medicina

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medicina
X
IL BHUTAN: ANTICHI TEMPLI
NELLA
NEBBIA,
SACRE
VETTE
UNO
DUEMILAOTTO
COLORATE DALLE BANDIERE E
FORESTE INCONTAMINATE ..…. 2
X
BHAISAJYAGURU: IL MAESTRO
DELLA
MEDICINA
LAPISLAZZULI,
DALLA
LA
LUCE
MEDICINA
DELL’ANIMA …………...…..….
X
LA
MEDICINA
8
TRADIZIONALE
TIBETANA: UNA BUONA AZIONE
OGNI
GIORNO
FELICI
………………..…..… 14
RENDE
SANI
E
yemayà
focus
La medicina
della terra
del drago tonante
Medicina
dell’equilibrio
Intervista a Lobsang
Lungrik studioso di
filosofia buddhista e
del Tantra.
La sua formazione
spazia dai trattati di
medicina tibetana
tradizionale, al
riconoscimento dei
principi attivi delle
erbe curative fino alla
preparazione dei
farmaci.
Quali sono i principi
fondamentali della
medicina tibetana?
Simile a quella
Ayurvedica, la medicina
tibetana affida la parte
diagnostica
all'osservazione empatica
del paziente mentre per
la parte terapeutica è
legata ad una sapere
“antico”.
La malattia è causata da
un disequilibrio tra i 5
elementi: acqua, fuoco,
terra, vento e spazio, che
sono poi il frutto di tre
stati mentali malsani:
attaccamento, odio e
ignoranza.
Cosa si intende per
disequilibrio?
Bisogna partire dagli
elementi presenti
nell'uomo in parti
diseguali, troppo o troppo
poco. Il compito dei
medici è di riportare
l'equilibrio nel corpo
somministrando quello
che manca o al contrario,
togliere o diminuire
l'eccesso.
Non dimentichiamo che
la malattia cambia da
persona a persona, ed è
per questo che non si
può sostenere un' unica
cura valida, adatta ad un
sintomo preciso.
Ogni caso è un caso a sé
e come tale va
considerato.
La medicina
tradizionale
del Bhutan
Druk Tsendhen: la terra
del drago tonante
Il Bhutan è un piccolo paese grande come
la Svizzera in cui vivono poco più di
1.200.000 persone di stirpe himalayana.
È rimasto isolato dal resto del mondo fino
a pochi anni fa; oggi soltanto 8.000 turisti
all'anno visitano questo regno.
Il Bhutan condivide molti aspetti culturali
con il Tibet, tra questi la religione
buddhista, più esattamente la scuola
Kagyu (con uno spiccato accento tantrico)
e la medicina tradizionale tibetana
che ancor oggi, malgrado l’introduzione
nei primi anni ’70 della medicina
occidentale, rimane un punto fermo della
politica sanitaria.
A Thimphu, la capitale, c’è l’Istituto di
Medicina Tradizionale che fornisce servizi
medici e svolge attività di ricerca sulle
piante medicinali del Bhutan per
identificarne gli ingredienti secondo le
antiche tradizioni e contribuire allo
sviluppo di nuovi prodotti per la salute.
L'Istituto dispone di una biblioteca ricca di
volumi contenenti ricette risalenti
all’introduzione del buddhismo tibetano,
nel 1616, scritti e conservati nei
monasteri, dove sia in passato che
attualmente la maggior parte dei medici è
stata istruita dai monaci.
L’istituto medico è strutturato come il
Mentseekhang di Lhasa e alla sua
succursale di Dharamsala (India) dove è
rifugiato il capo spirituale del paese
tibetano, il Dalai Lama, e il governo in
esilio.
Come per la medicina tibetana i principali
metodi di diagnosi sono l’esame del polso
e del battito cardiaco, con un interesse
alle indicazioni fornite da ogni singolo dito
2
della mano, l'osservazione della lingua e
quella dell'urina. La palpazione del polso
e della mano è una tecnica attraverso la
quale vengono esaminate le funzioni
degli organi interni in rapporto con il
respiro del malato.
Terapeuticamente, i bhutanesi possono
contare su combinazioni a base di erbe,
agopuntura (con l'uso di aghi d'oro),
moxibustione e di piccoli interventi
chirurgici eseguiti nel contesto del rituale
buddista.
L’ospedale di medicina “occidentale” si
occupa principalmente del trattamento di
malattie acute e gravi.
L’erboristeria del Bhutan è simile a quella
del Tibet, originariamente basata quasi
esclusivamente su tisane e decotti ma
oggi, con l'introduzione di moderne
attrezzature, le miscele di erbe sono
prodotte in pillole.
Le formule utilizzate differiscono solo in
minima parte rispetto a quelle tibetane
per l’utilizzo di erbe locali meno diffuse
negli altri paesi himalayani (Tibet, Nepal,
Sikkim), i dati dell’OMS identificano in
circa 600 le piante utilizzate (si arriva ad
oltre 3000 con le varietà delle stesse
famiglie).
Il Bhutan “il regno del Drago” è anche
detto Men Jong, la Terra delle piante
medicinali, così chiamata per la fertilità
delle sue valli, la lussureggiante flora e le
immense foreste.
Acciambellato sopra la pianura indiana, il
paese si modella poco a poco, tappa dopo
tappa, collina dopo collina, dalla giungla
agli altipiani, dai 200 metri sopra il livello
del mare all’immensa solitudine delle
cime innevate oltre i 7500 metri.
Queste differenze di altitudine che
rivelano sia la vegetazione tropicale sia i
grandi ghiacciai ha reso possibile alle
È fondata solo sul
principio di equilibrio e
disequilibrio?
Assolutamente no, le
attività cerimoniali,
spirituali e religiose sono
parte integrante della
terapia. Io accetto di
curare solo individui
disposti a seguire i 4
pilastri dell'esistenza:
comportamento,
alimentazione, medicina e
taglio (nel senso di
intervento medico come nel
caso dei salassi).
Medicina e buddismo sono
correlati, la preghiera
giornaliera e la meditazione
sono essenziali per
l'efficacia della cura. La
nostra è una medicina a cui
tutti possono accedere
senza alcuna differenza.
Siamo convinti che la
sofferenza umana sia
profondamente mentale
prima ancora che fisica e
come tale deve essere
considerata e curata: la
pratica buddhista (nel
senso dei 4 pilastri) è la via
da seguire per raggiungere
la guarigione spirituale e
quindi anche fisica.
piante native in climi estremamente
diversi di ambientarsi e crescere nello
stesso paese.
Nel sud verdeggiano foreste tropicali e
subtropicali e il clima temperato
favorisce la nascita delle piante collinari
che fioriscono nelle valli e sulle
montagne ad altitudini superiori rispetto
a quelle europee.
Il sistema medico bhutanese si basa su
un concetto di medicina che va ben oltre
quello occidentale: esso fa parte di una
“miscela” tra cultura e tradizione in cui il
buddhismo è l’influenza prevalente.
La salute e la spiritualità sono
inseparabili e insieme rivelano la vera
origine di qualsiasi malattia.
L'arte della guarigione è dunque una
dimensione del sacro.
La bandiera e il drago
La bandiera è divisa in due triangoli
rettangoli; quello giallo rappresenta la
monarchia secolare, quello arancio
rappresenta la religione buddhista.
Sulla bandiera campeggia un Drago
(chiamato Druk o Drago del Tuono) e
rappresenta il Bhutan, che nei dialetti
tibetani è conosciuto come la Terra del
Drago tonante.
Simbolicamente diverso dal drago della
cultura mitologica europea, che ha
caratteristiche demoniache e che solo
nelle fiabe ritrova la sua positività, il
drago del mondo himalayano è una
creatura di grande potere creativo.
Ha la capacità di cambiare dimensione a
aspetto a sua volontà, coprendo
interamente i cieli in talune occasioni e
rendendosi completamente invisibile in
altre.
Durante l'equinozio estivo ascende in
cielo, dove riposa fino all'equinozio
d’autunno, momento nel quale
discende in uno stagno profondo
vivendo nel fango per tutto l'inverno.
È simbolo del cielo e del potere
dell'estate.
Nella bandiera il drago stringe tra gli
artigli dei gioielli che rappresentano
il benessere.
3
Come vengono
somministrati gli
elementi riequilibratori?
Erbe, radici, fiori, foglie e
frutti sono preparati in
pillole, polveri, tisane o
pomate secondo il principio
dei 6 gusti e delle 8
energie. I 6 gusti sono:
dolce, amaro, aspro,
piccante, salato e neutro e
le 8 energie sono i 4
elementi in eccesso e in
diminuzione. Le
conoscenze necessarie per
la raccolta e la
preparazione sono
vastissime: una particolare
caratteristica non
appartiene ad una specifica
pianta, ma al contrario la
posizione, l'altitudine in cui
vengono raccolte o
l'esposizione stessa al sole
o meno rendono addirittura
opposte le proprietà di una
stessa pianta.
www.lifegate.it
Druk-Yul
འ ག་ ལ
Storicamente conosciuto
come Lho Mon (terra
meridionale delle tenebre),
Lho Tsendenjong (terra
meridionale del cipresso),
Lhomen Khazhi (terra
meridionale delle quattro
vie d’accesso) questo Stato
è il Bhutan.
Gli stessi bhutanesi
chiamano sé stessi Drukpa
e chiama la propria patria
Druk Yul, che significa
"terra del drago" oppure
Druk Tsendhen, "terra del
drago del tuono", dal
momento che la tradizione
vuole che il tuono sia il
ruggito dei draghi cinesi, la
creatura che decora la
bandiera nazionale.
Superficie: 47.000 kmq
Popolazione: 1.200.000
abitanti
Densità: 16 abitanti per
km²
Capitale: Thimphu
(60.200 abitanti)
Popoli: 50% bothia, 35%
nepalesi, 15% tribù
indigene o migranti
Lingua: dzongkha (lingua
ufficiale), tibetano,
nepalese (lhotsampa e
altre)
Religione: 75% buddhista,
25% induista
Festa nazionale: 17
dicembre
Il Bhutan della Lonely Planet
Il Bhutan è un luogo straordinario,
rimasto quasi completamente immune al
passare del tempo. Situato al centro
dell'imponente catena montuosa
dell'Himalaya, è vissuto per secoli in una
sorta di isolamento volontario, lontano dal
resto del mondo. Da quando le sue porte
sono state aperte, con diffidenza, nel
1974, i visitatori ne sono rimasti
ammaliati: l'ambiente è incontaminato, il
paesaggio e l'architettura sono maestosi,
la gente è ospitale e affascinante e la
cultura è unica nella sua purezza.
Con un piede nel passato e un altro nel
futuro, si avvia con fiducia verso la
modernizzazione, intesa dal suo punto di
vista, proteggendo fieramente la sua
antica cultura, le sue risorse naturali e il
suo stile di vita profondamente buddhista.
La Storia
I ritrovamenti archeologici indicano che il
Bhutan era molto probabilmente abitato
già nel 2000 a.C. Il buddhismo venne
introdotto nel II secolo, anche se per
tradizione la sua diffusione nel paese
viene fatta risalire alla prima visita del
Guru Rimpoche, nell'VIII secolo.
Il Guru Rimpoche è una figura molto
importante ed è considerato un secondo
Buddha: i suoi poteri miracolosi
comprendono la capacità di assoggettare i
demoni e gli spiriti maligni; inoltre, riuscì
a conservare i suoi insegnamenti e la sua
saggezza nascondendoli sotto forma di
terma (tesori nascosti) che vennero
ritrovati più tardi da alcuni esploratori
illuminati chiamati terton. Uno dei terton
più famosi fu Pema Lingpa: i testi e gli
oggetti da lui trovati, le danze religiose da
lui composte e le opere d'arte da lui
realizzate sono una parte vitale
dell'eredità vivente del Bhutan.
4
Prima del XVI secolo nelle valli
governavano clan e famiglie nobili,
sempre in discordia fra loro e con il Tibet.
La situazione cambiò nel 1616, con
l'arrivo di Ngawang Namgyal, un
monaco proveniente dalla scuola
buddhista Drukpa Kagyu in Tibet.
Egli insegnò in tutta la regione e presto
divenne il capo religioso con il titolo di
Shadbrung Rimpoche. Represse gli
attacchi dei lama rivali e delle forze
tibetane e unificò il paese. Il sistema
politico da lui introdotto durò fino
all'inizio del XX secolo.
La cultura
Il Bhutan sembra per molti versi oscillare
tra l'era contemporanea e il Medioevo:
i monaci trascrivono gli antichi testi
buddhisti su computer portatili, gli arcieri
vestiti in maniera tradizionale utilizzano
archi e frecce in acciaio e il mercato delle
videocassette a noleggio è attivo anche
se non c'è la televisione.
Il Bhutan è “un museo vivente” perchè i
suoi dzong e i suoi templi antichi sono
ancora al centro della vita moderna.
Ultimo stato buddhista dell'Himalaya,
ogni aspetto della vita è guidato dall'etica
del buddhismo Drukpa Kagyu.
Tutta l'arte, la danza, il teatro e la
musica bhutanesi trovano le loro radici
profonde nel buddhismo: i dipinti non
vengono prodotti per i turisti, ma per
scopi religiosi; le feste non sono curiose
rivisitazioni di eventi passati, ma
manifestazioni vive di una fede
nazionale; e quasi tutta l'arte, la musica
e la danza rappresentano la lotta tra
bene e male. Queste tradizioni possono
essere viste in tutto il loro splendore
durante le spettacolari feste religiose che
durano diversi giorni: i tsenchu.
La prima nazione di
no-smoking
Il Bhutan ha proibito il
tabacco!
Nel Bhutan è illegale
fumare in pubblico o
vendere tabacco.
La multa per chi viola la
legge equivale a $232, più
di due mesi del salario
medio di un lavoratore.
Il paese del chilli
Il chilli è usato anche più
che in India, ma
differentemente da altri
paesi asiatici e del mondo,
il peperoncino non è usato
come una spezia per
aromatizzare gli alimenti
ma come un vegetale.
http://it.wrs.yahoo.com/_ylt=A1f4cfZoYvNHDL0AzZkbDQx./SIG=13or1p4vl/EXP=1207219176/**http%3A//it.search.yahoo.com/search
Il piatto nazionale è l’ema
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datshi (peperoncino rosso
e formaggio).
L’ambiente
Il Bhutan confina con il Tibet (Cina) a
nord e a nord-ovest e con l'India in
tutte le altre direzioni. Virtualmente,
tutto il territorio del paese è montuoso.
La vetta più alta è quella del Kuhla
Gangri (7554 m) al confine con il Tibet.
Si possono distinguere tre regioni
geografiche: le alte vette dell'Himalaya a
nord, le colline e le valli nel centro e le
pianure ai piedi delle colline a sud. I suoi
grandi fiumi hanno contribuito alla
creazione della sua geografia e il loro
enorme potenziale idrico ha contribuito
allo sviluppo dell'economia.
Grazie a secoli di isolamento, alla sua
popolazione ridotta e ai suoi estremi
topografici, l'ecosistema del Bhutan è
rimasto virtualmente intatto e può
vantare una vastissima varietà di habitat
naturali e una ricca gamma di specie
animali e vegetali. Secondo la legge
bhutanese, il 60% del territorio del regno
rimarrà destinato alla foresta. Ci sono 165
specie di mammiferi, tra cui molti animali
rari e in via di estinzione, come il langur
dorato (una scimmia), il leopardo delle
nevi e il panda rosso (nella foto).
I bhutanesi scelgono il governo
Comprende un gran
numero di piatti,
soprattutto riso rosso,
carne (maiale, manzo,
pollo e yak), pesce,
formaggio. La maggior
parte della gastronomia
tradizionale è piuttosto
piccante. Molto comuni
sono anche i puta
(spaghetti di grano
saraceno), gli hontay
(ravioli di grano saraceno
riempiti con formaggio e
spinaci), i momo (ravioli di
farina riempiti con carne o
formaggio e cavolo), il
dheysee (riso dolce con lo
zafferano), il suja (tè con
burro salato).
Kira e Gho
25 Marzo 2008
Il Bhutan non è più una monarchia
assoluta.
Per la prima volta gli abitanti del
regno himalayano hanno potuto
scegliere democraticamente il loro
governo.
Vincitore a larghissima maggioranza
è risultato Jigmi Thinley, leader del
Partito del Bhutan unito e già due
volte premier.
La cucina Bhutanese
Alla sua coalizione sono andati 44
dei 47 seggi della camera bassa.
Nello scorso dicembre si erano
tenute le consultazioni per la camera
alta.
Il voto è stato voluto dalla famiglia
reale, che punta a una pacifica
transizione verso la monarchia
costituzionale.
5
Tutti i cittadini bhutanesi
sono tenuti, sulla base del
codice per l'abbigliamento
nazionale (driglam
namzha) ad indossare, in
pubblico, i vestiti
tradizionali (kira è quello
delle donne e gho quello
degli uomini).
Il canone
tibetano
Il Canone tibetano è
l'opera che raccoglie i
sutra, i tantra e in
generale le scritture
buddhiste ritenute
importanti per la
tradizione del
Buddhismo Vajrayana.
Il canone fu composto
dal monaco Butön (Bu
ston) (1290 - 1364) ed è
diviso in due parti:
Kangyur (bKa'-'gyur) e
Tengyur (bsTan'gyur).
Nella prima sono raccolte
le opere espressione
diretta degli
insegnamenti dei Buddha
o dei Bodhisattva, nella
seconda i commenti e gli
scritti delle varie scuole e
lignaggi del Buddhismo
tibetano. Giacché Butön
aveva escluso dal canone
gli insegnamenti
Nyingmapa questi furono
raccolti da Ratna Lingpa
(Ratna gLing pa) (1403 1478) in un'opera
intitolata Nyngma
gyubdun (rNying ma
rgyud'bum).
Il Canone tibetano fu
dato alle stampe in
tibetano la prima volta a
Pechino nel 1411 e solo
nel 1742 in Tibet in 333
volumi. Lo sforzo cui
tendeva il canone fu
quello di accettare nel
Kangyur i testi di cui si
possedesse l'originale
sanscrito o pali, cassando
i testi di cui esisteva
oramai la sola traduzione
tibetana o cinese. Così
solo pochi sutra del
Buddhismo Theravada
trovarono posto nel
canone rispetto ai sutra
del Mahayana.
Il buddhismo tibetano
Le origini del popolo tibetano sono
piuttosto misteriose, si sa però che i
tibetani discendono da tribù nomadi
piuttosto bellicose, che solo intorno al VII
secolo cominciarono a costituire un'unità
politica con i re della valle di Yarlung e,
in particolar modo, il Tibet divenne una
potenza di una certa rilevanza con il re
Songtsen Gampo (618-649), che portò
il suo regno ad espandersi sia verso
l'India sia verso la Cina. Con
l'introduzione del Buddhismo nella casa
reale, comincia l'affermazione della
dottrina del Buddha in Tibet, a distanza di
1100 anni dalla sua predicazione,
avvenuta lungo il bacino del Gange in
India. È infatti durante il regno di
Songtsen Gampo che sorse Lhasa, che
significa "luogo degli dei", venne edificato
il Jokhang, uno dei più antichi templi
buddhisti, e furono tradotti i primi testi
sacri.
Nell'VIII secolo, salì al trono Trisong
Deutsen, seguace del Buddhismo, che
dovette affrontare la resistenza delle
popolazioni tibetane ad accettare il
Buddhismo, con a capo i nobili, che si
proclamarono difensori della religione
autoctona, il Bon.
Su consiglio del filosofo indiano
Santarakshita (Acarya Bodhisattva), il
re chiamò Padmasambhava, un grande
yogin dotato di enormi poteri che,
secondo la leggenda, sconfisse alcuni di
questi demoni, ma ne risparmiò molti altri
piegandoli a divenire difensori della nuova
religione. In seguito a questa vittoria,
venne edificato il monastero di Samye
6
(762-766), dove vennero istruiti i primi
monaci tibetani e dove cominciò la
traduzione in lingua tibetana dei testi del
canone buddhista. Infine, nel 779 il
Buddhismo fu dichiarato religione di
stato; per questo motivo
Padmasambhava è considerato il padre
del Buddhismo tibetano e viene chiamato
"Guru Rimpoche" (Maestro Prezioso).
Il Buddhismo, dai tempi della
predicazione originaria del Buddha
Sakyamuni, si era fortemente
differenziato, erano nate scuole e correnti
diverse, tra le quali le principali sono:
l'Hinayāna (il "Piccolo Veicolo" o scuola
meridionale), il Mahāyāna (il "Grande
Veicolo" o scuola settentrionale) basate
sui Sutra, e il Vajrayāna (Veicolo di
Diamante) basato sui Tantra. Fu
quest'ultima corrente a penetrare in Tibet
tramite Padmasambhava; tuttavia in
Tibet erano presenti anche esponenti
della scuola buddhista cinese "Chan" che
malgrado l’affermazione della “linea”
indiana riuscirono a tramandare alcuni
precetti.
Dopo il governo marcatamente filobuddhista del sovrano Ralpachen (815838), il nuovo re Langdarma scatenò
una violenta reazione anti-buddhista
durante la quale vennero chiusi i templi e
bruciati i testi tradotti, dei quali si
salvarono solo alcune copie. La situazione
precipitò quando un monaco uccise
Langdarma nell'842, determinando un
lungo periodo di guerre civili, ma anche
un periodo di grave crisi per il clero
buddhista.
Intorno al IX-X secolo nacque la scuola
Nyingma, detta "degli antichi" che si
basava sulle opere tradotte a Samye, e
su Padmasambhava, che con i suoi
discepoli nascose gli scritti in luoghi
segreti in attesa di una loro riscoperta in
tempi più propizi: questi testi vengono
detti "terma" e vi confluiscono elementi
buddhisti tantrici ed elementi bon. I
terma vennero in effetti riscoperti nei
secoli XII e XIV, e fu allora che gli
insegnamenti di questa scuola furono
codificati nella "Raccolta degli antichi
tantra". Uno dei terma principali è il
famoso "Bardo thodol", noto come
"Libro tibetano dei morti”.
Nell'XI secolo si verifica una rinascita del
Buddismo che si deve a un principe della
dinastia di Yarlung che divenuto monaco
sentì l'esigenza di restaurare il
Buddhismo monastico e invitò in Tibet
alcuni studiosi; uno di loro, Rinchen
Sangpo portò molti testi buddhisti. Il
sovrano volle conoscere anche il
maestro indiano Atisha (982-1054) con
il compito di tradurre i testi sacri ed
impartire insegnamenti, il più noto fu la
"Lampada per il sentiero
dell'Illuminazione", ancora oggi
considerato uno dei più importanti
insegnamenti del Buddhismo tibetano.
I tibetani considerarono Atisha come un
Buddha vivente, e accettano
di buon grado l'importanza data al
maestro (guru o lama), ed ancor oggi
sopravvive la definizione di "Lamaismo".
Proprio da Atisha e dai suoi discepoli
nacque la scuola Kadam che nel XIV
verrà riformata e verrà chiamata scuola
Gelug, ad opera di Lama Tzong
Khapa.
Nel X secolo nasce la scuola Kagyu che
comprende due filoni: il primo è noto
come "Shangpa" e venne inaugurato da
Kyungpo Naldjor dopo aver studiato a
lungo in India e in Nepal ed enfatizza
molto la trasmissione orale e lo yoga; il
secondo è "Dagpo" che si rifà ad una
lunga tradizione che va da Naropa, a
Marpa e Milarepa, che fu maestro di
Dagpo stesso, conosciuto come
Gampopa (XI-XII secolo). La scuola
Sakya prende il nome dal monastero di
Sakya, fondato nel 1073 da Konchog
Gyalpo.
Grazie all'insegnamento di importanti
lama questa scuola raggiunse, nel XIII
secolo, un grande potere religioso e
politico in Tibet, quando dopo l'invasione
mongola, il Buddhismo della scuola Sakya
divenne la religione di stato dell'impero
mongolo, salvando così il Paese delle Nevi
da ulteriori invasioni.
Nel XIV secolo Lama Tzong Khapa
riformò radicalmente la scuola Kadam
trasformandola nella nuova scuola Gelug
(i Virtuosi) accentuando l'importanza della
disciplina monastica, e degli studi filosofici
e psicologici. Questa scuola conobbe una
larga diffusione e divenne la più potente
delle scuole: ad essa appartengono anche
il Dalai Lama (che però può prendere
insegnamenti da maestri di tutte le
scuole), e il Panchen Lama, ossia la
seconda autorità spirituale del Tibet
(attualmente è un bambino prigioniero
nelle mani dei cinesi). Il principale
insegnamento è il "Lam-rim" (il sentiero
graduale verso l'Illuminazione), una
combinazione di sutra e di tantra che
conduce gradualmente dalle conoscenze
di base fino alla completa realizzazione.
Panchen Lama
Nome: Gedhun Choekyi Nyima
Nato il 25 aprile 1989 a Lhari, Tibet
Il Panchen Lama aveva sei anni quando,
nel 1995, il governo Cinese lo ha rapito
assieme ai suoi genitori. All’epoca,
Amnesty International lo definì “il più
giovane prigioniero politico del mondo”.
Panchen Lama è il titolo che i tibetani
conferiscono alla seconda più importante
personalità del Tibet. "Panchen" significa
"Grande Studioso", i tibetani ritengono
che il Panchen Lama sia il protettore di
tutti gli esseri senzienti del mondo.
Per tradizione, dopo la morte del
Panchen Lama, il Dalai Lama ne
riconosce la reincarnazione e, viceversa,
il Panchen Lama riconosce la
reincarnazione del Dalai Lama.
Crescendo un Panchen Lama “di
regime”, le autorità cinesi ritengono che
alla morte dell’attuale Dalai Lama il falso
Panchen Lama riconosciuto da Pechino
sceglierà come massima autorità del
Tibet, una figura “fantoccio” gradita al
Partito.
www.italiatibet.org
7
Il Vinaya stesso, il codice
di regole monastiche, è
quello sanscrito dei
Mulasarvastivadin.
Dato che ormai l'India era
sotto il controllo islamico e
tutte le università
buddhiste e monasteri
erano stati distrutti il
canone tibetano
rappresenta l'estremo
tentativo di salvare la
tradizione indiana del
Buddhismo.
La struttura del Canone
tibetano
Kangyur:
- Vinaya
- Prajñaparamita
- Avatamsaka
- Ratnakuta
- Sutra
- Tantra
Tengyur:
- Lodi
- Commentari ai sutra
- Commentari alla
Prajñaparamita
- Logica Madhyamika
- Trattati Yogacara
- Abhidharma
- Commenti al Vinaya
Racconti
- Manuali tecnici (medicina,
chimica, grammatica ecc.)
Buddha della
medicina
Descrizione per Prof.
Dott. Lokesh Chandra
La figura centrale è
Bhaishajyaguru, il
medico delle passioni
umane, il guaritore
infallibile dei malati,
l’ideale del samsara.
È del colore del
lapislazzuli, blu come il
buio e conosciuto anche
come Akshobhya’s.
Bhaishajyaguru tiene
nella mano sinistra una
ciotola con la pianta di
mirabolano (susino) che
rappresenta proprio la
medicina.
La ciotola ha dodici facce
che simboleggiando le
sue dodici soluzioni per
aiutare gli esseri umani.
La sua espressione è
calma e serena.
È affiancato in alto da
due fratelli Bodhisattvas:
Suryaprabha, la luce del
sole, e Chandraprabha,
la luce della luna.
Il dodici yaksha (spiriti
demoniaci) proteggono
l’umanità con la grazia
divina di Bhaishajyaguru,
ognuno nei dodici mesi e
nelle dodici parti del
giorno, mentre
Suryaprabha e
Chandraprabha
governano sul giorno e
sulla sera.
In alcuni disegni sono
rappresentati anche i 4
guardiani del mondo e
protettori dei punti
cardinali (maharajika) e i
dieci custodi delle
direzioni (dikpala):
Brahma su un'oca,
Indra su un elefante,
Agni su una capra,
Yama su un bufalo
indiano, Nairrita su un
cadavere, Varuna su un
mostro di mare, Vayu su
un cervo, Kubera su un
cavallo, Ishana su un
toro, Prithivi su un
maiale.
Bhaisajyaguru
Il Buddha della
Medicina e la Medicina
di Buddha
Bhaisajyaguru (dal sanscrito "Maestro
della Medicina"; in cinese Yàoshī Fó
(藥師佛); giapponese Yakushi Nyorai
(薬師如来); coreano Yaksa Yeorae
(약사여래); tibetano Sman-bla) o più
formalmente Bhaisajyaguruvaidūryaprabha ("Maestro della
Medicina dalla Luce Lapislazzuli"), in
giapponese Yakushirurikō Nyorai
(薬師瑠璃光如来), noto anche come
Buddha della Medicina o Maestro
delle Cure, è il Buddha che rappresenta
la medicina, o nel Buddismo Mahāyāna
l'aspetto curativo del Buddha storico
Shakyamuni.
In Tibet e in Bhutan la religione e la
cultura buddistica ancora sopravvivono.
Tutto il Dharma è basato sulla pratica
genuina che libera dal ciclo perverso della
sofferenza: la malattia, una volta
considerato che la sofferenza esiste,
diventa “alleata” e gli individui possono
guardare più profondamente in sé stessi
scoprendone la causa; e quando è
8
evidente che la causa è dipendente da
certe condizioni, si può cominciare a
rimuovere l’assunto.
Buddha ha insegnato molte soluzioni che
i popoli himalayani hanno preservato e
migliorato durante i secoli.
Ci sono molti metodi per “svegliare”
l’energia, per “rimuovere” lo squilibrio e
per “promuovere” la guarigione: praticare
la meditazione, usare i cilindri di
preghiera, accendere l’incenso, attaccare
le bandiere di preghiera sono più vicini
alle tradizioni popolari mentre
l’agopuntura, la moxibustione e
l’erboristeria necessitano di approfondite
conoscenze ma sono altrettanto utili per
la cura della malattia.
) il
Shakyamuni (
fondatore storico del buddismo (500
a.C.) raccolse in quattro libri gli
insegnamenti di base della medicina,
caratterizzati dal concetto che la malattia
è essenzialmente radicata in cause
psicosomatiche riconducibili ad una forma
di “confusione spirituale”.
Sua Santità il Dalai Lama insegna che
sebbene non sia identificabile un punto
d’inizio della malattia è però possibile
ricondurre il tutto ai tre veleni principali.
Prayer flags
Questi veleni sono le radici della
malattia, le emozioni contraddittorie:
l’avidità, l'odio e l’ignoranza.
Il Dalai Lama insegna che una volta
“ripulite” le nostre credenze sbagliate sia
poi possibile raggiungere uno stato di
benessere luminoso, finalmente liberi dai
condizionamenti, e che questo stato di
benessere possa restare tale in eterno.
Gli antichi insegnamenti ci raccontano
che soltanto praticando la medicina di
Buddha, o soltanto vedendo
un'immagine di Bhaishajyaguru, o
sentendo pronunciare il suo nome si
possono ottenere benefici
inimmaginabili.
Meditare sul Buddha della Medicina, il
Supremo Curatore (o Sangye Menla in
tibetano) è non solo un metodo molto
potente per curare e aumentare le
capacità curative proprie e altrui, ma
anche per superare le malattie interiori
dell'affezione, dell'astio e dell'ignoranza.
È quindi molto venerato per alleviare le
malattie e le sofferenze fisiche e mentali.
Nel Buddhismo tibetano il potere del
Buddha della Medicina è la benedizione
più potente per curare e per risvegliare
l'innata saggezza curativa che è presente
in ogni individuo.
È uso recitare un mantra; il più
conosciuto è “Om Mani Padme Hum”, che
invoca la potenza spirituale e benedizioni
di Chenrezig, l'incarnazione della
compassione, la natura risvegliata della
mente di ogni essere, l'amore e la
compassione primordiali.
“Chenrezig è all'interno di noi perché
amore e compassione non siano solo
qualità della mente ma essenza della
nostra vera natura”.
Un modello di guarigione olistico
"Se si medita sulla medicina di Buddha,
oltre a raggiungere un maggior grado
di cultura e diffonderne i concetti e
l’essenza stessa, si sperimenterà un
aumento delle energie curative e una
diminuzione delle cause fisiche e
mentali della malattia riducendo la
sofferenza."
“La vera natura della medicina di
Buddha è la natura stessa di
Buddha, l’essenza per raggiungere il
risveglio. La verità del risveglio
presuppone la consapevolezza del
corpo e della mente, ed è quindi in
sintonia con gli insegnamenti
buddhisti."
Lama Tashi Namgyal
Thrangu Rinpoche
9
Le bandierine di preghiera,
Lung-ta, contengono
preghiere di buon auspicio
e mantra.
Vengono piantate fuori
delle case, affinchè le
vibrazioni benefiche del
vento assicurino felicità,
lunga vita e prosperità.
L'approccio spirituale
buddistico, probabilmente
di origine sciamanica, e
caratterizzato dagli
elementi di iconografia
tantrica, rappresenta gli
aspetti quotidiani:
compassione, correttezza,
coraggio, rispetto, pace,
sapienza, ecc. in una
visione armonica
dell’esistenza.
Tradizionalmente sono
utilizzati i colori che
rappresentano i cinque
elementi buddisti:
il giallo identifica la terra,
il verde rappresenta
l’acqua, il rosso
simboleggia il fuoco, il
bianco è il vento/aria e il
blu è il cielo/spazio.
Tenzin Gyatso
Tenzin Gyatso
(Taktser, 6 luglio 1935)
è il 14° Dalai Lama,
premio Nobel per la
pace nel 1989 ed
esponente della
dottrina della nonviolenza.
Vive dal 1959 in esilio
in India, a Dharamsala
con un seguito di
120.000 tibetani con i
quali a formato il
geoverno in esilio.
È molto bene recitare il
mantra Om mani padme
hum, ma mentre lo si fa,
si dovrebbe pensare al
suo significato, perché il
valore di queste sei sillabe
è grande e vasto...
La prima sillaba Om [...]
simbolizza il corpo, la
parola, e la mente impure
del praticante; e
simbolizza anche il corpo,
la parola, e la mente
pura di un Buddha [...]
Il cammino è indicato
dalle seguenti quattro
sillabe. Ma-ni, significa
gioiello, ovvero
l’intenzione altruista di
diventare illuminati ed
essere avvolti da
compassione ed amore.
Le due sillabe, pad-me,
rappresentano il fiore di
loto a simbolizzare la
saggezza.
La purezza deve essere
raggiunta attraverso una
indivisibile unità di
metodo e saggezza,
simbolizzate dalla ultima
sillaba hum, che indica
l’indivisibilità [...].
Quindi le sei sillabe, om
ma-ni pad-me hum,
significano che
dipendendo dalla pratica
di un “percorso” che sia
l'unione indivisibile di
metodo e saggezza, si
può trasformare un corpo,
una parola, ed una mente
impure nel corpo, parola,
e mente nobili di un
Buddha".
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Om Mani Padme Hum
Questo mantra è sicuramente il più usato
e diffuso anche perché cantarlo non
richiede l’iniziazione da parte di un Lama.
Le sue origini sono Indiane e nel
passaggio in Tibet è cambiata la
pronuncia perché i suoni del sanscrito
erano troppo difficili da pronunciare.
Sanscrito: Om Mani Padme Hum
mantra di Avalokiteshvara
Tibetano: Om Mani Peme Hung
mantra di Chenrezig
Il suono della verità
Il mantra Om Mani Padme Hum non è
facilmente traducibile e riconducibile ad
un’unica frase e un unico concetto
filosofico-religioso.
Il Dharma è basato sulla scoperta di
Buddha e Buddha ha tramandato molti
metodi diversi per rimuovere le cause
della sofferenza, non esiste un solo
metodo perché la guarigione è
condizionata da fattori differenti, ma alla
radice di ogni metodo c’è la pratica della
compassione.
Il buddismo Mahāyāna, o grande veicolo,
attraverso il percorso verso la completa
liberazione dalle varie illusioni e
concezioni errate riguardo alla esistenza
fenomenica richiama alla continua
compassione perché praticandola tutti gli
esseri umani ne possono trarre grandi
vantaggi. È come una grande nave che
riporti tutti gli uomini all'universo
attraverso l’oceano della sofferenza.
All'interno del Mahāyāna il Buddha ha
10
rivelato la possibilità di trarre beneficio
attraverso lo stato del “risveglio” che si
può realizzare collegando i propri pensieri
a quelli di Buddha.
Nella maggior parte delle tradizioni
religiose si pregano le divinità nella
speranza di ricevere la loro benedizione,
nella tradizione buddhistica la
benedizione, la potenza e le qualità
dell'essere illuminato non provengono da
una fonte esterna ma sono innate ed è
compito di ognuno risvegliarle.
Nella pratiche di visualizzazione possiamo
immaginare di essere noi stessi Buddha,
preferibilmente il Buddha della
compassione, Chenrezig.
Nella visualizzazione ci connettiamo con il
corpo, la voce e la mente del Buddha:
per la postura ed i gesti ci colleghiamo al
Suo corpo, per recitare a memoria le
parole della liturgia e per ripetere i
mantra ci connettiamo con la Sua voce e
per immaginare i pensieri e i concetti del
Buddha ci connettiamo con la Sua mente.
Nel Vajrayāna (buddhismo tantrico) si
recitano e si medita sui mantra che
rappresentano una sorta di unione di
suono e vuoto; essi non hanno nessuna
realtà intrinseca, ma sono semplicemente
la manifestazione del suono puro
sperimentato simultaneamente con il suo
contrario, il vuoto.
Attraverso i mantra ci si stacca dalla
realtà contingente del discorso-suono per
sperimentare l’altro aspetto, maya,
l’illusione, il silenzio-vuoto in quell’eterno
percorso verso la trasformazione nella
consapevolezza illuminata.
Cilindri da preghiere
I più comuni hanno un
cilindro di metallo avvitato
intorno all’impugnatura di
metallo o di legno. Il
cilindro e il rotolo inciso
con il mantra in esso
contenuto, vanno fatti
ruotare su loro stessi con
un movimento del polso.
"Il mantra Om Mani Padme Hum è
facile e potente perché contiene
l'essenza di tutti gli insegnamenti.
Quando si canta la prima sillaba Om la
benedizione prende forma, si
perfeziona la pratica della generosità,
Ma perfeziona i concetti dell’etica e
della compassione; ni aiuta a
perfezionare la pratica della tolleranza
e della pazienza; Pad, la quarta
sillaba, aiuta nel camino della
perseveranza, me permette di
realizzare la concentrazione e Hum
conduce verso la perfezione della
sapienza”
(Guru Rimpoche)
Così il mantra aiuta a realizzare la
perfezione nelle sei pratiche, dalla
generosità alla sapienza.
Il cammino delle sei perfezioni è quello
fatto tre volte da tutti i Bhudda.
Le sei sillabe purificano i sei reami
dell’esistenza nelle sue sfaccettature
del Samsara.
Purificazione
Samsara
Om
beatitudine / orgoglio
dèi
Ma
gelosia/concupiscenza
dèi gelosi
Ni
passione / desiderio
creature umane
Pad
stupidità / pregiudizio
animali
Me
avarizia / possessività
fantasmi
aggressività / odio
demoni
Hum
Nei paesi asiatici le immagini dei mantra
sono spesso intagliate sulle pietre o
dipinte sulle pareti. Quando il mantra è
dipinto a colori essi sono
tradizionalmente:
Om = bianco,
Ma = verde,
Ni = giallo,
Pad = celeste,
Me = rosso,
Hum = nero o blu scuro.
Il Buddha della medicina nel tempio di Toji
Kyoto: Toji Temple,
sede centrale del buddismo
Shingon
Yakushiruriko Nyorai con
Suryaprabha, il sole raggiante, e
Candraprabha, il chiaro di luna
(i due fratelli Bodhisattvas),
circondato dai 12 yaksha.
Legno intagliato e lamina laccata,
periodo Momoyama, 1603.
11
I modelli più grandi sono
utilizzati all’esterno, per
invocare le benedizioni
spirituali. Anche in questi i
rotoli con i mantra sono
posti all’interno (quelli alti
anche due metri
contengono innumerevoli
copie dei mantra o
centinaia di volumi sacri)
mentre l’esterno è
decorato e intagliato con
le sillabe del mantra di
Chenrezig. La tradizione
fa risalire le ruote al 400
a.C., descritte da un
pellegrino cinese
proveniente dal Laddakh.
Spesso il movimento
rotatorio viene alimentato
dall’acqua che scorrendo
dai ruscelli di montagna
viene incanalata in
particolari circuiti interni
in grado di far girare le
ruote. Le ruote devono
girare in senso orario
perché le sillabe del
mantra vanno visualizzate
nel loro ordine corretto.
La Medicina
Tibetana
Considerazioni di Sua
Santità il Dalai Lama
Un fattore comune a tutti gli
esseri umani è che essi
desiderano realizzare la loro
felicità evitando di soffrire. Il
desiderio del benessere
fisico e mentale completo è
l’espressione principale di
questo livello di felicità.
Quando ci ammaliamo
prendiamo alcune misure in
grado di aiutarci a
recuperare lo stato di
equilibrio. Quando siamo
ammalati ci sentiamo come
menomati, che le nostre
capacità vengono meno e di
conseguenza la salute non
argomento di interesse
personale, ma una
preoccupazione universale
che dovremmo condividere
tutti con maggiore
responsabilità.
Credo che il sistema medico
tibetano possa contribuire
per mantenere la mente
sana e il corpo sano. Come il
sistema indiano e cinese, la
medicina tibetana considera
la salute come uno stato di
equilibrio, raggiungibile con
dieta, stile di vita, condizioni
stagionali e mentali che se
“disturbate” creano disordine
nell’equilibrio naturale.
Nel diagnosticare questi
disordini il medico tibetano
utilizza innanzitutto i propri
sensi ed esamina i polsi dei
pazienti, l'urina e il suo
aspetto generale.
Riesce a stimare l'equilibrio
generale dell'individuo
valutando tutto l’insieme.
Il Mandala:
le forze
cosmiche si
manifestano
Mandala è una parola che in sanscrito
significa cerchio o ciclo.
È associata alla cultura veda ed in
particolar modo alla raccolta di inni o libri
chiamata Rig Veda che è uno dei testi
sacri più antichi della storia dell'umanità.
Il termine Mandala è usato anche per
indicare un disegno composto
dall'associazione di diverse figure
geometriche, le più usate delle quali sono
il punto, il triangolo, il cerchio ed il
quadrato. Queste figure rappresentano
spesso solo una base su cui vengono poi
aggiunti altri oggetti.
Il Mandala rappresenta secondo i
buddhisti il processo secondo cui il cosmo
si è formato dal suo centro; attraverso un
articolato simbolismo consente una sorta
di viaggio iniziatico che permette di
crescere interiormente.
I buddhisti riconoscono, però, che i veri
Mandala possono essere solamente
mentali, le immagini fisiche servono per
costruire il vero Mandala che si forma
nella mente della gente e vengono
consacrate solo per il periodo durante il
quale è utilizzato per il servizio religioso.
Al termine del lavoro, dopo un certo
periodo di tempo, il mandala viene
semplicemente "distrutto", spazzando via
la sabbia di cui è composto. Questo gesto
vuole ricordare la caducità delle cose e la
rinascita, essendo la forza distruttrice,
anche una forza che dà la vita.
Il termine Mandala (lett. cerchio) si
ritrova in varie culture, tra cui quella
buddhista, mentre il corrispettivo induista
è lo Yantra (lett. strumento).
Lo Yantra è simile al Mandala, tuttavia le
due tecniche si differenziano per la
complessità: lo Yantra è molto più
schematico, limitandosi ad usare figure
12
geometriche e lettere in sanscrito,
mentre nel Mandala sono rappresentati
anche - in maniera talvolta
particolareggiata - luoghi, figure ed
oggetti.
Non vi è al mondo un altro disegno
simbolico così universale come il
mandala; esiste da sempre, compare in
tempi diversi e in ogni cultura visto che il
più antico mandala sin qui conosciuto è
una "ruota solare" paleolitica scoperta
nell’Africa del sud.
Ma mirabili esempi di mandala cristiani si
trovano già nel primo Medioevo,
mostrando perlopiù Cristo nel centro ed i
quattro evangelisti o i loro simboli ai
quattro punti cardinali.
Inoltre possiamo osservare figure
mandaliche nei rosoni delle nostre chiese,
nei labirinti, nelle forme di certi templi,
come pure nei siti etruschi e romani.
Anche la natura attorno a noi spesso si
presenta sotto forme mandaliche: nella
frutta, nelle pietre, nei fiori, tra gli alberi,
su nel cielo.
Oltre ad essere disegnati i mandala
vengono anche "vissuti": in India esiste
la danza del mandala, tra gli indiani
Navaho la persona da curare viene
collocata al centro del cerchio disegnato
sul terreno mentre in occidente l’idea del
centro e del cerchio protettivo si ritrova
in numerose danze popolari oltre che nel
girotondo dei bambini.
I Mandala hanno una tradizione
antichissima e, nello scorso secolo, anche
un grande studioso della psicologia
occidentale ne ha fatto uno strumento di
studio delle personalità dell'uomo.
Si parla dello psicanalista svizzero
Carl Gustav Jung (26 luglio 1875
Kesswil - 6 giugno 1961 Küsnacht),
Che sull'argomento ha scritto quattro
saggi dopo averli studiati per oltre venti
anni. Secondo Jung, durante i periodi di
tensione psichica, figure mandaliche
possono apparire spontaneamente nei
sogni per portare o indicare la possibilità
di un ordine interiore.
Il simbolo del mandala, quindi, non è
solo un’affascinante forma espressiva
ma, agendo a ritroso, esercita anche
un’azione sull’autore del disegno perché
in questo simbolo si nasconde un effetto
magico molto antico: l’immagine ha lo
scopo di tracciare un magico solco
intorno al centro, un recinto sacro della
personalità più intima, un cerchio
protettivo che evita la "dispersione" e
tiene lontane le preoccupazioni
provocate dall’esterno.
Ma c’è di più: oltre ad operare al fine di
restaurare un ordinamento
precedentemente in vigore, un mandala
persegue anche la finalità creativa di dare
espressione e forma a qualche cosa che
tuttora non esiste, a qualcosa di nuovo e
di unico.
Come afferma Marie-Louise Von Franz
(allieva di Jung), il secondo aspetto è
ancora più importante del primo ma non
lo contraddice poiché, nella maggior parte
dei casi, ciò che vale a restaurare il
vecchio ordine, comporta
simultaneamente qualche nuovo
elemento creativo.
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Sowa Rigpa
L’arte della medicina tibetana
Sowa Rigpa è stata insegnata e
pratica in Asia centrale da più di
2500 anni.
Oggi questo metodo naturale di cura
è praticato in Tibet, Nepal, Bhutan e
in Mongolia e si sta estendendo negli
Stati Uniti d’America, in Canada e in
Europa.
Secondo i testi tibetani, il corpo
umano è basato sui cinque elementi
cosmici: terra (solidità), acqua
(fluidità), fuoco (calore), vento
(mobilità) e spazio (circolazione).
Questi cinque elementi devono
essere armonizzati ed equilibrati per
ottenere uno stato di salute ottimale.
Il trattamento spesso
consiste in consigli dietetici
e coinvolge il
comportamento e lo stile di
vita. Non mancano la
somministrazione di
principi erboristici e
l’indicazione delle terapia
da seguire.
Per medicine si intendono
tutti i rimedi naturali: erbe,
prodotti minerali e prodotti
organici che siano stati
preparati seguendo antiche
ricette.
Questi ingredienti hanno il
vantaggio di essere poco
costosi, facilmente
reperibili e manifestano
pochi effetti collaterali.
La medicina tibetana è
profondamente integrata
con la pratica del
buddhismo e fa propria la
teoria olistica di
indivisibilità tra mente e
corpo.
Fisico e salute richiedono una
circolazione equilibrata delle tre
energie di base: energia sottile o
vento (rlung), bile (mkhrispa) e
flemma o muco (badkan). Il vento è
legato ai disordini derivanti dallo
stress, la bile è legata ai disordini del
caldo come le infiammazioni e il
muco è legato ai disordini della
digestione.
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Il medico ideale deve
essere disposto ad
ascoltare il paziente e
ascoltare sé stesso,
migliorare la propria
sapienza medica attraverso
lo studio, ma soprattutto è
colui che mostra sempre
compassione.
Credo fortemente che il
nostro sistema medico sia
uno dei mezzi mediante i
quali i tibetani possano
contribuire alla salute
dell’umanità.
Sowa Rigpa in
Bhutan
Breve storia dei medici
e della medicina
bhutanese
Quando Shabdrung
Ngawang Namgyel
arrivò in Bhutan nel
1616, il suo ministro
della Religione, Drukey
Tenzing, che era anche
un apprezzato medico,
iniziò l'insegnamento e la
diffusione del Sowa
Rigpa.
Anche se ci sono stati
alcuni medici inviati in
Tibet prima di allora, solo
dal 1616 è iniziata la
tradizione del Sowa
Rigpa che si è sviluppato
solo in parte
indipendentemente dalle
sue origini tibetane, e
sebbene i testi di base
utilizzati siano gli stesse,
alcune piccole differenze
nella pratica la rendono
una tradizione anche
bhutanese.
L'ambiente naturale, con
la sua eccezionale e ricca
flora ha permesso lo
sviluppo di una
farmacopea che non ha
equivalente in nessuna
parte del mondo.
Esistono poche
conoscenze sui medici
che hanno contribuito
allo sviluppo del Sowa
Rigpa dall’arrivo di
Shabdrung Ngawang
Namgyal (1594-1651, il
fondatore della tradizione
buddhista Kagyu in
Bhutan) ai nostri giorni,
quelli della dinastia
Wangchuck (1907oggi).
Sua Maestà Ugyen
Wangchuck, primo re di
questa dinastia, aveva
alla sua corte personale
un medico, Dungtsho
Pemba appartenente ad
una famiglia che ha
promulgato la tradizione
medica di generazione in
generazione.
Corpo-mente-spirito
Filosofia della medicina tibetana
La medicina tibetana è un sistema medico
molto antico basato sulla filosofia
buddhista.
Essa spiega che tutto il creato (uomini,
animali, terra, cielo, stelle) comprese le
cose inanimate derivano dalla mente e dai
cinque elementi.
La mente è considerata la “radice” perché
tutte le esistenze e tutti i momenti
dipendono dai suoi movimenti; è la forza
creatrice di ogni fenomeno esterno ed
interno.
La mente e i cinque elementi si
manifestano in forma di energia
contraddistinta in tre aspetti, tre umori:
energia sottile o vento (rLung), bile
(MKhrispa, pronuncia Tripa) e flemma
(Badken).
Questi umori, o principi, sono la
quintessenza dell'energia che
continuamente fluisce nel corpo umano e
mantiene l’individuo in salute attraverso
la consapevolezza mentale. I tre principi
favoriscono uno stato di benessere solo
quando sono in equilibrio ed armonia, al
contrario, la perdita di questo equilibrio
rappresenta la malattia.
Questo è il concetto centrale della teoria
generale, eziologia, patologia, diagnosi e
del trattamento del corpo-mente nella
medicina tibetana.
È quindi attraverso la manifestazione
graduale dell’energia mentale, umorale e
fisica che la struttura della teoria e della
pratica della medicina tibetana si
concretizzano.
Centinaia dei medici hanno indagato,
lavorato e scritto numerosi commentari
sulla pratica, sulla materia medica, sulle
esperienze cliniche includendo anche la
storia della medicina tibetana e hanno
14
tramandato questa vera e propria arte
alle generazioni future.
Trattamento
I disordini costituzionali e i disordini di
carattere psicopatico e patologico sono
trattati con una visione olistica utilizzando
le diete e comportamenti specifichi,
piante medicinali e rimedi minerali,
terapie esterne, rituali spirituali buddhisti,
meditazione, yoga tibetano, ecc. per
restituire armonia, equilibrio e ripristinare
i tre sistemi umorali.
Fonti storiche
Il testo principale è il Gyudshi (rGyud =
quattro, bzi = tantra o radice), tradotto
da testi medici dal sanscrito al tibetano,
“I quattro tantra medici”, è il più
conosciuto e completo, basato sul
concetto di corpo-mente e che offre
un’ampia panoramica sulle pratiche
basate sulla filosofia buddistica.
È composto da quattro volumi:
Tsa-gyud (tantra della radice) in 6
capitoli, Shad-gyud (tantra della
spiegazione) in 31 capitoli,
Men-ngag-gyud (tantra della tradizione
orale) in 92 capitoli e infine Chima-gyud
(ultimo tantra) in 27 capitoli.
Il concetto di corpo-mente
Il sistema medico tibetano è una
medicina del “corpo-mente” in cui la
mente ha un ruolo essenziale per la
salute fisica perché è in grado di
determinare il benessere e la malattia.
Dopo morte, il corpo scompare ma la
mente continua il suo viaggio nelle vite
successive senza più interferenze; la
mente è “materia prima”, crea l’anima e
individua il mondo esterno.
La mente
A differenza della medicina occidentale,
quella orientale pone le proprie
fondamenta proprio sull’elemento
“mente” perché essa è considerata il
centro; creatrice e distruttrice, la
mente naturale è luminosa, illimitata e
senza inizio. Secondo il buddhismo essa
ha la qualità e la capacità di svilupparsi
allo stato più alto dell’illuminazione.
È come un cristallo puro. Ma la mente è
nata sotto il segno dell'ignoranza che,
benché provvisoria e transitoria, oscura
la luce più intima e profonda della
sapienza, come la polvere oscura la
brillantezza e la luminosità del cristallo.
L’ignoranza
La mente che “ignora” non può vedere i
fenomeni veri e non può compenetrarsi
se non nello stato dell’illusione. Lo stato
dell’illusione conduce la mente a
percepire una visione errata della realtà
che crea dolore e sofferenza. L'energia
del vento sottile è infatti la parte impura
della mente ed oscura la luce della
mente primordiale. L'ignoranza imprigiona
la chiarezza e le facoltà mentali,
producendo i condizionamenti mentali che
consentono al corpo fisico di manifestare
fragilità ed impermanenza in quel processo
identificabile come la radice della malattia.
Il vento sottile
Fin dall'inizio la mente è accompagnata dal
vento sottile, anche chiamato “veicolo della
mente”, che contiene i cinque elementi:
terra, acqua, fuoco, aria e spazio.
Quei venti sottili sono delle pseudo-energie
e sono causa del corpo fisico e delle
“particelle” del samsara esterno.
Ci sono cinque tipi di “particelle”
menzionate nel buddhismo: le particelle
dello spazio si manifestano per prime e
producono le particelle dell’aria. L’aria
produce il fuoco e il fuoco produce l’acqua.
Alla fine le particelle terrestri vengono
prodotte dall'acqua e cominciano a formare
il mondo materiale. Perciò il vento svolge
un ruolo molto importante insieme con la
mente e le particelle degli elementi della
natura.
Modernizzazione e felicità interna lorda
Con il diffondersi dei moderni mezzi di
comunicazione (oggi il 28% delle
famiglie possiede un televisore, l’11%
un telefonino e circa il 3% un computer)
i cittadini bhutanesi stanno entrando in
contatto tra loro e il resto del mondo.
E non è un traguardo da poco per il
paese, attraversato da un’unica strada
così accidentata, stretta e tortuosa che
per percorrere i 250 km che copre (in
linea d’aria) da est ad ovest, ci vogliono
ben tre giorni.
Teorizzato nel 1972 dal Re, il concetto di
felicità interna lorda, indice alternativo al
Pil per misurare il benessere di un
paese, è ora preso in considerazione
anche da studiosi ed economisti della
comunità internazionale.
Jigme Singye Wangchuk (nella foto in
basso), sovrano del Bhutan, dichiarò che
“la felicità interna lorda è più importante
del prodotto interno lordo”.
I 4 pilastri della felicità interna lorda
sono: sviluppo sostenibile, tutela
ambientale, salvaguardia delle
tradizioni culturali e buon governo.
Sul piano macroeconomico, infatti, la
prosperità e il benessere sono ancora
prevalentemente misurati in termini di
Pil. E questa misura rispecchia
inesorabilmente la forma, i contenuti e i
valori della società.
Ma il Pil è un indicatore economico che
non considera le condizioni e la
gratificazione dei lavoratori. Del resto, lo
dicevano poeti e filosofi dell’antichità: la
felicità va ricercata dentro, non nei beni
materiali. Sembra proprio che gli
economisti moderni stiano imparando la
lezione.
National Geographic Italia
15
Il padre, Dungtsho
Gyeltshen, aveva studiato
in Tibet nel famoso Lhasa
Medical School di Chagpori.
Dungtsho Pemba
acquistò la fama di essere
il miglior medico del paese
è fu chiamato a servire alla
corte di Sua Maestà Jigme
Wangchuck.
Un altro medico famoso
presso la corte reale fu
Mahaguru, un uomo
definito santo che si
preparava da solo i
medicinali quando aveva
bisogno di prescriverli ai
propri pazienti.
Nella prima metà del XX
secolo si ricorda un altro
famoso medico Dungtsho
Chimi Gyeltshen che
dopo aver soggiornato in
Tibet per 16 anni divenne
il medico personale della
sorella minore del secondo
Re Ashi Kenchock
Wangmo.
Il primo medico a lavorare
direttamente per il governo
è stato Dungtsho Pema
Dorji (attuale direttore del
Istituto Nazionale di
Medicina Tradizionale).
Le
preparazioni
bhutanesi
L'ospedale di medicina
tradizionale nazionale
di Thimphu tratta più
di 30.000 pazienti.
Esiste una sezione
responsabile della
raccolta delle materie
prime e della produzione
delle medicine
tradizionali sulla base
delle formule tradizionali
usando, però, le più
moderne tecnologie.
Il repertorio conta più di
2990 tipi diversi di
materie prime, l’85% è
disponibile sul mercato
interno e il restante 15%
viene importato
dall’India.
La medicina tradizionale
deriva da tre fonti
principali:
1) piante medicinali
Ngomen (impianti di alta
quota), Throgmen
(piante sotto gli 8000
metri sul livello del mare)
e Tsimen (resine)
2) sostanze minerali:
Rinchen (pietre
preziose), Domen
(minerali di base)
3) sostanze di origine
animale:
Sogcha (parti di animali)
Una medicina alternativa
Come la medicina indiana, l’Ayurveda, la
medicina tibetana considera la malattia
come il risultato di uno squilibrio nel ritmo
biologico o di squilibrio all'interno dei tre
principi dell'energia, delle sette
componenti e dei tre escrementi. Nel
visitare un paziente, il medico comincia
con l’esame della costituzione che può
essere una combinazione dei tre principi
energetici.
In seguito viene determinata la causa
dello squilibrio e consigliati i metodi
migliori per ripristinare l'armonia.
Naturalmente quelli presenti in questa
monografia sono accenni non in grado di
esplicitare completamente l’estrema
complessità della medicina tibetana.
Il corpo umano è composto da:
sette componenti (latte, sangue, carne,
tessuto adiposo, ossa, midollo ed essenza
tre tossine (feci, urina e traspirazione)
tre principi di energia (vento, bile e
flemma). La correlazione delle tre attività
è diversa per ogni individuo e può servire
come base per classificare i tipi o le
costituzioni umane.
Energia
Funzione del corpo
Costituzione umana
Vento
Controllo del movimento
e delle funzioni fisiche
come la circolazione, la
respirazione, le capacità
intellettive, gli impulsi e la
parola.
Creativo, veloce ad imparare e
altrettanto veloce a
dimenticare.
Eccitabile, vivace, divertente.
Lunatico, conduce una routine
quotidiana irregolare.
Impulsivo
Bile
Sovraintende il calore
interno e controlla la
digestione, l’assimilazione
degli alimenti e il
metabolismo di base.
Mente acuta.
Concentrato e ordinato.
Assertivo, ha fiducia in sé.
Competitivo ma impaziente.
Buon oratore, abile leader.
Flemma
Mantiene e regola il
normale funzionamento e
l'equilibrio delle energie.
Compiacente, rilassato,
misurato, lento, affettuoso.
Affidabile e fedele
Impara lentamente ma non
dimentica più.
Autosufficiente.
16
La Puja
Nella cultura del buddhismo himalayano
esiste anche un metodo per essere di
beneficio a molte persone: la
celebrazione della "puja" (per
accumulare merito e purificare la propria
mente, il corpo e le energie).
La Puja di Tara, di Amitayu e del
Buddha della Medicina sono utili
principalmente per la salute o per la
lunga vita;
la Puja della Divinità dall'Ombrello
bianco e del Sutra del Cuore aiutano
ad evitare le influenze negative;
la Puja di Mahakala, Kalarupa,
Palden Lhamo e dei protettori
sovramondani serve principalmente a
proteggere i pensieri rivolti al Dharma e
le pratiche di Dharma;
la Puja di Vajrasattva, Jamantaka,
Guhyasamaja, Chakrasamvara,
Kalachakra e delle divinità superiori
aiuta in particolare a purificare le
negatività e la mente;
la Puja di Manjusri, Chenresig,
Maitreya e Vajrapani aiutano in
particolare, rispettivamente, a sviluppare
Saggezza, Compassione, Amorevolezza e
Potere;
la lettura di testi come il Sutra della
Prajnaparamita di ottomila versi ed il
Sutra delle vite di mille Buddha sono
utili principalmente a creare un legame
con quei Buddha ed i loro insegnamenti.
Tsheringma: un tè differente
Una bustina di tè in una tazza d’acqua
calda (senza zucchero e latte) e birra,
riscaldata per un paio di minuti per
avere un buon sapore e un colore
migliore. Il tè non solo dà una
sensazione calmante e rinfrescante, ma
aiuta a migliorare le condizioni del
cuore, del fegato, e dell'apparato
digerente, e non ci sono effetti
collaterali! Si parla di Tsheringma, un tè
costituito da soli due ingredienti: petali
di cartamo o zafferanone (Carthamus
tinctorius), in bhutanese Gurgum, un
tonificante cardiaco e uno stimolante
nervoso che secondo la letteratura
medica tradizionale aiuta nella cura di
tutte le disfunzioni del fegato e il
secondo è la corteccia della radice di
una pianta della stessa famiglia della
cannella (Cinnamomum tamala) nome
locale Shing-Tsha, che aggiunge sapore
e aiuta nei processi digestivi e nella
regolarizzazione dei movimenti intestinali.
17
Piante del Bhutan
La vegetazione prevalente
delle zone montuose è
composta da conifere: il
Cedro Deodara, l’Abies
Pindrow e l’Abies Picea
Morinda (abeti), il Picea
Smithiana e il Pinus Excelsa
Wallichiana a ricordarci
l’antica tradizione dei
profumi, degli oli essenziali
e degli incensi di questa
zona, da sempre apprezzati
per le loro proprietà (un
alambicco datato 3000 a.C.
ce ne da testimonianza).
Le oltre 400 specie di
Rhododendron e la Betula
Utilis sono diffusissime
sulle pendici montane,
insieme con il Berberis
lycium, Prinsepia utilis,
Viburnum Nervosum e
tante altre erbe. Il Panax
Ginseng è molto ricercato,
quasi estinto (il Pen-Tsao,
un manoscritto cinese di
4.700 anni fa ne descriveva
le proprietà terapeutiche);
sono diffusi anche
l’Ephedra, la Rhodiola, lo
zafferano (Crocus sativus),
il Rabarbaro di montagna,
l’Elleboro, la Serratula.
Altre piante usate
nell’erboristeria sono: il
cartamo (Carthamus
Tinctorius), la liquirizia
(Glycyrrhiza Glabra),
il sandalo rosso e bianco
(Pterocarpus Santalinus e
Santalum Alba), la
Saussurea Lappa.
Un proverbio locale
conferma che una persona
non soccomberà alle
malattie in una zona dove
Terminalia chebula,
Terminalia bellerica,
Emblica officinalis e
Tinospora cordifolia sono
disponibili.
Tantra di
Kalachakra
Tantrismo
e astromedicina
Per favore
Lama dell'Azione Vajra,
grande Rigden
Benedicimi affinché realizzi
che il mio corpo é il
mandala dell'universo e
affinché lo trasformi in un
contenitore puro come il
cristallo di energia vitale e
spirituale.
Benedicimi affinché realizzi
che nascita, vita e morte
del mio corpo sono
nascita, vita e distruzione
del cosmo.
Benedicimi affinché realizzi
che la mia colonna
vertebrale é il Monte Meru,
che i cinque colori della
mia pelle e dei miei organi
sono i suoi cinque volti
colorati, e affinché il mio
corpo e la mia mente
possano divenire un
contenitore puro di questa
energia elementare
positiva.
Benedicimi affinché il
flusso dell'energia vitale,
le gocce e i venti rotanti
nei miei chakra e nei miei
canali sono il flusso
dell'energia cosmica e la
rotazione dei corpi celesti.
Benedicimi affinché realizzi
che le 28 case lunari sono
i miei denti e che le 12
case dello zodiaco sono nel
mio cuore e nel mio
chakra dell'ombelico.
Possano il mio corpo e la
mia mente divenire un
puro contenitore di questa
energia positiva celeste.
Benedicimi affinché realizzi
che i miei canali destro e
sinistro sono il sole e la
luna. Possano il mio corpo
e la mia mente divenire un
puro contenitore di questa
energia positiva solare e
lunare.
Benedicimi affinché realizzi
che il mio canale centrale
(Tsa Uma) é Rahu.
Possano il mio corpo e la
mia mente diventare un
puro contenitore di questa
energia vitale, positiva ed
essenziale.
Il tantrismo può definirsi come una
psicologia pratica, una medicina, una
filosofia e una spiritualità naturale.
La tradizione tantrica tramanda una
conoscenza sciamanica, astorica e
apolide, che sfugge ai parametri della
ratio storica e sociale.
Forse per questo la scienza medica
tibetana, che si fonda sui testi tantrici
antichi e, in particolare sullo Sri
Kalachakra Tantra (che costituisce la
base del sistema astrologico tibetano) e
su “I quattro tantra medici”, può apparire
così lontana e, nello stesso tempo, in
virtù del principio secondo il quale gli
opposti si attraggono, così affascinante
agli occhi del ricercatore occidentale.
Una verità scientifica, quando perde il
senso della propria relatività, diviene
superstizione.
Conoscere una visione dell'uomo, del
corpo e della realtà lontana da quella a
cui il proprio mondo è assuefatto non può
che aiutare a liberarsi dall'ipnotismo
delle certezze, la qual cosa, in un'epoca
di livellamento e massificazione, è
certamente straordinaria.
Il medico tibetano è innanzitutto
astrologo.
La scienza medica in Tibet non è
scindibile dalla conoscenza della
astrologia. Fino a pochi anni fa gli studi
della medicina e dell'astrologia tibetane
erano riservati ai lama, i monaci buddhisti
di più alta levatura. Ma in tempi recenti
questi studi sono stati aperti anche ai
laici.
Oggi a Dharamsala vi è un centro di alti
studi tibetani, il Tibetan Medical &
Astrological Institute, dove è possibile
attraverso un percorso di formazione, che
dura dai sei a i dieci anni, acquisire le
conoscenze necessarie per operare in
qualità di medico e astrologo.
Nella visione dell'astro-scienza medica
tibetana, la vita di ciascuno può essere
18
influenzata da tre fattori: i pianeti e i
loro movimenti, il Karma, ovvero gli
effetti delle azioni passate e, infine, gli
spiriti benevoli o malevoli.
Anche la salute è soggetta ai medesimi
fattori, oltre che allo stile di vita e alla
dieta.
L'uomo, il suo corpo e la sua psiche sono
composti dagli stessi cinque elementi
che manifestano l'intero universo; la
malattia, che può essere concepita come
uno squilibrio tra gli elementi, può venire
curata attraverso l'ausilio di medicine
composte dai medesimi cinque elementi
preparati secondo principi riequilibranti.
Lo studio della medicina risulta,
dunque, inscindibile dalle
conoscenze astrologiche.
Esercitando una leggera pressione con i
polpastrelli delle dita sul polso del
paziente, l'astro-medico è in grado di
avvertire il pulsare dei principali organi
vitali e di costatarne le condizioni di
salute.
Le pulsazioni vitali del corpo variano a
seconda delle stagioni, essendo in
sintonia con la pulsazione vitale
dell'universo.
Ne consegue che il medico che non abbia
simultaneamente una buona conoscenza
del calendario lunare - sulla base del
quale vengono stabilite le stagioni e
vengono scanditi gli anni - non è in grado
di effettuare una buona diagnosi
attraverso l'ascolto delle pulsazioni del
polso.
Nella tradizione tibetana è detto che la
conoscenza astrologica è la chiave di
tutte le porte del sapere.
Senza la conoscenza delle fasi lunari e
dei loro effetti sugli elementi, non è
possibile raccogliere le erbe che servono
come medicamenti nel periodo giusto e
tanto meno trattarle in maniera
adeguata.
La causa della malattia è sempre da
ricercarsi nell'inconsapevolezza o
ignoranza che porta l'uomo a
dimenticare l'aspetto simbolico del corpo
e delle cose, le quali sono frutto del
potere di immaginazione dell'animo
umano e non hanno un'esistenza
oggettiva, indipendente dalla facoltà
umana di immaginarle. L'ignoranza
dell'aspetto simbolico degli eventi e della
non-oggettività delle cose è alla base
dell'attaccamento a sé e all'oggetto.
L'attaccamento genera le tossine della
paura ed è all'origine della malattia.
Molti rimedi consistono nell'incitamento
a compiere opere di bene e donazioni.
Gli amuleti e le medicine a base di erbe
vedono enormemente potenziato il
proprio effetto se il paziente assume un
atteggiamento mentale di distacco,
ancorandosi al fermo suolo della nonoggettività delle cose.
La medicina tibetana rappresenta l'eredità
di un passato antico, di una conoscenza
sciamanica propria dell'uomo che viveva
in condizione di piena armonia con la
natura. Questa scienza è stata
conservata dal popolo tibetano in esilio e
può costituire uno spunto di riflessione
importante per tutti coloro i quali
desiderano prendersi cura della propria
salute attraverso un atteggiamento
mentale positivo, mediante l'utilizzo di
risorse non-animali e di procedure
mediche non-invasive
di Selene M. Calloni Williams
Astrologia tibetana
In Tibet si utilizzano due sistemi di
riferimento astrologici:
Jyùnzis, basata sulle combinazioni degli
elementi, e Gàrzis, basata sulla
disposizione di stelle e pianeti; la prima
è originaria del Tibet (pur con influenze
cinesi), la seconda di estrazione
buddhista (il buddhismo è giunto in
Tibet dall’India).
L’origine dell’astrologia Jyùnzis si può far
risalire all’originaria cultura e religione
bon-po del Tibet con successivi innesti
derivati dalla vicina Cina.
Il suo insegnamento fu iniziato da un
maestro di nome Shenrab Niwo.
In seguito, con il matrimonio del re del
Tibet con una principessa cinese e con
l’arrivo del buddismo dall’India,
l’astrologia tibetana si è molto sviluppata.
19
Benedicimi affinché realizzi
che le mie 28 vertebre
sono le 28 costellazioni
divine. Possano il mio
corpo e la mia mente
diventare un puro
contenitore di questa
energia vitale, positiva,
divina e celestiale.
Benedicimi affinché realizzi
che le sette parti del mio
volto (occhi, orecchie,
naso, bocca, lingua, mento,
fronte) sono i sette pianeti
(sole, luna, mercurio,
marte, venere, saturno e
giove). Possano il mio
corpo e la mia mente
diventare un puro
contenitore di questa
energia positiva planetaria.
Benedicimi affinché realizzi
che le mie 12 costole sono
le dodici case dello zodiaco
negli aspetti solare e
lunare. Possano il mio
corpo e la mia mente
divenire un puro
contenitore dell’energia
positiva archetipica.
Benedicimi affinché realizzi
che i miei milioni di atomi e
cellule sono le stelle dei
paradisi. Possano il mio
corpo e la mia mente
diventare un puro
contenitore di questa
energia positiva stellare.
Benedicimi affinché realizzi
che i miei chakra sono la
grande rotazione delle
galassie. Possano il mio
corpo e la mia mente
diventare un puro
contenitore di questa
energia positiva universale.
Benedicimi affinché realizzi
che l'anno é il Re di
Shambhala, che i 24 mesi
solari e lunari sono i 24
ministri, che i giorni sono i
guerrieri e che le ore e i
secondi sono le loro potenti
armi. Comprendendo
l'aspetto astrologico e
come utilizzare i canali
sottili, i venti degli elementi
e le gocce, possa diventare
libero dal tempo lineare,
sperimentare il passato,
presente e futuro come un
eterno "adesso" e danzare
nella sfera senza tempo.
T.Y.S. Lama Gangchen
Danza Cosmica dell’Estasi
Cham
Shabdrung
Le 7 rappresentazioni
più importanti
CHHO-SHEY, danza
della canzone religiosa.
La rappresentazione
ricorda come Tsangpa
Jerey nel XIII secolo
sconfisse e convertì il
demone tutelare del lago
di Tsari Tsokar situato
nel circuito di
pellegrinaggio del monte
Dakpa Shelri, il luogo più
sacro del sud est del
Tibet.
DRANYEN CHAM, danza
con la chitarra. I
danzatori indossano
pesanti abiti di lana e
calzari tradizionali di
feltro, la tunica è nera, la
camicia gialla, il
copricapo rotondo e
portano una spada.
DURDAG, danza dei
signori dei luoghi di
cremazione. I danzatori
portano maschere
bianche con le sembianze
di un teschio.
GURU TSHEN GYE,
danza delle otto
manifestazioni di Guru
Rimpoce. Vengono
rappresentate le otto
forme che il Guru
assunse per poter
portare il messaggio di
liberazione ai vari tipi di
esseri.
SHA-NA CHAM, danza
dei cappelli neri, eseguita
normalmente da 21
danzatori
SHA-NA NGA CHAM,
danza dei capelli neri con
il tamburo. I danzatori
danzano battendo
ritmicamente un tamburo
il cui suono rappresenta
la religione.
TUNGAM, danza delle
divinità terrifiche. I
danzatori portano abiti di
broccato, calzari di feltro
e maschere dall’aspetto
terrificante.
È una spettacolare
danza.
I Cham: le
danze degli
sciamani
I Cham sono uno straordinario insieme di
musiche sacre, danze in costume con
maschere rituali, riti religiosi ed
esorcistici, eseguite da monaci ed anche
da laici nei Cham minori, il tutto immerso
in un attento ma allegro e rilassato
assiepamento di persone che esibiscono i
migliori abiti tradizionali e godono di un
atteso momento di gioiosa convivialità.
Il Cham è diffuso tra la maggior parte
delle popolazioni di origine tibetana di
cultura buddhista Vajrayāna.
Nell’arco himalayano oltre al Bhutan le
aree dove il Cham è stato preservato
ininterrottamente in modo più vigoroso in
India sono lo Zanskar, il Laddakh (qui il
più famoso si svolge a Hemis), lo Spiti e il
Sikkim; in Nepal nel Mustang e in modo
minore nel Kumbhu. Anche nel Tibet
occupato le autorità cinesi in alcuni
monasteri hanno consentito di
riprenderne la tradizione.
In Bhutan i Cham sono il veicolo culturale
principale per le espressioni artistiche di
musica, canto e danza, con un utilizzo di
costumi e maschere molto elaborati.
Questa forma era presente già all’inizio
dei tempi storici della cultura tibetana: il
primo Cham è attribuito a Guru Rimpoce
(Padmasambhava), che prima di recarsi
in Tibet secondo la tradizione orale eseguì
una danza dove oggi sorge il monastero
di Kurjey in Bumthang per domare lo
spirito di una divinità locale. Alcune
rappresentazioni traggono la loro origine
proprio dall’epoca in cui il grande Guru
visitò queste regioni, quindi dall’VIII
secolo, e ne rievocano le gesta, come ad
esempio avviene nello Yakchoe di Ura.
La diffusione del Cham corrisponde
all’ingresso della cultura buddhista in un
mondo sciamanico ed esprime molto
20
concretamente la sintesi delle due anime
himalayane: l’unione del misticismo
adottato dai saggi buddhisti dell’India con
le potenti capacità di divinazione e di
rapporto con l’occulto dei devoti del Bon,
capacità che furono sviluppate in un
contesto naturale animato da forze
soverchianti.
Le rappresentazioni degli Dzong principali
sono esecuzioni impeccabili che si
concentrano sul messaggio religioso e
storico, mentre nei Cham di carattere più
locale alcune parti sono eseguite da
gente comune, che a volte aumenta
l’intensità del proprio coinvolgimento con
abbondanti bevute, e l'intero evento è
spesso immerso in un contesto di gioiosa
e animata festa popolare.
Le rappresentazioni di danza si svolgono
all’aperto, nel cortile principale dello
Dzong o di fronte al tempio principale
del monastero, o a volte in uno spazio
specifico utilizzato per i Cham, come a
Paro, mentre le cerimonie di
preparazione necessarie per l’attivazione
delle forze esoteriche che animano
l’evento e alcune delle danze
specificamente legate a questi riti sono
quasi sempre eseguite all’interno di un
tempio.
La partecipazione della gente è corale:
siedono assieme bambini, anziani e
persone di ogni professione, tutti con
indosso il proprio abito migliore.
L’atmosfera è spontanea e rilassata ma
anche attenta; molti osservano recitando
dei mantra, le persone si siedono
comodamente formando un grande
cerchio attorno ai danzatori e a momenti
di forte concentrazione seguono
abbondanti merende e un sereno stare
insieme.
Le altre rappresentazioni
ā
Ogni Cham è composto da un insieme e
una sequenza di diverse cerimonie, atti
e danze e spesso si riscontrano
l’inserimento di trame e danze specifici
di quell’evento.
Alcune forme sono però molto ricorrenti
se non quasi d'obbligo, come ad
esempio Sha-Na Cham, la danza dei
cappelli neri.
A lato una descrizione delle
rappresentazioni più frequentemente
eseguite; un elenco abbastanza
completo ma non esaustivo.
I nomi utilizzati sono quelli più
comunemente utilizzati in Bhutan e sono
riportati nel nostro alfabeto seguendo la
traslitterazione più usuale.
Si tenga presente che le stesse danze in
alcune località possono venir chiamate
con nomi diversi; o una danza può essere
divisa in diversi atti o, al contrario, più
forme possono essere accorpate in un
unico atto - con nomi ad hoc.
Le denominazioni di atti e danze sono in
ordine alfabetico e non per ordine di
importanza.
Tra le varie rappresentazioni che
compongono i Cham ce ne sono 7 la cui
creazione viene attribuita dai bhutanesi
allo Shabdrung, il grande illuminato che
fondò l’attuale Bhutan nel XVII secolo.
www.amitaba.net
I dodici anelli della ruota dell’esistenza
Nel margine esterno della "ruota
dell'esistenza" sono raffigurati (dall'alto
in basso e in senso orario) dodici anelli,
dodici tipi di reazioni a catena che hanno
luogo ad ogni istante per portare in
azione quello che chiamiamo
"esperienza quotidiana".
1. All'Ignoranza (donna cieca)
s'incatenano i seguenti nodi:
2. "Formazioni volitive" (tornio da
vasaio);
3. "Coscienza" (scimmia che salta tra i
rami);
4. Aggregato psicofisico" (due uomini in
barca);
5. "Sensi" (casa con sei aperture);
6. "Coppia di amanti";
7. "Sensazione" (freccia in un occhio);
8. "Sete di vivere" (un bevitore);
9. "Attaccamento alle forme di
vita" (raccoglitore di frutta da un
albero);
10. "Divenire" (coppia di sposi);
11. "Nascita" (donna partoriente);
12. "Morte" (uomo che trasporta
un cadavere).
Le cose avvengono da un momento
all'altro, lasciando impronte sul
"flusso di coscienza". È ciò che
chiamato karma, che letteralmente
significa "azione", e che qui indica
piuttosto il risultato delle azioni
impregnate del "flusso di
coscienza". Tale "flusso" è
concepito dal buddhismo come un
continnum mentale, non limitato
solo alla vita presente, bensì
radicato in esperienze passate e
proiettato in esistenze future.
21
BUMTHANG TERCHAM,
danza di consacrazione del
luogo.
DRAMITSE NGA CHAM,
danza dei 16 suonatori di
tamburo.
DE-GYE, danza degli otto
tipi di spiriti (degli Yaksas,
Mamos, Shindes, Gyelpos,
Tsens, Dus, Lus e Lhas).
DOLE RAKSHA CHAM,
danza dello spirito guida
dei morti (Raksha) del
monastero di Dole.
GING DANG TSHOLING,
danza del paradiso del
Guru.
GINGSUM [o Gynging],
danza dei tre tipi di Ging
(divinità tutelari): con i
bastoni (Gyu-Ging), con le
spade (Dri-Ging) e con i
tamburi (Nga-Ging).
GUANG DRUG PAWOS,
danza degli eroi con i 6 tipi
di ornamento.
KYECHAM, danza degli
accompagnatori.
PACHAM, danza degli eroi.
PHOLE MO-LE, danza dei
nobiluomini e delle dame.
RAKSHA MA-CHAM,
danza del giudizio dei
morti.
SHACHAM, danza dei
cervi.
SHAWA SHACHI, danza
del cervo e dei cani.
SHINJE YAB YUM, danza
di Manjushri, il bodhisattva
della saggezza, nella forma
del Signore della Morte con
la sua consorte.
www.amitaba.net
Dharma
Dal sanscrito “fissare”
definisce il complesso
delle prescrizioni morali,
religiose e legali che
costituiscono il codice
della disciplina cui
doveva attenersi il fedele
del brahmanesimo
(indù). Nella metafisica
buddhista comprende le
forze ultime (facoltà
sensoriali, vizi, virtù,
forza vitale, ecc.), e
non ulteriormente
riducibili, in cui tutta la
realtà si risolve, e che
nascono e muoiono in
funzionale dipendenza
reciproca: forme
fenomeniche della legge
universale.
Guru
Termine vedico avente il
significato di venerabile,
che in India definisce una
persona degna del
massimo rispetto e
venerazione. Dapprima
riservato al padre ed alla
madre, il titolo si è poi
esteso alla persona
responsabile
dell’educazione di
un’altra. È in uso sia
presso i brahmani che
presso i Sikh.
Hinayana
Termine sanscrito dal
significato di "Piccolo
Veicolo", indicante una
forma di buddhismo sorta
nel periodo che va da
cento anni dalla morte di
Buddha al I secolo d.C.
L’Hinayāna sottolinea
l’individualità
dell’illuminazione, il
raggiungimento del
Nirvana attraverso un
metodo essenzialmente
passivo, basato sul non
fare, l’essenza di Buddha
considerato un uomo
comune, il realismo che
porta ad
un’interpretazione del
buddhismo in senso
storico-etico.
Questa dottrina è anche
definita dai suoi stessi
seguaci theravada
(dottrina degli antichi).
Piccolo
dizionario
esoterico
tibetanobhutanese
Bon
Prima dell'introduzione del buddhismo, le
tradizioni animistiche erano comuni in
tutte le regioni himalayane, compreso il
Bhutan. Il sole, la luna, il cielo ed altri
elementi naturali erano parte integrante
della tradizione e della dottrina trasmesse
oralmente di generazione in generazione.
Bon deriva da una parola tibetana è
indica proprio i racconti degli sciamani
che compivano esorcismi, riti di sepoltura
e divinazioni contro i demoni che
minacciavano la lo scorrere tranquillo
della loro esistenza.
Importata dal Tibet e dall’India, forse
nell’VIII secolo, la dottrina Bon trasse
notevoli benefici dalle influenze buddhiste
alimentandone a sua volta alcuni rituali
popolari.
Lamaismo
È una religione basata sulle credenze e
sulle istituzioni del Tibet, derivate dal
buddhismo mahāyāna.
Introdotto dal Nepal nel 632 d.C., ad
opera del re Sron-brtsan-sgam-po, e
sovrapposto all'originaria religione
sciamanistica Bon, il buddhismo
mahāyāna venne permeato di elementi
tantrici nel 747 per iniziativa del filosofo
indù Padmasambhava, e riformata più
tardi dal "mago" bengalese Atisa (9821054), dal monaco Rinc'en-bza-po
(958-1055) e nel XIV secolo da Tsonk'a-pa (1357-1419), fondatore della
setta Gelugs-pa. Nel XIV secolo questa
setta, affermando la reincarnazione di
alcuni Bodhisattva in corpi-fantasma
(sprul-sku), fissò le basi per una
monarchia sacerdotale, quella lamaistica,
che ha governato il Tibet fino a pochi
decenni fa. I Lama tibetani furono anche
protagonisti della conversione dei
22
Mongoli, e attraverso la dinastia mongola
Yüan (1280-1378), il lamaismo si affermò
anche in Cina, dove verrà seguito fin
sotto la dinastia manciù dei Ching (16441911). Nel Lamaismo l'orientamento
filosofico del buddhismo originario è stato
profondamente modificato da
contaminazioni della religione Bon
(esorcismo, magia, strapotere
sacerdotale) e del mantra (ritualismo,
culto di divinità minori, di religiosi e di
incarnazioni viventi del Buddha o lama
incarnati). L'organizzazione della
gerarchia lamaista, sotto molti aspetti
simile a quella cattolica, si concretizza
nelle figure del Dalai-lama, con poteri
politici e sede a Lhasa fino
all'occupazione cinese del Tibet, e del
Tashi-lama, con poteri essenzialmente
religiosi e sede a Tashi-lhum-po,
considerati la doppia incarnazione del
Bodhisattva tibetano Chenresik.
Il Dalai-lama era assistito dai k'am-po
(consiglieri) e dai lama dei monasteri più
importanti. L'autorità politica del
Lamaismo è stata tuttavia vanificata nel
1959 con l'occupazione militare del Tibet
da parte della Cina comunista.
Il Lamaismo sopravvive oggi nel Tibet, e
presso comunità tibetane esuli in
territorio indiano.
Om
Parola sacra, frequente all’inizio di molti
mantra come indicazione di saluto alla
divinità.
La sillaba Om rappresenta lo stesso
Braman, come la stessa Trimurti.
Secondo la tradizione indiana l’Om ha
potenti poteri occulti: infatti sarebbe il
suono originario che, attraverso le
caratteristiche vibrazioni dell’apparato
vocale, porta all’estasi dell’assoluto.
Karma
Termine sanscrito che
significa opera. In età
vedica indicava un atto
rituale o sacrificale.
Più tardi tale termine indicò
il peso, il fardello, il
bagaglio, costituito
dall'insieme delle azioni
attive e passive, buone e
cattive, anche appartenenti
alle vite precedenti,
compiute da ogni individuo.
Tali azioni producono un
frutto od una conseguenza
(phala) che costringono
l'anima (ātman)
all'emigrazione di esistenza
in esistenza, determinando
la sofferenza e la
reincarnazione, fino alla
totale estinzione del Karma
stesso.
Sono stati dedicati vari testi alla
spiegazione del come possa avvenire
questa rivelazione organica. Nella lettura
originaria, Aum, nel Medioevo le tre
lettere erano mantenute divise e, a
seconda della loro vibrazione, A
significava Vishnù, U significava Shiva,
ed M significava Brahma: il Tre in Uno,
il più profondo mistero di Dio attraverso
le tecniche dell’estasi-Yoga.
Buddha
Nome derivato dal vedico avente il
significato di svegliato, illuminato; è
l'appellativo dato al Buddha storico,
Gautama Siddharta, della stirpe
principesca degli Sakya, il fondatore del
Buddhismo e successivamente ad altre
personalità od entità in cui il Buddha,
l'archetipo supremo, si realizza, sia in
epoche diverse nel mondo terreno, sia
nella sfera soprasensibile.
In campo figurativo l'iconografia del
Buddha è molto tarda, compare in epoca
Kusana nel Gandhara ed a Mathura,
mentre fino ad allora la figura divina era
stata rappresentata da oggetti simbolici
(trono, turbante, ecc.). Ben presto però,
oltre ad innegabili elementi ellenisticiromani, vennero accolte nell'iconografia
buddhista molte convenzioni simboliche
dell'induismo. Il Buddha era raffigurato
con particolari caratteristiche corporee
(ciuffo di capelli e protuberanza cranica,
usnisa, rilievi carnosi tra le sopracciglia,
urna, orecchie dal lobo allungato) ed in
prefissato atteggiamenti di tipo yoga
delle mani e dei piedi (mudra). Queste
intendono simboleggiare specifiche
qualità (atteggiamento del dono,
danamudra, di chiamare a testimone la
terra, bhumisparsamudra, gesto della
protezione, abbamudra).
Ai sette Buddha del passato (Vipasyin,
Sikhin, Visyabhiy, Krakasunda,
Kanakamuni, Kasyap) che hanno
prceduto nelle passate ere cosmiche
(Kalpa) la nascita del Buddha storico, ed
a quello del futuro (Maitreya), che
saranno destinati ad aumentare
grandemente di numero fino a superare la
ventina, si aggiungeranno infinite varietà
di manifestazioni del Buddha considerato
entità prima, archetipo poi, come la
Pentade Suprema (Amitabha,
Amoghasiddi, Aksobhya,
Ratnasambhava, Vairocana).
Tantrismo
Indirizzo dell'evoluzione religiosa indiana,
sia induista che buddhista, fondato sui
Tantra, individuabile nei seguenti punti:
reinterpretazione delle nozioni religiose
alla luce della pratica rituale, con
conseguente sostituzione dell'esperienza
alla speculazione, processo simile
all'empirismo religioso; potenziamento
della personalità fino a conseguire la
transumanazione, che nell'induismo
significa identificazione con la divinità,
mentre nel buddhismo significa il
superamento della condizione umana o
conseguimento della buddhità.
L'ascesi tantrica, distinta dall'ascesi
tradizionale, è quella che comunemente
viene chiamata yoga.
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Nirvana
Termine sanscrito
traducibile in estinzione.
Ultimo fine della via
indicata da Buddha, è
essenzialmente ciò che sta
al di là dell'Essere e del
non-Essere, della realtà e
della non-realtà.
In sintesi è quanto va oltre
qualsiasi affermazione o
negazione, in sé
incondizionato, assoluto ed
ineffabile.
Samsara
Termine sanscrito derivato
da sam e sr, scorrere
insieme, ovvero
trasmigrazione. Indica il
concetto cardine di tutta la
speculazione indiana
strettamente connessa alla
nozione di karma.
Definisce l'ininterrotto ciclo
delle morti e delle rinascite
cui lo spirito è soggetto per
una dolorosa necessità
cosmica individuale, alla
quale ci si sottrae soltanto
attraverso la liberazione
(moksa). Rappresenta il
fine a cui tendono tutte le
pratiche yoghiche indiane.
Il concetto di Samsara
viene negato unicamente
dai materialisti (Carvaka),
che però negano
l'immortalità dello spirito.
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La
situazione
in Tibet
Non potevo terminare questo mio
“viaggiare” all’interno della medicina
di Buddha e della medicina
tradizionale tibetana e bhutanese
senza una chiara presa di posizione
verso il continuo genocidio del popolo
tibetano che continua da anni nel
silenzio di molti e che forse, in questi
giorni, riesce finalmente ad essere
percepito nella sua reale drammaticità
attraverso le immagini e le news dei
media.
Non posso tacere dopo essermi
commossa solo pochi giorni fa, sulla
strada da Phuentsholing a New
Jalpaiguri di fronte ad una delle
marce di protesta al grido di: see
you at Lhasa, free Tibet!
Non posso non condividere che ”il
governo di Pechino non può sostenere
che il Tibet è questione d'esclusivo
interesse interno: le violazioni dei
diritti dell'uomo sono doloroso
patrimonio universale, senza barriere
e senza confini. Una cultura
plurisecolare distrutta, un ambiente
naturale devastato, la popolazione
autoctona ridotta ad una minoranza
ghettizzata in casa propria, una
sanguinaria e costante oppressione.
Persecuzioni, torture e
discriminazione razziale sono la paura
quotidiana dei tibetani, tanto che, dal
1950 ad oggi, si contano più di un
milione di vittime. La cultura e la
religione sono state rase al suolo,
con la distruzione del 99,98% dei
monasteri, la lingua tibetana è
messa al bando, milioni di cinesi
hanno colonizzato l’Altopiano, tanto
che oggi si contano circa 6 milioni di
tibetani e 8 milioni di cinesi; i
tibetani costituiscono una minoranza
in casa propria.
Inoltre si è dato il via allo
sfruttamento selvaggio del territorio
con il disboscamento indiscriminato
e lo sfruttamento selvaggio delle
risorse ambientali”.
Sono importati testimonianze di
solidarietà le conferme che il
premier inglese Gordon Brown,
quello francese Nicolas Sarkozy, la
famiglia imperiale giapponese e
il segretario dell’Onu Ban Ki Moon
(forse perchè subissato dalle e-mail
di protesta che si possono inviare
dal sito
www2.beppegrillo.it/iniziative/free_ti
bet.php) diserteranno la cerimonia
di inaugurazione delle Olimpiadi di
Pechino.
Anche noi possiamo gridare la
nostra protesta in vari modi,
suggerisco di esporre la bandiera del
Tibet (www.italiatibet.org)
Siamo tutti tibetani!
Tutti i testi (dove non diversamente indicato) e le
immagini (escluse quelle sotto indicate) sono di
proprietà esclusiva dell’Associazione Yemayà, e non
possono essere né riprodotti, né utilizzati, ne copiati
senza il consenso dei responsabili.
Da Wikipedia l’emblema e la cartina del Bhutan di pag. 4, da
internet le immagini: panda rosso (pag. 5), Bhudda della
medicina (pag. 8), bandiere da preghiera (pag. 9), mandala
(pag. 12-13), Dalai Lama (pag. 12), Sovrano del Bhutan (pag.
15), erboristeria (pag. 17), Bhudda (pag. 18); gentilmente
concessa da Giuseppe Vavassori la foto in alto a pag. 17.
2008 © Associazione Yemayà
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