Deontologia professionale e conflitto di interesse

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Deontologia professionale e conflitto di interesse
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La prevenzione dell’illegalità nel SSN
N. 203 - 2014
Deontologia professionale
e conflitto di interesse
Sergio Bovenga
Presidente Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri Grosseto
Componente Comitato Centrale FNOMCEO
Abstract
I conflitti di interesse rappresentano un problema molto avvertito in tutte le società evolute e pertanto interessano a pieno titolo
anche il mondo della medicina. Non a caso tale questione è regolata perfino attraverso norme deontologiche oltre che giuridiche. Ma la deontologia e la legislazione non possono essere sufficienti se il problema dei conflitti di interesse non viene
avvertito in tutta la sua importanza dal singolo operatore e tale percorso, di conoscenza prima e di consapevolezza poi,
dovrebbe iniziare già a partire dagli studi universitari. Invece, purtroppo, non mancano evidenze che indicano un approccio
al tema dei conflitti di interesse da parte degli studenti universitari molto simile a quello dei medici.
“Il Codice di deontologia medica identifica le regole, ispirate ai principi di etica medica, che disciplinano l’esercizio professionale del medico chirurgo e dell’odontoiatra. Il Codice impegna il medico nella tutela della salute individuale e collettiva
vigilando sulla dignità, sul decoro, sull’indipendenza e sulla qualità della professione. Il Codice regola anche i comportamenti assunti al di fuori dell’esercizio professionale quando ritenuti rilevanti ed incidenti sul decoro della professione”.
Quanto appena riportato non è altro che uno stralcio del
primo articolo (art 1) che apre il Codice di deontologia
nella sua ultima stesura approvata dal Consiglio nazionale della FNOMCeO a Torino nel 2014.
Già l’incipit delle regole deontologiche chiarisce il contesto in cui i professionisti esercenti le professioni di medico
ed odontoiatra si impegnano a svolgere la professione
assumendo come valori intrinseci la dignità, il decoro,
l’indipendenza e la qualità. Tra l’altro appare chiaro da
subito, perché volutamente esplicitato, che i comportamenti presi in considerazione non riguardano strettamente l’ambito di esercizio della professione ma anche quelli
‘assunti al di fuori dell’esercizio professionale’.
Partendo da queste premesse assume uno straordinario
ed inequivocabile significato l’articolo 30 del Codice
(Conflitto di interessi), non a caso rientrante fra gli articoli
che, al titolo III definiscono i ‘Rapporti con la persona
assistita’.
“Il medico evita qualsiasi condizione di conflitto di interessi nella quale il comportamento professionale risulti subordinato a indebiti vantaggi economici o di altra natura.
Il medico dichiara le condizioni di conflitto di interessi
riguardanti aspetti economici e di altra natura che possono manifestarsi nella ricerca scientifica, nella formazione
e nell’aggiornamento professionale, nella prescrizione
diagnostico-terapeutica, nella divulgazione scientifica,
nei rapporti individuali e di gruppo con industrie, enti,
organizzazioni e istituzioni, o con la pubblica amministrazione, attenendosi agli indirizzi applicativi allegati”.
Nel suddetto articolo vi sono due verbi che assumono valore assoluto: il primo chiede al medico di evitare qualsiasi condizione di conflitto di interessi; il secondo prescrive di dichiarare le condizioni di conflitto di interessi.
Le ragioni sono facilmente intuibili: non esiste e non può
esistere un elenco di condizioni e circostanze nelle quali
il conflitto può concretizzarsi ma è altrettanto vero che
qualora tali eventualità dovessero realizzarsi esse vanno
rese trasparenti a tutti per consentire a ciascuno di poter
valutare con discernimento la correttezza del comportamento e delle azioni messe in campo dal professionista.
I principi già citati, elementari nella loro introiezione
intuitiva, sono tutt’altro che semplici da attualizzare nel
quotidiano. Infatti accanto a situazioni chiaramente configurabili come confliggenti ve ne sono molte altre, forse
la gran parte, che si collocano in una sorta di zona grigia che richiede una contestualizzazione caso per caso.
Proprio per questa ragione l’articolo del Codice inerente
il conflitto di interessi, semplice nella sua enunciazione
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di principi, ha richiesto, a parere degli estensori, alcune
ulteriori specificazioni costituite dagli indirizzi applicativi
allegati all’articolo stesso, che di seguito si riportano.
“Le condizioni di conflitto di interessi riguardanti aspetti economici e di altra natura possono manifestarsi nella ricerca e divulgazione scientifica, nella formazione
e aggiornamento professionale, nella prescrizione terapeutica e di esami diagnostici, nell’attività di consulenza
e di pubblico ufficiale e nei rapporti con industrie, enti,
organizzazioni e istituzioni, nonché con la pubblica amministrazione.
1. I medici non devono accettare elargizioni o altre utilità che possano limitare l’appropriatezza delle proprie
decisioni inerenti all’esercizio professionale.
2. Nel rispetto dei principi di legalità e trasparenza i medici possono ricevere compensi, retribuzioni o altre utilità solo attraverso le procedure e gli strumenti previsti
dalla normativa vigente.
3. Il medico attua una costante revisione critica della divulgazione scientifica di cui viene informato; a tale
fine può avvalersi dell’azione di supporto del proprio
Ordine professionale.
4. I medici o le associazioni professionali che effettuano
campagne di prevenzione ed educazione sanitaria o
promuovono forme di informazione sanitaria o partecipano alla diffusione di notizie scientifiche attraverso
i mass media o la stampa di categoria, devono manifestare il nome dello sponsor e applicare i presenti
indirizzi applicativi validi anche nei rapporti eventualmente intrattenuti con industrie, organizzazioni ed enti
pubblici e privati.
5. Il medico ricercatore deve dichiarare gli eventuali rapporti di consulenza o collaborazione con gli sponsor
della ricerca.
6. Il medico ricercatore deve applicare sempre regole di
trasparenza, condurre l’analisi dei dati in modo indipendente rispetto agli eventuali interessi dello sponsor e non accettare condizioni per le quali non possa
pubblicare o diffondere i risultati delle ricerche, senza
vincoli di proprietà da parte degli sponsor, qualora
questi comportino risultati negativi per il paziente. Se
la pubblicazione, anche quando non sia frutto di specifica ricerca, è sponsorizzata il nome dello sponsor
deve essere esplicitato; chiunque pubblichi redazionali o resoconti di convegni o partecipi a conferenze
stampa deve dichiarare il nome dell’eventuale sponsor.
7. Il medico ricercatore e i membri dei comitati editoriali
devono dichiarare alla rivista scientifica, nella quale
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intendono pubblicare, il ruolo avuto nel progetto e il
nome del responsabile dell’analisi dei dati.
8. Il medico ricercatore deve vigilare sugli eventuali condizionamenti, anche economici, esercitati sui soggetti
arruolati nella ricerca, in particolare rispetto a coloro
che si trovano in posizione di dipendenza o di vulnerabilità”.
Il conflitto di interessi genericamente inteso richiede, per
verificarsi, la presenza di tre elementi chiave:
– una relazione di agenzia, ossia una relazione tra un
soggetto delegante (principale) e uno delegato (agente), in cui il secondo ha il dovere di agire nell’interesse
(primario) del primo;
– la presenza di un interesse secondario nel soggetto
delegato (di tipo finanziario o di altra natura);
– la tendenziale interferenza dell’interesse secondario
con l’interesse primario (il termine “tendenzialmente”
vuole sottolineare che l’interferenza si presenta con diversa intensità a seconda dell’agente portatore dell’interesse secondario e della rilevanza assunta da tale
interesse).
Ovviamente vi è una sostanziale differenza tra un conflitto
di interesse ed un fatto corruttivo e sarebbe profondamente sbagliato confonderne le fattispecie.
Essere in conflitto di interessi (teorico) e abusare effettivamente della propria posizione, facendo prevalere l’interesse secondario su quello primario (fatto concreto), restano due aspetti molto distinti: una persona in conflitto di interessi, infatti, potrebbe non agire mai in modo improprio
(rimanendo tale conflitto praticamente inespresso); infatti
il conflitto di interessi non è un evento o comportamento
(come la corruzione), ma una situazione o condizione, un
insieme di circostanze che creano o aumentano il rischio
che gli interessi primari possano essere compromessi
dall’inseguimento di quelli secondari.
La corruzione è la degenerazione di un conflitto di interessi, in quanto c’è sempre il prevalere di un interesse
secondario su uno primario. Il conflitto di interessi, invece,
segnala solo la presenza di interessi in conflitto (anche
solo in modo potenziale o apparente).
Il conflitto di interessi, a differenza della corruzione, è
caratterizzato da una portata ben più ampia di relazioni
sociali ed economiche, la maggior parte delle quali non è
classificata come reato, nonostante la sua presenza possa
tendenzialmente violare l’equilibro socialmente accettabile tra l’interesse privato e i doveri e le responsabilità di
un individuo. Ecco perché, a mio parere, il conflitto di
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interessi, paradossalmente, può essere meglio regolato
ispirandosi a norme deontologiche piuttosto che a norme
giuridiche.
Secondo una corrente definizione di corruzione, il termine deriva dal latino corruptio, composto da con e rumpere che significa rompere; implica perciò che qualcosa,
con l’atto della corruzione, viene rotto e questo qualcosa
può essere rappresentato da un codice di regole morali o
più specificamente da regole e leggi.
Secondo una frequente rappresentazione si possono distinguere tre diverse fattispecie di conflitto di interessi: attuale, potenziale e apparente.
Il conflitto di interessi è attuale (anche detto reale) quando
si manifesta durante il processo decisionale del soggetto
decisore. In altri termini, l’interesse primario e quello secondario entrano in conflitto proprio nel momento in cui
è richiesto al soggetto decisore di agire in modo indipendente, senza interferenze.
Il conflitto di interessi è potenziale quando il soggetto decisore avendo un interesse secondario, anche a seguito
del verificarsi di un certo evento (es. accettazione di un
regalo o di un’altra utilità), può arrivare a trovarsi, in un
momento successivo, in una situazione di conflitto di interessi attuale. Il conflitto potenziale può nascere anche da
una promessa.
Il conflitto di interessi è apparente (anche detto conflitto di
interessi percepito) quando una persona ragionevole potrebbe pensare che l’interesse primario del soggetto decisore possa venire compromesso da interessi secondari di
varia natura (es. sociali e finanziari).
Nel conflitto apparente, quindi, la situazione è tale da
poter danneggiare seriamente la pubblica fiducia del soggetto decisore, anche quando lo stesso non è portatore di
nessun interesse secondario.
Come sottolineato in letteratura, interventi efficaci di prevenzione del conflitto d’interessi dovrebbero agire necessariamente su più piani: legislativo, etico-deontologico e
soprattutto formativo. Bisognerebbe quindi non solo istituire un quadro legislativo appropriato ed efficace, ma
anche incrementare le competenze del singolo medico
relativamente alla scelta di fonti informative attendibili
ed infine fornirgli gli strumenti adeguati a fronteggiare le
strategie di marketing delle case farmaceutiche ovvero le
metodiche di arruolamento e coinvolgimento nella ricerca
e nelle sperimentazioni.
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Questa è la base sulla quale il Centro di studi e ricerche in “Salute Internazionale e Interculturale” (CSI), un
centro universitario nato nel 2002 presso il Dipartimento
di medicina e sanità pubblica dell’Università di Bologna,
che si occupa attivamente di formazione e didattica universitaria, oltre che di ricerca, ha ritenuto interessante,
attraverso uno studio “ad hoc”, valutare le conoscenze e
l’atteggiamento degli studenti della Facoltà di medicina
e chirurgia dell’Università di Bologna nei confronti di tali
tematiche.
L’obiettivo specifico dello studio è stato quello di esplorare
la percezione degli studenti e il loro atteggiamento nei
confronti del problema e le strategie di comportamento.
Le conclusioni alle quali giunge questo importante lavoro
cui si rimanda in bibliografia1 è che vi è una scarsa percezione tra gli studenti, analogamente a quanto avviene per
i medici, dell’entità e delle possibili ripercussioni del conflitto di interessi sulla professione medica e sulla salute dei
pazienti. La mancanza di informazioni si declina in varie
modalità: alcuni studenti non percepiscono affatto le questioni etiche che si celano dietro queste problematiche,
mentre altri le percepiscono ma non hanno sufficienti strumenti informativi per coglierne le possibili ripercussioni e
quindi tendono a sottostimarle. Il problema è che, a differenza di quanto avviene in altri paesi, in cui già da tempo
si discute sulle problematiche connesse alle condizioni di
conflitto di interessi e alle possibili ripercussioni da esse
derivanti, in Italia, e in particolare in ambito universitario,
il dibattito sul rapporto tra medici ed Industria farmaceutica è relativamente giovane e spesso legato ad episodi
che si configurano come scandali e non ad un percorso
organico. Viceversa i luoghi privilegiati per costruire la
giusta consapevolezza e produrre anticorpi verso i conflitti di interesse sono (o dovrebbero essere) proprio le
Università, dove studenti e specializzandi acquisiscono
non solo le conoscenze e le competenze mediche ma apprendono anche un modo di vivere la professione.
Occorre avere il coraggio di affrontare con chiarezza tali
problematiche, promuovendo la cultura dell’etica sociale
e della deontologia professionale. Infatti nessuna legge
sulla regolamentazione del conflitto di interesse potrà mai
sostituire la costante attenzione di ogni singolo medico
alla propria integrità e al proprio rigore professionale.
È necessario individuare strategie per generare cambiamenti dal basso verso l’alto, non solo dall’alto verso il
basso, soprattutto coinvolgendo i professionisti sanitari in
un percorso formativo che metta al primo posto il decoro
e la dignità professionale, che rappresentano gli antidoti
naturali contro il conflitto di interessi. Se tali antidoti non
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trovano collocazione già nelle fasi di costruzione del corpo professionale medico ben difficilmente potranno trovarlo in un momento successivo quando anzi, una volta
assunto lo status di ‘prescrittore’, il sistema viene ulteriormente rinvigorito anche grazie all’aggiornamento medico
continuo (ecm) che in un numero considerevole di casi
viene direttamente finanziato dall’industria. La domanda
che dovremmo porci è: va bene così o possiamo temere
effetti negativi per l’integrità dei professionisti e la salute
dei cittadini? Ma perché la sponsorizzazione si verifica
soltanto per i prescrittori e non anche per gli altri professionisti? E perché vengono definite spese di formazione
(solo per evitare restrizioni legali sulle attività di commercializzazione) quelle che in realtà sono voci che rientrano
nel marketing?
Goldfinger (Presidente del Committee on Commercial
Support dell’APA) affermava che ‘Le case farmaceutiche
non sono un’associazione benefica. Dunque è altamente
improbabile che offrano grosse somme di denaro senza
chiedere nulla in cambio. Chi paga il pifferaio, sceglie la
musica’. Eppure l’Industria farmaceutica dà un contributo
rilevante ai progressi medici. La collaborazione con essa
è pertanto una cosa rilevante e necessaria. Per risolvere il
conflitto di interessi non è necessario (né possibile) evitare
qualsiasi rapporto a condizione però che la formazione
sia chiaramente distinta dal marketing. Anche perché la
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domanda che un qualsiasi cittadino (o esercente una professione diversa da quella medica e sanitaria in genere) si
pone è molto semplice: tutti gli altri pagano per la propria
formazione; perché i medici (e altri sanitari) no? Io penso
che non sia accettabile che esigenze di mercato (legittime) incrinino il rapporto di fiducia tra professionisti della
salute e cittadini. Non è possibile confondere il legittimo
sostegno a prodotti industriali validi (e tanto vale anche
per la ricerca biomedica) con il sostegno ai prescrittori (o
ricercatori) di tali prodotti. Forse abbiamo tutti bisogno di
un po’ di coraggio per avviare un processo di chiara delimitazione dei reciproci campi di azione (forse più semplice nella formazione che nella ricerca) e tale processo
può e deve trovare le sue basi naturali nella deontologia
e nell’etica professionale di ciascuno dei professionisti
ma anche di ogni soggetto legittimo portatore di interessi,
tanto che si tratti di un singolo operatore piuttosto che di
un’azienda, una università o una multinazionale.
Bibliografia
1
Fabbri et Al: Conflitto di interessi tra medici e industria farmaceutica. Studio quali-quantitativo sulla percezione degli
studenti della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università
degli studi di Bologna. R&P 2008; 24: 242-254
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Codice di Deontologia Medica: FNOMCeO 2014