27 impa tipo OK
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27 MAGGIO 2008 Prima che nascesse “Microsoft”, Crudeli anticipava di anni i progressi dell’informatica Loris poteva essere... Bill Gates Ma non coltiva rimpianti, perché vive come vuole Bra Incontro Loris Crudeli al bar “Arpino”. È un primo pomeriggio di un giorno di maggio tiepido e le lanuggini dei pioppi cadono a neve. Lo scorgo a malapena, seduto nel déhors, chino sul computer posato sul tavolino: pare una scena surreale, ma lui mi fa cenno con la mano, e lo raggiungo. Lo conosco da tempo, però so poco sul suo conto, perciò comincio subito con le domande. Come mai ti sei stabilito a Bra e quando l’hai fatto, pressappoco? Lui mi tira uno sguardo e un sospiro, preludio di un complicato racconto, e dice: «Heee... è una lunga storia!». Sorrido pronta ad ascoltarlo: «Tornando dall’India dove avevo soggiornato otto mesi, cercavo un luogo dove abitare immerso nel verde e, guardando su una carta stradale della Michelin, vidi una macchia verde. Era l’America dei Boschi, ed era perfetta per le mie esigenze. Così mi trasferii in un rustico della zona. Era nel ’71, e in quel periodo volevo “fare l’indiano” in Italia per un ritorno alle radici. Il periodo vissuto in India, in modo spartano, dormendo e mangiando in auto, una Diane rossa attrezzata per avere la massima indipendenza, mi aveva insegnato che era bene semplificare al massimo la vita: meno cose da gestire, più tempo per sé. Questi insegnamenti mi vennero osservando gli sfollati esuli dal Tibet invaso dalla Cina». Lo interrompo chiedendo la ragione che lo spinse al viaggio in India. «Ci stavo arrivando! A 19 anni mi trasferii a Torino per frequentare il Politecnico, poiché la mia aspirazione era apprendere più nozioni possibili sull’elettronica, una grande passione da sempre. Per semplificare le cose, devi sapere che mia madre Gioietta mi inculcò la passione per la cultura umanista, che con il tempo si trasformò in me in un gran fervore e curiosità autonoma verso l’interpretazione scientifico-filosofica del mondo. Frequentavo il Liceo scientifico e scrivevo su riviste di elettronica, guadagnando già parecchio. A questo sono arrivato con anni di stretta corrispondenza con aziende negli Stati Uniti, che mi inviavano gratis manuali e documentazione sulle ultime scoperte dell’elettronica, e io studiavo. Ricordo alle medie i miei esperimenti chimici per la costruzione di piccoli razzi. Era il 1957 l’anno del primo “Sputnik”. Ogni volta, data la mia competenza di undicenne, esplodevano regolarmente, un successo! E continuavo alacremente a documentarmi e sperimentare, mi appassionavano la fisica (la 27 TIPI BRAIDESI Nel ’74 ideò un personal computer Loris Crudeli in uno dei suoi “ufficio all’aperto”, ovvero i tavoli del bar “Arpino”, con il computer, “nipotino” del prototipo da lui progettato nel lontano 1974, quando “Microsoft” nemmeno esisteva! Lasciamo allo stesso Loris Crudeli il compito di spiegare a quali risultati approdò, in tempi assolutamente pionieristici, la sua passione per l’informatica: «La chiave di tutti i miei progetti, dal Liceo in poi, è sempre stata che essi nascevano in anticipo sui tempi. Così mi toccava, ogni volta, inventare e costruire tutto da zero. Per esempio, nel 1972, per un’azienda braidese di elettronica, ho inventato il modo di trasmettere migliaia di informazioni da molti punti diversi su un singolo cavo... un precursore di Ethernet e poi di Internet. Quando, nel 1974, ho avuto bisogno di un computer, ho dovuto progettarmelo, costruirlo, costruirne ogni accessorio (floppy, modem, hard disk, mouse e memorie non esistevano ancora), e poi ho dovuto scrivermi tutto il software (sistema operativo, programmi applicativi, linguaggi, giochi, simulatori di volo: non esisteva ancora Microsoft!). Poi, nei primi anni Ottanta, sono passato alla musica, sviluppando strumenti e software di analisi del suono, strumenti musicali e microprocessori per sintetizzare in tempo reale, in modo digitale, qualunque suono (oggi ogni telefonino fa queste cose, ma allora erano del tutto impensabili). Tutti questi progetti, data la mia indole hippy, sono nati, in gran parte, su un’amaca sotto i ciliegi di casa o nei bar di Bra, “Arpino” e “Miscia”, davanti a un bel cappuccino. E poi c’è il mio “grande progetto”, quello nato da bambino e che durerà ancora un bel po’: rimettere a posto 2.500 anni di filosofia, matematica e scienza, seguendo un concetto a me molto importante: la compressione della conoscenza. Studiando e ristudiando queste materie e, soprattutto la loro storia, si comprende che siamo giunti a una torre di Babele in cui il 90 per cento del materiale culturale e nozionistico circolante è in sovrappiù o addirittura sbagliato, rendendo la vita pesante ai poveri studenti moderni che sono imbottiti di milioni di informazioni inutili e spesso non arrivano alla comprensione essenziale». f.a.n. La foto, del 1970, ritrae Loris in uno dei luoghi a lui più cari, ovvero l’India, dove ha trascorso otto mesi alla ricerca del “suo” senso della vita teoria della relatività) e l’elettronica, che diventò, oltre che un’attitudine, anche applicazione pratica: fu di lì che nacque la mia futura e principale attività professionale. Ma torniamo all’India, mèta scelta dopo la delusione cocente avuta al Politecnico (staticità, nulla di nuovo, e per giunta eravamo nel ’68, l’anno di cambiamenti: mi pesava il conformismo e l’obbligo familiare e sociale, scandito da tappe e mete prestabilite da altri). Decisi di esplorare un mondo diverso dalla “patria”, per andare alla ricerca del mio senso della vita. In India continuai con lo studio e progetti di robot, ma lo facevo con la massima tranquillità, libero all’aria aperta su una spiaggia dorata, e avevo messo da parte la professione scientifica. Quando mi stabilii a Bra, non pensavo affatto di riprendere quell’attività, ma ebbi proposte intriganti, che colsi, ma senza arrivare mai a un impegno continuo (lavoravo per sei-otto mesi e facevo “vacanza” per un anno: le mie due anime, scienziato e hippy, si alternavano)». Stiracchiandomi un poco, dopo un racconto che pare una fiaba, gli ho domandato: mi racconti un episodio buffo della tua vita? E poi: qual è un tuo desiderio ancora da realizzare? «Un episodio buffo davvero accaduto? Quando ricevetti una telefonata da una ditta molto nota di elettronica, che mi offriva un impiego immediato, dopo avere letto dei miei articoli, senonché dissi loro che avevo solo 16 anni! Restarono allibiti. E un altro ancora: da grandicello ripresi la vecchia passione per i razzi e il volo, svolazzando sopra i tetti di Bra con uno dei primi deltaplani a motore. Si ricorderanno bene gli amici di quando, tentando uno sfortunato atterraggio, mi sono accartocciato di fronte ai loro occhi... Quanto al mio desiderio fondamentale, valido da quando sono piccolo, è “capire” il mondo e domare la sua enorme complessità, proprio come faceva Democrito 2.500 anni fa». Insomma Loris, tra America e India, è riuscito perfettamente nel suo intreccio “AmerIndia”. Lo osservo: quando parla di elettronica, spazio e scienze, assume un aspetto rigoroso e un po’ mi imbarazza, ma appena parla di vita di tutti i giorni, gioie e dolori, il suo viso si trasforma, i suoi lineamenti si fanno più dolci, gli occhi sorridono, la bocca si schiude, ed escono parole lievi, e diviene un guru indiano che... è sempre dalla tua parte. Fiorella Avalle Nemolis La carta d’identità L oris Crudeli è nato il 26 dicembre1946 a Carrara da mamma Gioietta e papà Bruno. Ha imparato a leggere e a scrivere molto presto. All’età di 4 anni la mamma, insegnante elementare, lo portava con sé nelle trasferte in scuole pluriclasse sperdute di montagna, dove in un un’unica stanza riscaldata da una stufa che lui stesso accendeva e accudiva, si svolgevano lezioni per quindici allievi, dalla prima alla quinta. L’apprendimento precoce si svolgeva in luoghi immersi nella natura, accanto alla mamma, che lui stesso definisce “mentore” per l’iniziazione alla lettura, e così crescevano in lui un fervore e una curiosità autonoma verso l’interpretazione poetica e scientifica del mondo. Continuava la sua esigenza di conoscere, e tra libri, musica e natura, visse sempre in campagna. Terminato il Liceo scientifico, si trasferì da Carrara a Torino, per frequentare il Politecnico. Ma dopo un anno, con una sua compagna di studi, delusi dalla staticità del mondo universitario, presi dal desiderio di conoscere il mondo, approdarono in India, fermandosi per otto mesi. Fu una tappa decisiva, poiché dette un’impronta fondamentale alla sua esistenza. Tornato in Italia, si trasferì a Bra nel 1971, dove vive tuttora con Angioletta, insegnante di musica. Abita in un rustico nell’America dei Boschi, immerso nella natura, nei libri, nella musica e nei computer, pervaso dalla sua instancabile e inesauribile ricerca filosofica, con uno stile di vita molto particolare (e non molto comune agli occhi della gente). In questo improbabile duplicato della Silicon valley sono nati tanti e tanti progetti: i primi personal computer (1974!), software scientifico, sistemi operativi e linguaggi, chip di sintesi musicale... In India, la casa di Loris è stata... la sua Diane, attrezzata per viverci con lo stretto necessario e con la massima flessibilità negli spostamenti Sopra: una tappa del percorso di Loris, all’università di Teheran, in compagnia di due suoi amici mentre si confrontano sulle rispettive idee. Sotto: Loris in uno suo riuscito atterraggio con il deltaplano, al termine di un inebriante giro sopra i tetti delle case dell’America dei Boschi