Le strade della libertà - Fondazione Ugo La Malfa

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Le strade della libertà - Fondazione Ugo La Malfa
Paolo Castagna
Le strade
della libertà
Oratorio laico per
Leo Valiani
©
Proprietà letteraria riservata
Gangemi Editore spa
Piazza San Pantaleo 4, Roma
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ISBN 978-88-492-2563-1
In copertina: Leo Valiani
(foto RCS Quotidiani)
Paolo Castagna
Le strade
della libertà
oratorio laico per
Leo Valiani
Indice
Presentazione
5
Le strade della Libertà
Oratorio Laico
7
Fonti bibliografiche del testo teatrale
29
Cronologia della vita di Leo Valiani
30
Locandina dello spettacolo
31
Presentazione
Una vita avventurosa al servizio della Libertà. Avventura e Libertà. Due temi appassionanti per scrivere un testo teatrale e metterlo in scena in uno spettacolo che ripercorra
le avventure di Leo Valiani durante la seconda guerra mondiale, sullo sfondo di eventi
grandiosi e tragici. Uno spettacolo epico che attraverso l’“eroe” racconti della guerra in
Europa, in America e, in particolare, in Italia. Uno spettacolo di carattere cosmopolita,
che si muova in ambito internazionale. Per le sue origine ebraiche mitteleuropee e per
le molte lingue che parlava alla perfezione, Valiani si trovava a casa propria in tutta Europa. Un viaggio di amicizia e di lotta al fianco di molti altri compagni che come lui
organizzavano la resistenza contro i tedeschi, ma anche gettavano le premesse della futura
democrazia.
Come recita il titolo, Le strade della libertà, è concepito come un viaggio verso la libertà
che ebbe in Valiani uno dei suoi più fervidi servitori e fu la guida del suo complesso
percorso esistenziale e politico. Il suo ideale di libertà - e questo è molto interessante
ancor oggi - era fondato sul dubbio e non sulla fede nel dogma. In nome di essa e della
giustizia sociale, Valiani assunse posizioni di lotta, spesso difficili e critiche, non solo
nei confronti del fascismo, ma anche del comunismo dopo il patto Hitler-Stalin del ’39,
tanto da uscirne. In questa occasione il tatto usato per comunicare la sua decisione rivela
un altro aspetto affascinante del nostro: lo spessore morale. Valiani pensava di uscire dal
partito comunista prima dello scoppio della guerra, appunto subito dopo il famigerato
patto, ma iniziano le ostilità e Leo aspetta, non dice nulla per timore che i compagni
leggano nel suo gesto il vile tentativo di evitare l’arresto da parte delle autorità francesi
che stavano fermando tutti i comunisti stranieri. Viene rinchiuso anche lui e solo nel
campo di internamento di Vernet sui Pirenei comunica la sua decisione. La reazione dei
compagni è durissima. “L’indomani tutti gli internati comunisti, forse quattromila, o
poco meno, mi tolsero il saluto, come un sol uomo: è duro vedersi togliere il saluto da
quattromila compagni”, scrive in Sessant’anni di avventure e battaglie.
Dunque: avventura, libertà, guerra, cosmopolitismo, amicizia, moralità sono i temi dell’oratorio.
La drammaturgia del testo si ricollega al teatro epico di tipo brechtiano. Una voce narrante fa da filo conduttore delle vicende storiche e introduce scene di avventura vissute
da Valiani e dai suoi compagni. Cori e canzoni commentano epicamente alcuni passaggi
salienti. Un oratorio che potrebbe anche portare il titolo di La ballata di Leo.
Milano, gennaio 2013

Le strade della libertà
Oratorio laico
Dal silenzio emerge una mescolanza di voci in cui si distinguono il tedesco, l’italiano, l’inglese,
l’americano, il francese e il russo. Una cacofonia di gente scomparsa. Il suono nostalgico di una fisarmonica avvolge le voci e le cancella.
Valiani - “Questo è solo il racconto di uno che alla guerra ha partecipato, ha combattuto, ha
odiato, ha ordinato di sparare sui nemici e ha mandato alla morte degli amici, che il caso o la
lotta avevano posto alle sue dipendenze, ma che non perciò ha cessato di amare e di ridere”.
Narratore - Settembre 1939. Scoppia la seconda guerra mondiale. Le autorità francesi decidono
di rinchiudere tutti gli esuli antifascisti nello stadio del tennis Roland Garros nella periferia
elegante di Parigi. Tra di loro c’è anche Valiani.
Valiani - Sì, anch’io sono tra i molti arrestati. A casa lascio Nidia, mia moglie.
Nidia - Da giorni sapevamo che l’avrebbero portato via. Troviamo ingiusta la decisione, visto
che da anni lottiamo contro il fascismo e paghiamo personalmente la nostra scelta. Ma questa
decisione della Francia è inappellabile. Sono in attesa di un bambino. Il primo. L’unico. Anche
mio padre viene rinchiuso al Roland Garros. Otto giorni dopo nasce Rolando.
Valiani - Otto giorni. Solo otto giorni. E dovrò aspettare quattro anni, prima di riuscire a
vedere mio figlio. L’abbiamo chiamato Rolando, come lo stadio in cui siamo stati rinchiusi.
Raccolti negli spogliatoi, specie di grotte artificiali ricavate sotto le gradinate. Siamo così tanti
che non possiamo nemmeno sederci, se non a turno. Eppure il nostro morale è eccellente. In
qualche momento ci divertiamo quasi. Qui conosco Arthur Koestler, lo scrittore…
Musica evocativa.
Koestler - …Scrivo per un giornale inglese. Ma i miei ultimi articoli sono stati riprodotti
sull’“Humanitè” e sul “Populaire”.
Guardia - Sull’“Humanitè” e sul “Populaire”? Sei un compagno allora?! Di che cosa trattavano?
Koestler - Della Guerra di Spagna.
Guardia - Perché non l’hai detto subito! Quel idiot! Non ti fidavi perché sono una guardia. Ti
sembro un reazionario? Una Croix de fer io?
Koestler - Come posso sapere al buio cosa sembri?
Guardia - Ho lavorato 15 anni come montatore alla Citroën. Se dipendesse da noi, potreste
andare tutti a casa stasera, e ubriacarvi e far l’amore con le vostre ragazze, e noi faremmo lo

stesso. Maledetta questa guerra dei ricchi! Stalin ha fatto bene a tenersene fuori.
Koestler - E la lotta antifascista dove la metti compagno? E i fronti popolari?
Guardia - Ma che dici?! Parli contro la Russia! Sei per caso un trotzkista?...
Valiani - Una sera sento un prigioniero parlare a voce alta - ha un francese dal forte accento
ungherese - con la guardia di turno all’esterno del sottoscala.
(Si avvicina ai due) Sono venuto ad avvisarvi che da dentro si sente tutto quello che dite. Ci
sono persone di ogni tipo qui; e certamente anche qualche informatore. (A Koestler) Lei farebbe
meglio a rientrare. Ah, ho dimenticato di presentarmi! Mi chiamo Leo Valiani. Sono un italiano
di Fiume. Lei è ungherese?
Koestler - L’accento mi tradisce sempre.
Valiani - Anch’io sono ungherese. Il mio vero cognome è Weiczen, Leo Weiczen. Ho dovuto
cambiarlo in Valiani. Per via delle leggi fasciste del ’27.
Koestler (al pubblico) - Era la prima volta che gli parlavo, ma aveva già richiamato la mia attenzione, perchè passeggiava avanti e indietro con un sorriso distratto sulle labbra e il volto segnato ogni tanto da un leggero tic nervoso.
Lo seguo con un po’ di rincrescimento, senza contraddirlo. Alla luce elettrica dell’interno noto
che i suoi capelli sono per metà grigi, anche se non sembra avere più di trent’anni. (A Valiani)
Io mi chiamo Arthur Koestler. Possiamo darci del tu?
Valiani (al pubblico) - Quasi subito scopriamo di avere molte cose in comune. Di essere stati
due giornalisti comunisti, per esempio…
Koestler - … Di aver fatto la guerra di Spagna…
Valiani - …E di essere ebrei, laici. Da parte materna, ho una lontana ascendenza con Herzl, il
fondatore del sionismo.
Koestler - Tra noi parliamo in ungherese, perché di origine ungherese siamo. Io di Budapest,
esattamente.
Valiani - E io di Fiume, città che, quando sono nato apparteneva al regno d’Ungheria. Da ragazzo ho vissuto a Budapest, dove la mia famiglia si era trasferita. Diventiamo amici. O forse,
semplicemente, perché, tutti e due, siamo insoddisfatti della direzione che ha preso il comunismo. E, poi, perché siamo giovani. Trent’anni io; Arthur poco di più.
Narratore - Ottobre 1939. Valiani con Koestler e molti altri prigionieri politici viene trasferito
nel campo di internamento di Vernet sui Pirenei. Vi trascorrerà un anno.
Koestler (al pubblico) - Vernet! Un campo d’internamento? Di concentramento, direi! Una
massa di filo spinato si stende tutto intorno. Le baracche sono state costruite da quel che restava
delle mitiche Brigate Internazionali di Spagna. Dopo aver combattuto contro Franco, i reduci,
rifiutati da Stalin, avevano trovato ospitalità nella terra democratica di Francia. Ma solo in un
campo di concentramento. Duecento uomini in ogni baracca. In cinque in un giaciglio largo
due metri e mezzo. Arriva l’inverno. Con un freddo terribile. Ci stiamo malissimo.
Valiani (a Koestler) - No, non stiamo così male. Siamo dei privilegiati rispetto ai reduci delle Spagna. Loro, l’anno prima, dormivano all’addiaccio. Qui ci sono 15 gradi sotto zero: ma almeno
l’aria è salubre. E poi abbiamo perfino un sacco a pelo. Il mio me lo ha regalato un caro amico di
“Giustizia e Libertà”, Franco Venturi. Una fortuna! Un vero privilegio, questo sacco a pelo!...
Koestler - Non c’è mensa… né tavole, o sgabelli. Non abbiamo piatti, cucchiai o forchette per
mangiare!
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Valiani - Per fortuna hai portato la tua vecchia gavetta della guerra di Spagna (sorride). E la dividiamo.
Koestler - C’è la gavetta, sì. Ma per metterci cosa? Ci fanno soffrire la fame.
Valiani - È vero. E in più ci sono anche le pulci? Ma almeno non siamo in una cella. Stiamo
all’aria aperta tutto il giorno. (Sorride) È un privilegio!
Koestler - E poi? Ci fanno costruire strade. E spaccare le pietre. Questo lavoro ci fa venire le
vesciche alle mani, che sanguinano.
Valiani - Sì, però irrobustisce i muscoli. E poi spaccar pietre ci fa guadagnare qualche pezzo di
pane in più. È un privilegio. No? (Sorride ancora).
Koestler - Ma tu sei un masochista! Un angelo masochista!
Musica.
(Al pubblico) Le condizioni a Vernet sono disumane. Eppure Leo è sempre sorridente. E io non
posso ribattere: mi fa sentire infantile, anche se, di noi due, il più giovane è lui. Le avversità
non lo spaventano. Ci sono voluti nove anni di prigionia per dargli quel sorriso: prima tre anni
di isolamento e poi altri sei anni, in cui divideva dieci metri quadrati di spazio con i compagni.
Aveva diciannove anni, quando la porta della cella s’è chiusa dietro di lui. E ventotto quando
s’è riaperta, due anni fa. Queste esperienze distruggono un uomo. Oppure lo trasformano in
qualcosa di raro e perfetto: così è successo a Leo.
Valiani (al pubblico) - Arthur esagera sempre! Discuto spesso con lui della questione comunista,
che a tutti e due sta molto a cuore. (A Koestler) Qui a Vernet, ho preso la decisione di comunicare al partito la mia uscita.
Koestler - Immagino che non sia stato semplice?
Vengono proiettate le fotografie di Hitler e di Stalin.
Valiani - Per niente. La mia crisi è scoppiata in agosto, quando sono venuto a sapere del patto
Hitler-Stalin. Come può l’Unione Sovietica allearsi con i nazisti? Quella stessa Russia che aveva
proclamato che l’antifascismo è il principale compito dei Fronti Popolari! Non potevo fare diversamente: condannare il patto, ed uscire dal partito.
Koestler - Ma dal punto di vista dei suoi interessi nazionali di grande potenza, la Russia aveva
ed ha dei grandi vantaggi dall’accordo. Altrimenti Hitler, anziché alla Polonia, avrebbe potuto
fare la guerra subito e soltanto alla Russia: e nessuna delle democrazie occidentali sarebbe andata
in suo soccorso. Perché non sei uscito allora dal partito?
Valiani - Non volevo passare per un traditore. Allo scoppio della guerra, i comunisti stranieri
che rinnegavano il patto non venivano internati. Sarebbe stato da vigliacchi sconfessarlo proprio
in quel momento. Tutti avrebbero pensato che lo avevo fatto per restare libero. Ma c’era anche
un’altra questione, che magari oggi può sembrare ridicola: ero sentimentalmente legato al partito comunista.
La musica in leggero crescendo evoca il passato.
Resta solo la foto di Stalin. Grande. Ufficiale.
Ci militavo da dieci anni, e sei li avevo trascorsi in carcere. Se fossi stato assegnato al confino
a Lipari, avrei incontrato Carlo Rosselli, e credo che sarei entrato in “Giustizia e Libertà”. Invece, nei miei arresti, a partire dal ’28, sono stato quasi sempre in contatto con comunisti: Sec-
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chia, Terracini, Scoccimarro e molti altri. Allora mi sembrava più coerente la loro posizione. E
mi sembrava che sapessero organizzare meglio la lotta armata.
Dalla musica emergono le note dell’Internazionale, ma dissonanti, sinistre.
Koestler - Era il momento delle grandi speranze: l’inizio del piano quinquennale in Russia.
Anch’io ero comunista. E con che entusiasmo!... Ci sembrava di veder apparire all’orizzonte
una nuova civiltà…
Valiani - I primi dubbi sulla linea del partito comunista ho cominciato ad averli già negli ultimi
anni di prigionia. Ero detenuto a Civitavecchia, verso la fine del ’35. Avevamo ricevuto da
canali clandestini le deliberazioni del settimo Congresso dell’Internazionale Comunista: era
una imbarazzante glorificazione di Stalin come leader supremo e indiscusso. Un vero e proprio
culto della persona. Altiero Spinelli, pur se comunista, ne era indignato. Metteva il dito nelle
piaghe del marxismo. Devo a lui i miei primi dubbi sul comunismo, anche se allora non volevo
ammetterlo e continuavo a lottare con me stesso.
Koestler - Stalin era molto astuto. Sapeva strumentalizzare l’idealismo dei comunisti e far credere che la fiducia in lui fosse devozione alla causa rivoluzionaria. La sua forza era il fanatismo
cieco, “religioso” nel senso più elementare del termine: e sapeva suscitarlo fra tutti quegli idealisti
che cercavano una fede assoluta e indiscutibile.
Valiani - I miei dubbi aumentano. Nel ’36, uscito dalle carceri fasciste, mi rifugio a Parigi,
dove collaboro con vari giornali comunisti, ma scrivo contemporaneamente sotto pseudonimo,
sul “Que faire”, una rivista di fuoriusciti dal partito. L’amicizia con Franco Venturi e con Aldo
Garosci, del movimento “Giustizia e Libertà”, mi spinge ad approfondire le idee liberalsocialiste.
Incontro un paio di volte anche il fondatore del movimento, Carlo Rosselli, ammazzato dai fascisti nel ’37.
Koestler - E i processi staliniani del ’37?
Valiani - Anche quelli aumentarono le mie perplessità. Durante la guerra di Spagna, ero su un
treno tra Barcellona e Madrid con Luigi Longo, uno dei capi del partito comunista che conoscevo da anni. Gli esprimo dei dubbi sui processi di Stalin.
Longo - In Russia hanno trovato il metodo scientifico per cambiare il cervello della gente! I
dirigenti del partito Zinoviev e Kamenev hanno confessato dei reati che sicuramente non hanno
commesso.
Koestler - In quegli anni tutti gli imputati, in tutti i processi, confessarono reati che non avevano commesso e furono giustiziati.
Anche Bucharin, uno della vecchia guardia, che aveva partecipato alla rivoluzione di Ottobre,
è stato obbligato a “confessare” ed è stato giustiziato come traditore. Ne ho tratto una storia:
Buio a mezzogiorno, che ti ho dato da leggere qui a Vernet.
Valiani - Sì, sì, l’avevo intuito che si trattasse di Bucharin. E poi, ultima goccia, il patto Stalin
- Hitler. Ad agosto, per i motivi che ti ho appena detto, rimando una mia dichiarazione pubblica. Ma qui, a Vernet, cadono tutte le ragioni di rinviare la decisione. Così scrivo a Longo:
anche lui internato qui.
Koestler - Non faccio fatica ad immaginare la reazione. Ti avranno espulso!
Valiani - Sì, ma il peggio è che l’indomani tutti gli internati comunisti mi hanno tolto il saluto,
come un sol uomo. È molto duro vedersi togliere il saluto da quattromila compagni.
Si sentono le note dell’ introduzione musicale della ballata.

Narratore - Gennaio 1940. Koestler viene scarcerato. Sul cancello del campo di concentramento abbraccia Leo. Quando arriva alla svolta della strada può ancora vedere, attraverso il
filo spinato, le baracche nere e la sua sagoma scura.
Ballata d’addio di Arthur
Addio Leo. Tu stai lì, nella foschia…
Con la testa rapata da forzato,
il tic nervoso torna sul tuo viso
con un sorriso che è soltanto tuo.
La schiena appoggiata al filo spinato
del cancello che fra poco si aprirà
per me soltanto, e non per te che resti…
Addio Leo, tu compagno e vero amico.
Se scriverò della tua strana vita,
metterò come motto le parole:
“C’era un uomo il cui nome era Giacobbe
nel paese di Uz, perfetto e giusto.”
Musica vivace accompagna il viaggio.
Narratore - 1941. Valiani evade da Vernet. Raggiunge Marsiglia e con altri compagni di “Giustizia e Libertà”, di cui ora fa parte, arriva a bordo di un peschereccio in Marocco. Dopo una
snervante attesa di nove mesi riesce a imbarcarsi su una nave carica di esuli, in maggioranza
ebrei. Destinazione il Messico dove resterà fino all’estate del ’43. Conosce molti fuoriusciti tra
cui Victor Serge, già luogotenente di Trotsky. Per poco non cade in un’imboscata tesa ai suoi
danni dagli stalinisti.
Valiani - Arriva il luglio del ’43. L’amico Aldo Garosci, Emilio Lussu e Alberto Tarchiani, che
sono tra i fondatori di “Giustizia e Libertà”, mi fanno entrare in contatto con il S.O.E. (Special
Operation Executive), un’organizzazione inglese che tiene i contatti con la resistenza europea.
Mi comunicano di raggiungerli a New York a casa di Bruno Zevi per poi andare insieme in
Europa.
Così, il 24 lascio il Messico e atterro a Miami, dove prendo un treno per New York.
Scompartimento con l’aria condizionata! La prima volta che la sperimento! Guardo dal finestrino. Se Hitler e Mussolini avessero conosciuto gli Stati Uniti, mai gli avrebbero fatto guerra.
Fabbriche a non finire. E, davanti ad ognuna, sono parcheggiate centinaia e migliaia di automobili. Come è motorizzata l’America! Altro che l’Europa! Il treno fa una sosta in una stazione.
“I primi atti del governo Badoglio”!? Leggo in inglese sul giornale di un signore fermo al binario.
“Scusi! Scusi!” Il treno riparte! Non mi sente! Cos’è successo? Fremo. Appena a New York, compro dei giornali: “Il duce è caduto!”
Musica drammatica.
Viene proiettata una rapida sequenza del crollo di Mussolini.
Mi precipito da Tullia Zevi, la moglie di Bruno. Mi racconta tutto. Gli altri sono già partiti.
Anch’io devo partire. Tullia mi osserva perplessa:
Tullia Zevi - Ma come sei conciato?! Non puoi andare in giro vestito cosi!...
Valiani - Mi guardo. In effetti sono vestito in una strana foggia messicana.
Tullia Zevi - Ci penso io! Prova questo: è di Bruno. Nuovo. Ti starà sicuramente un po’ largo,
ma posso risistemarlo.

Valiani - Mi accorcia i pantaloni. La giacca è ancora un po’ lunga. Ma non importa. E corro a
imbarcarmi.
Musica melodica.
Narratore - Agosto 1943. Valiani s’imbarca per l’Inghilterra.
Valiani - Cala già il sole, quando avvistiamo le verdi coste dell’Irlanda. Sanno di pace, di frescura, di quella quiete, di cui l’anima del viandante ha bisogno. Nulla indica la presenza della
guerra. Sembra l’Europa di prima. Un’Europa che non vedo da tre anni. Se toccassi terra troverei
accoglienza in un ombroso giardino di gente amica. Mi offrirebbe latte fresco e pane di segale.
Invece, il giorno dopo sbarchiamo a Liverpool dove, come italiano, per prima cosa mi arrestano.
Inutile dire che sono in missione speciale per la S.O.E. Non mi credono! Eppure Tarchiani e
Lussu avevano preso accordi precisi!
Lussu - È vero: avevamo preso un preciso accordo di collaborazione con gli inglesi già prima
del 25 luglio, giorno della caduta di Mussolini.
Tarchiani - Gli Alleati ci avrebbero aiutato a rientrare clandestinamente in un’Italia ancora in
guerra contro di loro, per tentare di organizzare un movimento di resistenza. Naturalmente sapevano benissimo di mandarci allo sbaraglio; se fossimo stati arrestati, i fascisti ci avrebbero
fucilati.
Lussu - Allora non era ancora chiara l’evoluzione politica che l’Italia avrebbe potuto prendere.
Il problema di risparmiare Badoglio e la monarchia era sicuramente molto importante, soprattutto per gli inglesi. Churchill cominciava a preoccuparsene. Cosa sarebbe successo dopo la caduta della monarchia: una rivoluzione comunista o che altro?
Valiani (al pubblico) - Dopo alcuni snervanti giorni di prigione la mia situazione è finalmente
chiarita. Vengo rilasciato. Per prima cosa vado da Arthur Koestler.
Koestler - E, naturalmente, a Londra Leo è mio ospite.
Valiani - Ricordiamo i duri tempi di Vernet… (A Koestler) Era l’inizio della guerra. Ci sembrava
che anche la civiltà morisse. Ce la farà a risorgere ora? Che ne sarà dell’Europa?
Koestler - Prima o poi la guerra contro Hitler sarà vinta. Il problema è il dopo. Ci si metterà
d’accordo con la Russia?
Valiani - Non lo so! So solo che l’Europa, se vuole continuare a vivere, dovrà unirsi economicamente. Se non lo farà, ci saranno poche speranze.
Koestler - L’Italia sarà comunque trattata come un Paese vinto. Mi spiace, ma mi sembra inevitabile. L’Europa sarà divisa in due zone di influenza: l’americana e la sovietica. Fortunate le
nazioni incluse nella zona americana!
Valiani - Io la penso come Rosselli: nella guerra, nella coalizione delle grandi potenze, nella
dura pace dei vincitori e contro di essa, cercheremo di inserire il movimento delle masse assetate
di libertà, di autogoverno sociale. Impresa difficile e pericolosa, perché queste stesse masse possono portare alle più moderne forme di totalitarismo che non muoiono con la sconfitta militare
dei fascisti. Ma è un rischio che val la pena di correre.
Musica.
Koestler - Il margine di autonomia dei Paesi del vecchio continente sarà minimo: soprattutto

per l’Italia. E poi, sono scettico sulle vostre possibilità rivoluzionarie. Tuttavia, sono sicuro che
il vostro movimento, anche se minuscolo, servirà comunque a qualcosa! Un vecchio proverbio
ungherese dice:
“La più piccola candela ti insegna che vale la pena di ardere e consumarsi per un po’ di luce”.
Narratore - Settembre 1943. Valiani vola ad Algeri dove entra in contatto con il colonnello
inglese Rosebery e, attraverso di lui, con l’Alto Comando Alleato. La situazione dell’Italia dopo
la caduta di Mussolini è molto critica.
Rosebery - Non possiamo sbarcare a Genova e a Livorno, e tagliare un’eventuale ritirata tedesca
per portare il fronte al Brennero, perché non siamo sicuri che l’esercito italiano ci seguirebbe.
Badoglio farà come Petain in Francia: non prenderà posizione. Al massimo, si limiterà a non
aiutare i tedeschi.
Valiani - No. I francesi erano semplicemente antitedeschi. Gli italiani invece sono pro alleati.
E andranno oltre, lo vedrà…
Rosebery - Se Badoglio consegnasse l’esercito nelle mani degli alleati e dichiarasse guerra ai tedeschi, allora interverremmo subito in suo favore.
Valiani - E io vi assicuro che farà molto di più. Concluderà l’armistizio e lascerà l’esercito a
voi. Ma non prenderà iniziative più audaci.
Valiani (al pubblico) - Dopo qualche giorno Rosebery mi comunica:
Rosebery - L’armistizio è imminente.
Valiani - Allora voglio tornare in Italia al più presto. È da troppi anni che aspettiamo questo
momento!
Rosebery - Sarebbe rischioso. Nell’esplosione di libertà che possiamo immaginare, gli antifascisti saranno costretti a rivelarsi e sarà poi più difficile rientrare nella clandestinità. Meglio
aspettare.
Valiani - No. È troppo doloroso non essere in Italia nel giorno in cui si realizza il sogno della
nostra vita: l’insurrezione del popolo italiano e il suo passaggio in campo democratico.
Valiani (al pubblico) - La sera dell’8 settembre Rosebery mi viene a cercare. È agitato.
Rosebery - Badoglio ha firmato l’armistizio. Torno ora da Salerno dove una nostra armata sta
tentando di sbarcare. Ci sono già molti dei vostri… Avevate ragione. Badoglio ci ha già dato
la flotta. Ha intenzione di darci le forze militari che gli rimangono. Non fa la politica di Petain.
Le confesso che abbiamo avuto da lui più di quel che ci aspettavamo.
Valiani - Tredici anni fa un commissario fascista dell’OVRA in un sotterraneo della questura,
dopo avermi picchiato a sangue, mi diceva:
Musica della fisarmonica.
“Perché vi ostinate? Siete pochi individui contro un grande Stato…” E io, ostinato, rispondevo:
“Lo stato fascista crollerà! Lo stato fascista crollerà! Lo stato fascista crollerà! Prima o poi!” Ecco:
è crollato.
Narratore - Settembre 1943. Valiani sbarca a Palermo.
Valiani - Mi aspetta un’Italia povera, ma piena di fresche energie intellettuali. Me ne accorgo
subito nelle librerie della città, piene di giovani.

Il fascismo è mai esistito in Italia?
Si direbbe di no, almeno a giudicare dalle vetrine delle librerie di Palermo. Si vedono solo libri
liberali e democratici: opere di Croce, di De Ruggiero, di Salvatorelli, di Omodeo, di Calogero,
traduzioni di opere straniere di sinistra. E non sono vecchi libri tirati fuori dai sotterranei, nè
pubblicazioni posteriori al 25 luglio. No, sono libri del periodo fascista. Mi sembra di sognare!
Le librerie sono affollate da studenti che vi si danno ritrovo per ragioni politiche.
Coro degli studenti
Primo studente - La nostra generazione che è nata e cresciuta nel totalitarismo, dovrebbe esser
fascista o, per lo meno, apolitica. Invece sembra tutta antifascista, e non semplicemente per
l’odio della guerra, ma per precisi ideali politici, democratici, cattolici, socialisti, liberalsocialisti,
comunisti.
Secondo studente - Non abbiamo “cambiato casacca” dopo il 25 luglio. Il nostro orientamento
risale a tre, quattro anni fa.
Valiani - Come avete fatto a entrare in relazione con tutti questi amici del continente di cui
mi parlate? Solo dieci o quindici anni fa, chi ha partecipato alla lotta clandestina - e io lo so
bene - impiegava anche una settimana per trovare un solo “contatto”…
Primo studente - Non era difficile. Ci si era conosciuti prima della guerra, nell’anticamera del
segretario federale del partito.
Valiani - (ironicamente) Ah! Del partito!
Secondo studente - E che volete! Sì, del partito fascista.
Primo studente - Noi ci siamo conosciuti ai Littoriali della cultura.
Secondo studente - Alla Mistica Fascista.
Primo studente voce - Al GUF o nella Milizia universitaria.
Valiani - E come avete fatto a capire che sotto la camicia nera si nascondeva un’anima antifascista?
Tutti - Ci siamo fiutati!
Valiani - A sentire questi ragazzi, tutti gli organismi che consideravamo le pupille del regime,
erano, invece, centri di discussione eretiche! Rivoluzionarie! Anche tra la popolazione nessuno
sembra essere stato fascista…
Narratore - Ottobre 1943. Valiani sotto il fuoco dei tedeschi che sparano a chiunque tenti di
avvicinarsi alla costa riesce a sbarcare a Salerno. Si reca a Capri dove incontra Benedetto Croce,
il padre intellettuale e politico di molti antifascisti, Raimondo Craveri, suo genero e fiduciario
di Ugo La Malfa, e Alberto Tarchiani, che ha preceduto Valiani dall’Inghilterra. Rappresentano
il partito d’azione. Torna a Salerno e si mescola ai molti rifugiati politici provenienti da tutta
Italia.
Musica e coro dei rifugiati.
Prima voce - La Monarchia e Badoglio l’8 settembre hanno disertato e lasciato lo stato in balia
di se stesso.
Seconda voce - I nostri soldati sono rimasti senza ordini, senza direzione: consegnati alla furia
tedesca, che li scaraventa in carri bestiame verso la Germania.

Prima voce - Chi è riuscito a scappare, racconta di torture, e di un viaggio interminabile in
tradotte, senza cibo né acqua.
Seconda voce - Vengo direttamente da Milano. Nel Nord, sulle montagne, attorno ai laghi, ci
sono bande di ribelli antitedeschi.
Prima voce - Dicono che l’insurrezione è cominciata a Napoli.
Seconda voce - A Roma tutto l’antifascismo è in armi. Si è formato il C.L.N. (Comitato di
Liberazione Nazionale). Guida la lotta politica e armata contro fascisti e tedeschi.
Valiani - Cosa stiamo a fare qui? A perdere tempo in discussioni? Andiamo subito nella capitale! Con Renato, un amico antifascista, rinunciamo a tutti gli impegni in Campania e partiamo immediatamente per Roma. Prima di partire, però, ci accordiamo con gli alleati per il
lancio di una radio trasmittente vicino a Roma, sul piccolo lago di Martignano. La BBC annuncerà il lancio. Concordiamo anche il cifrario: la chiave è la frase finale dell’Apologia di
Socrate: “Io vado a morire, voi a vivere, ma chi di noi vada a miglior sorte, lo sa solo il Dio”.
E, con questa frase nel cuore, ci avventuriamo nell’attraversamento delle linee nemiche per
raggiungere Roma.
Musica.
Narratore - Ottobre 1943. Valiani attraversa il fronte tra Napoli e Roma accompagnato dall’amico antifascista Renato.
Antifascista - Attraversare le linee… è una parola! Ma bisognerebbe che almeno ci fossero,
le linee! Che ci fosse un fronte! Invece ci sono solo case distrutte, ponti distrutti, sentieri di
montagna deserti, cannoneggiati, mitragliati. Le truppe sono nei boschi. Ma è difficile
capire dove finiscono gli angloamericani e dove cominciano i tedeschi. Quattro volte lasciamo dietro di noi gli americani, quattro volte ce li troviamo in mezzo. La quarta volta
vogliono arrestarci.
Soldato americano - Where do you come from? From the german lines? Which is your name? Do
you have documents? You are under arrest.
Valiani - Credono che veniamo dalle linee tedesche.
Soldato americano - You could be fascist spies and give precious informations to the germans!
Valiani - Of course we can be spies, but we are not. We are coming from Salerno and before we
were in Africa with colonel Rosebery.
Antifascista - La parlata inglese di Leo rassicura l’americano! Si persuade e ci indica il sentiero
che porta al limite massimo di penetrazione alleata. Attraverso campi fangosi, strade mitragliate,
boschi e fossati, arriviamo a sera a Pedemonte, un paesino tra le montagne. Non ci sono uomini.
Tutti deportati al nord. Restano solo le donne a far da guardia alle case. I nostri impermeabili
ci fanno scambiare per americani.
Donna del popolo - Americans! Americans! Chocolate? Sigarettes?
Valiani - Siamo italiani.
Antifascista - Non abbiamo nulla, purtroppo!
Donna del popolo - Italiani? Allora nascondetevi, non proseguite, vi acchiapperanno.
Valiani - Ma noi vogliamo proseguire!

Canzone della popolana
Buia la notte.
Piove a dirotto.
Porte serrate
sulla paura.
Voi proseguite.
Le gambe a pezzi.
Andate a far la
rivoluzione!
Rivoluzione
di là del fiume
fra valli e boschi
e fra i tedeschi.
Notte di pioggia.
Oltre la linea
dei carri armati:
rivoluzione!
Rivoluzione!
Varcato il fiume
fra valli e boschi
e fra i tedeschi.
Ogni ragazza
Vi amerebbe…
Se foste inglesi,
non italiani.
Valiani - Cambiamo idea: decidiamo di passare la notte a Pedemonte. Sono spossato, ma non
riesco a dormire. Sono torturato dall’immagine di tutte quelle fresche pedemontesi. Che sciocca
vita facciamo! Non faccio l’amore da non so più nemmeno quanto tempo; per lo meno da quando
ho lasciato il Nuovo Continente. Il Vecchio Continente, per me, ha sempre significato un eccesso
di castità, forse per via dei molti anni di galera, di inutile, non appagabile e non appagato desiderio.
Perché non ribellarsi a questa vita? Perché non tentare l’avventura di una bella pedemontese? Forse
perché la castità dà più forza nelle situazioni disperate? E anche più fortuna?...
Melodia evocatrice della fisarmonica.
…O, più semplicemente, perché lassù, mille chilometri più in su ci sta una ragazza che amo
davvero…
Nidia - L’ultima volta che ci siamo visti fu a Marsiglia. Un incontro breve… dopo un anno di
separazione; e Leo già scappava per Casablanca. “Ti rivedrò fra un anno” mi disse. Ne sono
passati tre. Da un pezzo non ho sue notizie. Mi aspetterà ancora?
Valiani - Mi aspetterà ancora? Vorrei vederla il giorno del suo compleanno. Mancano pochi
giorni. Dove sarà?
Nidia - Mi aspetterà ancora? Mi piacerebbe vederlo il giorno del mio compleanno. Mancano
pochi giorni. Dove sarà?
Valiani - Essere a Roma almeno per quella data… Sarebbe la prova divina che sono tornato per lei.
Essere a Roma e brindare insieme! Che voglia di vino! Che voglia di lei! Ci sarà pur una bettola

da qualche parte? Qui da noi c’è il vino buono e poca libertà! Laggiù in America, invece, c’è la
libertà ma il vino è cattivo.
Canzone di Leo
In America vale poco il vino.
Le contadine non pestano l’uva
con piedi delicati e leggeri
come quelli delle nostre ragazze.
In America c’è sì la libertà
nelle bettole dal vino cattivo.
Nell’Europa dal vino delizioso,
la libertà manca, in bettola e fuori.
Antifascista - Uno squarcio di sereno. Il grande monastero di Cassino è in vista. Rischiamo di
venir fatti prigionieri. Scendiamo a valle. Le montagne, almeno, sono finite! È l’otto di ottobre;
a Roma mancano 120 chilometri. Camminiamo senza pensare ai tedeschi che stazionano sulla
strada principale, la Casilina. Anzi, un camion tedesco ci dà un passaggio.
Narratore - Ottobre 1943. Valiani finalmente arriva a Roma. È sera tardi.
Valiani - (Al pubblico) Dobbiamo trovare subito un albergo, prima che ci mettano dentro per
violazione del coprifuoco. Una pattuglia tedesca è già lì per arrestarci; un tenentino ci acceca
con la torcia elettrica e ci esamina a lungo.
Tenete tedesco - Che fate qvi, a qvest’ora! Documenti!
Valiani - Mi difendo rispondendo in tedesco. I risultati sono al di là di ogni speranza! L’ufficialetto pianta la sua pattuglia.
Tenete tedesco - Fi accompagnerò in buon albergo, ragazzi. Ci penso io a foi. Con me sarete
al sicuro. Andare da soli è pericoloso.
Valiani - Arriviamo in un albergo… È pieno.
Tenente tedesco - Non preoccupatevi, cari… Troverò io la soluzione.
Valiani - Il tenente è veramente troppo, troppo gentile… Mentre aspettiamo il direttore e, perché non rimangano dubbi, chiarisce:
Tenete tedesco - Non dobbiamo destare sospetto. Andremo tutti e tre subito in camera. Sì,
subito in camera… Pagherò da bere a tutti. Wir werden uns amüsieren.
Valiani - Wir werden amüsieren? Ci divertiremo?!
Antifascista - Simpatico quel tenentino per essere un crucco!
Valiani - Sta zitto! Per fortuna Renato non capisce. La sua ignoranza del tedesco lo salva dalla
mia preoccupazione... Che ci debba capitare anche questo “guaio”... e proprio a Roma? Per nostra fortuna, in albergo il tenentino incontra un capitano suo conoscente che lo trascina al bar.
Basta quel momento di disattenzione e io mi getto fuori dall’albergo trascinando il mio amico.
Antifascista - Ma che fai? Proprio adesso che stavamo per avere un letto comodo!
Valiani - Sta zitto e seguimi! Ti spiegherò dopo. E mi segue nella corsa. Scampato pericolo! Ci
mancava solo di “passare una notte” con un tenentino tedesco! Ci fermiamo e ci guardiamo attorno. Sorrido: strano come, nella vita, il triviale si mescoli sempre al tragico.

Musica
Forse riesco a vedere Nidia per il giorno del suo compleanno. Appena posso telefono a mia sorella. Lei da principio non vuole credere alla mia voce. Ma poi si lascia convincere. E viene all’appuntamento. Anche se teme che la telefonata sia un trucco della polizia. Solo al vedermi si
convince.
Nidia - La sorella di Leo mi manda subito una cartolina a Trieste: “C’è mio fratello in licenza.
Vieni a vederlo”. Prendo il primo treno per Roma, ma rassegnata a non farcela, a trovare le
linee spezzate dai bombardamenti e Roma occupata dagli alleati. Invece ce la faccio. Vado da
mia cognata. Da lì chiamo Leo al telefono: “Sei tu? Sì? Dove ci vediamo? Va bene…. Va bene.
Arrivo.” Le parole mi mancano. Gli vado incontro…
Duetto di Leo e Nidia
Valiani - Le vado incontro…
Nidia - Gli vado incontro…
Valiani - Che cosa dire?
Nidia - Che cosa fare?
Valiani - Le vado incontro…
Nidia - Gli vado incontro…
Valinai - L’ansia mi scuote.
Nidia - Sarà cambiato?...
Valiani - Le vado incontro…
Nidia - Gli vado incontro…
Valiani - Come se fosse
Nidia - la prima volta…
Insieme - Le/gli vado incontro…
Eccolo/la In strada…
Manca il respiro…
Non vedo niente…
Non vedo più… niente…
Valiani (al pubblico) - Casa Siglienti, nei pressi di piazza Mazzini, da dieci e più anni serve
come rifugio al movimento clandestino “Giustizia e Libertà”, che si è trasformato in partito
d’azione. Del partito d’azione mi affascinava l’audacia intellettuale, lo sforzo di riconciliare,
in una sintesi superiore, marxismo e movimento operaio con la grande filosofia liberale
dell’Ottocento. E la volontà di ricostruzione europea. Ma anche di aperta polemica nei confronti del comunismo staliniano, totalitario. Il capo più in vista del nuovo partito è Ugo La
Malfa.
La Malfa - Vedi, caro Valiani, so che il piano è difficile e audace, ma il partito d’azione deve
diventare il partito pilota che trascini tutti gli altri a costruire insieme, sulle rovine del fascismo
e dell’occupazione tedesca, una democrazia moderna. Bisogna essere concreti. Aderire alla realtà.
Ottenere dei risultati.
Valiani - Ma i nostri ideali?
La Malfa - Gli ideali sono importanti, ma bisogna anche essere realisti. Pensare concretamente al dopo. Cosa succederà alla fine della guerra? Che istituzioni avremo? Che democrazia avremo?

Valiani - E bisogna agire insieme a tutti gli altri partiti antifascisti? Anche con i comunisti?
La Malfa - Certo! Ma è un errore pensare che tutti i partiti antifascisti puntino sulla rivoluzione
democratica. Essi potrebbero accettare qualsiasi compromesso con il vecchio Stato e la vecchia
società, pur di ottenere posti di comando governativo. Noi dobbiamo metterci al centro della
coalizione antifascista, per obbligarla a rompere il compromesso con il vecchiume almeno in
una questione, limitata, ma primordiale: quella monarchica. La monarchia è responsabile
quanto il fascismo! È necessario un cambio istituzionale!
Valiani (al pubblico) - Con La Malfa ci incontriamo spesso. Un giorno mi osserva perplesso e
sorridendo mi dice:
La Malfa - Ma come sei vestito?
Valiani - Mi guardo. Porto ancora il vestito che mi aveva regalato Tullia Zevi. Uno straccio in
cui ci ballo.
La Malfa - Ho due abiti. Uno mi basta e avanza. Ti starà un po’ largo, ma puoi farlo risistemare.
Musica e coro degli antifascisti.
Primo antifascista - L’attività clandestina ferve nella città.
Secondo antifascista - Oltre alle discussioni politiche, molto tempo se ne va in appuntamenti,
e nel lavoro alla redazione di “Italia Libera”, organo clandestino del partito.
Primo antifascista - Per non parlare del contrabbando di armi, della ricerca di appartamenti
sicuri e di trattorie non troppo care e non frequentate dalla polizia.
Secondo antifascista - Il lancio di una radio trasmittente sul lago di Martignano va male.
Valiani - Maledizione! Come possiamo comunicare con gli alleati senza radio?
E poi, bisogna trasmettere agli antifascisti del Sud la decisione del 16 ottobre che La Malfa è
riuscito a far prendere all’unanimità.
La Malfa - Con il voto anche del suo rappresentante più conservatore, il liberale Ivanoe Bonomi, il C.L.N. esige la sospensione dei poteri della monarchia e la formazione, non appena
possibile, di un governo con poteri straordinari che sia sua esclusiva emanazione.
Narratore (al pubblico) - Per risolvere il grave problema della comunicazione, il C.L.N. prende
la decisione di mandare Ferruccio Parri, comandante delle formazioni partigiane del Nord
Italia, in Svizzera, per discutere con una missione alleata degli aiuti logistici e militari necessari
alla lotta clandestina.
Narratore - Autunno 1943. Valiani si reca a Milano per incontrare Ferruccio Parri.
Valiani - Con Nidia prendiamo un treno per Viterbo.
Nidia - Sarebbe troppo duro lasciarci solo pochi giorni dopo esserci trovati! Il treno è affollatissimo. La gente parla delle malefatte dei tedeschi e della cacciata degli ebrei. Non c’è un fascista
tra la folla. Il più fascista sembra Leo perché sta sempre zitto! Lo prendo in giro per questo e
ne ridiamo.
Valiani - Da Viterbo in macchina fino a Chiusi. Qui, dopo quattordici ore di attesa, riusciamo
a issarci su un convoglio diretto a Firenze.
Nidia - Strano! Non eravamo mai stati a Firenze. L’assaporiamo avidamente insieme e la tro-

viamo più bella di come l’avevamo immaginata. Come descrivere l’impressione? Impossibile.
Valiani - Infine a Milano. Tutto qui invita a profittare della vita fin che si può. Negozi aperti,
ma molte, moltissime le case bombardate. Corro alla Banca Commerciale Italiana, in piazza
della Scala. Palazzo Marini, la Galleria e il Teatro sono distrutti. Solo l’edificio della banca è
integro. Grazie al suo presidente, Raffaele Mattioli, l’istituto da anni svolge segretamente un’intensa attività democratica. Mi accolgono i funzionari del centro studi.
Musica.
Coro dei funzionari della Banca Commerciale Italiana.
Primo funzionario - Ottimismo per le sorti del paese
che sopravviverà all’occupazione tedesca.
Secondo funzionario - Ottimismo per una nuova democrazia
che sta mettendo le ossa nella clandestinità
e che vuole operare, a suo tempo,
le necessarie riforme economiche e sociali.
Qui nella città del proletariato industriale,
tra noi alti funzionari di banca
non esiste la paura
del “pericolo della dittatura del proletariato”.
Primo funzionario - In questo ambiente di lavoro produttivo,
la media borghesia è sicura di sé.
Qui la politica non è tutta la vita,
ma ha un posto relativamente piccolo:
anche se reso indispensabile
dalla guerra contro i tedeschi
che tutti sentono profondamente.
Valiani - Dalla Commerciale mi sposto alla Edison, dove lavora, in condizioni di massima protezione, Ferruccio Parri. Ha fondato con Adolfo Tino e Ugo La Malfa il partito d’azione. Mi
incontro con lui per pochi minuti il tempo di rimanerne affascinato. Tra l’altro mi dice:
Parri - Dopo l’8 settembre, è importane mettere in secondo piano la politica dei partiti e dedicarsi esclusivamente al coordinamento delle formazioni partigiane, di qualsiasi colore e natura
siano.
Valiani - Gli riferisco della Svizzera.
Musica.
Valiani - Il passaggio clandestino in Svizzera è facile. Una guardia di finanza ci apre di soppiatto
un cancello nella rete di confine. Ecco, dunque, basta passare una stretta porta costruita nel
filo spinato e ci si trova nel mondo della pace della libertà! Giù nella valle vediamo i villaggi illuminati. Le loro luci mi feriscono gli occhi abituati all’oscurità di Algeri, di Roma, di Milano.
Non ci ero più abituato. Arriviamo a destinazione, nella ricca casa De Nobili, vicina alla casa
dei Nathan, frequentata da Mazzini ai tempi delle cospirazioni di Lugano. Abbiamo a nostra
disposizione tutto: camere, tavoli, auto…
Valletto - …Una sola cosa è proibita in questa casa: pulirsi le scarpe da sé.
Valiani - Ma è una faccenda molto urgente, dato la traversata compiuta… E, poi, a noi nessuno
ha mai pulito le scarpe!

Valletto - Insisto, la pulizia delle scarpe infangate è compito mio.
Valiani - E per la cena come faremo? Ci stanno aspettando!
Valletto - I signori possono nascondere i piedi sotto il tavolo, dato che non hanno nemmeno
portato dietro le babbucce…
Valiani - Sorrido. Mi sembra di essere capitato in un altro mondo!
Valiani - Facciamo alcuni giri di telefonate con molte precauzioni. Alla fine riusciamo a parlare
con il comando alleato. Vengono fissati gli appuntamenti con Allen Dulles e McCaffery, plenipotenziari americano e inglese per i rapporti con le Resistenze europee.
McCaffery - È necessario arrivare a un compromesso con casa Savoia.
Parri - Nessun compromesso con chi ha abbandonato lo Stato a se stesso. La nostra guerra partigiana ha un carattere popolare e democratico e non può e non vuole scendere a patti con la
monarchia. Con questa monarchia… Se ci volete, siamo così. Se no… no!
McCaffery - La vostra fermezza vi fa onore, ma noi non abbiamo la competenza per decidere
su una questione così delicata.
Parri - Noi non prendiamo nemmeno in considerazione la possibilità da voi suggerita. Continueremo anche senza il vostro aiuto.
Dulles - Il vostro aiuto è prezioso nella lotta contro i tedeschi e, poi, voi antifascisti italiani
siete uomini liberi e avete il diritto di dare alla vostra battaglia, combattuta insieme alle Nazioni
Unite, il carattere politico che volete.
Parri - Non vogliamo limitarci ad azioni di sabotaggio e a fornire informazioni militari…
Dulles - Abbiamo molto apprezzato il vostro aiuto dato ai nostri prigionieri; vi confesso che è
stata una gradita sorpresa…
Parri - La ringrazio, ma il nostro programma non si esaurisce qui. Stiamo pianificando una
grande guerra partigiana. Una guerra vera e propria, sostenuta da centinaia di bande, formatesi
o da formare dietro le spalle dei tedeschi…
Dulles - Non vi sembra un piano troppo ambizioso?
Valiani (al pubblico) - Parri parla a lungo con loro sulla nostra capacità di organizzare una vera
e propria guerra contro i tedeschi. Dopo una lunga e accesa discussione, il suo punto di vista
sembra non essere più respinto a priori.
Dulles - Vi promettiamo lanci d’armi. Concorderemo le modalità della loro esecuzione…
McCaffery - …Stabiliremo le parole d’ordine lanciate dalla BBC e i cifrari. Sarà necessario organizzare un contatto due volte alla settimana con corrieri, tra la Svizzera e Milano…
Dulles - …In alcune zone partigiane verranno paracadutati nostri ufficiali di collegamento,
con apparecchi radiotelegrafici. E poi, faremo pressioni sulle autorità svizzere, perché chiudano
un occhio sulle vostre attività clandestine.
Valiani (al pubblico) - Usciamo soddisfatti dall’incontro. Ma sulla via del ritorno verso l’Italia,
veniamo arrestati, perché sprovvisti di documenti regolari! Gli svizzeri, zelanti, ci affibbiano
undici giorni di prigione. In quegli undici giorni ho conosciuto Parri, come si può conoscere
un uomo quando con lui si convive ventiquattr’ore su ventiquattro. Parliamo soprattutto di
politica. (A Parri) Qual è la sua prospettiva dopo la liberazione?

Parri - Per prima cosa, risolvere in senso repubblicano la questione istituzionale. Per il resto?
Fare il meno politica possibile...
Valiani - Come?
Parri - Bisogna studiare scrupolosamente i problemi economici e sociali che ci troveremo di
fronte e risolverli con imparzialità, con un solo obiettivo: l’interesse collettivo della nazione e
il suo futuro, che non possiamo pregiudicare in cambio di un po’ di popolarità nell’immediato.
Valiani - Una prospettiva di lento riformismo?
Parri - Direi di sì. Riformismo empirico… Questa è la strada. Non il massimalismo che promette molto per avere l’applauso delle folle e per raccogliere voti alle elezioni. Vorrei che il partito d’azione non andasse al governo, anche in caso di vittoria della Repubblica. Stare fuori
dalle ambizioni del potere. Destinare gli uomini migliori al lavoro di amministrazione e di ricostruzione, pubblica e privata.
Valiani - Prima di conoscer Parri avevo solo delle aspirazioni democratiche, rivoluzionarie, rinnovatrici. D’ora in poi ho un obiettivo politico più limitato: portare uomini come lui alla testa
del governo. Quella di Parri è una concezione rivoluzionaria, ma nel senso etico. Avremo un
rinnovamento dell’Italia solo se i suoi artefici sapranno resistere alle lusinghe della demagogia,
del favoritismo, solo se sapranno dimenticare gli interessi corporativi dei loro elettori e se faranno valere sempre, a rischio della più violenta impopolarità, gli interessi generali dello Stato.
In Parri apprezzo il suo orizzonte spirituale. Altissimo.
Musica
Parri - La spiritualità è necessaria anche in politica: non necessariamente una spiritualità cristiana, cattolica, anche una spiritualità laica come quella in cui io credo; ma chi vede la politica
come pura ricerca di potere - chi non vede l’ideale, sarà sempre un politico di corte vedute,
anche se abilissimo. La larghezza delle vedute è data al politico solo dalla fede in qualcosa che
ci unisca ai millenni di civiltà che abbiamo alle spalle, grazie ai quali siamo quello che siamo.
Questa spiritualità non deve degenerare in fanatismo, religioso o ideologico. Chi è veramente
grande apprezza il potere, ma non si esaurisce nella ricerca di esso.
Narratore - Dicembre 1943. Valiani viene nominato segretario del partito d’azione per il Nord
Italia.
Tra le ragioni della nomina vi è la questione della spartizione del ricco fondo cassa della IV Armata, scioltasi in Piemonte subito dopo l’otto settembre.
Musica e coro delle Regioni
Voce piemontese - Il C.L.N. Piemonte vuole garanzie precise sulla gestione dei 180 milioni
di franchi che il generale Operti capo della IV Armata gli ha consegnato a favore della guerra
di liberazione in tutto il Nord Italia.
Voce lombarda - La Lombardia, puntando sull’importanza di Milano, rivendica il diritto di
coordinare le regioni del Nord e di gestire il denaro. Parri potrebbe essere il garante dell’operazione. Ha tutta la nostra fiducia.
Voce romana - Ma è solo un comandante de facto e la sua autorità non è riconosciuta dai comunisti. Roma potrebbe assumersi la responsabilità del denaro.
Voce lombarda - Non può! Tra poco, con l’avanzata del fronte, tutte le comunicazioni fra
Roma e il Nord verranno tagliate e la città resterà isolata dal resto del paese.

Voce piemontese - E poi, le periferie hanno salvato la nazione con la loro lotta autonoma.
Voce lombarda - Conosciamo tutte le tare dello Stato monarchico, burocraticamente centralizzato…
Valiani - Ecco salire a galla tutte le contraddizioni della lotta partigiana. Il regionalismo! Le regioni italiane, che dall’epoche delle Signorie fino all’Ottocento erano state entità politiche autonome e che, dopo l’Unità d’Italia, erano ormai ridotte a semplici espressioni geografiche,
sono risorte. E con una vitalità inaspettata!
Voce piemontese - Le bande partigiane piemontesi hanno il loro riferimento per le direttive
strategiche e politiche a Torino.
Voce lombarda - E la Lombardia a Milano; la Liguria a Genova; la Toscana a Firenze; il Veneto
a Padova e a Venezia etc. etc...
Voce piemontese - I piemontesi mollerebbero i quattrini del generale Operti solo se ci fosse
un C.L.N. Alta Italia.
Voce romana - Certo! Siamo d’accordo. Ma questo dovrebbe essere formato da rappresentanze
dei partiti scelte dalle direzioni romane.
Voce piemontese- Potrebbe essere la soluzione.
Voce milanese - Accettiamo la condizione posta.
Valiani - Ecco come nasce il C.L.N. Alta Italia.
Coro dei dirigenti del C.L.N..
Primo dirigente C.L.N. - Il C.L.N. Alta Italia ha il compito di coordinare i C.L.N. regionali.
Secondo dirigente C.L.N. - Il nostro primo obiettivo è di riaffermare l’autonomia politica
della democrazia italiana.
Primo dirigente C.L.N. - Per questo dobbiamo preparare l’insurrezione armata delle masse
popolari. Solo se ci riusciremo, l’Italia si conquisterà un trattamento internazionale adeguato
e riconquisterà la sua indipendenza politica.
Secondo dirigente C.L.N. - Combattiamo ogni giorno e in tutti i modi contro la palese illegalità del nuovo governo fascista repubblicano installato a Salò. Ci opponiamo al giuramento
obbligatorio imposto a tutti i dipendenti statali dalle autorità fasciste.
Primo dirigente C.L.N. - Il terrorismo, invece, è un vero problema. Perché tedeschi e fascisti
puniscono gli atti terroristici con esecuzioni di massa. E questo potrebbe toglierci la simpatia
della popolazione, terrorizzata dai rischi di rappresaglie.
Secondo dirigente C.L.N. - Ma una parte dell’antifascismo militante decide di correre il rischio. Si decidono azioni mirate contro chi era adibito a compiti di polizia, di repressione, di
rappresaglia. L’appoggio popolare è importantissimo per centrare i nostri obiettivi. Non possiamo permetterci di perderlo.
Partigiana - E poi c’è la base del movimento. Tutti hanno bisogno di tutto…
Canto della partigiana
Tutti hanno bisogno di tutto

di mitragliatrici
di fucili
di moschetti,
anche di rivoltelle,
di bombe e di esplosivi,
di micce,
di pugnali,
di benzina,
anche biciclette,
tutti hanno bisogno di tutto
di scarpe e di coperte calde
di vestiti,
di medicine
di carne in scatola
ma anche di pane,
di pasta e farina,
di vino
di tabacco
ma anche di un cordiale
E poi… carte false
di identità, di alimentazione,
libretti falsi
militari e di lavoro,
Richiestissimo anche il cibo spirituale.
Stampa e giornali clandestini.
e poi uomini: ufficiali, medici, ingegneri, chimici, organizzatori esperti.
E poi ci siamo noi donne sempre pronte ad andare
quando c’è qualche rischio particolare in giro
un appuntamento spiato dalla polizia
uno che porta notizie dal di fuori
un fascista che vuole passare dalla nostra parte.
E poi ci siamo noi donne sempre pronte ad andare
una casa sorvegliata da cui portare via una valigia
Quando i fascisti bloccano le strade
portare stampa clandestina o armi,
quando si deve passare attraverso zone di rastrellamento…
Ci siamo noi donne sempre pronte ad andare
Convinti tutti che rischiamo di meno...
Musica
Narratore - Febbraio 1944. Valiani va a Trieste.
Valiani - Quanti anni sono passati? Non ricordo. Piove. In un caffé che non ha perduto il carattere grande, spazioso, comodo dei locali viennesi incontro per la prima volta mio figlio:
quattro anni… e già si interessa dell’andamento della guerra.
Torno a Milano. Nevica. Un pezzo di vita irreale, sotto i fiocchi bianchi: fuori dal tempo e
dallo spazio. Molti giovani si rincorrono con palle di neve. Ma è solo apparenza. Tutti sanno
già del bando di Mussolini, che chiama sotto le armi tedesche i più giovani. E anche che la
chiamata significa tradimento dell’Italia, invio in Germania. In una parola, morte. Si mette in
quest’ultimo giorno di carnevale tutta la gioia di cui si è capaci. Dopo, verranno i giorni bui
degli arresti e delle esecuzioni. Ma la nostra reazione si rafforza.

Musica in crescendo, proiezione della mobilitazione generale e coro dello sciopero generale.
Primo partigiano - Primo marzo ’44, mattina: sciopero generale a Firenze, a Genova, a Torino,
a Padova.
Secondo partigiano - In tutte le officine e in quasi tutti gli uffici e le botteghe si interrompe
il lavoro. E non servono a farlo riprendere le violenze della Gestapo o le deportazioni di migliaia
di operai.
Primo partigiano - Una giornata meravigliosa! I ragazzini diffondono quasi apertamente la
stampa antifascista. La gente è seria, dura, decisa. Il numero degli scioperanti supera il milione.
Secondo partigiano - Otto giorni indimenticabili. Non si levano barricate, come dice Radio
Londra; ma un popolo oppone la sua resistenza civile e collettiva ad un esercito di occupazione.
Valiani - L’ultimo giorno, il C.L.N. dà l’ordine della ripresa del lavoro. E quest’ordine viene
eseguito: come quello che aveva dato inizio alla lotta.
Narratore - Primavera 1944. I partigiani lottano in un continuo alternarsi di speranze e delusioni.
Primo partigiano - A Salerno, Togliatti, appena ritornato dalla Russia, ha invitato i partiti antifascisti a entrare nel governo filomonarchico di Badoglio. Il partito d’azione è deciso e compatto: nessun compromesso con la monarchia.
Secondo partigiano - Giugno. Buone notizie. Roma è libera. Gli alleati sbarcano in Normandia.
Primo partigiano - Al Grand Hotel di Roma il C.L.N. non più clandestino si riunisce per
sancire la nuova alleanza tra comunisti e monarchia proposta da Togliatti. Ma La Malfa riesce
a sparigliare. Obbliga i comunisti a fare un passo indietro. Si forma, così, il primo governo
espressione del solo C.L.N.
Musica e proiezioni di violente azioni di repressione dei fascisti e dei tedeschi
Primo partigiano - Estate. L’offensiva tedesca e fascista si acuisce!
Secondo partigiano - Anche noi ci facciamo sempre più audaci nella speranza di accelerare la
fine dei combattimenti.
Primo partigiano - Rastrellamenti e fucilazioni sono all’ordine del giorno. Molti partigiani
perdono la vita. Anche nelle città la repressione si fa più dura. Fascisti romani e fiorentini si
trasferiscono a Milano. Tra questi la famigerata banda romana capeggiata da Koch.
Secondo partigiano - Le sue tristi azioni si aggiungono a quelle della banda Muti che ha la
sua sede in Via Rovello, in un ex cinema al piano interrato.
Valiani - Molti dei nostri muoiono. E noi che siamo gli ideologi della rivoluzione ce ne sentiamo responsabili. Non si vive di idee soltanto. La responsabilità che il pensiero rivoluzionario
ci impone è sfibrante. Sacrifichiamo le persone amate e siamo noi i primi a criticare la situazione
creatasi con il nostro concorso e in virtù dei quei sacrifici. Non si può non avere, ogni tanto,
la coscienza cattiva. Dei compagni sono caduti in battaglie da noi scatenate e rivelatesi premature. Le loro e le nostre famiglie ne hanno sofferto e ne soffrono ancora. I risultati sono sempre
diversi da quelli che ci siamo prospettati. Non siamo i capi, ma solo gli ideologi della rivoluzione, e tuttavia trasciniamo gli altri, come se le loro persone fossero mezzi e non fini, nel
vortice di battaglie materiali. Il fatto che noi si corra i medesimi rischi, non cambia nulla alla
diversità della sostanza: proprio come ideologi avremmo il dovere di prevedere gli eventi.

Narratore - Ottobre. Valiani è di nuovo in Svizzera.
Si incontra con il colonnello Rosebery di vecchia memoria, conosciuto in Africa alla vigilia del
suo rientro in Italia.
Rosebery - Stiamo preparando l’offensiva che libererà il Nord. Le nostre truppe si occuperanno
del Veneto, per poter raggiungere il Brennero. Resterebbero scoperti i territori a Ovest: Lombardia, Piemonte, Liguria. Sareste in grado di guidare l’insurrezione?
Valiani - Le forze partigiane possono farlo. Anche in Veneto, al momento della vostra traversata.
Ben inteso: questa volta, abbiamo bisogno di lanci veri, non solo promessi.
Rosebery - Avrete tutti gli aiuti necessari.
Valiani - Vogliamo crederci. E vogliamo anche credere che gli alleati ci lasceranno governare
per qualche giorno in quelle regioni, dopo la loro liberazione ormai imminente. Un interregno
in cui gettare le basi per la democrazia. Ma Adolfo Tino mi mette in guardia:
Adolfo Tino - Stai sopravvalutando le nostre possibilità democratiche. La gente vi seguirà solo
all’inizio, ma non dopo. L’interregno! La solita illusione degli intellettuali italiani, che si mettono
alla testa delle masse rivoltose! Senza capire che questa rivolta è un fuoco di paglia… E dopo?
Come sempre: si ritornerà allo scetticismo e al compromesso. Il partito d’azione, il partito che
prende più sul serio la democrazia, sarà costretto a sacrificarsi, a esaurire le proprie energie; e
non avrà più la possibilità di inserirsi nella realtà politica.
Narratore - Autunno del 1944. Si spera nell’offensiva finale degli alleati. Ma dalla BBC arriva
l’annuncio che le operazioni sono spostate a primavera. Tutti i partigiani vengono invitati a
imboscarsi e a conservare le loro forze intatte. Li attenderà il duro inverno del ’45.
Musica elettronica
Valiani - Gli avvenimenti eccezionali non irrompono d’un sol getto sulla scena pubblica. Prima
che si rivelino nella loro totalità, parte di essi si svolgono commisti a fatti della vita normale
che interromperanno e sconvolgeranno nel momento che si chiama culminante.
Narratore - 1945. Aprile è il mese della libertà, della vittoria. Viene costituito il Comitato insurrezionale. Ne fanno parte Sereni, Pertini, Longo e Valiani.
Musica martellante in crescendo, proiezioni di immagini della Liberazione e coro dell’insurrezione.
Primo partigiano - Il 19 aprile gli Alleati sfondano la Linea gotica.
Secondo partigiano - Imminente la caduta di Bologna.
Primo partigiano - Il C.L.N.A.I. indice lo sciopero dei ferrovieri della Lombardia.
Secondo partigiano - Si agisce come in trance. Tutto quello che si decide di fare è ben fatto,
tutto riesce, tutti gli ostacoli crollano. I gerarchi fascisti, compreso Pavolini, comandante supremo delle Brigate Nere, ci offrono la resa.
Primo partigiano - Al punto in cui siamo, la capitolazione non c’interessa. È il duce a doversi
arrendere, a nome di tutti.
Secondo partigiano - Il 21 aprile Bologna è libera.
Primo partigiano - Il 23 Genova insorge.
Valiani - Genova insorta! Corro ad avvisare Pertini e Sereni. Diamo immediatamente l’ordine
dello sciopero generale a Milano per il giorno dopo, il 25 aprile.
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Primo partigiano - L’ordine viene diramato a tutte le fabbriche e nel resto della città.
Secondo partigiano - Si proclama lo stato di eccezione per tutta la durata della lotta.
Primo partigiano - Vengono installate le Commissioni di Giustizia e i Tribunali di Guerra.
“I membri del governo fascista ed i gerarchi del fascismo colpevoli di aver soppresso le garanzie
costituzionali e di aver distrutto le libertà popolari, di aver condotto il Paese all’attuale catastrofe,
verranno puniti con la pena di morte e nei casi meno gravi con l’ergastolo”.
Valiani - È una legge dura. Ma non può che essere così. Se la liberazione fosse arrivata un anno
prima, saremmo stati più generosi.
Secondo partigiano - A mezzogiorno del 25 gli operai incrociano le braccia. I tram si fermano.
Le fabbriche vengono occupate.
Primo partigiano - Alle 18 all’Arcivescovado, Mussolini incontra alcuni esponenti del C.L.N.
che esigono la sua resa senza condizioni. Il duce prende tempo e dopo qualche ora lascia Milano.
Valiani - Usciamo dall’Arcivescovado. Nelle ore che seguono ci sono sparatorie ovunque.
Primo partigiano - Il 26 in città ci sono ancora molti tedeschi.
Secondo partigiano - Il 27 entrano in città le formazioni partigiane della Val Sesia.
Musica lugubre.
Valiani - (Al pubblico) Sappiamo tutti quello che succede dopo. Non vado a piazzale Loreto.
Ci vanno Pertini e Parri. Rimangono disgustati dalla macabra scena e protestano indignati. Il
C.L.N.A.I. ordina la rimozione dei cadaveri.
Piazzale Loreto è la conclusione inevitabile di un incubo, che lascia il nostro paese coperto di
macerie materiali e morali. Le statistiche diranno più tardi che le perdite complessive dei partigiani furono di sessantamila morti. Altrettante quelle dell’esercito regolare. Anche quelle dei
tedeschi e repubblichini furono ingenti.
Ritorna il mix di voci dell’inizio. Una cacofonia di gente scomparsa. Contemporaneamente viene
proiettata la frase, come se fosse una grande epigrafe funeraria:
“Per tutti i caduti, della nostra parte e dell’altra”
Leo Valiani
Le voci del passato si trasformano nelle voci dell’oggi, televisive e radiofoniche.
Narratore - Molti, molti anni sono passati. Valiani li ha trascorsi sempre impegnato nella
lotta per la democrazia e la libertà.
“Com’eravamo felici,” scriverà nel 1979 “quando, a Liberazione appena compiuta, scendendo dal Nord ci rivedemmo a Roma con Ugo La Malfa e con gli altri amici che alla Resistenza avevano partecipato nelle difficili circostanze della capitale isolata dal resto del
paese. Quante speranze nutrivamo… Non occorre dire neppure come una parte di esse sia
andata delusa.
È nella natura e nella storia degli uomini che non tutte le loro speranze si avverino: se si avverassero per intero, i figli ed i figli dei figli non avrebbero nulla di buono da aggiungere all’operato
dei padri e dei nonni. I giovani contestano oggi l’eredità che hanno ricevuto. L’insoddisfazione
dovrebbe stimolarli a migliorarla, colmandone le lacune, correggendone le storture e costruendo
il nuovo su quel che vi è di sano nel vecchio tronco.”

Musica e coro della Libertà.
Coro (con Valiani) Credo nella libertà come in una religione etica e non solo come un sistema politico.
Senza libertà non vale la pena di vivere e, se essa viene soffocata, occorre riconquistarla a qualsiasi
prezzo.
Ma aggiungo che bisogna stare attenti al rapporto tra democrazia e demagogia, e al pericolo di
tirannide che ne deriva.
Senza autorità la libertà si disgrega.
L’autorità deve essere oggi democraticamente consentita, e dunque ispirarsi a criteri di giustizia,
di giustizia sociale e di giustizia senza aggettivi.
Efficienza e rigore morale fanno progredire i popoli, che altrimenti decadono.
La democrazia, perciò, non deve indebolire l’autorità dello Stato; deve anzi renderla sinceramente rispettata e durevole, nell’interesse della libertà stessa e della giustizia...
Valiani (da solo) - ...Lo spirito soffia dove vuole. Ha soffiato per qualche anno, in Italia e nel
mondo intero, sugli antifascisti di tutte le tendenze, ma ciò non vuol dire che i fascisti non
siano stati toccati dalla sua brezza… Ora sembra che lo spirito si sia acquietato e che sia tornato
a vegetare nella palude dei normali egoismi. Ma gli uomini hanno sempre dissodato le paludi,
perciò finiranno col riconoscere di nuovo quel che già avevano intuito nei momenti supremi.
FINE

BIBLIOGRAFIA
I testi autobiografici di Valiani: Tutte le strade conducono a Roma, del 1947 e Sessant’anni di avventure
e battaglie, del 1983, sono le due principali fonti a cui attinge l’oratorio. Ovunque possibile, vien
mantenuto il dettato originale, modificandolo solo quando necessario per motivi drammaturgici,
ma rispettandone, sempre e comunque, il senso.
Un contributo non secondario viene anche dal testo di Arthur Koestler, Schiuma della terra, del
1941, in cui l’autore dedica alcune pagine a Leo Valiani - chiamato Mario - e alla vita nel campo di
internamento di Vernet.
Elena Aga Rossi, Una nazione allo sbando, il
Mulino, Bologna, 1993;
Robert Conquest, Stalin, Mondadori, Milano,
2002;
Robert Conquest, Raccolto di Dolore, Liberal
Edizioni, Roma, 2004;
Renzo De Felice, Mussolini il duce - Gli anni
del consenso, Einaudi, Torino, 1974;
Renzo De Felice, Mussolini il duce - Lo Stato totalitario, Einaudi, Torino, 1981;
Renzo De Felice, Mussolini l’alleato - L’Italia in
guerra, Einaudi, Torino, 1990;
Renzo De Felice, Mussolini l’alleato - La guerra
civile, Einaudi, Torino, 1997;
François Furet, Gli occhi della Storia, Mondadori, Milano, 2001;
François Furet, Il passato di un’illusione, Mondadori, Milano, 1995;
Piero Gobetti, La Rivoluzione Liberale, Einaudi, Torino, 1964;
Arthur Koestler, La scrittura invisibile - Autobiografia 1932-1940, il Mulino, Bologna,
1991;
Arthur Koestler, Schiuma della Terra, Edizioni
U, Firenze, 1947;
Arthur Koestler, Buio a mezzogiorno, Mondadori, Milano, 1946;
Arthur Koestler, Dialogo con la morte, il Mulino, Bologna, 1993;
Giorgio La Malfa, Introduzione a Leo Valiani,
Discorsi Parlamentari, Senato della Repubblica, Il Mulino, Bologna, 2005;
Emilio Lussu, Sul partito d’azione e gli altri,
Mursia, Milano, 1968;
Corrado Ocone e Nadia Urbinati, La libertà e
i suoi limiti, Laterza, Bari, 2006.
George Orwell, Omaggio alla Catalogna, Mondadori, Milano,1993;
Andrea Ricciardi, Leo Valiani. Gli anni della
formazione, FrancoAngeli, Milano, 2007;
Carlo Rosselli, Scritti politici e autobiografici,
Polis Editrice, Napoli, 1944;
Carlo Rosselli, Scritti dall’esilio, tomo 1°, Einaudi, Torino,1988;
Giovanni Spadolini, Carlo e Nello Rosselli, le radici mazziniane del loro pensiero, Passigli, Firenze, 1990;
Leo Valiani et alii, Azionisti Cattolici e Comunisti nella Resistenza, Franco Angeli, Milano,
1971;
Leo Valiani, Commemorazione di Ugo La Malfa
alla Camera dei deputati, 28-29 marzo 1979,
da Ricordo di Ugo La Malfa, Camera dei deputati, Roma, 1999;
Leo Valiani - Franco Venturi, Lettere 1943 1979, La Nuova Italia, Firenze, 1999;
Leo Valiani, Sessant’anni di avventure e battaglie, Rizzoli, Milano, 1983;
Leo Valiani, Testimoni del Novecento, Passigli,
Firenze, 1999;
Leo Valiani, Tutte le strade conducono a Roma, il
Mulino, Bologna, 1983;
Victor Zaslavsky, Lo stalinismo e la sinistra italiana, Mondadori, Milano, 2004.

CRONOLOGIA DELLA VITA DI LEO VALIANI
1909. Leo Weiczen (cognome poi italianizzato in
Valiani) nasce a Fiume il 9 febbraio.
1921-24. Matura un orientamento antifascista.
1926. È a Milano per incontrare Carlo Rosselli e
Pietro Nenni, direttori della rivista «Quarto
Stato», di cui vuole organizzare la distribuzione nella propria regione.
1928. Viene arrestato con l’accusa di “delitto contro la sicurezza dello Stato”. È assolto in
istruttoria, ma condannato a quattro anni
di confino - poi ridotti a uno - da trascorrere
a Ponza. Qui incontra molti dirigenti socialisti, ma ne è deluso e si avvicina al Partito
Comunista.
1929. Aderisce al Partito Comunista.
1931. In febbraio è nuovamente arrestato e a giugno il Tribunale Speciale lo condanna, come
militante comunista, a 12 anni e 7 mesi di
carcere, successivamente ridotti a 5 anni per
amnistia.
1936. Emigra a Parigi entrando come giornalista
nella redazione de “Il grido del Popolo”, e,
successivamente, de “La voce degli Italiani”.
Per quest’ultimo periodico è inviato in Spagna durante la guerra civile.
1939. Matura i suoi primi dubbi sulla politica
del PCd’I, soprattutto dopo le notizie sui
processi staliniani. Stringe amicizia con
Franco Venturi e con Aldo Garosci, esponenti del movimento di Giustizia e Libertà. Aumentano perplessità sulla
dottrina comunista e riserve sulla politica
del PCd’I. Dopo la firma del Patto Ribbentrop-Molotov decide di lasciare il
PCd’I, ma non ufficializza la sua decisione
accettando così l’arresto e l’internamento
nel campo di Vernet sui Pirenei. Qui incontra Arthur Koestler.
1940. Nell’ottobre, evade dal campo e approda in
Messico, dove incontra molti esponenti del
movimento operaio internazionale. In luglio
inizia il viaggio di rientro in Italia passando
per L’Avana e New York. Raggiunge Palermo e dopo l’8 settembre si trasferisce a
Salerno da dove risale a Milano attraversando le linee. Qui assume l’incarico di segretario per l’Alta Italia del Partito d’Azione
in rappresentanza del quale entra nel Comitato di Liberazione Nazionale per l’Alta Ita-

lia. Diviene stretto collaboratore di Ferruccio Parri.
1944. Per tutto l’anno fino all’inizio del 1945, tiene
le fila delle reti clandestine del Partito
d’Azione.
1945. Fa parte del Comitato insurrezionale con
Emilio Sereni, Sandro Pertini e Luigi Longo.
Il 27 aprile, il Comitato firma l’ordine di
esecuzione della pena di morte nei confronti
di Benito Mussolini e degli alti gerarchi che
lo accompagnano. Al termine della guerra,
sino al giugno 1946, Valiani è chiamato a
far parte della Consulta.
1946. Nelle elezioni del 2 giugno per l’Assemblea
Costituente è uno dei 7 deputati eletti in
rappresentanza del Partito d’Azione.
1949. Lasciata la Camera al termine della legislatura costituente, si trasferisce a Milano dove
lavora, prima nell’ufficio studi di Mediobanca, poi alla Banca Commerciale Italiana.
Contemporaneamente scrive su giornali e
riviste. Fin dalla nascita è membro del comitato scientifico della Biblioteca Giangiacomo Feltrinelli (poi trasformatasi in
Istituto e infine in Fondazione).
1955. Inizia a pubblicare sulla “Rivista storica italiana”, diretta da Federico Chabod e poi da
Franco Venturi. È tra i fondatori del partito
radicale che poi però lascia. Non si iscriverà
più ad alcun partito, pur guardando con
simpatia all’area laica e socialista. Si avvicinerà progressivamente al Partito Repubblicano Italiano.
1960. Alla morte di Federico Chabod, Raffaele
Mattioli gli affida la condirezione della collana di Storia economica della Banca commerciale italiana.
1978. Inizia la collaborazione alla rivista “La Nuova
Antologia”.
1970. Inizia la collaborazione con il “Corriere della
Sera”, diretto da Giovanni Spadolini, che
manterrà per il resto della sua vita.
1980. Il 12 gennaio viene nominato senatore a vita
dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini, antico compagno di lotte. A Palazzo
Madama, siede da indipendente nel gruppo
parlamentare del Partito Repubblicano.
1999. Scompare a Milano il 18 settembre 1999.
Ministero per i Beni e le Attività Culturali
sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica
con il patrocinio di
Senato della Repubblica
Camera dei Deputati
Presidenza del Consiglio dei Ministri
e con il patrocinio di
Regione Lombardia, Culture Identità e Autonomie della
Lombardia
Provincia di Milano
Comune di Milano, Cultura
In collaborazione con
Fondazione Corriere della Sera
Piccolo Teatro
Fondazione Ugo La Malfa
Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno
d’Italia ANIMI
Fondazione Giangiacomo Feltrinelli.
Con il sostegno di Intesa San Paolo e Fondazione Cariplo
Le strade della Libertà è stato rappresentato al Piccolo Teatro
di Milano, Sala Grassi, il giorno 12 aprile 2010 in occasione
del centenario della nascita di Leo Valiani
con Sarà Bertelà, Gianluigi Fogacci, Diego Ribon
e la partecipazione straordinaria Laura Marinoni
fisarmonica Carlo Pastori
musica Roberto Andreoni
elettronica e regia del suono Massimo Marchi
produzione musicale AGON, 2010
elaborazione video Iacopo Tiscar
videoproiezioni Castagna&Ravelli
assistente alla regia Paola Albini
drammaturgia e regia Paolo Castagna
coordinamento e organizzazione Fondazione Ugo La
Malfa
segreteria di produzione Giemme Eventi Srl
collaborazione con il Piccolo Teatro di Milano
produzione Comitato Nazionale per le Celebrazioni del
Centenario della Nascita di Leo Valiani
DVD realizzato grazie al sostegno di INTESA
SANPAOLO
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Viene qui presentato il testo dello spettacolo
teatrale di Paolo Castagna, ispirato alla vita di Leo
Valiani, tenuto al Piccolo Teatro Grassi di Milano il
12 aprile 2010, organizzato dal Comitato Nazionale
per le Celebrazioni del Centenario della nascita di
Leo Valiani.
Il film dello spettacolo è nel DVD Le strade della
libertà. Per Leo Valiani prodotto dal Comitato nello
stesso 2010.
Il Comitato Nazionale per le Celebrazioni del
Centenario della nascita di Leo Valiani, istituito con
decreto del Ministero per i beni e le attività culturali,
è stato promosso dalla Fondazione Ugo La Malfa e
dall’Associazione Nazionale per gli Interessi del
Mezzogiorno d’Italia-A.N.I.M.I., sotto l’Alto
Patronato del Presidente della Repubblica e con il
patrocinio della Presidenza del Consiglio dei
Ministri, del Senato della Repubblica e della Camera
dei Deputati.
Il volume L’utopia necessaria. Leo Valiani a cento
anni dalla nascita, a cura di Corrado Scibilia,
collana Quaderni della Fondazione Ugo La Malfa,
Gangemi Editore, Roma 2012 contiene gli atti dei
convegni su Leo Valiani organizzati dal Comitato
nel 2009 e nel 2010.
www.gangemieditore.it
t
,
WORLDWIDE DISTRIBUTION
EBOOK / APP :
& DIGITAL VERSION
www.gangemieditore.it