - Sul finire del mese scorso la Chiesa in Sudan 42 ha festeggiato due giubilei: il cinquantenario del Seminario Maggiore San Paolo e i 62 anni delle prime ordinazioni di sacerdoti autoctoni sudanesi dei tempi moderni. Le giornate celebrative hanno visto insieme tanti sacerdoti e vescovi di Karthoum, di Juba, di Wau, di El Obeid e di Malakal. Sacerdoti sono giunti anche da Rumbek e da Yei nel Nuovo Sudan. Nessun vescovo, purtroppo, né sacerdoti da Torit e da Tombura-Yambio, segno che la guerra lascia ancora i suoi segni.. Sono state giornate di comunione e di scambio di esperienze pastorali. Sacerdoti vissuti separati per anni hanno potuto incontrarsi nuovamente raccontando quello che hanno vissuto nei lunghi anni della guerra civile e rievocando il martirio di quattro loro confratelli: Saturnino Lohure, Arkangelo Ali, Barnaba Deng e Leopoldo Anywar. Ma la storia della Chiesa sudanese si gloria anche di altri nomi: il vescovo Gabriel Dwatuka, i sacerdoti Jerome Bidai, Silvestro Loharanya, Zacchary Bol, Anania Lodu, Costantino Pitiya, Nicholas Kiri, Davide Tombe, Romeo Todo, Hilary Boma, Lino Sabit, Marc Lotede, Raphael Riel, Benjamin Madol, Peter Ayom, Daniel Deng, Luciano Okuc e molti altri. In pratica non c'è prete sudanese od operante in Sudan che in un momento o nell'altro, in un modo o nell'altro, non abbia vissuto l'esperienza della persecuzione a motivo del Vangelo. La settimana passata insie e a gennaio è servita anche a vescovi e a sacerdoti per riflettere sulla nuova situazione in Sudan, dopo l'accordo di pace siglato il ) di gennaio dell'anno scorso. Il motto del recente giubileo sacerdotale è stato "Voi siete strumenti di pace e di riconciliazione". I cento e più sacerdoti, che hanno condiviso le giornate di gennaio, hanno anche riflettuto sul terribile flagello africano dell'Hiv/Aids. Un pensiero particolare è naturalmenteandato al luogo della loro preparazione, vale a dire il Seminario Maggiore San Paolo. Lo apersero, nel 1956, l'anno dell'indipendenza, a Tore River i missionari comboniani tutti italiani nella diocesi di Yei. I loro nomi: Renato Bresciani, Pietro Tiboni, Angelo Venturelli, Luigi Penzo, Vittorino Dellagiacoma, Fernando Sembiante e Pierino Ciccarese. Nel 1962 fu la volte del primo sacerdote autoctono, Peter Magalasi. Due guerre civili hanno costretto il seminario sudanese a spostarsi in continuazione da Kit a Lachor in Uganda, da Juba a Bussere e ancora a Yuba ed, infine, oggi a Karthoum. Da questo seminario sono usciti 400 sacerdoti. Dei primi insegnanti sopravvivono ancor oggi i padri Tiboni e Penzo. Visita del Cardinale Sepe in Sudan ROMA, 18 feb 06 - Il Prefetto della Congregazione per l‟Evangelizzazione dei Popoli, Card. Crescenzio Sepe, è partito ieri da Roma alla volta del Sudan. Dopo la visita pastorale di fine novembre in Vietnam, durante la quale il card. Sepe ha potuto visitare le tre regioni ecclesiastiche del Paese, incontrare Vescovi, sacerdoti, 43 religiosi, religiose e seminaristi, oltre a presiedere l‟inaugurazione della nuova diocesi di Ba Ria e lÆordinazione sacerdotale di 57 diaconi vietnamiti, ora il Prefetto del Dicastero Missionario si reca nel Sudan che si sta faticosamente incamminando verso la pacificazione. La convivenza in questa terra tra gruppi diversi per etnia, religione e cultura Þ sempre stata difficoltosa, e alcuni focolai di tensione sono ancora vivi, tuttavia non mancano segnali di fiducia e di speranza che vanno incoraggiati e sostenuti. È questo il motivo che spinge il Prefetto della Congregazione per l‟Evangelizzazione dei Popoli a visitare questa nazione martoriata, per incoraggiare la Chiesa ed i missionari nella loro opera di promozione umana e di annuncio del Vangelo. Ieri, intanto, la Fao ed il Pam (Programma Alimentare Mondiale) hanno dichiarato in un comunicato congiunto che in Sudan, nonostante le buone prospettive del raccolto nella stagione 2005-2006, cira 7 milioni di persone avranno bisogno di aiuti alimentari nel 2006. Inoltre, gli attacchi della Lord‟s Resistance Army nel sud e nel sud-est del paese continuano a rappresentare una minaccia costante a qualunque possibilità di ripresa della vita normale. In Sudan il Seminario maggiore torna dalla capitale Khartoum al Sud KHARTOUM, 10 mag 06 – In Sudan, il Seminario Maggiore San Paolo di Cober, lascerà la capitale Karthoum per ritornare a Juba, nell‟estremo sud del paese, dove il seminario venne fondato 50 anni fa. Perdurando la guerra civile dei musulmani contro i cattolici, nel 1991, l‟allora arcivescovo di Kharthoum Gabriel Zubeir Wako accolse i seminaristi maggiori di Juba. La notizia del loro ritorno a Juba è stata resa nota da mons. Daniel Marko Kur Adwok, Vescovo ausiliare di Khartoum, in una missiva indirizzata all‟Opera “Aiuto alla Chiesa che soffre” (ACS). L‟Opera, tra il 2000 e il 2005, ha sostenuto il Seminario Maggiore San Paolo di Cober con un donativo di circa 140 mila euro. Mons. Adwok nella missiva spiega che la decisione di trasferire il Seminario è la risposta al fatto che gli sfollati e i rifugiati stanno “tornando lentamente” alle loro case. “Ora – aggiunge il presule - si aspetta dai rispettivi Vescovi una risposta per inviare a Juba sacerdoti o religiosi che possano far fronte alle necessità spirituali dei seminaristi. Anche durante il difficile periodo della guerra – aggiunge il vescovo -, il Seminario è sempre stato una delle priorità dei Vescovi cattolici del Sudan. Ora, dopo la firma dell‟accordo di pace nel “Radio Bakhita” prima emittente cattolica del Sudan JUBA, 17 gen 07 - La Chiesa cattolica nel Sudan del Sud dispone della prima stazione radio. L‟emittente si chiama Radio Bakhita dal nome di Josephine Bakhita, la prima santa del Sudan. La sede di Radio 44 Bakhita si trova a Juba, la capitale della regione autonoma del sud Sudan. Le trasmissioni inizieranno regolarmente l‟8 di febbraio, nella festa proprio di Santa Bakhita. Per ora vengono coperte ogni giorno due ore di trasmissioni sulla frequenza di 91Mhz. Le prime, comunque, sono andate in onda a Natale. Sono stati trasmessi messaggi e celebrazioni liturgiche, come la Santa Messa di mezzanotte dalla cattedrale di Santa Teresa, in Kator, presieduta da Mons. Paulino Lukudo Loro, Arcivescovo di Juba. L‟arcivescovo ha accolto con entusiasmo l‟avvio delle emissioni di Radio Bakhita ed ha ringraziato i Comboniani per “il regalo di Natale alla Chiesa cattolica del sud Sudan”. L‟emittente è la “stazione madre” della rete radiofonica cattolica del Sudan. Il segnale copre un‟estensione di oltre 30 chilometri da Juba ed ha un pubblico potenziale di più di 500mila ascoltatori. La rete radiofonica cattolica del Sudan è un‟opera intrapresa congiuntamente dalle varie realtà Comboniane. La rete è stata fondata per celebrare la canonizzazione di Daniele Comboni ed è stata offerta alla Conferenza Episcopale del Sudan. Quando sarà terminata, la rete avrà otto stazioni radiofoniche, una in ogni diocesi nel Sudan del sud, più una sulle montagne Nuba. L'arcivescovo di Khartoum richiama al rispetto dei diritti umani KHARTOUM, 6feb07 - Il cardinale Gabriel Zubeir Wako, arcivescovo di Khartoum, ha richiamato il governo di unità nazionale perché promuova i diritti umani in Sudan. Parlando recentemente, durante una liturgia ecumenica per la pace, l'arcivescovo ha voluto ricordare che la serie di violazioni di diritti umani continua in più parti del Sudan anche dopo la firma dell'Accordo di pace. Il cardinale Wako si è soffermato in modo particolare sull'allontamento dalle proprie abitazioni di migliaia di persone nel Sudan settentrionale. "Qunado una persona si sposta dal proprio luogo - ha detto il porporato cominciano i problemi. E' quello che sta accadendo: una persona che non è più nel proprio luogo non ha cibo, non ha un ricovero, non ha una scuola, non ha il servizio sanitario. Si intravvedono problemi in lontananza, e questo potrebbe rappresentare l'inizio di una guerra. Ogni essere umano, invece, - ha aggiunto il porporato - ha il diritto a godere della solidarietà e ad essere curato da noi. Se noi non rispettiamo questo diritto, i problemi sorgeranno continuamente". Il cardinale Wako ha concluso con l'esortazione a cristiani e a musulmani di lavorare insieme per la pace e per la stabilità del Sudan. Le diocesi del Sud Sudan lanciano nuova pagina web NAIROBI, 4 apr ‟07 - Il Segretariato della Conferenza regionale dei vescovi cattolici del Sudan (Scbrc, in sigla) potenzia i suoi servizi di informazione telematica sulla vita della Chiesa in Sud Sudan lanciando 45 la nuova pagina web http://Scbrc.net. Il sito, in fase di perfezionamento, è stato realizzato con la generosa collaborazione degli Oblati di Maria Immacolata (OMI). La pagina si presenta con un elenco di voci cliccabili relative alla Chiesa nella regione: missione, composizione e organizzazione della Conferenza regionale, le diocesi associate, le varie commissioni episcopali (Giustizia e pace, comunicazioni sociali, educazione, pastorale e sviluppo), testi e links (tra cui quello con l‟Amecea, l‟Associazione delle Conferenze episcopali dell‟Africa Orientale). La nuova Web Page si aggiunge ad altri due siti aperti dal Segretariato: il blog http://scbrc-secretariate.blogspot.com, contenete testi di dichiarazioni, notizie su eventi ecclesiali e vari contributi dalle diocesi e il forum di discussione http://groups.google.com/group/scbrc dedicato ai problemi di questo travagliato Paese e in particolare del Sud. Istituito nel 1997, il Segretariato della Conferenza dei vescovi cattolici del Sudan è una delle due assemblee regionali in cui è stata suddivisa la Conferenza episcopale sudanese per venire incontro alle necessità dei fedeli delle due aree in cui il Paese è stato a lungo diviso a causa della guerra civile: il nord arabo-musulmano sotto il controllo di Khartoum e il sud a maggioranza cristiana e animista controllato dall‟Esercito di liberazione popolare del Sudan (Spla). Vi sono associate l‟arcidiocesi di Juba e le diocesi di Rumbek, Tambura-Yambio, Torit, Yei, Malakal, Wau e parte della diocesi el-Obeid. La Conferenza ha tuttora la propria sede principale a Nairobi in Kenya. Il suo attuale presidente è mons. Ercolano Ladu, vescovo di Yei. La gente del Sud Sudan vuole la pace, afferma l’arcivescovo di Giuba KHARTOUM, 26 nov 07 – In un‟intervista alla “Sudan Radio Service” l‟arcivescovo di Giuba mons. Paulino Lukudu Loro ha lanciato un forte appello alla pace “dono di Dio all‟umanità” ed al dialogo tra le fazioni politiche in nome delle genti del Sudan meridionale. Nel bagno di folla che ha accolto nei giorni scorsi l‟arrivo del Presidente del GOSS (Government of Southern Sudan, ndr) Salva Kiir, il presule legge la volontà popolare di continuare sulla rotta tracciata dal Naivasha Agreement, l‟accordo di pace che dal gennaio 2005 ha determinato l‟autonomia del Sud Sudan da Khartoum, fissando per il 2011 il referendum sulla secessione. L‟auspicio del vescovo è che anche il recente ritiro dalla coalizione che regge il governo federale da parte dell‟SPLM (il partito separatista del Sud il cui leader è lo stesso Kiir, ndr) sia da porre in relazione con la volontà di verificare i progressi compiuti dalla firma dell‟accordo. “Se così non fosse - afferma il presule - “si andrebbe incontro ad una recrudescenza della guerra civile, ma i popoli del Sudan non sarebbero disposti a seguirli.” L‟accordo del 2005 poneva fine a ventidue anni di guerra civile tra il 46 potere centrale di Khartoum, controllato dal National Congress Party, d‟ispirazione islamica e l‟SPLM o Sudan People‟s Liberation Army, braccio armato degli insorti del Sud, in prevalenza cristiani ed animisti. Sta prendendo forma in Sudan il progetto di una università cattolica dedicata a San Daniele Comboni KHARTOUM, 7 apr 08 - Si sta progressivamente concretizzando il progetto di una università cattolica in Sudan dedicata a San Daniele Comboni. Il progetto risale al 1992, quando per iniziativa di padre Camillo Ballin, ora vescovo e vicario apostolico del Kuwait, fu aperto il “Comboni Teachers' Training College” (CTTC), ma ha cominciato a prendere una forma più ufficiale nel 2001 con l‟approvazione da parte del Ministero sudanese dell'Educazione del Corso di laurea breve in Scienze Informatiche organizzato dal “Collegio Comboni di Scienze del Computer”, oggi “Collegio Comboni di Scienze e Tecnologia” (CCST). A questo corso si sono aggiunti due programmi di Tecnologie dell‟Informazione e di Contabilità e Gestione Aziendale approvati dal Ministero nel 2004. Nel novembre 2007 il Ministero ha dato un'approvazione provvisoria anche al CTTC a condizione che rientri sotto la tutela del CCST, come Corso di baccalaureato in Educazione e di Scienze Religiose (ERS). A finanziarlo sarà la diocesi di Khartoum mentre la responsabilità degli altri programmi sarà dei Missionari Comboniani. La costruzione degli edifici dell'ERS, sarà molto probabilmente avviata entro quest'anno. Inoltre, si sta studiando l‟ipotesi di un altro corso di diploma e il baccalaureato in Lingua Inglese. Il collegio potrà vedersi riconosciuto il titolo di istituto universitario solo dopo aver rilasciato la laurea di quattro anni per ognuno di questi cinque corsi di studio. Questo traguardo non è stato ancora raggiunto e tuttavia si può dire che l'Università Cattolica del Sudan è già una realtà anche se manca ancora l'approvazione del Ministero Sudanese dell'Educazione. Nuovi centri di trasmissione per il “Sudan Catholic Radio Network” JUBA, 30 set 08 – Sta crescendo a poco a poco il Sudan Catholic Radio Network (SCRN), ovvero l‟emittente radiofonica cattolica del Sudan, voluta dalla Conferenza episcopale locale e realizzata grazie all‟aiuto dei Missionari Comboniani. Dopo “Radio Bakhita”, che trasmette nella capitale, Juba, dal febbraio 2007, tre nuovi centri di trasmissione vedranno realizzati entro dicembre prossimo nelle zone di Torit, Yei e delle Montagne Nuba. Per il 2009, inoltre, è prevista l‟apertura di nuove stazioni radiofoniche a Yambio, Rumbek, Wau e Malakal. “Questo network – ha detto l‟arcivescovo di Juba, mons. Paolino Lukudu Loro, incontrando i coordinatori dell‟emittente – è uno strumento pastorale, un servizio, una missione per la cura pastorale 47 del popolo di Dio. Non è soltanto una radio”. Ribadendo, poi, che il SCRN rappresenta un contributo della Chiesa alla costruzione di un processo di pace nel Paese, mons. Lukudu Loro ha concluso: “Non lavoriamo per soldi o per ambizione: noi lavoriamo per compiere un servizio pastorale. È questa la nostra missione”. Il vescovo di Tombura-Yambio denuncia il genocidio in atto ad opera dell'Esercito della Resistenza del Signore (LRA) YAMBIO, 7 nov 08 - Nel Sud del Sudan continua il genocidio operato dai ribelli dell'Esercito della Resistenza del Signore (LRA). L'ennesima denuncia viene dal vescovo di Tombura-Yambio, mons. Eduardo Kussala, che ha denunciato come il capo dei ribelli, Joseph Koni, insieme ad alcuni ribelli, abita nel terrirorio della diocesi "sotto la protezione dell'Onu - specifica il vescovo - e con il governo del Sud Sudan che si è illuso di poter instaurare un dialogo con i ribelli concedendogli un rifugio. Ma loro - aggiunge il vescovo - continuano ad uccidere, a rapire e a saccheggiare". Mons. Kussala spiega come 500 bambini siano stati già rapiti dai ribelli, mentre è critica la situazione umanitaria di migliaiai di rifugiati senza cibo, senz'acqua, senza medicine e senza soccorsi. La Chiesa, il governo del Sudan occidentale, altri gruppi di cristiani stanno facendo del tutto per offrire un sollievo ai rifugiati, ma gli aiuti sono inadeguati. Appello della Caritas Internationalis per gli sfollati del Darfur KARTHOUM, 07 gen 09 – Per il nuovo anno appena iniziato, la Caritas Internationalis lancia un appello per raccogliere gli 11 milioni di dollari necessari ad aiutare gli sfollati del Darfur, che sfiorano la cifra di 250mila. “Attraverso il lavoro della Caritas nel Darfur – ha detto Lesley-Anne Knight, segretario generale della Caritas Internationalis – noi continuiamo a stare accanto e ad essere solidali con i poveri e gli sfollati, che stanno vivendo in uno stato costante di povertà e disperazione”. Per il 2009, i progetti dell‟organizzazione umanitaria riguardano la copertura dei bisogni basilari, inclusi l‟accesso all‟acqua potabile e alle strutture sanitarie, la tutela della salute e la riduzione della fame grazie al rifornimento di cibo per i soggetti più vulnerabili. La Caritas, inoltre, ha intenzione di fornire sementi e corsi di formazione alla popolazione, affinché sia in grado di coltivare autonomamente il cibo. Altro obiettivo è quello di migliorare il livello della formazione scolastica, creando delle classi permanenti in ogni scuola e donando ai bambini il materiale didattico necessario. La Chiesa in Sudan lancia un appello per la pace e la riconciliazione KHARTOUM, 10 mar 09 – L‟arresto del presidente Omar al-Bashir non porterà la pace in Sudan, Paese devastato dalla guerra e che ha 48 bisogno di una vera riconciliazione. Questa, in sintesi, la riflessione di mons. Rudolf Deng, presidente della Conferenza dei vescovi sudanesi, dopo che la Corte penale internazionale, il 4 marzo scorso, ha spiccato un mandato di cattura nei confronti di al-Bashir, ritenuto colpevole di crimini di guerra e crimini contro l‟umanità per il conflitto nel Darfur. “Per salvare il Sudan - ha aggiunto il presule - abbiamo bisogno di maggiore sincerità sia da parte dei politici che da parte dei ribelli, e di maggiore attenzione da parte della comunità internazionale”. Secondo i dati dell‟ONU, dal 2003 ad oggi, il conflitto in Darfur ha provocato circa 300mila vittime. Intanto, proprio oggi l'ambasciata americana a Khartoum ha autorizzato l'evacuazione volontaria del suo personale non indispensabile. La decisione è arrivata dopo l'espulsione di alcune ong, stabilita dal governo sudanese. L’impegno di ACS per i ragazzi sfollati KHARTOUM, 24 mar 09 – Un aiuto consistente destinato ai bambini ed ai ragazzi che vivono nei tanti campi profughi del Sudan settentrionale: lo ha annunciato la sezione britannica di “Aiuto alla Chiesa che soffre” (ACS), che ha stanziato 100mila euro per il progetto “Salvare il salvabile”, avviato a Khartoum. Si tratta, informa una nota, del maggiore investimento per il 2009 fissato dall‟opera caritativa. Al centro dell‟iniziativa, l‟educazione alla cristianità: il progetto, infatti, raggiungerà circa 200mila alunni delle 50 scuole intorno alla capitale sudanese, dove gli sfollati vivono spesso in capanne di fango, l‟acqua potabile scarseggia e le epidemie si diffondono rapidamente. “Salvare il salvabile – ha detto il direttore nazionale di ACS britannica, Neville Kyrke-Smith – è un progetto-chiave per sostenere lo sviluppo della cristianità nel cuore dell‟Africa”. “In un Paese lacerato dai conflitti e dalle divisioni etniche – ha aggiunto – la Chiese e le scuole cattoliche hanno un ruolo fondamentale nella costruzione della fede e della speranza. Sono vere e proprie ancore di salvezza”. A coordinare il progetto sarà il vescovo di Khartoum, mons. Daniel Adwok. Prosegue con grande successo il progetto della prima università cattolica nel Sud Sudan JUBA, 23 mar 09 - Prosegue con grande successo il progetto della prima università cattolica in Sudan. L‟istituto ha accolto nel settembre scorso i primi studenti in quello che deve essere il campus principale a Juba, nella capoluogo del sud del Paese, e si appresta ad incrementare la sua offerta formativa. L‟iniziativa risulta determinante per lo sviluppo del Paese se si considera la devastante cornice del tessuto sociale delle aree meridionali, dopo 25 anni di guerra. L'Università cattolica del Sudan si pone quindi come un elemento chiave dei progetti episcopali per aiutare la Nazione a riprendersi da decenni di violenza, carestia e sfollamenti di massa. Un comunicato dell'associazione caritativa Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) ricevuto 49 da Zenit fa il punto su questi primi mesi di attività e sui prossimi obiettivi dell‟ateneo africano. Padre Michael Schultheis, vice-cancelliere dell'Università, ha affermato che grazie alla raccolta fondi che si sta attuando, alla cooperazione con altre università del Sudan e al sostegno delle autorità regionali il progetto si sta sviluppando secondo i piani. Il sacerdote, un gesuita degli Stati Uniti che lavora da trent'anni nel settore dell'istruzione in Africa, ha affermato che “è raro che ci sia un momento ideale per avviare un progetto come questo – soprattutto in Sudan”, ma che l'intenzione “era quella intanto di iniziare”. “Siamo molto incoraggiati dal modo in cui le cose si sono sviluppate fin dai primi giorni – ha confessato –. Ciò che abbiamo riscontrato negli studenti è che c'è un grande desiderio di studiare e imparare”. Visto che il sud del Sudan ha uno de tassi di alfabetizzazione più bassi del mondo, al di sotto del 30%, padre Schultheis ha spiegato che per la maggior parte delle persone gli studi universitari sono molto impegnativi. A questo proposito, ha sottolineato l'importanza di un corso introduttivo (propedeutico), che in questo momento viene seguito dai 35 studenti che hanno iniziato i corsi a settembre. Il gesuita ha poi evidenziato che l'iniziativa sarebbe stata impossibile senza il sostegno iniziale di Aiuto alla Chiesa che Soffre, che ha donato 40 mila euro ed è stata una delle prime organizzazioni a finanziare il progetto. “Siamo tutti molto grati ad ACS per ciò che ha fatto – ha confessato padre Schultheis –. Per gli studenti è una splendida opportunità formarsi e studiare a un livello che fino a questo momento era loro precluso”. Il sacerdote ha anche sottolineato che finora c'erano solo tre università nel sud del Sudan e ha osservato che per i vescovi la priorità è aiutare le persone nella ricostruzione di infrastrutture e servizi. La Facoltà di Juba, ha aggiunto, prevede lauree in economia e Business Administration, informatica e studi religiosi e sociali. Gli organizzatori progettano di aprire un secondo campus nella città di Wau, sempre nel Sud del Paese. La struttura, prevista per agosto, sarà un centro per lo studio delle scienze agricole e ambientali. Nell'arco di un anno, si pensa inoltre di aprire una terza Facoltà di ingegneria civile e mineraria. Inizierà la sua attività a Wau, ma poi si trasferirà più a nord, a Kadugli o a Malakal. Le Chiese cristiane africane chiedono al governo di Khartum di non bloccare le operazioni umanitarie nel Darfur NAIROBI, 30 mar 09 - I vertici della Conferenza delle Chiese di tutta l‟Africa (CETA) hanno chiesto al governo sudanese di “consentire la prosecuzione delle operazioni umanitarie” nel Darfur, dopo la recente espulsione dal Paese di 13 ong internazionali. “Siamo profondamente preoccupati per le conseguenze dell‟espulsione di queste organizzazioni che hanno permesso di salvare vite umane in Sudan”, si legge in una dichiarazione del Comitato generale dell‟organismo, che riunisce più di 100 Chiese membri (per lo più protestanti e 50 anglicane) e 32 Consigli Chiese associate di 39 Paesi africani. Come si ricorderà, l‟espulsione delle 13 agenzie umanitarie è avvenuta dopo il mandato d'arresto emanato dalla Corte Penale Internazionale dell‟Aia (CPI) nei confronti del Presidente Omar Hassan el-Bashir accusato di crimini di guerra e contro l'umanità per i massacri nel Darfur. Il governo di Khartum le accusa di avere messo a repentaglio la sicurezza del Paese, riferendo informazioni false al TPI. Nella dichiarazione, ripresa dall‟agenzia ecumenica ENI, la CETA ricorda che il governo sudanese è responsabile “della protezione dei suoi cittadini, quali che siano le loro origini, religioni o affiliazioni politiche” ed invita “tutte le parti in conflitto nel Darfur ad astenersi dal ricorso a qualsiasi forma di violenza e a rispettare i diritti della persona e la dignità di tutti i cittadini del Sudan”. La decisione della Corte Internazionale ha suscitato qualche perplessità anche tra i vescovi cattolici sudanesi, preoccupati delle sue possibili ripercussioni negative sul delicato processo di pace iniziato nel 2005 con gli accordi siglati tra il governo di Khartum e i ribelli dello SPLA, dopo una guerra civile che per più di un ventennio ha insanguinato il Sud del Paese. Inaugurata la prima università cattolica del Sud Sudan JUBA, 16 apr 09 È stata inaugurata ieri la prima università cattolica del Sud Sudan: la “St. Mary's University” di Juba, capoluogo della regione. La cerimonia è avvenuta alla presenza del Ministro della previdenza sociale e degli Affari Religiosi, Maria Kiden Kimbo, del governo del Sudan meridionale. La St.Mary's University è la seconda università privata nella capitale del sud Sudan. Il Ministro Kimbo, ha lodato l'apertura dell'Ateneo che ha tra i suoi principali compiti quello di formare operatori sociali, una figura professionale estremamente importante in un Paese che ha circa 50mila persone disabili. Mons. Paulino Lukudu Loro, arcivescovo di Juba, - riporta l'agenzia Fides diventa automaticamente il vice rettore dell'Università degli Studi. L'arcivescovo ha ricordato che secondo i canoni della Chiesa, i sacerdoti dovrebbero ricevere un'educazione di livello universitario, perché devono servire i diversi popoli del mondo. Mons. Lukudu Loro ha ringraziato coloro che hanno finanziato l'Università e si è rallegrato per la costituzione del secondo istituto privato di istruzione superiore a Juba. Egli ha fatto appello ai donatori a non abbandonare l'arcidiocesi all'inizio dell'università, esortando i cittadini del sud Sudan a contribuire a far sì che la St.Mary's University diventi il migliore istituto del suo genere. Già dal 2 marzo, 14 studenti hanno iniziato a seguire i corsi di Scienze della riabilitazione. I corsi sono tenuti in collaborazione con l'associazione “La Nostra Famiglia”, l‟opera principale dell‟Istituto secolare “Piccole Apostole della Carità”, fondato dal beato don Luigi Monza. La Chiesa cattolica in Sudan, ha svolto un ruolo essenziale nella istruzione sia nel nord che nel sud del 51 Paese, educando anche diverse personalità politiche. Appello della Chiesa cattolica per la pace in Sudan JUBA, 02 giu 09 – In occasione della Solennità di Pentecoste, l‟arcivescovo di Juba, Paolino Lukudu Loro, ha redatto un messaggio in cui ha ricordato che, in nome del ruolo fondamentale assunto dalla Chiesa nella fase di stipulazione dei Comprehensive Peace Agreement (CPA), le istituzioni religiose devono continuare ad adoperarsi per la difesa della pace. Questo insieme di trattati, firmato nel 2005 a Nairobi da membri del Sudanese People‟s Liberation Movement (SPLA) ed esponenti della giunta militare di Khartoum, ha messo fine ad oltre venti anni di guerra civile. Nel suo messaggio, mons. Loro ha descritto i CPA come “un dono di Dio, una risposta alle preghiere dei fedeli per la giustizia, la pace, la prosperità, il rispetto dei diritti, e della dignità umana”. L‟arcivescovo ha poi lanciato un appello alle popolazioni del sud del Sudan affinché si uniscano nella difesa degli Accordi, ritenuti essenziali per la risoluzione dei conflitti che affliggono il Paese africano. Mons. Loro ha anche condannato pubblicamente i massacri tribali, gli scontri nei pressi del Nilo e del Bahr el Ghazal, le azioni compiute dai ribelli appartenenti alla Lord Resistency Army (LRA), i sequestri dei bambini, in aumento nella regione a est di Juba e che il presule definisce “disumani”, i numerosi traffici di armi e i movimenti di gruppi di uomini armati. Infine, l‟arcivescovo di Juba parla del recente conflitto tra le comunità di Bari e Mundari e lo bolla come un paradosso: “La coesistenza storica tra le due comunità non deve essere turbata. I due gruppi hanno condiviso per anni i confini, la lingua, i nomi dei clan e dei villaggi; hanno celebrato matrimoni interetnici; hanno vissuto sotto la medesima leadership; hanno combattuto insieme contro nemici esterni e hanno accettato le reciproche soluzioni politiche”. “Coloro che sono causa del conflitto – ribadisce con forza mons. Loro - devono arretrare immediatamente, in quanto nemici della pace”. Il presule poi conclude: “Questa guerra e tutte le azioni criminali hanno un impatto estremamente negativo anche sulle altre comunità e sul governo dello Stato sudanese del Central Equatoria, che ha perso credibilità e autorevolezza”. L’arcivescovo di Juba chiede al governo di far cessare le violenze inter-etniche JUBA, 8giu09. – In Sudan l‟arcivescovo di Juba, mons. Paolino Lukudu Loro, ha chiesto al governo di intervenire per sedare le violenze inter-etniche nel Nord della provincia. In quell‟area della regione semi-autonoma del Sud Sudan si stanno scontrando le comunità Bari e Mundari. Gli effetti di tale scontro sono soprattutto le razzie di bestiame necessario alla sopravvivenza delle comunità stesse. “Questa situazione – ha detto mons. Loro – ha causato numerosi morti, feriti e senzatetto, e deve cessare immediatamente”. Per l‟arcivescovo 52 di Juba, il governo sudanese è sulla strada di “perdere ogni credibilità” vista l‟anarchia che regna in tanti villaggi, dove si registrano violenze sulle donne, rapimenti di bambini, e diffusione di armi. Appello della Chiesa cattolica per la pace KHARTUM, 3 giu 09 - In occasione della Solennità di Pentecoste, l‟arcivescovo di Juba, Paolino Lukudu Loro, ha redatto un messaggio in cui ha ricordato che, in nome del ruolo fondamentale assunto dalla Chiesa nella fase di stipulazione dei Comprehensive Peace Agreement (CPA), le istituzioni religiose devono continuare ad adoperarsi per la difesa della pace. Questo insieme di trattati, firmato nel 2005 a Nairobi da membri del Sudanese People‟s Liberation Movement (SPLA) ed esponenti della giunta militare di Khartoum, ha messo fine ad oltre venti anni di guerra civile. Nel suo messaggio, mons. Loro ha descritto i CPA come “un dono di Dio, una risposta alle preghiere dei fedeli per la giustizia, la pace, la prosperità, il rispetto dei diritti, e della dignità umana”. L‟arcivescovo ha poi lanciato un appello alle popolazioni del sud del Sudan affinché si uniscano nella difesa degli Accordi, ritenuti essenziali per la risoluzione dei conflitti che affliggono il Paese africano. Mons. Loro ha anche condannato pubblicamente i massacri tribali, gli scontri nei pressi del Nilo e del Bahr el Ghazal, le azioni compiute dai ribelli appartenenti alla Lord Resistency Army (LRA), i sequestri dei bambini, in aumento nella regione a est di Juba e che il presule definisce “disumani”, i numerosi traffici di armi e i movimenti di gruppi di uomini armati. Infine, l‟arcivescovo di Juba parla del recente conflitto tra le comunità di Bari e Mundari e lo definisce un paradosso: “La coesistenza storica tra le due comunità non deve essere turbata. I due gruppi hanno condiviso per anni i confini, la lingua, i nomi dei clan e dei villaggi; hanno celebrato matrimoni interetnici; hanno vissuto sotto la medesima leadership; hanno combattuto insieme contro nemici esterni e hanno accettato le reciproche soluzioni politiche”. “Coloro che sono causa del conflitto – ribadisce con forza mons. Loro - devono arretrare immediatamente, in quanto nemici della pace”. Il presule poi conclude: “Questa guerra e tutte le azioni criminali hanno un impatto estremamente negativo anche sulle altre comunità e sul governo dello Stato sudanese del Central Equatoria, che ha perso credibilità e autorevolezza”. Mons. Mazzolari mette in guardia contro una setta scismatica RUMBECK, 30 lug 09 - I cattolici e altri cristiani del sud del Sudan sono stati messi in guardia da un vescovo cattolico sulla “Chiesa Riformata Cattolica”, una setta scismatica che ha iniziato le proprie attività in questa regione autonoma. Mons. Cesare Mazzolari, vescovo di Rumbek, in Kenya, ha scritto una lettera pastorale avvertendo i cristiani dei “falsi maestri e leader ecclesiali disorientatori” che agiscono nella regione. I leader della setta, afferma, hanno 53 abbandonato il celibato sacerdotale e l'obbedienza al Papa, come informa l'agenzia Zenit. “Vi sto mettendo in guardia chiaramente e con forza, cari cristiani, perché quanti si definiscono 'Chiesa Riformata Cattolica' non sono più membri accettabili della Chiesa cattolica, e dovreste smettere di seguirli”, scrive il vescovo. "I membri della nuova setta sono imitatori che replicano le preghiere, le letture e le cerimonie esterne delle celebrazioni cattoliche, così che la gente semplice pensa di assistere alla Messa o a servizi di preghiera cattolici", osserva mons. Mazzolari. Nei loro insegnamenti, tuttavia, i membri della setta criticano la dottrina della Chiesa cattolica come antiquata e denigrano i leader ecclesiali accusandoli di essere incapaci di comprendere il cambiamento dei tempi. “Questi cattolici riformati ricorreranno alla lotta del popolo come a qualcosa che la Chiesa cattolica tradizionale non è capace di affrontare o risolvere. Questa idea è totalmente falsa perché la Chiesa è stata molto vicina al popolo e ai suoi leader per ottenere la pace e la necessaria riconciliazione”, scrive il presule. Il vescovo conclude la sua lettera pastorale descrivendo i cattolici riformati come “il demonio che vaga ai nostri giorni cercando di sviare il popolo dalla fede”. Il Consiglio Mondiale delle Chiese sulla guerra in Darfur 3 set 09 Il conflitto nella martoriata regione sudanese del Darfur ha scatenato un‟incontenibile ondata di violenza e „un‟immensa crisi umanitaria”. E‟ quanto si afferma nella “Dichiarazione sulla crisi del Darfur nel contesto del Sudan” approvata martedì scorso dal comitato centrale del Consiglio Mondiale delle Chiese (Wcc). Nel documento, ripreso dall‟agenzia Zenit, si condannano “le atrocità di massa perpetrate contro civili innocenti” e si esorta il governo sudanese “ad assumere la piena responsabilità di difendere i suoi cittadini” senza discriminazioni. Si chiede anche di “permettere l‟assistenza umanitaria ininterrotta” per affrontare quella che viene definita “una sfida morale per la comunità internazionale”. Un particolare ringraziamento viene poi ribadito “per il ruolo significativo delle Chiese del Sudan nel promuovere il dialogo interreligioso e nel lavorare per la pace, la giustizia, la riconciliazione e il rispetto per la dignità e il benessere di tutti gli abitanti del Paese”. Nel testo si esorta inoltre il governo sudanese a rispettare le dichiarazioni e gli accordi che ha firmato. Tra questi il più importante è “l‟Accordo per la pace e l‟intesa” siglato con il Movimento di liberazione del popolo sudanese nel 2005. Secondo dati dell‟Onu, sono almeno 1200 i morti dall‟inizio dell‟anno ad oggi a causa delle violenze avvenute nel Sud Sudan. La situazione rischia di diventare ancora più critica con l‟avvicinarsi delle elezioni generali, previste ad aprile. “Se la violenza continuerà – sottolinea David Gressly, coordinatore nel sud della missione Onu in Sudan – sarà molto difficile organizzare il voto”. Ad aprile gli elettori saranno chiamati a scegliere il presidente e a rinnovare il Parlamento. Secondo 54 Gressly il governo del Sud Sudan, finora, ha fatto poco per disarmare le milizie armate. Le Nazioni Unite si trovano ora ad affrontare una corsa contro il tempo per rafforzare polizia ed esercito in vista delle elezioni. Per la Chiesa la guerra in Darfur non è ancora finita EL-OBEID, 4 set 09 “Non si può dire che la guerra nel Darfur sia finita. Le parti in conflitto stanno ancora cercando di giungere ad un accordo di cessate il fuoco”. Con queste parole, riferisce l'agenzia Fides, mons. Antonio Menegazzo, amministratore apostolico di El-Obeid, la diocesi sudanese in cui rientra il Darfur, ha replicato alle dichiarazioni del generale Martin Luther Agwai, comandante uscente della forza di pace mista Nazioni Unite-Unione Africana in Darfur (MINAUD), secondo il quale “la guerra in Darfur è virtualmente conclusa”. “Ad oggi continua Agwai - non direi che sia in corso una guerra. Dal punto di vista militare non c‟e‟ molto. Quello che abbiamo di fronte sono al più problemi di sicurezza: banditismo, persone che cercano di risolvere dispute per il controllo dell‟acqua e della terra, a livello locale”. A smentire quanto detto, i diversi operatori umanitari che operano nella regione occidentale del Sudan, i quali hanno sottolineato come la situazione umanitaria nel Darfur rimanga estremamente grave e risenta degli attacchi contro i convogli di aiuti inviati dalla comunità internazionale. Ad avvalorare le dichiarazioni sullo stato di prosecuzione bellica in questa zona del Sudan, sempre mons. Menegazzo ribadisce che “nonostante la situazione nella regione sia migliorata e attualmente non c‟è nessun combattimento in corso, la guerra potrebbe ricominciare in qualsiasi momento”. Non bisogna dimenticare che vi sono ancora 2 milioni e 700.000 abitanti del Darfur che vivono in campi per rifugiati. Sul piano politico, la ribellione locale è divisa in una ventina di gruppi e ha perso buona parte della sua capacità militare. In più le trattative di negoziato tra i 9 più importanti gruppi di guerriglia e il governo di Khartoum, risentono molto del mandato di arresto emesso dalla Corte Internazionale nei confronti del Presidente sudanese Omar Al Bashir, accusato per i crimini contro l‟umanità perpetrati nel Darfur. Tre giorni di digiuno e di preghiera per la pace nello Stato di Equatoria Occidentale YAMBIO, 07set09. – Migliaia di cattolici e di non-cattolici hanno partecipato ieri ad una lunga marcia penitenziale a piedi di 20 chilometri. La marcia si è svolta tra Tombura e Yambio, il capoluogo dello stato di Equatoria Occidentale. Con essa si è concluso un triduo di digiuno e di preghiere per ottenere la pace e la tranquillità in questo Stato del Sudan meridionale dove imperversano i guerriglieri e i terroristi ugandesi dell‟Esercito di Resistenza del Signore (LRA). Mons. Edward Hiiboro Kussala, il vescovo quarantacinquenne della diocesi di 55 Tombura-Yambio, ha riferito alle radio locali che l‟iniziativa è ben riuscita. “Le Chiese – ha detto mons. Kussala – hanno preso questa iniziativa perché la situazione rischia di diventare incontrollabile per gli attacchi dell‟LRA nell‟Ovest di Equatoria. Le popolazioni – ha aggiunto il vescovo – sono tristi e arrabbiate. Sono piene di paura e nessuno vuol rientrare a casa”. Mons. Kussala ha ricordato che è compito delle persone religiose di sostenere moralmente, di incoraggiare e rassicurare la popolazione invitandola “a rivolgersi a Dio e ad amarlo”. Suor Giovanna Calabria, superiora delle suore comboniane a Nzara, riferendosi alla marcia ha detto che è stata una esperienza molto commovente il vedere tutte quelle persone, con indosso panni vecchi e sporchi in segno di penitenza, chiedere il perdono e la pace. Alla marcia penitenziale ha preso parte anche il governatore di Equatoria Occidentale, Jemma Nunu Kumba, che si è impegnato a sollecitate maggiore attenzione del parlamento locale alle violenze in corso. Il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati denuncia tagli all’istruzione in Sud Sudan 9 set 09 - “Negli ultimi tre anni nel Sudan meridionale il governo ha ridotto il budget per l‟istruzione di oltre il 25%, passando da 134 milioni di dollari a 100 milioni. Questa scelta è particolarmente grave alla luce dei notevoli progressi nei tassi di iscrizione registrati in seguito agli accordi di pace del 2005”. E‟ quanto ha sottolineato il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati (Jrs) in un comunicato diffuso ieri, in occasione della Giornata internazionale per l‟alfabetizzazione. “La scelta – si legge nel documento ripreso dall‟Osservatore Romano – è particolarmente grave alla luce dei notevoli progressi nei tassi di iscrizione registrati in seguito agli accordi di pace del 2005”. Nel comunicato si afferma anche che “tagli così ingenti al budget per l‟istruzione con ogni probabilità impatteranno negativamente sulla qualità dei servizi educativi”. Padre Frido Pflueger, direttore del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati in Africa Orientale afferma che “l‟istruzione è la chiave dello sviluppo”. Si deve promuovere la dignità dell‟uomo, aiutando le persone a realizzare in pienezza le loro potenzialità, a migliorare la qualità della vita e a divenire cittadini politicamente maturi: “Il Sudan meridionale – spiega padre Pflueger – ha un forte bisogno di tutte queste qualità per avere un futuro stabile”. Nel comunicato si evidenzia anche il problema della formazione di insegnanti qualificati: “La loro scarsità pone un altro serio problema per il sistema educativo”. Nel Sudan meridionale, solo il 7% degli insegnanti di scuola primaria ha ricevuto un‟istruzione formale. Un altro 48% ha partecipato a programmi formativi mentre tutti gli altri docenti non hanno potuto ricevere un‟adeguata formazione. Attualmente in Sudan meridionale il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati sostiene 78 scuole primarie e 16 secondarie frequentate 56 da oltre 400 mila allievi. “Dio giudicherà tutti quelli che operano contro i diritti del loro popolo”. Appello delle Chiese cristiane alla piena attuazione degli accordi di pace del 2005 KHARTUM, 19 ott 09 - Le Chiese cristiane del Sudan hanno rivolto un pressante appello a tutte le autorità del Paese e alla comunità internazionale affinché venga assicurata la piena attuazione al Comprehensive Peace Agreement (CPA), l‟accordo di pace che dal gennaio 2005 ha determinato l‟autonomia del Sud Sudan da Khartoum, fissando per il 2011 il referendum sulla sua eventuale secessione. In una dichiarazione congiunta diffusa nei giorni scorsi, i leader cristiani rilevano come sin dalla loro firma a Nairobi, i protocolli del trattato siano stati o attuati solo parzialmente, o rimessi in discussione, con il risultato che un Sudan pacificato e unito è oggi percepito come una opzione meno interessante dai cristiani e dalle altre minoranze del Paese. La conseguenza di questo ritardo è che “la riconciliazione non viene pienamente perseguita” e la legislazione nel Nord Sudan è ancora basata sulla legge islamica. Anche i recenti scontri tribali verificatisi in diverse parti del sud – afferma la dichiarazione, firmata tra gli altri da mons. Paulino Lukudu Loro, arcivescovo di Khartum sono da attribuire a questo ritardo. Secondo i leader cristiani, inoltre, le violenze avrebbero potuto essere in larga parte evitate con un migliore dispiegamento delle forze di sicurezza. Essi chiamano quindi in causa le responsabilità del Governo autonomo del Sud Sudan (Goss) e i separatisti del Sudan People‟s Liberation Army (SPLA) che sottolineano - hanno il dovere di unire e proteggere tutti i cittadini nel sud, “quale che sia la loro etnia e ovunque siano esposti al pericolo di aggressioni”. “Dio – è il loro monito - giudicherà tutti quelli che operano contro i diritti del loro popolo”. Le Chiese cristiane, da parte loro, confermano il loro impegno per l‟unità e la pace e per l‟educazione dei cittadini sudanesi chiamati a votare nei prossimi due anni. Ogni contributo in questo senso da parte delle autorità, delle ong e delle istituzioni internazionali è benvenuto e auspicabile. Gli accordi pace di Nairobi del 2005 hanno posto fine a più di 20 anni di guerra civile tra il potere centrale di Khartoum, controllato dal National Congress Party, di ispirazione islamica, e il Sudan Peoples Liberation Army (SPLA), braccio armato degli insorti del Sud, in prevalenza cristiani ed animisti. Malgrado l‟accordo, il Sudan è tutt‟altro che pacificato, in particolare nella martoriata regione del Darfur dove – come è noto - un nuovo sanguinoso conflitto con il governo centrale sta mietendo centinaia di migliaia di vittime. Preoccupazione del vescovo di Rumbek per i prossimi appuntamenti elettorali RUMBECK, 9 nov 09 - Occorre intensificare gli sforzi per preparare la 57 popolazione e i leader del sud Sudan alle elezioni del 2010 e al referendum sull‟indipendenza del 2011. Lo afferma in una dichiarazione, citata dall‟agenzia CISA di Nairobi, mons. Cesare Mazzolari, vescovo di Rumbek, nel sud Sudan. In base all‟Accordo inclusivo di pace (Comprehensive Peace Accord Cpa), firmato a Nairobi nel 2005 dal governo di Khartoum e dai leader del Sudan People Liberation Moviment (SPLM, il gruppo che per 20 anni ha combattuto contro le autorità centrali sudanesi nel sud Sudan), nel sud Sudan si è insediata un‟amministrazione autonoma, con il compito di preparare le elezioni del 2010 e il referendum del 2011, con il quale la popolazione sud sudanese deciderà se restare unita al governo di Karthoum oppure dare vita ad uno Stato indipendente. Secondo Mons. Mazzolari “forze esterne” hanno avviato da tempo “l'indebolimento del libero processo elettorale e delle procedure democratiche nel Sudan meridionale”, aggiungendo che se la comunità internazionale non interviene immediatamente, sarà troppo tardi per la popolazione del Sud Sudan. Il vescovo di Rumbek si è detto fiducioso sulle capacità dei sudanesi di affrontare con coraggio gli ostacoli e le difficoltà apparentemente insormontabili. Mons. Mazzolari nota anche che dalla firma del Cpa vi è stato un aumento allarmante della criminalità e delle condizioni di povertà estrema, che ha portato all‟insicurezza dilagante, a disordini, e a forme di violenza brutale. Gli scontri che si susseguono tra le popolazioni del sud Sudan rischiano di degenerare in una guerra aperta, afferma mons. Mazzolari. La Chiesa in Sudan, secondo mons. Mazzolari deve insistere sul fatto che mediatori del Cpa e i Paesi del dell'Igad (Inter Governmental Authority on Development, che si sono fatti garanti delle intese), insieme alla comunità internazionale, devono esercitare tutta la loro influenza per controllare l‟applicazione dell‟accordo di pace. Mons. Mazzolari aggiunge che si deve esercitare uno sforzo globale da parte delle agenzie internazionali a livello politico e delle chiese a livello ecumenico, per creare la coscienza civica necessaria per far sì che le elezioni siano veramente libere e democratiche. Occorre educare la popolazione e ottenere garanzie di non interferenza dal governo di Khartoum nel processo elettorale con la presenza di osservatori esterni. Ancora molti ostacoli per il processo di pace in Darfur afferma il card. Wako KHARTUM, 27 nov 09 - Le trattative di pace continuano ad essere minate da incessanti violenze che minacciano l'Africa Subsahariana, in particolar modo in Sudan. Il cardinale Gabriel Zubeir Wako, arcivescovo di Khartoum, capitale del Paese, dichiara: “La Chiesa continuerà la sua opera di evangelizzazione e di testimonianza cristiana oltre che di promozione umana. Sul resto è difficile fare previsioni”. Per attuare l‟Accordo Comprensivo di Pace (Cpa), sottoscritto nel 2005 dal governo di Khartoum e dai movimenti 58 indipendentisti delle regioni meridionali, entro il 2010 dovrebbero svolgersi le elezioni politiche e quelle presidenziali, mentre nel 2011 dovrebbe tenersi il referendum per chiedere alle popolazioni del sud del Sudan di rimanere parte di uno Stato unitario o di creare uno Stato indipendente. Questi piani d‟azione sono però compromessi dall‟intensificarsi delle violenze in questo Paese africano, ha sottolineato il porporato in un colloquio con un inviato dell‟agenzia Fides. Solo negli ultimi giorni – come riportato dall‟Osservatore Romano – oltre cinquanta persone sono state uccise e circa venti ferite in scontri armati. Il porporato aggiunge “i sudanesi non vogliono una nuova guerra civile tra nord e sud, perché conoscono bene gli orrori della guerra che si è conclusa da poco. Spero solo che non intervengano interessi esterni, legati al petrolio che attizzino nuove tensioni che possono sfociare in un nuovo conflitto”. Per quanto riguarda la questione del Darfur, la regione occidentale del Sudan dal 2003 teatro di scontri tra esercito, milizie filo-governative e diversi gruppi di guerriglia, il cardinale Zubeir Wako sottolinea: “La comunità internazionale è presente nella regione con una forza di pace mista Onu-Unione africana ma non mi sembra che questa faccia molto per proteggere effettivamente la popolazione locale”. Dall‟inizio del 2008 in Darfur è in corso una nuova ondata di combattimenti tra esercito e ribelli, in particolare nella parte occidentale della regione, dove oltre 50mila persone sono rimaste sfollate e altre 10mila si sono rifugiate in Ciad, in seguito ad un'offensiva dell'esercito. Nel complesso, la situazione si presenta in costante deterioramento ormai dalla seconda metà del 2006, dando luogo a una crisi umanitaria che, solo nel corso del 2007, ha provocato oltre 300mila sfollati. Inoltre, il conflitto assume sempre più un carattere regionale, con scontri, violenze e flussi di profughi che continuano a riversarsi in Ciad orientale e nella Repubblica Centrafricana. Circa i forti investimenti fatti negli ultimi anni in Africa da potenze estere per l‟affitto di enormi terreni dove produrre derrate alimentari per soddisfare le proprie popolazioni, l‟arcivescovo di Khartoum ritiene che “questo dimostra che la fame nel mondo si può vincere con forti investimenti”, tuttavia “i contadini locali vengono espulsi dalle loro terre e vanno ad ingrossare i quartieri più poveri delle città, si tratta dunque di un processo molto pericoloso per la stabilità di diversi Paesi africani”. Al termine della loro plenaria 2009 i vescovi sudanesi richiamano l’attenzione su ritardi e inadempienze negli accordi di pace in vista delle cruciali elezioni programmate nei prossimi due anni TORIT, 18 dic 09 - Richiama l‟attenzione su ritardi e inadempienze negli accordi di pace in vista delle cruciali elezioni programmate nei prossimi due anni il documento pubblicato dai vescovi del Sudan a conclusione della loro Assemblea plenaria svolta a Torit, nel Sud del 59 Paese. Nella dichiarazione intitolata “Per una pace equa e duratura”, a preoccupare i presuli sono soprattutto le lentezze registrate per l‟applicazione di alcuni punti chiave del „Comprehensive Peace Agreement‟ (Cpa), l‟intesa firmata nel 2005 per porre fine a un ventennale conflitto tra il governo di Khartoum e gli indipendentisti del Sud. I vescovi - riferisce l'agenzia Misna - citano in particolare la demarcazione dei confini, l‟abrogazione di leggi repressive, la risoluzione del conflitto in Darfur e della crisi nella zona di Abyei, i ritardi nella promulgazione di una legge referendaria, necessaria per organizzare il voto popolare del 2011 sull‟autodeterminazione del Sud. “Il fallimento delle prossime elezioni sarebbe inaccettabile per i sudanesi e una minaccia per la pace e la stabilità”, scrivono i 14 vescovi riferendosi alle elezioni generali dell‟aprile prossimo, deplorando che non tutti gli aventi diritto si siano potuti iscrivere sui registri elettorali e pertanto non potranno esercitare il diritto di voto. I vescovi chiedono al governo di unità nazionale di accelerare l‟attuazione degli accordi e al governo del Sud Sudan di rispettare maggiormente le regole del buon governo, ostacolate da corruzione, tribalismo, nepotismo e ozio. Ad allarmare i vescovi è anche la situazione dei profughi di guerra, per i quali l‟assistenza umanitaria non è stata sufficiente e manca ancora un vero programma di rimpatrio e reinserimento. Una situazione aggravata – sottolinea la Conferenza episcopale – dalla siccità e da una nuova fonte d‟insicurezza causata dagli attacchi contro civili perpetrati nel corso dell‟anno dai ribelli del gruppo ugandese „Esercito di Resistenza del Signore‟ (Lra). A tale proposito, i firmatari del documento auspicano una ripresa dei colloqui di pace tra il governo di Kampala e i capi della ribellione. “Abbracciare sentimenti di pace per favorire la riconciliazione”: l’appello del vescovo Rudolph Deng Majak della diocesi di Wau WAU, 7 gen 10 - “Abbracciare sentimenti di pace per favorire la riconciliazione”: è l‟appello che il vescovo Rudolph Deng Majak della diocesi di Wau, nello stato meridionale di Bahr al Ghazal, ha rivolto ai fedeli durante la messa celebrata domenica scorsa. “Dobbiamo andare incontro al 2010 come una nazione pacificata” ha detto il presule, lodando il presidente Omar Hassan al Beshir e il vice-presidente Salva Kiir Mayardit per “aver raggiunto un consenso sui referendum di Abiey e per l‟autodeterminazione del Sud Sudan”. Alla presenza del governatore locale, Mark Nyipuoc, il presule ha invitato i politici sudanesi “a porre il Paese nella mani di Dio” e a impegnarsi perché la pace lo assista “per tutto il nuovo anno e oltre”. Anche gli esponenti dei diversi partiti politici - riferisce l'agenzia Misna - dovrebbero approfittare delle celebrazioni religiose per favorire la riconciliazione – ha sottolineato il vescovo – precisando che “nonostante i diversi punti 60 di vista, costituiamo una nazione unica che deve impegnarsi a camminare unita”. Nei giorni scorsi, in occasione del 54° anniversario dell‟indipendenza, il presidente Bashir aveva espresso la speranza che i cittadini sud-sudanesi, chiamati a votare nel gennaio 2011 per l‟autodeterminazione, scegliessero di “preservare l‟unità del Paese”. Il presidente aveva sottolineato inoltre che il governo di Khartoum considera “una priorità” la pacificazione e stabilizzazione della regione del Darfur, teatro dal 2003 di un aspro conflitto e di una grave crisi umanitaria. “Il 2010 ed il 2011 sono anni decisivi per la storia del Sudan”, dice alla Fides il Nunzio apostolico Leo Boocardi “Il 2010 ed il 2011 sono anni decisivi per la storia del Sudan. Sono convinto che vi siano concrete speranze di pace, perché negli ultimi mesi si sono prodotti sviluppi positivi sia nel Sud Sudan sia nel Darfur”. Sono le parole pronunciate da mons. Leo Boccardi, nunzio apostolico in Sudan ed Eritrea, all‟agenzia Fides. “Non nascondo che vi siano ancora delle difficoltà da superare, le condizioni di insicurezza in diverse aree del Paese, la corruzione, i conflitti tribali – ha aggiunto il presule – ma penso che se il Comprehensive Peace Agreement (CPA) verrà applicato nella sua interezza, il Sudan ritroverà la pace”. Il CPA, firmato a Nairobi nel 2005, prevede lo svolgimento, nel prossimo mese di aprile, di votazioni per l‟elezione del Presidente, del Parlamento e dei governatori del Paese. Lo stesso avverrà per il Sud Sudan che, in base al CPA, dispone di un‟ampia autonomia e nel 2011 potrà decidere, con un referendum, sulla sua indipendenza. Secondo mons. Boccardo, anche la situazione in Darfur è in via di miglioramento. La fase del conflitto armato sembra ormai superata ed il confronto si è spostato sul piano politico. “Certo – ha precisato il nunzio – permane ancora un certo grado di insicurezza, ma questo deriva non tanto dalle azioni militari, ma soprattutto dalla presenza di banditi”. Nonostante le numerose difficoltà, inoltre, pure la Chiesa in Sud Sudan continua a progredire. Il presule ha dichiarato che nella città di Juba, capoluogo della regione, “è stata creata un‟università cattolica, è stato riaperto il seminario maggiore” e sta per ritornare il Segretariato cattolico. La comunità cattolica è in fermento “ed in particolare i giovani, che sono desiderosi di partecipare alla vita della Chiesa”. La comunità cattolica del Sudan, ha concluso mons. Boccardi, “intende continuare la propria opera di evangelizzazione e di promozione umana, con le proprie forze e con l‟aiuto della Chiesa universale”. Continua a crescere il “Sudan Catholic Radio Network” (SCRN). Il 24 gennaio inaugurate le trasmissioni della “Good News FM” della diocesi di Rumbeck RUMBECK, 27 gen 10 - Continua a crescere il “Sudan Catholic Radio 61 Network” (SCRN), la rete radiofonica cattolica del Sudan realizzata dai Missionari Comboniani con il sostegno della Conferenza episcopale locale. Questa domenica – riferisce l‟agenzia CISA - ha iniziato le trasmissioni la “Good News FM”, nuova radio comunitaria in modulazione di frequenza della diocesi di Rumbek. All‟inaugurazione delle trasmissioni il vescovo Cesare Mazzolari, insieme al direttore padre Don Bosco Ochieng, si è congratulato con tutte le persone che hanno reso possibile la realizzazione del progetto, sottolineando che con i suoi programmi la nuova emittente cercherà di ricordare agli ascoltatori “la costante presenza di Dio nella nostra vita”. “Con la sua voce - ha detto il presule – „Good News FM‟ ci chiamerà a fare saggiamente in modo che tutto quello che accade ogni giorno abbia un impatto significativo e costruttivo sulle nostre vite e sul nostro mondo.” La nuova radio cattolica - ha aggiunto - dovrà toccare la vita della gente. Con “Good News FM” sale così a sei il numero delle stazioni radiofoniche cattoliche realizzate in Sud Sudan. La prima ad essere inaugurata è stata “Radio Bakhita”, emittente dell‟arcidiocesi di Juba, capitale del Sud Sudan. Il “Sudan Catholic Radio Network” è un‟iniziativa intrapresa congiuntamente dalle varie realtà Comboniane nel Paese per celebrare la canonizzazione di Daniele Comboni. Il progetto prevede in tutto otto stazioni radiofoniche, una in ogni diocesi nel Sud Sudan, più una sulle montagne Nuba. “Abbracciare sentimenti di pace per favorire la riconciliazione”: l‟appello del vescovo Rudolph Deng Majak della diocesi di Wau 7 gen 10 - “Abbracciare sentimenti di pace per favorire la riconciliazione”: è l‟appello che il vescovo Rudolph Deng Majak della diocesi di Wau, nello stato meridionale di Bahr al Ghazal, ha rivolto ai fedeli durante la messa celebrata domenica scorsa. “Dobbiamo andare incontro al 2010 come una nazione pacificata” ha detto il presule, lodando il presidente Omar Hassan al Beshir e il vice-presidente Salva Kiir Mayardit per “aver raggiunto un consenso sui referendum di Abiey e per l‟autodeterminazione del Sud Sudan”. Alla presenza del governatore locale, Mark Nyipuoc, il presule ha invitato i politici sudanesi “a porre il Paese nella mani di Dio” e a impegnarsi perché la pace lo assista “per tutto il nuovo anno e oltre”. Anche gli esponenti dei diversi partiti politici - riferisce l'agenzia Misna - dovrebbero approfittare delle celebrazioni religiose per favorire la riconciliazione – ha sottolineato il vescovo – precisando che “nonostante i diversi punti di vista, costituiamo una nazione unica che deve impegnarsi a camminare unita”. Nei giorni scorsi, in occasione del 54° anniversario dell‟indipendenza, il presidente Bashir aveva espresso la speranza che i cittadini sud-sudanesi, chiamati a votare nel gennaio 2011 per l‟autodeterminazione, scegliessero di “preservare l‟unità del Paese”. Il presidente aveva sottolineato inoltre che il governo di Khartoum 62 considera “una priorità” la pacificazione e stabilizzazione della regione del Darfur, teatro dal 2003 di un aspro conflitto e di una grave crisi umanitaria. (R.P.) “Il 2010 ed il 2011 sono anni decisivi per la storia del Sudan, dice alla Fides il Nunzio apostolico Leo Boccardi 22 feb10 - “Il 2010 ed il 2011 sono anni decisivi per la storia del Sudan. Sono convinto che vi siano concrete speranze di pace, perché negli ultimi mesi si sono prodotti sviluppi positivi sia nel Sud Sudan sia nel Darfur”. Sono le parole pronunciate da mons. Leo Boccardi, nunzio apostolico in Sudan ed Eritrea, all‟agenzia Fides. “Non nascondo che vi siano ancora delle difficoltà da superare, le condizioni di insicurezza in diverse aree del Paese, la corruzione, i conflitti tribali – ha aggiunto il presule – ma penso che se il Comprehensive Peace Agreement (CPA) verrà applicato nella sua interezza, il Sudan ritroverà la pace”. Il CPA, firmato a Nairobi nel 2005, prevede lo svolgimento, nel prossimo mese di aprile, di votazioni per l‟elezione del Presidente, del Parlamento e dei governatori del Paese. Lo stesso avverrà per il Sud Sudan che, in base al CPA, dispone di un‟ampia autonomia e nel 2011 potrà decidere, con un referendum, sulla sua indipendenza. Secondo mons. Boccardo, anche la situazione in Darfur è in via di miglioramento. La fase del conflitto armato sembra ormai superata ed il confronto si è spostato sul piano politico. “Certo – ha precisato il nunzio – permane ancora un certo grado di insicurezza, ma questo deriva non tanto dalle azioni militari, ma soprattutto dalla presenza di banditi”. Nonostante le numerose difficoltà, inoltre, pure la Chiesa in Sud Sudan continua a progredire. Il presule ha dichiarato che nella città di Juba, capoluogo della regione, “è stata creata un‟università cattolica, è stato riaperto il seminario maggiore” e sta per ritornare il Segretariato cattolico. La comunità cattolica è in fermento “ed in particolare i giovani, che sono desiderosi di partecipare alla vita della Chiesa”. La comunità cattolica del Sudan, ha concluso mons. Boccardi, “intende continuare la propria opera di evangelizzazione e di promozione umana, con le proprie forze e con l‟aiuto della Chiesa universale”. “Abbracciare sentimenti di pace per favorire la riconciliazione”: l’appello del vescovo Rudolph Deng Majak della diocesi di Wau 7 gen 10 - “Abbracciare sentimenti di pace per favorire la riconciliazione”: è l‟appello che il vescovo Rudolph Deng Majak della diocesi di Wau, nello stato meridionale di Bahr al Ghazal, ha rivolto ai fedeli durante la messa celebrata domenica scorsa. “Dobbiamo andare incontro al 2010 come una nazione pacificata” ha detto il presule, lodando il presidente Omar Hassan al Beshir e il vice-presidente Salva Kiir Mayardit per “aver raggiunto un consenso sui referendum di Abiey 63 e per l‟autodeterminazione del Sud Sudan”. Alla presenza del governatore locale, Mark Nyipuoc, il presule ha invitato i politici sudanesi “a porre il Paese nella mani di Dio” e a impegnarsi perché la pace lo assista “per tutto il nuovo anno e oltre”. Anche gli esponenti dei diversi partiti politici - riferisce l'agenzia Misna - dovrebbero approfittare delle celebrazioni religiose per favorire la riconciliazione – ha sottolineato il vescovo – precisando che “nonostante i diversi punti di vista, costituiamo una nazione unica che deve impegnarsi a camminare unita”. Nei giorni scorsi, in occasione del 54° anniversario dell‟indipendenza, il presidente Bashir aveva espresso la speranza che i cittadini sud-sudanesi, chiamati a votare nel gennaio 2011 per l‟autodeterminazione, scegliessero di “preservare l‟unità del Paese”. Il presidente aveva sottolineato inoltre che il governo di Khartoum considera “una priorità” la pacificazione e stabilizzazione della regione del Darfur, teatro dal 2003 di un aspro conflitto e di una grave crisi umanitaria. (R.P.) “Il 2010 ed il 2011 sono anni decisivi per la storia del Sudan, dice alla Fides il Nunzio apostolico Leo Boocardi 22feb10 - “Il 2010 ed il 2011 sono anni decisivi per la storia del Sudan. Sono convinto che vi siano concrete speranze di pace, perché negli ultimi mesi si sono prodotti sviluppi positivi sia nel Sud Sudan sia nel Darfur”. Sono le parole pronunciate da mons. Leo Boccardi, nunzio apostolico in Sudan ed Eritrea, all‟agenzia Fides. “Non nascondo che vi siano ancora delle difficoltà da superare, le condizioni di insicurezza in diverse aree del Paese, la corruzione, i conflitti tribali – ha aggiunto il presule – ma penso che se il Comprehensive Peace Agreement (CPA) verrà applicato nella sua interezza, il Sudan ritroverà la pace”. Il CPA, firmato a Nairobi nel 2005, prevede lo svolgimento, nel prossimo mese di aprile, di votazioni per l‟elezione del Presidente, del Parlamento e dei governatori del Paese. Lo stesso avverrà per il Sud Sudan che, in base al CPA, dispone di un‟ampia autonomia e nel 2011 potrà decidere, con un referendum, sulla sua indipendenza. Secondo mons. Boccardo, anche la situazione in Darfur è in via di miglioramento. La fase del conflitto armato sembra ormai superata ed il confronto si è spostato sul piano politico. “Certo – ha precisato il nunzio – permane ancora un certo grado di insicurezza, ma questo deriva non tanto dalle azioni militari, ma soprattutto dalla presenza di banditi”. Nonostante le numerose difficoltà, inoltre, pure la Chiesa in Sud Sudan continua a progredire. Il presule ha dichiarato che nella città di Juba, capoluogo della regione, “è stata creata un‟università cattolica, è stato riaperto il seminario maggiore” e sta per ritornare il Segretariato cattolico. La comunità cattolica è in fermento “ed in particolare i giovani, che sono desiderosi di partecipare alla vita della Chiesa”. La comunità cattolica del Sudan, ha concluso mons. Boccardi, 64 “intende continuare la propria opera di evangelizzazione e di promozione umana, con le proprie forze e con l‟aiuto della Chiesa universale”. Le elezioni dell'11 aprile potrebbero segnare una svolta per il Paese, afferma l'arcivescovo di Juba in una lettera pastorale JUBA, 26 feb 10 - L‟arcivescovo sudanese di Juba, mons. Paolino Lukudu Loro, esorta i fedeli ad informarsi bene sui candidati prima recarsi il prossimo 11 aprile alle urne per le prime elezioni multipartitiche dopo 24 anni in Sudan e a cogliere l‟occasione della prossima Pasqua per pentirsi di tutto il male fatto negli anni passati, soprattutto nel Sud del Paese. In una lettera pastorale ripresa dall‟agenzia CNS e intitolata "L‟autentica voce del popolo è la voce di Dio”, il presule sottolinea che il voto potrebbe segnare un nuovo inizio per il Sudan dopo anni di guerre. "La Chiesa – scrive - ha il dovere morale di orientare questo importante processo”. Quindi l‟invito al pentimento: “Dio ci chiama a pentirci dei numerosi peccati che abbiamo commesso contro di Lui e noi stessi, in particolare nel Sud Sudan: tribù contro tribù, uccisioni, rapimenti, rapine, corruzione. Dobbiamo espiare questi peccati con preghiere e buone azioni." Osservando che per il 60 per cento della popolazione del Sud Sudan, dove gli elettori saranno chiamati a scegliere il nuovo presidente e le autorità locali, Mons. Loro invita i cittadini a partecipare numerosi al voto: “Il vostro voto è la vostra voce e la vostra scelta”, ma anche “il vostro contributo al bene comune del popolo di questo Paese". L‟arcivescovo esorta inoltre gli elettori a non accettare denaro dai candidati e questi ultimi “a evitare manipolazioni, inganni che possano fuorviare e ingannare i votanti”, come anche un linguaggio “violento” nella campagna elettorale. "Voglio sottolineare – scrive ancora il presule - l'importanza delle virtù dell‟onestà e dell‟integrità morale nel processo politico”. Mons. Loro sottolinea quindi che andrà a tutto vantaggio del Paese se gli elettori sceglieranno candidati che si sono impegnati ad attuare "alla lettera" l‟accordo di pace globale del 2005: "Ci sono voluti più di due decenni per raggiungere la pace. Votare per le persone sbagliate, soprattutto in questo momento cruciale per storia del nostro Paese, equivale vanificare il prezzo pagato per la pace", sottolinea l‟arcivescovo. 65 Giovanni Paolo II e il Sudan Giovanni Paolo II ha visitato la capitale del Sudan il 2 febbraio 1993 in occasione del suo 57° viaggio internazionale in Benin, Uganda Khartoum (3-10 febbraio 1993). APPELLO DI GIOVANNI PAOLO II ALLA CERIMONIA DI BENVENUTO Aeroporto internazionale di Khartoum, 10 febbraio 1993 (…) Prego e spero per la giustizia e la pace per tutti i cittadini di questa terra, senza eccezioni Ho baciato il suolo del Sudan con profondi sentimenti di pace e di benevolenza. Rendo grazie a Dio Onnipotente che ha condotto i miei passi di pellegrino a questa terra, e mi offre l‟opportunità di parlare a favore della comprensione, dell‟armonia e della pace tra credenti che, pur seguendo tradizioni diverse, ciò nondimeno onorano Dio nei loro cuori e si sforzano di compiere la sua volontà in ogni cosa. Nel salutare tutti voi che siete qui convenuti per accogliermi, rivolgo a voi questo ardente appello: ascoltiamo la voce dei nostri fratelli e sorelle, specialmente di quelli oppressi dalla povertà, dalla fame e dalla violenza, mentre gridano la loro sete di giustizia e di pace, per una nuova era di dialogo e di concordia. Desideravo intensamente venire qui in Sudan, e sono quindi grato alle autorità civili per aver reso possibile questa visita. Sono grato anche ai Vescovi cattolici per il loro invito a condividere, anche se per poco tempo, la vita di questa comunità cattolica. Come Successore dell‟Apostolo Pietro, che Gesù Cristo ha posto a capo della sua Chiesa, ho il dovere vincolante di incoraggiare e rafforzare la fede dei miei fratelli e sorelle, dovunque essi si trovino, e specialmente quando la fede richiede grande coraggio e fedeltà. Quando la gente è debole, povera e indifesa, devo levare la mia voce in loro favore. Quando sono privi di un tetto e soffrono le conseguenze di siccità, carestia, epidemia e devastazioni belliche, devo essere vicino a loro e appellarmi a nome loro a coloro che possono offrire aiuto, e soprattutto a coloro che possono portare avanti la causa della giustizia e della pace. Giustizia e pace: queste sono le condizioni di vita a cui 66 aspira l‟intera umanità. Esse sono la necessaria premessa per lo sviluppo e il progresso. Prego e spero per la giustizia e la pace per tutti i cittadini di questa terra, senza eccezioni, indipendentemente dalla loro religione, condizione sociale, estrazione etnica o colore della pelle. Oggi è essenziale ricuperare il senso del rispetto reciproco e della cooperazione (…) Questo è un Paese con molti popoli, lingue e costumi diversi. Oltre alla religione africana tradizionale, due grandi tradizioni religiose, l‟Islam e il Cristianesimo, sono coesistite in questo territorio per secoli. Oggi è essenziale ricuperare il senso del rispetto reciproco e della cooperazione al servizio del bene comune, nel quadro di una ricerca sincera e onesta per trovare una giusta soluzione al conflitto che continua a mietere una messe così terribile di sofferenza. Con questa grande speranza nella mente, rinnovo il mio appello alla comunità internazionale e alle organizzazioni internazionali a non trascurare il popolo del Sudan, ma di compiere ulteriori sforzi per soddisfare le necessità immediate e per aiutare a gettare le fondamenta del futuro sviluppo. (…) Il rigoroso rispetto per il diritto alla libertà religiosa costituisce una fonte primaria e un fondamento per la pacifica coesistenza La Chiesa Cattolica gioisce quando le persone acquistano una maggiore consapevolezza della loro dignità, poiché allora diventano più capaci di scoprire in se stessi e negli altri l‟immagine e la somiglianza del Creatore, l‟opera delle cui mani sono il frutto (cf. Sal 8, 5). In tutto questo Continente, la Chiesa, nell‟adempiere la sua missione religiosa, porta avanti anche un lavoro paziente e perseverante di promozione umana attraverso l‟istruzione, la cura e l‟assistenza sanitaria. Essa lo fa in obbedienza alle parole di Gesù Cristo, che ci ha insegnato che la vera adorazione di Dio implica il servizio del nostro prossimo (cf. Lc 10, 27). Tutto quello che chiede la Chiesa è la libertà di proseguire la sua missione religiosa e umanitaria. Questa libertà è un suo diritto, poiché è un dovere di ognuno, dovere degli individui e dello Stato, rispettare la coscienza di ogni essere umano. Il rigoroso rispetto per il diritto alla libertà religiosa 67 costituisce una fonte primaria e un fondamento per la pacifica coesistenza. Nelle poche ore della mia visita, pregherò e celebrerò l‟Eucaristia con la comunità cattolica. Sono anche desideroso di incontrare molti seguaci dell‟Islam. Possa Dio Onnipotente aiutarci a crescere nella comprensione reciproca e nella consapevolezza delle nostre gravi responsabilità riguardo al vero bene delle persone. Baraka Allah as-Sudan (Che Dio benedica il Sudan). DAL DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II aI SACERDOTI, I RELIGIOSI ED I SEMINARISTI Cattedrale di Khartoum, 10 febbraio 1993 (…) Voi non siete dimenticati dalla Chiesa La vostra vita e la vostra attività si svolgono in mezzo a gravi difficoltà, e talvolta potreste pensare di essere stati dimenticati dal resto del mondo. Ma non siete mai lontani dalla mente e dal cuore di Dio. Ogni vostra preghiera e ogni vostro sforzo sono da Lui conosciuti. Voi non siete dimenticati dalla Chiesa, dal Successore di Pietro, dai Cristiani di ogni parte che pregano costantemente per voi. Vi saluto nell‟amore della Santissima Trinità: “Grazia e pace da Dio Padre e da Gesù Cristo, nostro salvatore” (Tt 1, 4). Invio anche un saluto particolare agli altri sacerdoti, ai religiosi e agli uomini e donne laici che testimoniano ogni giorno il Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo su questa terra, ma che non possono essere qui oggi. Spero che in qualche modo essi possano sentire la mia voce e sapere che tutta la Chiesa li ama e prega per loro. Sono ben consapevole delle tristi circostanze del vostro paese, tormentato da una guerra Sono ben consapevole delle tristi circostanze del vostro paese, tormentato da una guerra civile che ha portato al popolo sudanese, specie nel sud, una miseria indicibile, sofferenze e morte. La vita delle vostre comunità è profondamente colpita anche dalla rottura delle buone relazioni che dovrebbero esistere tra i Cristiani e i Musulmani. Inoltre voi e i vostri fratelli cristiani siete poveri dei beni di questo mondo, fino al punto dell‟estrema 68 indigenza. Con ammirazione e con intensa gratitudine al nostro Padre celeste per la vostra fedeltà, vi incoraggio a “stare saldi in un solo spirito e a combattere unanimi per la fede del vangelo” (Fil 1, 27). Nel mio paese ho conosciuto alcuni degli orrori della guerra e del modo in cui la storia delle catacombe è stata ripetuta in questo secolo. Come Successore di Pietro, nella mia sollecitudine per tutte le Chiese, condivido le prove e le sofferenze dei nostri fratelli e delle nostre sorelle di tutto il mondo. Eppure, in questa parte dell‟Africa, vedo chiaramente una particolare riproduzione del mistero del Calvario nella vita della maggioranza dei cristiani. E quale risposta posso darvi? Quale consolazione vi posso offrire? Tra poco celebreremo l‟Eucaristia, “Sacrificio a te gradito per la salvezza del mondo” (Preghiera Eucaristica IV). Con una fiducia incrollabile proclameremo la nostra fede: “Tu ci hai redenti con la tua croce e la tua resurrezione: salvaci, o Salvatore del mondo”. Fratelli e sorelle, se c‟è un messaggio che il Papa vuole lasciarvi è questo: Fate del Mistero Pasquale il centro delle vostre vite! Riunite il Popolo di Dio per celebrare il mistero della fede. Nutrite voi stessi e le vostre comunità con la parola di vita e i sacramenti della nostra salvezza. È importante che manteniate un vivo senso di comunione e di cooperazione pratica con i vostri Vescovi Cari fratelli Sacerdoti: nel giorno della vostra Ordinazione siete stati configurati a Cristo, il Sommo Sacerdote, per servire il Vangelo. Possiate non perdere mai di vista l‟effusione di grazia che vi ha investito di grandi responsabilità, ma che vi ha anche rafforzato e confermato per le opere future. Non perdete mai di vista “Gesù, autore e perfezionatore della fede. Egli, in cambio della gioia che gli era posta innanzi, si sottopose alla croce” (Eb 12, 2). I fedeli guardano voi per trovare sostegno ed incoraggiamento, sia nel perseguimento della santità cristiana che nella loro richiesta di rispetto per i loro diritti umani e civili. Voi sapete che il vostro ruolo non è quello della semplice azione sociale e politica. Voi siete piuttosto “ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio” (1 Cor 4, 1). Le vere “insegne” del vostro incarico sono lo zelo per la volontà del Padre, la vostra preghiera costante, la testimonianza del celibato per amore del Regno, gli atti di umile servizio che riflettono la compassione del Buon Samaritano. È importante che voi, sia personalmente che al fine di porre il vostro ministero nel suo giusto contesto, manteniate un vivo senso di comunione e di cooperazione pratica 69 con i vostri Vescovi, ed attraverso loro siate in unione di mente e di cuore con l‟unico ed universale Corpo di Cristo. Possiate essere veri strumenti di riconciliazione e di pace, in particolare nell‟amministrazione del Sacramento del perdono dei peccati. Affido voi e il vostro ministero alla cura materna della Beata Vergine. Possa la sua intercessione darvi tutto l‟incoraggiamento di cui avete bisogno. Cari Seminaristi: state scoprendo cosa significhi seguire Gesù più da vicino e prepararvi al ministero. Fate uso di qualsiasi opportunità per acquisire una profonda e solida formazione! Soprattutto giorno dopo giorno permettete al Buon Pastore di conformare i vostri cuori al suo (cf. Ger 3, 15) in modo che quando si presenteranno le difficoltà sarete in grado, come Lui, di sopportare tutto per l‟amore del gregge. Desidero incoraggiarvi tutti affinché promuoviate le vocazioni alla Vita Religiosa Cari religiosi: anche voi avete un posto speciale nel cuore e nelle preghiere del Papa. Il vostro ruolo nella comunità cristiana è fondamentale e di straordinaria importanza, non solo per ciò che fate in tutte le diverse forme di apostolato in cui siete impegnati, ma in particolare perché la vostra fedele osservanza dei consigli evangelici parla agli altri, cristiani e non, della verità e del significato delle Beatitudini, che sono il nucleo della vita cristiana. Prendete coraggio dalle parole rivolte ai Religiosi dal Concilio Vaticano Secondo: “Quanto più fervorosamente, adunque si uniscono a Cristo con questa donazione di sé che abbraccia tutta la vita, tanto più si arricchisce la vita della Chiesa e il suo apostolato diviene più vigorosamente fecondo” (Perfectae caritatis, 1). Nella economia della salvezza siete i semi viventi di una meravigliosa fecondità spirituale. In particolare desidero assicurare le Sorelle della parte esclusiva che avete nella vita e nella missione della Chiesa. La vostra consacrazione, il vostro esempio di pura santità e di ardore del vostro servizio costituiscono una affermazione decisiva nelle attuali circostanze del vostro apostolato, per quanto riguarda la dignità delle donne. Nel nome della Chiesa vi dico: grazie! Desidero incoraggiarvi tutti affinché promuoviate le vocazioni alla Vita Religiosa, impartendo una solida formazione a coloro che sono chiamati, ed assicurando la cura e il sostegno spirituale ad ogni fratello o sorella nel bisogno. Possa Maria, che si è premurata di assistere sua cugina Elisabetta, essere un modello di carità cristiana per voi tutti. 70 Gratitudine agli uomini e alle donne missionari presenti nel Sudan Infine desidero rivolgere delle particolari parole di gratitudine agli uomini e alle donne missionari presenti nel Sudan. La Chiesa di questo paese continua la sua missione con coraggio e determinazione, nonostante le difficoltà e le restrizioni, grazie anche al vostro servizio altruista. Voi siete un segno della universalità della Chiesa, della sua unità di fede e dell‟apertura verso la comunione di tutte le Chiese particolari nella stessa missione di salvezza. Possa il Signore ricompensare abbondantemente il vostro generoso impegno. (…) Possa l‟esempio della Beata Bakhita infondervi l‟amore verso tutti. DALL’OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II PER CELEBRAZIONE EUCARISTICA IN ONORE DELLA BEATA GIUSEPPINA BAKHITA Khartoum (Sudan) 10 febbraio 1993 La batificazione di Bakhita un atto di rispetto non solo nei suoi confronti, ma anche nei confronti del Sudan 2. Non è stato forse un momento di rigenerazione e di rinnovamento, offerto da Cristo, il Buon Pastore, all‟intera comunità cattolica del Sudan, quando in piazza San Pietro a Roma Giuseppina Bakhita è stata elevata alla gloria tra i Beati della Chiesa? Ella, quindi, divenne per i cristiani un modello di virtù e di santità di vita. Ella si rivolge ai credenti di ogni luogo e parla del valore della riconciliazione e dell‟amore, poiché nel suo cuore lei superò tutti i sentimenti di odio per coloro che le avevano fatto del male. Ella imparò dai tragici avvenimenti della sua vita ad avere completa fiducia nell‟Onnipotente che è presente sempre e ovunque, e quindi imparò a essere costantemente buona e generosa con tutti (cf. Udienza in occasione della Beatificazione, 18 maggio 1992). La sua beatificazione ha costituito un atto di rispetto non solo nei suoi confronti, ma anche nei confronti del Sudan, poiché una figlia di questa terra è stata presentata come un‟eroina di misericordia e di buona volontà. Dio si è servito di lei per insegnare a noi tutti il significato delle parole di Gesù: “Beati 71 gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio” (Mt 5, 9). Gesù dice: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli»” (Mt 11, 25). Con queste parole Cristo benedice la semplicità di Bakhita, figlia, come voi, di questa terra. Con la sua semplicità e infinita fiducia essa ha incarnato, sulla via dolorosa della sua vita, quella saggezza che deriva da Dio stesso. La saggezza che è propria dei Santi. Il pensiero alle sofferenze di coloro che sono colpiti dalla guerra È difficile, in questo momento, non pensare a tutte le preghiere e le sofferenze di coloro che sono colpiti dalla guerra che si protrae in questa terra, specialmente nel Sud. Tanti di voi provengono da lì, e a causa della guerra ora sono sfollati e senzatetto. L‟immensa sofferenza di milioni di vittime innocenti mi impone di esprimere la mia solidarietà verso i deboli e gli indifesi, che si rivolgono a Dio chiedendo aiuto, giustizia, rispetto per la dignità che Dio ha dato loro come esseri umani, diritti fondamentali dell‟uomo, libertà di credere e di praticare la propria fede senza paura o discriminazione. Io spero con tutto il cuore che la mia voce vi raggiunga, fratelli e sorelle del Sud. Come i popoli menzionati nella Prima Lettura di questa Liturgia, anche voi potreste essere tentati di dire: “Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato!” (Is 49, 14). E tuttavia, la vostra fede cristiana vi insegna che le vostre preghiere e le vostre sofferenze sono unite al grande grido di Cristo stesso che, come Sommo Sacerdote dell‟intero popolo di Dio, entrò nel Santuario per intercedere per noi (cf. Eb 9, 11-12). E proprio come una volta sulla terra, adesso nella casa del Padre Egli dice: “Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò” (Mt 11, 28). E quando, nei vostri cuori, ascoltate le sue parole, Egli aggiunge: “imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro” (Mt 11, 29). Così dice Cristo – l‟Unico che conosce il Padre e che il Padre conosce come Figlio Unigenito – il Verbo eterno, che è una cosa sola con il Padre. Oggi, in Sudan, il Vescovo di Roma, il Successore di Pietro, ripete queste parole e vi esorta a restare saldi e a essere coraggiosi. Il Signore vi è vicino. Non vi lascerà mai soli. La Chiesa intera comprende la vostra angoscia e prega per voi. 72 La Beata Bakhita è il vostro modello In mezzo a così tante difficoltà, la Beata Bakhita è il vostro modello e la vostra patrona celeste. Nelle terribili prove della sua vita Bakhita ha sempre ascoltato la parola di Cristo. Essa ha appreso il mistero della sua Croce e della sua Risurrezione: la verità salvifica di Dio che ci ha amato tanto da darci il suo Figlio unigenito (cf. Gv 3, 16), la verità salvifica del Figlio che ha amato ognuno di noi fino alla fine (cf. Gv 13, 1). La Beata Bakhita era fedele, era forte. Confidava in Cristo senza riserve. Si mostrava serva di Dio sopportando pazientemente le prove, le tribolazioni e le difficoltà, con purezza, sapienza, pazienza e benevolenza (cf. 2 Cor 6, 4-6) – come i primi cristiani che, in mezzo alle persecuzioni dell‟Impero Romano, mostrarono di essere come “ministri di Dio... nella gloria e nel disonore, nella cattiva e nella buona fama” (2 Cor 6, 8). Così scrive l‟Apostolo Paolo nella Lettera ai Corinzi. E così parla la Storia della Chiesa in Africa, non esclusi i Paesi che io ho visitato adesso: Benin, Uganda, Sudan. (…) La solidarietà della Chiesa verso le vittime della carestia, verso la terribile piaga dei rifugiati e degli sfollati, degli ammalati e degli afflitti La Chiesa e gli uomini di buona volontà in tutto il mondo si sono rallegrati quando è stata annunciata l‟introduzione di un nuovo sistema politico, un sistema in cui tutti i cittadini sono uguali, senza alcuna discriminazione di razza, religione o sesso. È stato detto che le legittime diversità sarebbero state rispettate in un Paese multietnico, multiculturale e multireligioso; che tutte le religioni sarebbero state libere di svolgere le proprie attività religiose. La libertà religiosa è un diritto che tutti possiedono perché esso deriva dall‟inalienabile dignità di ogni essere umano. Esso esiste indipendentemente dalle strutture politiche e sociali e, come è stato asserito in vari Documenti internazionali, lo Stato ha l‟obbligo di difendere questa libertà da attacchi o interferenze. Dove c‟è discriminazione nei confronti dei cittadini sulla base delle loro convinzioni religiose, viene commessa un‟ingiustizia fondamentale contro l‟uomo e contro Dio, e la strada che conduce alla pace è intralciata. Oggi il Successore di Pietro e tutta la Chiesa riaffermano il loro sostegno all‟appello pressante dei vostri Vescovi per il rispetto dei vostri diritti di cittadini e di credenti. Ogni giorno i cristiani del Sudan sono nei miei pensieri e nelle mie preghiere. La Chiesa tutta prova una profonda solidarietà verso le 73 vittime della carestia, verso la terribile piaga dei rifugiati e degli sfollati, degli ammalati e degli afflitti, di coloro che vengono trattati ingiustamente, dei così tanti bambini soli e abbandonati. L‟Africa non può fare a meno di trovare e di seguire nuovi sentieri di solidarietà umana, di giustizia e di rispetto per i diritti umani, di pace e di progresso costruttivo. La comunità internazionale non deve trascurare i suoi impegni solenni verso l‟Africa. Le agenzie internazionali devono essere in grado di fornire assistenza, di incentivare lo sviluppo, di promuovere le condizioni di libertà e di pace in questa area del mondo dolorosamente colpita. (…) DAL DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II DURANTE LA VISITA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA «Friendship Hall» di Khartoum (Sudan) - Martedì, 10 febbraio 1993 (…) Lo Stato ha il dovere di rispettare e difendere le differenze esistenti tra i suoi cittadini e di permettere che la loro diversità serva il bene comune Alla base dell‟obbligo universale di comprendere e rispettare la diversità e la ricchezza degli altri popoli e delle altre società, culture e religioni si trovano due principi fondamentali. Primo, l‟inalienabile dignità di ogni persona umana, indipendentemente dalle origini razziali, etniche, culturali o nazionali o dal credo religioso, significa che quando delle persone si uniscono in gruppi, esse hanno il diritto a godere di un‟identità collettiva. Quindi, le minoranze all‟interno di un Paese hanno il diritto di esistere con la propria lingua, la propria cultura, le proprie tradizioni, e lo Stato è moralmente obbligato a lasciare spazio alla loro identità e auto-espressione. In secondo luogo, l‟unità fondamentale della razza umana, che trae le sue origini da Dio Creatore di tutto, esige che nessun gruppo si consideri superiore a un altro. Esige allo stesso modo che l‟integrazione sia costruita su una effettiva solidarietà e sulla libertà dalle discriminazioni. Di conseguenza lo Stato ha il dovere di rispettare e difendere le differenze esistenti tra i suoi cittadini e di permettere che la loro diversità serva il bene comune. L‟esperienza dimostra che la pace e la sicurezza 74 interna possono essere garantite solo con il rispetto dei diritti di tutti coloro che sono affidati alla responsabilità dello Stato. In tale prospettiva la libertà degli individui e delle comunità di professare e praticare la loro religione è un elemento essenziale per la pacifica coesistenza umana. La libertà di coscienza, di cercare la verità e di agire secondo la propria fede religiosa sono così fondamentalmente umane che ogni tentativo di limitarle porta quasi inevitabilmente ad aspri conflitti. Quando le relazioni tra gruppi all‟interno di una nazione vengono interrotte, il dialogo e i negoziati sono i cammini obbligati per raggiungere la pace. La riconciliazione secondo giustizia e il rispetto per le legittime aspirazioni di tutti i settori della comunità nazionale devono costituire la norma. Garantire la partecipazione delle minoranze alla vita politica è un segno di una società moralmente matura e rende onore a tutte quelle nazioni nelle quali tutti i cittadini sono liberi di partecipare alla vita nazionale in un clima di giustizia e di pace. (…) Nonostante le difficoltà, la Chiesa Cattolica continuerà ad offrire, da parte sua, il proprio aiuto disinteressato Nonostante le difficoltà, la Chiesa Cattolica continuerà ad offrire, da parte sua, il proprio aiuto disinteressato affinché l‟uomo della fine di questo secolo sia maggiormente illuminato e sappia liberarsi dagli idoli del momento. I Cristiani hanno la sola ambizione di testimoniare che comprendono la storia personale e collettiva in funzione dell‟incontro di Dio con gli uomini” (Discorso al Corpo Diplomatico, 16 gennaio 1993, n. 7). A questo punto, i miei auguri per il Sudan diventano una sincera preghiera affinché il dono divino della pace diventi realtà tra di voi, che l‟armonia e la collaborazione tra Nord e Sud, tra Cristiani e Musulmani prendano il posto dei conflitti, che gli ostacoli alla libertà religiosa siano presto un problema del passato. Possa l‟Altissimo guidare tutti i Sudanesi sul sentiero della verità, della giustizia e della pace. Baraka Allah as-Sudan (Dio benedica il Sudan). 75 DAL DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II AI CAPI DI ALTRE RELIGIONI Nunziatura Apostolica di Khartoum (Sudan) - Martedì, 10 febbraio 1993 (…) La Chiesa Cattolica è irrevocabilmente impegnata nel dialogo ecumenico e interreligioso Ho atteso con ansia questo incontro con voi, capi delle varie religioni professate dal popolo del Sudan. La mia visita pastorale alla Chiesa Cattolica di questa nazione mi offre l‟opportunità di porgere a voi la mano di amicizia e di esprimere la speranza che tutti i cittadini del Sudan, indipendentemente dalle differenze esistenti tra loro, possano vivere in armonia e in mutua cooperazione per il bene comune. La religione permea tutti gli aspetti della vita nella società e i cittadini devono accettarsi reciprocamente con le loro differenze di lingua, di usanze, di cultura e di fede, se vogliono conservare l‟armonia civica. I responsabili religiosi svolgono un ruolo importante nel favorire tale armonia. Qui in Sudan non posso fare a meno di sottolineare ancora una volta l‟alta considerazione della Chiesa Cattolica verso i seguaci dell‟Islam. I Cattolici sudanesi riconoscono che i loro vicini musulmani danno grande valore alla vita morale e adorano l‟unico Dio, onnipotente e misericordioso – soprattutto attraverso la preghiera, l‟elemosina e il digiuno. Essi apprezzano il fatto che voi venerate Gesù e sua Madre Maria (cf. Nostra aetate, 3). Essi riconoscono che esistono dei motivi molto validi per una maggiore comprensione reciproca e desiderano collaborare con voi per ridare pace e prosperità alla nazione. Spero che questo incontro contribuirà a una nuova era di dialogo costruttivo e di benevolenza. Desidero anche porgere un particolare saluto ai miei fratelli Cristiani delle altre Chiese e comunità ecclesiali: “La grazia del Signore Gesù Cristo sia con il vostro spirito” (Fil 4, 23). Come ben sapete, la Chiesa Cattolica è profondamente impegnata nella ricerca della comprensione ecumenica, nella prospettiva di adempiere la volontà di nostro Signore Gesù Cristo “perché tutti siano una sola cosa” (Gv 17, 21). Sono felice di sapere che in Sudan esistono buoni rapporti ecumenici e che vi siano molti esempi di cooperazione. Confido che il Signore benedirà i vostri sforzi di proseguire su questa via. A tutti voi, illustri capi religiosi del Sudan, rinnovo la mia stima e ribadisco che la Chiesa Cattolica 76 è irrevocabilmente interreligioso. (…) impegnata nel dialogo ecumenico e DAL DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II ALLA CERIMONIA DI CONGEDO Aeroporto internazionale di Khartoum (Sudan) 10 febbraio 1993 (…) Africa! La Chiesa, incarnata nelle vite dei tuoi figli e figlie, è determinata a condividere il peso dei tuoi problemi e le difficoltà del tuo cammino verso un futuro migliore Africa! Hai delle necessità così grandi, ma hai anche così tanto da dare! Hai un profondo senso della comunità e un vivo senso della dimensione spirituale della vita umana. Non farti indurre a pensare che un esagerato individualismo, che sfocia sempre nell‟egoismo, costituisca la giusta via da seguire. Coltiva la forza della tua vita di famiglia, il tuo amore per i bambini, la tua solidarietà con i bisognosi, la tua ospitalità verso lo straniero, gli elementi positivi delle tue tradizioni sociali e culturali. Soprattutto, non barattare i tuoi valori spirituali con un materialismo che non è in grado di soddisfare il cuore umano né di costituire la base di una società veramente giusta e sollecita. Nel dirvi addio, desidero riaffermare il continuo impegno della Chiesa Cattolica verso questo Continente. La presenza del Cristianesimo in alcune regioni risale proprio agli albori dell‟era cristiana. In altri luoghi esso è arrivato più recentemente. In ogni caso, la Chiesa si è impegnata attivamente nell‟educazione dei giovani, nell‟assistenza ai malati, nella promozione dello sviluppo umano e spirituale dei popoli dell‟Africa. Ha fatto questo non per conquistarsi una posizione, e ancor meno per imporre uno stile di vita estraneo agli Africani. Essa continua oggi nel suo apostolato e nelle sue opere buone al fine di rendere testimonianza alla speranza fondamentale che la sostiene: la speranza che l‟intera umanità cresca nell‟unità e raggiunga una sempre maggiore comunione con Dio (cf. Lumen gentium, 1). La natura stessa della sua missione la obbliga a promuovere la cooperazione con tutti gli uomini e le donne di buona volontà al servizio della famiglia umana. Africa! La Chiesa, incarnata nelle vite dei tuoi figli e figlie, è determinata a condividere il peso dei tuoi problemi e le difficoltà 77 del tuo cammino verso un futuro migliore. Essa non mancherà di incoraggiarti nella tua ricerca di una maggiore giustizia, della pace e della riconciliazione, di uno sviluppo economico, sociale e politico che corrisponda alla dignità dell‟uomo. Esorto tutti i membri della Chiesa a rendere una chiara testimonianza al messaggio salvifico di speranza del Vangelo, e a essere fedele ai princìpi morali che assicurano la difesa e la promozione della dignità umana e dei diritti umani. Che Dio benedica abbondantemente i popoli dell‟Africa. Che protegga i poveri e gli indifesi e manifesti la sua misericordia ai giovani e ai vecchi. Che la sua pace regni nei cuori di tutti. (…) 78 LE VISITE AD LIMINA Di seguito alcuni estratti dai discorsi di Giovanni Paolo in occasione delle precedenti visite ad limina dei vescovi del Sudan 13 febbraio 1988 (…) Nel vostro specifico contesto culturale il messaggio evangelico deve essere diffuso soprattutto attraverso la testimonianza di un’esemplare vita cristiana Sono pienamente consapevole delle coraggiose iniziative da voi prese per proclamare il Vangelo fronteggiando gravi difficoltà. Avete organizzato la vostra attività pastorale in due direzioni fondamentali. Da una parte, insieme con i sacerdoti, i religiosi e i catechisti, vi siete dedicati al compito grande di annunciare la buona novella della salvezza ai molti che non hanno conosciuto o accettato Cristo. Dall‟altra parte, con grande sollecitudine vi siete dedicati ai vostri fedeli cattolici, sostenendoli con la parola e i sacramenti, svolgendo in mezzo a loro il compito del Buon Pastore. Colgo questa opportunità per incoraggiare i vostri sforzi nel lavoro di evangelizzazione, che è “la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua più profonda identità” (Pauli VI Evangelii Nuntiandi, 14). Nel vostro specifico contesto culturale il messaggio evangelico deve essere diffuso soprattutto attraverso la testimonianza di un‟esemplare vita cristiana. Una tale testimonianza di dedizione è già un atto di evangelizzazione. Nonostante le difficoltà, le vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa sono in aumento in Sudan So che come Vescovi voi apprezzate grandemente l‟inestimabile contributo che danno i vostri fratelli sacerdoti, diocesani e religiosi, sudanesi e missionari, all‟evangelizzazione e allo sviluppo sociale del vostro Paese. Il loro magnifico lavoro pastorale, l‟impegno caritativo, a costo di grandi sacrifici personali e a fronte di molti ostacoli sono una parte fondamentale del servizio della Chiesa al Popolo di Dio del Sudan. Un aspetto essenziale del vostro compito 79 apostolico consiste nel confermare i vostri fratelli sacerdoti nella loro identità di ministri della parola e dei sacramenti. Cercate di aiutarli con la vostra comprensione e compassione. È importante che voi e i vostri sacerdoti siate strettamente uniti e che i presbiteri di ogni Chiesa locale siano uniti al Vescovo con un cuor solo e un‟anima sola. Così la profonda natura di comunione di fede e carità della Chiesa si dimostra più apertamente. Ho notato con soddisfazione che, nonostante le difficoltà, le vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa sono in aumento in Sudan. Desidero assicurarvi la mia preghiera come sostegno a tutti i vostri sforzi per la scelta dei candidati meritevoli al ministero sacerdotale. (…) La presenza della Chiesa e il suo coinvolgimento nelle diverse sfere della sanità, del benessere sociale e dell‟educazione dipende largamente dai membri degli istituti di vita consacrata che lavorano nel vostro Paese. Volentieri mi unisco a voi nel ringraziare Dio onnipotente per tutti i religiosi e le religiose che attraverso il loro lavoro instancabile al servizio del Vangelo nei diversi ambiti dello sviluppo umano hanno reso possibile alle vostre Chiese locali di esercitare un‟influenza molto superiore al vostro numero limitato. Il ruolo dei catechisti laici Nelle vostre Chiese locali i catechisti laici svolgono un ruolo fondamentale nell‟educazione alla fede di bambini e adulti. La catechesi è uno dei momenti essenziali dell‟intero processo di evangelizzazione, soprattutto quando implica l‟insegnamento della dottrina cristiana in un modo organico e sistematico, con lo scopo di introdurre gli ascoltatori alla pienezza della vita cristiana (cf. Catechesi Tradendae, 18). Oltre alla formazione religiosa dei fedeli, vi esorto a dirigere la vostra attenzione alla creazione e promozione di programmi educativi permanenti, in particolare per preparare i laici ai vari ruoli di servizio e guida nelle comunità civili ed ecclesiali. Questa formazione completa è importante soprattutto per quei cattolici che hanno delle responsabilità nella vita pubblica. Questi uomini e queste donne vanno davvero incoraggiati e sostenuti nel loro servizio al bene comune dei concittadini. Anche in situazioni in cui la proclamazione della nostra fede sia difficile, noi dobbiamo avere il coraggio di parlare di Dio Voi e quanti sono affidati alla vostra cura pastorale siete chiamati 80 a portare il peso della testimonianza quotidiana a Cristo in una società pluralista sul piano delle religioni. In questa realtà, è vostro compito riaffermare l‟impegno della Chiesa cattolica al dialogo e alla proclamazione del Vangelo. Come ho sottolineato in una precedente occasione: “Non si può porre la questione di scegliere uno e ignorare o respingere l‟altro. Anche in situazioni in cui la proclamazione della nostra fede sia difficile, noi dobbiamo avere il coraggio di parlare di Dio, che è il fondamento della nostra fede, la ragione della nostra speranza, e la fonte della nostra carita” (Eiusdem “Allocutio ad eos qui plenario coetui Secretariatus pro non Christianis interfuerunt coram admissos”, 3, die 28 apr. 1987: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, X, 1 [1987] 1450). Il diritto alla libertà religiosa è una questione su cui i seguaci di tutte le tradizioni religiose dovrebbero collaborare La Chiesa ha un profondo rispetto per tutti i non-cristiani, poiché ritiene che il disegno della salvezza comprende tutti coloro che riconoscono il Creatore. Esiste perciò una base solida per il dialogo e la coesistenza pacifica con i musulmani. (…) Da parte nostra, dialogo significa disponibilità a collaborare con gli altri per il miglioramento dell‟umanità, e impegno a ricercare insieme la pace vera e la giustizia. A questo riguardo, il diritto alla libertà religiosa è una questione su cui i seguaci di tutte le tradizioni religiose dovrebbero collaborare, dal momento che la libertà religiosa è misura di tutti gli altri diritti fondamentali, perché tocca la sfera più intima dello spirito umano. Nessun individuo o gruppo, nemmeno lo Stato può imporre la sua autorità nella sfera delle convinzioni religiose. Dove lo Stato garantisce uno speciale status a una particolare religione, espressione della fede di una maggioranza di cittadini, esso tuttavia non può imporre quella religione a tutto il suo popolo o restringere la libertà religiosa di altri cittadini o di stranieri che vivono nel suo territorio. Come ho scritto nel messaggio di quest‟anno per la Giornata mondiale della pace: “In nessun caso l‟organizzazione statale può sostituirsi alla coscienza dei cittadini nel sottrarre spazi vitali o prendere il posto delle loro associazioni religiose. Il retto ordine sociale esige che tutti - singolarmente e comunitariamente - possano professare la propria convinzione religiosa nel rispetto degli altri” (…) 81 Le preoccupazioni del Papa per i conflitti in Sudan Non posso mancare di far menzione della mia preoccupazione per il conflitto armato che si svolge nel Sudan meridionale e nel Kordofan del Sud, segnato dalla perdita di vite umane, seri danni ai civili, distruzione di proprietà e diffusa carestia. In più, i continui combattimenti hanno reso quasi impossibili i tentativi di portare soccorsi. Prego che venga presto trovata una soluzione negoziata alle ostilità, nel rispetto delle giuste aspirazioni dei popoli coinvolti. Con il bene del popolo sudanese nel cuore, rivolgo un appello a tutte le parti affinché perseguano la strada di una composizione negoziata. Desidero esprimere anche la mia preoccupazione per le centinaia di migliaia di rifugiati e trasferiti che vivono ammassati nelle principali città del Sud e del Nord. Mentre vi esorto a continuare i vostri sforzi per portare soccorso a queste popolazioni povere e senza patria, rinnovo la speranza espressa alla presentazione delle lettere credenziali dell‟Ambasciatore del Sudan che “la comunità internazionale risponda all‟appello del Sudan per l‟assistenza umanitaria di fronte a questo difficile problema” (“Allocutio ad exc. mum virum Awad Elkarim Fadulall Sudaniae apud Sanctam Sedem constitutum Legatum”, die 7 ian. 1988: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XI, 1 [1988] p. 49 ss.). L‟intera questione evidenzia la grave contraddizione in cui versa la comunità internazionale, dove è talvolta difficile o impossibile organizzare o distribuire beni alimentari fondamentali di emergenza e mettere in atto programmi educativi e sanitari che sarebbero una parte fondamentale degli aiuti, mentre invece il commercio e il trasporto delle armi non conosce frontiere e continua senza limitazioni. (…) 2 ottobre 1992 (…) Deporre le armi per seguire il cammino della pace La cosa triste è che l'intera vita della Chiesa nel vostro paese è profondamente afflitta dagli eventi sociopolitici che vi hanno luogo. La guerra civile e la limitazione delle libertà fondamentali hanno un effetto negativo sulla società, e in particolare sulle 82 attività della comunità Cattolica. In queste difficili circostanze la Chiesa è chiamata da Dio a proseguire la sua missione col medesimo coraggio e con una sempre maggiore fiducia in Lui. La Santa Sede e l'intera comunità cattolica del mondo seguono con attenzione e preoccupazione le sofferenze che state sopportando. La terribile sciagura causata dalla guerra è accompagnata anche dalla siccità, dalla carestia e dalle malattie. Milioni di sudanesi del Sud sono stati evacuati e vivono in condizioni precarie in campi profughi, nei Paesi vicini o nel deserto. Centinaia di migliaia di civili rimangono intrappolati mentre intorno a loro infuria la guerra. In questa situazione la Chiesa in Sudan cerca di alleviare per quanto possibile le sofferenze, specialmente attraverso la lodevole attività del SUDANAID. La Chiesa universale apprezza lo sforzo che i Cattolici del Sudan stanno compiendo per continuare ad obbedire al comandamento del Signore di amare il proprio prossimo come se stessi (cfr. Mt 19,19) e riconosce che questa offerta viene fatta spontaneamente imitando Colui che per primo ci ha amati (cfr. Jn 4,19). Non solo riceviamo ma siamo anche chiamati a dare in abbondanza. Nelle attività delle vostre comunità cogliamo la luce della "più autentica essenza" della Chiesa: la Sposa che si dedica totalmente ad annunciare il nome splendente del suo Sposo e a considerarsi privilegiata per essere in grado di sacrificare tutto in nome del Suo Regno (cfr. Ap 19,7). Il mio cuore, come il vostro è profondamente afflitto da tutte queste sofferenze. Ancora una volta, con uguale sollecitudine rivolgo un appello a coloro nelle cui mani è riposto il destino del Sudan affinché depongano le armi di guerra, ricerchino la via della pace e ispirino le loro azioni alla legge eterna di Dio. L'Onnipotente ordina ai suoi figli di rispettare la dignità e i diritti di tutti gli esseri umani specialmente dei più deboli e indifesi. Le radici della guerra affondano nel cuore di chi rifiuta di sottomettersi con docilità a questo ordine della volontà divina. Unisco la mia voce alla vostra nel supplicare tutti coloro che sono coinvolti a intraprendere un sincero e leale dialogo di pace. Mi rivolgo ancora una volta alla comunità internazionale e a coloro che dirigono organizzazioni internazionali affinché considerino una priorità assoluta l'aiuto alle vittime innocenti di questo terribile conflitto. Il rispetto per la libertà dell'individuo di ricercare la verità e di rispondere agli imperativi morali della coscienza è la "pietra angolare della struttura dei diritti umani" 83 Il rispetto per la libertà dell'individuo di ricercare la verità e di rispondere agli imperativi morali della coscienza è la "pietra angolare della struttura dei diritti umani" e "un punto di riferimento per i diritti fondamentali... in quanto va a toccare la sfera più intima dello spirito" (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, 1 gennaio 1988). Qualsiasi ostacolo all'esercizio della libertà religiosa, inclusa l'inviolabile trascendenza della persona umana, offende la causa della pace. Solo dove l'ordine politico e sociale è interamente rivolto al bene dell'uomo può esservi pace. Quindi, ogni freno alla libertà religiosa nel vostro paese in questo momento, è quanto di più grave possa verificarsi in quanto va a minare qualsiasi possibilità di dialogo e di pace. In difesa della libertà religiosa, voi avete giustamente indicato i pericoli che derivano al vostro paese dal tentativo di fondare l'unità della nazione su un'unica religione e un'unica cultura. Questa meta, insieme all'applicazione dello Shariah ai non Musulmani, ha causato la perdita di molte libertà civili. Ciò è particolarmente evidente ovunque vi siano discriminazione nell'educazione, persecuzione di sacerdoti, religiosi e catechisti, l'espulsione di missionari, l'impedimento di una legittima espressione di fede, la mancanza di autentica libertà nelle conversioni e ovunque i battezzati vengano considerati come "stranieri" nella loro terra natale. (…) Desidero incoraggiarvi a continuare ad alimentare le vocazioni e a formare i seminaristi nostante tante difficoltà Desidero incoraggiarvi a continuare ad alimentare le vocazioni e a formare i seminaristi nostante tante difficoltà. Sottopongo alla vostra attenzione la recente Esortazione postsinodale, Pastores dabo vobis. Mi auguro che questo ultimo documento riguardante la vita sacerdotale e la formazione possa aiutare voi ed i vostri sacerdoti e seminaristi a uniformare i vostri cuori e le vostre menti sempre di più al modello del Buon Pastore. Possano le preghiere costanti, il ricevimento e la celebrazione dei sacramenti e tutte le opere buone caratterizzare il vostro ministero e la vostra vita sacerdotale. I sacerdoti più anziani, nonché i seminaristi più giovani sono chiamati ogni giorno a lottare per dimostrare la carità pastorale di Dio (op. cit., 57), che si misura con la sollecitudine di consacrare tutto, persino la propria vita, alla salvezza del gregge. Il ruolo del Vescovo non è soltanto di tipo 84 amministrativo. Egli diviene attraverso la propria consacrazione un autentico successore degli Apostoli. "Con la sua presenza e con la condivisione con i candidati al sacerdozio di tutto ciò che riguarda il cammino pastorale della Chiesa particolare, il Vescovo offre un apporto fondamentale alla formazione del "senso della Chiesa"" (op. cit. n. 65). Spero che non trascurerete questo aspetto vitale della vita ecclesiastica. La crescita di un autentico spirito di cooperazione collegiale e di solidarietà darà a ciascuno di voi la forza di affrontare i compiti a cui siete chiamati al servizio della Chiesa Infine vi prego di rendere la vostra Conferenza Episcopale un utile strumento sotto le direttive dei padri del Concilio Vaticano II: infatti la condivisione delle idee e lo scambio di opinioni conducono a "una santa concordia di forze, per il bene delle Chiese" (CD 37). La crescita di un autentico spirito di cooperazione collegiale e di solidarietà darà a ciascuno di voi la forza di affrontare i compiti a cui siete chiamati al servizio della Chiesa. Lavorando insieme nella fiducia reciproca e nell'amore fraterno, riceverete l'uno dall'altro l'aiuto di cui avete bisogno per sviluppare un piano comune di iniziative pastorali per far fronte alle gravi sfide attuali di cui tutti siamo responsabili (…) 18 settembre 1997 Il Signore ode la voce delle vittime innocenti (…) Purtroppo, il Sudan si trova ancora in stato di grande agitazione. Il tormento di una guerra civile che ha prodotto indicibile miseria, sofferenza e morte, soprattutto nel Sud, continua ad affliggere la terra e a togliere vita ed energie al vostro popolo. Le vostre comunità sono profondamente colpite dalla rottura delle buone relazioni che dovrebbero esistere tra cristiani e musulmani. Nonostante la povertà del vostro popolo e la sua conseguente debolezza rispetto agli standard mondiali, il Signore non vi abbandonerà. Attraverso il Profeta Isaia Egli continua a dirvi: «Non ti dimenticherò mai» (Is 49, 15). Il Signore ode la voce delle vittime innocenti, dei deboli e degli indifesi che lo invocano per ricevere aiuto, giustizia e rispetto della dignità di esseri umani che Dio ha conferito loro, dei loro 85 diritti umani fondamentali, della libertà di professare e di praticare la loro religione senza paura o discriminazioni. La fede cristiana ci insegna che le nostre preghiere e le nostre sofferenze si uniscono a quelle di Cristo stesso che, come Sommo Sacerdote del popolo santo di Dio, entrò nel Santuario per intercedere per noi (cfr Eb 9, 11-12). Come fece una volta sulla terra, così ora dalla casa del Padre ci dice: «Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò » (Mt 11, 28). Mentre le parole del suo invito risuonano nelle nostre orecchie, aggiunge: «Imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime» (Mt 11, 29). (…) Nonostante le gravi difficoltà e le sofferenze che la comunità cristiana sta affrontando, la Chiesa in Sudan continua a crescere Nonostante le gravi difficoltà e le sofferenze che la comunità cristiana sta affrontando, la Chiesa in Sudan continua a crescere, con molti segni di vitalità. Con il salmista esclamiamo: «Ecco l'opera del Signore: una meraviglia ai nostri occhi » (Sal 118, 23). È veramente come disse il Signore: «Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza» (2 Cor 12, 9). Per questa ragione, con san Paolo, voi siete capaci di accettare la debolezza, gli insulti, gli stenti, le persecuzioni e le calamità; poiché quando siamo deboli, allora siamo forti (cfr 2 Cor 12, 10). Vi esorto a fare tutto il possibile per promuovere fra di voi un autentico spirito di fiducia reciproca e di cooperazione Nell'attuale situazione politica e sociale potete facilmente rimanere isolati gli uni dagli altri. Per questo motivo dovete cogliere ogni occasione per dare espressione alla responsabilità collegiale e alla comunione che vi uniscono nel servizio dell'unica «dimora di Dio» (Ef 2, 22). Vi esorto a fare tutto il possibile per promuovere fra di voi un autentico spirito di fiducia reciproca e di cooperazione affinché possiate sviluppare - difficili circostanze permettendo - un piano comune di iniziative pastorali per affrontare le gravi sfide presenti. Tali iniziative includono la sollecitudine pastorale in aree prive di sacerdoti, l'evangelizzazione e l'offerta di una catechesi e una formazione cristiana adeguate, la promozione della celebrazione del 86 Sacramento del Matrimonio fra i fedeli e il rafforzamento della vita familiare. Più voi riuscirete a identificare i bisogni comuni nelle vostre Diocesi e a coordinare programmi congiunti per soddisfare tali bisogni, più i vostri singoli ministri, come Pastori di anime, diventeranno efficaci. È ugualmente urgente che la Conferenza garantisca la responsabile amministrazione delle risorse, sia interne sia provenienti da donatori o benefattori esterni. (…) I sacerdoti sono chiamati a coltivare un autentico ascetismo I vostri collaboratori immediati nell'edificazione del Corpo di Cristo sono i sacerdoti, sia diocesani che religiosi, sudanesi e missionari. Essi si sono consacrati a questo servizio e vi sono stati donati da Dio. Tutti i sacerdoti hanno ricevuto una chiamata, sottoposta a prova e discernimento durante gli anni di preparazione che precedono l'ordinazione sacerdotale. Dopo aver pregato, con fiducia nella grazia infallibile di Dio, hanno deciso di rinunciare alla possibilità di avere una casa, una moglie, dei figli, una posizione sociale e ricchezze (cfr Mt 19, 29). E non lo hanno fatto a malincuore, ma con gioia, per servire il Regno e per dedicarsi ai loro fratelli e alle loro sorelle in Cristo. Mi unisco a voi nel chiedere a Gesù, Sommo Sacerdote, di concedere ai vostri sacerdoti la grazia e la perseveranza - e la gioia intima - che provengono dalla fedeltà alle esigenze della loro vocazione. Poiché la configurazione sacramentale a Cristo, Pastore e Capo della Chiesa, non può essere separata dalla sequela quotidiana del suo esempio di amorevole dono di sé, tutti i sacerdoti sono chiamati a coltivare un autentico ascetismo. Per rimanere fedeli al dono del celibato in perfetta continenza, è essenziale - come afferma il Concilio Vaticano II - che preghino umilmente, ricorrano costantemente a tutti gli aiuti di cui dispongono a tale fine(…) La formazione nei seminari Anche i seminari restano una delle vostre priorità. È fondamentale che i futuri ministri del Vangelo siano non solo ben istruiti accademicamente ma anche, a livello più profondo, totalmente dediti alla cura delle anime, desiderosi di guidare i propri fratelli e le proprie sorelle lungo le vie della salvezza. Coloro che si impegnano nella formazione devono essere in grado di assistere i candidati nella loro crescita verso la nuova «identità» conferita 87 al momento dell'Ordinazione. Essi stessi dovrebbero essere modelli esemplari di condotta sacerdotale. Devono essere chiari circa il comportamento che ci si attende dai candidati al sacerdozio, in quanto sarebbe un'ingiustizia permettere ai seminaristi di andare verso l'Ordinazione se non hanno interiormente e consapevolmente assimilato le esigenze obiettive dell'ufficio che dovranno svolgere. Il ruolo dei religiosi Nell'opera di edificazione del Regno di Dio, le religiose e i religiosi svolgono un ruolo vitale nelle vostre Chiese locali. I sacerdoti missionari, le Religiose e i Religiosi che condividono con voi il peso dell'opera pastorale delle vostre Diocesi sono al contempo servitori coraggiosi del Vangelo, e con la loro presenza e la loro generosa dedizione sono una grande fonte d'incoraggiamento per i fedeli. In essi si percepiscono effettivamente l'universalità della Chiesa e la solidarietà che caratterizza la comunione fra le Chiese particolari. (…) L’impegno della Chiesa nell’educazione Nonostante le numerose difficoltà che deve affrontare, la Chiesa in Sudan s'impegna attivamente nel campo dell'istruzione. Le scuole cattoliche godono di una buona reputazione e offrono un alto livello d'insegnamento, per cui molti cercano di iscrivervi i propri figli. La sollecitudine della Chiesa per la formazione morale e civica dei giovani e degli adulti, impartita durante corsi serali organizzati in molte delle vostre scuole parrocchiali, costituisce un contributo ancor più importante al futuro della comunità cristiana e della società nella sua interezza. Questa attività educativa può contribuire in maniera determinante a superare le tensioni etniche, poiché riunisce persone di diversa formazione tribale e sociale. Poiché la legislazione locale impone l'istruzione religiosa nelle scuole pubbliche, la Chiesa in Sudan deve assicurare che gli studenti cattolici possano avvalersi di questa opportunità e quindi deve fornire insegnanti cattolici con un'adeguata formazione che presentino la fede agli studenti cristiani. I vostri sacerdoti e i membri delle comunità religiose sono particolarmente adatti a questo compito e dovrebbero ricevere l'incoraggiamento e la preparazione necessaria per intraprendere questo importante 88 apostolato. Vi esorto a continuare i vostri sforzi per instaurare e sviluppare tale dialogo interreligioso Durante la mia visita a Khartoum nel 1993 espressi la speranza che giungesse una nuova era di dialogo costruttivo e di buona volontà fra i cristiani e i musulmani. Il dialogo interreligioso non è un compito facile. Nel vostro Paese esso è un atto coraggioso di speranza per un Sudan migliore e per un futuro migliore per il suo popolo. Come ho osservato nella mia Esortazione Apostolica post-sinodale Ecclesia in Africa, un concetto essenziale del dialogo fra cristiani e musulmani dovrebbe essere il principio della libertà religiosa, con tutto ciò che essa implica, comprese anche le manifestazioni di fede esteriori e pubbliche (cfr n. 66). Vi esorto a continuare i vostri sforzi per instaurare e sviluppare tale dialogo a ogni livello. (…) 15 dicembre 2003 (…) Santa Bakhita è una splendente fautrice dell'emancipazione autentica Sin da piccola, santa Giuseppina Bakhita ha sperimentato la crudeltà e la brutalità con cui l'uomo può trattare i suoi simili. Rapita e venduta come schiava quando era ancora bambina, ha conosciuto fin troppo bene la sofferenza e la vittimizzazione che tuttora affliggono innumerevoli uomini e donne nella sua patria, in tutta l'Africa e nel mondo. La sua vita ispira la ferma determinazione di operare in modo efficace per liberare le persone dall'oppressione e dalla violenza, assicurando che la loro dignità sia rispettata nel pieno esercizio dei loro diritti. È questa stessa determinazione che deve guidare la Chiesa in Sudan oggi, mentre la nazione compie la transizione dall'ostilità e dal conflitto alla pace e alla concordia. Santa Bakhita è una splendente fautrice dell'emancipazione autentica. La sua vita mostra chiaramente che il tribalismo e le forme di discriminazione basate sull'origine etnica, sulla lingua e sulla cultura non fanno parte di una società civile e non hanno assolutamente alcun posto nella comunità dei credenti. 89 Spetta alla Chiesa parlare senza ambiguità a nome di coloro che non hanno voce e essere fermento di pace e di solidarietà La Chiesa nel vostro Paese è profondamente consapevole delle difficoltà e del dolore che colpiscono coloro che fuggono dalla guerra e dalla violenza, in particolare le donne e i bambini, e non mobilita solo le proprie risorse nell'aiutare a far fronte alle loro necessità, ma attinge anche alla generosità di volontari e benefattori esterni. Particolarmente degno di nota, a questo proposito, è il lavoro di Sudanaid, l'agenzia di assistenza nazionale a cui soprintende il Dipartimento per gli Aiuti e lo Sviluppo della vostra Conferenza Episcopale, che giustamente gode di larga stima per i diversi progetti caritativi in cui è impegnata. Fratelli, vorrei suggerire che una base solida per cercare una rappresentanza della Chiesa nel processo di normalizzazione attualmente in corso può essere proprio l'assistenza, tanto necessaria, che essa offre ai numerosi rifugiati e profughi, che sono stati costretti ad allontanarsi dalle loro case e dalle loro terre familiari. Inoltre, i numerosi contributi che la Chiesa offre alla vita sociale e culturale del vostro Paese possono aiutarvi a instaurare rapporti più stretti e positivi con le istituzioni nazionali. Già ora, la presenza di cristiani nel Governo attuale e la riattivazione della Commissione per il Dialogo Interreligioso consentono di constatare una esitante apertura da parte delle guide civili. Dovete fare tutto il possibile per incoraggiare ciò, anche mentre insistete affinché il pluralismo religioso, così come viene garantito dalla Costituzione del Sudan, sia rispettato. Un corollario importante, a questo proposito, è il vostro dovere di affrontare le questioni importanti che riguardano la vita sociale, economica, politica e culturale del Paese (cfr Ecclesia in Africa, n. 110). Come ben sapete, spetta alla Chiesa parlare senza ambiguità a nome di coloro che non hanno voce e essere fermento di pace e di solidarietà, soprattutto laddove questi ideali sono più fragili e minacciati. Come Vescovi, le vostre parole e le vostre azioni non devono mai essere l'espressione di preferenze politiche individuali, ma devono sempre rispecchiare l'atteggiamento di Cristo il Buon Pastore. San Daniele Comboni e il suo impegno per l’inculturazione della fede 90 Tenendo presente questa immagine del Buon Pastore, desidero ora rivolgere la mia attenzione alla figura di san Daniele Comboni, il quale, come sacerdote e Vescovo missionario, ha lavorato instancabilmente per far conoscere e accogliere Cristo in Africa centrale, incluso il Sudan. San Daniele si è preoccupato profondamente che gli africani svolgessero un ruolo importante nell'evangelizzare il continente, e ha avuto l'ispirazione di redigere un piano missionario per la regione, un "piano per la rinascita dell'Africa", che prevedeva l'aiuto da parte degli stessi popoli indigeni. Nel corso della sua attività missionaria, non ha consentito alle grandi sofferenze e alle numerose difficoltà che ha dovuto sopportare, come le privazioni, lo sfinimento, la malattia e la diffidenza, di distoglierlo dal compito di predicare la Buona Novella di Gesù Cristo. Il Vescovo Comboni, inoltre, è stato un grande fautore dell'inculturazione della fede. Si è impegnato molto per conoscere le culture e i linguaggi delle popolazioni locali che serviva. In tal modo, è riuscito a presentare il Vangelo nei modi e conformemente alle usanze che i suoi ascoltatori prontamente comprendevano. In modo molto reale, per noi, oggi, la sua vita è un esempio che dimostra chiaramente che "l'evangelizzazione della cultura e l'inculturazione del Vangelo sono parte integrante della nuova evangelizzazione e sono, perciò, un compito proprio dell'ufficio episcopale" (Pastores gregis, n. 30). Il vostro deve essere un invito, gentile e tuttavia insistente, alla conversione, quella del cuore e della mente Fratelli, questo stesso fervore apostolico, questo zelo missionario e questa profonda preoccupazione per la salvezza delle anime devono distinguere anche il vostro ministero come Vescovi. Rendete vostro primo e principale dovere quello di prendervi cura del gregge che vi è stato affidato, vegliando sul suo benessere spirituale e fisico, trascorrendo del tempo con i fedeli, in particolare con i vostri sacerdoti e i religiosi nelle vostre Diocesi. Il ministero pastorale del Vescovo, infatti, "si esprime in un "essere per" gli altri fedeli che non lo sradica dal suo "essere con" loro" (Pastores gregis, n. 10). In tutto ciò, il vostro deve essere un invito, gentile e tuttavia insistente, alla conversione, quella del cuore e della mente. La fede giunge a maturazione quando i discepoli di Cristo vengono educati e formati nella conoscenza profonda e sistematica della 91 sua persona e del suo messaggio (cfr Catechesi tradendae, n. 19). Pertanto, la formazione permanente dei laici è una priorità della vostra missione di predicatori e insegnanti. La formazione spirituale e dottrinale deve essere volta ad aiutare i fedeli laici a svolgere il loro ruolo profetico in una società che non sempre riconosce o accetta la verità e i valori del Vangelo. Ciò vale in modo particolare per i vostri catechisti: questi servitori impegnati del Verbo hanno bisogno di una formazione adeguata, sia spirituale sia intellettuale, nonché di un sostegno morale e materiale (cfr Ecclesia in Africa, n. 91). Sarebbe utile, inoltre, approntare e mettere a disposizione un catechismo semplice nel linguaggio del popolo. Similmente, testi adeguati nelle lingue locali potrebbero essere preparati e distribuiti, come mezzo per presentare Gesù a coloro che non conoscono il messaggio cristiano e come strumento per il dialogo interreligioso. Questo potrebbe risultare particolarmente utile nelle aree esenti dalla legge della Shari'ah, soprattutto nella capitale federale Khartoum. A questo riguardo desidero anche incoraggiarvi a riprendere i vostri sforzi per istituire un'Università cattolica a Khartoum. Una tale istituzione consentirebbe al grande contributo che la Chiesa offre nell'ambito dell'educazione elementare e secondaria di dare frutti anche in quello dell'educazione superiore. Un'Università cattolica, inoltre, vi sarebbe di grande aiuto nell'adempiere il vostro compito di assicurare che vi siano insegnanti adeguatamente formati per impartire un'istruzione cattolica nelle scuole pubbliche. (…) Dovete essere sempre attenti ai bisogni umani e spirituali della vostra gente Nell'adempiere ai vostri numerosi doveri, voi e i vostri sacerdoti dovete essere sempre attenti ai bisogni umani e spirituali della vostra gente. Non si devono mai spendere tempo e risorse per le strutture diocesane o parrocchiali o per i progetti di sviluppo a scapito delle persone; tali strutture o progetti, inoltre, non devono mai ostacolare il contatto personale con coloro che Dio ci ha chiamato a servire. Equità e trasparenza devono essere i tratti indispensabili che caratterizzano tutte le questioni finanziarie, mentre occorre compiere ogni sforzo possibile per assicurare che i contributi vengano davvero utilizzati per i fini ai quali sono destinati. La missione pastorale della Chiesa e il 92 dovere dei suoi ministri "non di essere serviti ma di servire" (cfr Mt 20, 28) devono sempre essere la preoccupazione prevalente. I concetti del servizio e della solidarietà, inoltre, possono fare molto per favorire una maggiore cooperazione ecumenica e interreligiosa I concetti del servizio e della solidarietà, inoltre, possono fare molto per favorire una maggiore cooperazione ecumenica e interreligiosa. Un'iniziativa specifica che potrebbe aiutare ad accelerare il progresso in questo ambito è l'istituzione di un'agenzia per coordinare i diversi programmi volti a dare assistenza e aiuto umanitario nelle diverse regioni del Paese. Questo coordinamento indubbiamente servirebbe ad aumentare l'efficacia di tali programmi e potrebbe perfino rivelarsi utile al fine di allacciare contatti per il rilascio dei permessi governativi necessari per recarsi in alcune aree. La Conferenza dei Vescovi Cattolici del Sudan potrebbe sostenere e promuovere attivamente una simile agenzia per il coordinamento. Sul modello dell'intesa già esistente nel Sud del Sudan con alcuni membri della Comunione Anglicana, l'agenzia sarebbe aperta ai rappresentanti delle altre denominazioni cristiane e delle altre religioni, incluso l'Islam, favorendo così un clima di fiducia reciproca attraverso la cooperazione comune negli ambiti dell'assistenza educativa e umanitaria. (…) 93