*****SUDAN: PERSECUZIONI (29

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*****SUDAN: PERSECUZIONI (29
Pubblicazione speciale realizzata in occasione della visita al Papa
dei vescovi del Sudan
Città del Vaticano, 8-13 marzo 2010
A cura del SeDoc – Servizio Documentazione della Radio Vaticana
INDICE
La Repubblica del Sudan
Cenni storici e quadro socio-politico
La struttura della Chiesa - Le diocesi
Cronologia della Chiesa
Una Chiesa missionaria impegnata sul fronte della pace
La visita di Giovanni Paolo II del 1993
Le visite ad limina
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Sudan
(As-Sūdān - Al-Jumhūrīyat as-Sūdān)
Superficie 2.503.890 kmq
Confini e territorio. Il Sudan è il più
grande Stato dell‟Africa. Confina a Nord con
l‟Egitto, a Ovest con Libia, Ciad e Repubblica
Centrafricana, a Sud con Uganda, Kenya e
R.D. del Congo, a Est con Etiopia, Eritrea e
Mar Rosso. A Nord si trovano le distese
desertiche della Nubia, a Sud vaste zone
sono occupate da stagni e paludi. Il clima è
ovunque caldissimo con differenze per il
variare della piovosità e dell‟escursione
termica.
Capitale Al Khartūm = Khartoum
Popolazione 37.223.000 ab.
Gruppi etnici La popolazione è divisa in più di 50 gruppi etnici. Il Nord
è abitato in gran parte da arabi, che rappresentano il 45% della
popolazione totale del Sudan, mentre rimangono solo piccole
minoranze delle antiche tribù nubiane. Nel Nord-Est vivono i Beja, un
consistente gruppo etnico di pastori nomadi, non di stirpe araba, ma di
origine camitica. Sui Monti Nuba, vive la popolazione omonima, l‟unica
del Nord Sudan che segue ancora la religione tradizionale pagana. I
popoli del Sud sono di stirpe nilotica (Nuer, Dinka, Shilluk),
nilo-camitica (Bari) e Bantu (Azande). Nel Darfur vivono i Fur dal quale
la regione trae il nome. I Fur, che costituiscono il 13% degli abitanti
della regione, sono i discendenti degli abitanti originari della zona (fonte:
Fides).
Lingua L‟arabo è la lingua ufficiale ed è parlato dalla maggior parte
della popolazione, anche in diverse varianti dialettali. Abbastanza
diffuso anche l‟inglese. Al Sud, vi è una maggiore varietà linguistica:
l‟idioma più diffuso è il Dinka, seguito dal Nuer e dallo Zande (fonte:
Fides).
Religione Maggioranza musulmana sunnita (70% circa - Rapporto
2008 ACS). Cristiani: 17% circa, di cui cattolici 15,5% (5.771.000 Annuario Statistico della Chiesa 2007); religioni tradizionali africane:
circa 10%.
Forma di Governo Repubblica presidenziale
Presidente e capo del Governo Omar H. A. el Bashir (NCP), dal 1989,
eletto nel 1996 e rieletto nel 2000. Dopo gli accordi del 2005 al
Presidente sono stati affiancati due Vicepresidenti (uno dei quali del
SPLM).
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Unità monetaria sterlina sudanese (100 piastre)
Indice di sviluppo umano 0,516 ( 141 ° posto)
Membro di Lega Araba, OCI, ONU e UA, associato UE
Cenni storici e quadro socio-politico
Erede dell'antica Nubia e di una tradizione di Stati prima cristiani
e poi musulmani, condominio anglo-egiziano (dal 1899), il Sudan
è diventato indipendente il 1° gennaio 1956. Soggetto alle
dittature del gen. Ferik Ibrahim Abboud (1958-1964) e del gen.
Jafaar al-Nimeiry (1969-1985), il Paese è tornato sotto un
regime militare con il colpo di stato di Omar Hassan el Bashir (30
giugno 1989), trasformato in governo civile nel 1993 sotto la
guida del National Congress Party (NCP). Il prossimo 11 aprile
si terranno le prime elezioni multipartitiche dopo 24 anni. A
contendere la presidenza dell‟attuale Capo dello Stato uscente
Omar H. A. Hassan, sarà Yasser Arman, alto esponente del
Movimento popolare per la liberazione del Sudan (SPLM).
Rispetto al suo immenso territorio, il Sudan è sotto-popolato. La
densità media è di circa 9 abitanti per chilometro quadrato, ma
la maggior parte degli abitanti vive nella regione della Gezira,
situata tra i due rami del Nilo, nella parte più fertile del territorio.
Port Sudan è l‟unico porto del Paese fin dall‟inizio del „900,
quando ha preso il posto del vecchio porto Suakin. Lo
sfruttamento petrolifero garantisce circa tre quarti delle
esportazioni del Paese. Nonostante tutto il 60% della forza
lavoro è impiegato nell‟agricoltura, che contribuisce al 40% del
Pil. I campi più sviluppati sono quelli della produzione del sorgo,
del cotone e dell‟allevamento. Solo il 12-13% dei sudanesi si
dedica attualmente alla pastorizia nomade e all‟allevamento dei
dromedari, attività principale della popolazioni arabe nei secoli
passati. Le terre più fertili del Paese sono proprio quelle situate
nella parte meridionale.
I conflitti in Sudan
La convivenza di diversi gruppi etnici, linguistici e religiosi è una
delle cause dei molteplici conflitti che hanno sconvolto e
continuano, almeno in parte, a sconvolgere il Sudan.
Le regioni meridionali, a maggioranza cristiana, sono state per
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decenni teatro di una sanguinosa guerra civile, animata
dapprima (1955-72) dal movimento Anya Nya e, dal 1983,
dall‟Esercito popolare di liberazione del Sudan (SPLA), braccio
armato dell‟SPLM (Movimento popolare di liberazione del Sudan).
Un accordo di pace (Comprehensive Peace Agreement, CPA) tra
governo centrale e lo SPLA, firmato il 9 gennaio 2005 a Nairobi
(Kenya), ha riconosciuto il governo autonomo del Sudan
meridionale, prevedendo un referendum sull‟indipendenza della
regione entro il 2010 (data poi rinviata al 2011) e
l‟organizzazione di elezioni presidenziali, legislative e regionali
fissate poi per l‟11 aprile 2010. È stata concordata inoltre la
suddivisione tra governo centrale e SPLA delle entrate petrolifere
prodotte dai giacimenti del centro-sud. A Rumbek hanno sede
l‟Assemblea e il Governo di transizione del Sudan meridionale
previsti dal CPA. La nuova Costituzione firmata il 5 luglio 2005
dalla NCRC (la speciale Commissione nazionale per la revisione
costituzionale) configura lo Stato come Repubblica federale, con
un Presidente e un Parlamento bicamerale eletti a suffragio
universale. Intanto, sulla base del CPA del 2005, è stata creata
un‟Assemblea Nazionale di 450 membri nominati dal Presidente
(appartenenti per il 52% al NCP, per il 28% al SPLM e per il 20%
agli altri partiti), con un governo di unità nazionale formato
secondo le stesse quote. Al Presidente in carica sono stati
affiancati due Vicepresidenti (uno dei quali del SPLM).
Nel Darfur dal 2003 è in atto la lotta di due movimenti
autonomisti - il Movimento per la giustizia e l‟uguaglianza (JEM)
e l‟Esercito di liberazione sudanese (SLA) - contro i miliziani arabi
“Janjaweed” a lungo protetti dal governo centrale. Nell‟aprile
2006 il Consiglio di sicurezza dell'ONU ha imposto sanzioni ai
responsabili dei massacri del Darfur. Il governo sudanese ha
rifiutato l‟invio di una forza di pace delle Nazioni Unite in
sostituzione dei militari dell‟Unione Africana presenti nella zona
dal 2004. Nel maggio 2006 il governo ha firmato un accordo di
pace con un‟importante fazione del principale gruppo ribelle,
l‟Esercito di liberazione sudanese (SLA), mentre nel febbraio
2009 il JEM ha firmato un‟intesa con l‟obiettivo di creare le
condizioni necessarie a un accordo di pace formale. Il 23
febbraio 2010 Amin Hassan Omar, capo dei negoziatori del
governo sudanese, e Ahmed Tugud, leader della delegazione del
JEM hanno firmato a Doha (Qatar), il cessate-il-fuoco, entrato
in vigore il 24 febbraio, e un accordo quadro che spiana la strada
ad un‟intesa di pace definitiva tra le due parti che dovrebbe
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essere firmata entro il 15 marzo. Alla cerimonia di firma
dell‟accordo erano presenti il Presidente sudanese Omar
Al-Bashir, il Presidente ciadiano Idriss Deby, e quello dell‟Eritrea,
Issaias Afeworki, oltre all‟Emiro del Qatar Sheikh Hamad bin
Khalifa Al Thani. L'accordo quadro prevede la costituzione da
parte del gruppo ribelle di un partito politico dopo la firma
dell'accordo finale, che potrà partecipare alla condivisione del
potere “a tutti i livelli (esecutivo, legislativo) secondo modalità
da stabilire ulteriormente tra le due parti”. L‟intesa prevede
inoltre l‟integrazione dei combattenti ribelli nell‟esercito e nella
polizia, la liberazione dei prigioni di guerra, l‟amnistia per i
membri civili e militari del JEM, e la revoca di più di 100
condanne a morte. Altri punti salienti dell‟accordo sono il
versamento di un indennizzo, ancora da definire, per le vittime
del conflitto nel Darfur, lo sviluppo della regione e delle misure
per facilitare il “ritorno volontario” dei 2,7 milioni di sfollati del
conflitto, che ha provocato dai 200mila ai 300mila morti,
secondo l‟ONU (le vittime sarebbero solo 10mila per il governo
sudanese). L‟Emiro del Qatar ha promesso la creazione di una
banca, con un fondo di un miliardo di dollari, per la ricostruzione
del Darfur. L‟accordo siglato a Doha rasserena sia il quadro
politico interno sudanese, sia le relazioni tra gli Stati della
regione, anche alla luce del recente accordo di “normalizzazione”
dei rapporti tra Ciad e Sudan e del protocollo di sicurezza delle
frontiere (a gennaio) che hanno impresso una svolta decisiva al
negoziato con il JEM, perché questo gruppo ha le sue retrovie
strategiche in territorio ciadiano. Nei giorni successivi alla firma
dell‟accordo di Doha almeno 140 persone sono rimaste uccise in
Darfur in scontri tra l‟esercito e il Sudan Liberation
Army-Abdelwahid, uno dei gruppi che non ha aderito alle intese.
Le nuove violenze non dovrebbero tuttavia minacciare il
negoziato per raggiungere una pace definitiva.
In riferimento alla campagna di violenza, stupri e sfollamento
forzato della popolazione del Darfur, va ricordato dal 14 luglio
2008 sul Presidente Omar Hassan Ahmed el Bashir pende
un‟incriminazione del Tribunale Penale Internazionale (TPI) per
crimini di guerra, crimini contro l'umanità e genocidio.
Nelle regioni al confine con l’Eritrea è inoltre attivo il Fronte
Orientale, movimento autonomista che si batte per la difesa dei
Beja e dei Rashaida, nomadi non arabi. Dopo alcuni scontri di
confine, il 3 maggio 2007 Sudan e Ciad hanno firmato a Riyadh
un accordo di pace che dovrebbe garantire il reciproco rispetto
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della sovranità territoriale. Altro punto caldo in Sudan è
l‟Equatoria Occidentale, in Sud Sudan, dove imperversano i
guerriglieri ugandesi dell'Esercito di Resistenza del Signore
(LRA), che compiono atrocità contro la popolazione inerme. A
questo si aggiungono gli scontri tra le comunità negli Stati
meridionali di Jonglei, Upper Nile e Lake. Diversi attacchi da
parte dell'LRA negli Stati equatoriali hanno costretto alla fuga
migliaia di persone.
(Fonti Fides, De Agostini; Sapere.it; agenzie - lz)
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LA CHIESA IN SUDAN
Struttura
Conferenza episcopale:
Sudan Catholic Bishops’ Conference (SCBC)
Presidente:
Mons. Rudolf Deng MAJAK, vescovo di Wau
Nunzio apostolico: Mons. Leo BOCCARDI, arciv. tit. di Bitetto
Per venire incontro alle necessità dei fedeli del Nord e Sud Sudan,
la Conferenza episcopale, pur mantenendo l‟unità come ente, si
è sdoppiata nelle funzioni. I vescovi delle diocesi nel territorio
settentrionale si sono associati come Conferenza episcopale
sudanese (Sudan Catholic Bishops Conference, North - SCBC).
I vescovi delle diocesi meridionali, in territorio autonomo, si sono
associati come Conferenza regionale dei vescovi cattolici del
Sudan (Sudan Catholic Bishops Regional Conference, SCBRC)
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Le diocesi
La Chiesa cattolica in Sudan conta nove circoscrizioni
ecclesiastiche, cinque nelle zone del nord (Khartoum, Malakal,
Juba, Wau e una parte di el Obeid) e quattro nell‟area meridionale
(Rumbek, Tambura-Yambio, Torit, Yei, più la restante porzione
della diocesi di el Obeid).
Arcidiocesi metr. di Khartoum: cardinale Gabriel Zubeir WAKO
Diocesi di El Obeid Mons. Macram Max GASSIS, M.C.C.I.
Arcidiocesi metr. di Juba Mons. Paulino Lukudu LORO,
Diocesi
Diocesi
Diocesi
Diocesi
Diocesi
Diocesi
di
di
di
di
di
di
Malakal vacante
Rumbek Mons. Cesare MAZZOLARI, M.C.C.I.
Tombura-Yambio Mons. Dward Hiiboro KUSSALA
Torit Mons. Akio Johnson MUTEK
Wau Mons. Rudolf Deng MAJAK
Yei Mons. Erkolano Lodu TOMBE
Cronologia schematica della Chiesa in Sudan
La prima evangelizzazione della parte settentrionale di quella che
oggi è chiamato Sudan, ebbe luogo tra gli anni 543 e 580 d.C. ad
opera del clero monofisita e cattolico di Bisanzio. Si sviluppò allora
la Chiesa con i vescovi passati tutti in seguito sotto il Patriarca
Copto di Alessandria. Dal 1275 al 1325, con il crollo del Regno
cristiano di Nubia, seguì la sparizione quasi completa del
cristianesimo. Nel territorio rimase solo qualche comunità
francescana. Nel secolo XIX iniziarono i tentativi delle missioni
moderne occidentali.
1842 Apertura della prima scuola cattolica a Khartoum ad opera
del missionario italiano padre L. Montuosi.
1846 Istituzione del Vicariato Apostolico dell‟Africa Centrale
affidato a mons. A. Casolari. I confini del Vicariato non sono però
molto ben definiti.
1848-1862 Missionari del clero regolare e secolare tentano
l‟evangelizzazione del Sud Sudan: viene iniziata la costruzione di
chiese a Gondokoro, vicino a Juba (1853), ad Abu Koka (1854) e
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a Kakà, nell‟Alto Nilo (1862). A questi anni (1857) risale la prima
visita di Daniele Comboni in Sudan. L‟impresa di evangelizzazione
si interrompe bruscamente nel 1862 con la chiusura della
Missione dell‟Africa Centrale che riaprirà nel 1872. Durante
questo decennio rimane solo qualche missionario francescano a
Khartoum.
1871 Iniziata la costruzione di una nuova chiesa a El-Obeid
1872-1881 Mons. Daniele Comboni, come Pro-Vicario Apostolico,
ritenta, con parziale successo, l‟evangelizzazione del territorio,
un‟opera bruscamente interrotta dalla sua morte il 10 ottobre
1881.
1881-1898
La
rivoluzione
Madhista
(regime
islamico-escatologico-teocratico) distrugge tutte le missioni.
1890 Viene battezzata in Italia Giuseppina Bakhita (1869-1947),
la prima santa sudanese beatificata da Giovanni Paolo II nel 1992
e canonizzata nel 2000.
All’inizio del XX secolo i Missionari Comboniani ricominciarono
l’evangelizzazione diretta del Sud e indiretta del Nord con
aperture di scuole cattoliche. L’originario Vicariato apostolico
dell’Africa Centrale venne diviso diverse volte nel periodo dal
1913 al 1960.
1905 Introdotta la prima legge che regolamenta la presenza della
Chiesa in Sudan: il governo coloniale divide il territorio sudanese
in diverse zone di influenza religiosa, assegnando il Nord all'Islam
e il Sud alle Chiese cristiane.
1913 Erezione la Prefettura apostolica di Wau (poi Vicariato
apostolico dal 1917)
1927 Erezione della Prefettura apostolica di Juba (poi Vicarialo
apostolico dal 1951)
1928 A Okaru (Bahr el Gebel), viene aperto il primo seminario
minore del Sudan.
1929 A Khartum il Catholic Church School dei missionari
comboniani viene riorganizzato in due scuole: il “Comboni
College” (per ragazzi) e la “Sisters' School” (per ragazze).
1933 Istituzione della Missio sui iuris di Malakal (dal 1938
Prefettura Apostolica e diocesi dal 1974)
1944 Vengono ordinati i primi tre sacerdoti sudanesi autoctoni.
1949 Erezione della prefettura apostolica di Mupoi (diocesi dal
1974).
1955 Consacrazione del primo vescovo sudanese, Ireneo Dud
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Wien. Erezione del Vicariato Apostolico di Rumbek (diocesi dal
1974).
1956 Apertura del primo Seminario maggiore nazionale del
Sudan
1957 Dopo l‟indipendenza del Sudan (1956) vengono
nazionalizzate tutte le scuole delle missioni del sud, mentre inizia
la guerra civile. Viene introdotta la “Societies Registration Act” (in
seguito più volte emendata) che regolamenta la presenza della
Chiesa in Sudan. Erezione del Vicariato apostolico di El Obeid
(diocesi dal 1974)
1962 Varata una nuova legge sull‟attività missionaria delle
Chiese in Sudan (“Missionary Act”).
1964 Espulsione di tutti i missionari dal Sud Sudan.
1969 Stabilimento delle relazioni diplomatiche tra Sudan e Santa
Sede.
1974 Istituzione della Gerarchia con la creazione di sette
diocesi. Le diocesi di Khartoum e Juba elevate al rango di
arcidiocesi.
2 maggio 1983 Erezione della nuova diocesi di Torit. Nello
stesso anno in Sudan viene introdotta la Sharia, la Legge islamica.
1984 Primo Congresso Eucaristico Nazionale.
21 marzo 1986 Erezione della nuova diocesi di Yei.
1992 Beatificazione di Giuseppina Bakhita.
1993 Visita pastorale di Giovanni Paolo II in Sudan
1994 Secondo Congresso Eucaristico Nazionale.
1996 Beatificazione di mons. Daniele Comboni. La Chiesa
sudanese celebra l'Anno Comboniano in preparazione al Giubileo
del 2000.
2003 Canonizzazione del Beato Daniele Comboni.
2003 Mons. Gabriel Zubeir Wako, arcivescovo di Khartoum, viene
elevato al cardinalato.
Febbraio 2006 Visita in Sudan del Card. Crescenzio Sepe,
Prefetto della Congregazione per l‟Evangelizzazione dei Popoli.
17 dicembre 2009 Presentazione in Vaticano delle Lettere
Credenziali del nuovo ambasciatore del Sudan, Sulieman
Mohamed Mustafa.
(Fonti
principali:
Guida
delle
Missioni
Cattoliche,
www.eglisesoudan.org - lz)
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Una Chiesa missionaria attivamente
impegnata sul fronte della pace e della
riconciliazione
La Chiesa del Sudan è nata con i missionari che in molte aree sono
ancora un elemento fondamentale della Chiesa locale. I
missionari e le missionarie comboniane, in particolare,
continuano a svolgere un ruolo centrale nell‟animare la Chiesa
sudanese e nelle attività di promozione umana. Ogni parrocchia
e comunità comboniana ha almeno una o due scuole o un centro
sanitario. Oltre ai Comboniani e alle Comboniane nel Paese
operano, tra gli altri, le religiose della Congregazione di Santa
Giovanna Antida Thouret (Suore della Carità) presenti nel Darfur,
a El Kasher, a Nyala e nella capitale Khartoum. Le religiose
operano essenzialmente in tre campi: sanità, educazione e
pastorale. Di fronte alla piaga dei minori ridotti in schiavitù e
costretti a diventare bambini soldato, sono inoltre molto attivi i
Padri Trinitari e l‟Ordine dei Mercedari.
Il principale fronte di impegno della Chiesa in questo martoriato
Paese resta naturalmente quello della pace. Ripetuti e incessanti
sono stati in questi anni di guerra le denunce e gli appelli dei
vescovi alle parti in conflitto e alla comunità internazionale per la
pacificazione e la riconciliazione. Appelli che sono ripresi nei mesi
scorsi con l‟avvicinarsi delle delicate scadenze elettorali dei
prossimi mesi che decideranno il futuro del Paese. Per rendere più
incisiva questa azione di riconciliazione in seno alla Conferenza
episcopale è stata rafforzata la Commissione Giustizia e Pace che
oggi ha sedi in tutte e nove le diocesi sudanesi. In questa opera
di pacificazione alla Chiesa sudanese non è mancata la grande
solidarietà delle Chiese di altri paesi, a cominciare da quelle
africane, tra cui si segnala quella sudafricana. Sempre sul fronte
della pace, una particolare attenzione è stata data dall‟Episcopato
anche alla promozione del dialogo interreligioso, che tuttavia non
ha dato sinora grandi frutti.
Insieme alle altre Chiese cristiane sudanesi, i vescovi continuano
poi ad essere attivamente impegnati nell‟assistenza alle
popolazioni colpite dalla guerra e nelle attività di sviluppo e
promozione umana. La Chiesa cattolica gestisce ospedali,
ambulatori, lebbrosari, case per invalidi e anziani, giardini
d‟infanzia e orfanotrofi, ma anche scuole di ogni ordine e grado.
Le strutture sanitarie rivestono una particolare importanza perché
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nel Sud Sudan vi è una forte incidenza di malattie come la
tubercolosi e la lebbra.
(Fonti: agenzie cattoliche - lz)
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La vita della Chiesa
Mons. Taban denuncia la drammatica situazione in Sud Sudan
29 set 94 - "Il Governo di Khartoum lascia alla nostra gente solo la
libertà di morire. Nessuno può parlare o protestare nelle zone
controllate dal governo. solo noi da Nairobi possiamo far conoscere
cosa sta succedendo in Sudan. ci vogliono eliminare tutti". È la
drammatica denuncia di mons. Paride Taban, vescovo di Torit, che
richiama l'attenzione sulla situazione in Sudan, dove per la guerra civile,
iniziata nel 1983, la siccità e le politiche etnocide del governo di
Khartoum sono già morte oltre un milione e trecentomila persone. In
Sudan la violazione dei diritti umani è all'ordine del giorno, mentre si
moltiplicano gli episodi di intolleranza religiosa. La giunta militare del
generale El Bashir, infatti, ha più volte accusato di apostasia i
musulmani convertiti al cristianesimo e si conoscono casi di cristiani
frustati e crocifissi. tutto questo nell'indifferenza piu' totale della
comunita' internazionale.
I Superiori Provinciali dei Missionari Comboniani, insieme ai membri
della loro direzione generale, hanno ancora una volta lanciato appelli
a favore della popolazione sudanese. Nell'appello rivolto ai ministri
degli esteri di diverse nazioni chiedono un intervento concreto ed
efficace da parte dei governi richiamandosi ai principi di salvaguardia
dei diritti umani. Essi si sono inoltre rivolti alle conferenze episcopali,
chiedendo ai vescovi di fare il possibile "per spronare i cattolici ad
un'azione di giustizia, come prova della loro fede nella dignità e nei
diritti di persone e popoli".
La Chiesa sudanese si sta impegnando attivamente per
sottrarre alla schiavitù diversi bambini del Sudan meridionale
31 ott 94 - La Chiesa sudanese si sta impegnando attivamente per
sottrarre alla schiavitù diversi bambini del Sudan meridionale, destinati
ad essere "venduti" nei paesi del Medio Oriente e del Golfo Persico. La
notizia, pubblicata il 6 ottobre dall'agenzia di stampa cattolica Cip, è
stata confermata da mons. Konrad Lachermayer, presidente
dell'organizzazione cattolica "Missio", con sede in Germania. Per
riscattare alcuni bambini vittime di questa pratica secolare i vescovi
sudanesi hanno accettato di pagare fino a quattrocento dollari per ogni
"schiavo". E' questo infatti il prezzo preteso dai rapitori per restituire i
bambini ai loro genitori. Anche se non esiste "ufficialmente", la pratica
della schiavitù è molto diffusa in Sudan e nel continente africano. Ogni
anno in Africa vengono venduti 45 mila schiavi. La maggior parte sono
donne, spesso costrette alla prostituzione.
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Nuova denuncia di mons. Taban
7 dic 94 - La politica del governo del Sudan è peggiore della
segregazione razziale, perché è una politica di "conquista, sfruttamento,
schiavitù, islamizzazione e guerra". Lo scrive mons. Paride Taban,
vescovo della diocesi sudanese di Torit, nella sua lettera pastorale
d'Avvento. Mons. Taban rileva infatti come il Sudan sia diventato il
centro del fondamentalismo islamico con piani di espansione in tutta
l'africa. ecco perché Karthoum è in guerra nel sud del paese dove la
popolazione e' in maggioranza cristiana o seguace delle tradizionali
religioni africane. quanto alla chiesa essa "combatte duramente e
coraggiosamente per eliminare ingiustizia, crudelta', torture, limitazioni
alla liberta', cattivi comportamenti dei soldati di tutte le parti in conflitto,
e denuncia, insieme a molti altri gruppi, gli abusi dei diritti umani. Essa
- aggiunge mons. Taban - rimane con il popolo e lo accompagna in tutti
gli spostamenti all'interno e all'esterno del Sudan". Il vescovo di Torit
parla poi dell'impegno della chiesa accanto alle organizzazioni non
governative nei servizi sanitari e in quelli educativi: "Prima di tutto scrive- la chiesa assiste il popolo pregando e soffrendo con esso e poi
divenendo compagna nella sua lotta per la riconciliazione e la pace".
Facendo riferimento all'incontro interreligioso di Khartoum, lo scorso
ottobre, mons. Taban parla di una "cortina impenetrabile", di una totale
incomunicabilità cioè tra chiesa e governo. Cristiani e musulmani usano
le stesse parole, però l'uso pratico di queste parole è completamente
diverso. mons. Taban aggiunge nella sua lettera pastorale che i vescovi
si impegnano da diversi anni a collaborare con i musulmani nella scuola,
nella sanità e nell'alleviare la fame, "ma il nostro lavoro - scrive - viene
ristretto e il nostro appello alla pace muore in orecchie sorde". La
lettera pastorale per l'Avvento del vescovo di Torit si conclude con una
serie di proposte per porre termine a 30 anni di guerra civile e per
restaurare un clima di pace e di dialogo.
Per la prima volta in Sudan una Bibbia stampata in lingua araba
13 gen 95 - Per la prima volta in Sudan una Bibbia è stata stampata in
lingua araba. ne ha dato notizia il bollettino della conferenza episcopale
sudanese. si tratta dell'edizione del nuovo testamento tradotto in arabo
dai gesuiti libanesi nel 1989, con le note della famosa bibbia di
Gerusalemme. L'edizione è stata curata dal centro pastorale, liturgico
e catechetico della arcidiocesi di Khartoum previo nulla osta delle
autorità governative, che hanno posto come limite soltanto
l'invendibilità all'estero del libro. Del Nuovo Testamento in arabo sono
state stampate a Khartoum già 5 mila copie in grande formato, mentre
altre 25 mila copie in formato tascabile saranno stampate entro
quest‟anno per venire incontro alle richieste dei catechisti, degli
studenti e degli operatori pastorali.
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I cristiani contro la nuova legge che regola la presenza
missionaria in Sudan
31 gen 95 - I cristiani in Sudan criticano la nuova legge che regola la
presenza missionaria in Sudan. Il "New Missionary Societies Act" questo il nome originale del documento- viene ritenuto infatti piu'
limitante e pericoloso del precedente, che risale al 1962. In sostanza il
decreto equipara la chiese cristiane ad organizzazioni di volontariato
delle quali è competente un ministro e la cui registrazione e' affidata ad
un funzionario. Tale equiparazione viene interpretata dai vescovi
cattolici come un controllo e un limite all'azione evangelizzatrice.
L'arcivescovo di Kharthoum, mons. Gabriel Zubeir Wako, ha gia'
espresso le sue riserve non accettando le regole per la iscrizione nello
speciale registro. Gli altri vescovi sudanesi, riuniti in sessione speciale,
condividono la posizione di mons. Wako, e presto renderanno contatto
con le altre confessioni cristiane presenti in Sudan. Lo scopo è quello
di giungere alla pubblicazione di un documento comune.
Nella lettera per la Pentecoste mons. Taban denuncia ancora le
violenze in Sud Sudan
1 mag 95 - Nel Sudan meridionale violenze, crudeltà e bombardamenti
contro la popolazione civile ad opera delle forze governative continuano
ad essere all'ordine del giorno. lo scrive il vescovo della diocesi di Torit,
mons. Paride Taban, nella sua lettera per la Pentecoste, che richiama
ancora una volta l'attenzione sulla drammatica situazione del paese
nordafricano, dove la guerra civile e la politica etnocida del governo di
khartoum hanno fatto oltre un milione di morti. Mons. Taban si è recato
in questi giorni in Francia per incontrare i responsabili delle
organizzazioni umanitarie, ma soprattutto per chiedere al governo
francese di interrompere gli aiuti economici al governo sudanese. la
politica "razzista" e di islamizzazione forzata condotta da quest'ultimo
contro la popolazione del Sudan meridionale (in maggioranza cristiana
o seguace delle tradizionali religioni africane) - ha affermato il presule,
nel corso di una conferenza stampa - si sta di fatto trasformando in un
vero e proprio genocidio.
Attacchi della stampa sudanese contro mons. Gabriel Zubeir
Wako
6 mag 98 - La stampa araba di Khartoum ha sferrato, lunedi' scorso,
un attacco contro l'arcivescovo mons. Gabriel Zubeir Wako, che oggi si
trova a Nairobi. Nella capitale kenyana, mons. Zubeir prende parte ai
colloqui di pace fra il governo di Khartoum e lo SPLA, l'Esercito Popolare
di Liberazione del Sudan. Secondo i giornali della capitale, l'arcivescovo
si sarebbe reso colpevole di oltraggio alla corte non avendo pagato i
664 mila 280 dollari della penale recentemente comminatagli dalla
corte distrettuale di Omdurman. La condanna, come e' noto, e' stata
emessa al termine di un procedimento giudiziario dovuto al mancato
15
pagamento da parte della arcidiocesi di Khartoum di 30.136 dollari di
derrate alimenentari, di cui non sono state ritrovate le ricevute. gli
attacchi della stampa araba sono stati, nello stesso giorno, rintuzzati
da un comunicato della stessa arcidiocesi nel quale viene riassunta
l'intera vicenda compreso l'arresto dell'arcivescovo, poi scarcerato.
Intanto, domani, il sacerdote Ilario Loswot boma dovrà presentarsi alla
sicurezza pubblica per rispondere all'accusa "di aver invitato i cristiani
radunatisi di fronte al luogo di detenzione dell'arcivescovo a liberarlo
con la forza, qualora non fosse stato rilasciato entro le ore 18", del 1°
maggio.
L'indipendenza del Sudan meridionale da quello settentrionale,
musulmano, è l'unica soluzione oggi possibile per porre fine
alla guerra civile afferma mons. Mazzolari
6 nov 98 - L'indipendenza del Sudan meridionale da quello
settentrionale, musulmano, è l'unica soluzione oggi possibile per porre
fine alla guerra civile che da oltre 40 anni insanguina questo paese. E'
l'opinione espressa da padre Cesare Mazzolari, amministratore
apostolico di Rumbek nel sudan meridionale, in un'intervista all'agenzia
cattolica svizzera Apic. Nell'intervista padre Mazzolari denuncia ancora
una volta le persecuzioni e discriminazioni attuate dal governo
fondamentalista di Khartoum contro le martoriate popolazioni del sud
del paese, prevalentemente animiste e cristiane. In Sudan - ha detto
– è in atto un vero e proprio genocidio: "le milizie governative
assalgono i villaggi di notte e uccidono innocenti" e "tutti i non
musulmani sono discriminati sul piano politico e religioso". Tutto questo
nella completa indifferenza della comunità internazionale: "Il
mondo - ha aggiunto - ha le mani sporche in Sudan". Egli ha quindi
lanciato un appello alla solidarietà con le popolazioni sudanesi colpite
dalla fame, provocata oltre che dalla guerra, dalla siccità di quest'estate
e adesso dalle inondazioni che fanno marcire i raccolti.
Due sacerdoti sudanesi sotto processo a Khartoum rischiano la
crocifissione
KHARTHOUM, 14 dic 98 - Due sacerdoti sudanesi sotto processo a
Khartoum rischiano di morire crocifissi, qualora venissero ritenuti
colpevoli del delitto di complotto contro il regime. La denuncia viene da
Solidarietà Cristiana Internazionale (CSI, in sigla), un gruppo per i
diritti umani, che ha sede a Ginevra. I due sacerdoti si chiamano Hilary
Boma e Lino Sebit e sono accusati, insieme ad altri 28 fedeli, di aver
pianificato e condotto una serie di attentati, nel giugno scorso, per
appoggiare gli indipendentisti del Sud Sudan. Il gruppo di CSI si e' gia'
rivolto alla signora Mary Robinson, Alto Commissario delle Nazioni
Unite per i Diritti Umani, mettendo in dubbio la linearita' del processo
in corso e la fondatezza delle accuse. L'arcivescovado di Khartoum,
infatti, afferma ripetutamente, fin dall'inizio, che i due sacerdoti sono
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innocenti. Nel messaggio alla Robinson, CSI rammenta che la propria
azione si svolge dietro una " minaccia di crocifissione, che gettera'
orrore sui cristiani di tutto il mondo e sulla comunita' internazionale".
"Noi ci riferiamo - aggiunge il messaggio di CSI - alla sorte incerta dei
due sacerdoti sudanesi che presto potrebbero essere crocifissi se il
tribunale riconoscerà le accuse di aver partecipato in un complotto
contro il regime, che detiene il potere dal 1989". L'organizzazione, con
lo stesso messaggio. Chiede la liberazione di 137 donne e bambini,
parte di quelle migliaia di donne e di bambini africani usati come schiavi
dai soldati del Fronte Nazionale Islamico nelle regioni sudanesi di Darfur
e Kordofan. La lista include anche neonati di qualche mese. A quattro
confratelli, che sono andati a visitarlo in prigione, don Boma ha detto
di essere stato torturato e costretto a firmare una confessione di crimini
contro lo Stato. Don Boma ha rivelato che anche don Sebit era sotto
tortura.
Il messaggio di mons. Zubeir per la Pasqua 1999
KHARTOUM, 7 apr 99 - "La Pace sia con te" è il titolo scelto da Mons.
Gabriel Zubeir, arcivescovo di Khartoum per il suo tradizionale
messaggio pasquale. E la pace è stato significativamente il tema
centrale intorno al quale hanno ruotato le celebrazioni pasquali
nell'arcidiocesi. Il venerdì precedente la Settimana Santa tutte le
parrocchie di Khartoum hanno celebrato una giornata di preghiera e di
digiuno per invocare il ritorno della pace nel martoriato paese. Nel suo
messaggio Mons. Zubeir invita i fedeli a rivolgersi a Gesù, l'unico che
può restituire la pace al Sudan. "La pace - scrive - non è quello che ci
aspettiamo in questa Pasqua. Eppure è il saluto e il dono con il quale
Gesù si presenta a Pasqua. Egli è Colui che ha patito grandi sofferenze...
Per i suoi discepoli la Sua pace era riconciliazione e perdono.... Possa
Gesù offrire a tutti noi il suo dono di pace".
Programma educativo dei JRS in Sudan
NIMULE, 4 giu 99 - Comincia a dare i suoi frutti uno speciale
programma educativo avviato due anni fa dal JRS, il Jesuit Refugee
Service, a favore degli sfollati a Nimule, nel sud del Sudan. Il progetto
prevede una serie di corsi di aggiornamento per maestri elementari per
migliorare la qualità dell'insegnamento. Come spiega infatti Mike Foley,
un responsabile del JRS che ha visitato recentemente Nimule, quando
esso fu avviato nel 1997 molti insegnanti avevano perso anche le più
elementari capacità di insegnamento a causa dei disastri provocati da
15 anni di guerra civile e dalla mancanza dei più semplici strumenti
didattici, come giornali o libri da leggere. Il programma ha posto questi
insegnanti davanti alla sfida di portare la propria preparazione ad uno
standard accettabile per potere offrire un'efficace educazione ai ragazzi
a loro affidati. Una sfida accolta con entusiasmo, come dimostra il
numero dei partecipanti ai corsi organizzati dal JRS. Gli insegnanti sono
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riusciti a trasmettere questo entusiasmo alle proprie classi, con il
risultato che molti bambini che avevano smesso di frequentare
regolarmente le lezioni per la bassa qualità dell'insegnamento impartito
hanno fatto ritorno a scuola, sforzandosi di recuperare il tempo perduto.
Così gli studenti sono passati dai 3.400 della fine del 1998 agli oltre
4.000 di quest'anno. Il successo del programma è stato reso possibile
anche dal cambiamento della politica dello SPLA, l'Esercito di
Liberazione del Popolo Sudanese, che controlla la regione e che non ha
sinora ostacolato il progetto stesso.
Progetto dei Trinitari per la costruzione di centri di accoglienza
e si formazione per bambini liberati dalla schiavitù in Sudan
ROMA, 21 giu 99 - L'Ordine della Santissima Trinità sta preparando un
progetto per la costituzione di centri di accoglienza e si formazione per
bambini liberati dalla schiavitù in Sudan. Per realizzare il progetto è
stata avviata una campagna di raccolta di fondi e 5 trinitari si stanno
già preparando alla missione studiando l'arabo a Il Cairo. Fino ad ora i
fondi raccolti sono stati messi a disposizione dell'arcivescovo di
Khartoum e di quello di El Obeid perché vengano utilizzati per liberare
ed assistere i bambini schiavi. Probabilmente entro l'anno prossimo,
come ha detto a Fides padre. Isidoro Murciego, direttore del progetto,
i trinitari entreranno all'opera direttamente sul territorio sudanese con
istituzioni adatte al recupero dei bambini riscattati. I Trinitari furono
fondati nel 1198 da San Giovanni Matha, con la collaborazione di San
Felice di Valois. A 800 anni dalla fondazione, l'ordine, che per secoli ha
contribuito alla liberazione di migliaia di schiavi cristiani e musulmani,
intende rivitalizzare il suo antico carisma perché "in molti Paesi la
missione trinitaria è ritornata ad essere tristemente attuale". L'ordine
è affiancato da una Famiglia trinitaria presente in 32 paesi. Conta 600
religiosi, 300 monache, 2500 religiosi dei vari istituti di Trinitarie di
Valence, Siviglia, Roma, Maiorca, Madrid Valencia, le Oblate
dell'Istituto Secolare; della Famiglia religiosa fanno parte anche 15.000
laici organizzati in diverse associazioni e circa 250mila amici e
collaboratori.
Confiscato dalle autorità di Khartoum il "Comboni Playground"
KHARTOUM, 2 set 99 In Sudan è stato confiscato dalle autorità di
Khartoum il "Comboni Playground", il campo sportivo della scuola
cattolica "Comboni College -Khartoum". L'arcidiocesi ha ricevuto la
notifica della confisca del campo, domenica scorsa 29 agosto, da parte
di un ufficiale di polizia. L'ufficiale ha affermato che l'ordine di confisca
risale al 1992, allo stesso anno cioÞ in cui venne il Club Cattolico,
confinante col campo sportivo. La disposizione Þ provata da una lettera
scritta dal governo, ma mai consegnata all'arcidiocesi o al Comboni
College. Lunedý scorso 30 agosto, una delegazione di cattolici ha
incontrato il ministro per gli affari economici Ismail. Questi ha spiegato
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che la confisca si Þ resa necessaria, perchÚ il contratto di affitto del
terreno utilizzato per il campo sportivo è scaduto e che il governo non
intende rinnovarlo. Il governo, tuttavia, Þ disposto a concedere l'uso di
un altro sito, qualora ne venisse fatta richiesta al governatore di
Khartoum. Al termine dell'incontro un esponente del comitato ha
dichiarato: "╚ stata la confisca pi¨ amichevole fatta dal governo in
questi ultimi 40 anni. Ma si tratta sempre di confisca. La prossima di
cosa si tratterà?". La delegazione era guidata da mons. Daniel Adwok,
ausiliare di Khartoum, in rappresentanza dell'arcivescovo, mons.
Gabriel Zubeir Wako, attualmente a Nairobi in Kenya per partecipare
all'Assemblea generale dei Vescovi per l'Africa Orientale (Amecea).
Veglia di preghiera e ringraziamento per la liberazione di
padre Hilary Boma e p. Lino Sabit
KHARTOUM. - Si è svolta, ieri sera, 6 dicembre, nella cattedrale di
Khartoum (Sudan), una veglia di preghiera e ringraziamento per la
liberazione di padre Hilary Boma e p. Lino Sabit, rilasciati lunedì dalle
autorità locali. Nella chiesa, affollata di fedeli, oltre all'arcivescovo,
mons. Gabriel Zubeir, erano presenti i due sacerdoti sudanesi. Il
presidente Omar Hassan El Bashir ha dichiarato che la scarcerazione dei
sacerdoti è stata adottata in vista del Ramadan, il mese di digiuno e
preghiera del mondo islamico, come segno di pace. Dal punto di vista
giudiziario, i due imputati sono stati prosciolti. Padre Boma, 57 anni
Cancelliere arcidiocesano di Khartoum era stato arrestato il 28 luglio del
1998, mentre p. Sabit, 31 anni vice-parroco di Hellat Mayo, aveva
subito la stessa sorta il 1 agosto ‟98. I due preti cattolici, in
associazione con altri 18 cittadini sudanesi, erano accusati di aver
causato degli attentati dinamitardi nella notte tra il 29 e 30 giugno 1998
nella capitale sudanese. Va ricordato la vicenda è stata molto
controversa. Infatti il processo, iniziato davanti a un tribunale militare,
fu poi trasferito, su istanza del collegio difensivo, al tribunale civile,
dove si arenò. Gli altri 18 prigionieri, accusati dello stesso reato
imputato ai sacerdoti, lasceranno il carcere questa mattina.
Annuale incontro con i giovani dell’arcidiocesi di Khartoum
KHARTOUM, 7 dic 09 - Presso il centro “Emmaus” di Khartoum si è
tenuto nei giorni scorsi l‟ annuale incontro con i giovani dell‟arcidiocesi
di Khartoum. L‟evento si è concluso con una notte di preghiera e di
veglia nella Cattedrale di San Matteo e con la celebrazione eucaristica
durante la quale dieci giovani sono stati ordinati diaconi. Lo slogan
dell‟incontro è stato “Aiuta i giovani a conoscere meglio se stessi”. Il
convegno è iniziato con la Santa Messa celebrata dall‟arcivescovo mons.
Gabriel Zubeir, che ha incoraggiato i giovani a studiare la Bibbia e a
pregare regolarmente. L‟arcivescovo ha detto ai partecipanti che Dio
ama realmente le sue creature. Egli ha, inoltre, incoraggiato i giovani
e ha chiesto loro di non sentirsi frustrati dai problemi della vita, ma di
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credere nel potere della resurrezione del Signore. Egli ha inoltre
ricordato ai giovani che stanno camminando verso un anno di speranza
e di santità e ha chiesto loro, entrando nel nuovo Millennio, di diventare
un tutt‟uno con Cristo e i suoi insegnamenti, così che essi possano
gioire di una vera e piena vita cristiana. Dopo l‟arcivescovo, due
sacerdoti, una suora e un genitore hanno illustrato l‟importanza
dell‟autocoscienza alla luce del Vangelo. Si sono succeduti i gruppi di
lavoro e di discussione e la conclusione, espressa in una piccola
relazione, è stata letta durante l‟Eucarestia. I partecipanti si sono
impegnati a condividere i contenuti delle giornate di lavoro con i loro
vicini e con parrocchiani. Le linee guida per la loro formazione sono
state riassunte ne “La Guida Giovane”.
Mons. Giancarlo Ramanzini, vicario generale dell'arcidiocesi di
Khartoum racconta il grande clima di incertezza che regna
nella capitale dopo l'annuncio dello stato d'emergenza
KHARTOUM, 14 dic 99 - "Sarà un Natale pieno di gioia anche se è stato
proclamato lo stato d'emergenza. Spero che questa crisi si risolva per
il bene dell'intero paese, in tutte le sue componenti sociali e religiose".
Lo ha detto, in una intervista a Fides, mons. Giancarlo Ramanzini,
vicario generale dell'arcidiocesi di Khartoum. Il prelato ha testimoniato
il grande clima di incertezza che regna nella capitale dopo l'annuncio
televisivo dello stato d'emergenza avvenuto nella notte tra domenica
e lunedì da parte del presidente Omar Hasan Bachir. Dopo l'annuncio la
televisione ha sospeso le trasmissioni. L'esercito ha circondato la casa
di Hassan El Tourabi, presidente del parlamento e leader del Partito del
Congresso Nazionale. Le linee telefoniche dell'abitazione sono state
tagliate e Tourabi è praticamente agli arresti domiciliari. Tourabi, che
ha studiato anche ad Oxford, è considerato il massimo ideologo
dell'integralismo islamico sudanese, contrario ad ogni apertura
all'occidente e ad una maggiore democratizzazione del sistema politico
sudanese. Alla vigilia della proclamazione dello stato d'emergenza il
presidente ha lanciato un segnale positivo nei confronti della Chiesa
cattolica sudanese che da tempo soffriva per la spinta integralista del
regime islamico. Bachir ha fatto liberare i due sacerdoti Hilary Boma e
Lino Sebit, accusati assieme ad altre 18 persone di aver partecipato ad
una serie di attentati dinamitardi verificatisi a Khartoum il 20 giugno del
1998. Il gesto, anche se accolto con riserva dall'arcivescovo di
Khartoum, ha spinto la Chiesa ad offrire alle autorità perdono e
riconciliazione. "Anche a quanti ci hanno perseguitato assicuriamo il
nostro perdono e la nostra volontà di riconciliazione", ha detto mons.
Gabriel Zubeir Wako, domenica 12 dicembre, nel corso della messa per
il 25 della costituzione della gerarchia autoctona in Sudan. L'offerta,
secondo quanto riferito a Fides da uno dei partecipanti, era
"evidentemente rivolta alle autorità". Alla celebrazione liturgica, che si
è tenuta sul campo sportivo del Comboni College di Khartoum, hanno
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partecipato oltre 10mila fedeli. Nel 1974, Paolo VI nominò e consacrò
tre vescovi sudanesi, vale a dire i monsignori Joseph Gasi di
Tombura-Yambio, Pius Yokwan di Malakal e Gabriel Zubeir Wako di
Wau.
Mons. Gabriel Zubeir, arcivescovo di Khartoum, apre
ufficialmente l’Anno Santo
KHARTOUM, 4 gen 00 - Mons. Gabriel Zubeir, arcivescovo di Khartoum,
ha aperto ufficialmente l‟Anno Santo con una veglia di preghiera
tenutasi presso l‟Istituto Comboni. La cerimonia ha avuto inizio alle 23
del 31 dicembre ed è continuata fino alla mezzanotte, quando il presule
ha celebrato la Santa Messa animata dai cori e dalle preghiere dei fedeli.
“Il Duemila deve essere l‟anno della pace per la nostra nazione - ha
detto nell‟omelia mons. Zubeir - per questo invito tutti i cristiani ad
offrire una viva testimonianza di fede. Così come è accaduto nei primi
tempi del cristianesimo, quando i Romani assistevano meravigliati alle
prime comunità che si riunivano in preghiera, così tutti i discepoli di
Cristo sono chiamati e promuovere la pace nei luoghi in cui vivono. Le
difficoltà e gli ostacoli non devono scoraggiarci - ha continuato
l‟arcivescovo di Khartoum -, dobbiamo essere convinti che ciò che ieri
era impossibile, oggi è diventato possibile grazie alla fede. Ne è
testimonianza l‟esempio della Vergine Maria”.
Una delegazione della Conferenza episcopale dell’Africa
Meridionale (Sacbc) visita il Sudan
PRETORIA, 10 apr 04 – Una delegazione della Conferenza episcopale
dell‟ Africa Meridionale (Sacbc) ha visitato il Sudan dal 20 al 31 marzo.
Lo ha reso noto oggi la stessa Conferenza, che raccoglie gli episcopati
del Botswana, del Sudafrica e dello Swaziland. La visita è stata fatta su
invito del vescovi del paese. La delegazione della Sacbc era composta
dal Presidente mons. Wiflfred Napier, arcivescovo di Durban, dal
Vicepresidente mons. Michael Coleman, vescovo di Port Elizabeth, da
mons. Patrick Mvemve del Comitato esecutivo e da Ashley
Green-Thompsono, coordinatore di Giustizia e Pace Sudafrica. La
delegazione ha visitato Nairobi, Khartoum e le diocesi di Torit, di
Rumbek, di Yei e di Yambio. Il comunicato della Conferenza episcopale
dell‟Africa Meridionale ricorda i 17 anni di oppressione e di guerra del
governo islamico di Karthoum contro le popolazioni cristiane ed
animiste del Sudan Meridionale. Sinora sono state 2 milioni le persone
uccise, mentre altri milioni di sudsudanesi hanno dovuto abbandonare
la loro terra. La delegazione episcopale si dice allarmata per le
condizioni disastrate in cui sono costretti a vivere questi senza più
patria, soprattutto nei campi per rifugiati attorno alla capitale Khartoum
e in quelli di Jebel Aulia, di Jabarona e di Dar el Salaam. In questi campi
manca l‟acqua, non vi è assistenza sanitaria né scuole. Le uniche sono
gestite da cattolici, ma vengono distrutte. L‟arcidiocesi di Khartoum è
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stata, negli ultimi due anni, nella imposibilità di avere dalla
amministrazione locale l‟autorizzazione a costruire nuovi locali per
scuole, per ambulatori, per insegnare un lavoro. Al contrario si
moltiplicano le costruzioni di moschee con aiuti governativi. Il regime
chiama tutto ciò “libertà di religione sotto la legge islamica”. Il
comunicato della Confeenza episcopale dell‟Africa Meridionale rimarca
anche i bombardamenti aerei subiti a ripetizione da chiese, scuole ed
ospedali cattolici. La morte, ripresa in video, di 40 scolari di una scuola
sui Monti Nuba colpita dalle bombe ha scosso l‟opinione pubblica. “Il
popolo del Sudan agogna la pace – rileva il comunicato. Per un paese
ricco di ogni risorsa, è inaccettabile che la comunità internazionale non
dedichi una più grande attenzione per dare la pace al Sudan. I vescovi
dell‟Africa Meridionale sollecitano a collaborare tutte le parti dell‟Igad,
l‟Autorità intergovernativaper lo Sviluppo, coinvolte nel processo di
pace, compresi il governo sudanese e l‟Esercito/Movimento di
liberazione Popolare del Sudan (Splm/A), perché si impegnino
seriamente a trovare quanto prima una soluzione al conflitto”. “La Sacb
– conclude il comunicato – invita la comunità internazionale,
specilamente il governo del Sudafrica, a premere sul governo di
Khartoum perché cessi di bombardare le popolazioni del Sud e perché
si impegni in seri colloqui di pace. L‟instaurazione di un‟area interdetta
al volo è una immediata misura per efficaci colloqui. La Chiesa
dell‟Africa Meridionale continua a pregare per il popolo del Sudan e
continuerà il proprio sostegno alla Chiesa in Sudan nei suoi sforzi per
raggiungere una pace giusta”.
Dichiarazione congiunta dei vescovi del Sudan sulla
drammatica situazione del Paese
PESARO 12 set 00 - I dodici vescovi del Sudan rilasceranno presto una
dichiarazione congiunta sulla drammatica situazione del Paese, lacerato
dal conflitto esploso nel 1983 tra il governo di Khartoum e lo Spla
(Esercito di liberazione popolare del Sudan). Il documento sarà
elaborato nei prossimi giorni all'interno dell'Assemblea 2000 della
Conferenza episcopale del Sudan, iniziata ieri presso la comunità dei
Missionari Comboniani di Pesaro. Al momento sono presenti undici
presuli, perché il vescovo ausiliare di Torit, monsignor Hkio Johnson, ha
avuto dei contrattempi che gli hanno impedito d'essere presente
all'apertura dei lavori. Pare comunque imminente il suo arrivo.
L'assemblea è iniziata con un breve discorso del nunzio apostolico a
Khartoum, monsignor Marco Dino Brogi, il quale ha incoraggiato
l'episcopato sudanese a proseguire con zelo nel ministero apostolico
"per quanto estremamente difficile". Ha poi preso la parola
l'arcivescovo di Juba, monsignor Paulino Lukudu Loro il quale presiede
i lavori. "Siamo ancora all'inizio della nostra riflessione - ha detto alla
agenzia Misna mons. Cesare Mazzolari, vescovo della diocesi di Rumbek
(Sudan meridionale) - e stiamo rileggendo le minute dell'ultimo
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incontro, avvenuto nell'agosto 1999 a Nairobi, per discernere sul
cammino percorso". L'assemblea dovrebbe durare circa otto giorni.
Secco no dei vescovi sudanesi alla nomina del Sudan a membro
del Consiglio di Sicurezza
KARTHOUM, 18 set 00 - "La nomina del Sudan a membro del Consiglio
di Sicurezza delle Nazioni Unite è inaccettabile fino a quando il governo
di Khartoum resta la causa principale dell'insicurezza della popolazione".
Così la Conferenza episcopale sudanese reagisce all‟eventualità che il
Sudan sia chiamato, nella rotazione annuale dei membri aggiunti, a far
parte del Consiglio di Sicurezza. I vescovi sudanesi hanno espresso la
loro opinione nell'atteso documento reso pubblico il 16 settembre, al
termine dei lavori della loro Assemblea 2000. Come è noto, i 12 vescovi
sudanesi, vista l'impossibilità di farlo in patria, si sono riuniti in Italia e,
a partire dall'11 settembre, hanno tenuto la loro assemblea presso la
comunità dei Missionari Comboniani di Pesaro. Il documento in 8 punti
auspica anche che "I Paesi e le multinazionali devono fermare
immediatamente il loro coinvolgimento nella produzione petrolifera in
Sudan. Quelle rimesse provocano la continuazione della guerra che
inevitabilmente annienterà le genti del Sud, delle montagne Nuba e del
Nilo Blu meridionale". In Sud-Sudan dal 1983 il governo islamico di
Khartoum combatte contro l'Esercito Popolare di Liberazione Sudanese
(SPLA) che si batte per l'autodeterminazione del Sudan meridionale a
maggioranza nera e cristiano-animista. Ma il conflitto non ha soltanto
caratteristiche etniche e religiose: è sempre più chiaro che Khartoum
vuole il controllo del Sud per assicurarsi lo sfruttamento dei giacimenti
petroliferi. "Il Sud è ricco di petrolio e per favorire le compagnie di
Canada, Malaysia e Cina, il governo di Khartoum ripulisce
sistematicamente le aree dei giacimenti dalla presenza di popolazione
civile". Questa denuncia è venuta dai vescovi del Sudafrica che, prima
dell'estate, hanno visitato il Sudan. Nel documento del 16 settembre i
vescovi sudanesi esprimono anche la loro "profonda ed unanime
preoccupazione per i continui bombardamenti ad obiettivi civili operati
dal governo del Sudan". Essi chiedono che ogni parte si impegni a
rispettare un cessate il fuoco e che siano aperti dei corridoi vietati ai voli
militari, in modo da facilitare le operazioni umanitarie nel Sud. La
richiesta dei vescovi è motivata dalla serie di bombardamenti avvenuti
negli ultimi mesi nelle zone di Torit, di Rumbek, di Yei e di Yambio, "Gli
obiettivi delle bombe - si segnala - sono le chiese, le scuole e gli
ospedali tenute dai religiosi". Altre città colpite negli ultimi mesi sono
Lui, Yirol, Nimule, Kaya and Yomcir. I vescovi chiedono che le Nazioni
Unite controllino il cessate il fuoco e garantiscano la proibizione dei voli
militari nel sud. Nel documento c'è, infine, una richiesta al governo di
Khartoum: che riconosca la legittimità delle operazioni umanitarie delle
organizzazioni non governative e delle Chiese, e non faccia di esse degli
obiettivi militari da colpire.
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Le Chiese cristiane del Sudan protestano per la requisizione di
parte del cimitero cristiano di Khartoum
KARTHOUM, 20 set 00 - Il Consiglio delle Chiese cristiane del Sudan
(Scc), che comprende la comunità cattolica, ha protestato formalmente
per la requisizione di parte del cimitero cristiano di Khartoum, l'"Al
Sahafa", recentemente compiuta dal governo. In una lettera alle
autorità, redatta il 12 settembre scorso e divulgata oggi, l'Scc definisce
l'esproprio e la successiva distruzione di alcuni sepolcri "un insulto" e
una "violazione dei nostri diritti di cristiani in Sudan". Le motivazioni
date alla requisizione, intrapresa senza consultare le Chiese interessate,
non sono inoltre ragionevoli perchÚ "non c'era alcun bisogno di
costruire una recinzione" né di offrire i servizi previsti dal progetto. A
meno che non esistano "programmi segreti", prosegue il Consiglio,
perché non tendere una mano ai cristiani rinunciando all'esproprio?
L'Scc ricorda quindi la recente presa di possesso, da parte del governo,
della sede della Chiesa episcopale di Omdurman definendola "una
lezione che non vogliamo venga ripetuta". Nella parte conclusiva rileva
quindi la "mancanza di umanità" mostrata dalle autorità "nell'arrecare
disturbo ai cristiani sia da vivi che da morti".
L'assemblea dei vescovi statunitensi vota un comunicato di
denuncia della situazione in Sudan
WASHINGTON, 16 nov 00 - L'assemblea dei vescovi statunitensi ha
votato un comunicato di denuncia della situazione in Sudan,
lamentando "schiavitù, torture, esecuzioni, persecuzioni religiose" da
parte del governo. Il documento approvato dalla Conferenza episcopale
statunitense chiede "ai capi politici e militari di abbandonare la strada
percorsa finora, che ha portato morti e distruzioni". Nel corso del
dibattito, mons. Thomas Kelly, domenicano, vescovo di Louisville, ha
rilevato l'importanza del lavoro svolto dai Comboniani "sia come
missionari che come operatori di pace e anche, soprattutto, come
testimoni" delle atrocità che vengono commesse. Un altro religioso,
mons. John Ricard, vescovo di Pensacola, della Società di S. Giuseppe
del Sacro Cuore, presidente del Catholic Relief Service, l'agenzia per gli
aiuti umanitari, ha sottolineato che diritti umani e sviluppo sociale nel
paese africano "costituiscono un problema assai serio". Infine, mons.
Curtis Guillory, Verbita, vescovo di Beaumont, ha messo in evidenza
che il documento di denuncia approvato dai vescovi è "una risposta al
grido" che viene dal popolo sudanese. "Nel corso della missione
compiuta in Sudan il mese scorso - ha spiegato il vescovo - un uomo
mi ha raccontato delle violenze ai danni della sua famiglia, dicendo che
gridavano ma nessuno li aiutava. Ecco, la nostra presa di posizione è
una risposta a quel grido".
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Congresso Eucaristico delle diocesi situate nei territori
controllati dal governo nord-sudanese
KHARTHOUM 28 nov 00 - Una solenne celebrazione eucaristica,
presieduta da mons. Gabriel Zubeir Wako, arcivescovo di Khartoum, ha
chiuso nella stessa capitale le celebrazioni del Congresso Eucaristico
delle diocesi situate nei territori controllati dal governo nord-sudanese.
Per quelle situate, invece, nei territori controllati dallo Spla, l‟Esercito
di Liberazione Popolare del Sudan, il Congresso Eucaristico è stato
celebrato contemporaneamente a Rumbek. Con mons. Zubeir hanno
concelebrato l‟ausiliare mons. Daniel Adwok e l‟Amministratore
apostolico di El Obeid, mons. Antonio Menegazzo. Al termine della
celebrazione eucaristica, l‟arcivescovo di Khartoum ha consacrato il
Sudan alla Vergine Maria ricordando l‟analoga consacrazione che, nel
1868, fece il grande vescovo missionario Daniele Comboni nel santuario
de La Salette.
"Continuano ininterrotti i bombardamenti sulla popolazione in
Sud Sudan”: la denuncia di mons. Cesare Mazzolari
28 nov 00 - "Continuano ininterrotti i bombardamenti sulla popolazione
sudsudanese e undici persone sono morte solamente nelle ultime 72
ore a Ikotos e a Naurus, nell'Equatoria orientale". È la denuncia fatta
oggi alla agenzia Misna da monsignor Cesare Mazzolari, vescovo di
Rumbek, nel Sud Sudan. L'aviazione del governo sudanese aveva
distrutto, la settimana scorsa, una scuola gestita da una missione nel
villaggio di Panlit, nello Stato di Bahr el-Ghazal. In tutto sono state
lanciate quattordici bombe, di cui una ha distrutto due classi della
scuola di Panlit senza fare vittime. Un'altra bomba ha sfiorato un
gregge di 73 mucche. Sabato era stato bombardato il villaggio di
Anyiel,. Anche le organizzazioni umanitarie operanti al sud del Sudan
denunciano i bombardamenti del governo su bersagli civili. "Il totale
delle vittime dei raid effettuati dagli aerei di Khartoum negli ultimi 30
giorni - prosegue il presule con grande dolore - è così salito ad oltre 60
morti, per la maggior parte donne e bambini". Le bombe, così come
accaduto a Yei il 20 novembre scorso, "sono state sganciate sulle zone
di mercato delle due località e le persone rimaste ferite sono decine e
decine" ha spiegato il presule. Tali bombardamenti sono, secondo il
vescovo di Yei monsignor Erkolano Lodu Tombe, veri e propri crimini di
guerra per i quali dovrebbe essere perseguito il presidente sudanese,
Omar el Beshir. In una vibrante denuncia diffusa oggi da Nairobi,
monsignor Lodu Tombe ha in proposito ricordato il bombardamento
subito una settimana fa dalla sua comunità con un bilancio di 40 morti.
Ha poi condannato l'ipocrisia della comunità internazionale nei confronti
di quanto accade nel Sud Sudan e paragonato l'atteggiamento
manifestato nei confronti di el Beshir a quello adottato verso il leader
ribelle sierraleonese Foday Sankoh. "Sankoh ha crudelmente troncato
gli arti ai civili con i 'machete' - ha osservato il presule, - mentre el
25
Beshir sta facendo a pezzi i civili con le bombe". "La condanna nei
confronti dei raid governativi viene pienamente condivisa dagli altri
vescovi del Sud Sudan" ha poi precisato alla Misna monsignor Mazzolari.
"La situazione diventa di giorno in giorno più grave e - ha continuato il
presule di origine bresciana, - pochi sono i conforti che abbiamo. Tra
questi c'è stata la grande partecipazione e il successo del Congresso
Eucaristico tenuto la scorsa fine settimana a Rumbek". Dal 1983, anno
d'inizio delle ostilità tra governativi e ribelli per una maggiore
autonomia del sud, hanno perso la vita più di 2 milioni di persone.
La Chiesa, con gli aiuti umanitari, non favorisce
indirettamente l'estensione del conflitto in Sudan, affermano
i vescovi del Sudan
NAIROBI - I vescovi del Sudan hanno manifestato il proprio
disappunto per alcune delle affermazioni contenute nel recente
comunicato dei missionari Comboniani che operano in Sud Sudan, in
cui viene ancora una volta denunciata la drammatica situazione in cui
versa la popolazione di questa regione a causa della guerra. Come si
ricorderà, il documento era stato diffuso il 19 gennaio, al termine di
un loro incontro a Nairobi. In esso i Comboniani avevano tra l'altro
espresso le proprie riserve sull'operato delle organizzazioni non
governative in Sud Sudan, comprese quelle cattoliche, perché con i
loro aiuti esse favorirebbero inconsapevolmente le parti in lotta. Ed è
proprio su questa affermazione che i vescovi del Sud Sudan, riuniti nei
giorni scorsi in assemblea a Nairobi, si dicono perplessi. "Ci dispiace
che non ci abbiano consultato prima di pubblicare questa
dichiarazione," ha commentato Mons. Macram Max Gassis, vescovo di
El Obeid, per il quale la dichiarazione "non riflette l'opinione dei
vescovi" sudanesi. Anche il Presidente della Conferenza episcopale del
Sudan, Mons. Joseph Gasi, vescovo di Tombora-Yambio, ha criticato
l'affermazione dei Comboniani secondo la quale la Chiesa, con gli aiuti
umanitari, favorirebbe indirettamente l'estensione del conflitto. Mons.
Gasi ha peraltro osservato che molte affermazioni contenute nel
comunicato esprimono quanto i vescovi sudanesi vanno dicendo da
anni e se non altro ha il merito di avere rotto il silenzio sulle sofferenze
del popolo sudanese. Rispondendo a queste critiche, padre Michele
Stragapede, coordinatore della Commisione Giustizia e Pace dei
Comboniani, ha affermato che i missionari sono "con i vescovi nel loro
appello per la pace" e che scopo del comunicato era di convincere i
leader politici a mettersi intorno ad un tavolo per elaborare insieme
un piano che ponga fine alla guerra. Egli ha peraltro ribadito la
convinzione espressa dai Comboniani che aiutare persone che poi
andranno a combattere è controproducente: "La nostra presenza lì ha detto - diventa così uno specchietto per le allodole".
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Il portavoce della Commissione Giustizia e Pace denuncia a
Fides la grave situazione in cui è costretta la popolazione del
Sud
KHARTOUM 3 feb 01 - "Non si tratta più di una guerra di liberazione,
ma in nome della liberazione tanti soprusi sono perpetuati. Come si
può parlare di liberazione a un popolo che soffre da sempre per
l'assenza di assistenza sanitaria, di scuole, e soffre per una fame come
quella che si avvicina ?". Padre Michele Stragapede, portavoce della
Commissione Giustizia e Pace e coordinatore da Nairobi di 30
missionari comboniani nelle aree liberate del Sudan meridionale,
denuncia a Fides la grave situazione in cui è costretta la popolazione
del sud, dove la maggioranza cristiana ed animista combatte da quasi
vent‟anni contro il regime musulmano di Khartoum. Come è noto,
questa triste situazione di crisi è stata denunciata nei giorni scorsi,
sempre a Nairobi, dai 30 missionari comboniani coordinati da padre
Stragapede. I religiosi, a nome di tutti i missionari in Sudan, hanno
dichiarato come “Le Ong e le chiese contribuiscono a perpetuare la
guerra con gli aiuti umanitari che, anche se non intenzionalmente,
finiscono per approvvigionare le fazioni in guerra". “Non è possibile –
continua il messaggio dei missionari - che dopo due milioni di morti,
quattro milioni di profughi all'interno del paese e seicentomila profughi
all'estero, un milione e mezzo di dollari spesi quotidianamente dai
belligeranti e altrettanti dalle organizzazioni internazionali di soccorso
per mantenere in vita la tormentata popolazione della zona di conflitto,
la guerra civile del Sudan possa protrarsi per diciotto anni senza che
se ne intravveda la fine. Viene il dubbio che le grandi risorse finanziarie
in gioco siano un elemento per la continuazione del conflitto”. E allora
è lecito chiedersi se non è meglio giocare la carta del "tanto peggio
tanto meglio": bloccare gli aiuti, tagliare il flusso vitale che alimenta
la guerra, forzare i belligeranti a trattare per la pace. Tanto più che nel
Sudan è già in atto un'altra campagna, quella della formazione a una
mentalità di pace, di coinvolgimento della popolazione negli affari
sociali. Da alcuni anni Chiesa Cattolica e alcune comunità protestanti
hanno imbroccato una strada che stimola la gente a riscoprire e
attuare i metodi tradizionali non violenti per la soluzione di conflitti e
tensioni etniche; a impegnarsi nello sviluppo facendo a meno di aiuti
esterni, traendo ispirazione dalla Dottrina Sociale della Chiesa. Dai
primi anni novanta nel seminario maggiore nazionale di Khartoum si
danno corsi di formazione alla soluzione pacifica dei conflitti, alla
resistenza passiva non violenta, alla difesa dei Diritti Umani e alla
organizzazione di comitati di "giustizia e pace". In tal modo gli stessi
sudanesi ridiventano protagonisti nella storia, creando le condizioni
per arrivare al tavolo delle trattative per aprire un dialogo di pace
coraggioso e risolutivo.
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Appello delle le Pontificie Opere Missionarie per un intervento
immediato che ponga fine alla guerra in Sudan
AQUISGRANA, - Dopo le recenti denunce e i reiterati appelli dei
missionari Comboniani e in questi giorni dei vescovi statunitensi,
anche le Pontificie Opere Missionarie (Pom) d'Europa tornano a
chiedere alla comunità internazionale un intervento immediato che
ponga fine alla guerra civile che da 45 anni insanguina il Sudan. Riuniti
nei giorni scorsi ad Aquisgrana, i direttori delle Pom hanno accusato il
regime islamico di Khartoum, ma anche le forze ribelli dell'Esercito di
Liberazione del Popolo del Sudan (Spla) di affamare il sud del paese
e di commettere gravissime violazioni dei diritti umani. "Il Governo
bombarda sistematicamente bersagli civili nel sud del paese e la fame
è usata come arma crudele e silenziosa", mentre "i movimenti di
liberazione abusano della parola 'libertà' e antepongono il potere e la
logica tribale al benessere delle persone che soffrono", denunciano i
responsabili delle Pom in un comunicato. "Come la Guerra dei
Trent'anni, il conflitto in Sudan sta divenendo fine a se stesso. La
religione è usata come uno strumento per accedere al potere".
Secondo le Pom la vera causa del conflitto in Sudan è la
discriminazione religiosa: le persone sono private della loro dignità e
del loro diritto all'autodeterminazione in nome della loro razza e della
loro appartenenza religiosa. Di qui l'appello pressante alle parti in
conflitto a fare tacere le armi, all'Unione Europea e agli Stati Uniti
perché sostengano concretamente le iniziative a favore della pace e,
infine, alle compagnie petrolifere, affinchè cessino di sostenere il
governo di Khartum nello sfruttamento dei giacimenti di petrolio nel
sud del Sudan, finché non venga ristabilita la pace.
I vescovi sudanesi presentano un memorandum a una
delegazione della Conferenza cattolica degli Stati Uniti
WASHINGTON, 12 apr 01 – Fermare i bombardamenti, bloccare le
estrazioni petrolifere, porre fine alla schiavitù e alla politica della
carestia, assicurare la libertà di religione e l'autodeterminazione. Sono
questi i punti principali del memorandum consegnato dalla Conferenza
regionale dei vescovi cattolici sudanesi (Sudan Catholic Bishop's
Regional Conference, SCBRC) alla delegazione del Conferenza cattolica
degli Stati Uniti (USCC) nel corso della sua visita del marzo scorso. Il
documento dei vescovi sudanesi è stato divulgato dalla stessa
Conferenza Cattolica degli Stati Uniti. La Conferenza, come è noto,
vede la partecipazione anche degli organismi caritativi. I rappresentanti
della Conferenza regionale dei vescovi cattolici sudanesi hanno chiesto
ai vescovi statunitensi di formare un comitato ad hoc per sostenere le
richieste avanzate.
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I vescovi sudafricani criticano il governo di Pretoria per
l’accordo petrolifero siglato con il governo di Khartoum
PRETORIA, 21 lug 01- La Chiesa Cattolica sudafricana critica con forza
gli accordi di cooperazione fra compagnie petrolifere sudafricane e il
governo di Khartoum. In un comunicato ufficiale pubblicato il 20 luglio
si dice che "Data la nostra esperienza sotto l'apartheid, vorremmo
essere gli ultimi a sostenere un governo che è in guerra con la sua
stessa popolazione". Soekor, una compagnia parastatale per
esplorazioni petrolifere è ad uno stadio avanzato per negoziare
un'espansione delle sue attività in Sudan. Nel comunicato il Presidente
della Conferenza Episcopale Sudafricana (SACBC), card. Wilfrid Napier,
arcivescovo di Durban, afferma: "Attraverso questi negoziati per nuove
concessioni, il governo sudanese offre come 'disponibili', aree che non
sono state ancora 'liberate' dalla popolazione del luogo. Siamo
preoccupati che il Sudafrica contribuisca all'escalation del conflitto in
Sudan. Questo è contrario alle intenzioni dichiarate dal nostro governo
di voler promuovere giustizia, democrazia e pace in quel paese". "La
nostra preoccupazione è confermata dalla dichiarazioni fatte dal
vice-primo ministro Susan Shabangu da Khartoum all'inizio di luglio. In
esse si afferma che il governo sudafricano si impegna a sviluppare
relazioni con Khartoum nel campo dell'estrazione petrolifera e
mineraria. Il petrolio è fondamentale per la guerra in Sudan. Durante la
nostra visita in Sudan abbiamo visto noi stessi i risultati della
migrazione forzata e dello sradicamento di decine di migliaia di
sudanesi del sud per proteggere i campi petroliferi e gli oleodotti da
attacchi violenti. Migliaia sono stati uccisi o sono morti di fame o
malattia". "Siamo convinti che il petrolio è la causa maggiore della
guerra e un mezzo usato da Khartoum per aumentare le sue capacità
militari" continua il card. Napier. "Gli accordi della Soekor con
Khartoum sosterranno solo uno degli interlocutori del conflitto
sudanese, andando ad aumentare le sofferenze della popolazione del
sud. Tutto ciò viene ad inficiare il ruolo di mediatore che il governo
sudafricano ha rivestito sinora. In più, organizzazioni internazionali
hanno domandato da tempo alle compagnie petrolifere di sospendere le
attività in Sudan per sostenere il processo di pace." "La SACBC è perciò
profondamente preoccupata: le compagnie sudafricane che comprano
petrolio dal Sudan stanno lavorando contro lo stabilirsi di un effettivo
processo di pace". Il card. Napier ha chiesto a Phumzile
Mlambo-Ngcuka, Ministro per gli Affari Minerari e dell'Energia, di
intervenire per fermare questo aperto sostegno a una delle parti del
conflitto sudanese, che è anche accusato di serie violazioni ai diritti
umani. La prossima settimana una delegazione sudanese guidata da
Osman Ismail, Ministro degli Esteri, si recherà in Sudafrica. La SACBC
ha ottenuto di incontrare la delegazione per chiarimenti.
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L’impegno della Chiesa sudanese contro la schiavitù
KHARTOUM, 5 dic 01 – Liberare dalla schiavitù è possibile e dopo il
riscatto, i giovani vanno instradati insegnando loro la cultura della
solidarietà e della pace. È lo sforzo che sta compiendo mons. Cesare
Mazzolari, comboniano, vescovo della diocesi di Rumbek in sud Sudan,
che ha già liberato dalla schiavitù circa 150 ragazzi. La schiavitù è una
delle piaghe del nord musulmano del Sudan: accettata dallo Stato, è
anche uno strumento di oppressione contro la minoranza cristiana del
sud. La liberazione dei ragazzi di cui si è personalmente occupato mons.
Mazzolari “è stata possibile – spiega all‟agenzia Vidimus Dominum dando i fondi ad una persona che aveva conoscenza di questi luoghi,
una persona di estrazione araba, la quale compera questi giovani
ragazzi, queste giovani donne e li riconduce liberi alle loro proprie
famiglie. Noi ultimamente andiamo in cerca di ragazzi e ragazze
redente dalla schiavitù, comperati però da altri, non da noi, e per loro
cerchiamo di iniziare piccole scuole per riorientarli ad una vita normale”.
Ed insegnando “la cultura della libertà e anche della pace”. “Il mercato
della schiavitù in Sudan si sviluppa soprattutto nella zona tra nord e sud.
Su questa striscia lunghissima – precisa il vescovo - vengono i membri
della milizia favorita dal Governo di Khartoum e portano via bambini,
bambine, ragazze, giovani donne. Questa gente viene portata al nord,
finché trovano dei mercanti più ricchi di loro che li comprano e questi
di nuovo li portano ancora più a nord dove li mettono o nelle scuole
coraniche oppure li portano ad essere venduti come schiavi in zone
come Khartoum e l'Arabia Saudita”. Quanto alle cause, vanno ricercate
nella “avidità di commercio umano”. Un'altra “potrebbe essere la
continuazione della stirpe islamica perché giovani donne sono usate
sessualmente per procreare altri bambini che, secondo loro, potranno
andare ad accrescere il numero degli islamici ”.
I cattolici in Sud Sudan continuano a soffrire una brutale
persecuzione ad opera del regime di Khartoum, denuncia mons.
Akio Johnson Mutek, ausiliare di Torit
BALTIMORA, 6 dic 01 - I cattolici in Sud Sudan continuano a soffrire una
brutale persecuzione ad opera del regime di Khartoum controllato dai
"fanatici" fondamentalisti musulmani arabi del Nord. E' la denuncia
fatta da mons. Akio Johnson Mutek, ausiliare di Torit, durante una visita
nei giorni scorsi a Baltimora presso la sede dei Catholic Relief Service,
la Caritas statunitense. La denuncia si aggiunge alle decine, che stanno
pervenendo in questi mesi dal martoriato paese africano. "Stanno
bombardando i nostri villaggi nel sud", ha dichiarato il vescovo al
giornale diocesano "The Catholic Review". "Dicono al mondo che non
bombarderanno. Ma noi sul campo sappiamo cosa significa quando
dicono che non bombarderanno: attaccano il giorno successivo". La
frequenza degli attacchi varia da settimana a settimana e alcuni villaggi
possono subire anche più di un bombardamento al giorno. Una
30
situazione che paralizza l'attività della diocesi di Torit, dove il vescovo
e l'ausiliare sono costretti a vivere fuori dal centro cittadino: essa non
può costruire strutture che vengono sistematicamente distrutte dai
bombardamenti e anche fissare il calendario delle liturgie è diventato
un'impresa difficile. L'afflusso di profughi da altre regioni del Sud Sudan
ha fatto nettamente aumentare il numero di cattolici nella diocesi: oggi
essa ne conta circa 620mila contro i 450mila di qualche anno fa. La
guerra civile che da quasi vent'anni insanguina il Paese ha causato due
milioni e mezzo di morti e la scoperta di giacimenti petroliferi nel Sud
nella seconda metà degli anni Novanta ha solo portato ad una
drammatica escalation del conflitto. Il regime di Khartoum, infatti, usa
i proventi del petrolio per bombardare il sud. Per questo il vescovo ha
ribadito l'assoluta urgenza di fermare l'esportazione di petrolio e ha
chiesto l'invio di osservatori delle Nazioni Unite che garantiscano
l'approvvigionamento di generi alimentari alla popolazione civile. Da
parte sua, mons. Mutek ha espresso parole di apprezzamento per
l'opera svolta dalla CRS impegnata in diversi programmi umanitari e di
promozione della pace e della riconciliazione nel Sud Sudan.
Messaggio pastorale di sei vescovi sudanesi sulla situazione
nel Sudan meridionale alla luce del Messaggio del Papa per la
Giornata Mondiale della Pace
NAIROBI, 23 gen 02 - La situazione nel Sudan meridionale alla luce del
Messaggio del Papa per la Giornata Mondiale della Pace. Questo in
sostanza il contenuto del recente messaggio pastorale dei sei Vescovi
del Sud del paese, isolato de facto dalla guerra civile. I presuli, riunitisi
a Nairobi dal 15 al 19 u.s., lamentano il bombardamento e gli attacchi
di militari governativi contro le popolazioni civili costrette alla fuga, la
distruzione di villaggi, il rapimento di bambini ridotti in schiavitù, la
violenza sessuale contro le donne, il tutto finalizzato allo sfruttamento
del suolo e l'estrazione del petrolio. Il messaggio invita il clero, i fedeli
e tutte le persone di buona volontà, a unirsi alla preghiera del 24
gennaio ad Assisi, per la pace, per le vittime del terrorismo negli Stati
Uniti, in Afghanistan e in Sudan. I vescovi del Sud Sudan esortano a
offrire le vite di queste vittime innocenti e la sofferenza dei loro familiari
a Dio per ottenere la solidarietà tra le varie etnie e fedi religiose. Il
messaggio pastorale si conclude con un invito a tutti i capi religiosi nel
mondo a dare la priorità nel loro insegnamento alla dignità della
persona umana, alla promozione del bene comune e alla condanna
dell'uccisione di persone innocenti. Il messaggio reca la firma dei
vescovi di Torit, di Yei, di Tombura-Abangite, di El Obeid, e di Rumbek.
La Conferenza episcopale regionale sudanese (Scbrc) è presieduta da
mons. Paride Taban, vescovo di Torit.
31
La Conferenza episcopale sudanese (Scbc) chiede maggiori
garanzie al governo di Omar Hassan el Beshir nell’ambito delle
difficili relazioni tra Stato e Chiesa
KARTHOUM, 23 feb 02 - La Conferenza episcopale sudanese (Scbc)
chiede maggiori garanzie al governo del presidente Omar Hassan el
Beshir, nell‟ambito delle difficili relazioni tra Stato e Chiesa. L‟iniziativa
ha come obiettivo la revisione delle normative che impongono – almeno
formalmente – uno stretto controllo da parte del governo di Khartoum
sulla vita ecclesiale. Con l‟approvazione del “Miscellaneous Amendment
Act” nel 1994 - un provvedimento concernente l‟inquadramento del
lavoro volontario – la Chiesa è stata di fatto equiparata alle
organizzazioni non governative. La misura è stata subito definita
inaccettabile dai presuli sudanesi. La legge venne a regolamentare il
settore, abrogando il “Missionary Act” del 1962, presentato all‟epoca
della dittatura militare del generale Ibrahim Abboud, arrivato al potere
con un colpo di Stato nel 1958 e rovesciato da una sollevazione
popolare nel novembre del 1964. In seguito, centinaia di religiosi
furono espulsi dal Paese da un decreto legge appositamente preparato,
confluendo in buona parte nelle vicine diocesi dell‟Uganda e dell‟ex
Zaire. Ora la Scbc – la cui ultima assemblea plenaria si è tenuta a
Khartoum tra il 14 e il 19 gennaio scorsi – sta valutando la possibilità
di costruire un‟Università cattolica nel Paese e, allo stesso tempo, di
coinvolgere maggiormente le donne sudanesi nella vita ecclesiale. Si
tratta di un fatto „rivoluzionario‟ per una nazione come il Sudan, dove
la sharia (Legge islamica) è il fondamento della vita civile. La Chiesa
cattolica conta dieci diocesi in Sudan, cinque nelle zone del nord
controllate dal regime (Khartoum, Malakal, Juba, Wau e una parte di el
Obeid) e altrettante nell‟area meridionale sotto il dominio dei ribelli
dello Spla (Esercito di liberazione popolare del Sudan): Rumbek,
Tambura-Yambio, Torit, Yei e la restante porzione della diocesi di el
Obeid. Proprio per venire incontro alle necessità dei fedeli delle due
aree, la Conferenza episcopale, pur mantenendo l‟unità come ente, si
è sdoppiata nelle funzioni. I vescovi delle cinque diocesi nel territorio
settentrionale controllato dal regime musulmano sono associati come
Conferenza episcopale sudanese (Sudan Catholic Bishops Conference,
Scbc, North). I vescovi delle altre cinque diocesi meridionali in territorio
sudanese non controllato dal regime sono associati come Conferenza
episcopale sudanese regionale (Sudan Catholic Bishops Regional
Conference, Scbrc), che ha la propria sede a Nairobi in Kenya. Dei
vescovi del Nord è presidente mons. Paolino Lukudu Lore, arcivescovo
di Juba. Presidente dei vescovi nel Sud Sudan è invece mons. Paride
Taban, vescovo di Torit.
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“Solo un negoziato di pace può dare speranza alle martoriate
popolazioni del Sud Sudan, afferma mons. Mazzolari
RUMBEK, 12 mar 02 - “Solo un negoziato di pace può dare speranza
alle martoriate popolazioni del Sud Sudan”. Lo ha dichiarato stamane
monsignor Cesare Mazzolari, vescovo di Rumbek (Bahr el Ghazal),
commentando la visita ufficiale iniziata 48 ore fa a Washington (Usa)
da parte dello storico leader dello Spla (Esercito di liberazione
popolare del Sudan), John Garang. Il presule ritiene, infatti, che
l‟attuale situazione bellica verificatasi sul terreno richieda
urgentemente l‟applicazione di un „cessate il fuoco‟ e l‟invio di una
forza di interposizione militare che possa vigilare garantendo
l‟incolumità della popolazione, provata da 19 anni di guerra civile. "La
superiorità militare dell‟esercito governativo – ha commentato
monsignor Mazzolari – è un dato di fatto. La cronaca di queste
settimane ne è la conferma, se si pensa ai numerosi raid perpetrati
dall‟aviazione di Khartoum contro obiettivi civili”. Secondo il presule,
“il viaggio di Garang negli Usa avrà degli effetti positivi dal punto di
vista negoziale perché rilancia l‟azione diplomatica statunitense.
Finora, infatti, l‟Unione Europea (UE) non pare che sia riuscita ad
ottenere risultati sostanziali”. Il vescovo ha poi sottolineato come la
Chiesa cattolica abbia ripetutamente offerto una chiave di lettura
convincente nell‟interpretare la crisi che insanguina il Paese africano.
“Fin quando il business del petrolio continuerà ad alimentare la spesa
bellica del governo di Omar Hassan el Beshir – ha aggiunto monsignor
Mazzolari – sarà difficile ipotizzare una cessazione delle ostilità”.
La presenza di imprese canadesi in Sudan per estrarre petrolio
“contribuisce ad alimentare la guerra in questo paese”: la
denuncia del presidente della Commissione episcopale per gli
affari sociali della Conferenza episcopale canadese
OTTAWA, 10 apr 02 – La presenza di imprese canadesi in Sudan per
estrarre petrolio “contribuisce ad alimentare la guerra in questo
paese”. Lo rileva mons. Jean Gagnon, presidente della Commissione
episcopale per gli affari sociali, in una lettera al ministro canadese
degli esteri e del commercio internazionale, Bill Graham. Mons.
Gagnon cita esplicitamente il caso dell‟impresa Talisman Energy alla
quale – è l‟auspicio della Commissione episcopale – il Governo farebbe
bene a non devolvergli i fondi pensione, come ha già deciso la
Conferenza episcopale canadese per quanto attiene ai fondi pensione
del clero e dei religiosi. “I membri della Commissione per gli affari
sociali – scrive mons Gagnon – chiedono che tutti gli investimenti di
fondi del Rpc (il Regime di pensioni del Canada) rispondano, da oggi
in poi, a rigorosi criteri deontologici, e che il governo canadese elabori
ed adotti misure per impedire ad ogni impresa canadese di trarre
profitti dalle guerre civili che imperversano nel mondo”.
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Indignazione della comunità cattolica di Torit per l’uccisione
di centinaia di civili in Sud Sudan, per mano dei ribelli
ugandesi dell’Esercito di resistenza del Signore (Lra),
KHARTOUM, - L‟uccisione di centinaia di civili in Sud Sudan, per mano
dei ribelli ugandesi dell‟Esercito di resistenza del Signore (Lra), ha
suscitato sgomento e indignazione nella comunità cattolica di Torit
(Equatoria). Il portavoce diocesano, Jervasio Okot, parla di 470 morti
e di almeno 500 persone costrette alla fuga dai sei villaggi messi a
ferro e fuoco dagli uomini di Joseph Kony, leader dello Lra. Si tratta
di Idiefe, Oboyok, Kubaya, Lotele, Lohui e Isuhak, piccoli centri abitati
nella zona delle montagne Imotong. I ribelli, in fuga dall‟offensiva
delle forze regolari ugandesi (Updf), già da diversi giorni avevano
commesso atrocità, ma la mattanza è culminata mercoledì scorso, con
la morte di centinaia di donne, vecchi e bambini nel centro di Katire,
60 chilometri a nord del confine con l‟Uganda. Le truppe ugandesi sono
impegnate da settimane nella regione sudanese dell‟Equatoria, al
confine con l'Uganda, per dare la caccia al movimento di Kony, che per
oltre un decennio ha seminato il terrore nei distretti acholi dell‟Uganda
settentrionale. L‟Updf è stato autorizzato dal governo di Khartoum a
restare nel Sudan meridionale fino al 18 maggio. "Chiedo alla
comunità internazionale di venire in soccorso di questa povera gente,
costretta ad abbandonare le proprie case durante la stagione dei
raccolti", ha dichiarato il vescovo ausiliare di Torit, monsignor Johnson
Akio Mutek.
La Chiesa cattolica in Sud Sudan ha urgente bisogno di più
personale religioso e laico per potere svolgere la sua
missionelamentano i vescovi della regione
NAIROBI, 16 mag 02 - La Chiesa cattolica in Sud Sudan ha urgente
bisogno di più personale religioso e laico per potere svolgere la sua
missione. Lo hanno lamentato i vescovi della regione durante un
incontro nei giorni scorsi a Nairobi con una delegazione dei Catholic
Relief Services (Crs), l'organizzazione caritativa della Conferenza
episcopale degli Stati Uniti. "Abbiamo bisogno di più evangelizzatori"
per formare i fedeli ad una fede più radicata, ha detto alla delegazione
Mons. Cesare Mazzolari, vescovo di Rumbek. "Il primo compito della
Chiesa in Sudan è di essere presente, di fare sapere alla gente che
siamo con loro, che lottiamo con loro" e tuttavia la maggior parte delle
cinque diocesi del Sud Sudan sono a corto di sacerdoti, religiosi e
personale laico. Nella diocesi di Rumbek, ad esempio, "alcune persone
non vedono un sacerdote da 25 anni". Il rischio, ha evidenziato il
presule, è che la gente provata da anni di guerra, dalla fame e dalla
malattia si allontani dalla Chiesa, come dimostra il numero crescente
di cattolici sudanesi attirati dalle sette protestanti. Mons. Mazzolari si
è quindi soffermato sulla drammatica situazione dei diritti umani nella
regione, denunciando ancora una volta le multinazionali del petrolio
34
che continuano a foraggiare la guerra combattuta dal regime di
Khartum nel sud del Paese contro i guerriglieri dello Spla. Mons. Paride
Taban, vescovo di Torit e Presidente della Conferenza regionale dei
vescovi cattolici del Sudan (Scbrc), ha confermato le difficoltà
segnalate da Mons. Mazzolari, lamentando la pesante situazione
economica della sua diocesi che si trova a sostenere con pochi mezzi
l'emergenza umanitaria prodotta dalla guerra che da 19 anni affligge
il paese.
Oltre al Kenya e al Sudan, la delegazione dei Crs ha visitato anche
l'Uganda. La visita rientrava nell'ambito della "Campagna per l'Africa",
un'iniziativa promossa dai Crs per raccogliere fondi per progetti
umanitari e di sviluppo nell'Africa sub-sahariana.
I Catholic Relief Services sollecitano un più incisivo intervento
degli Stati Uniti e dell'Onu a sostegno del Sudan
WASHINGTON, 18 lug 02 - I Catholic Relief Services, l'organizzazione
caritativa della Conferenza episcopale statunitense, sollecitano un più
incisivo intervento degli Stati Uniti e dell'Onu a sostegno del Sudan,
dove la situazione di emergenza deteriora di giorno in giorno e la
guerra, la fame e la malattia stanno mettendo a repentaglio la vita di
quasi due milioni di persone. L'appello è contenuto in una relazione
presentata alla Commissione Affari esteri del Senato in cui la
situazione nel martoriato paese africano viene definita "il disastro
umanitario più disperato del pianeta". La guerra civile che da 19 anni
insanguina il paese ha causato più di 2 milioni di morti per lo più civili,
vittime soprattutto della fame e delle malattie che ne sono una diretta
conseguenza. Di questa situazione, rileva il rapporto presentato da
uno dei dirigenti dell'organizzazione, Paul Townsend, è in gran parte
responsabile il governo di Khartum che ostacola in tutti i modi la
distribuzione degli aiuti umanitari in sud Sudan. La relazione denuncia
però anche le responsabilità delle compagnie petrolifere straniere che
foraggiano la guerra condotta dal regime di Khartum nel sud del Paese
contro i guerriglieri dello Spla. Di qui l'esortazione ad un'azione più
incisiva da parte del governo statunitense e delle Nazioni Unite, da un
lato per assicurare l'accesso agli aiuti umanitari delle popolazioni
vittime del conflitto, dall'altro per consentire una soluzione politica
dello stesso.
“Il vero problema del Sudan è la mancanza di volontà e cultura
di pace”, afferma Mons. Paulino Lukudu Loro
ROMA, 3 set 03 - “Il vero problema del Sudan è la mancanza di volontà
e cultura di pace. Da un lato, assistiamo al paradosso che il governo
di Khartoum e i ribelli del Sud Sudan dichiarano di voler raggiungere
un accordo facendosi la guerra. E, dall‟altra parte, dobbiamo
ammettere che nel nostro Paese ci sentiamo tutti „guerriglieri‟: occorre
trasformare questo atteggiamento". E‟ il duro giudizio espresso da
35
Mons. Paulino Lukudu Loro, comboniano, da vent‟anni arcivescovo di
Juba nel Sud Sudan, nel corso di una lunga intervista all‟agenzia Misna.
Nel colloquio il presule denuncia le debolezze dei colloqui che
dovrebbero portare alla fine del conflitto che da vent‟anni insanguina
il Paese e "di cui il popolo sudanese non sa nulla", deplora "l‟Islam
fanatico che usa il Sud del Paese come porta d‟ingresso nell‟Africa
nera" e rilancia l‟urgenza di garantire "la libertà di espressione per
formare la coscienza dei sudanesi". Definisce inoltre "un segno di Dio"
il miracolo compiuto dal beato Daniele Comboni - fondatore della sua
congregazione e primo arcivescovo di Khartoum, che il Papa
canonizzerà il prossimo 5 ottobre -, di cui ha beneficiato una
musulmana. Secondo Mons. Lukudu l‟ennesimo rinvio della firma
dell‟accordo di pace ai colloqui di quest‟estate in Kenya, conferma che
“manca l‟intenzione di realizzare una pace vera, sia da parte delle
autorità che dei ribelli”. L‟arcivesccovo denuncia inoltre il “fanatismo”
oggi prevalente nella parte araba del Paese, a maggioranza
musulmana, e la corruzione e la lotta di potere dell‟attuale regime di
Khartum, senza peraltro risparmiare critiche altrettanto dure ai leader
dei ribelli dello Spla e al loro scarso spirito democratico. Il presule
rivendica quindi il diritto del popolo del Nord e del Sud Sudan “di
scegliere liberamente il proprio futuro”. “I sudanesi sono i soli
proprietari di questa pace”, afferma. “E‟ ora che tutto il popolo
partecipi alla sua ricostruzione”.
Preoccupazioni di mons. Cesare Mazzolari per l’evoluzione dei
colloqui di pace in Sudan
RUMBEK, 6 set 03 - “Siamo estremamente delusi dai colloqui di pace
tra il governo di Khartoum e i ribelli del Sud Sudan: l‟impressione è che
ci si stia preparando di nuovo alla guerra. A fine settembre scadrà il
cessate-il-fuoco: c‟è il rischio che non sia rinnovato e che la parola
passi di nuovo alle armi”. Sono le preoccupazioni espresse da
monsignor Cesare Mazzolari, comboniano, vescovo di Rumbek, nel
Sudan meridionale, che in questi giorni si trova in Italia. Il prossimo
10 settembre dovrebbero riprendere in Kenya i colloqui tra i delegati
governativi e i rappresentanti dell‟Esercito di liberazione popolare del
Sudan (Spla), che da vent‟anni si combattono nel sud del Paese. “Da
alcuni mesi c‟è stato un grande „silenzio‟ anche da parte dell‟Spla, che
non si preoccupa di far sapere alla gente del sud come procedono le
trattative con Khartoum, che starebbe preparando un grande attacco
contro il Sud del Paese” aggiunge monsignor Mazzolari. “Invece di
pensare alla pace, anche i ribelli dell‟Spla, nei giorni scorsi, si sono
riuniti proprio a Rumbek, la città della quale sono vescovo, dove i
comandanti militari hanno incontrato il leader della guerriglia John
Garang. Sembra che si stiano preparando a un nuovo conflitto, di
difesa, in vista di un possibile attacco in grande stile di Khartoum”. Il
presule denuncia la profonda preoccupazione che scuote le
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popolazione che da anni nel Sud Sudan attendono un accordo di pace,
un traguardo apparso vicino nelle scorse settimane ma poi
allontanatosi di nuovo tra le accuse reciproche di ribelli e governo.
“Alla metà di agosto il regime di Kharthoum ha festeggiato la
produzione di mezzo milione di barili di greggio al giorno – dice ancora
il vescovo -. Questo significa che l‟élite di governo ha enormi guadagni
a cui non intende rinunciare. Queste ingenti somme consentono
l‟acquisto indiscriminato di armi per far fronte alle guerriglia”.
Monsignor Mazzolari spiega che il regime del presidente Omer el
Beshir non è in lotta solo con l‟Spla, ma deve fronteggiare anche altre
ribellioni, tra cui quella del Darfur. Proprio ieri è stata annunciata una
tregua tra l‟esercito sudanese e gli insorti di questa remota regione
occidentale del Paese. “Non conosco i termini dell‟accordo – precisa il
presule – ma ho l‟impressione che sia solo una manovra del governo.
E‟ ormai chiaro al mondo che il regime di Khartoum non ha fomentato
le ostilità solo contro i nilotici del Sud Sudan, africani, ma anche verso
contro gruppi arabi e musulmani. La violenza è parte del sistema
fondamentalista del governo sudanese”. Speranze? “Sono affidate ai
mediatori di Stati Uniti, Gran Bretagna, Italia, Norvegia e Unione
Europea: il loro aiuto è determinante per fermare questa guerra”.
I tempi per la pace saranno più lunghi del previsto afferma
mons. Mazzolari
RUMBEK, 2 ott 03 - "L'ottimismo sul raggiungimento di un accordo di
pace per il Sudan è fondato, ma i tempi saranno più lunghi del previsto
e una firma non arriverà prima del prossimo anno. Ma è bene chiarire
che dal momento della firma inizierà un cammino ancora più difficile".
A parlare è mons. Cesare Mazzolari, comboniano, vescovo di Rumbek,
nel Sudan meridionale, che ieri in un'intervista rilasciata alla agenzia
Misna si è detto soddisfatto del buon esito verso cui sembrano ormai
avviati i colloqui di pace organizzati dalla comunità internazionale per
mettere termine al conflitto sudanese: una guerra che da oltre venti
anni vede impegnati i ribelli dell'Esercito di liberazione popolare del
Sudan (Spla) e il governo di Khartoum. "Il cammino verso la pace è
ancora lungo - commenta mons. Mazzolari - c'è grande soddisfazione
per l'accordo che le parti hanno raggiunto sulla sicurezza, ma restano
ancora da chiarire definitivamente la divisione del controllo di tutte le
aree petrolifere e dei relativi proventi". Non è questo, però, l'unico
aspetto del processo di pace che sembra non convincere il vescovo di
Rumbek e con lui tutta la Chiesa sudanese. "Secondo gli accordi presi
finora dalle parti, - chiarisce il vescovo - il Sud Sudan si avvia a
diventare una sorta di Stato militarizzato. La presenza fittissima, su
vaste zone del territorio, di una imponente forza militare mista, migliaia
di uomini dell'esercito sudanese ed altrettanti dei ribelli, rischia di non
essere accettata dalla popolazione civile che è stanca di vedere
combattenti dappertutto".
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Una delegazione del Congresso nazionale del popolo visita il
cardinale Gabriel Zubeir Wako
KHARTUM, 4 nov 03 - Una delegazione del Congresso nazionale del
popolo (Pnc), presieduta dall‟ex presidente del parlamento sudanese
Hassan El Turabi, ha fatto visita al cardinale Gabriel Zubeir Wako,
arcivescovo di Khartoum. La visita ha avuto luogo, sabato scorso,
nell‟ufficio arcivescovile presso la cattedrale di San Matteo. La
rappresentanza del partito islamista era composta da cristiani e
musulmani, tra cui Sheik Abrahim Al-Sanossi, Abrahim Abd Haffis Dr.
Bashir Adam Rahama, Mohamad Al-Amin Khalifa, Johannes Ngang
and Musa Almaq Kur. Il leader dell‟opposizione islamica, scarcerato a
ottobre dopo due anni di prigionia, si è congratulato con l‟arcivescovo
per la sua nomina a cardinale e per il suo impegno a favorire il dialogo
interreligioso nel Sudan, mettendo poi in risalto la necessità per i
cristiani e i musulmani di lavorare incessantemente per la pace
attraverso il dialogo e la coesistenza. Un concetto che El Turabi ha
anche ribadito al termine dell‟incontro rispondendo affermativamente
alla domanda del corrispondente di „Al Jazira Tv‟ che chiedeva se la
Chiesa non potesse essere il miglior intermediario per il dialogo con i
sudanesi del Sud. Il porporato, nella sua risposta, ha ricordato che il
Sudan è rimasto indelebilmente impresso nella mente e nel cuore del
Papa, Giovanni Paolo II, specialmente per la calorosa accoglienza
ricevuta a Khartoum nel 1993. Ha poi spiegato quale sia il suo ruolo
di cardinale nei riguardi del Sudan, dell‟Africa e della Chiesa Universale,
facendo notare che la voce del Sudan può raggiungere tutti gli angoli
del mondo, ma ha chiesto anche di pregare affinché Dio lo aiuti a
capire quale ruolo specifico egli possa svolgere a favore del Paese e
di tutta la chiesa.[
Congresso dei giovani cattolici della diocesi di Khartoum
KHARTOUM, 25 nov 03 - Il Congresso dei giovani cattolici della diocesi
di Khartoum è forse uno degli appuntamenti più importanti per la
Chiesa sudanese. Non solo per la presenza di tantissimi giovani,
religiosi e sacerdoti, provenienti dalle 29 parrocchie della diocesi (si
calcola la partecipazione mezzo milione di persone), ma anche per il
futuro di questo paese. Con questo Congresso si chiude un lungo
periodo di riflessione per la Chiesa sudanese, i cui temi principali sono
stati la diffusione dell‟AIDS e la moralità giovanile. Altri fenomeni
negativi diffusi tra i giovani sudanesi in questi anni sono stati l‟alcolismo
e il tribalismo. Molti di questi giovani vivono condizioni molto difficili:
sono sfollati, sono costretti ad emigrare, manca il lavoro. Il Congresso
si terrà nella Cattedrale di San Matteo, dove si celebrerà (il 23
novembre) una veglia notturna per la solennità di Cristo Re
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La Chiesa nel Sudan ha intenzione di partecipare attivamente al
processo di pace affermano i vescovi sudanesi in una lettera
pastorale
NAIROBI, 28 gen 04 - La Chiesa nel Sudan ha intenzione di partecipare
attivamente al processo di pace in corso nel Paese africano,
impegnandosi a essere voce della società civile e a collaborare alla
ricostruzione della nazione. È il messaggio contenuto nella Lettera
pastorale elaborata dalla Conferenza episcopale del Sudan in un
recente incontro straordinario sulla pace tenutosi a Nairobi, la capitale
del Kenya. Diffuso ieri da mons. Cesare Mazzolari, comboniano,
vescovo di Rumbek nel Sudan meridionale, il documento ricorda
l‟umanità martoriata dal ventennale conflitto tra governativi ed
„Esercito di liberazione popolare del Sudan‟ (Spla) nel sud del Paese, e
sottolinea come la comunità ecclesiastica in Sudan chieda di giocare un
ruolo attivo nel dopoguerra sudanese. “Chiesa, Stato e tutte le persone
di buona volontà - si legge nel testo - devono unirsi per porre fine alla
illegalità, alla criminalità e all'anarchia se vogliamo che la pace perduri
in Sudan”. Per garantire ordine e sicurezza, i presuli suggeriscono il
“disarmo di tutto il personale non militare”, “misure di prevenzione del
crimine”, comportamenti morali corretti da parte dell‟intera
popolazione e eventuali concessione di amnistie esclusivamente “nel
rispetto di coloro che hanno subito ingiustizie”. I vescovi riuniti a
Nairobi sostengono inoltre che la Chiesa “intende partecipare con lo
Stato alla formulazione, nello spirito e nella lettera, della nuova
costituzione e al rinnovamento del sistema legale”. Restando
determinata ad essere “voce del popolo”, la Chiesa sudanese intende
anche “avere la possibilità di elaborare decisioni nell‟ambito delle
strutture governative” insieme ad altri gruppi della società civile. In
particolare i presuli si impegnano a collaborare con le autorità statali
“nella riabilitazione di persone e servizi” e a fornire prestazioni in campo
“educativo, sanitario e dell‟assistenza umanitaria complementare,
soprattutto a sostegno dei più deboli ed emarginati”. Tra questi ci sono
gli sfollati e i rifugiati, che i presuli invitano ad accogliere nel migliore
dei modi, sollecitando la comunità internazionale a occuparsene in
stretta collaborazione con il governo ad interim e con la Chiesa stessa.
La Chiesa statunitense interviene per chiedere un urgente
intervento della comunità internazionale nella martoriata
regione del Darfur
WASHINGTON, 6 mag 04 - Anche la Chiesa statunitense interviene per
chiedere un urgente intervento della comunità internazionale nella
martoriata regione del Darfur, nel Sudan occidentale, in modo da
evitare il ripetersi di una “ennesima catastrofe umanitaria”. Nella
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regione al confine con il Ciad, come è noto, è in atto una vera
campagna di atrocità contro le popolazioni locali da parte di milizie
arabe appoggiate dal governo di Khartum. Un nuovo “esempio di
depravazione umana e di pulizia etnica”, denuncia in una dichiarazione
Mons. John H. Ricard, presidente della Commissione per la politica
internazionale della Conferenza episcopale degli Stati Uniti (Usccb)
che esorta la comunità internazionale a garantire l‟incolumità e aiuti
alle centinaia di migliaia di sfollati fuggiti dai combattimenti e il
governo del Ciad, che ospita più di 100mila rifugiati sudanesi, ad
attivarsi per mediare il conflitto. Un pressante appello per aiuti
umanitari per il Darfur è stato lanciato anche dai Catholic Relief
Services (Crs), la Caritas statunitense.
Intanto, in Kenya procedono a rilento i difficili negoziati di pace tra il
governo sudanese e gli indipendentisti dell‟Esercito di liberazione
popolare del Sudan (Spla), in lotta dal 1983 per l‟autonomia dei
territori meridionali. Negoziati sui quali cresce lo scetticismo, come ha
riferito all‟agenzia Misna il vescovo ausiliare di Torit, Mons. Akio
Johnson Mutek.
La Caritas elvetica stanzia 100mila franchi svizzeri a favore
del Darfur
LUCERNA, 11 mag 04 - La Caritas elvetica ha stanziato 100mila
franchi svizzeri a favore dei migliaia di rifugiati sudanesi che
continuano a fuggire dai combattimenti nella martoriata regione del
Darfur, nel Sudan occidentale. In un comunicato l‟organizzazione
caritativa cattolica conferma che alle frontiere tra il Sudan e il Chad
è in atto “una tragedia umanitaria di dimensioni enormi”. Nei soli tre
campi gestiti dalla Caritas, il numero dei rifugiati è passato in pochi
giorni da 18 a più di 30mila persone. Mancano acqua, viveri, mentre
la situazione igienico-sanitaria è sempre più critica, con per giunta
temperature superiori ai 40 gradi. La cifra stanziata dalla Caritas
elvetica servirà innanzitutto all‟approvvigionamento di viveri che
saranno distribuiti prioritariamente ai più eboli e vulnerabili: bambini
e donne incinte. Sono inoltre previste misure di prevenzione come la
vaccinazione dei rifugiati e del bestiame che hanno portato con sé,
nonché la distribuzione di semenze e attrezzature agricole. Nei campi
saranno infine allestite scuole per i bambini. Anche la Caritas si appella
alla comunità internazionale per ulteriori aiuti di emergenza.
“Un deciso passo avanti, ma su un terreno minato e pieno di
insidie”. Così Mons. Cesare Mazzolari, vescovo della diocesi
sudanese di Rumbek, definisce l’intesa raggiunta mercoledì in
Kenya tra il governo di Khartoum e i secessionisti del Sud
Sudan
RUMBEK, 29 mag 04 - “Un deciso passo avanti, ma su un terreno
minato e pieno di insidie”. Così Mons. Cesare Mazzolari, vescovo della
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diocesi sudanese di Rumbek, definisce l‟intesa raggiunta mercoledì in
Kenya tra il governo di Khartoum e i secessionisti del Sud Sudan. In
un‟intervista all‟agenzia Misna, il presule comboniano non nasconde un
certo scetticismo sull‟accordo che dovrebbe preludere alla pace
definitiva di un conflitto iniziato nel 1983. Una pace che, a suo avviso,
potrebbe “non risolvere le vere cause della guerra”. Il vescovo afferma
di non capire “perché la comunità internazionale abbia fatto pressioni
per far firmare in fretta e furia un accordo che, tra l‟altro, non risolve
per niente la questione del Darfur” (la regione occidentale che, pur non
coinvolta nel ventennale conflitto tra indipendentisti e governo islamico,
da un anno è teatro di un sanguinoso scontro tra le truppe governative
– appoggiate da milizie arabe – e due movimenti armati, che ha
provocato una gravissima crisi umanitaria). Mons. Mazzolari ricorda che
nelle zone meridionali del Paese sono attivi più di 96.000 combattenti
dell‟Esercito di liberazione popolare del Sudan (Spla), che andrebbero
disarmati. Egli si appella quindi alla comunità internazionale perché
accompagni il processo di pace avviato con aiuti concreti: “Sarebbe un
atto criminale – sottolinea - se dopo sollecitato questo accordo
venissimo lasciati a noi stessi, scatenando appetiti di gruppi illegali.
Aiutateci anche a costruire la mutua fiducia tra il Nord e il Sud del Sudan,
che non si realizza con la firma di un documento”.
Messaggio del card. Gabriel Zubeir Wako, arcivescovo di
Khartoum sulla firma dell’accordo di pace tra governo e ribelli
KHARTUM, 17 mag 04 - "Consapevole di quanto possano essere
difficili gli ulteriori passi verso una vera pace, rivolgo questo appello
a tutti voi, cristiani, e a tutto il popolo sudanese: abbiamo deciso di
uscire dalla guerra in direzione della pace". Sono le parole contenute
nel messaggio rivolto ai connazionali dal Cardinale Gabriel Zubeir
Wako, arcivescovo di Khartoum, all‟indomani della firma dell‟accordo,
firmato il 26 maggio scorso, tra il governo e i ribelli del Sud Sudan.
Una firma, come è noto, definita „storica‟ da alcuni, ma da altri
considerata solo interlocutoria in vista di un‟intesa globale. Nel testo,
diffuso lunedì, l‟arcivescovo scrive che: "Ora ci aspettiamo che i
protocolli di pace siano trasformati in un preciso accordo di pace". Il
drammatico passato del Paese, teatro in questo ventennio di una
sanguinosa guerra nel Sud, "sta di fronte a noi sulla via della
riappacificazione, perché contiene memorie di sofferenza, di lutti, di
preoccupazioni e anche testimonianze di crudeltà, oppressione e
sofferenze ingiustamente inflitte". Dopo avere ricordato che "non tutti
i sudanesi erano presenti alla firma dei protocolli di pace", dalla quale
sono stati esclusi molti movimenti politici, la società civile e altri
gruppi, il Cardinale Wako sottolinea che: "E‟ venuto il momento della
pace. Non dobbiamo dimenticare la guerra, ma ricordare i danni che
ha provocato a noi e al Paese ". Il conflitto, iniziato nel 1983, conclude,
è stato "il simbolo di quanto irresponsabile e debole possa diventare
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l‟essere umano. Ora dobbiamo dire: no alla guerra!".
Progetto di una università cattolica in Sudan dedicata a San
Daniele Comboni
KHARTOUM, 13 lug 04 - Il progetto di una università cattolica in Sudan
dedicata a San Daniele Comboni è sempre all'attenzione
dell'arcivescovo di Khartoum, il cardinale Gabriel Zubeir Wako. Lo ha
ribadito nei giorni scorsi incontrando un gruppo di religiosi e di laici ai
quali ha voluto ricordare lo sforzo ormai ventennale che la Chiesa sta
facendo in Sudan per istituirvi una università cattolica. Ma il progetto
di tale istituzione fu già intuito da San Daniele Comboni due secoli fa.
"Comboni - ha detto il cardinale Wako - voleva che le persone fossero
devote e competenti, sia i religiosi che i laici, ed è questo quello che ci
aspettiamo oggi dai laureati di una università cattolica: essere persone
devote e competenti in grado di contribuire alla rigenerazione
dell'Africa". Per la realizzazione di una università cattolica in Sudan i
nodi sono molteplici, ha ricordato l'arcivescovo. Essi sono rappresentati
dal reperimento dei fondi, da come preservare l'identità cattolica degli
studi in un contesto culturale prevalentemente islamico, dalle garanzie
di libertà da parte del regime islamico stesso. Ma questo progetto, ha
ribadito il cardinale Wako "potrà essere realizzato se lo vogliamo e se
Dio lo vuole. La nostra missione è quella di piantare un seme".
“Alcuni passi in avanti sono stati fatti in questi anni”, afferma
mons. Mazzolari, in riferimento all’accordo di pace tra il
governo e i ribelli del Sud
RUMBEK, 27 giu 05 - “Alcuni passi in avanti sono stati fatti in questi
anni”, ha dichiarato mons. Mazzolari, in riferimento all‟accordo di pace
tra il governo sudanese e i ribelli dell‟esercito di liberazione popolare del
Sudan, siglato nel gennaio scorso a Nairobi. E a questo riguardo, mons.
Mazzolari ha spiegato che il processo di ricostruzione necessita
comunione e solidarietà. Le tensioni ancora presenti nell‟est del Paese,
il dramma del Darfur e la carestia nel sud dimostrano che la sofferenza
della popolazione civile non è affatto terminata. Riguardo poi alla nuova
costituzione in fase di elaborazione nel Sudan meridionale, i leader
cristiani hanno invocato il diritto di esprimere una propria valutazione,
essendo il messaggio evangelico il vero antidoto contro ogni forma di
violenza e di divisione. “Le Chiese cristiane hanno il compito di educare
il popolo sudanese al bene comune”, ha detto mons. Mazzolari, “un
bene calpestato per decenni dai fautori della guerra”.
Ricorrenze importanti per la Chiesa in Sudan nel 2006
KARTHOUM, 3 feb 06 - Sul finire del mese scorso la Chiesa in Sudan
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ha festeggiato due giubilei: il cinquantenario del Seminario Maggiore
San Paolo e i 62 anni delle prime ordinazioni di sacerdoti autoctoni
sudanesi dei tempi moderni. Le giornate celebrative hanno visto
insieme tanti sacerdoti e vescovi di Karthoum, di Juba, di Wau, di El
Obeid e di Malakal. Sacerdoti sono giunti anche da Rumbek e da Yei
nel Nuovo Sudan. Nessun vescovo, purtroppo, né sacerdoti da Torit
e da Tombura-Yambio, segno che la guerra lascia ancora i suoi segni..
Sono state giornate di comunione e di scambio di esperienze pastorali.
Sacerdoti vissuti separati per anni hanno potuto incontrarsi
nuovamente raccontando quello che hanno vissuto nei lunghi anni
della guerra civile e rievocando il martirio di quattro loro confratelli:
Saturnino Lohure, Arkangelo Ali, Barnaba Deng e Leopoldo Anywar.
Ma la storia della Chiesa sudanese si gloria anche di altri nomi: il
vescovo Gabriel Dwatuka, i sacerdoti Jerome Bidai, Silvestro
Loharanya, Zacchary Bol, Anania Lodu, Costantino Pitiya, Nicholas Kiri,
Davide Tombe, Romeo Todo, Hilary Boma, Lino Sabit, Marc Lotede,
Raphael Riel, Benjamin Madol, Peter Ayom, Daniel Deng, Luciano Okuc
e molti altri. In pratica non c'è prete sudanese od operante in Sudan
che in un momento o nell'altro, in un modo o nell'altro, non abbia
vissuto l'esperienza della persecuzione a motivo del Vangelo. La
settimana passata insie e a gennaio è servita anche a vescovi e a
sacerdoti per riflettere sulla nuova situazione in Sudan, dopo l'accordo
di pace siglato il ) di gennaio dell'anno scorso. Il motto del recente
giubileo sacerdotale è stato "Voi siete strumenti di pace e di
riconciliazione". I cento e più sacerdoti, che hanno condiviso le
giornate di gennaio, hanno anche riflettuto sul terribile flagello
africano dell'Hiv/Aids. Un pensiero particolare è naturalmenteandato
al luogo della loro preparazione, vale a dire il Seminario Maggiore San
Paolo. Lo apersero, nel 1956, l'anno dell'indipendenza, a Tore River i
missionari comboniani tutti italiani nella diocesi di Yei. I loro nomi:
Renato Bresciani, Pietro Tiboni, Angelo Venturelli, Luigi Penzo,
Vittorino Dellagiacoma, Fernando Sembiante e Pierino Ciccarese. Nel
1962 fu la volte del primo sacerdote autoctono, Peter Magalasi. Due
guerre civili hanno costretto il seminario sudanese a spostarsi in
continuazione da Kit a Lachor in Uganda, da Juba a Bussere e ancora
a Yuba ed, infine, oggi a Karthoum. Da questo seminario sono usciti
400 sacerdoti. Dei primi insegnanti sopravvivono ancor oggi i padri
Tiboni e Penzo.
Visita del Cardinale Sepe in Sudan
ROMA, 18 feb 06 - Il Prefetto della Congregazione per
l‟Evangelizzazione dei Popoli, Card. Crescenzio Sepe, è partito ieri da
Roma alla volta del Sudan. Dopo la visita pastorale di fine novembre
in Vietnam, durante la quale il card. Sepe ha potuto visitare le tre
regioni ecclesiastiche del Paese, incontrare Vescovi, sacerdoti,
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religiosi, religiose e seminaristi, oltre a presiedere l‟inaugurazione
della nuova diocesi di Ba Ria e lÆordinazione sacerdotale di 57 diaconi
vietnamiti, ora il Prefetto del Dicastero Missionario si reca nel Sudan
che si sta faticosamente incamminando verso la pacificazione. La
convivenza in questa terra tra gruppi diversi per etnia, religione e
cultura Þ sempre stata difficoltosa, e alcuni focolai di tensione sono
ancora vivi, tuttavia non mancano segnali di fiducia e di speranza che
vanno incoraggiati e sostenuti. È questo il motivo che spinge il Prefetto
della Congregazione per l‟Evangelizzazione dei Popoli a visitare questa
nazione martoriata, per incoraggiare la Chiesa ed i missionari nella
loro opera di promozione umana e di annuncio del Vangelo. Ieri,
intanto, la Fao ed il Pam (Programma Alimentare Mondiale) hanno
dichiarato in un comunicato congiunto che in Sudan, nonostante le
buone prospettive del raccolto nella stagione 2005-2006, cira 7 milioni
di persone avranno bisogno di aiuti alimentari nel 2006. Inoltre, gli
attacchi della Lord‟s Resistance Army nel sud e nel sud-est del paese
continuano a rappresentare una minaccia costante a qualunque
possibilità di ripresa della vita normale.
In Sudan il Seminario maggiore torna dalla capitale Khartoum
al Sud
KHARTOUM, 10 mag 06 – In Sudan, il Seminario Maggiore San Paolo
di Cober, lascerà la capitale Karthoum per ritornare a Juba,
nell‟estremo sud del paese, dove il seminario venne fondato 50 anni
fa. Perdurando la guerra civile dei musulmani contro i cattolici, nel
1991, l‟allora arcivescovo di Kharthoum Gabriel Zubeir Wako accolse
i seminaristi maggiori di Juba. La notizia del loro ritorno a Juba è stata
resa nota da mons. Daniel Marko Kur Adwok, Vescovo ausiliare di
Khartoum, in una missiva indirizzata all‟Opera “Aiuto alla Chiesa che
soffre” (ACS). L‟Opera, tra il 2000 e il 2005, ha sostenuto il Seminario
Maggiore San Paolo di Cober con un donativo di circa 140 mila euro.
Mons. Adwok nella missiva spiega che la decisione di trasferire il
Seminario è la risposta al fatto che gli sfollati e i rifugiati stanno
“tornando lentamente” alle loro case. “Ora – aggiunge il presule - si
aspetta dai rispettivi Vescovi una risposta per inviare a Juba sacerdoti
o religiosi che possano far fronte alle necessità spirituali dei
seminaristi. Anche durante il difficile periodo della guerra – aggiunge
il vescovo -, il Seminario è sempre stato una delle priorità dei Vescovi
cattolici del Sudan. Ora, dopo la firma dell‟accordo di pace nel
“Radio Bakhita” prima emittente cattolica del Sudan
JUBA, 17 gen 07 - La Chiesa cattolica nel Sudan del Sud dispone della
prima stazione radio. L‟emittente si chiama Radio Bakhita dal nome
di Josephine Bakhita, la prima santa del Sudan. La sede di Radio
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Bakhita si trova a Juba, la capitale della regione autonoma del sud
Sudan. Le trasmissioni inizieranno regolarmente l‟8 di febbraio, nella
festa proprio di Santa Bakhita. Per ora vengono coperte ogni giorno
due ore di trasmissioni sulla frequenza di 91Mhz. Le prime, comunque,
sono andate in onda a Natale. Sono stati trasmessi messaggi e
celebrazioni liturgiche, come la Santa Messa di mezzanotte dalla
cattedrale di Santa Teresa, in Kator, presieduta da Mons. Paulino
Lukudo Loro, Arcivescovo di Juba. L‟arcivescovo ha accolto con
entusiasmo l‟avvio delle emissioni di Radio Bakhita ed ha ringraziato
i Comboniani per “il regalo di Natale alla Chiesa cattolica del sud
Sudan”. L‟emittente è la “stazione madre” della rete radiofonica
cattolica del Sudan. Il segnale copre un‟estensione di oltre 30
chilometri da Juba ed ha un pubblico potenziale di più di 500mila
ascoltatori. La rete radiofonica cattolica del Sudan è un‟opera
intrapresa congiuntamente dalle varie realtà Comboniane. La rete è
stata fondata per celebrare la canonizzazione di Daniele Comboni ed
è stata offerta alla Conferenza Episcopale del Sudan. Quando sarà
terminata, la rete avrà otto stazioni radiofoniche, una in ogni diocesi
nel Sudan del sud, più una sulle montagne Nuba.
L'arcivescovo di Khartoum richiama al rispetto dei diritti
umani
KHARTOUM, 6feb07 - Il cardinale Gabriel Zubeir Wako, arcivescovo di
Khartoum, ha richiamato il governo di unità nazionale perché
promuova i diritti umani in Sudan. Parlando recentemente, durante
una liturgia ecumenica per la pace, l'arcivescovo ha voluto ricordare
che la serie di violazioni di diritti umani continua in più parti del Sudan
anche dopo la firma dell'Accordo di pace. Il cardinale Wako si è
soffermato in modo particolare sull'allontamento dalle proprie
abitazioni di migliaia di persone nel Sudan settentrionale. "Qunado
una persona si sposta dal proprio luogo - ha detto il porporato cominciano i problemi. E' quello che sta accadendo: una persona che
non è più nel proprio luogo non ha cibo, non ha un ricovero, non ha
una scuola, non ha il servizio sanitario. Si intravvedono problemi in
lontananza, e questo potrebbe rappresentare l'inizio di una guerra.
Ogni essere umano, invece, - ha aggiunto il porporato - ha il diritto a
godere della solidarietà e ad essere curato da noi. Se noi non
rispettiamo questo diritto, i problemi sorgeranno continuamente". Il
cardinale Wako ha concluso con l'esortazione a cristiani e a musulmani
di lavorare insieme per la pace e per la stabilità del Sudan.
Le diocesi del Sud Sudan lanciano nuova pagina web
NAIROBI, 4 apr ‟07 - Il Segretariato della Conferenza regionale dei
vescovi cattolici del Sudan (Scbrc, in sigla) potenzia i suoi servizi di
informazione telematica sulla vita della Chiesa in Sud Sudan lanciando
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la nuova pagina web http://Scbrc.net. Il sito, in fase di
perfezionamento, è stato realizzato con la generosa collaborazione
degli Oblati di Maria Immacolata (OMI). La pagina si presenta con un
elenco di voci cliccabili relative alla Chiesa nella regione: missione,
composizione e organizzazione della Conferenza regionale, le diocesi
associate, le varie commissioni episcopali (Giustizia e pace,
comunicazioni sociali, educazione, pastorale e sviluppo), testi e links
(tra cui quello con l‟Amecea, l‟Associazione delle Conferenze episcopali
dell‟Africa Orientale). La nuova Web Page si aggiunge ad altri due siti
aperti dal Segretariato: il blog http://scbrc-secretariate.blogspot.com,
contenete testi di dichiarazioni, notizie su eventi ecclesiali e vari
contributi
dalle
diocesi
e
il
forum
di
discussione
http://groups.google.com/group/scbrc dedicato ai problemi di questo
travagliato Paese e in particolare del Sud.
Istituito nel 1997, il Segretariato della Conferenza dei vescovi cattolici
del Sudan è una delle due assemblee regionali in cui è stata suddivisa
la Conferenza episcopale sudanese per venire incontro alle necessità
dei fedeli delle due aree in cui il Paese è stato a lungo diviso a causa
della guerra civile: il nord arabo-musulmano sotto il controllo di
Khartoum e il sud a maggioranza cristiana e animista controllato
dall‟Esercito di liberazione popolare del Sudan (Spla). Vi sono
associate l‟arcidiocesi di Juba e le diocesi di Rumbek, Tambura-Yambio,
Torit, Yei, Malakal, Wau e parte della diocesi el-Obeid. La Conferenza
ha tuttora la propria sede principale a Nairobi in Kenya. Il suo attuale
presidente è mons. Ercolano Ladu, vescovo di Yei.
La gente del Sud Sudan vuole la pace, afferma l’arcivescovo di
Giuba
KHARTOUM, 26 nov 07 – In un‟intervista alla “Sudan Radio Service”
l‟arcivescovo di Giuba mons. Paulino Lukudu Loro ha lanciato un forte
appello alla pace “dono di Dio all‟umanità” ed al dialogo tra le fazioni
politiche in nome delle genti del Sudan meridionale. Nel bagno di folla
che ha accolto nei giorni scorsi l‟arrivo del Presidente del GOSS
(Government of Southern Sudan, ndr) Salva Kiir, il presule legge la
volontà popolare di continuare sulla rotta tracciata dal Naivasha
Agreement, l‟accordo di pace che dal gennaio 2005 ha determinato
l‟autonomia del Sud Sudan da Khartoum, fissando per il 2011 il
referendum sulla secessione. L‟auspicio del vescovo è che anche il
recente ritiro dalla coalizione che regge il governo federale da parte
dell‟SPLM (il partito separatista del Sud il cui leader è lo stesso Kiir,
ndr) sia da porre in relazione con la volontà di verificare i progressi
compiuti dalla firma dell‟accordo. “Se così non fosse - afferma il
presule - “si andrebbe incontro ad una recrudescenza della guerra
civile, ma i popoli del Sudan non sarebbero disposti a seguirli.”
L‟accordo del 2005 poneva fine a ventidue anni di guerra civile tra il
46
potere centrale di Khartoum, controllato dal National Congress Party,
d‟ispirazione islamica e l‟SPLM o Sudan People‟s Liberation Army,
braccio armato degli insorti del Sud, in prevalenza cristiani ed animisti.
Sta prendendo forma in Sudan il progetto di una università
cattolica dedicata a San Daniele Comboni
KHARTOUM, 7 apr 08 - Si sta progressivamente concretizzando il
progetto di una università cattolica in Sudan dedicata a San Daniele
Comboni. Il progetto risale al 1992, quando per iniziativa di padre
Camillo Ballin, ora vescovo e vicario apostolico del Kuwait, fu aperto
il “Comboni Teachers' Training College” (CTTC), ma ha cominciato a
prendere una forma più ufficiale nel 2001 con l‟approvazione da parte
del Ministero sudanese dell'Educazione del Corso di laurea breve in
Scienze Informatiche organizzato dal “Collegio Comboni di Scienze del
Computer”, oggi “Collegio Comboni di Scienze e Tecnologia” (CCST).
A questo corso si sono aggiunti due programmi di Tecnologie
dell‟Informazione e di Contabilità e Gestione Aziendale approvati dal
Ministero nel 2004. Nel novembre 2007 il Ministero ha dato
un'approvazione provvisoria anche al CTTC a condizione che rientri
sotto la tutela del CCST, come Corso di baccalaureato in Educazione
e di Scienze Religiose (ERS). A finanziarlo sarà la diocesi di Khartoum
mentre la responsabilità degli altri programmi sarà dei Missionari
Comboniani. La costruzione degli edifici dell'ERS, sarà molto
probabilmente avviata entro quest'anno. Inoltre, si sta studiando
l‟ipotesi di un altro corso di diploma e il baccalaureato in Lingua
Inglese. Il collegio potrà vedersi riconosciuto il titolo di istituto
universitario solo dopo aver rilasciato la laurea di quattro anni per
ognuno di questi cinque corsi di studio. Questo traguardo non è stato
ancora raggiunto e tuttavia si può dire che l'Università Cattolica del
Sudan è già una realtà anche se manca ancora l'approvazione del
Ministero Sudanese dell'Educazione.
Nuovi centri di trasmissione per il “Sudan Catholic Radio
Network”
JUBA, 30 set 08 – Sta crescendo a poco a poco il Sudan Catholic Radio
Network (SCRN), ovvero l‟emittente radiofonica cattolica del Sudan,
voluta dalla Conferenza episcopale locale e realizzata grazie all‟aiuto
dei Missionari Comboniani. Dopo “Radio Bakhita”, che trasmette nella
capitale, Juba, dal febbraio 2007, tre nuovi centri di trasmissione
vedranno realizzati entro dicembre prossimo nelle zone di Torit, Yei e
delle Montagne Nuba. Per il 2009, inoltre, è prevista l‟apertura di
nuove stazioni radiofoniche a Yambio, Rumbek, Wau e Malakal.
“Questo network – ha detto l‟arcivescovo di Juba, mons. Paolino
Lukudu Loro, incontrando i coordinatori dell‟emittente – è uno
strumento pastorale, un servizio, una missione per la cura pastorale
47
del popolo di Dio. Non è soltanto una radio”. Ribadendo, poi, che il
SCRN rappresenta un contributo della Chiesa alla costruzione di un
processo di pace nel Paese, mons. Lukudu Loro ha concluso: “Non
lavoriamo per soldi o per ambizione: noi lavoriamo per compiere un
servizio pastorale. È questa la nostra missione”.
Il vescovo di Tombura-Yambio denuncia il genocidio in atto ad
opera dell'Esercito della Resistenza del Signore (LRA)
YAMBIO, 7 nov 08 - Nel Sud del Sudan continua il genocidio operato
dai ribelli dell'Esercito della Resistenza del Signore (LRA). L'ennesima
denuncia viene dal vescovo di Tombura-Yambio, mons. Eduardo
Kussala, che ha denunciato come il capo dei ribelli, Joseph Koni,
insieme ad alcuni ribelli, abita nel terrirorio della diocesi "sotto la
protezione dell'Onu - specifica il vescovo - e con il governo del Sud
Sudan che si è illuso di poter instaurare un dialogo con i ribelli
concedendogli un rifugio. Ma loro - aggiunge il vescovo - continuano
ad uccidere, a rapire e a saccheggiare". Mons. Kussala spiega come
500 bambini siano stati già rapiti dai ribelli, mentre è critica la
situazione umanitaria di migliaiai di rifugiati senza cibo, senz'acqua,
senza medicine e senza soccorsi. La Chiesa, il governo del Sudan
occidentale, altri gruppi di cristiani stanno facendo del tutto per offrire
un sollievo ai rifugiati, ma gli aiuti sono inadeguati.
Appello della Caritas Internationalis per gli sfollati del Darfur
KARTHOUM, 07 gen 09 – Per il nuovo anno appena iniziato, la Caritas
Internationalis lancia un appello per raccogliere gli 11 milioni di dollari
necessari ad aiutare gli sfollati del Darfur, che sfiorano la cifra di
250mila. “Attraverso il lavoro della Caritas nel Darfur – ha detto
Lesley-Anne Knight, segretario generale della Caritas Internationalis
– noi continuiamo a stare accanto e ad essere solidali con i poveri e
gli sfollati, che stanno vivendo in uno stato costante di povertà e
disperazione”. Per il 2009, i progetti dell‟organizzazione umanitaria
riguardano la copertura dei bisogni basilari, inclusi l‟accesso all‟acqua
potabile e alle strutture sanitarie, la tutela della salute e la riduzione
della fame grazie al rifornimento di cibo per i soggetti più vulnerabili.
La Caritas, inoltre, ha intenzione di fornire sementi e corsi di
formazione alla popolazione, affinché sia in grado di coltivare
autonomamente il cibo. Altro obiettivo è quello di migliorare il livello
della formazione scolastica, creando delle classi permanenti in ogni
scuola e donando ai bambini il materiale didattico necessario.
La Chiesa in Sudan lancia un appello per la pace e la
riconciliazione
KHARTOUM, 10 mar 09 – L‟arresto del presidente Omar al-Bashir non
porterà la pace in Sudan, Paese devastato dalla guerra e che ha
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bisogno di una vera riconciliazione. Questa, in sintesi, la riflessione di
mons. Rudolf Deng, presidente della Conferenza dei vescovi sudanesi,
dopo che la Corte penale internazionale, il 4 marzo scorso, ha spiccato
un mandato di cattura nei confronti di al-Bashir, ritenuto colpevole di
crimini di guerra e crimini contro l‟umanità per il conflitto nel Darfur.
“Per salvare il Sudan - ha aggiunto il presule - abbiamo bisogno di
maggiore sincerità sia da parte dei politici che da parte dei ribelli, e di
maggiore attenzione da parte della comunità internazionale”. Secondo
i dati dell‟ONU, dal 2003 ad oggi, il conflitto in Darfur ha provocato
circa 300mila vittime. Intanto, proprio oggi l'ambasciata americana a
Khartoum ha autorizzato l'evacuazione volontaria del suo personale
non indispensabile. La decisione è arrivata dopo l'espulsione di alcune
ong, stabilita dal governo sudanese.
L’impegno di ACS per i ragazzi sfollati
KHARTOUM, 24 mar 09 – Un aiuto consistente destinato ai bambini ed
ai ragazzi che vivono nei tanti campi profughi del Sudan settentrionale:
lo ha annunciato la sezione britannica di “Aiuto alla Chiesa che soffre”
(ACS), che ha stanziato 100mila euro per il progetto “Salvare il
salvabile”, avviato a Khartoum. Si tratta, informa una nota, del
maggiore investimento per il 2009 fissato dall‟opera caritativa. Al
centro dell‟iniziativa, l‟educazione alla cristianità: il progetto, infatti,
raggiungerà circa 200mila alunni delle 50 scuole intorno alla capitale
sudanese, dove gli sfollati vivono spesso in capanne di fango, l‟acqua
potabile scarseggia e le epidemie si diffondono rapidamente. “Salvare
il salvabile – ha detto il direttore nazionale di ACS britannica, Neville
Kyrke-Smith – è un progetto-chiave per sostenere lo sviluppo della
cristianità nel cuore dell‟Africa”. “In un Paese lacerato dai conflitti e
dalle divisioni etniche – ha aggiunto – la Chiese e le scuole cattoliche
hanno un ruolo fondamentale nella costruzione della fede e della
speranza. Sono vere e proprie ancore di salvezza”. A coordinare il
progetto sarà il vescovo di Khartoum, mons. Daniel Adwok.
Prosegue con grande successo il progetto della prima
università cattolica nel Sud Sudan
JUBA, 23 mar 09 - Prosegue con grande successo il progetto della
prima università cattolica in Sudan. L‟istituto ha accolto nel settembre
scorso i primi studenti in quello che deve essere il campus principale
a Juba, nella capoluogo del sud del Paese, e si appresta ad
incrementare la sua offerta formativa. L‟iniziativa risulta determinante
per lo sviluppo del Paese se si considera la devastante cornice del
tessuto sociale delle aree meridionali, dopo 25 anni di guerra.
L'Università cattolica del Sudan si pone quindi come un elemento
chiave dei progetti episcopali per aiutare la Nazione a riprendersi da
decenni di violenza, carestia e sfollamenti di massa. Un comunicato
dell'associazione caritativa Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) ricevuto
49
da Zenit fa il punto su questi primi mesi di attività e sui prossimi
obiettivi
dell‟ateneo
africano.
Padre
Michael
Schultheis,
vice-cancelliere dell'Università, ha affermato che grazie alla raccolta
fondi che si sta attuando, alla cooperazione con altre università del
Sudan e al sostegno delle autorità regionali il progetto si sta
sviluppando secondo i piani. Il sacerdote, un gesuita degli Stati Uniti
che lavora da trent'anni nel settore dell'istruzione in Africa, ha
affermato che “è raro che ci sia un momento ideale per avviare un
progetto come questo – soprattutto in Sudan”, ma che l'intenzione
“era quella intanto di iniziare”. “Siamo molto incoraggiati dal modo in
cui le cose si sono sviluppate fin dai primi giorni – ha confessato –. Ciò
che abbiamo riscontrato negli studenti è che c'è un grande desiderio
di studiare e imparare”. Visto che il sud del Sudan ha uno de tassi di
alfabetizzazione più bassi del mondo, al di sotto del 30%, padre
Schultheis ha spiegato che per la maggior parte delle persone gli studi
universitari sono molto impegnativi. A questo proposito, ha
sottolineato l'importanza di un corso introduttivo (propedeutico), che
in questo momento viene seguito dai 35 studenti che hanno iniziato i
corsi a settembre. Il gesuita ha poi evidenziato che l'iniziativa sarebbe
stata impossibile senza il sostegno iniziale di Aiuto alla Chiesa che
Soffre, che ha donato 40 mila euro ed è stata una delle prime
organizzazioni a finanziare il progetto. “Siamo tutti molto grati ad ACS
per ciò che ha fatto – ha confessato padre Schultheis –. Per gli studenti
è una splendida opportunità formarsi e studiare a un livello che fino
a questo momento era loro precluso”. Il sacerdote ha anche
sottolineato che finora c'erano solo tre università nel sud del Sudan e
ha osservato che per i vescovi la priorità è aiutare le persone nella
ricostruzione di infrastrutture e servizi. La Facoltà di Juba, ha aggiunto,
prevede lauree in economia e Business Administration, informatica e
studi religiosi e sociali. Gli organizzatori progettano di aprire un
secondo campus nella città di Wau, sempre nel Sud del Paese. La
struttura, prevista per agosto, sarà un centro per lo studio delle
scienze agricole e ambientali. Nell'arco di un anno, si pensa inoltre di
aprire una terza Facoltà di ingegneria civile e mineraria. Inizierà la sua
attività a Wau, ma poi si trasferirà più a nord, a Kadugli o a Malakal.
Le Chiese cristiane africane chiedono al governo di Khartum di
non bloccare le operazioni umanitarie nel Darfur
NAIROBI, 30 mar 09 - I vertici della Conferenza delle Chiese di tutta
l‟Africa (CETA) hanno chiesto al governo sudanese di “consentire la
prosecuzione delle operazioni umanitarie” nel Darfur, dopo la recente
espulsione dal Paese di 13 ong internazionali. “Siamo profondamente
preoccupati per le conseguenze dell‟espulsione di queste
organizzazioni che hanno permesso di salvare vite umane in Sudan”,
si legge in una dichiarazione del Comitato generale dell‟organismo,
che riunisce più di 100 Chiese membri (per lo più protestanti e
50
anglicane) e 32 Consigli Chiese associate di 39 Paesi africani. Come si
ricorderà, l‟espulsione delle 13 agenzie umanitarie è avvenuta dopo il
mandato d'arresto emanato dalla Corte Penale Internazionale dell‟Aia
(CPI) nei confronti del Presidente Omar Hassan el-Bashir accusato di
crimini di guerra e contro l'umanità per i massacri nel Darfur. Il
governo di Khartum le accusa di avere messo a repentaglio la
sicurezza del Paese, riferendo informazioni false al TPI. Nella
dichiarazione, ripresa dall‟agenzia ecumenica ENI, la CETA ricorda che
il governo sudanese è responsabile “della protezione dei suoi cittadini,
quali che siano le loro origini, religioni o affiliazioni politiche” ed invita
“tutte le parti in conflitto nel Darfur ad astenersi dal ricorso a qualsiasi
forma di violenza e a rispettare i diritti della persona e la dignità di tutti
i cittadini del Sudan”.
La decisione della Corte Internazionale ha suscitato qualche
perplessità anche tra i vescovi cattolici sudanesi, preoccupati delle sue
possibili ripercussioni negative sul delicato processo di pace iniziato
nel 2005 con gli accordi siglati tra il governo di Khartum e i ribelli dello
SPLA, dopo una guerra civile che per più di un ventennio ha
insanguinato il Sud del Paese.
Inaugurata la prima università cattolica del Sud Sudan
JUBA, 16 apr 09 È stata inaugurata ieri la prima università cattolica
del Sud Sudan: la “St. Mary's University” di Juba, capoluogo della
regione. La cerimonia è avvenuta alla presenza del Ministro della
previdenza sociale e degli Affari Religiosi, Maria Kiden Kimbo, del
governo del Sudan meridionale. La St.Mary's University è la seconda
università privata nella capitale del sud Sudan. Il Ministro Kimbo, ha
lodato l'apertura dell'Ateneo che ha tra i suoi principali compiti quello
di formare operatori sociali, una figura professionale estremamente
importante in un Paese che ha circa 50mila persone disabili. Mons.
Paulino Lukudu Loro, arcivescovo di Juba, - riporta l'agenzia Fides diventa automaticamente il vice rettore dell'Università degli Studi.
L'arcivescovo ha ricordato che secondo i canoni della Chiesa, i
sacerdoti dovrebbero ricevere un'educazione di livello universitario,
perché devono servire i diversi popoli del mondo. Mons. Lukudu Loro
ha ringraziato coloro che hanno finanziato l'Università e si è rallegrato
per la costituzione del secondo istituto privato di istruzione superiore
a Juba. Egli ha fatto appello ai donatori a non abbandonare
l'arcidiocesi all'inizio dell'università, esortando i cittadini del sud
Sudan a contribuire a far sì che la St.Mary's University diventi il
migliore istituto del suo genere. Già dal 2 marzo, 14 studenti hanno
iniziato a seguire i corsi di Scienze della riabilitazione. I corsi sono
tenuti in collaborazione con l'associazione “La Nostra Famiglia”,
l‟opera principale dell‟Istituto secolare “Piccole Apostole della Carità”,
fondato dal beato don Luigi Monza. La Chiesa cattolica in Sudan, ha
svolto un ruolo essenziale nella istruzione sia nel nord che nel sud del
51
Paese, educando anche diverse personalità politiche.
Appello della Chiesa cattolica per la pace in Sudan
JUBA, 02 giu 09 – In occasione della Solennità di Pentecoste,
l‟arcivescovo di Juba, Paolino Lukudu Loro, ha redatto un messaggio
in cui ha ricordato che, in nome del ruolo fondamentale assunto dalla
Chiesa nella fase di stipulazione dei Comprehensive Peace Agreement
(CPA), le istituzioni religiose devono continuare ad adoperarsi per la
difesa della pace. Questo insieme di trattati, firmato nel 2005 a Nairobi
da membri del Sudanese People‟s Liberation Movement (SPLA) ed
esponenti della giunta militare di Khartoum, ha messo fine ad oltre
venti anni di guerra civile. Nel suo messaggio, mons. Loro ha descritto
i CPA come “un dono di Dio, una risposta alle preghiere dei fedeli per
la giustizia, la pace, la prosperità, il rispetto dei diritti, e della dignità
umana”. L‟arcivescovo ha poi lanciato un appello alle popolazioni del
sud del Sudan affinché si uniscano nella difesa degli Accordi, ritenuti
essenziali per la risoluzione dei conflitti che affliggono il Paese africano.
Mons. Loro ha anche condannato pubblicamente i massacri tribali, gli
scontri nei pressi del Nilo e del Bahr el Ghazal, le azioni compiute dai
ribelli appartenenti alla Lord Resistency Army (LRA), i sequestri dei
bambini, in aumento nella regione a est di Juba e che il presule
definisce “disumani”, i numerosi traffici di armi e i movimenti di gruppi
di uomini armati. Infine, l‟arcivescovo di Juba parla del recente
conflitto tra le comunità di Bari e Mundari e lo bolla come un paradosso:
“La coesistenza storica tra le due comunità non deve essere turbata.
I due gruppi hanno condiviso per anni i confini, la lingua, i nomi dei
clan e dei villaggi; hanno celebrato matrimoni interetnici; hanno
vissuto sotto la medesima leadership; hanno combattuto insieme
contro nemici esterni e hanno accettato le reciproche soluzioni
politiche”. “Coloro che sono causa del conflitto – ribadisce con forza
mons. Loro - devono arretrare immediatamente, in quanto nemici
della pace”. Il presule poi conclude: “Questa guerra e tutte le azioni
criminali hanno un impatto estremamente negativo anche sulle altre
comunità e sul governo dello Stato sudanese del Central Equatoria,
che ha perso credibilità e autorevolezza”.
L’arcivescovo di Juba chiede al governo di far cessare le
violenze inter-etniche
JUBA, 8giu09. – In Sudan l‟arcivescovo di Juba, mons. Paolino Lukudu
Loro, ha chiesto al governo di intervenire per sedare le violenze
inter-etniche nel Nord della provincia. In quell‟area della regione
semi-autonoma del Sud Sudan si stanno scontrando le comunità Bari
e Mundari. Gli effetti di tale scontro sono soprattutto le razzie di
bestiame necessario alla sopravvivenza delle comunità stesse.
“Questa situazione – ha detto mons. Loro – ha causato numerosi morti,
feriti e senzatetto, e deve cessare immediatamente”. Per l‟arcivescovo
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di Juba, il governo sudanese è sulla strada di “perdere ogni credibilità”
vista l‟anarchia che regna in tanti villaggi, dove si registrano violenze
sulle donne, rapimenti di bambini, e diffusione di armi.
Appello della Chiesa cattolica per la pace
KHARTUM, 3 giu 09 - In occasione della Solennità di Pentecoste,
l‟arcivescovo di Juba, Paolino Lukudu Loro, ha redatto un messaggio
in cui ha ricordato che, in nome del ruolo fondamentale assunto dalla
Chiesa nella fase di stipulazione dei Comprehensive Peace Agreement
(CPA), le istituzioni religiose devono continuare ad adoperarsi per la
difesa della pace. Questo insieme di trattati, firmato nel 2005 a Nairobi
da membri del Sudanese People‟s Liberation Movement (SPLA) ed
esponenti della giunta militare di Khartoum, ha messo fine ad oltre
venti anni di guerra civile. Nel suo messaggio, mons. Loro ha descritto
i CPA come “un dono di Dio, una risposta alle preghiere dei fedeli per
la giustizia, la pace, la prosperità, il rispetto dei diritti, e della dignità
umana”. L‟arcivescovo ha poi lanciato un appello alle popolazioni del
sud del Sudan affinché si uniscano nella difesa degli Accordi, ritenuti
essenziali per la risoluzione dei conflitti che affliggono il Paese africano.
Mons. Loro ha anche condannato pubblicamente i massacri tribali, gli
scontri nei pressi del Nilo e del Bahr el Ghazal, le azioni compiute dai
ribelli appartenenti alla Lord Resistency Army (LRA), i sequestri dei
bambini, in aumento nella regione a est di Juba e che il presule
definisce “disumani”, i numerosi traffici di armi e i movimenti di gruppi
di uomini armati. Infine, l‟arcivescovo di Juba parla del recente
conflitto tra le comunità di Bari e Mundari e lo definisce un paradosso:
“La coesistenza storica tra le due comunità non deve essere turbata.
I due gruppi hanno condiviso per anni i confini, la lingua, i nomi dei
clan e dei villaggi; hanno celebrato matrimoni interetnici; hanno
vissuto sotto la medesima leadership; hanno combattuto insieme
contro nemici esterni e hanno accettato le reciproche soluzioni
politiche”. “Coloro che sono causa del conflitto – ribadisce con forza
mons. Loro - devono arretrare immediatamente, in quanto nemici
della pace”. Il presule poi conclude: “Questa guerra e tutte le azioni
criminali hanno un impatto estremamente negativo anche sulle altre
comunità e sul governo dello Stato sudanese del Central Equatoria,
che ha perso credibilità e autorevolezza”.
Mons. Mazzolari mette in guardia contro una setta scismatica
RUMBECK, 30 lug 09 - I cattolici e altri cristiani del sud del Sudan sono
stati messi in guardia da un vescovo cattolico sulla “Chiesa Riformata
Cattolica”, una setta scismatica che ha iniziato le proprie attività in
questa regione autonoma. Mons. Cesare Mazzolari, vescovo di
Rumbek, in Kenya, ha scritto una lettera pastorale avvertendo i
cristiani dei “falsi maestri e leader ecclesiali disorientatori” che
agiscono nella regione. I leader della setta, afferma, hanno
53
abbandonato il celibato sacerdotale e l'obbedienza al Papa, come
informa l'agenzia Zenit. “Vi sto mettendo in guardia chiaramente e con
forza, cari cristiani, perché quanti si definiscono 'Chiesa Riformata
Cattolica' non sono più membri accettabili della Chiesa cattolica, e
dovreste smettere di seguirli”, scrive il vescovo. "I membri della nuova
setta sono imitatori che replicano le preghiere, le letture e le cerimonie
esterne delle celebrazioni cattoliche, così che la gente semplice pensa
di assistere alla Messa o a servizi di preghiera cattolici", osserva mons.
Mazzolari. Nei loro insegnamenti, tuttavia, i membri della setta
criticano la dottrina della Chiesa cattolica come antiquata e denigrano
i leader ecclesiali accusandoli di essere incapaci di comprendere il
cambiamento dei tempi. “Questi cattolici riformati ricorreranno alla
lotta del popolo come a qualcosa che la Chiesa cattolica tradizionale
non è capace di affrontare o risolvere. Questa idea è totalmente falsa
perché la Chiesa è stata molto vicina al popolo e ai suoi leader per
ottenere la pace e la necessaria riconciliazione”, scrive il presule. Il
vescovo conclude la sua lettera pastorale descrivendo i cattolici
riformati come “il demonio che vaga ai nostri giorni cercando di sviare
il popolo dalla fede”.
Il Consiglio Mondiale delle Chiese sulla guerra in Darfur
3 set 09 Il conflitto nella martoriata regione sudanese del Darfur ha
scatenato un‟incontenibile ondata di violenza e „un‟immensa crisi
umanitaria”. E‟ quanto si afferma nella “Dichiarazione sulla crisi del
Darfur nel contesto del Sudan” approvata martedì scorso dal comitato
centrale del Consiglio Mondiale delle Chiese (Wcc). Nel documento,
ripreso dall‟agenzia Zenit, si condannano “le atrocità di massa
perpetrate contro civili innocenti” e si esorta il governo sudanese “ad
assumere la piena responsabilità di difendere i suoi cittadini” senza
discriminazioni. Si chiede anche di “permettere l‟assistenza
umanitaria ininterrotta” per affrontare quella che viene definita “una
sfida morale per la comunità internazionale”. Un particolare
ringraziamento viene poi ribadito “per il ruolo significativo delle Chiese
del Sudan nel promuovere il dialogo interreligioso e nel lavorare per la
pace, la giustizia, la riconciliazione e il rispetto per la dignità e il
benessere di tutti gli abitanti del Paese”. Nel testo si esorta inoltre il
governo sudanese a rispettare le dichiarazioni e gli accordi che ha
firmato. Tra questi il più importante è “l‟Accordo per la pace e l‟intesa”
siglato con il Movimento di liberazione del popolo sudanese nel 2005.
Secondo dati dell‟Onu, sono almeno 1200 i morti dall‟inizio dell‟anno
ad oggi a causa delle violenze avvenute nel Sud Sudan. La situazione
rischia di diventare ancora più critica con l‟avvicinarsi delle elezioni
generali, previste ad aprile. “Se la violenza continuerà – sottolinea
David Gressly, coordinatore nel sud della missione Onu in Sudan –
sarà molto difficile organizzare il voto”. Ad aprile gli elettori saranno
chiamati a scegliere il presidente e a rinnovare il Parlamento. Secondo
54
Gressly il governo del Sud Sudan, finora, ha fatto poco per disarmare
le milizie armate. Le Nazioni Unite si trovano ora ad affrontare una
corsa contro il tempo per rafforzare polizia ed esercito in vista delle
elezioni.
Per la Chiesa la guerra in Darfur non è ancora finita
EL-OBEID, 4 set 09 “Non si può dire che la guerra nel Darfur sia finita.
Le parti in conflitto stanno ancora cercando di giungere ad un accordo
di cessate il fuoco”. Con queste parole, riferisce l'agenzia Fides, mons.
Antonio Menegazzo, amministratore apostolico di El-Obeid, la diocesi
sudanese in cui rientra il Darfur, ha replicato alle dichiarazioni del
generale Martin Luther Agwai, comandante uscente della forza di pace
mista Nazioni Unite-Unione Africana in Darfur (MINAUD), secondo il
quale “la guerra in Darfur è virtualmente conclusa”. “Ad oggi continua Agwai - non direi che sia in corso una guerra. Dal punto di
vista militare non c‟e‟ molto. Quello che abbiamo di fronte sono al più
problemi di sicurezza: banditismo, persone che cercano di risolvere
dispute per il controllo dell‟acqua e della terra, a livello locale”. A
smentire quanto detto, i diversi operatori umanitari che operano nella
regione occidentale del Sudan, i quali hanno sottolineato come la
situazione umanitaria nel Darfur rimanga estremamente grave e
risenta degli attacchi contro i convogli di aiuti inviati dalla comunità
internazionale. Ad avvalorare le dichiarazioni sullo stato di
prosecuzione bellica in questa zona del Sudan, sempre mons.
Menegazzo ribadisce che “nonostante la situazione nella regione sia
migliorata e attualmente non c‟è nessun combattimento in corso, la
guerra potrebbe ricominciare in qualsiasi momento”. Non bisogna
dimenticare che vi sono ancora 2 milioni e 700.000 abitanti del Darfur
che vivono in campi per rifugiati. Sul piano politico, la ribellione locale
è divisa in una ventina di gruppi e ha perso buona parte della sua
capacità militare. In più le trattative di negoziato tra i 9 più importanti
gruppi di guerriglia e il governo di Khartoum, risentono molto del
mandato di arresto emesso dalla Corte Internazionale nei confronti del
Presidente sudanese Omar Al Bashir, accusato per i crimini contro
l‟umanità perpetrati nel Darfur.
Tre giorni di digiuno e di preghiera per la pace nello Stato di
Equatoria Occidentale
YAMBIO, 07set09. – Migliaia di cattolici e di non-cattolici hanno
partecipato ieri ad una lunga marcia penitenziale a piedi di 20
chilometri. La marcia si è svolta tra Tombura e Yambio, il capoluogo
dello stato di Equatoria Occidentale. Con essa si è concluso un triduo
di digiuno e di preghiere per ottenere la pace e la tranquillità in questo
Stato del Sudan meridionale dove imperversano i guerriglieri e i
terroristi ugandesi dell‟Esercito di Resistenza del Signore (LRA). Mons.
Edward Hiiboro Kussala, il vescovo quarantacinquenne della diocesi di
55
Tombura-Yambio, ha riferito alle radio locali che l‟iniziativa è ben
riuscita. “Le Chiese – ha detto mons. Kussala – hanno preso questa
iniziativa perché la situazione rischia di diventare incontrollabile per
gli attacchi dell‟LRA nell‟Ovest di Equatoria. Le popolazioni – ha
aggiunto il vescovo – sono tristi e arrabbiate. Sono piene di paura e
nessuno vuol rientrare a casa”. Mons. Kussala ha ricordato che è
compito delle persone religiose di sostenere moralmente, di
incoraggiare e rassicurare la popolazione invitandola “a rivolgersi a
Dio e ad amarlo”. Suor Giovanna Calabria, superiora delle suore
comboniane a Nzara, riferendosi alla marcia ha detto che è stata una
esperienza molto commovente il vedere tutte quelle persone, con
indosso panni vecchi e sporchi in segno di penitenza, chiedere il
perdono e la pace. Alla marcia penitenziale ha preso parte anche il
governatore di Equatoria Occidentale, Jemma Nunu Kumba, che si è
impegnato a sollecitate maggiore attenzione del parlamento locale alle
violenze in corso.
Il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati denuncia tagli
all’istruzione in Sud Sudan
9 set 09 - “Negli ultimi tre anni nel Sudan meridionale il governo ha
ridotto il budget per l‟istruzione di oltre il 25%, passando da 134
milioni di dollari a 100 milioni. Questa scelta è particolarmente grave
alla luce dei notevoli progressi nei tassi di iscrizione registrati in
seguito agli accordi di pace del 2005”. E‟ quanto ha sottolineato il
Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati (Jrs) in un comunicato diffuso ieri,
in occasione della Giornata internazionale per l‟alfabetizzazione. “La
scelta – si legge nel documento ripreso dall‟Osservatore Romano – è
particolarmente grave alla luce dei notevoli progressi nei tassi di
iscrizione registrati in seguito agli accordi di pace del 2005”. Nel
comunicato si afferma anche che “tagli così ingenti al budget per
l‟istruzione con ogni probabilità impatteranno negativamente sulla
qualità dei servizi educativi”. Padre Frido Pflueger, direttore del
Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati in Africa Orientale afferma che
“l‟istruzione è la chiave dello sviluppo”. Si deve promuovere la dignità
dell‟uomo, aiutando le persone a realizzare in pienezza le loro
potenzialità, a migliorare la qualità della vita e a divenire cittadini
politicamente maturi: “Il Sudan meridionale – spiega padre Pflueger
– ha un forte bisogno di tutte queste qualità per avere un futuro
stabile”. Nel comunicato si evidenzia anche il problema della
formazione di insegnanti qualificati: “La loro scarsità pone un altro
serio problema per il sistema educativo”. Nel Sudan meridionale, solo
il 7% degli insegnanti di scuola primaria ha ricevuto un‟istruzione
formale. Un altro 48% ha partecipato a programmi formativi mentre
tutti gli altri docenti non hanno potuto ricevere un‟adeguata
formazione. Attualmente in Sudan meridionale il Servizio dei Gesuiti
per i Rifugiati sostiene 78 scuole primarie e 16 secondarie frequentate
56
da oltre 400 mila allievi.
“Dio giudicherà tutti quelli che operano contro i diritti del loro
popolo”. Appello delle Chiese cristiane alla piena attuazione
degli accordi di pace del 2005
KHARTUM, 19 ott 09 - Le Chiese cristiane del Sudan hanno rivolto un
pressante appello a tutte le autorità del Paese e alla comunità
internazionale affinché venga assicurata la piena attuazione al
Comprehensive Peace Agreement (CPA), l‟accordo di pace che dal
gennaio 2005 ha determinato l‟autonomia del Sud Sudan da Khartoum,
fissando per il 2011 il referendum sulla sua eventuale secessione. In
una dichiarazione congiunta diffusa nei giorni scorsi, i leader cristiani
rilevano come sin dalla loro firma a Nairobi, i protocolli del trattato
siano stati o attuati solo parzialmente, o rimessi in discussione, con il
risultato che un Sudan pacificato e unito è oggi percepito come una
opzione meno interessante dai cristiani e dalle altre minoranze del
Paese. La conseguenza di questo ritardo è che “la riconciliazione non
viene pienamente perseguita” e la legislazione nel Nord Sudan è
ancora basata sulla legge islamica. Anche i recenti scontri tribali
verificatisi in diverse parti del sud – afferma la dichiarazione, firmata
tra gli altri da mons. Paulino Lukudu Loro, arcivescovo di Khartum sono da attribuire a questo ritardo. Secondo i leader cristiani, inoltre,
le violenze avrebbero potuto essere in larga parte evitate con un
migliore dispiegamento delle forze di sicurezza. Essi chiamano quindi
in causa le responsabilità del Governo autonomo del Sud Sudan (Goss)
e i separatisti del Sudan People‟s Liberation Army (SPLA) che sottolineano - hanno il dovere di unire e proteggere tutti i cittadini nel
sud, “quale che sia la loro etnia e ovunque siano esposti al pericolo di
aggressioni”. “Dio – è il loro monito - giudicherà tutti quelli che
operano contro i diritti del loro popolo”. Le Chiese cristiane, da parte
loro, confermano il loro impegno per l‟unità e la pace e per
l‟educazione dei cittadini sudanesi chiamati a votare nei prossimi due
anni. Ogni contributo in questo senso da parte delle autorità, delle ong
e delle istituzioni internazionali è benvenuto e auspicabile.
Gli accordi pace di Nairobi del 2005 hanno posto fine a più di 20 anni
di guerra civile tra il potere centrale di Khartoum, controllato dal
National Congress Party, di ispirazione islamica, e il Sudan Peoples
Liberation Army (SPLA), braccio armato degli insorti del Sud, in
prevalenza cristiani ed animisti. Malgrado l‟accordo, il Sudan è tutt‟altro
che pacificato, in particolare nella martoriata regione del Darfur dove
– come è noto - un nuovo sanguinoso conflitto con il governo centrale
sta mietendo centinaia di migliaia di vittime.
Preoccupazione del vescovo di Rumbek per i prossimi
appuntamenti elettorali
RUMBECK, 9 nov 09 - Occorre intensificare gli sforzi per preparare la
57
popolazione e i leader del sud Sudan alle elezioni del 2010 e al
referendum sull‟indipendenza del 2011. Lo afferma in una
dichiarazione, citata dall‟agenzia CISA di Nairobi, mons. Cesare
Mazzolari, vescovo di Rumbek, nel sud Sudan. In base all‟Accordo
inclusivo di pace (Comprehensive Peace Accord Cpa), firmato a
Nairobi nel 2005 dal governo di Khartoum e dai leader del Sudan
People Liberation Moviment (SPLM, il gruppo che per 20 anni ha
combattuto contro le autorità centrali sudanesi nel sud Sudan), nel
sud Sudan si è insediata un‟amministrazione autonoma, con il compito
di preparare le elezioni del 2010 e il referendum del 2011, con il quale
la popolazione sud sudanese deciderà se restare unita al governo di
Karthoum oppure dare vita ad uno Stato indipendente. Secondo Mons.
Mazzolari “forze esterne” hanno avviato da tempo “l'indebolimento del
libero processo elettorale e delle procedure democratiche nel Sudan
meridionale”, aggiungendo che se la comunità internazionale non
interviene immediatamente, sarà troppo tardi per la popolazione del
Sud Sudan. Il vescovo di Rumbek si è detto fiducioso sulle capacità dei
sudanesi di affrontare con coraggio gli ostacoli e le difficoltà
apparentemente insormontabili. Mons. Mazzolari nota anche che dalla
firma del Cpa vi è stato un aumento allarmante della criminalità e delle
condizioni di povertà estrema, che ha portato all‟insicurezza dilagante,
a disordini, e a forme di violenza brutale. Gli scontri che si susseguono
tra le popolazioni del sud Sudan rischiano di degenerare in una guerra
aperta, afferma mons. Mazzolari. La Chiesa in Sudan, secondo mons.
Mazzolari deve insistere sul fatto che mediatori del Cpa e i Paesi del
dell'Igad (Inter Governmental Authority on Development, che si sono
fatti garanti delle intese), insieme alla comunità internazionale,
devono esercitare tutta la loro influenza per controllare l‟applicazione
dell‟accordo di pace. Mons. Mazzolari aggiunge che si deve esercitare
uno sforzo globale da parte delle agenzie internazionali a livello
politico e delle chiese a livello ecumenico, per creare la coscienza
civica necessaria per far sì che le elezioni siano veramente libere e
democratiche. Occorre educare la popolazione e ottenere garanzie di
non interferenza dal governo di Khartoum nel processo elettorale con
la presenza di osservatori esterni.
Ancora molti ostacoli per il processo di pace in Darfur afferma
il card. Wako
KHARTUM, 27 nov 09 - Le trattative di pace continuano ad essere
minate da incessanti violenze che minacciano l'Africa Subsahariana, in
particolar modo in Sudan. Il cardinale Gabriel Zubeir Wako,
arcivescovo di Khartoum, capitale del Paese, dichiara: “La Chiesa
continuerà la sua opera di evangelizzazione e di testimonianza
cristiana oltre che di promozione umana. Sul resto è difficile fare
previsioni”. Per attuare l‟Accordo Comprensivo di Pace (Cpa),
sottoscritto nel 2005 dal governo di Khartoum e dai movimenti
58
indipendentisti delle regioni meridionali, entro il 2010 dovrebbero
svolgersi le elezioni politiche e quelle presidenziali, mentre nel 2011
dovrebbe tenersi il referendum per chiedere alle popolazioni del sud
del Sudan di rimanere parte di uno Stato unitario o di creare uno Stato
indipendente. Questi piani d‟azione sono però compromessi
dall‟intensificarsi delle violenze in questo Paese africano, ha
sottolineato il porporato in un colloquio con un inviato dell‟agenzia
Fides. Solo negli ultimi giorni – come riportato dall‟Osservatore
Romano – oltre cinquanta persone sono state uccise e circa venti ferite
in scontri armati. Il porporato aggiunge “i sudanesi non vogliono una
nuova guerra civile tra nord e sud, perché conoscono bene gli orrori
della guerra che si è conclusa da poco. Spero solo che non
intervengano interessi esterni, legati al petrolio che attizzino nuove
tensioni che possono sfociare in un nuovo conflitto”. Per quanto
riguarda la questione del Darfur, la regione occidentale del Sudan dal
2003 teatro di scontri tra esercito, milizie filo-governative e diversi
gruppi di guerriglia, il cardinale Zubeir Wako sottolinea: “La comunità
internazionale è presente nella regione con una forza di pace mista
Onu-Unione africana ma non mi sembra che questa faccia molto per
proteggere effettivamente la popolazione locale”. Dall‟inizio del 2008
in Darfur è in corso una nuova ondata di combattimenti tra esercito
e ribelli, in particolare nella parte occidentale della regione, dove oltre
50mila persone sono rimaste sfollate e altre 10mila si sono rifugiate in
Ciad, in seguito ad un'offensiva dell'esercito. Nel complesso, la
situazione si presenta in costante deterioramento ormai dalla seconda
metà del 2006, dando luogo a una crisi umanitaria che, solo nel corso
del 2007, ha provocato oltre 300mila sfollati. Inoltre, il conflitto
assume sempre più un carattere regionale, con scontri, violenze e
flussi di profughi che continuano a riversarsi in Ciad orientale e nella
Repubblica Centrafricana. Circa i forti investimenti fatti negli ultimi
anni in Africa da potenze estere per l‟affitto di enormi terreni dove
produrre derrate alimentari per soddisfare le proprie popolazioni,
l‟arcivescovo di Khartoum ritiene che “questo dimostra che la fame nel
mondo si può vincere con forti investimenti”, tuttavia “i contadini locali
vengono espulsi dalle loro terre e vanno ad ingrossare i quartieri più
poveri delle città, si tratta dunque di un processo molto pericoloso per
la stabilità di diversi Paesi africani”.
Al termine della loro plenaria 2009 i vescovi sudanesi
richiamano l’attenzione su ritardi e inadempienze negli
accordi di pace in vista delle cruciali elezioni programmate nei
prossimi due anni
TORIT, 18 dic 09 - Richiama l‟attenzione su ritardi e inadempienze
negli accordi di pace in vista delle cruciali elezioni programmate nei
prossimi due anni il documento pubblicato dai vescovi del Sudan a
conclusione della loro Assemblea plenaria svolta a Torit, nel Sud del
59
Paese. Nella dichiarazione intitolata “Per una pace equa e duratura”,
a preoccupare i presuli sono soprattutto le lentezze registrate per
l‟applicazione di alcuni punti chiave del „Comprehensive Peace
Agreement‟ (Cpa), l‟intesa firmata nel 2005 per porre fine a un
ventennale conflitto tra il governo di Khartoum e gli indipendentisti del
Sud. I vescovi - riferisce l'agenzia Misna - citano in particolare la
demarcazione dei confini, l‟abrogazione di leggi repressive, la
risoluzione del conflitto in Darfur e della crisi nella zona di Abyei, i
ritardi nella promulgazione di una legge referendaria, necessaria per
organizzare il voto popolare del 2011 sull‟autodeterminazione del Sud.
“Il fallimento delle prossime elezioni sarebbe inaccettabile per i
sudanesi e una minaccia per la pace e la stabilità”, scrivono i 14
vescovi riferendosi alle elezioni generali dell‟aprile prossimo,
deplorando che non tutti gli aventi diritto si siano potuti iscrivere sui
registri elettorali e pertanto non potranno esercitare il diritto di voto.
I vescovi chiedono al governo di unità nazionale di accelerare
l‟attuazione degli accordi e al governo del Sud Sudan di rispettare
maggiormente le regole del buon governo, ostacolate da corruzione,
tribalismo, nepotismo e ozio. Ad allarmare i vescovi è anche la
situazione dei profughi di guerra, per i quali l‟assistenza umanitaria
non è stata sufficiente e manca ancora un vero programma di
rimpatrio e reinserimento. Una situazione aggravata – sottolinea la
Conferenza episcopale – dalla siccità e da una nuova fonte
d‟insicurezza causata dagli attacchi contro civili perpetrati nel corso
dell‟anno dai ribelli del gruppo ugandese „Esercito di Resistenza del
Signore‟ (Lra). A tale proposito, i firmatari del documento auspicano
una ripresa dei colloqui di pace tra il governo di Kampala e i capi della
ribellione.
“Abbracciare
sentimenti
di
pace
per
favorire
la
riconciliazione”: l’appello del vescovo Rudolph Deng Majak
della diocesi di Wau
WAU, 7 gen 10 - “Abbracciare sentimenti di pace per favorire la
riconciliazione”: è l‟appello che il vescovo Rudolph Deng Majak della
diocesi di Wau, nello stato meridionale di Bahr al Ghazal, ha rivolto ai
fedeli durante la messa celebrata domenica scorsa. “Dobbiamo andare
incontro al 2010 come una nazione pacificata” ha detto il presule,
lodando il presidente Omar Hassan al Beshir e il vice-presidente Salva
Kiir Mayardit per “aver raggiunto un consenso sui referendum di Abiey
e per l‟autodeterminazione del Sud Sudan”. Alla presenza del
governatore locale, Mark Nyipuoc, il presule ha invitato i politici
sudanesi “a porre il Paese nella mani di Dio” e a impegnarsi perché la
pace lo assista “per tutto il nuovo anno e oltre”. Anche gli esponenti
dei diversi partiti politici - riferisce l'agenzia Misna - dovrebbero
approfittare delle celebrazioni religiose per favorire la riconciliazione –
ha sottolineato il vescovo – precisando che “nonostante i diversi punti
60
di vista, costituiamo una nazione unica che deve impegnarsi a
camminare unita”. Nei giorni scorsi, in occasione del 54° anniversario
dell‟indipendenza, il presidente Bashir aveva espresso la speranza che
i cittadini sud-sudanesi, chiamati a votare nel gennaio 2011 per
l‟autodeterminazione, scegliessero di “preservare l‟unità del Paese”. Il
presidente aveva sottolineato inoltre che il governo di Khartoum
considera “una priorità” la pacificazione e stabilizzazione della regione
del Darfur, teatro dal 2003 di un aspro conflitto e di una grave crisi
umanitaria.
“Il 2010 ed il 2011 sono anni decisivi per la storia del Sudan”,
dice alla Fides il Nunzio apostolico Leo Boocardi
“Il 2010 ed il 2011 sono anni decisivi per la storia del Sudan. Sono
convinto che vi siano concrete speranze di pace, perché negli ultimi
mesi si sono prodotti sviluppi positivi sia nel Sud Sudan sia nel Darfur”.
Sono le parole pronunciate da mons. Leo Boccardi, nunzio apostolico
in Sudan ed Eritrea, all‟agenzia Fides. “Non nascondo che vi siano
ancora delle difficoltà da superare, le condizioni di insicurezza in
diverse aree del Paese, la corruzione, i conflitti tribali – ha aggiunto il
presule – ma penso che se il Comprehensive Peace Agreement (CPA)
verrà applicato nella sua interezza, il Sudan ritroverà la pace”. Il CPA,
firmato a Nairobi nel 2005, prevede lo svolgimento, nel prossimo
mese di aprile, di votazioni per l‟elezione del Presidente, del
Parlamento e dei governatori del Paese. Lo stesso avverrà per il Sud
Sudan che, in base al CPA, dispone di un‟ampia autonomia e nel 2011
potrà decidere, con un referendum, sulla sua indipendenza. Secondo
mons. Boccardo, anche la situazione in Darfur è in via di
miglioramento. La fase del conflitto armato sembra ormai superata ed
il confronto si è spostato sul piano politico. “Certo – ha precisato il
nunzio – permane ancora un certo grado di insicurezza, ma questo
deriva non tanto dalle azioni militari, ma soprattutto dalla presenza di
banditi”. Nonostante le numerose difficoltà, inoltre, pure la Chiesa in
Sud Sudan continua a progredire. Il presule ha dichiarato che nella
città di Juba, capoluogo della regione, “è stata creata un‟università
cattolica, è stato riaperto il seminario maggiore” e sta per ritornare il
Segretariato cattolico. La comunità cattolica è in fermento “ed in
particolare i giovani, che sono desiderosi di partecipare alla vita della
Chiesa”. La comunità cattolica del Sudan, ha concluso mons. Boccardi,
“intende continuare la propria opera di evangelizzazione e di
promozione umana, con le proprie forze e con l‟aiuto della Chiesa
universale”.
Continua a crescere il “Sudan Catholic Radio Network” (SCRN).
Il 24 gennaio inaugurate le trasmissioni della “Good News FM”
della diocesi di Rumbeck
RUMBECK, 27 gen 10 - Continua a crescere il “Sudan Catholic Radio
61
Network” (SCRN), la rete radiofonica cattolica del Sudan realizzata dai
Missionari Comboniani con il sostegno della Conferenza episcopale
locale. Questa domenica – riferisce l‟agenzia CISA - ha iniziato le
trasmissioni la “Good News FM”, nuova radio comunitaria in
modulazione di frequenza della diocesi di Rumbek. All‟inaugurazione
delle trasmissioni il vescovo Cesare Mazzolari, insieme al direttore
padre Don Bosco Ochieng, si è congratulato con tutte le persone che
hanno reso possibile la realizzazione del progetto, sottolineando che
con i suoi programmi la nuova emittente cercherà di ricordare agli
ascoltatori “la costante presenza di Dio nella nostra vita”. “Con la sua
voce - ha detto il presule – „Good News FM‟ ci chiamerà a fare
saggiamente in modo che tutto quello che accade ogni giorno abbia
un impatto significativo e costruttivo sulle nostre vite e sul nostro
mondo.” La nuova radio cattolica - ha aggiunto - dovrà toccare la vita
della gente.
Con “Good News FM” sale così a sei il numero delle stazioni
radiofoniche cattoliche realizzate in Sud Sudan. La prima ad essere
inaugurata è stata “Radio Bakhita”, emittente dell‟arcidiocesi di Juba,
capitale del Sud Sudan. Il “Sudan Catholic Radio Network” è
un‟iniziativa intrapresa congiuntamente dalle varie realtà Comboniane
nel Paese per celebrare la canonizzazione di Daniele Comboni. Il
progetto prevede in tutto otto stazioni radiofoniche, una in ogni
diocesi nel Sud Sudan, più una sulle montagne Nuba.
“Abbracciare sentimenti di pace per favorire la riconciliazione”:
l‟appello del vescovo Rudolph Deng Majak della diocesi di Wau
7 gen 10 - “Abbracciare sentimenti di pace per favorire la
riconciliazione”: è l‟appello che il vescovo Rudolph Deng Majak della
diocesi di Wau, nello stato meridionale di Bahr al Ghazal, ha rivolto ai
fedeli durante la messa celebrata domenica scorsa. “Dobbiamo andare
incontro al 2010 come una nazione pacificata” ha detto il presule,
lodando il presidente Omar Hassan al Beshir e il vice-presidente Salva
Kiir Mayardit per “aver raggiunto un consenso sui referendum di Abiey
e per l‟autodeterminazione del Sud Sudan”. Alla presenza del
governatore locale, Mark Nyipuoc, il presule ha invitato i politici
sudanesi “a porre il Paese nella mani di Dio” e a impegnarsi perché la
pace lo assista “per tutto il nuovo anno e oltre”. Anche gli esponenti
dei diversi partiti politici - riferisce l'agenzia Misna - dovrebbero
approfittare delle celebrazioni religiose per favorire la riconciliazione
– ha sottolineato il vescovo – precisando che “nonostante i diversi
punti di vista, costituiamo una nazione unica che deve impegnarsi a
camminare unita”. Nei giorni scorsi, in occasione del 54° anniversario
dell‟indipendenza, il presidente Bashir aveva espresso la speranza che
i cittadini sud-sudanesi, chiamati a votare nel gennaio 2011 per
l‟autodeterminazione, scegliessero di “preservare l‟unità del Paese”. Il
presidente aveva sottolineato inoltre che il governo di Khartoum
62
considera “una priorità” la pacificazione e stabilizzazione della regione
del Darfur, teatro dal 2003 di un aspro conflitto e di una grave crisi
umanitaria. (R.P.)
“Il 2010 ed il 2011 sono anni decisivi per la storia del Sudan,
dice alla Fides il Nunzio apostolico Leo Boccardi
22 feb10 - “Il 2010 ed il 2011 sono anni decisivi per la storia del Sudan.
Sono convinto che vi siano concrete speranze di pace, perché negli
ultimi mesi si sono prodotti sviluppi positivi sia nel Sud Sudan sia nel
Darfur”. Sono le parole pronunciate da mons. Leo Boccardi, nunzio
apostolico in Sudan ed Eritrea, all‟agenzia Fides. “Non nascondo che
vi siano ancora delle difficoltà da superare, le condizioni di insicurezza
in diverse aree del Paese, la corruzione, i conflitti tribali – ha aggiunto
il presule – ma penso che se il Comprehensive Peace Agreement (CPA)
verrà applicato nella sua interezza, il Sudan ritroverà la pace”. Il CPA,
firmato a Nairobi nel 2005, prevede lo svolgimento, nel prossimo
mese di aprile, di votazioni per l‟elezione del Presidente, del
Parlamento e dei governatori del Paese. Lo stesso avverrà per il Sud
Sudan che, in base al CPA, dispone di un‟ampia autonomia e nel 2011
potrà decidere, con un referendum, sulla sua indipendenza. Secondo
mons. Boccardo, anche la situazione in Darfur è in via di
miglioramento. La fase del conflitto armato sembra ormai superata ed
il confronto si è spostato sul piano politico. “Certo – ha precisato il
nunzio – permane ancora un certo grado di insicurezza, ma questo
deriva non tanto dalle azioni militari, ma soprattutto dalla presenza di
banditi”. Nonostante le numerose difficoltà, inoltre, pure la Chiesa in
Sud Sudan continua a progredire. Il presule ha dichiarato che nella
città di Juba, capoluogo della regione, “è stata creata un‟università
cattolica, è stato riaperto il seminario maggiore” e sta per ritornare il
Segretariato cattolico. La comunità cattolica è in fermento “ed in
particolare i giovani, che sono desiderosi di partecipare alla vita della
Chiesa”. La comunità cattolica del Sudan, ha concluso mons. Boccardi,
“intende continuare la propria opera di evangelizzazione e di
promozione umana, con le proprie forze e con l‟aiuto della Chiesa
universale”.
“Abbracciare
sentimenti
di
pace
per
favorire
la
riconciliazione”: l’appello del vescovo Rudolph Deng Majak
della diocesi di Wau
7 gen 10 - “Abbracciare sentimenti di pace per favorire la
riconciliazione”: è l‟appello che il vescovo Rudolph Deng Majak della
diocesi di Wau, nello stato meridionale di Bahr al Ghazal, ha rivolto ai
fedeli durante la messa celebrata domenica scorsa. “Dobbiamo andare
incontro al 2010 come una nazione pacificata” ha detto il presule,
lodando il presidente Omar Hassan al Beshir e il vice-presidente Salva
Kiir Mayardit per “aver raggiunto un consenso sui referendum di Abiey
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e per l‟autodeterminazione del Sud Sudan”. Alla presenza del
governatore locale, Mark Nyipuoc, il presule ha invitato i politici
sudanesi “a porre il Paese nella mani di Dio” e a impegnarsi perché la
pace lo assista “per tutto il nuovo anno e oltre”. Anche gli esponenti
dei diversi partiti politici - riferisce l'agenzia Misna - dovrebbero
approfittare delle celebrazioni religiose per favorire la riconciliazione
– ha sottolineato il vescovo – precisando che “nonostante i diversi
punti di vista, costituiamo una nazione unica che deve impegnarsi a
camminare unita”. Nei giorni scorsi, in occasione del 54° anniversario
dell‟indipendenza, il presidente Bashir aveva espresso la speranza che
i cittadini sud-sudanesi, chiamati a votare nel gennaio 2011 per
l‟autodeterminazione, scegliessero di “preservare l‟unità del Paese”. Il
presidente aveva sottolineato inoltre che il governo di Khartoum
considera “una priorità” la pacificazione e stabilizzazione della regione
del Darfur, teatro dal 2003 di un aspro conflitto e di una grave crisi
umanitaria. (R.P.)
“Il 2010 ed il 2011 sono anni decisivi per la storia del Sudan,
dice alla Fides il Nunzio apostolico Leo Boocardi
22feb10 - “Il 2010 ed il 2011 sono anni decisivi per la storia del Sudan.
Sono convinto che vi siano concrete speranze di pace, perché negli
ultimi mesi si sono prodotti sviluppi positivi sia nel Sud Sudan sia nel
Darfur”. Sono le parole pronunciate da mons. Leo Boccardi, nunzio
apostolico in Sudan ed Eritrea, all‟agenzia Fides. “Non nascondo che
vi siano ancora delle difficoltà da superare, le condizioni di insicurezza
in diverse aree del Paese, la corruzione, i conflitti tribali – ha aggiunto
il presule – ma penso che se il Comprehensive Peace Agreement (CPA)
verrà applicato nella sua interezza, il Sudan ritroverà la pace”. Il CPA,
firmato a Nairobi nel 2005, prevede lo svolgimento, nel prossimo
mese di aprile, di votazioni per l‟elezione del Presidente, del
Parlamento e dei governatori del Paese. Lo stesso avverrà per il Sud
Sudan che, in base al CPA, dispone di un‟ampia autonomia e nel 2011
potrà decidere, con un referendum, sulla sua indipendenza. Secondo
mons. Boccardo, anche la situazione in Darfur è in via di
miglioramento. La fase del conflitto armato sembra ormai superata ed
il confronto si è spostato sul piano politico. “Certo – ha precisato il
nunzio – permane ancora un certo grado di insicurezza, ma questo
deriva non tanto dalle azioni militari, ma soprattutto dalla presenza di
banditi”. Nonostante le numerose difficoltà, inoltre, pure la Chiesa in
Sud Sudan continua a progredire. Il presule ha dichiarato che nella
città di Juba, capoluogo della regione, “è stata creata un‟università
cattolica, è stato riaperto il seminario maggiore” e sta per ritornare il
Segretariato cattolico. La comunità cattolica è in fermento “ed in
particolare i giovani, che sono desiderosi di partecipare alla vita della
Chiesa”. La comunità cattolica del Sudan, ha concluso mons. Boccardi,
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“intende continuare la propria opera di evangelizzazione e di
promozione umana, con le proprie forze e con l‟aiuto della Chiesa
universale”.
Le elezioni dell'11 aprile potrebbero segnare una svolta per il
Paese, afferma l'arcivescovo di Juba in una lettera pastorale
JUBA, 26 feb 10 - L‟arcivescovo sudanese di Juba, mons. Paolino
Lukudu Loro, esorta i fedeli ad informarsi bene sui candidati prima
recarsi il prossimo 11 aprile alle urne per le prime elezioni
multipartitiche dopo 24 anni in Sudan e a cogliere l‟occasione della
prossima Pasqua per pentirsi di tutto il male fatto negli anni passati,
soprattutto nel Sud del Paese. In una lettera pastorale ripresa
dall‟agenzia CNS e intitolata "L‟autentica voce del popolo è la voce di
Dio”, il presule sottolinea che il voto potrebbe segnare un nuovo inizio
per il Sudan dopo anni di guerre. "La Chiesa – scrive - ha il dovere
morale di orientare questo importante processo”. Quindi l‟invito al
pentimento: “Dio ci chiama a pentirci dei numerosi peccati che
abbiamo commesso contro di Lui e noi stessi, in particolare nel Sud
Sudan: tribù contro tribù, uccisioni, rapimenti, rapine, corruzione.
Dobbiamo espiare questi peccati con preghiere e buone azioni."
Osservando che per il 60 per cento della popolazione del Sud Sudan,
dove gli elettori saranno chiamati a scegliere il nuovo presidente e le
autorità locali, Mons. Loro invita i cittadini a partecipare numerosi al
voto: “Il vostro voto è la vostra voce e la vostra scelta”, ma anche “il
vostro contributo al bene comune del popolo di questo Paese".
L‟arcivescovo esorta inoltre gli elettori a non accettare denaro dai
candidati e questi ultimi “a evitare manipolazioni, inganni che possano
fuorviare e ingannare i votanti”, come anche un linguaggio “violento”
nella campagna elettorale. "Voglio sottolineare – scrive ancora il
presule - l'importanza delle virtù dell‟onestà e dell‟integrità morale nel
processo politico”. Mons. Loro sottolinea quindi che andrà a tutto
vantaggio del Paese se gli elettori sceglieranno candidati che si sono
impegnati ad attuare "alla lettera" l‟accordo di pace globale del 2005:
"Ci sono voluti più di due decenni per raggiungere la pace. Votare per
le persone sbagliate, soprattutto in questo momento cruciale per
storia del nostro Paese, equivale vanificare il prezzo pagato per la
pace", sottolinea l‟arcivescovo.
65
Giovanni Paolo II e il Sudan
Giovanni Paolo II ha visitato la capitale del Sudan il 2 febbraio
1993 in occasione del suo 57° viaggio internazionale in Benin,
Uganda Khartoum (3-10 febbraio 1993).
APPELLO DI GIOVANNI PAOLO II ALLA CERIMONIA DI
BENVENUTO
Aeroporto internazionale di Khartoum, 10 febbraio 1993
(…)
Prego e spero per la giustizia e la pace per tutti i cittadini
di questa terra, senza eccezioni
Ho baciato il suolo del Sudan con profondi sentimenti di pace e di
benevolenza. Rendo grazie a Dio Onnipotente che ha condotto i
miei passi di pellegrino a questa terra, e mi offre l‟opportunità di
parlare a favore della comprensione, dell‟armonia e della pace tra
credenti che, pur seguendo tradizioni diverse, ciò nondimeno
onorano Dio nei loro cuori e si sforzano di compiere la sua volontà
in ogni cosa. Nel salutare tutti voi che siete qui convenuti per
accogliermi, rivolgo a voi questo ardente appello: ascoltiamo la
voce dei nostri fratelli e sorelle, specialmente di quelli oppressi
dalla povertà, dalla fame e dalla violenza, mentre gridano la loro
sete di giustizia e di pace, per una nuova era di dialogo e di
concordia.
Desideravo intensamente venire qui in Sudan, e sono quindi grato
alle autorità civili per aver reso possibile questa visita. Sono grato
anche ai Vescovi cattolici per il loro invito a condividere, anche se
per poco tempo, la vita di questa comunità cattolica. Come
Successore dell‟Apostolo Pietro, che Gesù Cristo ha posto a capo
della sua Chiesa, ho il dovere vincolante di incoraggiare e
rafforzare la fede dei miei fratelli e sorelle, dovunque essi si
trovino, e specialmente quando la fede richiede grande coraggio
e fedeltà. Quando la gente è debole, povera e indifesa, devo
levare la mia voce in loro favore. Quando sono privi di un tetto e
soffrono le conseguenze di siccità, carestia, epidemia e
devastazioni belliche, devo essere vicino a loro e appellarmi a
nome loro a coloro che possono offrire aiuto, e soprattutto a
coloro che possono portare avanti la causa della giustizia e della
pace. Giustizia e pace: queste sono le condizioni di vita a cui
66
aspira l‟intera umanità. Esse sono la necessaria premessa per lo
sviluppo e il progresso. Prego e spero per la giustizia e la pace per
tutti
i
cittadini
di
questa
terra,
senza
eccezioni,
indipendentemente dalla loro religione, condizione sociale,
estrazione etnica o colore della pelle.
Oggi è essenziale ricuperare il senso del rispetto reciproco
e della cooperazione
(…) Questo è un Paese con molti popoli, lingue e costumi diversi.
Oltre alla religione africana tradizionale, due grandi tradizioni
religiose, l‟Islam e il Cristianesimo, sono coesistite in questo
territorio per secoli. Oggi è essenziale ricuperare il senso del
rispetto reciproco e della cooperazione al servizio del bene
comune, nel quadro di una ricerca sincera e onesta per trovare
una giusta soluzione al conflitto che continua a mietere una messe
così terribile di sofferenza. Con questa grande speranza nella
mente, rinnovo il mio appello alla comunità internazionale e alle
organizzazioni internazionali a non trascurare il popolo del Sudan,
ma di compiere ulteriori sforzi per soddisfare le necessità
immediate e per aiutare a gettare le fondamenta del futuro
sviluppo.
(…)
Il rigoroso rispetto per il diritto alla libertà religiosa
costituisce una fonte primaria e un fondamento per la
pacifica coesistenza
La Chiesa Cattolica gioisce quando le persone acquistano una
maggiore consapevolezza della loro dignità, poiché allora
diventano più capaci di scoprire in se stessi e negli altri
l‟immagine e la somiglianza del Creatore, l‟opera delle cui mani
sono il frutto (cf. Sal 8, 5). In tutto questo Continente, la Chiesa,
nell‟adempiere la sua missione religiosa, porta avanti anche un
lavoro paziente e perseverante di promozione umana attraverso
l‟istruzione, la cura e l‟assistenza sanitaria. Essa lo fa in
obbedienza alle parole di Gesù Cristo, che ci ha insegnato che la
vera adorazione di Dio implica il servizio del nostro prossimo (cf.
Lc 10, 27). Tutto quello che chiede la Chiesa è la libertà di
proseguire la sua missione religiosa e umanitaria. Questa libertà
è un suo diritto, poiché è un dovere di ognuno, dovere degli
individui e dello Stato, rispettare la coscienza di ogni essere
umano. Il rigoroso rispetto per il diritto alla libertà religiosa
67
costituisce una fonte primaria e un fondamento per la pacifica
coesistenza. Nelle poche ore della mia visita, pregherò e celebrerò
l‟Eucaristia con la comunità cattolica. Sono anche desideroso di
incontrare molti seguaci dell‟Islam. Possa Dio Onnipotente
aiutarci a crescere nella comprensione reciproca e nella
consapevolezza delle nostre gravi responsabilità riguardo al vero
bene delle persone.
Baraka Allah as-Sudan
(Che Dio benedica il Sudan).
DAL DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II aI SACERDOTI, I
RELIGIOSI ED I SEMINARISTI
Cattedrale di Khartoum, 10 febbraio 1993
(…)
Voi non siete dimenticati dalla Chiesa
La vostra vita e la vostra attività si svolgono in mezzo a gravi
difficoltà, e talvolta potreste pensare di essere stati dimenticati
dal resto del mondo. Ma non siete mai lontani dalla mente e dal
cuore di Dio. Ogni vostra preghiera e ogni vostro sforzo sono da
Lui conosciuti. Voi non siete dimenticati dalla Chiesa, dal
Successore di Pietro, dai Cristiani di ogni parte che pregano
costantemente per voi. Vi saluto nell‟amore della Santissima
Trinità: “Grazia e pace da Dio Padre e da Gesù Cristo, nostro
salvatore” (Tt 1, 4). Invio anche un saluto particolare agli altri
sacerdoti, ai religiosi e agli uomini e donne laici che testimoniano
ogni giorno il Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo su questa
terra, ma che non possono essere qui oggi. Spero che in qualche
modo essi possano sentire la mia voce e sapere che tutta la
Chiesa li ama e prega per loro.
Sono ben consapevole delle tristi circostanze del vostro
paese, tormentato da una guerra
Sono ben consapevole delle tristi circostanze del vostro paese,
tormentato da una guerra civile che ha portato al popolo
sudanese, specie nel sud, una miseria indicibile, sofferenze e
morte. La vita delle vostre comunità è profondamente colpita
anche dalla rottura delle buone relazioni che dovrebbero esistere
tra i Cristiani e i Musulmani. Inoltre voi e i vostri fratelli cristiani
siete poveri dei beni di questo mondo, fino al punto dell‟estrema
68
indigenza. Con ammirazione e con intensa gratitudine al nostro
Padre celeste per la vostra fedeltà, vi incoraggio a “stare saldi in
un solo spirito e a combattere unanimi per la fede del vangelo” (Fil
1, 27). Nel mio paese ho conosciuto alcuni degli orrori della
guerra e del modo in cui la storia delle catacombe è stata ripetuta
in questo secolo. Come Successore di Pietro, nella mia
sollecitudine per tutte le Chiese, condivido le prove e le sofferenze
dei nostri fratelli e delle nostre sorelle di tutto il mondo. Eppure,
in questa parte dell‟Africa, vedo chiaramente una particolare
riproduzione del mistero del Calvario nella vita della maggioranza
dei cristiani. E quale risposta posso darvi? Quale consolazione vi
posso offrire? Tra poco celebreremo l‟Eucaristia, “Sacrificio a te
gradito per la salvezza del mondo” (Preghiera Eucaristica IV). Con
una fiducia incrollabile proclameremo la nostra fede: “Tu ci hai
redenti con la tua croce e la tua resurrezione: salvaci, o Salvatore
del mondo”. Fratelli e sorelle, se c‟è un messaggio che il Papa
vuole lasciarvi è questo: Fate del Mistero Pasquale il centro delle
vostre vite! Riunite il Popolo di Dio per celebrare il mistero della
fede. Nutrite voi stessi e le vostre comunità con la parola di vita
e i sacramenti della nostra salvezza.
È importante che manteniate un vivo senso di comunione
e di cooperazione pratica con i vostri Vescovi
Cari fratelli Sacerdoti: nel giorno della vostra Ordinazione siete
stati configurati a Cristo, il Sommo Sacerdote, per servire il
Vangelo. Possiate non perdere mai di vista l‟effusione di grazia
che vi ha investito di grandi responsabilità, ma che vi ha anche
rafforzato e confermato per le opere future. Non perdete mai di
vista “Gesù, autore e perfezionatore della fede. Egli, in cambio
della gioia che gli era posta innanzi, si sottopose alla croce” (Eb
12, 2). I fedeli guardano voi per trovare sostegno ed
incoraggiamento, sia nel perseguimento della santità cristiana
che nella loro richiesta di rispetto per i loro diritti umani e civili.
Voi sapete che il vostro ruolo non è quello della semplice azione
sociale e politica. Voi siete piuttosto “ministri di Cristo e
amministratori dei misteri di Dio” (1 Cor 4, 1). Le vere “insegne”
del vostro incarico sono lo zelo per la volontà del Padre, la vostra
preghiera costante, la testimonianza del celibato per amore del
Regno, gli atti di umile servizio che riflettono la compassione del
Buon Samaritano. È importante che voi, sia personalmente che
al fine di porre il vostro ministero nel suo giusto contesto,
manteniate un vivo senso di comunione e di cooperazione pratica
69
con i vostri Vescovi, ed attraverso loro siate in unione di mente
e di cuore con l‟unico ed universale Corpo di Cristo. Possiate
essere veri strumenti di riconciliazione e di pace, in particolare
nell‟amministrazione del Sacramento del perdono dei peccati.
Affido voi e il vostro ministero alla cura materna della Beata
Vergine. Possa la sua intercessione darvi tutto l‟incoraggiamento
di cui avete bisogno. Cari Seminaristi: state scoprendo cosa
significhi seguire Gesù più da vicino e prepararvi al ministero.
Fate uso di qualsiasi opportunità per acquisire una profonda e
solida formazione! Soprattutto giorno dopo giorno permettete al
Buon Pastore di conformare i vostri cuori al suo (cf. Ger 3, 15) in
modo che quando si presenteranno le difficoltà sarete in grado,
come Lui, di sopportare tutto per l‟amore del gregge.
Desidero incoraggiarvi tutti affinché promuoviate le
vocazioni alla Vita Religiosa
Cari religiosi: anche voi avete un posto speciale nel cuore e nelle
preghiere del Papa. Il vostro ruolo nella comunità cristiana è
fondamentale e di straordinaria importanza, non solo per ciò che
fate in tutte le diverse forme di apostolato in cui siete impegnati,
ma in particolare perché la vostra fedele osservanza dei consigli
evangelici parla agli altri, cristiani e non, della verità e del
significato delle Beatitudini, che sono il nucleo della vita cristiana.
Prendete coraggio dalle parole rivolte ai Religiosi dal Concilio
Vaticano Secondo: “Quanto più fervorosamente, adunque si
uniscono a Cristo con questa donazione di sé che abbraccia tutta
la vita, tanto più si arricchisce la vita della Chiesa e il suo
apostolato diviene più vigorosamente fecondo” (Perfectae
caritatis, 1). Nella economia della salvezza siete i semi viventi di
una meravigliosa fecondità spirituale. In particolare desidero
assicurare le Sorelle della parte esclusiva che avete nella vita e
nella missione della Chiesa. La vostra consacrazione, il vostro
esempio di pura santità e di ardore del vostro servizio
costituiscono una affermazione decisiva nelle attuali circostanze
del vostro apostolato, per quanto riguarda la dignità delle donne.
Nel nome della Chiesa vi dico: grazie! Desidero incoraggiarvi tutti
affinché promuoviate le vocazioni alla Vita Religiosa, impartendo
una solida formazione a coloro che sono chiamati, ed assicurando
la cura e il sostegno spirituale ad ogni fratello o sorella nel bisogno.
Possa Maria, che si è premurata di assistere sua cugina Elisabetta,
essere un modello di carità cristiana per voi tutti.
70
Gratitudine agli uomini e alle donne missionari presenti
nel Sudan
Infine desidero rivolgere delle particolari parole di gratitudine agli
uomini e alle donne missionari presenti nel Sudan. La Chiesa di
questo paese continua la sua missione con coraggio e
determinazione, nonostante le difficoltà e le restrizioni, grazie
anche al vostro servizio altruista. Voi siete un segno della
universalità della Chiesa, della sua unità di fede e dell‟apertura
verso la comunione di tutte le Chiese particolari nella stessa
missione di salvezza. Possa il Signore ricompensare
abbondantemente il vostro generoso impegno.
(…)
Possa l‟esempio della Beata Bakhita infondervi l‟amore verso tutti.
DALL’OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II PER CELEBRAZIONE
EUCARISTICA IN ONORE DELLA BEATA GIUSEPPINA
BAKHITA
Khartoum (Sudan) 10 febbraio 1993
La batificazione di Bakhita un atto di rispetto non solo nei
suoi confronti, ma anche nei confronti del Sudan
2. Non è stato forse un momento di rigenerazione e di
rinnovamento, offerto da Cristo, il Buon Pastore, all‟intera
comunità cattolica del Sudan, quando in piazza San Pietro a Roma
Giuseppina Bakhita è stata elevata alla gloria tra i Beati della
Chiesa? Ella, quindi, divenne per i cristiani un modello di virtù e
di santità di vita. Ella si rivolge ai credenti di ogni luogo e parla del
valore della riconciliazione e dell‟amore, poiché nel suo cuore lei
superò tutti i sentimenti di odio per coloro che le avevano fatto del
male. Ella imparò dai tragici avvenimenti della sua vita ad avere
completa fiducia nell‟Onnipotente che è presente sempre e
ovunque, e quindi imparò a essere costantemente buona e
generosa con tutti (cf. Udienza in occasione della Beatificazione,
18 maggio 1992). La sua beatificazione ha costituito un atto di
rispetto non solo nei suoi confronti, ma anche nei confronti del
Sudan, poiché una figlia di questa terra è stata presentata come
un‟eroina di misericordia e di buona volontà. Dio si è servito di lei
per insegnare a noi tutti il significato delle parole di Gesù: “Beati
71
gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio” (Mt 5,
9). Gesù dice: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della
terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli
intelligenti e le hai rivelate ai piccoli»” (Mt 11, 25). Con queste
parole Cristo benedice la semplicità di Bakhita, figlia, come voi,
di questa terra. Con la sua semplicità e infinita fiducia essa ha
incarnato, sulla via dolorosa della sua vita, quella saggezza che
deriva da Dio stesso. La saggezza che è propria dei Santi.
Il pensiero alle sofferenze di coloro che sono colpiti dalla
guerra
È difficile, in questo momento, non pensare a tutte le preghiere
e le sofferenze di coloro che sono colpiti dalla guerra che si
protrae in questa terra, specialmente nel Sud. Tanti di voi
provengono da lì, e a causa della guerra ora sono sfollati e
senzatetto. L‟immensa sofferenza di milioni di vittime innocenti
mi impone di esprimere la mia solidarietà verso i deboli e gli
indifesi, che si rivolgono a Dio chiedendo aiuto, giustizia, rispetto
per la dignità che Dio ha dato loro come esseri umani, diritti
fondamentali dell‟uomo, libertà di credere e di praticare la propria
fede senza paura o discriminazione. Io spero con tutto il cuore che
la mia voce vi raggiunga, fratelli e sorelle del Sud. Come i popoli
menzionati nella Prima Lettura di questa Liturgia, anche voi
potreste essere tentati di dire: “Il Signore mi ha abbandonato, il
Signore mi ha dimenticato!” (Is 49, 14). E tuttavia, la vostra fede
cristiana vi insegna che le vostre preghiere e le vostre sofferenze
sono unite al grande grido di Cristo stesso che, come Sommo
Sacerdote dell‟intero popolo di Dio, entrò nel Santuario per
intercedere per noi (cf. Eb 9, 11-12). E proprio come una volta
sulla terra, adesso nella casa del Padre Egli dice: “Venite a me, voi
tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò” (Mt 11, 28).
E quando, nei vostri cuori, ascoltate le sue parole, Egli aggiunge:
“imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete
ristoro” (Mt 11, 29). Così dice Cristo – l‟Unico che conosce il Padre
e che il Padre conosce come Figlio Unigenito – il Verbo eterno, che
è una cosa sola con il Padre. Oggi, in Sudan, il Vescovo di Roma,
il Successore di Pietro, ripete queste parole e vi esorta a restare
saldi e a essere coraggiosi. Il Signore vi è vicino. Non vi lascerà
mai soli. La Chiesa intera comprende la vostra angoscia e prega
per voi.
72
La Beata Bakhita è il vostro modello
In mezzo a così tante difficoltà, la Beata Bakhita è il vostro
modello e la vostra patrona celeste. Nelle terribili prove della sua
vita Bakhita ha sempre ascoltato la parola di Cristo. Essa ha
appreso il mistero della sua Croce e della sua Risurrezione: la
verità salvifica di Dio che ci ha amato tanto da darci il suo Figlio
unigenito (cf. Gv 3, 16), la verità salvifica del Figlio che ha amato
ognuno di noi fino alla fine (cf. Gv 13, 1). La Beata Bakhita era
fedele, era forte. Confidava in Cristo senza riserve. Si mostrava
serva di Dio sopportando pazientemente le prove, le tribolazioni
e le difficoltà, con purezza, sapienza, pazienza e benevolenza (cf.
2 Cor 6, 4-6) – come i primi cristiani che, in mezzo alle
persecuzioni dell‟Impero Romano, mostrarono di essere come
“ministri di Dio... nella gloria e nel disonore, nella cattiva e nella
buona fama” (2 Cor 6, 8). Così scrive l‟Apostolo Paolo nella
Lettera ai Corinzi. E così parla la Storia della Chiesa in Africa, non
esclusi i Paesi che io ho visitato adesso: Benin, Uganda, Sudan.
(…)
La solidarietà della Chiesa verso le vittime della carestia,
verso la terribile piaga dei rifugiati e degli sfollati, degli
ammalati e degli afflitti
La Chiesa e gli uomini di buona volontà in tutto il mondo si sono
rallegrati quando è stata annunciata l‟introduzione di un nuovo
sistema politico, un sistema in cui tutti i cittadini sono uguali,
senza alcuna discriminazione di razza, religione o sesso. È stato
detto che le legittime diversità sarebbero state rispettate in un
Paese multietnico, multiculturale e multireligioso; che tutte le
religioni sarebbero state libere di svolgere le proprie attività
religiose. La libertà religiosa è un diritto che tutti possiedono
perché esso deriva dall‟inalienabile dignità di ogni essere umano.
Esso esiste indipendentemente dalle strutture politiche e sociali
e, come è stato asserito in vari Documenti internazionali, lo Stato
ha l‟obbligo di difendere questa libertà da attacchi o interferenze.
Dove c‟è discriminazione nei confronti dei cittadini sulla base delle
loro convinzioni religiose, viene commessa un‟ingiustizia
fondamentale contro l‟uomo e contro Dio, e la strada che conduce
alla pace è intralciata. Oggi il Successore di Pietro e tutta la Chiesa
riaffermano il loro sostegno all‟appello pressante dei vostri
Vescovi per il rispetto dei vostri diritti di cittadini e di credenti.
Ogni giorno i cristiani del Sudan sono nei miei pensieri e nelle mie
preghiere. La Chiesa tutta prova una profonda solidarietà verso le
73
vittime della carestia, verso la terribile piaga dei rifugiati e degli
sfollati, degli ammalati e degli afflitti, di coloro che vengono
trattati ingiustamente, dei così tanti bambini soli e abbandonati.
L‟Africa non può fare a meno di trovare e di seguire nuovi sentieri
di solidarietà umana, di giustizia e di rispetto per i diritti umani,
di pace e di progresso costruttivo. La comunità internazionale non
deve trascurare i suoi impegni solenni verso l‟Africa. Le agenzie
internazionali devono essere in grado di fornire assistenza, di
incentivare lo sviluppo, di promuovere le condizioni di libertà e di
pace in questa area del mondo dolorosamente colpita.
(…)
DAL DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II DURANTE LA
VISITA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
«Friendship Hall» di Khartoum (Sudan) - Martedì, 10 febbraio
1993
(…)
Lo Stato ha il dovere di rispettare e difendere le differenze
esistenti tra i suoi cittadini e di permettere che la loro
diversità serva il bene comune
Alla base dell‟obbligo universale di comprendere e rispettare la
diversità e la ricchezza degli altri popoli e delle altre società,
culture e religioni si trovano due principi fondamentali. Primo,
l‟inalienabile dignità di ogni persona umana, indipendentemente
dalle origini razziali, etniche, culturali o nazionali o dal credo
religioso, significa che quando delle persone si uniscono in gruppi,
esse hanno il diritto a godere di un‟identità collettiva. Quindi, le
minoranze all‟interno di un Paese hanno il diritto di esistere con la
propria lingua, la propria cultura, le proprie tradizioni, e lo Stato
è moralmente obbligato a lasciare spazio alla loro identità e
auto-espressione. In secondo luogo, l‟unità fondamentale della
razza umana, che trae le sue origini da Dio Creatore di tutto, esige
che nessun gruppo si consideri superiore a un altro. Esige allo
stesso modo che l‟integrazione sia costruita su una effettiva
solidarietà e sulla libertà dalle discriminazioni. Di conseguenza lo
Stato ha il dovere di rispettare e difendere le differenze esistenti
tra i suoi cittadini e di permettere che la loro diversità serva il
bene comune. L‟esperienza dimostra che la pace e la sicurezza
74
interna possono essere garantite solo con il rispetto dei diritti di
tutti coloro che sono affidati alla responsabilità dello Stato. In tale
prospettiva la libertà degli individui e delle comunità di professare
e praticare la loro religione è un elemento essenziale per la
pacifica coesistenza umana. La libertà di coscienza, di cercare la
verità e di agire secondo la propria fede religiosa sono così
fondamentalmente umane che ogni tentativo di limitarle porta
quasi inevitabilmente ad aspri conflitti. Quando le relazioni tra
gruppi all‟interno di una nazione vengono interrotte, il dialogo e i
negoziati sono i cammini obbligati per raggiungere la pace. La
riconciliazione secondo giustizia e il rispetto per le legittime
aspirazioni di tutti i settori della comunità nazionale devono
costituire la norma. Garantire la partecipazione delle minoranze
alla vita politica è un segno di una società moralmente matura e
rende onore a tutte quelle nazioni nelle quali tutti i cittadini sono
liberi di partecipare alla vita nazionale in un clima di giustizia e di
pace.
(…)
Nonostante le difficoltà, la Chiesa Cattolica continuerà ad
offrire, da parte sua, il proprio aiuto disinteressato
Nonostante le difficoltà, la Chiesa Cattolica continuerà ad offrire,
da parte sua, il proprio aiuto disinteressato affinché l‟uomo della
fine di questo secolo sia maggiormente illuminato e sappia
liberarsi dagli idoli del momento. I Cristiani hanno la sola
ambizione di testimoniare che comprendono la storia personale
e collettiva in funzione dell‟incontro di Dio con gli uomini”
(Discorso al Corpo Diplomatico, 16 gennaio 1993, n. 7). A questo
punto, i miei auguri per il Sudan diventano una sincera preghiera
affinché il dono divino della pace diventi realtà tra di voi, che
l‟armonia e la collaborazione tra Nord e Sud, tra Cristiani e
Musulmani prendano il posto dei conflitti, che gli ostacoli alla
libertà religiosa siano presto un problema del passato.
Possa l‟Altissimo guidare tutti i Sudanesi sul sentiero della verità,
della giustizia e della pace.
Baraka Allah as-Sudan
(Dio benedica il Sudan).
75
DAL DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II AI CAPI DI ALTRE
RELIGIONI
Nunziatura Apostolica di Khartoum (Sudan) - Martedì, 10 febbraio
1993
(…)
La Chiesa Cattolica è irrevocabilmente impegnata nel
dialogo ecumenico e interreligioso
Ho atteso con ansia questo incontro con voi, capi delle varie
religioni professate dal popolo del Sudan. La mia visita pastorale
alla Chiesa Cattolica di questa nazione mi offre l‟opportunità di
porgere a voi la mano di amicizia e di esprimere la speranza che
tutti i cittadini del Sudan, indipendentemente dalle differenze
esistenti tra loro, possano vivere in armonia e in mutua
cooperazione per il bene comune. La religione permea tutti gli
aspetti della vita nella società e i cittadini devono accettarsi
reciprocamente con le loro differenze di lingua, di usanze, di
cultura e di fede, se vogliono conservare l‟armonia civica. I
responsabili religiosi svolgono un ruolo importante nel favorire
tale armonia. Qui in Sudan non posso fare a meno di sottolineare
ancora una volta l‟alta considerazione della Chiesa Cattolica verso
i seguaci dell‟Islam. I Cattolici sudanesi riconoscono che i loro
vicini musulmani danno grande valore alla vita morale e adorano
l‟unico Dio, onnipotente e misericordioso – soprattutto attraverso
la preghiera, l‟elemosina e il digiuno. Essi apprezzano il fatto che
voi venerate Gesù e sua Madre Maria (cf. Nostra aetate, 3). Essi
riconoscono che esistono dei motivi molto validi per una maggiore
comprensione reciproca e desiderano collaborare con voi per
ridare pace e prosperità alla nazione. Spero che questo incontro
contribuirà a una nuova era di dialogo costruttivo e di
benevolenza. Desidero anche porgere un particolare saluto ai miei
fratelli Cristiani delle altre Chiese e comunità ecclesiali: “La grazia
del Signore Gesù Cristo sia con il vostro spirito” (Fil 4, 23). Come
ben sapete, la Chiesa Cattolica è profondamente impegnata nella
ricerca della comprensione ecumenica, nella prospettiva di
adempiere la volontà di nostro Signore Gesù Cristo “perché tutti
siano una sola cosa” (Gv 17, 21). Sono felice di sapere che in
Sudan esistono buoni rapporti ecumenici e che vi siano molti
esempi di cooperazione. Confido che il Signore benedirà i vostri
sforzi di proseguire su questa via. A tutti voi, illustri capi religiosi
del Sudan, rinnovo la mia stima e ribadisco che la Chiesa Cattolica
76
è irrevocabilmente
interreligioso.
(…)
impegnata
nel
dialogo
ecumenico
e
DAL DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II ALLA CERIMONIA
DI CONGEDO
Aeroporto internazionale di Khartoum (Sudan) 10 febbraio 1993
(…)
Africa! La Chiesa, incarnata nelle vite dei tuoi figli e figlie,
è determinata a condividere il peso dei tuoi problemi e le
difficoltà del tuo cammino verso un futuro migliore
Africa! Hai delle necessità così grandi, ma hai anche così tanto da
dare! Hai un profondo senso della comunità e un vivo senso della
dimensione spirituale della vita umana. Non farti indurre a
pensare che un esagerato individualismo, che sfocia sempre
nell‟egoismo, costituisca la giusta via da seguire. Coltiva la forza
della tua vita di famiglia, il tuo amore per i bambini, la tua
solidarietà con i bisognosi, la tua ospitalità verso lo straniero, gli
elementi positivi delle tue tradizioni sociali e culturali. Soprattutto,
non barattare i tuoi valori spirituali con un materialismo che non
è in grado di soddisfare il cuore umano né di costituire la base di
una società veramente giusta e sollecita. Nel dirvi addio, desidero
riaffermare il continuo impegno della Chiesa Cattolica verso
questo Continente. La presenza del Cristianesimo in alcune
regioni risale proprio agli albori dell‟era cristiana. In altri luoghi
esso è arrivato più recentemente. In ogni caso, la Chiesa si è
impegnata
attivamente
nell‟educazione
dei
giovani,
nell‟assistenza ai malati, nella promozione dello sviluppo umano
e spirituale dei popoli dell‟Africa. Ha fatto questo non per
conquistarsi una posizione, e ancor meno per imporre uno stile di
vita estraneo agli Africani. Essa continua oggi nel suo apostolato
e nelle sue opere buone al fine di rendere testimonianza alla
speranza fondamentale che la sostiene: la speranza che l‟intera
umanità cresca nell‟unità e raggiunga una sempre maggiore
comunione con Dio (cf. Lumen gentium, 1). La natura stessa della
sua missione la obbliga a promuovere la cooperazione con tutti gli
uomini e le donne di buona volontà al servizio della famiglia
umana. Africa! La Chiesa, incarnata nelle vite dei tuoi figli e figlie,
è determinata a condividere il peso dei tuoi problemi e le difficoltà
77
del tuo cammino verso un futuro migliore. Essa non mancherà di
incoraggiarti nella tua ricerca di una maggiore giustizia, della pace
e della riconciliazione, di uno sviluppo economico, sociale e
politico che corrisponda alla dignità dell‟uomo. Esorto tutti i
membri della Chiesa a rendere una chiara testimonianza al
messaggio salvifico di speranza del Vangelo, e a essere fedele ai
princìpi morali che assicurano la difesa e la promozione della
dignità umana e dei diritti umani. Che Dio benedica
abbondantemente i popoli dell‟Africa. Che protegga i poveri e gli
indifesi e manifesti la sua misericordia ai giovani e ai vecchi. Che
la sua pace regni nei cuori di tutti.
(…)
78
LE VISITE AD LIMINA
Di seguito alcuni estratti dai discorsi di Giovanni Paolo in
occasione delle precedenti visite ad limina dei vescovi del Sudan
13 febbraio 1988
(…)
Nel vostro specifico contesto culturale il messaggio
evangelico deve essere diffuso soprattutto attraverso la
testimonianza di un’esemplare vita cristiana
Sono pienamente consapevole delle coraggiose iniziative da voi
prese per proclamare il Vangelo fronteggiando gravi difficoltà.
Avete organizzato la vostra attività pastorale in due direzioni
fondamentali. Da una parte, insieme con i sacerdoti, i religiosi e
i catechisti, vi siete dedicati al compito grande di annunciare la
buona novella della salvezza ai molti che non hanno conosciuto
o accettato Cristo. Dall‟altra parte, con grande sollecitudine vi
siete dedicati ai vostri fedeli cattolici, sostenendoli con la parola
e i sacramenti, svolgendo in mezzo a loro il compito del Buon
Pastore.
Colgo questa opportunità per incoraggiare i vostri sforzi nel lavoro
di evangelizzazione, che è “la grazia e la vocazione propria della
Chiesa, la sua più profonda identità” (Pauli VI Evangelii Nuntiandi,
14). Nel vostro specifico contesto culturale il messaggio
evangelico deve essere diffuso soprattutto attraverso la
testimonianza di un‟esemplare vita cristiana. Una tale
testimonianza di dedizione è già un atto di evangelizzazione.
Nonostante le difficoltà, le vocazioni al sacerdozio e alla
vita religiosa sono in aumento in Sudan
So che come Vescovi voi apprezzate grandemente l‟inestimabile
contributo che danno i vostri fratelli sacerdoti, diocesani e religiosi,
sudanesi e missionari, all‟evangelizzazione e allo sviluppo sociale
del vostro Paese. Il loro magnifico lavoro pastorale, l‟impegno
caritativo, a costo di grandi sacrifici personali e a fronte di molti
ostacoli sono una parte fondamentale del servizio della Chiesa al
Popolo di Dio del Sudan. Un aspetto essenziale del vostro compito
79
apostolico consiste nel confermare i vostri fratelli sacerdoti nella
loro identità di ministri della parola e dei sacramenti. Cercate di
aiutarli con la vostra comprensione e compassione. È importante
che voi e i vostri sacerdoti siate strettamente uniti e che i
presbiteri di ogni Chiesa locale siano uniti al Vescovo con un cuor
solo e un‟anima sola. Così la profonda natura di comunione di fede
e carità della Chiesa si dimostra più apertamente.
Ho notato con soddisfazione che, nonostante le difficoltà, le
vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa sono in aumento in
Sudan. Desidero assicurarvi la mia preghiera come sostegno a
tutti i vostri sforzi per la scelta dei candidati meritevoli al
ministero sacerdotale. (…) La presenza della Chiesa e il suo
coinvolgimento nelle diverse sfere della sanità, del benessere
sociale e dell‟educazione dipende largamente dai membri degli
istituti di vita consacrata che lavorano nel vostro Paese. Volentieri
mi unisco a voi nel ringraziare Dio onnipotente per tutti i religiosi
e le religiose che attraverso il loro lavoro instancabile al servizio
del Vangelo nei diversi ambiti dello sviluppo umano hanno reso
possibile alle vostre Chiese locali di esercitare un‟influenza molto
superiore al vostro numero limitato.
Il ruolo dei catechisti laici
Nelle vostre Chiese locali i catechisti laici svolgono un ruolo
fondamentale nell‟educazione alla fede di bambini e adulti. La
catechesi è uno dei momenti essenziali dell‟intero processo di
evangelizzazione, soprattutto quando implica l‟insegnamento
della dottrina cristiana in un modo organico e sistematico, con lo
scopo di introdurre gli ascoltatori alla pienezza della vita cristiana
(cf. Catechesi Tradendae, 18).
Oltre alla formazione religiosa dei fedeli, vi esorto a dirigere la
vostra attenzione alla creazione e promozione di programmi
educativi permanenti, in particolare per preparare i laici ai vari
ruoli di servizio e guida nelle comunità civili ed ecclesiali. Questa
formazione completa è importante soprattutto per quei cattolici
che hanno delle responsabilità nella vita pubblica. Questi uomini
e queste donne vanno davvero incoraggiati e sostenuti nel loro
servizio al bene comune dei concittadini.
Anche in situazioni in cui la proclamazione della nostra
fede sia difficile, noi dobbiamo avere il coraggio di parlare
di Dio
Voi e quanti sono affidati alla vostra cura pastorale siete chiamati
80
a portare il peso della testimonianza quotidiana a Cristo in una
società pluralista sul piano delle religioni. In questa realtà, è
vostro compito riaffermare l‟impegno della Chiesa cattolica al
dialogo e alla proclamazione del Vangelo. Come ho sottolineato in
una precedente occasione: “Non si può porre la questione di
scegliere uno e ignorare o respingere l‟altro. Anche in situazioni in
cui la proclamazione della nostra fede sia difficile, noi dobbiamo
avere il coraggio di parlare di Dio, che è il fondamento della nostra
fede, la ragione della nostra speranza, e la fonte della nostra
carita” (Eiusdem “Allocutio ad eos qui plenario coetui
Secretariatus pro non Christianis interfuerunt coram admissos”,
3, die 28 apr. 1987: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, X, 1 [1987]
1450).
Il diritto alla libertà religiosa è una questione su cui i
seguaci di tutte le tradizioni religiose dovrebbero
collaborare
La Chiesa ha un profondo rispetto per tutti i non-cristiani, poiché
ritiene che il disegno della salvezza comprende tutti coloro che
riconoscono il Creatore. Esiste perciò una base solida per il
dialogo e la coesistenza pacifica con i musulmani. (…) Da parte
nostra, dialogo significa disponibilità a collaborare con gli altri per
il miglioramento dell‟umanità, e impegno a ricercare insieme la
pace vera e la giustizia.
A questo riguardo, il diritto alla libertà religiosa è una questione
su cui i seguaci di tutte le tradizioni religiose dovrebbero
collaborare, dal momento che la libertà religiosa è misura di tutti
gli altri diritti fondamentali, perché tocca la sfera più intima dello
spirito umano. Nessun individuo o gruppo, nemmeno lo Stato può
imporre la sua autorità nella sfera delle convinzioni religiose.
Dove lo Stato garantisce uno speciale status a una particolare
religione, espressione della fede di una maggioranza di cittadini,
esso tuttavia non può imporre quella religione a tutto il suo popolo
o restringere la libertà religiosa di altri cittadini o di stranieri che
vivono nel suo territorio. Come ho scritto nel messaggio di
quest‟anno per la Giornata mondiale della pace: “In nessun caso
l‟organizzazione statale può sostituirsi alla coscienza dei cittadini
nel sottrarre spazi vitali o prendere il posto delle loro associazioni
religiose. Il retto ordine sociale esige che tutti - singolarmente e
comunitariamente - possano professare la propria convinzione
religiosa nel rispetto degli altri” (…)
81
Le preoccupazioni del Papa per i conflitti in Sudan
Non posso mancare di far menzione della mia preoccupazione per
il conflitto armato che si svolge nel Sudan meridionale e nel
Kordofan del Sud, segnato dalla perdita di vite umane, seri danni
ai civili, distruzione di proprietà e diffusa carestia. In più, i
continui combattimenti hanno reso quasi impossibili i tentativi di
portare soccorsi. Prego che venga presto trovata una soluzione
negoziata alle ostilità, nel rispetto delle giuste aspirazioni dei
popoli coinvolti. Con il bene del popolo sudanese nel cuore,
rivolgo un appello a tutte le parti affinché perseguano la strada di
una composizione negoziata.
Desidero esprimere anche la mia preoccupazione per le centinaia
di migliaia di rifugiati e trasferiti che vivono ammassati nelle
principali città del Sud e del Nord. Mentre vi esorto a continuare
i vostri sforzi per portare soccorso a queste popolazioni povere e
senza patria, rinnovo la speranza espressa alla presentazione
delle lettere credenziali dell‟Ambasciatore del Sudan che “la
comunità internazionale risponda all‟appello del Sudan per
l‟assistenza umanitaria di fronte a questo difficile problema”
(“Allocutio ad exc. mum virum Awad Elkarim Fadulall Sudaniae
apud Sanctam Sedem constitutum Legatum”, die 7 ian. 1988:
Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XI, 1 [1988] p. 49 ss.). L‟intera
questione evidenzia la grave contraddizione in cui versa la
comunità internazionale, dove è talvolta difficile o impossibile
organizzare o distribuire beni alimentari fondamentali di
emergenza e mettere in atto programmi educativi e sanitari che
sarebbero una parte fondamentale degli aiuti, mentre invece il
commercio e il trasporto delle armi non conosce frontiere e
continua senza limitazioni.
(…)
2 ottobre 1992
(…)
Deporre le armi per seguire il cammino della pace
La cosa triste è che l'intera vita della Chiesa nel vostro paese è
profondamente afflitta dagli eventi sociopolitici che vi hanno
luogo. La guerra civile e la limitazione delle libertà fondamentali
hanno un effetto negativo sulla società, e in particolare sulle
82
attività della comunità Cattolica. In queste difficili circostanze la
Chiesa è chiamata da Dio a proseguire la sua missione col
medesimo coraggio e con una sempre maggiore fiducia in Lui. La
Santa Sede e l'intera comunità cattolica del mondo seguono con
attenzione e preoccupazione le sofferenze che state sopportando.
La terribile sciagura causata dalla guerra è accompagnata anche
dalla siccità, dalla carestia e dalle malattie. Milioni di sudanesi del
Sud sono stati evacuati e vivono in condizioni precarie in campi
profughi, nei Paesi vicini o nel deserto. Centinaia di migliaia di
civili rimangono intrappolati mentre intorno a loro infuria la
guerra. In questa situazione la Chiesa in Sudan cerca di alleviare
per quanto possibile le sofferenze, specialmente attraverso la
lodevole attività del SUDANAID. La Chiesa universale apprezza lo
sforzo che i Cattolici del Sudan stanno compiendo per continuare
ad obbedire al comandamento del Signore di amare il proprio
prossimo come se stessi (cfr. Mt 19,19) e riconosce che questa
offerta viene fatta spontaneamente imitando Colui che per primo
ci ha amati (cfr. Jn 4,19). Non solo riceviamo ma siamo anche
chiamati a dare in abbondanza. Nelle attività delle vostre
comunità cogliamo la luce della "più autentica essenza" della
Chiesa: la Sposa che si dedica totalmente ad annunciare il nome
splendente del suo Sposo e a considerarsi privilegiata per essere
in grado di sacrificare tutto in nome del Suo Regno (cfr. Ap 19,7).
Il mio cuore, come il vostro è profondamente afflitto da tutte
queste sofferenze. Ancora una volta, con uguale sollecitudine
rivolgo un appello a coloro nelle cui mani è riposto il destino del
Sudan affinché depongano le armi di guerra, ricerchino la via della
pace e ispirino le loro azioni alla legge eterna di Dio.
L'Onnipotente ordina ai suoi figli di rispettare la dignità e i diritti
di tutti gli esseri umani specialmente dei più deboli e indifesi. Le
radici della guerra affondano nel cuore di chi rifiuta di
sottomettersi con docilità a questo ordine della volontà divina.
Unisco la mia voce alla vostra nel supplicare tutti coloro che sono
coinvolti a intraprendere un sincero e leale dialogo di pace. Mi
rivolgo ancora una volta alla comunità internazionale e a coloro
che dirigono organizzazioni internazionali affinché considerino
una priorità assoluta l'aiuto alle vittime innocenti di questo
terribile conflitto.
Il rispetto per la libertà dell'individuo di ricercare la verità
e di rispondere agli imperativi morali della coscienza è la
"pietra angolare della struttura dei diritti umani"
83
Il rispetto per la libertà dell'individuo di ricercare la verità e di
rispondere agli imperativi morali della coscienza è la "pietra
angolare della struttura dei diritti umani" e "un punto di
riferimento per i diritti fondamentali... in quanto va a toccare la
sfera più intima dello spirito" (Messaggio per la Giornata Mondiale
della Pace, 1 gennaio 1988). Qualsiasi ostacolo all'esercizio della
libertà religiosa, inclusa l'inviolabile trascendenza della persona
umana, offende la causa della pace. Solo dove l'ordine politico e
sociale è interamente rivolto al bene dell'uomo può esservi pace.
Quindi, ogni freno alla libertà religiosa nel vostro paese in questo
momento, è quanto di più grave possa verificarsi in quanto va a
minare qualsiasi possibilità di dialogo e di pace. In difesa della
libertà religiosa, voi avete giustamente indicato i pericoli che
derivano al vostro paese dal tentativo di fondare l'unità della
nazione su un'unica religione e un'unica cultura. Questa meta,
insieme all'applicazione dello Shariah ai non Musulmani, ha
causato la perdita di molte libertà civili. Ciò è particolarmente
evidente ovunque vi siano discriminazione nell'educazione,
persecuzione di sacerdoti, religiosi e catechisti, l'espulsione di
missionari, l'impedimento di una legittima espressione di fede, la
mancanza di autentica libertà nelle conversioni e ovunque i
battezzati vengano considerati come "stranieri" nella loro terra
natale.
(…)
Desidero incoraggiarvi a continuare ad alimentare le
vocazioni e a formare i seminaristi nostante tante
difficoltà
Desidero incoraggiarvi a continuare ad alimentare le vocazioni e
a formare i seminaristi nostante tante difficoltà. Sottopongo alla
vostra attenzione la recente Esortazione postsinodale, Pastores
dabo vobis. Mi auguro che questo ultimo documento riguardante
la vita sacerdotale e la formazione possa aiutare voi ed i vostri
sacerdoti e seminaristi a uniformare i vostri cuori e le vostre menti
sempre di più al modello del Buon Pastore. Possano le preghiere
costanti, il ricevimento e la celebrazione dei sacramenti e tutte le
opere buone caratterizzare il vostro ministero e la vostra vita
sacerdotale. I sacerdoti più anziani, nonché i seminaristi più
giovani sono chiamati ogni giorno a lottare per dimostrare la
carità pastorale di Dio (op. cit., 57), che si misura con la
sollecitudine di consacrare tutto, persino la propria vita, alla
salvezza del gregge. Il ruolo del Vescovo non è soltanto di tipo
84
amministrativo. Egli diviene attraverso la propria consacrazione
un autentico successore degli Apostoli. "Con la sua presenza e con
la condivisione con i candidati al sacerdozio di tutto ciò che
riguarda il cammino pastorale della Chiesa particolare, il Vescovo
offre un apporto fondamentale alla formazione del "senso della
Chiesa"" (op. cit. n. 65). Spero che non trascurerete questo
aspetto vitale della vita ecclesiastica.
La crescita di un autentico spirito di cooperazione
collegiale e di solidarietà darà a ciascuno di voi la forza di
affrontare i compiti a cui siete chiamati al servizio della
Chiesa
Infine vi prego di rendere la vostra Conferenza Episcopale un utile
strumento sotto le direttive dei padri del Concilio Vaticano II:
infatti la condivisione delle idee e lo scambio di opinioni
conducono a "una santa concordia di forze, per il bene delle
Chiese" (CD 37). La crescita di un autentico spirito di
cooperazione collegiale e di solidarietà darà a ciascuno di voi la
forza di affrontare i compiti a cui siete chiamati al servizio della
Chiesa.
Lavorando insieme nella fiducia reciproca e nell'amore fraterno,
riceverete l'uno dall'altro l'aiuto di cui avete bisogno per
sviluppare un piano comune di iniziative pastorali per far fronte
alle gravi sfide attuali di cui tutti siamo responsabili (…)
18 settembre 1997
Il Signore ode la voce delle vittime innocenti
(…) Purtroppo, il Sudan si trova ancora in stato di grande
agitazione. Il tormento di una guerra civile che ha prodotto
indicibile miseria, sofferenza e morte, soprattutto nel Sud,
continua ad affliggere la terra e a togliere vita ed energie al vostro
popolo. Le vostre comunità sono profondamente colpite dalla
rottura delle buone relazioni che dovrebbero esistere tra cristiani
e musulmani. Nonostante la povertà del vostro popolo e la sua
conseguente debolezza rispetto agli standard mondiali, il Signore
non vi abbandonerà. Attraverso il Profeta Isaia Egli continua a
dirvi: «Non ti dimenticherò mai» (Is 49, 15).
Il Signore ode la voce delle vittime innocenti, dei deboli e degli
indifesi che lo invocano per ricevere aiuto, giustizia e rispetto
della dignità di esseri umani che Dio ha conferito loro, dei loro
85
diritti umani fondamentali, della libertà di professare e di
praticare la loro religione senza paura o discriminazioni. La fede
cristiana ci insegna che le nostre preghiere e le nostre sofferenze
si uniscono a quelle di Cristo stesso che, come Sommo Sacerdote
del popolo santo di Dio, entrò nel Santuario per intercedere per
noi (cfr Eb 9, 11-12). Come fece una volta sulla terra, così ora
dalla casa del Padre ci dice: «Venite a me, voi tutti, che siete
affaticati e oppressi, e io vi ristorerò » (Mt 11, 28). Mentre le
parole del suo invito risuonano nelle nostre orecchie, aggiunge:
«Imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete
ristoro per le vostre anime» (Mt 11, 29).
(…)
Nonostante le gravi difficoltà e le sofferenze che la
comunità cristiana sta affrontando, la Chiesa in Sudan
continua a crescere
Nonostante le gravi difficoltà e le sofferenze che la comunità
cristiana sta affrontando, la Chiesa in Sudan continua a crescere,
con molti segni di vitalità. Con il salmista esclamiamo: «Ecco
l'opera del Signore: una meraviglia ai nostri occhi » (Sal 118, 23).
È veramente come disse il Signore: «Ti basta la mia grazia; la mia
potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza» (2 Cor
12, 9). Per questa ragione, con san Paolo, voi siete capaci di
accettare la debolezza, gli insulti, gli stenti, le persecuzioni e le
calamità; poiché quando siamo deboli, allora siamo forti (cfr 2 Cor
12, 10).
Vi esorto a fare tutto il possibile per promuovere fra di voi
un autentico spirito di fiducia reciproca e di cooperazione
Nell'attuale situazione politica e sociale potete facilmente
rimanere isolati gli uni dagli altri. Per questo motivo dovete
cogliere ogni occasione per dare espressione alla responsabilità
collegiale e alla comunione che vi uniscono nel servizio dell'unica
«dimora di Dio» (Ef 2, 22). Vi esorto a fare tutto il possibile per
promuovere fra di voi un autentico spirito di fiducia reciproca e di
cooperazione affinché possiate sviluppare - difficili circostanze
permettendo - un piano comune di iniziative pastorali per
affrontare le gravi sfide presenti. Tali iniziative includono la
sollecitudine
pastorale
in
aree
prive
di
sacerdoti,
l'evangelizzazione e l'offerta di una catechesi e una formazione
cristiana adeguate, la promozione della celebrazione del
86
Sacramento del Matrimonio fra i fedeli e il rafforzamento della vita
familiare. Più voi riuscirete a identificare i bisogni comuni nelle
vostre Diocesi e a coordinare programmi congiunti per soddisfare
tali bisogni, più i vostri singoli ministri, come Pastori di anime,
diventeranno efficaci. È ugualmente urgente che la Conferenza
garantisca la responsabile amministrazione delle risorse, sia
interne sia provenienti da donatori o benefattori esterni.
(…)
I sacerdoti sono chiamati a coltivare un autentico
ascetismo
I vostri collaboratori immediati nell'edificazione del Corpo di
Cristo sono i sacerdoti, sia diocesani che religiosi, sudanesi e
missionari. Essi si sono consacrati a questo servizio e vi sono stati
donati da Dio. Tutti i sacerdoti hanno ricevuto una chiamata,
sottoposta a prova e discernimento durante gli anni di
preparazione che precedono l'ordinazione sacerdotale. Dopo aver
pregato, con fiducia nella grazia infallibile di Dio, hanno deciso di
rinunciare alla possibilità di avere una casa, una moglie, dei figli,
una posizione sociale e ricchezze (cfr Mt 19, 29). E non lo hanno
fatto a malincuore, ma con gioia, per servire il Regno e per
dedicarsi ai loro fratelli e alle loro sorelle in Cristo. Mi unisco a voi
nel chiedere a Gesù, Sommo Sacerdote, di concedere ai vostri
sacerdoti la grazia e la perseveranza - e la gioia intima - che
provengono dalla fedeltà alle esigenze della loro vocazione.
Poiché la configurazione sacramentale a Cristo, Pastore e Capo
della Chiesa, non può essere separata dalla sequela quotidiana
del suo esempio di amorevole dono di sé, tutti i sacerdoti sono
chiamati a coltivare un autentico ascetismo. Per rimanere fedeli
al dono del celibato in perfetta continenza, è essenziale - come
afferma il Concilio Vaticano II - che preghino umilmente,
ricorrano costantemente a tutti gli aiuti di cui dispongono a tale
fine(…)
La formazione nei seminari
Anche i seminari restano una delle vostre priorità. È fondamentale
che i futuri ministri del Vangelo siano non solo ben istruiti
accademicamente ma anche, a livello più profondo, totalmente
dediti alla cura delle anime, desiderosi di guidare i propri fratelli
e le proprie sorelle lungo le vie della salvezza. Coloro che si
impegnano nella formazione devono essere in grado di assistere
i candidati nella loro crescita verso la nuova «identità» conferita
87
al momento dell'Ordinazione. Essi stessi dovrebbero essere
modelli esemplari di condotta sacerdotale. Devono essere chiari
circa il comportamento che ci si attende dai candidati al
sacerdozio, in quanto sarebbe un'ingiustizia permettere ai
seminaristi di andare verso l'Ordinazione se non hanno
interiormente e consapevolmente assimilato le esigenze obiettive
dell'ufficio che dovranno svolgere.
Il ruolo dei religiosi
Nell'opera di edificazione del Regno di Dio, le religiose e i religiosi
svolgono un ruolo vitale nelle vostre Chiese locali. I sacerdoti
missionari, le Religiose e i Religiosi che condividono con voi il peso
dell'opera pastorale delle vostre Diocesi sono al contempo
servitori coraggiosi del Vangelo, e con la loro presenza e la loro
generosa dedizione sono una grande fonte d'incoraggiamento per
i fedeli. In essi si percepiscono effettivamente l'universalità della
Chiesa e la solidarietà che caratterizza la comunione fra le Chiese
particolari.
(…)
L’impegno della Chiesa nell’educazione
Nonostante le numerose difficoltà che deve affrontare, la Chiesa
in Sudan s'impegna attivamente nel campo dell'istruzione. Le
scuole cattoliche godono di una buona reputazione e offrono un
alto livello d'insegnamento, per cui molti cercano di iscrivervi i
propri figli. La sollecitudine della Chiesa per la formazione morale
e civica dei giovani e degli adulti, impartita durante corsi serali
organizzati in molte delle vostre scuole parrocchiali, costituisce un
contributo ancor più importante al futuro della comunità cristiana
e della società nella sua interezza. Questa attività educativa può
contribuire in maniera determinante a superare le tensioni
etniche, poiché riunisce persone di diversa formazione tribale e
sociale.
Poiché la legislazione locale impone l'istruzione religiosa nelle
scuole pubbliche, la Chiesa in Sudan deve assicurare che gli
studenti cattolici possano avvalersi di questa opportunità e quindi
deve fornire insegnanti cattolici con un'adeguata formazione che
presentino la fede agli studenti cristiani. I vostri sacerdoti e i
membri delle comunità religiose sono particolarmente adatti a
questo compito e dovrebbero ricevere l'incoraggiamento e la
preparazione necessaria per intraprendere questo importante
88
apostolato.
Vi esorto a continuare i vostri sforzi per instaurare e
sviluppare tale dialogo interreligioso
Durante la mia visita a Khartoum nel 1993 espressi la speranza
che giungesse una nuova era di dialogo costruttivo e di buona
volontà fra i cristiani e i musulmani. Il dialogo interreligioso non
è un compito facile. Nel vostro Paese esso è un atto coraggioso
di speranza per un Sudan migliore e per un futuro migliore per il
suo popolo. Come ho osservato nella mia Esortazione Apostolica
post-sinodale Ecclesia in Africa, un concetto essenziale del dialogo
fra cristiani e musulmani dovrebbe essere il principio della libertà
religiosa, con tutto ciò che essa implica, comprese anche le
manifestazioni di fede esteriori e pubbliche (cfr n. 66). Vi esorto
a continuare i vostri sforzi per instaurare e sviluppare tale dialogo
a ogni livello.
(…)
15 dicembre 2003
(…)
Santa Bakhita è una splendente fautrice
dell'emancipazione autentica
Sin da piccola, santa Giuseppina Bakhita ha sperimentato la
crudeltà e la brutalità con cui l'uomo può trattare i suoi simili.
Rapita e venduta come schiava quando era ancora bambina, ha
conosciuto fin troppo bene la sofferenza e la vittimizzazione che
tuttora affliggono innumerevoli uomini e donne nella sua patria,
in tutta l'Africa e nel mondo. La sua vita ispira la ferma
determinazione di operare in modo efficace per liberare le
persone dall'oppressione e dalla violenza, assicurando che la loro
dignità sia rispettata nel pieno esercizio dei loro diritti. È questa
stessa determinazione che deve guidare la Chiesa in Sudan oggi,
mentre la nazione compie la transizione dall'ostilità e dal
conflitto alla pace e alla concordia. Santa Bakhita è una
splendente fautrice dell'emancipazione autentica. La sua vita
mostra chiaramente che il tribalismo e le forme di
discriminazione basate sull'origine etnica, sulla lingua e sulla
cultura non fanno parte di una società civile e non hanno
assolutamente alcun posto nella comunità dei credenti.
89
Spetta alla Chiesa parlare senza ambiguità a nome di
coloro che non hanno voce e essere fermento di pace e di
solidarietà
La Chiesa nel vostro Paese è profondamente consapevole delle
difficoltà e del dolore che colpiscono coloro che fuggono dalla
guerra e dalla violenza, in particolare le donne e i bambini, e non
mobilita solo le proprie risorse nell'aiutare a far fronte alle loro
necessità, ma attinge anche alla generosità di volontari e
benefattori esterni. Particolarmente degno di nota, a questo
proposito, è il lavoro di Sudanaid, l'agenzia di assistenza
nazionale a cui soprintende il Dipartimento per gli Aiuti e lo
Sviluppo della vostra Conferenza Episcopale, che giustamente
gode di larga stima per i diversi progetti caritativi in cui è
impegnata. Fratelli, vorrei suggerire che una base solida per
cercare una rappresentanza della Chiesa nel processo di
normalizzazione attualmente in corso può essere proprio
l'assistenza, tanto necessaria, che essa offre ai numerosi rifugiati
e profughi, che sono stati costretti ad allontanarsi dalle loro case
e dalle loro terre familiari.
Inoltre, i numerosi contributi che la Chiesa offre alla vita sociale
e culturale del vostro Paese possono aiutarvi a instaurare
rapporti più stretti e positivi con le istituzioni nazionali. Già ora,
la presenza di cristiani nel Governo attuale e la riattivazione della
Commissione per il Dialogo Interreligioso consentono di
constatare una esitante apertura da parte delle guide civili.
Dovete fare tutto il possibile per incoraggiare ciò, anche mentre
insistete affinché il pluralismo religioso, così come viene
garantito dalla Costituzione del Sudan, sia rispettato.
Un corollario importante, a questo proposito, è il vostro dovere
di affrontare le questioni importanti che riguardano la vita sociale,
economica, politica e culturale del Paese (cfr Ecclesia in Africa,
n. 110). Come ben sapete, spetta alla Chiesa parlare senza
ambiguità a nome di coloro che non hanno voce e essere
fermento di pace e di solidarietà, soprattutto laddove questi
ideali sono più fragili e minacciati. Come Vescovi, le vostre
parole e le vostre azioni non devono mai essere l'espressione di
preferenze politiche individuali, ma devono sempre rispecchiare
l'atteggiamento di Cristo il Buon Pastore.
San Daniele Comboni e il suo impegno per
l’inculturazione della fede
90
Tenendo presente questa immagine del Buon Pastore, desidero
ora rivolgere la mia attenzione alla figura di san Daniele Comboni,
il quale, come sacerdote e Vescovo missionario, ha lavorato
instancabilmente per far conoscere e accogliere Cristo in Africa
centrale, incluso il Sudan. San Daniele si è preoccupato
profondamente che gli africani svolgessero un ruolo importante
nell'evangelizzare il continente, e ha avuto l'ispirazione di
redigere un piano missionario per la regione, un "piano per la
rinascita dell'Africa", che prevedeva l'aiuto da parte degli stessi
popoli indigeni. Nel corso della sua attività missionaria, non ha
consentito alle grandi sofferenze e alle numerose difficoltà che
ha dovuto sopportare, come le privazioni, lo sfinimento, la
malattia e la diffidenza, di distoglierlo dal compito di predicare la
Buona Novella di Gesù Cristo.
Il Vescovo Comboni, inoltre, è stato un grande fautore
dell'inculturazione della fede. Si è impegnato molto per
conoscere le culture e i linguaggi delle popolazioni locali che
serviva. In tal modo, è riuscito a presentare il Vangelo nei modi
e conformemente alle usanze che i suoi ascoltatori prontamente
comprendevano. In modo molto reale, per noi, oggi, la sua vita
è un esempio che dimostra chiaramente che "l'evangelizzazione
della cultura e l'inculturazione del Vangelo sono parte integrante
della nuova evangelizzazione e sono, perciò, un compito proprio
dell'ufficio episcopale" (Pastores gregis, n. 30).
Il vostro deve essere un invito, gentile e tuttavia
insistente, alla conversione, quella del cuore e della
mente
Fratelli, questo stesso fervore apostolico, questo zelo
missionario e questa profonda preoccupazione per la salvezza
delle anime devono distinguere anche il vostro ministero come
Vescovi. Rendete vostro primo e principale dovere quello di
prendervi cura del gregge che vi è stato affidato, vegliando sul
suo benessere spirituale e fisico, trascorrendo del tempo con i
fedeli, in particolare con i vostri sacerdoti e i religiosi nelle vostre
Diocesi. Il ministero pastorale del Vescovo, infatti, "si esprime in
un "essere per" gli altri fedeli che non lo sradica dal suo "essere
con" loro" (Pastores gregis, n. 10).
In tutto ciò, il vostro deve essere un invito, gentile e tuttavia
insistente, alla conversione, quella del cuore e della mente. La
fede giunge a maturazione quando i discepoli di Cristo vengono
educati e formati nella conoscenza profonda e sistematica della
91
sua persona e del suo messaggio (cfr Catechesi tradendae, n.
19). Pertanto, la formazione permanente dei laici è una priorità
della vostra missione di predicatori e insegnanti. La formazione
spirituale e dottrinale deve essere volta ad aiutare i fedeli laici
a svolgere il loro ruolo profetico in una società che non sempre
riconosce o accetta la verità e i valori del Vangelo. Ciò vale in
modo particolare per i vostri catechisti: questi servitori
impegnati del Verbo hanno bisogno di una formazione adeguata,
sia spirituale sia intellettuale, nonché di un sostegno morale e
materiale (cfr Ecclesia in Africa, n. 91).
Sarebbe utile, inoltre, approntare e mettere a disposizione un
catechismo semplice nel linguaggio del popolo. Similmente, testi
adeguati nelle lingue locali potrebbero essere preparati e
distribuiti, come mezzo per presentare Gesù a coloro che non
conoscono il messaggio cristiano e come strumento per il dialogo
interreligioso. Questo potrebbe risultare particolarmente utile
nelle aree esenti dalla legge della Shari'ah, soprattutto nella
capitale federale Khartoum. A questo riguardo desidero anche
incoraggiarvi a riprendere i vostri sforzi per istituire
un'Università cattolica a Khartoum. Una tale istituzione
consentirebbe al grande contributo che la Chiesa offre
nell'ambito dell'educazione elementare e secondaria di dare
frutti anche in quello dell'educazione superiore. Un'Università
cattolica, inoltre, vi sarebbe di grande aiuto nell'adempiere il
vostro compito di assicurare che vi siano insegnanti
adeguatamente formati per impartire un'istruzione cattolica
nelle scuole pubbliche.
(…)
Dovete essere sempre attenti ai bisogni umani e spirituali
della vostra gente
Nell'adempiere ai vostri numerosi doveri, voi e i vostri sacerdoti
dovete essere sempre attenti ai bisogni umani e spirituali della
vostra gente. Non si devono mai spendere tempo e risorse per le
strutture diocesane o parrocchiali o per i progetti di sviluppo a
scapito delle persone; tali strutture o progetti, inoltre, non
devono mai ostacolare il contatto personale con coloro che Dio
ci ha chiamato a servire. Equità e trasparenza devono essere i
tratti indispensabili che caratterizzano tutte le questioni
finanziarie, mentre occorre compiere ogni sforzo possibile per
assicurare che i contributi vengano davvero utilizzati per i fini ai
quali sono destinati. La missione pastorale della Chiesa e il
92
dovere dei suoi ministri "non di essere serviti ma di servire" (cfr
Mt 20, 28) devono sempre essere la preoccupazione prevalente.
I concetti del servizio e della solidarietà, inoltre, possono
fare molto per favorire una maggiore cooperazione
ecumenica e interreligiosa
I concetti del servizio e della solidarietà, inoltre, possono fare
molto per favorire una maggiore cooperazione ecumenica e
interreligiosa. Un'iniziativa specifica che potrebbe aiutare ad
accelerare il progresso in questo ambito è l'istituzione di
un'agenzia per coordinare i diversi programmi volti a dare
assistenza e aiuto umanitario nelle diverse regioni del Paese.
Questo coordinamento indubbiamente servirebbe ad aumentare
l'efficacia di tali programmi e potrebbe perfino rivelarsi utile al
fine di allacciare contatti per il rilascio dei permessi governativi
necessari per recarsi in alcune aree. La Conferenza dei Vescovi
Cattolici del Sudan potrebbe sostenere e promuovere
attivamente una simile agenzia per il coordinamento. Sul
modello dell'intesa già esistente nel Sud del Sudan con alcuni
membri della Comunione Anglicana, l'agenzia sarebbe aperta ai
rappresentanti delle altre denominazioni cristiane e delle altre
religioni, incluso l'Islam, favorendo così un clima di fiducia
reciproca attraverso la cooperazione comune negli ambiti
dell'assistenza educativa e umanitaria.
(…)
93